GPII 1987 Insegnamenti - Discorso per la conclusione del restauro della facciata di san Pietro - Roma

Discorso per la conclusione del restauro della facciata di san Pietro - Roma

Titolo: La Basilica vaticana è la memoria di Pietro sul quale Cristo ha fondato la sua Chiesa

Testo:

1. Ho accolto ben volentieri l'invito a presiedere alla cerimonia per la conclusione dei restauri della facciata della Basilica vaticana, che dopo due anni di intenso lavoro è stata riportata al suo antico splendore.

Rivolgo il mio cordiale saluto ai signori cardinali, ai vescovi e a tutte le personalità presenti; saluto in modo particolare gli illustri cavalieri di Colombo, qui convenuti insieme con il loro cavaliere supremo, signor Virgilio Dechant, in rappresentanza dell'Ordine: ad essi va l'espressione della mia sentita riconoscenza per la munifica generosità che ha reso possibile la necessaria e urgente opera di restauro. Ringrazio le maestranze che l'hanno compiuta e portata a termine con apprezzata sensibilità professionale e con il dovuto rispetto alla tradizione storica, artistica e religiosa, per cui questo tempio è celebrato in tutto il mondo. Un grato pensiero rivolgo pure ai dirigenti e collaboratori della reverenda Fabbrica di san Pietro, esprimendo la mia riconoscenza all'arcivescovo mons. Lino Zanini, delegato della medesima fabbrica, non solo per le amabili parole con le quali ha introdotto questo incontro, ma anche e soprattutto per la sollecitudine e la dedizione, con le quali ha promosso e seguito i lavori.


2. Dopo quasi quattrocento anni dalla sua costruzione, la monumentale facciata dell'insigne architetto Carlo Maderno, che vi segno la data del 1612 come termine della gigantesca opera muraria, necessitava di un'adeguata opera di restauro destinata a riparare i danni causati dall'usura del tempo. Non si poteva non dedicare una speciale attenzione a questo monumento, punto di riferimento, attraverso i secoli, per generazioni e generazioni di fedeli che si sono avvicendati in pellegrinaggio al centro della cristianità. Chi arriva in piazza san Pietro si sente come accolto da un abbraccio spirituale simboleggiato dai due armonici colonnati del Bernini, ma il suo sguardo è attirato spontaneamente dalla nobile parete di travertino da cui si staglia la cupola e sulla quale, come otto giganti, sono addossate altrettante colonne a ordine unico sostenenti, nella parte centrale, il frontone triangolare contrassegnato dallo stemma pontificio di Papa Paolo V, che aveva voluto la realizzazione dell'opera. Né sfugge all'osservatore la forza spirituale che si sprigiona dalla figura del Cristo redentore, posta al centro della balaustra, che fa da coronamento all'edificio. Essa dà il via a quella mirabile teoria di apostoli, di martiri, di confessori e di vergini che, dipartendosi dai lati del Cristo al vertice della facciata, si snodano in folta schiera lungo tutto il percorso dei due bracci del colonnato, quasi a ricordare e a riassumere la storia e la missione della Chiesa, che è quella di testimoniare la santità della vita, il messaggio evangelico.

Un cenno meritano anche i grandi balconi che adornano la facciata; di essi il più noto è certamente quello centrale, legato alle manifestazioni più solenni della Chiesa sia in occasione della elezione del nuovo Papa, che vi si affaccia per salutare i fedeli per la prima volta, sia nelle principali solennità dell'anno, in cui vi si imparte la benedizione "Urbi et Orbi".


3. Non vi nascondo che la sera del 1° dicembre dell'anno scorso, al mio arrivo dal viaggio apostolico nei paesi australi, nel vedere questa facciata illuminata e finalmente sgombra dalle impalcature, che l'avevano occultata, ho provato un senso di viva soddisfazione: è stato uno spettacolo stupendo! Un plauso e un riconoscimento desidero esprimere perciò a quanti hanno prestato la loro collaborazione per il buon esito di questa fatica, che ci ha restituito l'edificio nelle sue solide strutture e nel suo splendore. So che essa ha richiesto l'impiego di tanti esperti: architetti, ingegneri, scalpellini, muratori, mosaicisti, falegnami, fabbri e pittori. Dal mio studio ho potuto sentire e seguire il fervore dell'opera, che suscitava nella mia mente l'immagine della moltitudine dei tecnici e di operai chiamati a suo tempo dal re Salomone per la costruzione del primo tempio di Gerusalemme (cfr. 1Ch 22,2 1Ch 22,15): "Il tempio, che io intendo costruire - diceva quel sovrano - deve essere grande, perché il nostro Dio è più grande di tutti gli dèi" (2Ch 2,4).


4. Non minor fervore ha dedicato la Chiesa alla costruzione della prima e di questa seconda Basilica vaticana, la quale, non meno della prima, è davvero una mirabile opera d'arte e una singolare testimonianza di fede. Era necessario che anche la facciata ne rispecchiasse la maestà e la finalità religiosa. L'immagine del suggestivo bassorilievo posto sotto il balcone centrale e raffigurante il Cristo che consegna le chiavi a san Pietro, sta a indicare la ragione per la quale questa Basilica è sorta: essa è la memoria di Pietro, su cui Cristo ha fondato la Chiesa. La Basilica infatti racchiude e custodisce la tomba del principe degli apostoli, di colui che diede in questo luogo l'estrema testimonianza al Signore, che l'aveva scelto e investito della funzione di rappresentarlo in terra e di esserne come il prolungamento visibile, per il tramite dei suoi successori, fino alla fine dei tempi.

Anche la facciata si inserisce in questo contesto: essa sta a testimoniare quel flusso ininterrotto di pellegrini che sono venuti e che vengono a pregare sulla tomba di Pietro e a ripetere la sua stessa professione di fede: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16). Nel mirare le pietre e marmi che rivestono il tempio, essi non possono non ricordare l'esortazione dell'Apostolo: "Voi siete pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio" (1P 2,5).


5. Alla luce di queste parole, che qui acquistano una risonanza quanto mai significativa, ci accorgiamo che il fascino esteriore di questa Basilica impallidisce e cede il posto a quello interiore della vocazione spirituale, alla quale ciascuno di noi è chiamato. Esse fanno chiaramente percepire nel tempio materiale e in quello di ciascuno di noi, una presenza, la presenza di Dio. Non più la presenza di Dio in una nube luminosa, come quella che sovrasta l'arca dell'alleanza nel tempio di Gerusalemme (cfr. 2Ch 7,13-14), ma la presenza sacramentale di Cristo nell'Eucaristia, e la presenza di Dio, per mezzo della grazia, in ogni anima, che vive coerentemente secondo le esigenze della fede cristiana. Ce lo ricorda anche san Paolo: "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito abita in voi?" (1Co 3,16).

Si, cari fratelli e sorelle, siamo "pietre vive" per la gloria di Dio.

Raccogliamo questo messaggio di Pietro nella Basilica, sorta a custodia del suo sepolcro e del suo primato universale. Possa la benedizione del Signore confermare in tutti questi sentimenti per sempre.

Desidero aggiungere, in lingua inglese, uno speciale saluto al supremo cavaliere Mr. Virgil Dechant, agli altri cavalieri di Colombo e alle loro famiglie che sono presenti oggi. Per più di cento anni i cavalieri di Colombo si sono distinti per il loro amore a Cristo e fedeltà alla Chiesa, per il loro servizio ai poveri e ai bisognosi, per la difesa degli handicappati e dei nascituri attraverso il loro forte sostegno alla vita familiare.

Voi siate un esempio illuminante del ruolo del laicato nella vita e nella missione della Chiesa. Il finanziamento del restauro e del mantenimento della facciata della Basilica di san Pietro e della colossale statua sono un ulteriore simbolo dello spirito devoto della vostra stimata organizzazione e della vostra fedeltà al successore di san Pietro.

Il mio cuore è pieno di gratitudine verso tutti voi per questo ultimo progetto e per tutto quello che farete al servizio di Cristo e del Vangelo. Il nostro amato Redentore benedica voi e le vostre famiglie con abbondante grazia e pace.

1987-02-23 Data estesa: Lunedi 23 Febbraio 1987









Ai presuli dei paesi scandinavi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La verità di Cristo deve trovare applicazione concreta nella vita morale degli uomini d'oggi

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato.


1. Nel mio servizio apostolico come Vescovo di Roma gli incontri con i vescovi di tutto il mondo sono i compiti più importanti e più belli. Rafforzare i propri fratelli è l'esplicito incarico del successore di Pietro (cfr. Lc 22,32). In questo modo si realizzano continuamente le parole del salmista: "Come è bello, com'è giocondo abitare insieme come fratelli" (Ps 133,1); ciò si può sperimentare nel colloquio personale con i sommi pastori, ma soprattutto nella comune celebrazione dell'Eucaristia e negli incontri comunitari come il nostro di oggi.

In armonia e gioia fraterne vi porgo oggi i miei saluti nella vostra visita "ad limina". Attraverso di voi saluto le diocesi e le comunità, i sacerdoti e i religiosi, tutti i fedeli che voi in qualità di sommi pastori nell'ambito della conferenza episcopale del nord, rappresentate qui. Il nostro pensiero pieno di riconoscenza va contemporaneamente ai vescovi che vi hanno preceduto nel servizio apostolico e specialmente ai sommi pastori, ancora viventi di Kopenhagen e di Oslo, ai vescovi Suhr e Gran, inoltre al vescovo Hendrik Frehen di Reykjavik che il Signore ha chiamato poco tempo fa a sé nell'eternità come suo "servo buono e fedele" (cfr. Mt 25,14-30).


2. La visita "ad limina" vi conduce, cari fratelli, periodicamente qui a Roma, per riconfermare la vostra unità con il successore di Pietro. Allo stesso tempo essa vi offre l'occasione di riflettere sulla vostra missione vescovile nel servizio alle vostre Chiese locali e di chiedere sulle tombe degli apostoli nuovo coraggio, forza e perseveranza per il vostro futuro operare. Esse sono richieste oggi più che mai ai vescovi. Le vostre diocesi comprendono paesi che hanno una tradizione cristiana ultramillenaria, ma nelle quali ora la Chiesa cattolica rappresenta soltanto un'esigua minoranza. Le ostilità durate per anni tra le varie confessioni sono superate definitivamente, grazie a Dio. Sono state sostituite attraverso uno spirito di sempre maggiore disposizione ecumenica a un'intesa e di collaborazione, spirito che solo da poco ha ricevuto una conferma ufficiale con l'accettazione di rapporti diplomatici fra i tre paesi scandinavi e la Santa Sede. D'altra parte sono sorti oggi nella nostra società del benessere, nei confronti della cristianità e della religione, dei pericoli e delle minacce per tutte le confessioni attraverso una sempre crescente secolarizzazione. Nel vostro rapporto quinquennale voi stessi fate una chiara esposizione dei pericoli e delle difficoltà, che ostacolano la vita della Chiesa e l'opera pastorale: dalla laicizzazione della società al rilassamento dei costumi, soprattutto nella sfera sessuale e nella morale matrimoniale, dal disfacimento delle famiglie allo scarso influsso che la Chiesa cattolica può esercitare nella vita pubblica in quanto "piccolo gregge". Condividete in questo l'esperienza della Chiesa in numerosi altri paesi che da voi è ulteriormente esasperata dalla diaspora. I vostri rapporti offrono tuttavia un'efficace testimonianza di come vigorosamente vivete e costruite la Chiesa nonostante la scarsità di mezzi disponibili, con i vostri sacerdoti, religiosi e fedeli, di come promuovete la collaborazione ecumenica con le altre confessioni cristiane, di come svolgete un fecondo apostolato nell'ambito dei giovani e dell'educazione cattolica, offrendo alla società nei vostri paesi un servizio cristiano efficace in misura delle vostre forze.

Voi potete richiamare l'attenzione soprattutto sul cospicuo numero di candidati al sacerdozio, di aspiranti al diaconato perpetuo, e di aiutanti laici.

Le direttive del Concilio Vaticano II, come voi sottolineate, vengono accolte nelle vostre diocesi e comunità e hanno una sempre maggior realizzazione. Accanto alla liturgia, attraverso la quale la celebrazione dell'Eucaristia ha raggiunto il posto dominante nella vita della Chiesa, voi avete constatato un generale risveglio di altre forme tradizionali di preghiera, come la recita del rosario, le stazioni della Via Crucis e l'adorazione eucaristica. Tutti questi sono dei segni incoraggianti che lasciano sperare per il futuro della Chiesa nei vostri paesi.

perciò mi unisco al desiderio del sommo pastore della diocesi di Kopenhagen, che questa e tutte le altre diocesi della conferenza episcopale del nord possano ottenere, per mezzo della prossima beatificazione del servo di Dio Niels Stensen, un nuovo intercessore in cielo, che possa guidare con la sua particolare protezione e il suo aiuto il futuro cammino della Chiesa nelle vostre comunità.

Contemporaneamente vi ringrazio sinceramente per il cordiale invito a una visita pastorale nelle vostre Chiese locali, che appena possibile accettero con gioia.


3. La visione realistica della situazione attuale della Chiesa nei vostri paesi con i suoi lati di luce e di ombra, come appare dalle vostre relazioni e dai dialoghi personali, non ci deve assolutamente intimorire e scoraggiare. Al contrario, sia per noi motivo di gioia e di gratitudine per l'immensa azione santificatrice di Dio e la sua grande grazia, attraverso cui egli rende presente e continua in mezzo a voi l'azione salvifica di Cristo, nonostante tutte le difficoltà. Un grazie a voi, ai vostri preti e ai molti religiosi che si mettono al servizio delle vostre diocesi così generosamente, grazie anche a tutti i credenti, per la forza della fede e la disponibilità al sacrificio con le quali voi continuate insieme ad essere segni viventi di Cristo e del regno di Dio nel mondo, in un mondo che sembra dimenticare sempre più Dio e che tuttavia nel profondo, in modo cosciente o meno, ha ancora desiderio di lui.

Anche come Chiesa "nella dispersione" voi non siete mai dimenticati e abbandonati. "L'essere cristiani nella diaspora deve", come io vi ho detto nella mia predica ad Osnabrück, "essere accompagnato dalla coscienza di appartenere a una grossa comunità di persone, al popolo di Dio con tutte le popolazioni della terra". Anche le vostre Chiese particolari come "piccoli greggi" sono sempre cattoliche, cioè rappresentano la Chiesa universale di Gesù Cristo nel vostro paese, sono sempre portatrici del dono della grazia e delle promesse del nostro Salvatore per il vostro popolo e i vostri fratelli. Il fatto di dipendere dall'aiuto materiale e personale delle vicine Chiese sorelle, alle quali pure va indirizzato il nostro sincero ringraziamento, non deve costituire per voi motivo di umiliazione. Una concreta corresponsabilità e un reciproco dare e ricevere in uno spirito di fraterna solidarietà sono nello stesso tempo vissuta e testimoniata "communio" ecclesiale. Sono espressione e insieme naturale compimento di quella profonda unità che supera tutti i confini e unisce tutti membri della Chiesa nell'unico misterioso corpo di Cristo. Anche la vostra visita al centro della cristianità, il vostro incontro con il successore di Pietro, che il Concilio definisce come "il principio e il fondamento visibili e duraturi dell'unità di tutti i vescovi e credenti" (LG 23), vi rafforzi in questo legame vitale con la Chiesa universale e vi doni nuovo coraggio e fiducia per il vostro servizio apostolico.


4. Cari fratelli! Siamo coscienti che la Chiesa non si scontra con le difficoltà e i pericoli dell'odierna società secolarizzata solo all'esterno, ma deve misurarsi con essi in misura sempre crescente anche nel suo interno. Al processo di secolarizzazione crescente corrispondono una crisi interiore di fede e una diminuzione della vita religiosa ed ecclesiale nelle famiglie e nelle comunità.

Voi stessi le definite come una grossa tentazione per i credenti di adeguarsi allo stile di vita dell'ambiente secolarizzato. Nei confronti dell'estraneamento crescente di molte persone dall'insegnamento cristiano e dalla Chiesa si delineano per il vescovo come compiti urgenti l'essere testimonio della fede, il riconoscere e insegnare insieme con i suoi sacerdoti e catechisti la fede cattolica e conservarla nella sua purezza originaria. Nuovi comuni sforzi per una rievangelizzazione e formazione di cristiani convinti attraverso un organico piano di approfondita catechesi (cfr. CTR 61) sono la vera risposta ai mali e alle mancanze che emergono dalla diagnosi dell'odierna situazione delle nostre diocesi. perciò vi incoraggio particolarmente nella vostra preoccupazione pastorale per l'annuncio della fede nella liturgia e nell'ora di religione per i bambini cattolici e i giovani delle comunità. La progettata creazione di un seminario pastorale a Stoccolma, che deve essere aperto anche alle vostre diocesi, vi offrirà la possibilità di continuare a svolgere in modo fruttuoso i vostri impegni catechistici e di promuovere e approfondire il lavoro pastorale. Accanto alla pastorale dei giovani e delle famiglie la cura pastorale dei molti immigrati ed esuli sta acquistando nell'ambito della diaspora del nord un grosso rilievo. Il futuro dell'intera Chiesa nei vostri paesi dipenderà dal vostro positivo inserimento nella vita della Chiesa delle vostre diocesi e comunità.


5. Come il Concilio ci ricorda, la verità, di cui la Chiesa deve dare testimonianza, non deve solo essere accolta nella fede ma deve anche trovare applicazione concreta nella vita morale degli uomini d'oggi (cfr. LG 25). Voi sottolineate le grosse difficoltà di annunciare l'insegnamento della morale cattolica, soprattutto la morale sessuale e del matrimonio, in modo che venga accolta dai credenti. L'uomo di oggi ha perso la convinzione che egli possa trovare la salvezza solo nella verità. In forza della sua missione la Chiesa deve perciò cercare di convincere con pazienza e con amore oggi più che mai i credenti e gli uomini di buona volontà che la libertà, che è sottoposta alla verità, può portare la persona umana alla sua vera felicità. La Chiesa non limita intenzionalmente la libertà dell'uomo con il suo insegnamento della morale, bensi cerca di aiutarlo a riscoprire la sua verità, cioè quella verità che è inscritta nel suo essere uomo e che gli è stata nuovamente rivelata da Dio, e a tenerne conto nel suo comportamento morale: l'insegnamento della morale vuole riportare l'uomo a se stesso e quindi a Dio. Nell'insegnamento della morale la Chiesa mostra chi sia l'uomo creato e salvato da Dio in Cristo e in cosa consista la sua vera felicità e la salvezza definitiva. Come Cristo, la Chiesa è mandata a portare testimonianza della verità (cfr. Jn 18,37). perciò essa deve annunziare nella pluralistica società di oggi, indipendentemente dal fatto che la sua voce trovi ascolto, la parola di Dio e mostrare all'uomo la sua legge come norma ultima dell'agire morale. Quanto più oggi nello stato e nella società vengono messi in discussione i valori fondamentali della morale e i modi di comportamento, tanto più insistentemente sono chiamati i cristiani a mostrare ciò che va contro la volontà di Dio e la dignità dell'uomo come false vie e peccato e ad opporvisi con tutte le forze. La verità di Gesù Cristo è l'unica via che conduce l'uomo alla vera vita e alla felicità, e quindi all'eterna salvezza.


6. Cari fratelli! La testimonianza cristiana della verità e la missione della Chiesa per la salvezza dell'uomo diverranno ancora più convincenti e penetranti se i discepoli di Cristo saranno uniti tra di loro e parleranno con una sola voce.

Così Cristo prega incessantemente per la loro unità, "affinché il mondo creda" (Jn 17,21). Prego con voi di cuore affinché questa unità diventi nelle vostre terre sempre più realtà nella comune testimonianza di fede per il mondo con l'aiuto di Dio e attraverso seri sforzi ecumenici da parte di tutte le confessioni cristiane.

Il Signore vi rafforzi e vi conduca nel vostro servizio vescovile e benedica voi, le vostre diocesi e comunità e tutta l'attività della Chiesa nel vostro futuro pellegrinaggio!

1987-02-26 Data estesa: Giovedi 26 Febbraio 1987




A docenti e a studenti dell'Università Cattolica di Lione - Sala del Concistoro (Roma)

Titolo: La conoscenza di Cristo fonte di fedeltà e di dinamismo

Testo:

Monsignore, signore, signori, cari amici.


1. Mi incontro con voi oggi con qualche istante di intimità. Conservo nella memoria del cuore la mia visita alla vostra Università Cattolica nella serata del 7 ottobre, la vostra accoglienza calorosa, la vitalità della vostra casa, aperta a molteplici branche delle scienze, l'esempio dei santi che a Lione, vi hanno preceduto nella fede, da sant'Ireneo al beato Antonio Chevrier e delle personalità che hanno onorato la vostra università da più di cent'anni.

Voi stessi venite a Roma per approfondire le vostre radici cristiane, alla luce della testimonianza degli apostoli Pietro e Paolo e di molti martiri e santi e per aprirvi sempre più all'universalità della Chiesa presso il successore di Pietro che ha in cura tutte le Chiese.


2. A Lione vi avevo a lungo trattenuto su sant'Ireneo, modello di teologo, di pastore, di testimone della Chiesa e della sua unità. L'approfondimento della dottrina della Chiesa in ciò che concerne la fede e i costumi, e la sua applicazione pastorale, rappresentano infatti un compito fondamentale dell'università. Non voglio aggiungere altro oggi, se non i voti che formulo per il proseguimento di questo servizio della Chiesa presso tutti quelli che hanno bisogno di questa formazione teologica, preti, religiosi, e laici, e naturalmente i seminaristi recentemente accolti nella vostra università.


3. Ma non dimentico gli insegnanti e gli studenti degli altri settori del sapere.

Il senso di un'università cattolica è di proseguire la ricerca e l'insegnamento preparando dei pensatori, degli scrittori, dei sociologhi, degli scienziati nei diversi rami, ivi compresa la bioetica, persone adatte a portare il loro contributo, con competenza e disinteresse, con il senso dei valori umani e cristiani. Una siffatta università deve permettere anche agli allievi di condurre i loro studi in un clima coerente con la fede, di trovare i mezzi per approfondirla, di fare esperienza di una vita spirituale di un'azione cristiana.

Come dicevo a Lione, una simile esigenza concerne innanzitutto i professori e il personale che non devono temere di rendere testimonianza alla fede che li anima, dalla loro riflessione etica, alla luce dell'insegnamento della Chiesa. così i giovani potranno essere coinvolti liberamente a scegliere il cammino del Vangelo, in mezzo all'aumento delle ideologie e dei costumi del nostro tempo.


4. Che la coscienza di Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore, il cui simbolo primitivo era il pesce ("ichthys") come quello che voi mi offrite, sia la fonte della vostra fedeltà, del vostro dinamismo, della vostra gioia! Che sant'Ireneo, del quale dobbiamo rileggere incessantemente l'opera monumentale, interceda per voi! Il suo insegnamento luminoso ha mostrato bene la ricapitolazione di tutte le cose nel Figlio di Dio fatto uomo, l'irraggiamento ammirevole dell'incarnazione e della redenzione per la nostra adozione divina, il ruolo senza pari di Maria nell'opera di salvezza portata da suo Figlio! Benedico di cuore voi e tutti i vostri collaboratori.

1987-02-26 Data estesa: Giovedi 26 Febbraio 1987




Ai vescovi dell'Ile-de-France in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una società che non sa più trasmettere la vita ha urgente bisogno di speranza e di verità

Testo:

Signor cardinale, cari fratelli nell'episcopato.


1. Il tempo di riflessione, di preghiera e di scambi della vostra visita "ad limina" ci dà l'occasione di questo incontro. Sono felice di accogliervi poiché nel mio ministero accordo una particolare importanza agli incontri con i vescovi del mondo: sono momenti nei quali si manifestano concretamente i nostri legami profondi nel collegio episcopale che ho avuto la missione di presiedere.

Avete la responsabilità pastorale dell'Ile-de-France, regione fortemente urbanizzata attorno alla vostra capitale. Le situazioni umane e religiose comportano una grande diversità, quelle di una società che si modifica profondamente. L'evangelizzazione si scontra con molti ostacoli, in ragione di un insieme di fattori evolutivi, che analizzate con perspicacia nei vostri rapporti, vent'anni dopo la creazione di nuove diocesi nella vostra regione. E' stato compiuto un lavoro considerevole da quando avete veri motivi di speranza.

Vorrei sin d'ora salutare tutti quelli che assicurano con voi il dinamismo della Chiesa nell'Ile-de-France, i preti, i diaconi, i religiosi, le religiose che soffrono e si piegano sotto il fardello: chiedo al Signore che li chiama al suo seguito di alleviarli e di far scoprire con lui, "dolce e umile di cuore, che il giogo è dolce" (cfr. Mt 11,28-30). Con i ministri ordinati e le persone consacrate vorrei incoraggiare i numerosi laici, uomini e donne che contribuiscono con una devozione generosa alla missione ecclesiale, testimoni attivi del Vangelo nella società e collaboratori responsabili nella vita della comunità.

Due vescovi non hanno potuto venire per ragioni di salute: vogliate assicurarli della mia preghiera e dei miei voti cordiali. Rivolgo un saluto particolare a mons. Fihey, vescovo responsabile della pastorale presso le Armate francesi, dicendogli che apprezzo il ministero delle cappellanie presso i militari di carriera e i giovani che compiono il loro servizio nazionale che sono in forza per costruire o difendere la pace. Auguro anche il benvenuto a mons. Ghabroyan, vescovo eparchiale per gli Armeni in Francia; poiché renda partecipi dei miei voti i fedeli dei quali è pastore. Ed estendo questi voti a tutti i cattolici di rito orientale dei quali l'arcivescovo di Parigi è l'ordinario. Spesso segnati dalla prova, essi hanno il merito di restare fedeli alle loro tradizioni religiose.


2. Nel corso di questo incontro, non saprei abbordare tutti i problemi che vi preoccupano. Molti sono stati trattati con i vostri confratelli delle altre regioni, altri lo saranno in seguito. Oggi ritornando su questi temi evocati ora dal card. Lustiger, proporro alcuni orientamenti per il compito di evangelizzazione che vi è stato affidato.

Una constatazione si impone, talvolta scoraggia: nella società dei vecchi paesi d'Occidente, nelle grandi città particolarmente, i valori e il messaggio cristiano sembrano assenti, assorbiti, soffocati da una civiltà in cui il pluralismo delle convinzioni, in cui il consenso sul senso della vita e delle regole morali è debole. L'individualismo è eretto a principe, o almeno regna nella pratica. La fede religiosa si trova riservata a un campo strettamente privato. Il pessimismo pesa in un mondo in cui non si osa più credere alla felicità possibile dell'uomo.

E tuttavia, voi l'avete notato, il vostro paese non ha veramente rinnegato la sua storia cristiana, il suo patrimonio spirituale, il suo battesimo.

I giovani privati della memoria, manifestano il desiderio di una parola forte che li orienti. Una società che vede vacillare le fondamenta stesse della dignità umana, che non osa più trasmettere la vita alle nuove generazioni, è una società che attende una parola di speranza, una parola che le faccia ritrovare la verità, la realtà dell'uomo in tutte le sue dimensioni, un'etica nobile della sessualità, una struttura ferma della famiglia, una reale giustizia economica, un senso della fraternità umana che non esclude i deboli, delle ragioni per vivere senza le quali la libertà non è che un'apparenza fallace. Noi crediamo che il Vangelo possa rispondere a questa attesa. Noi crediamo che in tutti i campi sia necessario parlare. Crediamo che una possibilità di una società libera sia il poter capire una parola di amore e di fede, quella che ci viene da Cristo, quella che lo Spirito autentica in noi.


3. Quando la dignità dell'uomo e i suoi diritti reali sono chiamati in causa, spetta ai pastori far comprendere la verità che "rende liberi" (Jn 6,32), cercare di rimediare a tutto ciò che ferisce l'uomo. E' chiaro che non basta che alcune voci si elevino nella vita pubblica. I cristiani siano presenti, con tutte le loro competenze e in accordo con le loro convinzioni, in tutti i cantieri della vita associativa e pubblica, a tutti i livelli dai più modesti a quelli più carichi di responsabilità! Contribuiscano al miglioramento della società e delle stesse istituzioni! Essi assicurino al meglio delle loro capacità, le loro funzioni economiche nel rispetto del lavoro e in conflitto instancabile contro la disoccupazione, i loro ruoli educativi! Sappiano fare una lettura lucida dell'informazione! Partecipino alle cure dei malati! Che pratichino l'aiuto fraterno! Siano ovunque rispettosi di quelli che non aderiscono alla loro fede senza cessare di desiderare che essi a loro volta la condividano! E che abbiano il coraggio della chiarezza nell'affermazione dei valori evangelici che li guidano.


4. Una simile fedeltà può essere vissuta solo se i cristiani attingono insieme alle fonti vive: la grazia della comunione con Cristo nel corpo ecclesiale, la ricchezza della riflessione condivisa e approfondita in una formazione esigente, la coesione di una comunità nella quale ciascuno sia parte attiva nello sforzo di tutti. So che voi moltiplicate le iniziative perché i cristiani possano progredire in questo senso: mezzi di formazione diversificati, mezzi di comunicazione più elastici e vicini alla gente raggiunta per iscritto o per radio.

Le ultime generazioni hanno sentito la necessità di raggrupparsi, per poter portare testimonianza. Numerosi movimenti si sono formati e altri nascono attualmente. Alcuni mirano all'apostolato in ambienti sociali determinati, come l'Azione Cattolica che da voi è ampiamente sviluppata. Altri si riferiscono a settori professionali, come la sanità, il diritto, l'insegnamento. Altri ancora hanno come scopo l'educazione dei giovani, la preparazione delle famiglie, il sostegno della vita familiare, la promozione della vita spirituale dei loro membri. Altri infine sono centrati sul servizio da rendere particolarmente all'aiuto reciproco caritativo. I nuovi movimenti o gruppi di preghiera conoscono una grande estensione. Non entrerei qui nel particolare: le relazioni che avete compilato su questi movimenti sono impressionanti. Incoraggio e auspico che tutti contribuiscano senza isolarsi, alla vitalità del corpo ecclesiale, all'accoglienza di ogni fratello che chiama, all'annuncio del Salvatore che è per ogni uomo "la via, la verità e la vita" (Jn 14,6).


5. Fin qui ho ricordato la parola cristiana che bisogna diffondere. Ciò resterebbe fragile se non fosse possibile vedere concretamente la Chiesa. Sicuramente, nelle vostre città e borgate si può incontrare la Chiesa. Ma quante volte non sentiamo i cattolici voler formare un gruppo minoritario e disperso nel seno di un mondo in movimento e troppo anonimo e opprimente? Essi hanno bisogno di comunità identificabili, pubbliche e facilmente accessibili in cui sia possibile condividere la propria fede con altri, radicare la loro esperienza cristiana, celebrare la loro relazione con Dio nel seno del popolo costituito in Cristo.

Nelle nuove città, nei quartieri rinnovati voi offrite sforzi considerevoli per fondare o ristabilire i luoghi nei quali la Chiesa abbia un volto e una realtà comunitaria. Penso alle parrocchie e ad altre istituzioni cristiane. Bisogna che gli uni e gli altri siano abbastanza vivaci perché possa partire il primo annuncio del Vangelo verso quelli che non l'hanno ancora percepito, e questo annuncio continuamente rinnovato è necessario a tutti. Bisogna che essi siano veri, e che i luoghi siano abbastanza abitati e animati dallo spirito di amore, affinché i discepoli di Cristo siano riconoscibili (cfr. Jn 13,35). Nessuno dovrà temere una presenza istituzionale che sarebbe troppo forte, se in ogni istituzione, uomini e donne non si preoccupassero, secondo lo spirito di Cristo, di rimanere attenti alle realtà e alle persone del loro ambiente. Se nelle grandi città è necessario moltiplicare i luoghi di Chiesa, affinché abbiano un taglio umano e compiano meglio la loro funzione, continuate questo sforzo, e spero che gli aiuti non vi mancheranno.


6. Un fatto particolarmente sorprendente vi preoccupa. Un gran numero di vostri compatrioti dichiara la sua appartenenza alla Chiesa cattolica, e tuttavia conserva con essa un legame tenue, parziale e ambiguo. Essi mal si riconoscono nel messaggio di una Chiesa, alla quale essi tuttavia chiedono l'accesso ai sacramenti. E' una realtà che può dispiacere, ma non è anche, a suo modo, una possibilità? Se per loro la Chiesa resta visibile e accogliente, se le occasioni di incontro, in verità, sono scelte nei grandi momenti dell'esistenza che essi desiderano consacrare, è possibile sperare di elevare il loro passo progressivamente verso la fede piena in Gesù Cristo e alla partecipazione attiva alla vita della Chiesa.

Singolare esigenza per i pastori in particolare, perché la verità del sacramento sembra difficilmente percepita da persone che non giungono a un'espressione personale della fede! Ma spesso sanno portare uno sguardo positivo su questi fratelli; essi hanno la preoccupazione di non disprezzare i germi spirituali che ancora rimangono, questa aspirazione religiosa universale che si sveglia nei grandi momenti dell'esistenza umana, questo ricordo di una tradizione cristiana ancestrale di una pratica religiosa nel corso dell'infanzia o dell'adolescenza, il voto di una vita più degna, queste intuizioni che hanno qualcosa di essenziale nel simbolismo dell'atto religioso. Non cessino di essere pedagoghi, e condividano con la comunità vivente una vera virtù di accoglienza! Non ci si deve lasciar scoraggiare di fronte a quanti, seguendo mode temporanee, rifiutano le forme liturgiche che sono apparse necessarie di rinnovamento secondo la volontà del Concilio. Guardandoci dal disistimare alcune comprensibili nostalgie, bisogna aver cura di sottolineare i riferimenti indispensabili perché dei non praticanti percepiscano la coerenza della Chiesa di oggi con quella del passato. E soprattutto che i pastori impieghino tutti i loro sforzi affinché il passo un po' formale di cui sono testimoni possa evolversi verso l'accoglienza del dono di Dio, verso la disponibilità a orientare la vita secondo lo Spirito, verso l'esperienza della preghiera e la carità disinteressata! 7. L'apertura evangelica nei confronti di quanti non condividono la vita della comunità è uno dei segni necessari perché la Chiesa risponda alla sua vocazione di riunire le genti al mistero di unità e di comunione così vivamente presentato dal Concilio e dal recente Sinodo del 1985. Non cessate di ascoltare e di riunire.

La grande città che isola, disperde, ha bisogno dello spazio nel quale sia percepito il Vangelo. Ha bisogno di sviluppare le solidarietà in un tempo in cui la povertà può essere crudele, nella quale si moltiplicano le emarginazioni.

E' chiaro a molti che le difficoltà economiche avranno conseguenze durevoli e richiederanno delle condivisioni più esigenti. Come si vorrebbe che uomini generosi e ferventi si prodigassero in aiuti lucidi ed efficaci, all'interno del paese come nei confronti dei fratelli lontani più sfavoriti ancora! Avete ragione di lottare contro il razzismo, le esclusioni dalla vita urbana degli esiliati che generano, a causa dell'insicurezza e della paura, degli atteggiamenti talvolta chiusi e intolleranti. Gli esiliati hanno il diritto di trovare tra i cristiani dei fratelli autentici. Sottolineate l'importanza della presenza degli stranieri nella vostra regione: non cessate di invitare la comunità cristiana ad aprirsi ai valori che possono portare a un dialogo vero. I credenti di altre religioni hanno il diritto di essere rispettati, devono poter scoprire la verità del cristianesimo in noi, e di essere aiutati da un modo di procedere religioso, aperto alla pienezza dell'appello di Dio.


8. Animatori dell'evangelizzazione in queste diocesi popolate e complesse, primi testimoni della redenzione, amministratori dei misteri di Dio, avete ricevuto una responsabilità sicuramente pesante ma esaltante. Protagonisti di quello che Paolo VI chiamava il "dialogo lungo e diverso che parte da Dio e intreccia con l'uomo una conversazione varia e sorprendente" ("Ecclesiam Suam", 72), conducete una vera polifonia della Chiesa: le voci sono numerosi e i contrappunti talvolta ardui ma la nota fondamentale è quella del Signore, l'armonia si trova nell'umile preghiera di tutti i "cuori che ascoltano" (Os 3,10). Che Dio doni a tutti i vostri diocesani la grazia di unirsi nella missione per la quale l'amore si fa presente! Benedico nel vostro ministero voi e tutti quelli che vi circondano.

1987-02-27 Data estesa: Venerdi 27 Febbraio 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Discorso per la conclusione del restauro della facciata di san Pietro - Roma