GPII 1987 Insegnamenti - Ai membri dell'Associazione Genitori delle Scuole Cattoliche

Ai membri dell'Associazione Genitori delle Scuole Cattoliche

Titolo: La Chiesa attribuisce oggi più che mai fondamentale importanza alla scuola cattolica

Testo:

Eccellenza, signor presidente nazionale, egregi signori.


1. Sono lieto di accogliere voi tutti, responsabili nazionali e regionali dell'Associazione Genitori delle Scuole Cattoliche.

In questi giorni siete convenuti a Roma, in occasione del decennale di fondazione della vostra associazione, per riflettere su un tema di non piccola importanza: "Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, a vent'anni dal Concilio Vaticano II", e per procedere a un opportuno approfondimento della missione dei laici, in particolare dei genitori cristiani, alla luce dei grandi orientamenti conciliari e dei successivi documenti emanati dalla Chiesa nel campo educativo lungo quest'ultimo arco di tempo.

Nel salutarvi cordialmente ciascuno in particolare, intendo esprimere il mio incoraggiamento a questa iniziativa, la quale, mentre si propone un esame attento e costruttivo del recente passato, punta soprattutto allo scopo di preparare il prossimo avvenire.

Le vostre finalità d'insieme s'inseriscono in un quadro di azione rievangelizzatrice, considerata preminente dalla Chiesa nel contesto del mondo contemporaneo: educazione della gioventù, salvaguardia della famiglia cristiana, umanizzazione della società. Sono tre aspetti di un unico obiettivo pastorale.

E' per questa ragione che oggi, nel ringraziarvi per le espressioni di ossequio e di fedele impegno, di cui si è fatto interprete il presidente a nome vostro, voglio fermarmi con voi su alcune riflessioni di principio, valide ad aiutarvi nel vostro lavoro di approfondimento e a stimolarvi nel compito più arduo delle realizzazioni.


2. Il primo punto fermo che desidero caldamente ribadire in questa sede è l'importanza fondamentale che la Chiesa attribuisce alla scuola cattolica, oggi più che mai.

Senza dubbio, come ci ricorda il Concilio, la Chiesa, consapevole del dovere gravissimo di curare diligentemente l'educazione morale e religiosa di tutti i suoi figli, deve rendersi presente con affetto speciale e con tutti i mezzi possibili ai moltissimi suoi figli, che vengono educati nelle scuole non cattoliche. E questo si ottiene con la testimonianza di vita dei maestri e dei condiscepoli, ma soprattutto attraverso il ministero dei sacerdoti e dei laici che hanno la possibilità d'insegnare nelle scuole pubbliche (GE 7).

La Chiesa, pero, ha sempre attribuito una peculiare importanza alla scuola cattolica, in quanto essa, mentre coordina l'insieme della cultura umana col messaggio evangelico, promuove efficacemente anche il bene della città terrena, preparando i soggetti destinati a divenirne il sale e il fermento.

Lo stesso Concilio, riconoscendo la somma importanza della scuola cattolica, ne riafferma l'attualità anche nelle circostanze presenti (GE 8). Questo stesso orientamento è vigorosamente ribadito dalla Congregazione per l'Educazione Cattolica con la specificazione che il compito ecclesiale della scuola cattolica è nel nostro tempo insostituibile e urgente. A sua volta la Conferenza Episcopale Italiana aggiunge che tale scuola è chiamata oggi ad assolvere pure un compito di presenza attiva della cultura cattolica in un mondo fortemente secolarizzato (CEI, "La Scuola Cattolica oggi in Italia", 1983, 2).

La Congregazione, inoltre, constatando che alcuni religiosi e religiose hanno abbandonato le scuole cattoliche, ha invitato a riconsiderare le motivazioni talora addotte contro l'impegno nell'insegnamento, ricordando che all'opera educativa non possono essere applicati esclusivamente i criteri razionalistici come avviene per altri settori (Congregazione di Istituzione Cattolica "La Scuola Cattolica", 1977, 75). E il nuovo Codice di diritto canonico, rivolgendosi agli istituti religiosi, che hanno la missione specifica dell'educazione, afferma il loro dovere di mantenersi fedeli a tale missione e di adoperarsi efficacemente per dedicarsi all'educazione cattolica attraverso proprie scuole (CIC 801).

Non sembrano esistere, oggi, forme alternative che possano sostituire con efficacia la qualità di un'educazione orientata verso la pienezza della vita cristiana, quale offre una scuola cattolica autenticamente sollecita di tradurre in atto le proprie specifiche finalità.


3. Il secondo punto di orientamento che desidero sottolineare è il dovere irrinunciabile dei genitori cristiani di collaborare responsabilmente con la scuola cattolica per il raggiungimento dei suoi obiettivi. Il diritto canonico ribadisce il dovere dei genitori cristiani di scegliere quei mezzi e quelle istituzioni attraverso i quali possano provvedere nel modo più appropriato all'educazione cattolica dei figli (CIC 793); e quindi di affidare i figli, quando sia possibile, a quelle scuole nelle quali si provvede all'educazione cattolica (CIC 798). Nello stesso tempo, è posto in rilievo il loro diritto-dovere di cooperare strettamente con i maestri delle scuole, frequentate dai figli (CIC 796). Anche nella scuola cattolica, com'è ovvio, i genitori rimangono i primi responsabili dell'educazione dei figli e, rifiutando ogni tentazione di una delega educativa che li scarichi dalle proprie responsabilità, devono sentirsi a pieno titolo membri della comunità educante (CEI, "La Scuola Cattolica oggi in Italia", 1983, 43).

In virtù di questo quadro di insieme, i genitori, chiamati a prestare la loro collaborazione responsabile e attiva alla scuola cattolica, non possono dispensarsi dal collaborare con essa, in libera e convinta adesione alle sue finalità proprie, e dal creare all'interno di ciascuna famiglia un'atmosfera che non contrasti con i principi di fondo impartiti dalla scuola.

I genitori possono, inoltre, offrire alla scuola cattolica un particolare contributo di collaborazione di fronte a taluni obiettivi immediati nel contesto concreto delle attuali circostanze: sostenendo dinanzi ai poteri pubblici i diritti propri della famiglia e della scuola libera, senza onerosi condizionamenti economici, e creando nelle famiglie il clima proprio di una più grande comunità educante, che faciliti alla scuola cattolica il compito specifico di trasmissione culturale che aiuti gli allievi ad assimilare lo stile di vita del cristiano.


4. Cari genitori delle scuole cattoliche, in questa difficile e altissima missione educativa, che è opera insieme umana e cristiana, si parte dal presupposto indispensabile che voi stessi siate impegnati alla vostra crescita personale sul piano umano e cristiano. Il progresso nell'umanità e nella fede non si ferma mai.

Solo così la vostra azione sarà più convincente presso i vostri figli, più efficace verso la scuola che vi aiuta a educarli, più arricchente verso la società civile, che ha estremo bisogno del lievito di cristiani profondamente convinti e coerenti.

Vi esprimo il mio vivo incoraggiamento a camminare su questa strada, per corrispondere alla vostra nobilissima vocazione di genitori cristiani.

So che la vostra associazione ha in programma, per l'Anno Mariano, un pellegrinaggio al santuario di Lourdes. E' una iniziativa degna di lode. Colei che ha avuto il compito eccelso di educare il Figlio di Dio alla vita umana, come Madre di tutti, è la più indicata ad aiutare voi e i vostri figli nel processo di educazione alla vita divina.

Con questi auspici vi imparto di cuore la mia benedizione.

1987-02-28 Data estesa: Sabato 28 Febbraio 1987




Ai Chierichetti del Preseminario san Pio X - Sala del Concistoro (Roma)

Titolo: Il vostro servizio in san Pietro è pronto, utile, edificante

Testo:

Carissimi alunni del Preseminario san Pio X! Sono molto lieto di accogliervi in questa udienza speciale, a voi riservata, e con grande affetto saluto voi, i vostri genitori e parenti, che sono venuti da lontano per farvi visita, e i vostri sacerdoti, che con totale dedizione curano la vostra formazione culturale e spirituale. La vostra presenza, così gioiosa e devota, mi è di grande conforto, perché dimostra il vostro amore alla Chiesa e al Papa, e anche il vostro impegno nel testimoniare e vivere la fede cristiana.

Il vostro servizio nella Basilica di san Pietro non solo è utile, ma pure edificante. Infatti giungono sacerdoti da Roma e da tutte le parti del mondo, desiderosi di celebrare il santo sacrificio della Messa nel massimo tempio della cristianità. E voi, puntuali, attenti e devoti, siete ogni giorno pronti al vostro servizio. La vostra collaborazione fa certamente buona e bella impressione ai fedeli presenti, e perciò io vi esorto a essere sempre assidui e fervorosi nel vostro compito: sentitevi onorati di servire i ministri di Dio nella Basilica vaticana! Siate lieti soprattutto di servire Gesù presente sull'altare! Questo vostro generoso impegno di chierichetti molte volte implica ed esige anche notevoli sacrifici. Ebbene: accettateli volentieri, partecipando con intimo spirito di pietà alle Messe che servite, offrendole anche per tanti ragazzi e giovani che purtroppo non frequentano la Chiesa. Sarete così dei piccoli apostoli, che ottenete per tante anime le grazie del Signore e vi preparate un grande e prezioso tesoro per il cielo! E anche voi, genitori e parenti, che talvolta soffrite a motivo del distacco e della lontananza, accompagnate con la preghiera i vostri ragazzi e i sacerdoti ai quali sono affidati, affinché la permanenza nel Preseminario sia per loro un'efficace scuola di formazione per la vita, con la speranza che molti di essi sentano la chiamata al sacerdozio e accettino di salire poi un giorno all'altare del Signore, per celebrare la santa Messa tante volte servita.

Cari chierichetti del Preseminario san Pio X, che siete così vicini al Papa, secondo il desiderio del venerato fondatore don Giovanni Folci pregate anche per me e per tutte le necessità della Chiesa. Egli, che ebbe sempre una profonda devozione per l'Eucaristia, fino talvolta a celebrare piangendo di commozione, aiuti dal cielo voi e i vostri amati sacerdoti! Si legge nella sua biografia che nell'ottobre del 1962, già così vicino alla sua dipartita, visitando un celebre tempio dedicato a Maria santissima, interruppe colui che ne illustrava i magnifici pregi, dicendo ai preseminaristi presenti: "Ragazzi, la Madonna fu il santuario più artistico che ospito Gesù: così deve essere la vostra anima!". La devozione alla Madre celeste e la confidenza filiale nel suo amore vi aiutino a perseverare nella fede, nell'innocenza e nella bontà per essere anche voi sempre intimi amici del Signore Gesù, che servite! E vi accompagni anche la mia benedizione, che ora di gran cuore vi imparto.

1987-02-28 Data estesa: Sabato 28 Febbraio 1987




Meditazione durante la visita al Pontificio Seminario Romano Maggiore - Roma

Titolo: La vocazione cristiana invita all'impegno per salvare il mondo

Testo:

1. Voglio per prima cosa ringraziare gli artisti: il compositore e direttore, ma anche gli altri. Siamo molto grati per questa meditazione cantata ma anche simbolicamente rappresentata. La storia di Abramo è sempre profondamente commovente, specialmente quando la si rivive in questa casa, in questa cappella, nel Seminario Romano. In questo seminario vi è una parola che diventa sempre domanda e che poi si fa realtà. Questa parola è vocazione, chiamata di Dio.

Certamente, questo è il tema centrale che si vive in questo come in tutti gli altri seminari del mondo. Questo tema voi lo vivete non soltanto come candidati al sacerdozio ma insieme con gli altri vostri coetanei che vengono qui, ragazzi e ragazze, giovani e giovinette per meditare insieme su questo tema centrale della vita umana, non solamente della vita di un sacerdote, di una religiosa, ma di ogni uomo, di ogni cristiano.

Questa meditazione biblica - la storia di Abramo - contiene in sé gli elementi principali di questo tema centrale del Seminario Romano. Esaminando la meditazione questi elementi ci appaiono. Nella storia di Abramo vediamo profondamente, essenzialmente, la scoperta del Dio personale nella fede. Questa scoperta si fa nella fede. Nella fede, Dio si presenta a ciascuno di noi e a noi tutti - comunità e popolo di Dio - come un Io trascendente, un Io divino, che cerca l'alleanza, che cerca il contatto con l'uomo. così, la scoperta di un Dio personale è un fatto che tanto profondamente ha marcato la vita di Abramo, che il suo titolo nella storia del popolo di Dio e di tanti credenti è quello di "padre della nostra fede". Questo titolo fu attribuito a lui da san Paolo e glielo attribuiscono molti credenti, non solamente cristiani: prima di noi gli ebrei, e dopo, ancora, i musulmani. Tutti si richiamano a questo comune padre nella fede, grazie a quella scoperta che questa sera abbiamo meditato insieme: la scoperta del Dio vero, la scoperta del Dio personale; anzi, di una prima prefigurazione, di un primo preannuncio della scoperta di Dio uno e trino, del suo mistero nella vita degli uomini. Questa scoperta di Dio è costitutiva della vocazione cristiana, sacerdotale, religiosa, laicale. Questa scoperta porta con sé anche una scoperta di se stessi: Dio che si presenta all'uomo nella sua divina integrità, nel suo divino mistero, come Io divino, suscita nell'uomo la profonda consapevolezza del suo io umano, della sua umana personalità, della sua umana dignità, e questo è costitutivo della fede monoteistica, della fede cristiana; questo, in un senso specifico, è costitutivo della vocazione cristiana e soprattutto della vocazione sacerdotale.

Scoperta della fede nel Dio vivente e del proprio io umano, personale: scoperta non accademica, teoretica, scoperta vissuta, scoperta che si fa vita, che si fa cammino, che si fa - appunto - chiamata. Come abbiamo sentito, questa non è solamente la scoperta di un io umano soltanto, ma di una fecondità. Nel caso di Abramo questa fecondità coniugale miracolosa è prefigurazione di un'altra fecondità, di un'altra discendenza spirituale. Quando parla ad Abramo di quella sua discendenza innumerevole, Dio intende tutti quei discendenti nella fede che sono veramente innumerevoli, che si riferiscono sempre alla sua persona: egli, Abramo, è il nostro padre nella fede. Nella vocazione sacerdotale o religiosa, come anche nella vocazione cristiana di un laico, questo è un altro elemento costitutivo: la vocazione, la chiamata di Dio deve portare frutto. Cristo dirà una volta agli apostoli: "Voi porterete frutti e questi frutti rimarranno". Questo è un fatto distintivo della vocazione degli apostoli e, dopo di loro, della vocazione di numerosi sacerdoti. Lo sappiamo bene. Abbiamo celebrato l'anno scorso il bicentenario della nascita di san Giovanni Maria Vianney, il Curato d'Ars, e sappiamo bene come è stupenda la sua discendenza spirituale, specialmente tramite il confessionale, tramite il suo ministero del sacramento della penitenza. Ve ne sono tanti altri: basti pensare a san Giovanni Bosco, di cui ci avviciniamo al centenario, per ammirare anche quest'altra discendenza spirituale di un semplice sacerdote. Ecco, questo è un altro elemento della chiamata divina del mistero della vocazione.

Infine, tirando le conclusioni di questa nostra comune meditazione, vediamo che questa vocazione che viene da Dio è nello stesso tempo profondamente impegnata nel mondo, in tutto quello che costituisce il suo bene, ma ancor di più, probabilmente, in tutto quello che minaccia il mondo: lo vediamo nella preghiera di Abramo per la salvezza delle due città, Sodoma e Gomorra.


2. Ecco: un uomo chiamato cristiano, un sacerdote, una religiosa, deve essere così impegnato per il bene del mondo e contro il male, qualsiasi esso sia. Vi sono infatti diversi mali nel mondo contemporaneo: anzi, sembra che con tante cose buone, soprattutto in una dimensione scientifico-tecnica, vi sono tanti altri mali che fanno soffrire l'uomo contemporaneo, l'umanità contemporanea. La vocazione cristiana, e specialmente quella sacerdotale, è soprattutto coinvolta, orientata, indirizzata verso tutta l'umanità verso tutto quello che costituisce il vero bene dell'uomo ma anche contro tutto quello che minaccia l'umanità. E', possiamo dirlo, una vocazione profondamente umanitaria, umanistica; siamo chiamati per portare avanti un programma divino, il programma della salvezza.

Abramo si è fatto intercessore, mediatore, per la salvezza di quelle due città; così ciascuno di noi, nella sua propria vocazione, deve farsi mediatore, deve impegnarsi per la salvezza delle altre città: certamente per la salvezza di questa città di Roma, ma anche per la salvezza delle altre città del mondo che sono minacciate, in modo diverso, forse, ma simile, soprattutto dal peccato. E' questa la più grave minaccia. Oggi siamo molto sensibili alla minaccia nucleare che può distruggere il mondo visibile, il mondo nella sua corporeità, nella sua dimensione fisica, può distruggere tutto, tutta la vita. Ma il peccato distrugge continuamente la vita, la vita dello spirito. Sappiamo bene qual è la vera gerarchia dei valori che Cristo ha portato con fermezza: che cosa potrà aiutare l'uomo se anche si salverà, se anche potrà acquistare tutto, tutto il mondo, tutti i beni del mondo, se perderà la sua anima? Ecco, così si comprende la vocazione: lo vediamo nel momento in cui Abramo prega per salvare le due città.

Infine, l'insegnamento forse più profondo della meditazione su Abramo e sulla sua storia: la vocazione divina, specialmente quella al sacerdozio, è sempre profondamente marcata dalla prontezza a offrire, a sacrificare anche ciò che ci appartiene più intimamente, ciò che ci è più personale: come Isacco per Abramo.

Essere pronti a offrire a Dio se stessi e ciò che è nostro. Tutti, con commozione, abbiamo vissuto quel momento in cui la più grande prova della vita di Abramo è stata così miracolosamente risolta con la grazia, con la bontà di Dio. Abbiamo compreso che quello che Dio vuole è soprattutto il sacrificio del cuore, il sacrificio interiore.

Ecco, questi sono gli elementi che scaturiscono dalla meditazione sulla rappresentazione artistica che ci hanno preparato i nostri amici del Seminario Romano. Qui si viene sempre - e specialmente in questo ultimo sabato prima della Quaresima - per fare un pellegrinaggio alla Madonna della fiducia, nella sua giornata, e siamo grati per l'invito a partecipare al pellegrinaggio. Abramo era certamente uomo di fede profonda ma anche di una fiducia stupenda: la sua fiducia in Dio si appoggiava totalmente su di lui, sulla sua volontà, sui programmi che aveva stabilito, egli voleva fare la sua volontà.

Abramo è una grande prefigurazione di Cristo stesso e - come abbiamo sentito al termine della meditazione - una grande prefigurazione della Madre di Cristo, la Madonna della fiducia, Maria: "Beata colei che ha creduto alla parola del Signore". Le due figure, quella dell'Antico e quella del Nuovo Testamento, i due inizi - quello che si trova in Abramo e quello che si trova in Maria - si incontrano tra loro. E se questa meditazione deve diventare ancora una preghiera per ciascuno di noi, questa deve essere una preghiera per questa fede profonda, per questa fede che si fa cammino, che sa dare a Dio tutto e sa ricevere tutto da lui. Per meglio dire: sa ricevere tutto da lui per dare tutto. La dimensione del dono è tanto importante, tanto essenziale nel cammino della fede. E poi questa sa portare frutti, sa attirare gli altri sullo stesso cammino e ci avvicina di più a Dio che è Padre di tutti noi: come sapeva fare Abramo, nostro padre nella fede, e come sa fare sempre e in modo straordinario, e ancor più che straordinario, la Madre di Cristo, la Madonna della fiducia. Essa deve anche essere per noi la guida verso il secondo millennio cristiano, specialmente durante questo annunciato Anno Mariano. Essa deve essere la guida della Chiesa e di tutti i credenti; deve precedere nella sua fede tutto il popolo di Dio, specialmente coloro che sono chiamati a servire Dio stesso e i propri fratelli, servire nel sacerdozio, servire nella vocazione religiosa, servire nella vocazione cristiana.

Vi ringrazio ancora una volta e vi offro, insieme con il card. vicario e l'arcivescovo vice-gerente, la benedizione.

1987-02-28 Data estesa: Sabato 28 Febbraio 1987




Ai futuri sacerdoti del Seminario Romano Maggiore - Roma

Titolo: La nostra vita: segno di contraddizione

Testo:

Il discorso del vostro collega è stato breve ma abbastanza impegnativo per me, ma impegnativo anche per voi: e non può essere altrimenti. Questo è tipico del Vangelo, tipico di Cristo: così egli trattava i suoi discepoli, così li amava, affidando a loro impegni difficili e non promettendo le cose di questa terra, anzi, prevedendo difficoltà e persecuzioni. E' questo ciò che ci attira verso il Vangelo: questa verità profonda, questa mancanza di accenti propagandistici, questa mancanza di qualunque spirito utilitaristico, questo andare direttamente al nucleo delle cose, al nucleo del messaggio cristiano, del messaggio divino; direi, direttamente al nucleo del regno dei cieli. Ricordo che quando da ragazzo e da giovane leggevo i Vangeli, questo era per me un grande argomento: la verità delle parole e nulla per attirare la benevolenza. Gesù rivolse ai suoi discepoli delle promesse, certo, grandissime promesse che si riferivano pero non a questo mondo ma all'altro: "Il mio regno non è di questo mondo". E tutto questo poi fu verificato con la testimonianza propria di Gesù, con il suo martirio, con la sua croce e con la sua risurrezione.

Vi auguro di farvi affascinare da quella verità, da quella veridicità, del Vangelo di Gesù e di seguirlo proprio per questo. Questo è anche molto importante dal punto di vista della formazione umana: la formazione non può essere altra; la vera formazione umana deve essere e può essere solamente esigente. Senza esigenze non si costruisce niente nell'uomo, anzi, queste esigenze devono sempre più venire dall'interno della nostra coscienza, dalla nostra convinzione, dalla nostra consapevolezza, devono essere presentate oggettivamente dal maestro ma poi devono essere portate da noi, devono essere fatte crescere in noi per farle diventare nostre, nostra vita. Questo rappresenta un grande pericolo adesso, perché il mondo, specialmente quel mondo ricco, occidentale, che ci circonda, vive con altri criteri, con criteri molto più utilitaristici. Per evitare le esigenze, vive un po' come se Dio non esistesse. Perché le due cose vanno sempre insieme: vivere come se Dio non esistesse vuol dire vivere senza esigenze. Ma in questo modo si va verso la rovina dell'uomo, non verso l'affermazione o la costruzione di una umanità, di una personalità autentica. Anche da un punto di vista umano o umanistico questa strada è sbagliata e per questo noi, con la nostra vita, dobbiamo essere un segno di contraddizione per queste correnti, per queste tendenze, che cercano di diffondersi e di diventare comuni, di affascinare gli uomini e di portarli alla rovina. Questa è la grande minaccia dei nostri tempi.

Ma, grazie a Dio, vediamo un fenomeno che può essere sorprendente se si considerano quel certo tipo di propaganda e quei programmi. Dall'altra parte, vediamo infatti che i giovani cominciano a capire che tutto ciò porta alla rovina dell'uomo e cominciano a cercare ciò che è vero, ciò che è esigente. Sono passati ormai i tempi della contestazione, quando si voleva un cristianesimo diluito, un cristianesimo conformato al mondo. Ricordiamoci della parola di san Paolo: "Nolite conformare", nessun conformismo. Ecco, vi auguro di trovarvi meglio con questo spirito, con queste esigenze, con questa prospettiva di essere segno di contraddizione, con questa prospettiva di attirare a voi gli altri, così come Cristo ha attirato a sé gli altri durante i secoli, durante le generazioni, con il suo Vangelo, con il suo programma: programma divino che è nello stesso tempo profondamente umano.

Vi ringrazio per il programma molto bello che mi avete offerto. Vengo da voi sempre con grande piacere - benché abbia parlato contro il consumismo e io non sia venuto nello spirito consumistico -; parlo naturalmente di piacere spirituale, affascinato come sono dalla vostra vita, dai vostri programmi, dalla vostra creatività, sia in senso spirituale sia in senso artistico, e vi auguro di continuare così. Grazie.

1987-02-28 Data estesa: Sabato 28 Febbraio 1987




Recita dell'Angelus - Piazza san Pietro (Roma)

Titolo: Nel legame con il triplice ufficio di Cristo il segreto per la maturazione dei laici

Testo:

1. Ancora la domanda: chi sono i laici? Ed ecco ancora la risposta che offre il Concilio: "Col nome di laici si intendono tutti i fedeli... che, dopo essere stati incorporati a Cristo col battesimo e costituiti popolo di Dio... per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano" (LG 31).

Incorporati a Cristo col battesimo: sta qui la realtà misteriosa della dignità di ogni fedele; sta qui la radice della vita nuova, assolutamente originale e gratuita, che il cristiano è chiamato a sviluppare e a testimoniare.

San Paolo esprime vigorosamente e con rigorosa consequenzialità questo fenomeno soprannaturale, che pone alla radice della personalità un nuovo germe vitale, destinato a trasfigurare tutta l'esistenza mediante il dinamismo della grazia e della libertà: "Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo" (Ga 3,27).


2. Nell'approfondire questa sublime realtà, che abilita ogni laico a essere sale della terra e luce del mondo, il Concilio, accogliendo i dati di una tradizione teologica ampiamente affermata, ha sottolineato che il cristiano partecipa al triplice ufficio di Cristo: ufficio sacerdotale, profetico, regale.

I laici partecipano all'ufficio sacerdotale, per cui Gesù ha offerto se stesso sulla croce e si offre continuamente nelle celebrazioni eucaristiche, unendosi a lui nell'offerta di se stessi e della loro attività. Le preghiere, le buone opere, il lavoro quotidiano, le sofferenze, la vita familiare, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiuti nello Spirito, diventano sacrifici graditi a Dio per Gesù Cristo. In quanto partecipi dell'ufficio sacerdotale di Cristo, i laici sono specificamente chiamati a consacrare il mondo a Dio, "operando santamente dappertutto come adoratori" (LG 34).

La partecipazione all'ufficio profetico di Cristo rende particolarmente idonei a esercitare "una preziosa azione per l'evangelizzazione del mondo" (LG 35) mediante la parola, la testimonianza, l'apostolato, la seminagione di quella sapienza e di quella speranza, alle quali l'umanità anela, spesso inconsapevolmente. Il Concilio sottolinea che principalmente nella vita coniugale e familiare - per il fatto che gli sposi sono essi stessi i ministri del matrimonio - i laici svolgono il loro ruolo profetico (cfr. LG 35).

Gesù Cristo è Re soprattutto perché, fattosi obbediente fino alla morte di croce, è stato esaltato dal Padre e costituito Signore di tutto l'universo.

Ebbene, i fedeli laici partecipano alla sua missione regale sia attraverso la mortificazione per vincere in se stessi il regno del peccato, sia lavorando per far prevalere il regno della verità, della giustizia e della pace, diffondendo ovunque lo spirito del Vangelo. Essi, conoscendo da vicino il valore della creazione, riconducono ogni cosa alla sua vera finalità anche mediante le attività propriamente secolari, affinché il mondo raggiunga "il suo fine nella giustizia, nella carità e nella pace" (LG 36).


3. La vocazione e la missione dei laici trovano nel legame col triplice ufficio di Cristo il segreto per la loro costante maturazione. Cristo è sorgente inesauribile di forza e di luce.

Per avvalorare in tutti i figli e in tutte le figlie della Chiesa questa certezza, chiediamo l'intervento di Maria con le invocazioni dell'"Angelus".

1987-03-01 Data estesa: Domenica 1 Marzo 1987




Visita pastorale alla parrocchia del SS.mo Nome di Maria - Roma

Titolo: "Cercate prima il regno di Dio..."

Testo:

[Alla comunità:] Saluto tutti nel nome di Cristo: tutti coloro che abitano in questa zona; che appartengono alla parrocchia che vive qui, in Roma, sotto il titolo del Nome di Maria. Vi saluto anche nel nome di Maria, Madre di Cristo.

Voglio approfittare di questo primo incontro per abbracciare tutte le persone, specialmente coloro che soffrono, le persone anziane, gli ammalati. Approfitto per abbracciare tutti i piccoli, i bambini, le famiglie e per dire a tutti pace e bene nel nome di Cristo e nel nome di Maria.

Non è possibile che tutti possano prendere parte alla celebrazione eucaristica, ma vedendo quanti sono presenti per accogliere il Vescovo di Roma, questo Vescovo di Roma si sente molto riconoscente e profondamente toccato nel cuore e auguro a tutti e a ciascuno di voi, a ciascuno e a ciascuna, di essere sempre vicini a Maria e per Maria trovare sempre la strada che conduce a Gesù.

Così si potrà realizzare quello che è non soltanto il titolo ma il contenuto spirituale di questa parrocchia, di questa comunità mariana. Mi sento felice di poter compiere oggi la visita pastorale a questa porzione della Chiesa di Roma. Vi offro una benedizione come segno di benevolenza e di quegli auguri che vi ho espresso all'inizio di questo incontro pastorale.

[Ai bambini:] Sia lodato Gesù Cristo. Mi avete chiesto se sono felice di essere Papa. Certo sono felice soprattutto quando posso salutarvi in questo modo: "Sia lodato Gesù Cristo". Sono felice di conoscere Cristo, e di portare la sua parola e il suo santo nome in cui c'è la salvezza per ogni uomo.

Vi ringrazio, carissimi, per la vostra accoglienza in questa chiesa. Vi ringrazio per tutti e tre i cori, ringrazio i piccoli dell'asilo che hanno imparato a memoria un lunghissimo testo e lo hanno saputo recitare senza fare neppure un errore. Sono molto grato anche ai lupetti e alle coccinelle che hanno raccontato la storia del lupo. Io non ho potuto afferrare qualche dettaglio, ma se si parla del lupo si pensa subito a san Francesco; si può pensare anche a quel lupo di cui parla Gesù nella parabola del buon pastore, che non abbandona l'ovile quando il lupo minaccia le sue pecorelle. E' questo il nostro spirito, lo spirito degli scout.

Voglio poi ringraziare i vostri compagni che hanno svolto la catechesi sull'eredità offerta da Gesù a san Pietro; tutti i romani sono intimamente legati all'apostolo Pietro e alla sua eredità, alla successione di Pietro. Questa successione parla dei vescovi di Roma. Avete citato i nomi di tanti successori vicini a san Pietro; è stata una bella catechesi; lo è stata anche la domanda.

Devo ringraziare i vostri insegnanti, i sacerdoti, i vostri catechisti, tutti coloro che vi assistono e soprattutto i vostri genitori. Questo mi porta alla mente un'idea centrale. Sono entrato in questa chiesa, una chiesa moderna, costruita con tanti elementi materiali molto solidi; ma voi mi avete fatto subito pensare a quell'altra Chiesa a cui questa chiesa, questo edificio materiale, serve. Quest'altra Chiesa siamo noi, siete voi, come dice appunto san Pietro: siete pietre vive. Ecco, è questo il messaggio che voglio lasciarvi: voi siete piccoli, bambini, ragazzi e vi preparate alla prima comunione, alla cresima e poi alla vita cristianamente matura. Voi tutti siete pietre vive e con queste pietre vive viene edificata la Chiesa di Gesù Cristo. La Chiesa viva non può essere vuota, non può essere morta. Anche un edificio splendido deve essere vivo, vivo con la vita dello Spirito Santo, con la vita di Cristo. E per essere vivo questo edificio deve essere pieno della vostra umanità, dei vostri cuori.

[Omelia:] "Cercate prima il regno di Dio..." (Mt 6,33).


1. Nel discorso della montagna Gesù di Nazaret parla ai suoi contemporanei e nello stesso tempo parla agli uomini di tutte le generazioni. Oggi parla in modo particolare a noi. Le sue parole sono oggi quelle della liturgia domenicale.

Che cosa vuol dire che dobbiamo cercare prima il regno di Dio? Significa che dobbiamo vivere secondo la preghiera che il Signore ci ha insegnato, quella che tutti i giorni recitiamo: "sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà".

Dio deve essere primo nella vostra vita. L'ordine morale, che in lui ha il suo fondamento, deve regnare nella nostra esistenza. La sua volontà - la sua volontà santa - deve avere la precedenza. Di qui proviene, nello stesso tempo, l'unità interiore della nostra vita.


2. L'uomo infatti non può servire a due padroni, così insegna Gesù, non può servire a Dio e a mammona (cfr. Mt 6,24). "Non avrai altri dèi di fronte a me" (Ex 20,3), dice Dio per mezzo di Mosè. "Altri dèi" - cioè altri idoli - come per esempio questa "mammona" menzionata da Gesù.

Così è stato comandato per il tempo in cui Israele viveva circondato da popoli pagani, che si erano creati degli "dèi" a somiglianza delle debolezze e dei desideri umani. Oggi questi "idoli", queste divinità, questi falsi dèi hanno rivestito un'altra forma. Mammona è divenuta proprio il simbolo di una tale "idolatria", in forza della quale l'uomo considera come suo fine esclusivo e ultimo l'uno o l'altro bene temporale e caduco. Il "mondo", e particolarmente il complesso mondo dei prodotti dell'uomo stesso, diventa, in un certo senso, un dio per l'uomo.

Il secolarismo "divinizza", per così dire, il mondo. L'uomo quindi vive come se Dio non esistesse, come se Dio stesso non fosse il Creatore del mondo e di tutto ciò che esso contiene, di tutte le sue ricchezze e risorse. Noi riteniamo invece che tutto quanto nel mondo è opera dell'uomo, del suo genio e delle sue capacità, in definitiva ha la sua sorgente e il suo inizio nell'opera divina della creazione.


3. così dunque l'avvertimento di Cristo si rivolge anche contro le diverse forme di secolarismo, tipiche dei nostri tempi. Anche a noi, uomini e donne d'oggi, Gesù dice: "Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro" (Mt 6,24).

L'uomo non può essere diviso. L'uomo deve lasciarsi guidare nella vita da una chiara gerarchia dei valori: deve cercare "prima" (!) il regno di Dio e la sua giustizia (cfr. Mt 6,33). In caso contrario, l'ordine interiore del cuore umano è minacciato.

Ogni ordine morale deve gettare le sue fondamenta sul terreno sicuro di un valido realismo. Deve fondarsi, cioè, sulla realtà, quella realtà obiettiva che riconosce il posto di Dio, il primo posto dovuto a Dio, creatore di ogni cosa.

Dove il posto di Dio è negato, dove si rivendica un'autonomia di ciò che è umano dal divino si nega la base fondamentale dei doveri e dei diritti, e si cade in una insubordinazione di valori che ridonda poi a danno dell'uomo. Solo l'uomo che cerca "prima" Dio, il suo regno e la sua giustizia è conforme alla "realtà", a ciò che è giusto e che garantisce il miglior bene per la persona e per ogni persona.

Se l'uomo concede in se stesso la priorità agli "altri dèi" - agli idoli antichi o contemporanei - cade nel reale pericolo di "disprezzare" o di "odiare" Dio. Nella storia dell'umanità - sin dall'inizio del Libro della "Genesi" - questo pericolo è esistito e continua a effettuarsi in diversi modi. Le parole di Cristo hanno perciò un'incessante attualità.


4. L'odierna liturgia, parlando di questo pericolo, indica, nello stesso tempo, con le parole dell'Apostolo dei Gentili, che a Dio appartiene un giudizio: il Signore verrà, "Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori" (1Co 4,5). In definitiva - proclama l'Apostolo - non gli uomini, nemmeno soltanto la propria coscienza, ma il Signore è il mio giudice (cfr. 1Co 4,3-4). perciò in nome della realtà - non soltanto di questa prima e fondamentale che è la realtà della creazione, ma in nome di quell'ultima realtà che è il giudizio divino - cerchiamo prima di tutto la giustizia che è legata al regnare di Dio sul mondo e sull'eternità.


5. Più ancora che con il linguaggio del timore, l'odierna liturgia cerca di parlare con il linguaggio della fiducia in Dio, così come fa tutta la sacra Scrittura, e come parla, in particolare, il Vangelo. Lo esige, infatti, la piena verità su Dio, l'autentica realtà di Dio. Lo dice chiaramente Isaia nella prima lettura e lo ricorda l'intero salmo responsoriale; e ne sentiamo la chiara eco soprattutto nelle parole di Gesù nel Vangelo di oggi: "Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?... Osservate come crescono i gigli del campo..." (Mt 6,26-28).

Gesù invita alla fiducia in Dio, alla divina Provvidenza. Tale fiducia manifesta "il primo posto" di Dio nell'anima umana, la prova che egli - il Padre celeste - è l'unico Signore al quale l'uomo serve con tutto il cuore, con cuore indiviso.


6. Se una tale fiducia regna nel cuore dell'uomo, questi trova anche un'appropriata e giusta misura della sollecitudine che deve avere per le cose temporali. Cristo infatti non dice "non preoccupatevi", ma dice "non affannatevi", cioè non preoccupatevi così da perdere la giusta scala dei valori. Non preoccupatevi così da dimenticare Dio. Non vivete così come se Dio non esistesse.

Infatti, la sollecitudine per il mondo è stata affidata da Dio come compito all'uomo sin dall'inizio. E le opere del genio umano, dell'umana capacità, hanno il loro valore agli occhi di Dio. Solo che, a motivo di esse, l'uomo non deve perdere la prospettiva giusta, non deve smarrire il senso della piena realtà; il "mondo" non deve offuscare per lui il regno di Dio e la sua giustizia.


7. Saluto ora il card. vicario e il vescovo ausiliare per questo settore, mons.

Giulio Salimei. Un sincero plauso va al vostro zelante parroco e a tutta la comunità dei maristi, che lo coadiuva nella cura della parrocchia.

La mia visita coincide con due significative circostanze: il venticinquesimo di fondazione della comunità parrocchiale del santo Nome di Maria e il primo centenario della chiamata a Roma dei fratelli marianisti, da parte del mio predecessore Leone XIII.

Il giubileo della parrocchia è un indice dell'affetto che tutti voi portate alla vostra comunità. Voi avete tenacemente voluto che la parrocchia, iniziata in una piccola stanza, potesse avere la sua adeguata chiesa, e avete contribuito con generose offerte per fare in modo che la famiglia parrocchiale venisse dotata di un edificio sacro e di strutture convenienti all'apostolato. Io riconosco volentieri il valore del vostro impegno e vi manifesto il mio compiacimento e il mio plauso, aggiungendo una viva raccomandazione: apprezzate la vostra chiesa per vivere in essa specialmente il momento prezioso dell'Eucaristia festiva e domenicale. Lasciatevi convocare dal Signore nella vostra chiesa ogni domenica per l'ascolto della Parola e per la celebrazione del sacrificio eucaristico. Portate i vostri figli a messa, con fedeltà costante, ben sapendo che nel sacrificio della Messa Cristo è presente, egli che, offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso per ripresentare al Padre, in nostro favore, la vittoria e il trionfo della sua morte.

Un riconoscimento va dato anche ai fratelli della Società di Maria, chiamati a Roma cento anni fa per svolgere in questa città la loro "missione con Maria", per educare, cioè, la gioventù nelle scuole e per dedicarsi al ministero delle parrocchie col preciso intento di formare ferventi anime cristiane, nella luce della devozione alla Vergine santa. So che nella vostra parrocchia è fiorito e si sviluppa un intenso apostolato mariano, e attorno alla vostra chiesa crescono le iniziative ispirate alla Vergine: il centro giovanile dedicato al nome di Maria, le fraternità marianiste degli adulti e dei giovani, la legione di Maria, la recita quotidiana e devota del rosario, la solenne celebrazione delle feste mariane per tutto il quartiere. Esprimo il mio incoraggiamento per questo apostolato e vi invito a trasformare tutti i membri delle vostre comunità in uomini di fede, capaci di vivere la loro vita in Cristo mediante un'interiorità che si ispira al modello della Madonna. Rivolgo a tutti i sacerdoti e fratelli marianisti l'augurio più fervido per il loro apostolato ricordando un pensiero del loro Fondatore: "A ciascuno di voi la santissima Vergine ha affidato un mandato per lavorare alla salvezza dei vostri fratelli nel mondo".


8. Un saluto va anche alle Suore Calasanziane, che gestiscono la scuola materna, e a tutte le altre associazioni che operano nella parrocchia: il consiglio pastorale, l'Azione Cattolica, gli scouts, i gruppi corali dei piccoli e degli adulti, il gruppo liturgico, i numerosi catechisti, coloro che si dedicano alla carità, gli associati ai "Cursillos" e al Movimento per il Rinnovamento dello Spirito.

Un pensiero speciale desidero rivolgere al gruppo di animazione dei genitori dei ragazzi della catechesi. Mi pare che la vostra sia un'iniziativa interessante come spunto per la catechesi degli adulti. I genitori vengono così associati all'itinerario catechetico dei ragazzi, e possono farsi coscienti e validi cooperatori per la crescita della fede nelle giovani anime, ma possono anche maturare la loro consapevolezza di credenti.

E infine un saluto anche agli anziani della società "bocciofila", cordiali amici della parrocchia.

Ma il mio pensiero, come è ovvio, va soprattutto ai giovani, a tutti i giovani di questa parrocchia e di questo quartiere. Io vorrei invitarli tutti a scoprire le efficaci possibilità di aggregazione che la parrocchia offre loro: vorrei incitarli a dare vita a validi gruppi giovanili, impegnati a esprimere con gioia la loro capacità di stare insieme, nel desiderio di attestare con entusiasmo e serenità i valori più importanti e fondamentali della vita, sui quali costruire il loro futuro. Per questo il mio cordiale incoraggiamento all'opera del vostro oratorio parrocchiale.


9. Terminiamo, tornando ancora alle parole dell'odierna liturgia: "Solo in Dio riposa l'anima mia; da lui la mia salvezza. Lui solo è mia rupe e salvezza, mia roccia di difesa: non potro vacillare" (Ps 61,2-3).

Auguro alla vostra parrocchia che diventi, per tutti, l'ambiente spirituale di questa speranza di cui parla il salmista. La parrocchia è dedicata al nome di Maria. Col nome di Maria sulle labbra e nei cuori cercate prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia. Tutte le altre cose vi saranno date in aggiunta (cfr. Mt 6,33).

[Al consiglio parrocchiale:] Il consiglio parrocchiale è, naturalmente, un gruppo di persone scelte tra i membri dei diversi movimenti e associazioni della parrocchia per aiutare i sacerdoti, il parroco; per dare una mano, da una parte, al pastore e, dall'altra, alla comunità umana e, naturalmente, a quella parrocchiale e cristiana che vive in quella umana ed è anch'essa soprattutto comunità umana, comunità di battezzati. Sono colpito dal fatto che siete posti sotto il titolo della Vergine e nel nome di Maria vi ringrazio per i vostri impegni apostolici. Il vostro è un apostolato tipico dei laici, secondo gli insegnamenti del Vaticano II. Dopo il Concilio, i consigli parrocchiali sono cresciuti dappertutto. A Roma si incontrano in ogni parrocchia.

Vi auguro di avere sempre accanto la Madre di Cristo, la Madre della Chiesa. Di averla sempre vicina con un buon consiglio. Sappiamo bene, infatti, che Maria è anche Madre del buon consiglio. Questo consiglio è tanto necessario ad ogni uomo affinché possa agire giustamente, prudentemente. E' anche necessario per un'attività di tipo sociale, comunitario qual è la parrocchia.

Allora vi auguro di avere sempre accanto la Madre del buon consiglio.

Poi, ringraziando tutti, auguro ogni bene a ognuno di voi, alle vostre famiglie, alle persone che vi sono care - anche per risolvere i problemi difficili che non mancano nella vita di ogni uomo - e di dare ai vostri vicini, in questo ambiente, in questa parrocchia, un buon esempio, una testimonianza di vita cristiana, così da poter costruire quella Chiesa che, come ci ha detto san Pietro, deve crescere con le pietre vive.

[Ai gruppi giovanili:] Voglio ringraziare tutti i giovani per la loro presenza e per il programma che hanno preparato secondo i diversi gruppi. In questa ricchezza, in questa pluralità di espressioni avete cercato di dimostrare, di manifestare un preannuncio dell'Anno Mariano, perché la vostra parrocchia è posta sotto il titolo del Nome di Maria, è una parrocchia mariana. Nella prospettiva dell'Anno Mariano avete voluto esprimere la vostra presenza in questa comunità parrocchiale e la vostra partecipazione alla sua vita.

Vi ringrazio cordialmente. Voi giovani vi trovate in un periodo di ricerca, di diverse ricerche, come ha detto il vostro collega all'inizio. Vi auguro che queste ricerche siano fruttuose. Lo saranno certamente se saranno fatte insieme con Maria. Maria Madre di Cristo, Madre della Chiesa, di noi tutti, vi aiuti a vivere autenticamente la vostra giovinezza, una giovinezza autenticamente vissuta, umana e cristiana, ricca, come deve essere, dei diversi valori, delle diverse esperienze, dei diversi desideri, aspirazioni. Maria vi aiuti a vivere questa vostra giovinezza come preparazione alla vita, vita umana e cristiana, vita matura, vita autentica.

E' molto importante non distruggere questo tesoro che ciascuno di noi, ciascuno di voi porta nella sua giovinezza, nel suo corpo e nella sua anima. E' molto importante non distruggerlo, non disprezzarlo, non svalutarlo. E' molto importante mantenere questo tesoro sempre più fruttuoso per voi stessi e per gli altri. Maria ci dà l'esempio di una vita totalmente aperta, totalmente orientata verso il mistero divino. Nello stesso tempo, la sua vita così semplice, così umile è aperta a tutti noi. Lo sentiamo. Voi lo sentite, giovani: Maria è Madre. Questa parola dice quasi tutto: Madre nella sua verginità, Madre di tutti noi. Cristo ha dato quella maternità universale a sua Madre sotto la croce, come abbiamo anche contemplato nella rappresentazione fatta dai gruppi mariani. Questi sono i miei auguri e spero che andando così insieme con Maria, lasciandovi guidare da lei, dalla sua materna bontà ma anche dalla sua materna fermezza - queste due cose vanno insieme: una buona madre è sempre buona ed esigente - lasciandovi guidare da lei, voi certamente troverete tutto ciò che vi può offrire la vita anche se questa vita, adesso o in futuro, potrà essere difficile, forse marcata da una sofferenza, da una malattia. Non perdete mai il senso, il valore della vita, perché il senso e il valore della vita vengono da Dio. E la vita di Maria è l'esempio più completo, più perfetto.

[Alle associazioni;] Noi confessiamo sempre la santa Chiesa cattolica e apostolica. E non solamente lo confessiamo, ma lo siamo. Siamo questa Chiesa.

Esprimiamo quello che siamo. L'aggettivo apostolica vuol dire: basata sugli apostoli. E Gesù ha chiamato i dodici apostoli per affidare loro il futuro della sua missione, il futuro del Vangelo, il futuro della Chiesa. La Chiesa è apostolica grazie alla successione apostolica; questa successione è importante per mantenere l'identità della Chiesa nella sua struttura gerarchica, specialmente in questa sede di Roma, che è la sede di Pietro, il primo degli apostoli. Ma la Chiesa è apostolica anche per un altro motivo e in un altro senso, perché in essa si deve mantenere l'apostolato, lo spirito apostolico; non solamente quindi successione apostolica, ma anche spirito degli apostoli, apostolato. E' quindi significativo che il Signore abbia scelto dodici apostoli, una comunità, un collegio, come ci dice il Concilio Vaticano II. Ma in questo collegio venivano simbolizzate le dodici tribù del popolo di Dio dell'Antico Testamento e tutta la loro discendenza.

Il vostro parroco ha parlato della diversità dei vostri gruppi, delle associazioni. In ogni parrocchia si incontra questa diversità, questa pluralità.

Io penso che questa pluralità corrisponda ai diversi carismi e i carismi corrispondono ai diversi bisogni, in senso spirituale e sociale. In questo modo viene anche delineata la caratteristica apostolica della Chiesa. In questa pluralità gli apostoli sono dodici. C'è una pluralità, ci sono diverse personalità, diversi nomi e anche diversi carismi, diverse strade di apostolato.

E' così che vive nella Chiesa la ricchezza, questa ricchezza di apostolato che sempre si fa unità per opera dello Spirito Santo.

Così opera lo Spirito Santo. Io vi auguro di continuare così. La Chiesa deve essere apostolica. Non può essere altro. Non può essere, ad esempio, burocratica. Deve essere apostolica, permeata dall'apostolato, permeata dalla base, dalla comunità. E voi, carissimi fratelli, avete preso nella vostra vita quel segno che vi inserisce nell'apostolicità, nella vita della comunità cristiana, di questa comunità che è dedicata al nome di Maria. Vi auguro che vi sia sempre vicina la Vergine Madre, Madre della Chiesa, Madre e Regina degli apostoli; sia vicina ai vostri impegni e alle vostre persone.

[Ai marianisti nel centenario del loro arrivo in Italia:] Sono contento di questo incontro a cento anni dalla vostra chiamata a Roma a opera di Papa Leone XIII. Vi ringrazio per aver soddisfatto quel suo desiderio. Siete rimasti a Roma, vi siete sviluppati in Italia e in tante altre parti del mondo. Voi portate nella vostra regola, nella vostra missione un carisma mariano, un carisma ricchissimo perché ha tanti aspetti. Penso che l'aspetto decisivo del vostro carisma sia Maria educatrice, perché le vostre opere sono soprattutto dedicate all'educazione della gioventù. Sappiamo poco di Maria educatrice e nello stesso tempo sappiamo molto, tutto. E' una cosa stupenda che non poteva essere descritta, che doveva rimanere nel silenzio. In quel silenzio di trent'anni si svolgeva quell'opera educatrice incredibile: Dio Padre ha affidato suo Figlio a una donna per educarlo nell'umanità. Penso che questa sia la bellezza e la ricchezza del vostro carisma, che deve sempre rinnovarsi nelle opere istituzionali, ma anche nelle opere personali di ciascuno di voi. Il carisma non è solo dell'istituto, ma delle persone, dei fratelli e dei sacerdoti. Ecco vi ringrazio e vi auguro di andare avanti con il vostro carisma così necessario per la Chiesa, per l'umanità, per la gioventù. Faccio lo stesso voto alle vostre consorelle.

1987-03-01 Data estesa: Domenica 1 Marzo 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Ai membri dell'Associazione Genitori delle Scuole Cattoliche