GPII 1987 Insegnamenti - Saluto al termine della Messa ai numerosi ragazzi e ragazze presenti nello stadio - Gelsenkirchen (Repubblica Federale di Germania

Saluto al termine della Messa ai numerosi ragazzi e ragazze presenti nello stadio - Gelsenkirchen (Repubblica Federale di Germania

Titolo: "Giovani: impegnatevi a difendere la fedeltà, la verità e la solidarietà"

Testo:

Al termine di questa celebrazione eucaristica, prima di chiedere la benedizione di Dio, vorrei ancora rivolgere ai giovani qui presenti e a tutti i giovani del vostro paese una parola speciale.

Miei cari giovani amici! In questa Messa solenne, rivolgo il mio cordiale saluto ai presenti e a voi in patria nelle vostre comunità ed associazioni. Cristo è la nostra comune vocazione. Egli è veramente in mezzo a noi: nella sua Chiesa e in particolare nell'Eucaristia. Egli desidera donarsi totalmente a noi, per farci suoi amici e discepoli. La sola amicizia che non può mai deludere è il rapporto profondo che Cristo desidera instaurare con noi. Gesù è fedele; mantiene sempre ciò che promette. Per questo motivo, Cristo è il vostro vero amico. Voi non troverete compagni di viaggio più fedeli. Rispondete a lui con generosità. Non dategli soltanto un dito! Spalancategli le porte della vostra amicizia. Non si può ricambiare con poche monete un dono di grande valore. Dategli il vostro cuore, la vostra mente, le vostre mani! E se egli ti inviterà a seguirlo, non negargli la tua fedeltà.

Insieme a Cristo nulla va perduto! Egli vi offre doni così abbondanti che voi potete arricchire anche gli altri e insieme a lui cambiare il mondo. Nel mondo, i rapporti umani vanno sempre più impoverendosi. Per questo, impegnatevi a difendere la sicurezza, la fedeltà, la verità e la solidarietà, anche se spesso gli interessi di parte, la corsa al guadagno, la mancanza di rispetto e l'egoismo, caratterizzano la vita della società. Pensate in particolare anche ai vostri coetanei che non hanno la possibilità di prepararsi per una futura professione, ai disoccupati, agli stranieri, agli handicappati, ai giovani che vivono difficili situazioni familiari, ma anche ai popoli del Terzo Mondo che anelano alla giustizia e alla pace, e che per questo debbono fare grandi sacrifici.

E' per me motivo di grande gioia, vedere in occasione di questa celebrazione eucaristica, tanti giovani scout, ragazzi e ragazze. Desidero dire anche a voi quello che lo scorso anno, ho già detto ai vostri giovani amici italiani: "Prestate sempre con altruismo e generosita il vostro servizio soprattutto a coloro che ne hanno bisogno. In tal modo, voi realizzerete il testamento del vostro fondatore sir Robert Powell, che in esso dice: "Il modo giusto per essere felici è quello di rendere felici gli altri"".

Amati giovani! Gli amici hanno sempre qualcosa da dirsi, e questo li spinge sempre e nuovamente al dialogo. Questo vale anche per l'amicizia con Cristo. Nella preghiera noi cerchiamo un dialogo con lui. A Cristo possiamo confidare i nostri sentimenti; a lui possiamo chiedere tutte le cose di cui abbiamo bisogno. Nella preghiera, la nostra amicizia con Cristo rimane viva.

Dopo la santa Messa noi tutti vogliamo recitare insieme, qui nello stadio, il rosario. Questa preghiera, che ha le sue origini nel territorio della diocesi di Essen, è ancora oggi per moltissimi uomini, segno e mezzo di una più intima comunione con Cristo. L'uomo in tempi difficili, nell'angoscia, nella solitudine, nella malattia, di fronte alla morte, ha sempre trovato nel rosario, consolazione, conforto e nuova forza. Noi, oggi, in piena consapevolezza, vogliamo unirci alla schiera dei devoti del rosario, attraverso i secoli. Maria, madre di Gesù e madre nostra, ci aiuta a non perdere mai di vista Cristo, se noi come lei, ci apriamo alla parola di Dio e, rispondendo alla chiamata, ci lasciamo conquistare da Cristo. In questo, anche io vi accompagno con la mia speciale preghiera e benedizione.

Prima di impartire la benedizione il Papa ha rivolto all'assemblea il seguente saluto: "Il distretto della Ruhr è sempre stato in passato ed è tuttora un territorio, un distretto, una regione dove persone, uomini e donne di differenti paesi e nazionalità hanno cercato e cercano ancora oggi lavoro. Desidero porgere almeno un saluto a queste diverse nazionalità. Anche qui, nella nostra comunità eucaristica, ci sono Italiani, Spagnoli, e poi Portoghesi, Croati, Slovacchi, Coreani, Vietnamiti, Indiani, abitanti dello Sri Lanka. Ancora, europei come Ungheresi e altri, oltre a numerosi Polacchi. E infine un grazie di gran cuore per l'invito, per l'organizzazione, per la partecipazione a questa celebrazione eucaristica. Abbiamo tanto pregato e tanto cantato. E' ormai tempo di ricevere a conclusione la benedizione".


1987-05-02 Data estesa: Sabato 2 Maggio 1987




Omelia durante la concelebrazione per la beatificazione di padre Rupert Mayer - "Olympiastadion" di Monaco (Repubblica Federale di Germania)

Titolo: Rupert Mayer, un deciso ed impavido difensore della verità della fede e dei diritti della Chiesa

Testo:

"Ecco, io vi mando" (Mt 10,16) "...attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza" (Ep 6,10).

Venerati confratelli, cari fratelli e sorelle! 1. L'appello dell'apostolo Paolo ad attingere forza nel Signore è anche il più idoneo completamento di quelle parole che Gesù pronuncia quando per la prima volta invia gli apostoli. La Chiesa indica oggi i due testi come letture per la celebrazione liturgica nel corso della quale io ho l'onore di beatificare il vostro connazionale, il gesuita padre Rupert Mayer, qui nella città di Monaco, città che è strettamente connessa alla sua vita e al suo servizio sacerdotale.

E' passato solo un anno e mezzo da quando, a Roma, ho potuto elevare all'onore degli altari la religiosa bavarese suor Maria Teresa di Gesù Gerhardinger, la quale aveva anch'essa vissuto in questa città ed operato in tutto il mondo. Oggi è quindi per me una grande gioia poter indicare alla venerazione e all'esempio dei fedeli uno di voi, a nome della Chiesa. A ragione padre Rupert Mayer viene chiamato "apostolo di Monaco". Ma la luce della sua vita e della sua opera splende oltre i confini di questa città, in tutto il mondo.

Saluto di cuore quanti sono qui convenuti per vivere insieme nella celebrazione liturgica, questo giorno di grazia. Non pochi avranno certamente ancora conosciuto personalmente il nostro nuovo beato. Il mio saluto fraterno è rivolto in particolare allo stimato Arcivescovo di Monaco e Frisinga, Cardinale Friedrich Wetter, a tutti i Vescovi presenti, ai sacerdoti ed ai religiosi; tra questi in particolare ai padri e fratelli della Compagnia di Gesù, alla quale il nostro beato apparteneva, nonche alle Suore della Sacra Famiglia, di cui egli fu cofondatore e per molti anni assistente spirituale. Saluto inoltre i suoi compaesani della diocesi di Rottenburg ed i membri della Congregazione Mariana Maschile, che hanno trovato nel presidente di allora, un potente intercessore celeste; inoltre, saluto i rappresentanti delle autorità civili e della società, come pure tutti gli ospiti venuti da vicino e da lontano che con la loro presenza rendono onore alla memoria di questo coraggioso testimone della fede.


2. Le parole del Vangelo di oggi, pronunciate da Gesù quando per la prima volta ha inviato i suoi apostoli, sembrano trovare una nuova attualità nella vita e nell'opera del servo di Dio Rupert Mayer. Cristo dice: "Io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe!".

E subito dopo: "Guardatevi dagli uomini" (Mt 10,16-17). Quanto sono significative queste parole: Io vi mando agli uomini - e allo stesso tempo: Io vi metto in guardia dagli uomini. E perché Cristo mette in guardia i suoi discepoli da loro? "Essi vi consegneranno ai loro tribunali... Sarete condotti davanti ai governatori ed ai re per causa mia..." (Mt 10,17-18).

Quando nel 1900 il giovane sacerdote Rupert Mayer decide di entrare nella Compagnia di Gesù, i gesuiti erano ufficialmente ancora considerati "nemici dell'Impero" e per legge erano stati messi al bando e scacciati dal paese. Egli stesso li definisce "proscritti, esiliati e senza patria", perché non era loro concesso fondare e mantenere proprie case entro i confini dell'Impero. La campagna d'odio anticattolica e l'attività contro l'ordine, ottenne il risultato opposto: invece di sentirsi scoraggiato, padre Rupert Mayer si rafforzo ancora più nella sua volontà di unirsi a questa Compagnia di Gesù tanto disprezzata. In seguito alla sua chiamata a Monaco, padre Mayer si dovette confrontare sempre più con correnti anti-religiose ed anti-ecclesiali, con un'atmosfera di derisione e di odio contro Cristo e contro la Chiesa, in cui professare la fede cattolica apertamente richiedeva sempre più coraggio.

Tanto più manifesta e brutale divenne in quegli anni la lotta contro la religione e la Chiesa, tanto più il nostro nuovo beato si rivelo un difensore deciso ed impavido della verità della fede e dei diritti della Chiesa.

Nella lettura dalla Lettera agli Efesini abbiamo ascoltato le parole dell'Apostolo: "Prendete perciò l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove.... Cingetevi i fianchi con la verità... Tenete sempre in mano lo scudo della fede... prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio" (6,13-17). Padre Rupert Mayer ha eseguito in maniera eccezionale quello che l'Apostolo ci raccomanda con le sue parole. Egli ha indossato l'armatura di Dio e fino al giorno della sua morte non l'ha mai levata. Senza paura e senza mai piegarsi ha lottato per la causa di Dio. Da incorruttibile testimone della verità, si oppose con forza ai profeti di menzogne di quegli anni sempre pronto a lottare per il Vangelo della pace. Armato con lo scudo di una fede profonda ed irremovibile, nelle sue famose prediche brandiva la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio. Talvolta, egli predicava anche settanta volte in un mese.


3. "Quando vi condurranno davanti ai tribunali, non preoccupatevi...", continua a dire Gesù ai suoi apostoli. Rupert Mayer sapeva che fin dal 1933 le sue omelie erano controllate dalla polizia. Nonostante questo, continuava ad annunciare la verità così com'era, nuda e cruda. Quando fu arrestato, dichiaro alla Gestapo: "Dichiaro che, nel caso fossi rilasciato, continuerei a predicare nelle chiese di Monaco ed in tutta la Baviera, per ragioni di principio nonostante il divieto di parlare impostomi". Anche lui non poteva tacere, proprio come l'Apostolo che diceva: "Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1Co 9,16).

Il nostro beato era pronto ad affrontare la prigione ed il campo di concentramento. Sul questionario, che gli fecero compilare in prigione, egli scrisse: "Non mi lamento assolutamente del mio destino: non ritengo sia una vergogna, bensi il coronamento della mia vita". E prima di essere condotto nel campo di concentramento di Saehsenhausen, scrisse dalla prigione della Gestapo: "Quando la porta della prigione si chiuse e mi trovai solo nella cella in cui avevo trascorso già tempo, mi salirono le lacrime agli occhi; ma erano lacrime di gioia per essere stato, per amore della mia vocazione degno di essere imprigionato e di andare incontro ad un futuro incerto". Questa non è la voce di un uomo soltanto coraggioso, bensi quella di un cristiano che è orgoglioso di condividere la croce di Cristo. L'altro ieri, a Colonia, ho beatificato la carmelitana suor Teresia Benedicta a Cruce, colei che è stata benedetta dalla croce. I due beati appartengono l'uno all'altra, perché anche il vostro beato di Monaco, padre Rupert Mayer, era benedetto dalla croce.

In una lettera scritta dalla prigione all'anziana madre, leggiamo: "Adesso veramente non ho più nessuno e nient'altro se non il buon Dio. E questo è abbastanza, anzi, più che sufficiente. Se solo gli uomini volessero capirlo, ci sarebbero molte più persone felici al mondo". Nella solitudine della prigionia l'intero sforzo di padre Rupert Mayer era rivolto all'approfondimento del suo profondo legame con Dio. Nella più completa dedizione a lui, egli cercava di trarre frutto da ogni sofferenza e pena per il proprio rinnovamento interiore e per la sua santità. Come accusato davanti ai suoi giudici, egli potè sperimentare la vicinanza consolatrice e fortificante di Dio, che Cristo ha promesso ai suoi testimoni: "...non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire. Non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi" (Mt 10,19-20).


4. Queste parole di Gesù contengono una profezia sulla vita degli apostoli sulla particolare presenza di Dio nelle loro opere, soprattutto nelle loro testimonianze di fede. Esse si avverano già in quell'evento, di cui parla la prima lettura odierna.

Nel giorno di Pentecoste, "Pietro, levatosi in piedi con gli altri undici" (Ac 2,14), parlo per la prima volta agli abitanti di Gerusalemme ed ai visitatori tutti, che erano venuti in occasione della festa. Egli rese testimonianza a Cristo, il crocifisso e risorto. Ma è veramente solo Pietro che parla, in questo giorno tanto significativo? O forse è "non solo Pietro"? Infatti: attraverso Pietro parla contemporaneamente lo Spirito del Padre e del Figlio.

Allo stesso modo, sembra che le parole del salmista e re Davide, citate da Pietro, non siano dette solo da lui, ma anche dal nostro nuovo beato: "Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza" (Ac 2,28). Anche nelle più grandi sofferenze padre Rupert Mayer può sperimentare Dio come forza interiore e felice compimento della sua esistenza. Contemporaneamente, in virtù di questo profondo legame con Dio nei tempi di grande bisogno, egli diventa per molte persone sorgente di consolazione, intercessore di nuova speranza e fiducia, padre dei poveri, che - trovarono in lui il "15° Nothelfer" (15° soccorritore nella necessità). così come un tempo gli uomini si raccoglievano intorno a Gesù e in lui trovavano aiuto, tutti gli uomini si rivolgevano a lui, con tutte le loro pene. Sessanta, settanta bisognosi bussavano ogni giorno alla sua porta. Nella grandezza del suo cuore egli accoglieva tutti. Trascorreva anche molte ore in confessionale, dove accorrevano in molti per trovare conforto nello spirito.

"Noi dobbiamo dare calore agli altri, gli uomini devono sentirsi a loro agio con noi e devono sentire che il motivo di questo è nella nostra intima unione con Dio". Con queste parole il nuovo beato ci spiega, quale fosse per lui il senso del servizio ai poveri: voleva rendere l'amore di Dio visibile e tangibile e far sentire agli uomini che essi sono amati da Dio. La sua bontà e disponibilità avevano una tale forza da fargli sopportare anche che se ne facesse, a volte, un uso negativo. Quando gli si faceva notare, rispondeva solo: "Chi non è mai stato raggirato, non ha mai fatto del bene". Lo scandalo del suo amore è partecipazione allo scandalo della croce, in cui il Dio che ama si è rivolto a noi per attirarci tutti a lui.


5. Il principio fondamentale, a cui padre Rupert Mayer è rimasto fedele tutta la vita, è questo: "Cristo, centro della nostra vita. Non esistono soluzioni di mezzo". Quello che era voleva esserlo per intero. Questa sua decisione di seguire Cristo lo ha guidato nel cammino verso la santità. Secondo il motto del suo ordine: "Ad majorem Dei gloriam", quello che più gli premeva era la gloria di Dio e quindi i diritti di Dio. "Il Signore Iddio ha il primo diritto su di noi", egli diceva. Ed egli sapeva che in questo modo combatteva anche per i diritti e per la dignità dell'uomo.

Oggi si parla molto dei diritti dell'uomo. In molti paesi essi sono violati. Non si parla mai, pero, dei diritti di Dio. Eppure, i diritti dell'uomo ed i diritti di Dio vanno di pari passo. Laddove Dio e le sue leggi non vengono rispettati, l'uomo stesso non sarà rispettato. L'esempio lampante ce lo fornisce il comportamento dei governanti nazionalsocialisti. Essi non si curavano di Dio e perseguitavano i suoi servitori; ed allo stesso modo trattavano gli uomini in modo disumano, a Dachau alle porte di Monaco come ad Auschwitz alle porte della mia antica diocesi di Cracovia. Ed anche oggi vale lo stesso principio: i diritti di Dio ed i diritti dell'uomo vanno di pari passo. La nostra vita scorre regolarmente, solo quando i nostri rapporti con Dio sono in regola. Per questo padre Rupert Mayer diceva a proposito delle angosce che colpivano tutto il mondo nel corso dell'ultima guerra: "Il nostro tempo rappresenta un ammonimento estremamente serio ai popoli della terra affinché ritornino a Dio. Non si può vivere senza Dio!". Queste parole del nostro beato ancora oggi hanno il loro peso.

Anche oggi si tratta di dare a Dio, quel che è di Dio. Solo allora sarà dato all'uomo quello che è dell'uomo.


6. Cari fratelli e sorelle! I santi ed i beati della Chiesa sono per noi messaggi vivi e vissuti di Dio. Per questo essa li propone a noi come esempi da venerare e imitare.

Apriamoci, dunque, oggi al messaggio che il nuovo beato Rupert Mayer ci trasmette in maniera tanto chiara attraverso la sua vita e le sue opere. Facciamo come lui: cerchiamo in Dio la sorgente ed il centro della nostra vita. Egli ha fondato la sua esistenza su Dio con una fiducia incrollabile, quasi infantile.

"Signore, mi accada quello che tu vuoi, e come tu vuoi io camminero; aiutami solo a comprendere la tua volontà": è questo il primo verso della sua preghiera preferita. Dio, il Signore, era quella fonte da cui, nelle lunghe ore di preghiera, nella santa Messa e nel compimento dei suoi doveri quotidiani, egli traeva la forza per la sua sorprendente opera di vita.

Cerchiamo anche noi di costruire la nostra vita e il mondo che ci circonda traendo forza dalla stessa sorgente. Il beato Rupert Mayer è per noi tutti un esempio ed un invito, a condurre una vita santa. La santità non è riservata a poche anime privilegiate; noi tutti siamo chiamati alla santità, tutti, senza alcuna eccezione. Ed egli stesso ci dice come si vive una vita santa: "Nessun lavoro straordinario nessuna esperienza religiosa particolare, nessun miracolo. Solo: virtù eroica". Vale a dire: fare giorno per giorno con fedeltà e fermezza la volontà di Dio e vivere della sua presenza; ciascuno in modo personale ed anche nell'ambito della famiglia. Sappiamo quanto il nostro beato avesse particolarmente a cuore la famiglia cristiana e come, insieme ad altri due sacerdoti, abbia fondato, per la promozione della medesima, una comunità di suore con questo specifico compito. L'alta percentuale dei divorzi e la bassa percentuale delle nascite mostrano a quali grandi difficoltà e minacce sia esposta la famiglia nella società odierna. Nelle vostre famiglie, pero, si decide il futuro del vostro popolo e quindi anche il futuro della Chiesa del vostro popolo.

Rimanete uniti, affinché le famiglie siano fortificate.

Tenete alto il valore sacro del matrimonio e rendete fecondo l'amore coniugale nei figli che Dio vorrà donarvi.


7. Santificare la propria vita significa pero anche sentire la responsabilità comune nella vita pubblica e contribuire alla sua formazione nello spirito di Cristo. Nessun cristiano deve rimanere indifferente davanti agli avvenimenti del mondo. Agli uomini, alle donne ed a voi, giovani amici, chiedo: come Rupert Mayer, impegnatevi per i diritti di Dio e per la gloria di Dio, anche nella vita pubblica. Non lasciate che la scristianizzazione dilaghi. Siate il sale della terra e portate la luce della verità di Dio in tutti gli ambiti della vita. Questo è il servizio di cui siamo debitori al mondo. Non si può vivere senza Dio! Seguite l'esempio del nostro beato, ed abbiate soprattutto cuore per i poveri. Vivete in una nazione che appartiene alle più ricche della terra. Non lasciate che per le vostre ricchezze il vostro cuore si inaridisca nei riguardi dei bisognosi e degli emarginati di tutto il mondo. Rendete visibile e tangibile anche voi, attraverso la vostra bontà, l'amore di Dio tra i vostri fratelli.

Care suore della Sacra Famiglia, la vostra comunità non è stata solo confondata da padre Rupert Mayer, ma ne ha ricevuto soprattutto la formazione spirituale.

Mantenete vivo il suo spirito. Il vostro ideale non invecchia mai. Il compito, per il quale è stata fondata la vostra comunità, è sempre attuale.

Cari membri della Congregazione Mariana Maschile, nella chiesa della vostra congregazione custodite, come tesoro prezioso, la tomaba del nuovo beato, presso la quale andro a pregare dopo questa celebrazione. Custodite anche l'eredità spirituale che egli vi ha lasciato: l'amore per Maria e la disponibilità al servizio al mondo.

Cari padri e fratelli della Compagnia di Gesù con voi mi congratulo per il vostro confratello che da oggi veneriamo come beato. Egli è il vanto del vostro ordine. Sia egli per voi esempio e stimolo per il compimento fedele dell'alto ideale di sant'Ignazio di Loyola nel vostro servizio alla Chiesa e al mondo. Il vostro beato confratello ha vissuto secondo questo grande ideale. Egli vi aiuti a seguire il suo esempio.


8. "Ecco, io vi mando... siate forti nel Signore!".

Cari fratelli e sorelle! Non è forse lo stesso beato Rupert Mayer che ci ripete queste parole, oggi, giorno della sua beatificazione, a noi, che siamo qui riuniti? A voi, suoi compatrioti, qui in questa città ed in tutto il paese? Alla Chiesa di Monaco? A tutta la società? "Attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza! Rivestitevi dell'armatura di Dio...

La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma... contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male..." (Ep 6,10-12).

Vi sono tempi in cui l'esistenza del male fra gli uomini nel mondo risalta in modo del tutto particolare. Allora diventa sempre più evidente che le potenze delle tenebre che operano negli uomini ed attraverso gli uomini, sono più grandi dell'uomo stesso. Esse lo superano, esse si abbattono su di lui dall'esterno.

L'uomo di oggi sembra quasi rifiutarsi di vedere questo problema.

Egli fa di tutto per cacciare l'esistenza di quei "dominatori di questo mondo di tenebra", quelle "astute tentazioni del demonio" di cui parla la Lettera agli Efesini, dalla coscienza generale. Nonostante ciò vi sono tempi nella storia, in cui questa verità della rivelazione e della fede cristiana - accettate solo controvoglia - trova la sua piena forza espressiva e la sua conferma quasi tangibile.


9. La vittoria spirituale di padre Rupert Mayer si spiega pienamente sullo sfondo di un'epoca simile, di una simile esperienza storica. In un certo senso, le parole dell'Apostolo si riferiscono alla vita concreta di questo servo di Dio. Lui era di quelli che in questa battaglia spirituale, in questa lotta contro le potenze delle tenebre "si era rivestito dell'armatura di Dio, si era cinto i fianchi con la verità, si era rivestito con la corazza della giustizia e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il Vangelo della pace" (cfr. Ep 6,12-15). Per lui, la fede era veramente l'elmo, e la parola di Dio la spada dello Spirito. Egli combatteva continuamente con questa "spada" e "non cessava di pregare e di supplicare". No, egli non faceva affidamento sulle proprie forze. Egli ricordava le parole del Maestro agli apostoli, la sera dell'ultima cena: "E' lo Spirito del Padre vostro che parla in voi" (Mt 10,20). Ed è per questo che non cessava di pregare affinché Dio "gli desse una parola franca, per far conoscere il mistero del Vangelo" (cfr. Ep 6,19).

Queste parole della Lettera agli Efesini, l'apostolo Paolo le ha scritte quando potè proseguire la sua missione ormai solo da "prigioniero" (cfr. Ep 3,1 altri). così ha parlato e testimoniato anche padre Rupert Mayer, e così anche lui si è comportato ed ha subito persecuzioni per Cristo - come "prigioniero" a Landsberg e nel campo di concentramento di Sachsenhausen. E così noi lo ricordiamo, così è rimasto nella memoria della Chiesa: testimone coraggioso della verità e apostolo dell'amore di Dio e del prossimo. Alla sua memoria, la Chiesa rende ora la sua particolare venerazione, affinché perduri di generazione in generazione.

Oggi, questo "prigioniero di Cristo" nel lager di Sachsenhausen ci parla ancora una volta - e la Chiesa raccoglie le sue parole nella sua eredità spirituale: "Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con oggi perseveranza...

Prendete l'armatura di Dio" (Ep 18,13).

Accettate, cari fratelli e sorelle, la testimonianza della fede, della speranza e dell'amore del vostro grande compatriota in questo giorno di festa! L'eredità spirituale della sua vita e del suo servizio apostolico sia sempre con voi, soprattutto nei tempi delle prove, e vi doni sempre nuova forza e fiducia in Cristo, nostro Signore. Amen.

1987-05-03 Data estesa: Domenica 3 Maggio 1987




Recita del "Regina Coeli" - "Olympiastadion" di Monaco (Repubblica Federale di Germania)

Titolo: Lasciamoci guidare da Maria verso una profonda unione di vita con Cristo

Testo:

Cari fratelli e sorelle! Il nostro nuovo beato, padre Rupert Mayer è stato per 24 anni Superiore della Congregazione Mariana Maschile a Monaco. La sua venerazione era rivolta perciò in modo particolare anche alla Madre di Dio. Secondo l'obiettivo religioso di questa associazione doveva aiutare i suoi membri a vivere più consapevolmente la fede d'ogni giorno proprio seguendo un fondamentale atteggiamento mariano.

In chiusura di questa festa eucaristica solenne vogliamo ascoltare ciò che ci ha detto il beato padre Mayer su Maria: "Lei (Maria) era una portatrice di Cristo e tutti noi lo siamo quando facciamo la santa comunione. Io mi augurerei che noi qualche volta curiamo in modo particolare questo pensiero nel nostro cuore; oggi voglio passare il giorno così come lo ha passato la Madre di Dio in strettissima comunione di vite con Cristo. Non basta che Cristo sia apparso sulla terra e che riapparirà il giorno del giudizio universale. E' necessario, che prenda possesso del nostro cuore".

La nostra venerazione alla Madre di Dio dovrà allora soprattutto consistere nella imitazione delle sue virtù, della sua grazia, della sua unione con Cristo, del suo amore verso Dio e verso i prossimi. Anche l'Anno Mariano che sta per cominciare ci invita espressamente a questo. Facciamoci guidare perciò in quest'anno di grazia attraverso l'esempio e la intercessione del beato padre Rupert Mayer verso Maria, in modo che lei ci porti ad una sempre più profonda unione di vita con Cristo. Adoriamo adesso con l'inno mariano pasquale Maria, madre del nostro Salvatore e anche nostra madre.

1987-05-03 Data estesa: Domenica 3 Maggio 1987




Omelia - Cattedrale di Augsburg (Repubblica Federale di Germania)

Titolo: Dalla testimonianza cristiana può scaturire in questa Europa un nuovo incontro tra il Vangelo e la cultura

Testo:

Venerati confratelli Vescovi e sacerdoti, Carissimi, fratelli e sorelle, e specialmente voi, carissimi fedeli che volevate essere presenti alla santa Messa all'aperto.

Vi saluto con particolare cordialità perché è ora soltanto la televisione che vi unisce nella preghiera alla nostra celebrazione eucaristica.

Possa questa pioggia inaspettata essere un segno di quella ricca benedizione che Dio vorrà dare alla nostra odierna comunità di preghiera ed a tutta la diocesi di Augusta.


1. Per il Vescovo di Roma, successore di san Pietro, è una grande gioia vedere raccolti voi tutti questa ora vespertina intorno al vostro pastore monsignor Josef Stimpfle ed ai suoi collaboratori ministero di Cristo, per la celebrazione dei misteri pasquali, e vivere insieme a voi tutti questa celebrazione eucaristica, offrendola al Signore in lode e ringraziamento. Proprio oggi ricorre l'anniversario della storica visita compiuta, 205 anni fa, da Papa Pio VI, in occasione della quale egli celebro anche la santa Messa nella vostra città.

Come ben sapete, da molto tempo era mio desiderio venire anche ad Augusta. Non solo il nome e la sua fondazione ai tempi dell'Imperatore Augusto duemila anni fa sono motivo di legame particolare con Roma, ma ancor più la sua storia cristiana: la martire Afra ha subito, non lontano da qui, la morte sul rogo per Cristo nell'anno 304; il santo Vescovo Ulrico ha affrontato più di una volta il viaggio verso Roma, a quei tempi piuttosto difficoltoso, per rafforzare l'unità di questa diocesi con il cuore della Chiesa. I santi patroni della vostra diocesi Ulrico, Simpert e Afra testimoniano, insieme ad altri santi, della forza luminosa della fede cristiana nella vostra patria, di una storia di morte e resurrezione, di una storia del segno vincente della croce. Essi vi incoraggiano con il loro esempio eroico a guardare avanti con la stessa forza della fede, a riconoscere i segni del nostro tempo ed a rendere testimonianza al mondo di oggi del Signore crocifisso e risorto, che noi sappiamo ora essere tra di noi.


2. Cari fratelli e sorelle! Anche noi, in questa ora, preghiamo il Signore: "Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino" (Lc 24,29). Questo invito che i discepoli di Emmaus rivolgono al Signore guidi la nostra odierna liturgia festiva; infatti, il Vangelo di questa terza domenica di Pasqua ci conduce sulla via di Emmaus. Questo luogo ha una grande importanza nel contesto degli avvenimenti pasquali: è un luogo d'incontro con Cristo, un luogo dell'apparizione del Signore risorto.

Nell'interpretazione dei popoli veterotestamentari, la festa pasquale ricorda il "passaggio" del Signore, l'esodo degli Israeliti dalla "casa della servitù" dell'Egitto sulla via della terra promessa. Dio stesso guida, libera e salva il suo popolo.

All'inizio di quest'esodo vi era stato il segno dell'agnello: il suo sangue avrebbe contraddistinto le case degli Israeliti ed avrebbe salvato i loro abitanti dalla punizione della morte; la sua carne rifocillo gli Israeliti nell'ultima cena prima della partenza.

Animati da questa fede del loro popolo, i due discepoli di Emmaus avevano partecipato alla festa pasquale degli Ebrei di Gerusalemme, ed avevano anche visto la crocefissione di Gesù Cristo. Quando, sulla strada del ritorno, era apparso loro il Signore senza che lo riconoscessero immediatamente, egli spiego loro in quale modo la festa pasquale della nuova alleanza fosse stata preannunciata negli avvenimenti dell'Antico Testamento; e precisamente nell'esodo dalla servitù verso la libertà. Quest'esodo si compie ora nel passaggio dalla morte alla vita, dal peccato all'amicizia con Dio. E questo nuovamente avviene con l'ausilio di un agnello: l'Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo, Gesù Cristo, il nostro Redentore. Di lui e del suo destino parlano già Mosè ed i profeti, addirittura l'"intera Scrittura". Per questo il Signore risorto potè domandare a buon diritto: "Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?" (Lc 24,25).


3. In effetti, molte affermazioni contenute nell'Antico Testamento predicono gli eventi dell'Ultima Cena e del Golgota. Questi annunci, pero, non si sarebbero adempiuti se gli avvenimenti pasquali non si fossero svolti nei tempi e nei modi prestabiliti da Dio a Gerusalemme. E nonostante tutto ciò, i discepoli di Gesù non hanno riconosciuto l'evento così drammatico e toccante, vissuto con il loro Maestro durante la festa di Pasqua degli Ebrei, immediatanuente nel suo vero significato e nella sua più profonda verità. Riusci loro difficile "credere alla parola dei profeti" (Lc 24,25). Questa verità era così difficile da riconoscere per loro, che erano abituati ad un'altra comprensione delle sacre Scritture. Per quale motivo il Messia avrebbe dovuto soffrire, essere condannato e morire sulla croce, essere disprezzato e schernito come un reietto? così, in un primo momento, sono come accecati, scoraggiati e tristi, come paralizzati. Per l'uomo è e rimarrà sempre incomprensibile perché la via della salvezza debba passare attraverso la sofferenza.

Per questo l'incontro sulla via da Gerusalemme ad Emmaus è così significativo; non solo in relazione agli eventi pasquali di allora, ma per sempre, per tutti i tempi - anche per noi. Su questa via i discepoli hanno imparato da Gesù un nuovo modo di leggere le sacre Scritture ed a scoprire in esse una testimonianza profetica su di lui, una predizione su di lui, sul suo messaggio e sulla sua missione di salvezza. Attraverso questo insegnamento i discepoli vengono istruiti dal Signore stesso per diventare suoi testimoni. così Pietro, nella liturgia odierna, rende testimonianza della risurrezione del Signore da questa nuova, più profonda comprensione dell'evento pasquale davanti agli uomini.

In questa luce di Cristo, del Risorto, egli comprende ed annuncia anche il salmo di Davide: "Perché tu non abbandonerai l'anima mia negli inferi" (Ac 2,27).

Quando Gesù rivela ai due discepoli sulla via di Emmaus il vero senso della sacra Scrittura, gli apostoli che sono a Gerusalemme già sanno, che questo salmo si è realizzato concretamente: "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone" (Lc 24,26).


4. L'incontro sulla via di Emmaus ha una grande importanza anche perché in questo modo Gesù ha sottolineato ai suoi discepoli, dopo la sua morte sulla croce, che egli rimane con loro. Egli è con loro nonostante o proprio a causa del venerdi, di passione e rimarrà per sempre con la sua Chiesa secondo la sua promessa: "Non vi lascero orfani tornero da voi" (Jn 14,18).

Cristo non è solamente colui che è stato, ma molto di più colui che è.

Egli fu presente sulla via per Emmaus, ed egli è anche presente su tutte le vie del mondo, per le quali camminano, attraverso le generazioni ed i secoli, i suoi discepoli.


5. Cari fratelli e sorelle! Dall'incontro con il Signore risorto sulla via di Emmaus, nuova luce è scesa per i due discepoli sulle sacre Scritture e sugli avvenimenti del Calvario, nuova luce scese nel buio della loro stessa vita. Luce scende anche sulla storia e sui destini dell'umanità e della Chiesa, e quindi anche sulla Chiesa di Augusta. Cristo ha dimostrato come il Messia "dovesse" soffrire, per poter compiere la sua missione salvifica. Non è forse vero che proprio in questa luce riusciamo a vedere ed a comprendere, a volte, il buio e le sofferenze che i discepoli di Cristo e la Chiesa hanno affrontato nel loro cammino attraverso la storia? Attraverso di essa spesso si riesce a riconoscere, nelle prove e nelle sofferenze, la mano buona e premurosa di Dio, che attraverso l'esperienza della croce ci porta alla salvezza ed alla resurrezione.

Così avvenne, all'inizio del cammino storico della Chiesa di Augusta, che la sfida del mondo pagano divenne, per la vergine Afra, non una tentazione all'apostasia, ma uno stimolo verso la testimonianza di sangue per Cristo. Non era forse necessario, potremmo chiederci, che il sangue dei martiri fosse il seme perché nascesse un cristianesimo vivo e forte, dai primi secoli della Chiesa fino ai giorni nostri? La Chiesa dell'Uganda, con la quale la vostra diocesi è "gemellata" rappresenta un significativo esempio di tempi non tanto remoti.

Inoltre era forse necessario - osiamo chiederci qui, ad Augusta - che, secondo le imperscrutabili ragioni di Dio, si verificassero in Europa lo scisma della Chiesa e le guerre di religione, affinché la Chiesa fosse condotta sulla via della riflessione e del rinnovamento? Oppure era forse necessario che uomini e donne come san Massimiliano Kolbe, la beata Edith Stein, Max Josef Metzger o Dietrich Bonhoeffer dovessero dare la loro vita, affinché dal loro sacrificio nascesse nuova vita cristiana in questo paese e fosse resa possibile la riconciliazione tra popoli vicini e nemici? Dio, il Signore della storia, che ha condotto Cristo, attraverso la croce e la morte, alla resurrezione ed alla gloria, regge nelle sue mani anche il destino della Chiesa e dell'umanità e lo guida, secondo la sua benevola provvidenza, attraverso il giudizio, verso la purificazione e la salvezza. Possiamo sperare, che i luoghi di sofferenza e di peccato siano stati al contempo anche luoghi di particolare grazia.

Dio ha il suo piano anche oggi per la Chiesa, anche per la Chiesa di Augusta. Egli la purifica e la rinnova, affinché il volto di Cristo splenda più vivo in essa. Egli la invia affinché essa annunci e trasmetta al mondo il Risorto.


6. Cristo stesso svela ai discepoli di Emmaus il significato più profondo di ogni avvenimento quale avvenimento di salvezza attraverso la parola della sacra Scrittura: "E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiego loro..." (Lc 24,27).

In tutti i tempi Dio ha commosso gli uomini e rinnovato la Chiesa attraverso la parola della sua rivelazione. Dobbiamo confidare anche oggi nella forza che ha la parola di Dio di risvegliare nuova vita nella Chiesa e di entusiasmare sempre di nuovo gli uomini per la sequela di Cristo! La fede risulta convincente se viene vissuta con fedeltà e condivisa con gli altri. Osate quindi affrontare l'argomento della fede, scambiatevi le vostre esperienze di fede, cercate degli esempi credibili! Essi vivono in mezzo a voi! Rinnovate così la vostra vita attingendo alle sorgenti della sacra Scrittura, come viene creduta e compresa in fedeltà alla Tradizione; se potete, leggetela ogni giorno e meditatela; date alla parola di Dio un ruolo convincente e vincente nella vostra vita. Attraverso la sua parola Cristo stesso diviene in voi presenza viva.

La parola del Vangelo è comune a tutti i cristiani, anche se esistono ancora delle barriere.

Insieme ai vostri fratelli e sorelle separati rendete quindi testimonianza della speranza cristiana che esso ci ha donato in modo che proprio qui ad Augusta, dove al tempo della riforma ci si è allontanati gli uni dagli altri a causa della Parola, questa stessa Parola fonte di vita possa riunire comunità e Chiese cristiane.

La dichiarazione, presentata dai nostri fratelli e sorelle di confessione evangelico-luterana al Parlamento di Augusta, in cui essi testimoniavano la loro fedeltà alla "Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica", non riusci purtroppo allora a produrre la sperata riconciliazione. Pero proprio la celebrazione dell'anniversario di questo documento, che è entrato nella storia della Chiesa come "Confessio Augustana" ci ha ricordato, alcuni anni fa, in maniera particolare quanto ampi e solidi siano ancora i fondamenti comuni della nostra fede cristiana. Per questo lo spirito del vero ecumenismo ci invita soprattutto a scoprire ed incoraggiare quanto già profondamente unisce tutti i cristiani nel patrimonio apostolico e nella fede comune. Anche se non è ancora possibile una piena comunione eucaristica tra di noi, possiamo già fare molto insieme. Perché percorrere ancora vie separate, se fin d'ora possiamo percorrerle insieme? In questo spirito, domani si incontreranno rappresentanti e fedeli delle diverse Chiese cristiane in una celebrazione liturgica ecumenica nella chiesa dedicata ai santi Afra ed Ulrico. Ubbidienti alle raccomandazioni dello Spirito Santo ed alla volontà di Cristo ci impegniamo a continuare a percorrere la via dell'unità tra tutti i cristiani con pazienza e perseveranza. L'eredità lasciataci da Gesù Cristo ci impegna.


7. Cari fratelli in Cristo! Il Signore risorto ha aperto gli occhi ai due discepoli sulla via di Emmaus riguardo all'opera di Dio nella storia della salvezza degli uomini ed ha infiammato i loro cuori quando ha spiegato loro la Scrittura. Essi, pero, lo hanno riconosciuto solo quando egli ha spezzato il pane.

Con questo segno egli aveva espresso, la sera prima della sua passione, il suo amore fino all'ultimo, fino all'estremo sacrificio sulla croce, ed aveva istituito la perenne memoria della sua morte. "Ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero" (Lc 24,31). Riconosciamo Cristo soprattutto quando diventa tutt'uno con noi nella comunione della cena pasquale.

Dalle vie di questo mondo e dalle distrazioni della vita quotidiana, potete pero sempre ricongiungervi con il Signore risorto nel suo sacrificio, uniti come Popolo di Dio in una comunità di fede viva. In questo incontro comune con Cristo nell'eucaristia di fede, di speranza e di amore, può già manifestarsi ed essere sperimentata, quella realtà pasquale che annuncia un nuovo cielo ed una nuova terra. Non è forse a ragione che gli uomini si aspettano dalla Chiesa e dai cristiani quello spazio vitale, in cui la "civiltà dell'amore" che Cristo ha portato come germe in questo mondo divenga visibile e vivibile? Molte persone hanno perduto il senso più profondo delle loro azioni quotidiane; continua a mancare, nella nostra società, il cuore. In tutti i secoli è sempre stato un segno caratteristico dei cristiani trascorrere la domenica, il giorno del Signore, con la preghiera e con la Messa comunitaria; alcuni di essi, ai tempi delle persecuzioni, hanno perfino affrontato la morte per questo. L'unione della comunità, la domenica, e il suo apice nella celebrazione eucaristica è il centro della vita di una parrocchia. Restate quindi sempre fedeli alla Messa domenicale! Secondo il Concilio, essa è "il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la virtù sua" (SC 10).


8. Dopo l'incontro con Cristo nella meditazione delle sacre Scritture e nel gesto di spezzare il pane, è detto dei discepoli di Emmaus: "E partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme" (Lc 24,33). La loro personale esperienza di Cristo li spinge a partire e a testimoniare. Qui inizia la "nuova via", la via della Chiesa, che piena di speranza rende testimonianza, fino ai confini del mondo, del Signore risorto: "Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane" (Lc 24,35).

Quanto l'uomo di oggi ha bisogno del consapevole incontro con Cristo! Quanto colui che cerca, che dubita e che domanda, ha bisogno di scoprire la piena verità della realtà pasquale del Signore, della piena verità della sua vita, della sua morte e della sua resurrezione. Per questo, il mondo ha bisogno della nostra testimonianza cristiana! Anche se spesso gli uomini vivono come se Dio non esistesse, nel loro intimo e nella loro ricerca di felicità e di protezione essi hanno sempre nostalgia di lui. La vostra testimonianza nella vita familiare, nell'ambiente di lavoro; nella scuola, negli uffici e nelle fabbriche, in pubblico e nella vita politica sarà determinante perché il messaggio liberatore di Cristo raggiunga anche oggi gli uomini che vivono al vostro fianco, nel vostro ambiente.

In lui, tutti gli ambiti della nostra vita e della nostra società possono diventare più veri e più ricchi. Attraverso la testimonianza credibile dei cristiani si potrebbe raggiungere, dopo alcune tragiche fratture tra la Chiesa ed il mondo, tra fede e ragione, un nuovo incontro tra Vangelo e cultura, proprio in questa Europa ovviamente invecchiata. In questo campo ogni cristiano, a motivo del suo battesimo, ha un vasto raggio d'azione per l'apostolato. Dopo anni di necessaria riflessione, prendete ora una maggiore consapevolezza dei problemi riguardanti la costruzione delle vostre comunità parrocchiali e delle vostre diocesi e della responsabilità che ne deriva e non rimanete chiusi nell'ambito della vostra Chiesa: "E partirono senza indugio!".

Questa partenza verso nuove comunità parrocchiali in una Chiesa locale missionaria è anche il tema del Sinodo diocesano, che il vostro Vescovo ha annunciato per il 1990. Il Sinodo generale straordinario mondiale tenutosi a Roma nel 1985 definisce espressamente lo svolgimento di un siffatto Sinodo all'interno di una diocesi come una via per l'applicazione del Concilio Vaticano II per le Chiese locali. Incoraggio voi tutti a prepararvi, in un processo solidale, a questo importante avvenimento e prego Dio che questo Sinodo possa gettare le basi di una nuova evangelizzazione della città e della diocesi di Augusta. Mettetevi così in cammino, tutti insieme, verso il terzo millennio della vostra città.

Sfruttate la grazia particolare di questi tempi! Lasciate che la parola di Dio cambi la vostra vita e che i vostri cuori ardano per la sua presenza! Siate felici della vostra fede, perchécosi potete dare una testimonianza di gioia e di incoraggiamento! 9. così, cari fratelli e sorelle, la via di Emmaus e gli avvenimenti pasquali di Gerusalemme hanno anche per noi un ricco significato. Nella nostra qualità di discepoli di Cristo, di sua Chiesa, torneremo sempre da lui. Infatti, egli non è la via della delusione e del dubbio, ma soprattutto la via dell'incontro con il Signore risorto, la via della riflessione e della conversione. Egli è quella via sulla quale i cuori degli uomini si "infiammano" quando ascoltano le parole di quella verità che viene da Dio: "Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?" (Lc 24,32).

Quanto noi e tutti gli uomini abbiamo sempre più bisogno dell'esperienza di una tale vicinanza a Gesù Cristo, che riscalda e illumina! Apriamo al Signore risorto i nostri cuori e la nostra vita, a lui che si fa nuovamente riconoscere in questa celebrazione eucaristica attraverso il gesto di spezzare il pane. Egli infiammi anche i nostri cuori con il fuoco del suo amore e ci invii oggi come suoi nuovi testimoni. Amen.

1987-05-03 Data estesa: Domenica 3 Maggio 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Saluto al termine della Messa ai numerosi ragazzi e ragazze presenti nello stadio - Gelsenkirchen (Repubblica Federale di Germania