GPII 1987 Insegnamenti - Alla Confederazione Italiana Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana - Città del Vaticano (Roma)

Alla Confederazione Italiana Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Togliere l'anziano dalla casa è spesso un' ingiusta violenza


1. Sono lieto di accogliere oggi, in questa speciale udienza, i partecipanti del Convegno Nazionale della Confederazione Italiana Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana.

Saluto cordialmente la Presidente, Onorevole Ines Boffardi, il Consulente Ecclesiastico Monsignor Dionigi Tettamanzi, mentre porgo il mio benvenuto a tutti i presenti ed in modo particolare a coloro che con le relazioni e le comunicazioni hanno arricchito e reso più interessante questo incontro.

Esprimo anzitutto il mio compiacimento per la vostra confederazione, che nell'intento di approfondire lo studio dei problemi e degli impegni dei consultori di ispirazione cristiana, ha voluto affrontare quest'anno il tema del rapporto tra famiglie ed anziani. Argomento, questo, che interpella fortemente la società moderna e che coglie nel segno alcune questioni acute ed urgenti.

La popolazione anziana, come è noto, si avvia a raggiungere livelli inconsueti ed elevati rispetto al totale della popolazione. Oggi si vive più a lungo, perché il progresso terapeutico ha consentito un più efficace processo di difesa della salute, aumentando la media comune della vita umana. Ma, in concomitanza con questo fatto positivo è avvenuta una preoccupante recessione dell'incremento delle nascite, e ciò prospetta nel futuro una società che non ha rinnovamento, mentre si riduce il numero delle persone attive. La nostra società è perciò costretta a chiedersi con quali risorse ed in quali forme sarà possibile promuovere ed assicurare un contributo efficace per una vera assistenza dell'anziano, al fine di assicurargli una dignitosa e conveniente forma di vita, corrispondente alla sua dignità, alle sue esigenze affettive, culturali e sociali, evitando, per quanto è possibile, forme di assistenza anonime e di massa.


2. L'incognita fondamentale è dunque la qualità degli anni di vita nella condizione di anzianità; come fare in modo che essa non diventi sinonimo di emarginazione sociale, di isolamento, di solitudine e di tristezza. Con giusto senso dei valori, voi avete voluto attestare che il cardine per la risoluzione umanamente positiva e soddisfacente di questo problema è la famiglia.

Ovviamente, dal punto di vista cristiano la famiglia per noi rappresenta anzitutto un richiamo di carattere morale, che interpella la coscienza. Come non ricordare, a questo punto, le parole significative della Bibbia? "Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita. Anche se perdesse il senno, compatiscilo e non disprezzarlo, mentre sei nel pieno vigore. Poiché la pietà verso il padre non sara dimenticata, ti sarà computata a sconto dei peccati" (Si 3,12-14).

Tale monito risulta oggi più urgente perché si nota che la famiglia, ridotta come entità numerica, affitta da problemi di abitazione, da condizioni lavorative che non consentono rapporti sereni, tende a dissociare le relazioni ed i servizi che le sono propri. Di qui l'aggravarsi della condizione degli anziani e la propensione a cercare fuori dalla famiglia una sistemazione nelle strutture pubbliche ed a carico della società.

Se, da una parte, tali forme di aiuto sono possibili ed in certi casi necessarie ed auspicabili, tuttavia esse dovrebbero costituire sempre l'ultimo rifugio e non dovrebbero mai costringere l'anziano all'abbandono dei normali rapporti col gruppo familiare di origine. Solo la famiglia può far si che l'anziano non sia afflitto da quel vuoto affettivo che produce in lui il sentimento amaro della propria inutilità e dell'assenza di significato della propria vita. Togliere l'anziano dalla casa significa spesso operare un'ingiusta violenza.


3. La famiglia, invece, con il suo affetto può rendere accettabile, volontario, operoso e sereno il momento prezioso della senilità. Anche nell'età più avanzata l'animo può continuare ad affinarsi nel dialogo e nella partecipazione attiva e solidale con tutte le vicende delle persone amate. L'esperienza si arricchisce e si trasforma in comunione, mentre la sapienza dell'anziano può offrire saggi e validi elementi di equilibrio nella valutazione di fatti e problemi. L'esperienza dell'anziano si fa anche maestra di vita e di esempio. E' proprio l'approssimarsi del compimento dell'esistenza che induce a prendere maggiormente sul serio la propria missione e a non dimenticare il posto che in essa occupa Dio.

Né va sottovalutata la disponibilità dell'anziano al dialogo educativo con i più piccoli, la sua possibilità di trasmettere alle giovani generazioni il credo religioso, veicolo delle verità teologiche ed etiche della nostra cultura cristiana. Con la parola e con la vita l'anziano testimonia la serietà e lo splendore di una fede vissuta, nel dialogo con Dio, nel rispetto dei valori della sua legge, e può essere per le giovani generazioni maestro e modello di preghiera.

Ci sono, dunque, nell'anziano delle risorse che vanno poste nel debito valore e di cui la famiglia può usufruire per non impoverirsi, qualora fossero disattese o dimenticate. Noi dobbiamo desiderare che la preghiera dell'anziano riempia la casa, che la sua straordinaria capacità di evangelizzazione sia una forza per la saldezza degli affetti, un orientamento per i valori fondamentali dell'esistenza.

Con questi pensieri affido alla protezione della Vergine i vostri propositi ed i vostri impegni, insieme con tutta l'attività della Confederazione dei Consultori Familiari, mentre a tutti voi qui presenti ed alle persone che seguono la vostra opera volentieri imparto la mia benedizione.

1987-03-28 Data estesa: Sabato 28 Marzo 1987




Le credenziali del nuovo Ambasciatore di Australia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La solidarietà è la chiave per risolvere la questione del debito internazionale

Testo:

Signor Ambasciatore, Sono molto lieto di accettare le sue Lettere credenziali e di darLe il benvenuto come Ambasciatore straordinario e plenipotenziario dell'Australia.

Compio questo atto con la menoria ancora fresca della mia recente visita pastorale nel vostro Paese, dove ho potuto constatare di persona l'indole calda e generosa del popolo australiano. Come accennai durante la mia visita, mi rallegro per l'armonia, l'amicizia e la cooperazione che caratterizzano le relazioni fra il Commonwealth dell'Australia e la Santa Sede.

Certamente dobbiamo continuare nel proporci come scopo comune quello di ricercare quei valori che vostra Eccellenza ha menzionato: la pace, la giustizia e i diritti umani. Lei ha parlato della ricerca della pace mondiale mediante il controllo degli armamenti e mediante la creazione di un ordine economico mondiale più giusto ed equo. Le sono grato per aver espresso queste aspirazioni, che fanno eco ai sentimenti della Chiesa e in verità a quelli di ogni persona di buona volontà. I valori che stanno alla base di tali aspirazioni trascendono gli interessi di una singola nazione e sono tesi a servire il benessere materiale e spirituale di tutta l'umanità. Nel cuore della ricerca della giustizia e della pace c'è quella profonda verità cui mi riferivo nel mio messaggio per la giornata mondiale della pace 1987: in quanto siamo una sola famiglia umana, siamo tutti chiamati a riconoscere la nostra solidarietà fondamentale come condizione base per la vita sociale su questa terra.

Tale solidarietà si deve riflettere nel nostro atteggiamento verso gli altri esseri umani, sia individualmente che collettivamente, e nelle iniziative pratiche che le nazioni intraprendono per favorire il bene dell'umanità o semplicemente per promuovere la buona volontà. Fra queste iniziative possiamo includere le politiche e i programmi che incoraggiano apertura e onestà tra i popoli, particolarmente nelle loro alleanze in vista di finalità giuste e negli impegni di cooperazione.

La promozione della solidarietà umana nei nostri comportamenti e nelle nostre azioni è una chiave per raggiungere la pace che tutti cerchiamo, non solo nello sforzo per controllare gli armamenti o porre fine alla guerra, ma anche nella ricerca di soluzioni giuste ed etiche di problemi come la questione del debito internazionale. Noto con soddisfazione l'interesse dimostrato dal governo australiano alla serie di riflessioni sull'argomento menzionato per ultimo recentemente pubblicate dalla Pontificia Commissione per la Giustizia e la Pace.

Non ci può essere alcun dubbio che l'Australia ha un suo ruolo proprio da svolgere per promuovere la soluzione di questo problema. Come ho detto ai membri del Parlamento australiano in occasione della mia visita: "Mi prendo la libertà di domandare a voi, che avete tanto ricevuto da Dio, qualcosa di più di una risposta generosa alle crisi che affliggono gli altri popoli. Prendete l'iniziativa di andare verso gli altri popoli in ogni luogo del mondo. Voi siete una parte importante del mondo che ha bisogno di sperimentare la riconciliazione e la solidarietà".

Come lei, signor Ambasciatore, ha giustamente notato il perseguimento di un ordine internazionale più giusto e pacifico è estremamente impegnativo. Credo, comunque, e sono sicuro che anche Lei ne è convinto, che è possibile spingere le persone, sia come individui che come nazioni, ad agire in modi che veramente promuovono la pace e il dialogo invece della violenza e dell'ingiustizia. Una delle più profonde forze motivanti a questo riguardo è la verità della nostra comune umanità e la nostra responsabilità per la sopravvivenza e il benessere della famiglia umana.

Condivido la convinzione del popolo e del governo australiani, secondo cui l'impegno paziente e perseverante per dar vita a iniziative costruttive sul piano sociale, economico e diplomatico, può avere un effetto determinantee significativo in un mondo che anela alle benedizioni della giustizia e della pace.

La Chiesa cattolica nel vostro Paese ha contribuito a questo processo e continuerà a farlo, sostenenendo e partecipando a quelli sforzi che promuovono veramente il bene dell'Australia e il bene più vasto della famiglia delle nazioni.

In questo spirito desidero assicurarla, signor Ambasciatore, delle mie preghiere e formulo i migliori auguri per il successo della sua missione. Mediante l'adempimento dei suoi doveri diplomatici Lei renderà un importante servizio non solo al Suo Paese, ma a tutte le persone che credono nell'esistenza di altre alternative, oltre alla violenza e all'oppressione, come mezzi per risolvere i conflitti che sorgono fra le nazioni. La Santa Sede ben volentieri promette la sua piena cooperazione con Lei nel far fronte alle responsabilità che le spettano.

Infine le chiedo gentilmente di voler trasmettere i miei cordiali saluti al Governatore generale, al Primo Ministro e a tutti i membri del governo australiano. E sopra di Lei e su tutto il popolo dell'Australia invoco le più abbondanti benedizioni di Dio onnipotente.

[Traduzione dall'inglese]

1987-03-28 Data estesa: Sabato 28 Marzo 1987




Beatificazione di cinque servi di Dio spagnoli - Basilica di san Pietro (Roma)

Titolo: Cinque testimoni della santità in terra di Spagna

Testo:

Venerabili fratelli nell'episcopato, amatissimi figli e figlie.


1. "Io sono la luce del mondo: chi mi segue dice il Signore avrà la luce di vita" (Jn 8,12).

Nel cammino della Quaresima, le letture bibliche di questa quarta domenica ricordano, in modo particolare, la preparazione al battesimo, che i catecumeni erano soliti ricevere nella notte santa della vigilia di Pasqua. Il periodo dei quaranta giorni precedenti la Pasqua era, nella Chiesa primitiva, un tempo di catecumenato particolarmente intenso. E così avviene anche oggi, specialmente nelle Chiese giovani e nelle missioni.

La guarigione del cieco nato, descritto in tutti i dettagli nel Vangelo di san Giovanni, si riflette, come sappiamo, nella liturgia sacramentale del battesimo. L'uomo, che nasce con l'eredità del peccato originale, deve essere condotto alla Luce che è Cristo.

In realtà, tutto il passaggio del dono della vista a un cieco dalla nascita, è in un qualche modo, il commento più esplicito alle parole di Cristo: "Io sono la luce del mondo: chi mi segue... avrà la luce della vita" (Jn 8,12).


2. Oggi, quarta domenica di Quaresima, eleviamo alla gloria dei beati tre figlie del Carmelo: suor Maria Pilar di san Francesco di Borja, suor Maria Angeles di san Josè e suor Teresa del Bambino Gesù; così come di altri due figli della Chiesa di Spagna: il Cardinale Marcello Spinola y Maestre, e il sacerdote Manuel Domingo y Sol. La santità dei servi e delle serve di Dio è precisamente un frutto particolare della grazia battesimale. Mediante questa santita si manifesta, in modo eccezionale, la forza salvifica del mistero pasquale, la forza della redenzione, il potere dello Spirito Santo e santificante, per mezzo della croce e della resurrezione di Cristo Signore. I servi di Dio, che la Chiesa dichiara oggi degni della gloria degli altari, si aprirono particolarmente a questa luce del mondo che è Cristo. E in modo particolare lo hanno seguito, camminando tramite la fede, verso la luce della vita eterna. Questo cammino di perseveranza, coronato nel frutto della santità di vita, dà la testimonianza del potere soprannaturale dello Spirito, che la liturgia del battesimo esprime mediante il rito dell'unzione. Il Libro di Samuele, ci ha parlato precisamente di questa unzione nella prima lettura di questa celebrazione eucaristica.


3. perciò mentre si contempla il cammino che si apre nella vita del cristiano per mezzo del battesimo, e che porta alla santità nel Signore, la Chiesa, traboccante di fiducia si dirige oggi verso il buon Pastore, con le parole del salmo responsoriale: "Il Signore è il mio pastore, / non manco di nulla... / Mi guida per giusti sentieri, / per amore del suo nome" (Ps 22,1 Ps 22,3).

I beati figli e figlie della terra spagnola, pronunciano oggi, con una speciale azione di grazia, le parole con le quali tutta la Chiesa esprime la sua fiducia senza limiti in Cristo buon pastore. Egli ci conduce molte volte con mano ferma e sicura, attraverso cammini difficili e dolorosi, come esprimono le seguenti parole del salmo: "Sebbene cammini per oscuri sentieri / non temo nulla, perché tu cammini con me" (Ps 22,4).


4. Con queste parole poterono dirigersi al buon Pastore queste tre figlie del Carmelo, quando giunse l'ora di offrire la vita per la fede nel divino Sposo delle loro anime. Si "non temo nulla tantomeno la morte. L'amore è più grande della morte e tu cammini con me". Tu, lo Sposo crocifisso! Tu Cristo, mia forza! La sequela del Maestro, che ci deve portare a imitarlo fino a dare la vita per il suo amore, è stata così una costante chiamata, per i cristiani dei primi tempi e per quelli di sempre, a dare questa suprema testimonianza di amore - il martirio - di fronte a tutti, specialmente di fronte ai persecutori. così la Chiesa, attraverso i secoli, ha conservato come un prezioso messaggio le parole che Cristo disse: "Il discepolo non è più del maestro" (cfr. Mt 10,24), e che "se mi hanno perseguitato, così faranno con voi" (cfr. Jn 15,20).

In questo modo vediamo che il martirio, ultima testimonianza nella difesa della fede, è considerato dalla Chiesa come un dono esimio e come la prova suprema di amore, grazie alla quale un cristiano ha le stesse sofferenze di Gesù, che accetto liberamente la sofferenza e la morte per la salvezza del mondo. E benché il martirio sia un dono concesso da Dio a pochi, senza dubbio, tutti devono - e dobbiamo - essere disposti a confessare Cristo davanti agli uomini, soprattutto nei periodi di prova che mai al giorno d'oggi mancano alla Chiesa.

Onorare i suoi martiri come la Chiesa li riconosce, al tempo stesso, come segno della sua fedeltà a Gesù Cristo fino alla morte e come un segno chiaro del suo immenso desiderio di perdono e pace, di concordia e di mutua comprensione e rispetto.

Le tre martiri carmelitane ebbero, senza dubbio, molto presenti, come sappiamo dalle loro testimonianze, quelle parole che lascio scritte la loro santa Madre e Dottore della Chiesa, Teresa di Gesù: "Il vero religioso... non deve volgere le spalle al desiderio di morire per quello e subire il martirio" ("Cammino di perfezione", 12,.2). Nella vita e nel martirio di suor Maria Pilar di san Francesco di Borja, di suor Maria Angeles di san Josè, e di suor Teresa del Bambino Gesù, risultano oggi, davanti alla Chiesa, delle testimonianze di cui dobbiamo approfittare: - il grande valore che offre l'ambiente cristiano della famiglia, per la formazione e maturazione nella fede dei suoi membri; - il tesoro che suppone per la Chiesa, la vita religiosa contemplativa, che si sviluppa nel seguire totalmente Cristo che prega ed è un annuncio chiaro della gloria celeste; - l'eredità che lascia alla Chiesa qualsiasi figlio suo che muore per la sua fede, portando sulle sue labbra una parola di perdono e di amore a coloro che non li comprendono e perciò li perseguitano; - il messaggio di pace e riconciliazione di tutto il martirio cristiano, come seme di reciproca comprensione, ma come semina di odio né di rancori; - e un richiamo all'eroismo costante nella vita cristiana, come testimonianza valida di una fede, senza adattamenti pusillanimi, né relativismi equivoci.

La Chiesa onora e venera, a partire da oggi, queste martiri, rendendo grazie alla loro testimonianza e chiedendo che intercedano davanti al Signore perché la nostra vita segua ogni giorno di più i passi di Cristo, morto in croce.


5. Eleviamo oggi alla gloria dell'altare anche il Cardinale Marcelo Spinola y Maestre, che fu Vescovo di Coria, di Malaga, e in seguito arcivescovo di Singua.

E' un'occasione opportuna per rendere grazie al Signore per la testimonianza di santità di coloro che "mise lo Spirito Santo come guardiani e pastori della Chiesa di Dio, che lui consegui con il suo sangue" (cfr. Ac 20,28). Nel contemplare la vita di questo pastore della Chiesa, desidero mettere in risalto, prima di tutto, la sua fiducia nel Signore, che fu il lemma del suo episcopato: "Tutto posso in colui che mi dà forza" (Ph 4,13). Aiutato da questa fiducia potè brillare in quelle virtù che costituiscono la gloria e la corona di un Vescovo: - l'eroicità nel compimento sacrificato dei suoi doveri episcopali; - l'amore e la dedizione per i poveri, e il distacco dall'austerità; - la preoccupazione per la formazione dei più umili, che lo porto a fondare la congregazione delle "Esclavas del divino Corazon", per l'apostolato e l'educazione della gioventù; - la sua indipendenza ecclesiale, al di sopra delle divisioni e dei partiti, essendo portatore di pace e comprensione, oltre che difensore della libertà della Chiesa nel compimento della sua sacra missione; - tutto ciò alimentato dall'amore ardente per Gesù Cristo e rivestito di una profonda umiltà personale.

Noi pastori della Chiesa dobbiamo vedere nel nuovo beato un esempio, un incoraggiamento e una speranza nel compito che ci è stato affidato.

perciò il popolo fedele si rallegra nel vedere una speranza divenuta realtà cioè l'eccelsa santità di uno dei suoi abnegati pastori.


6. Chiude questo glorioso gruppo di nuovi beati il sacerdote della diocesi di Tortosa, Manuel Domingo y Sol soprannominato con ragione dalla Chiesa "Il santo apostolo delle vocazioni sacerdotali" ("Decreto Super Virtutibus", del 4 maggio 1970, AAS 63 [1971] 156). Infatti, nel presentarlo oggi alla Chiesa come modello si distingue, al di sopra di tutto, il suo intenso apostolato in favore delle vocazioni consacrate e specialmente quelle sacerdotali, alle quali dedico i migliori sforzi della sua vita. Questa glorificazione deve servire ai sacerdoti come stimolo per prendere coscienza di quanto sia importante e fondamentale questo obiettivo. La Chiesa ha bisogno di più sacerdoti. Ma, a sua volta, è proprio della missione sacerdotale, partecipare alla sollecitudine di tutta la Chiesa cercare tra i fedeli giovani e adulti che, rispondendo generosamente alla chiamata di Cristo: "Vieni e seguimi", siano accompagnati e formati come ministri idonei ad insegnare anche agli altri (cfr. 2Tm 2,2).

Così, la formazione dei futuri sacerdoti che il nuovo beato chiamava "la chiave della virtù", ossia, l'aiuto, il sostegno e la cura delle vocazioni, continua ad essere ai nostri giorni il campo prediletto e urgente della Chiesa e dei suoi pastori. Lo stesso Mosen Sol, come è popolarmente conosciuto nella sua patria il nuovo beato ci diceva che "tra tutte le opere di zelo non c'è una più importante e di tanta gloria a Dio come il contribuire a dare molti e buoni sacerdoti alla Chiesa". Conviene mettere in risalto del nuovo beato anche l'apostolato giovanile, nel quale concentro tante speranze per il futuro cristiano dei popoli, e che oggi continua ad essere una preoccupazione della Chiesa.

Tutta la pratica apostolica di don Manuel ha una regola ed una fonte dalla quale sgorgava il sentimento della sua attività efficace: il suo spirito eucaristico e riparatore, che palesa la sua spiritualità. Vediamo qui la preziosa eredità che lascia ai suoi fratelli sacerdoti Operai diocesani del Cuore di Gesù, fondata come una vera fraternità sacerdotale, tanto nello stile di vita, quanto nella forma del lavoro, per una migliore santificazione dei suoi membri e la maggiore gloria di Dio.


7. Nel venerare questi pastori oggi, uno Vescovo e Cardinale, e l'altro sacerdote, mi compiaccio nel segnalare come entrambi si distinsero per aver messo radici e fondamento del loro ministero intenso in una profonda vita sacerdotale, che è l'anima di tutto l'apostolato. I due beati si distinsero per il loro amore ardente e profondo per Gesù Cristo nell'Eucaristia e per il sacro cuore di Gesù. Dobbiamo rendere grazie a questo esempio e imitarli noi sacerdoti di oggi nella nostra vita ministeriale.

La Chiesa si rallegra nel proclamare questi cinque nuovi beati e rende grazie al Signore per la loro testimonianza esemplare. perciò chiediamo alla Vergine santissima, Madre del Carmelo, Regina degli apostoli e Madre di Gesù, sommo ed eterno sacerdote, la quale fu tanto amata e venerata dai nuovi beati, che interceda davanti al Signore perché conceda alla Chiesa dei nostri giorni, e in particolare alla comunità ecclesiale spagnola: - nuovi testimoni di generosità e fermezza di fede; - pastori che, in comunione con il successore di Pietro, siano autentici maestri della fede e guide efficaci del Popolo di Dio; - una rinascita delle vocazioni sacerdotali che, come frutto di una solida vita cristiana nelle famiglie, sappiano rispondere con generosità a Cristo; - una vita interiore profonda in tutte le anime consacrate e in tutti gli apostoli della Chiesa.

A voi, religiose di tutto il mondo e specialmente dell'amato ordine dei carmelitani e della congregazione delle Esclavas del divino Corazon; a voi, Vescovi, pastori della Chiesa, che dividete il compito di guidare il Popolo di Dio; a voi, sacerdoti, seminaristi e fedeli secolari tutti, che avete ricevuto l'influsso dello spirito di Mosen Sol; specialmente a voi, sacerdoti e alunni della Fraternità di Operai diocesani; a tutti conceda il Signore di sapere accogliere esempi tanto grandi di virtù.


8. Cristo, pastore eterno, è la luce del mondo.

Colui che lo segue ha la luce della vita, coloro che seguono Cristo rimangono essi stessi convertiti in luce, come proclama la Lettera agli Efesini nella liturgia di oggi.

"In altri tempi eravate tenebre, ora siete luce nel Signore. Camminate come figli della luce: tutta bontà, giustizia e verità sono frutto della luce" (cfr. Ep 5,8-9). Questo dice l'Apostolo a tutti coloro che, nel sacramento del battesimo, hanno ricevuto la partecipazione alla "Luce" che è Cristo. Queste stesse cose ce le ripetono oggi i cinque beati, figli e figlie della Chiesa, che per tanti secoli, hanno dato frutti di fede e santità nella terra di Spagna.

Essi, che furono convertiti in un modo particolare, nella "luce del Signore" ripetono oggi a tutti i loro fratelli e sorelle della stessa terra e patria spagnola: "Camminate come figli della luce!".

"Bontà, giustizia e verità sono frutto della luce".

Camminate come figli della luce!

1987-03-29 Data estesa: Domenica 29 Marzo 1987




Recita dell'Angelus - Piazza san Pietro (Roma)

Titolo: La vocazione alla santità è per il laicato il segreto per assolvere il proprio ruolo

Testo:

1. La consegna primaria che il Vaticano II ha affidato a tutti i figli e le figlie della Chiesa, è la santità.

Non è una consegna di tipo semplicemente esortativo; essa è profondamente radicata nell'indole della Chiesa, corpo mistico di Cristo, i cui membri non possono essere estranei alla linfa santa e santificatrice che lo pervade.

A questo tema basilare il Concilio dedica un capitolo della "Lumen Gentium" - il quinto - che s'intitola "Universale vocazione alla santità". E' costruito sui fondamenti biblici e teologici della santità di Dio, di Cristo, della Chiesa. Si dirama nelle multiformi dimensioni dell'esercizio della santità.

Si sofferma sulle varie categorie dei componenti dell'organismo ecclesiale, come soggetti di si grande vocazione. I fedeli laici vi sono inclusi a pieno titolo in ragione della loro dignità. "Tutti i fedeli di qualsiasi stato a grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità" (LG 40). "Tutti i fedeli sono invitati e tutti a tendere alla santità e alla perfezione del proprio stato" (LG 42).


2. La tensione alla santità è perciò il fulcro del rinnovamento delineato dal Concilio.

Dall'analisi delle luci e delle ombre che hanno contrassegnato il ventennio ecclesiale post-conciliare, il Sinodo straordinario del 1985 ha dedotto la necessità di un forte richiamo all'universale vocazione alla santità. Ed ha nuovamente messo in rilievo il vitale legame che essa ha col mistero di Dio, di Cristo e della Chiesa, rilevando come nella presente crisi di valori la comunità cristiana debba poter essere considerata da tutti "segno e strumento di santità" (Sinodo straordinario dei Vescovi 1985 "Relatio Finalis", A 4).

La profonda accoglienza del messaggio delle beatitudini, la sincera imitazione di Cristo attraverso la preghiera, la penitenza, la pratica delle virtù, la vita liturgica e sacramentale sono coefficienti della risposta alla vocazione alla santità, la quale, prima ancora che un dovere, è un titolo di onore del laicato cattolico ed il segreto perché esso assolva in pienezza il proprio ruolo nella Chiesa e nella società.


3. La vocazione alla santità è irrinunciabile.

Nasce nel battesimo, ed è tale da poter essere esercitata in qualsiasi condizione di vita.

Nel battesimo, sacramento della rinascita, il seguace di Cristo riceve la santità ontologica, viene costituito nella condizione di nuova creatura attraverso la grazia santificante. E' un germe, un seme destinato a svilupparsi in un grande albero mediante le cure personali e il costante aiuto, che Dio, se invocato, non lascia mancare. E' un dono, che diventa anche conquista. La santità ontologica si trasforma così in santità morale, grazie all'impegno di tradurre incessantemente in pratica "i sentimenti che furono in Cristo Gesù" (Ph 2,5).

E' sostanzialmente su questa linea che il Concilio addita ad ogni laico un obiettivo audace: di "essere davanti al mondo il testimone della risurrezione e della vita del Signore Gesù" (LG 38).

Su queste vastissime prospettive, verso le quali si orienta indubbiamente la preparazione del prossimo Sinodo sul laicato, veglia amorosamente la Madre del Redentore e nostra madre, Maria, preclaro esempio di santità.

Guardando a lei, i cristiani, come ho ricordato nell'enciclica "Redemptoris Mater" (cfr. RMA 47), si sforzano sempre più di crescere nella santità. così, con filiale trasporto, noi la preghiamo.

1987-03-29 Data estesa: Domenica 29 Marzo 1987




Recita dell'Angelus - Piazza san Pietro (Roma)

Titolo: All'"Angelus" il Santo Padre raccomanda alle preghiere dei fedeli il suo pellegrinaggio in Uruguay, Cile e Argentina

Testo:

Ed ora vorrei aggiungere ancora una parola. Dopodomani, con la grazia di Dio, comincero un viaggio pastorale in alcuni paesi dell'America Latina, in particolare in Cile e in Argentina. La finalità principale di questo viaggio è il ringraziamento alla divina Provvidenza perché è stato possibile evitare la guerra tra questi due paesi alla fine dell'anno 1978. E' stato possibile, con una mediazione della Santa Sede, ottenere la pace. Questo è anche il motivo per cui, prima di andare in Cile e Argentina, devo fermarmi a Montevideo, dove questa mediazione ha preso l'avvio. Raccomando il mio ministero pastorale, apostolico nelle carissime popolazioni dei paesi latino-americani, tanto lontani ma, nello stesso tempo, tanto vicini a noi; lo raccomando alle vostre preghiere: alle preghiere di tutti, specialmente dei romani perché sono Vescovo di Roma, e alle preghiere di tutto il mondo. Auguro a tutti una buona domenica, una buona continuazione del cammino quaresimale.

1987-03-29 Data estesa: Domenica 29 Marzo 1987




Dopo la recita dell'Angelus - Piazza san Pietro (Roma)

Titolo: Il saluto ai fedeli riuniti in piazza san Pietro

Testo:

Saluto tutti i presenti di lingua italiana, e specialmente quanti hanno partecipato alla cerimonia di beatificazione.

In particolare, rivolgo ora il mio cordiale saluto ai fedeli della parrocchia romana di santa Maria Regina dei martiri sulla via Ostiense, venuti qui con il loro parroco per ricambiare la mia visita pastorale dello scorso mese di dicembre.

Carissimi, vi ringrazio e vi rinnovo l'esortazione a far si che la parrocchia sia veramente e sempre più la famiglia di Dio, nella consapevolezza e nella cura di essere Chiesa.

A tutti la mia benedizione.

Un affettuoso saluto porgo anche al numeroso gruppo di ministranti dell'arcidiocesi di Ravenna, ai quali auguro di cuore che compiano sempre con intensa fede il loro servizio liturgico all'altare.

Un cordiale pensiero rivolgo inoltre al parroco e ai fedeli della parrocchia "san Giorgio martire" di Quinto Vicentino, diocesi di Vicenza: e agli alunni della quinta classe della scuola elementare "Il caminetto" di Chiaverano, diocesi di Ivrea. A tutti la mia benedizione apostolica.

Mi è gradito salutare ora i numerosi pellegrini spagnoli, presenti a questa preghiera alla Vergine Maria, e che hanno assistito alla solenne cerimonia di beatificazione dei cinque servi e serve di Dio: suor Maria Pilar di san Francisco di Borja, suor Maria Angeles di san Josè, suor Teresa del Nino Jesus, il Cardinale Marcelo Spinola y Maestre e Mosen Manuel Domingo y Sol.

Il mio saluto si dirige, in particolare, a tutte le persone che sono venute da Guadalajara, Tortosa e Siviglia. Luoghi vincolati in modo diretto a queste figure splendenti della Chiesa spagnola.

Questo grande avvenimento ecclesiastico deve significare per tutti voi, così come per le vostre comunità di origine, una presa di coscienza serena perché, come i nuovi beati e beate, sappiate assumere l'obbligo di vivere e testimoniare coerentemente la fede cristiana.

Che la vostra vita sia sintonizzata con la volontà di Dio Padre! Siate sempre testimoni di Cristo nella società spagnola.

Con la mia profonda gratitudine per la vostra presenza, vi imparto, come prova di apprezzamento, la benedizione apostolica, che estendo alle vostre famiglie, specialmente, ai carmelitani di Spagna così uniti ai tre beati martiri.

1987-03-29 Data estesa: Domenica 29 Marzo 1987




Messaggio radio-televisivo al popolo cileno

Titolo: Tra voi come messaggero della vita e della pace

Testo:

Amatissimi fratelli e sorelle.

Pieno di gioia e di speranza, alla vigilia del mio viaggio pastorale nella vostra nazione, vi invio dalla sede dell'apostolo Pietro, centro della cattolicità, un saluto fervido e affettuoso: "Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (Ga 1,3).

Il mio pensiero va fin da ora ai Vescovi, ai sacerdoti e ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, alle persone e alle città che avro la gioia di visitare, e a tutti i Cileni, senza distinzione, uomini e donne, per i quali prego ogni giorno e che benedico con tutto l'affetto nel Signore.

Dal più profondo del mio cuore, rendo grazie alla divina Provvidenza poiché mi offre questa opportunità di recarmi nel vostro paese come pellegrino di evangelizzazione.

Vado in Cile lieto di sapere che fin dagli albori della scoperta, nel lontano novembre 1520, il Signore volle fare il suo ingresso in questa terra privilegiata attraverso la maestosa e imponente porta dello stretto di Magellano.

Qui, non lontano dall'estremo australe, secondo la tradizione, si celebro per la prima volta la santa Messa in Cile.

Qui, dunque, Cristo, aprendo un nuovo e fecondo capitolo nella storia della salvezza, affido queste terre a Dio Padre e da allora, in uno scenario così suggestivo di campi e montagne, di baie e di mari, di deserti e rivoli, Dio stesso pose la sua dimora e vive per sempre nel cuore dei Cileni, formando con tutti una sola famiglia di fratelli intorno alla croce del Redentore, innalzata dai primi missionari.

Con la celebrazione dell'Eucaristia e con la predicazione della dottrina cristiana, vennero messe nel paese quelle profonde e indelebili radici di fede che, attraverso la storia, sono state per il Cile, e per tutto il continente latinoamericano, la solida base per un profondo umanesimo cristiano, fonte inesauribile di preziosi valori storici, culturali e sociali. Fin dal principio, i missionari non temettero di mettere a repentaglio la propria vita per seminare la parola divina, offrendo così un leale e generoso contributo all'unità nazionale e promuovendo l'amore e la convivenza pacifica; senza trascurare il dovere di dire, per amore, una parola energica, quando si veniva meno ai doveri di carità e di giustizia. Con la grazia di Dio spero di giungere nel vostro caro paese il primo di aprile, come messaggero della vita, dell'amore, della riconciliazione e della pace che nascono da Cristo redentore. Questa è la missione pastorale che desidero svolgere in mezzo a voi adempiendo così al mandato che Gesù affido a Pietro e ai suoi successori: conferma i tuoi fratelli nella fede (cfr. Lc 22,32).

Ho accettato con gioia e gratitudine l'invito che a suo tempo mi fecero la Conferenza Episcopale del Cile e il Governo della nazione. Percorrero il vostro paese dalla sua capitale, Santiago, fino a sud, passando per Valparaiso, Punta Arenas, Puerto Montt, Concepcion e Temuco; e a nord, visitando La Serena e Antofagasta. Avrei voluto che il mio itinerario apostolico comprendesse altre città e luoghi, ma voi sapete che visitero tutti, senza distinzione di origine né di posizione sociale; sapete che accetto con gioia l'invito che avete voluto formulare su centinaia di migliaia di emblemi con la frase "Santo Padre, io ti invito!"; sapete anche che desidero entrare in tutte le famiglie almeno con il saluto o con la benedizione e che, dovunque io mi trovi, vi abbraccero tutti e a tutti sarà rivolta la mia parola di incoraggiamento e di speranza.

La mia visita ha una dimensione religiosa e pastorale, al servizio della causa del regno di Dio, che è "regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace" (cfr. Prefazio alla Messa di Gesù Cristo, re dell'universo).

E' per me motivo di vivo compiacimento sapere che, sotto la guida dei vostri pastori, vi state preparando con intenso spirito di preghiera affinché questa visita del successore di Pietro produca frutti abbondanti che rinnovino la vostra carità e diano vita ad una nuova evangelizzazione, rafforzando la pastorale ordinaria e permanente di ciascuna diocesi, guidata dal suo Vescovo. Fin da ora desidero manifestare la mia riconoscenza alle autorità ecclesiastiche, civili e militari e a tutti i cari fedeli per la generosa collaborazione che stanno prestando perché le giornate che, grazie a Dio, trascorrero tra di voi, rafforzino i vincoli di fraternità e la volontà di convivenza pacifca di tutti i Cileni secondo la prospettiva della fede e in cammino verso la vita eterna.

Vi chiedo di accompagnarmi con le vostre preghiere e sacrifici. Alla beatissima Vergine del Carmine, regina e patrona del Cile, affido il mio pellegrinaggio apostolico, mentre in segno di benevolenza vi benedico tutti, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

1987-03-30 Data estesa: Lunedi 30 Marzo 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Alla Confederazione Italiana Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana - Città del Vaticano (Roma)