GPII 1987 Insegnamenti - Omelia della Messa per la beatificazione della religiosa cilena - Parco "O' Higgins" di Santiago (Cile)

Omelia della Messa per la beatificazione della religiosa cilena - Parco "O' Higgins" di Santiago (Cile)

Titolo: Il messaggio di riconciliazione di suor Teresa de los Andes

Testo:

1. "Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità" (1Co 13,13).

Queste parole di san Paolo, con le quali termina il suo "inno alla carità", risuonano con nuovi accenti in questa celebrazione eucaristica.

Si, "più grande è la carità".

Sono parole che si fecero vita nella persona di suor Teresa de los Andes, che oggi ho avuto la grazia e la gioia di proclamare beata.

Oggi, amatissimi fratelli e sorelle di Santiago e del Cile, è un grande giorno nella vita della vostra Chiesa e della vostra nazione.

Figlia prediletta della Chiesa cilena, suor Teresa è elevata agli onori degli altari nella patria che la vide nascere. Il Popolo di Dio pellegrino trova in lei una guida nel suo cammino verso la meta della Gerusalemme celeste.

Desidero rivolgere il mio cordiale saluto ai confratelli nell'episcopato qui presenti, in particolare al Cardinale Arcivescovo di questa cara arcidiocesi.

Saluto anche le autorità, il Preposto Generale dei Carmelitani Scalzi e i sacerdoti, i religiosi, le religiose e gli amatissimi fedeli di questa Chiesa pellegrina in Cile che oggi si rallegra intorno ad una giovane, una religiosa carmelitana, modello di virtù.

Mossi dalla fede, dalla speranza e dall'amore, camminando come pellegrini verso Dio che è amore e la nostra anima si riempie di gioia nel riscontrare che questo pellegrinaggio spirituale ha la sua corona nella gloria, alla quale Cristo nostro Signore desidera condurci tutti.

Abbiamo ascoltato all'inizio un breve profilo biografico di suor Teresa de los Andes, una giovane cilena, simbolo della fede e della bontà di questo popolo; una carmelitana scalza chiamata al regno dei cieli nella primavera della sua vita; una primizia di santità del Carmelo Teresiano in America Latina.

Nei suoi brevi scritti autobiografici ci ha lasciato il testamento di una santità semplice e accessibile, incentrata su ciò che è essenziale del Vangelo: amare, soffrire, pregare, servire.

Il segreto della sua vita tesa verso la santità è racchiuso nella familiarità con Cristo, presente e amico, e con la Vergine Maria, madre vicina e amorosa.


2. Teresa de los Andes sperimento fin dai primissimi anni la grazia della comunione con Cristo, che ando sviluppandosi progressivamente in lei con l'incanto della gioventù, piena di vitalità e di giovialità, nella quale non manco, come figlia del suo tempo, il senso del sano passatempo e dello sport, il contatto con la natura. Era una giovane allegra e dinamica; una giovane aperta a Dio. E Dio fece fiorire in lei l'amore cristiano, aperto e profondamente sensibile ai problemi della sua patria e alle aspirazioni della Chiesa.

Il segreto della sua perfezione, non poteva essere diversamente, è l'amore. Un amore grande a Cristo dal quale si sente attratta e che la conduce a consacrarsi a lui per sempre e a partecipare al mistero della sua passione e della resurrezione. Allo stesso tempo, sente un amore filiale per la Vergine Maria che la spinge a imitare le sue virtù.

Per lei Dio è gioia infinita. E' questo il nuovo inno dell'amore cristiano che sgorga spontaneo dall'anima di questa giovane cilena, nel cui volto glorificato scorgiamo la grazia della trasformazione in Cristo, in virtù di quell'amore che è comprensivo, servizievole, umile, paziente. Un amore che non distrugge i valori umani, ma che li eleva e li trasfigura.

Si. Come dice Teresa de los Andes: "Gesù è la nostra gioia infinita".

Per questo la nuova beata è un modello di vita evangelica per la gioventù del Cile. Lei, che giunse a praticare con eroismo le virtù cristiane, trascorse gli anni della sua adolescenza e della sua giovinezza negli ambienti normali di una giovane del suo tempo: nella sua vita di ogni giorno si esercito nella pietà e nella collaborazione ecclesiale come catechista, nella scuola, tra i suoi amici e le sue amiche, nelle opere di misericordia, nei momenti di divertimento e di svago. La sua vita esemplare si riveste dell'umanesimo cristiano con il sigillo inconfondibile dell'intelligenza viva, della delicatezza premurosa, della capacità creativa del popolo cileno. In lei si esprime l'anima e il carattere della vostra patria e la perenne gioventù del Vangelo di Cristo, che entusiasmo e attrasse suor Teresa de los Andes.


3. La Chiesa proclama oggi beata suor Teresa de los Andes e, a partire da questo giorno, la venera e la invoca con questo titolo.

Beata, gioiosa, felice, è la persona che ha fatto delle beatitudini evangeliche il centro della sua vita; che le ha vissute con intensità eroica.

In questo modo, la nostra beata, avendo messo in pratica le beatitudini, incarno nella sua vita l'esempio più perfetto della santità che è Cristo.

Infatti, Teresa de los Andes irradia la gioia della povertà in spirito, la bontà e la mansuetudine del suo cuore, la sofferenza nascosta con cui Dio purifica e santifica i suoi eletti. Ella ha fame e sete di giustizia, ama Dio intensamente e vuole che Dio sia amato e conosciuto da tutti. Dio la rese misericordiosa nella sua immolazione totale per i sacerdoti e per la conversione dei peccatori; pacifica e conciliatrice, seminando intorno a lei la comprensione e il dialogo. In lei si riflette, soprattutto, la beatitudine della purezza di cuore. Infatti, si dono a Cristo totalmente e Gesù le apri gli occhi alla comtemplazione dei suoi misteri.

Dio le concesse, inoltre, di provare la gioia sublime di vivere anticipatamente sulla terra la beatitudine e la gioia della comunione con Dio nel servizio al prossimo. Questo è il suo messaggio: solo in Dio si trova la felicità; solo Dio è gioia infinita. Giovane cilena, giovane latinoamericana, scopri in suor Teresa la gioia di vivere la fede cristiana fino alle sue ultime conseguenze! Prendila a modello!


4. Nella nostra Messa di oggi, nella quale eleviamo all'onore degli altari una figlia prediletta del Cile, preghiamo in modo particolare per la riconciliazione.

Nel salmo responsoriale, abbiamo invocato Dio con queste parole: "Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza. / Misericordia e verità si incontreranno, / giustizia e pace si baceranno" (Ps 84,8-11).

La realizzazione della riconciliazione, che nella santa Messa ha la sua espressione nell'atto penitenziale iniziale e nel rito della pace, continua ad essere come un'invocazione degli uomini e dei popoli al Dio della alleanza, a quel Dio che ha riconciliato a sé tutta l'umanità in Cristo, suo Unigenito, morto sulla croce. Questo Dio ha affidato agli apostoli e alla Chiesa il ministero della riconciliazione (cfr. 2Co 5,18ss).

Come indicavo nella mia esortazione apostolica "Reconciliatio et Paenitentia": "A tutta la comunità dei credenti, all'intera compagine della Chiesa è affidata la parola di riconciliazione, il compito cioè di fare quanto è possibile per testimoniare la riconciliazione e per attuarla nel mondo... In intima connessione con la missione di Cristo si può dunque riassumere la missione... della Chiesa nel compito per lei centrale della riconciliazione dell'uomo: con Dio, con se stesso, con i fratelli, con tutto il creato" (RP 8). Ma non possiamo dimenticare che la riconciliazione è un dono di Dio, è un frutto della grazia "di Cristo redentore, riconciliatore, liberatore dell'uomo dal peccato sotto tutte le sue forme" (RP 7).

Dal canto suo, la Chiesa vive nella celebrazione dell'Eucaristia la forma più intensa ed espressiva della sua condizione di comunità riconciliata e di sacramento di comunione dell'uomo con Dio e con il genere umano (cfr. LG 1). Infatti, la celebrazione dell'Eucaristia esige la volontà ferma di riconciliazione e di perdono. Pertanto, nella nostra preghiera chiediamo al Padre celeste di perdonare le nostre offese, e testimoniando la sincerità della nostra supplica perdonando, da parte nostra, coloro che ci hanno offeso (cfr. Mt 6,12).

Il nuovo spirito del regno di Dio che Gesù ci rivela, ce lo manifesta anche in questa esortazione che la comunità cristiana dovrebbe sempre meditare in un contesto eucaristico: "Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e li ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia li il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono" (Mt 5,23-24).

Vediamo, pertanto, amatissimi fratelli, quanto è esigente la chiamata del Signore alla riconciliazione fraterna in un'umanità attraversata da tante divisioni, che hanno la loro causa ultima nel peccato, la riconciliaziome è una necessità e anche una condizione di sopravvivenza: se la pace e la concordia non brillano tra gli individui e i popoli, i conflitti possono acquistare le proporzioni di una vera tragedia.


5. In questa cerimonia di beatificazione di suor Teresa de los Andes voglio rendere, con tutta la mia anima, grazie al Signore perché, mediante lo spirito di dialogo e riconciliazione si è mantenuta la pace tra due nazioni sorelle, il Cile e l'Argentina, con la soluzione della controversia sulla zona australe. Sia ringraziato il Padre misericordioso per aver sostenuto il successore di Pietro e i suoi collaboratori mei loro sforzi durante la mediazione. Sia ringraziato il Signore della storia per aver ispirato ai governanti e a questi due popoli fratelli sentimenti di pace e di intesa che evitarono tante sofferenze, tanto spargimento di sangue e alcune conseguenze imprevedibili per tutto il continente americano.


6. E ora mi permettero di parlarvi - come feci nel mio incontro con l'episcopato cileno - della riconciliazione interna, vale a dire in seno alla vostra patria.

Certamente è presente nell'animo di tutti la convinzione che è imprescindibile una atmosfera di dialogo e di concordia che, d'altro canto, non è estranea alla rinomata tradizione democratica del nobile popolo cileno. Concorda altresi con questa tendenza del vostro paese la convinzione, radicata nelle coscienze, che la riconciliazione si manifesta nella convergenza delle volontà fino al conseguimento del bene comune, fino a quell'alto obiettivo che conferisce significato proprio e la loro ragion d'essere alle funzioni della comunità politica, come ci insegna il Concilio Vaticano II: "Il bene comune si concreta nell'insieme di quelle condizioni della vita sociale con le quali gli uomini, la famiglia e le associazioni possono ottenere il conseguimento più pieno e più spedito della propria perfezione" (GS 74).

Bisogna dire dunque che risponde alla condizione sociale e comunitaria dell'uomo il fatto che egli partecipi attivamente alla vita pubblica, allo scopo di promuovere il bene comune e di incoraggiare tutto ciò che garantisca condizioni di giustizia, di pace e di riconciliazione, come indica lo stesso Concilio: "E' pienamente conforme alla natura umana che si trovino strutture politico-giuridiche che sempre meglio offrano a tutti i cittadini, senza alcuna discriminazione, la possibilità effettiva di partecipare liberamente e attivamente sia alla elaborazione dei fondamenti giuridici della comunità politica, sia al governo della cosa pubblica, sia alla determinazione del campo d'azione e dei limiti dei differenti organismi, sia alla elezione dei governanti" (GS 75).


7. La Chiesa, in conformità con la sua irrinunciabile missione, è stata e continuerà ad essere "segno e salvaguardia del carattere trascendente della persona umana" (GS 76), dell'uomo che è immagine di Dio. Secondo quanto afferma la stessa costituzione pastorale "Gaudium et Spes": "E la Chiesa, fondata nell'amore del Redentore, contribuisce ad estendere il raggio di azione della giustizia e dell'amore all'interno di ciascuna nazione e tra tutte le nazioni. Predicando la verità evangelica e illuminando tutti i settori della attività umana con la sua dottrina e con la testimonianza resa dai cristiani, rispetta e promuove anche la libertà politica e la responsabilità dei cittadini" (GS 76).

Con questa stessa libertà evangelica e con il cuore rivolto al bene di questa amata nazione, chiedo al Signore che vi conceda questa riconciliazione in abbondanza che implica per tutti una coscienza più viva della dignità umana.

La ricerca del bene comune esige anche il rifiuto di ogni forma di violenza e di terrorismo - da qualunque parte essa venga - che gettano i popoli nel caos. La riconciliazione, così come la propone la Chiesa, è l'autentico cammino della liberazione cristiana, senza ricorso all'odio, alla lotta programmata di classe, alle rappresaglie, alla dialettica disumana che non vede nel prossimo i fratelli, figli dello stesso Padre, ma nemici che bisogna combattere. Non ci stancheremo di ripetere in ogni luogo che la violenza non è cristiana né evangelica, né è cammino per risolvere le difficoltà reali degli individui o dei popoli! In questo parco, che porta il nome di uno dei più illustri padri della patria, voglio manifestare il mio incoraggiamento e il mio appoggio agli sforzi a favore della concordia da parte dell'episcopato cileno; e in particolare, al pastore di questa arcidiocesi per i suoi pressanti appelli alla pacificazione e all'intesa, e per la sua energica condanna della violenza e del terroristici.


8. Lavorare per la riconciliazione presuppone un amore universale, paziente e generoso, fermo nella proclamazione della verità, e inflessibile nel resistere ad ogni genere di violenza.

Ha come fondamento la missione stessa della Chiesa, che proclama la comunione dei figli di Dio in una stessa famiglia, il rispetto ai fratelli, specialmente più bisognosi, il lavorare per il bene comune.

Dinanzi a questa prospettiva, la Chiesa in Cile non può rinunciare al compito di convincere e di unire tutti i Cileni in un impegno congiunto di solidarietà e di partecipazione per conseguire il bene della patria.

Come hanno proclamato i vostri Vescovi: "il Cile ha una vocazione di intesa e non di conflitto". Non si può continuare ad acuire le divisioni. E' l'ora del perdono e della riconciliazione.

"Lasciatevi riconciliare con Dio" (cfr. 2Co 5,20), ci dice san Paolo.

Questa ricerca della pace in Dio, su cui insiste l'Apostolo, è un lavoro che non ammette pausa; è un programma di vita che deve radicarsi sempre più nelle coscienze di tutti fino alla fine dei tempi.

Per conseguire tale mèta, il nostro cammino è illuminato dallo stile di vita delle beatitudini.

Vi è accordo nella verità, quando professiamo senza timore che il regno di Dio appartiene ai poveri in spirito; quando gli afflitti sono consolati, quando i pacifici reggono le sorti del mondo, quando si esercita la compassione e la misericordia.

Vi è autentica riconciliazione tra i figli di uno stesso popolo, quando con il contributo di un dialogo aperto e sincero scompaiono pregiudizi e timori, quando uomini e donne - puri di cuore - si sforzano di sentire, di parlare e di agire come operatori di pace. Allora Dio li chiama suoi figli e li colma di felicità.

Vi è concordia di menti e di volontà quando, per amore alla giustizia e alla verità, si rispetta la dignità di ogni persona e si impara la saggezza della croce, sperimentando il prezzo e la ragione profonda dell'amore e del perdono, in comunione con Cristo.

Soffrire a causa dell'amore, della verità, della giustizia, è il segno della fedeltà al Dio della vita e della speranza. E' la beatitudine di coloro che per Cristo soffrono, cadono in terra come i chicchi di grano e sono promessa di vita e di resurrezione.

Ecco come si costruisce il futuro, mediante un amore paziente e comprensivo che crede e spera sempre perché confida in Dio, che tiene nelle sue mani i fili della storia.


9. Cari fratelli e sorelle, figli e figlie della patria cilena.

In questo giorno elevo la mia preghiera al Signore insieme a tutti voi, chiedendogli il bene inestimabile della riconciliazione, mediante il dono della pace e della giustizia per tutta la vostra società.

"Effetto della giustizia sarà la pace" (Is 32,17).

Il Vangelo delle beatitudini è la magna carta del regno di Dio. Le parole di Gesù risuonano come un invito e una sfida ad optare per il cammino evangelico della pace, che è frutto della giustizia contro ogni tentazione di violenza, con la pazienza e l'efficacia di chi sa costruire la pace, creando le condizioni necessarie per rinnovare i cuori e riformare le strutture ingiuste.

Questo è lo stile e l'atteggiamento dei discepoli del Maestro della pace e dell'amore. "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9).

In questa Eucaristia abbiamo chiesto al Signore la sua luce e la sua grazia "perché possiamo costruire perennemente la pace, fondata sulla giustizia, sull'amore e sulla libertà".

La pace è un dono di Dio, che il Papa implora con tutti voi, per intercessione di Teresa de los Andes, a colui che è il Signore di tutti, il Dio della vita, il Principe della pace.


10. "Egli è la nostra pace" (Ep 2,14).

In Cristo, Dio Padre ha riconciliato a sè tutto il genere umano, tutti i figli e le figlie del "primo Adamo".

"Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16). I santi e le anime elette sono testimoni eccezionali di questo amore del Padre.

E la beata Teresa de los Andes è uno di questi testimoni! Oggi, mentre rendiamo grazie al Signore perché ispiri desideri di pace e di riconciliazione tra gli uomini e i gruppi sociali imploriamo ardentemente il frutto maturo di questa riconciliazione per la vostra patria. Non dimentichiamo mai che Cristo ci ha riconciliati con Dio nella aspettativa della vita eterna.

Non lo dimentichiamo! In questo felice giorno per la nazione cilena, poiché suor Teresa è stata elevata agli onori degli altari, sembra che ci ripeta, come messaggio di vita le parole che imparo dal suo padre e maestro san Giovanni della Croce: "Dove non vi è amore, che io porti amore ed otterro amore".

Qui sulla terra rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità.

Esse ci conducono all'eternità: alla salvezza eterna in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. All'unione con Dio. Con Dio che è amore. Per questo: di tutte è più grande la carità.

1987-04-03 Data estesa: Venerdi 3 Aprile 1987




L'incontro con la comunità polacca - Santiago (Cile)

Titolo: Non dimenticate i valori cristiani profondamente legati alle vostre origini

Testo:

1. E' ormai una specie di tradizione incontrarmi, nei miei pellegrinaggi, anche con connazionali presenti in un dato paese. A volte, questa è la vecchia emigrazione, a volte molto antica, spesso un'emigrazione "per l'indipendenza", legata alle sorti della seconda guerra mondiale. Incontro anche i connazionali che hanno lasciato la patria recentemente e coloro che soggiornano fuori del paese temporaneamente, a motivo di vari contratti di lavoro.

Agli incontri prendono parte a volte, anche coloro che ormai non parlano bene la lingua polacca, a volte non la conoscono affatto, tuttavia si sentono in qualche modo uniti a questa grande comunità, alla grande famiglia, costituita dai Polacchi di tutto il mondo, che hanno origine dallo stesso tronco, radicato nella patria.


2. Sono molto lieto che nel programma del mio servizio pastorale in Cile si sia trovato posto per un incontro con voi. Do il benvenuto e saluto cordialmente tutti insieme e ciascuno separatamente! Ringrazio il vostro Presidente per le parole d'introduzione, il vostro pastore per un bellissimo discorso, e il vostro rappresentante per il dono che mi ha offerto. Tramite voi saluto tutti i miei fratelli e sorelle che vivono in terra cilena.


3. La presenza di Polacchi in questo paese viene sottolineata dalla bellissima ed eccezionale pagina scritta dalla vita e dall'opera del nostro grande compatriota, di cui celebreremo il 200° anniversario della morte tra due anni, Ignacy Domeyko (1802-1889). Questo emigrante polacco, amico di Mickiewicz (e ricordato da quest'ultimo come Zegota nella terza parte di "Dziady"/"Avi"/), fu un uomo di grande statura intelletuale e religiosa. Dopo aver compiuto gli studi a Parigi, venne nel 1838 nel Cile, che già allora era un paese indipendente. Qui creo le basi scientifiche per lo sfruttamento delle ricchezze naturali e si occupo dell'organizzazione della scienza e dell'insegnamento. Per lunghi anni fu professore e successivamente rettore magnifico dell'università a Santiago. Opero diverse scoperte geologiche e geografiche. Con il nome di Domeyko fu, tra l'altro, chiamata una catena montagnosa nelle Ande. Difese i diritti umani e la cultura indigena della tribù degli Araucani. Venne riconosciuto dai Cileni come uno dei più benemeriti per lo sviluppo economico e culturale di questo paese. Si potrebbe dire - nello spirito del Concilio Vaticano - che Dormeyko fu un particolare "dono" della nazione e della Chiesa polacca per il Cile, per la Chiesa e la nazione cilena. Fino al termine della propria vita egli conservo un profondo legame spirituale con la propria patria.


4. Cari fratelli e sorelle! Ciascuno di noi ha la sua propria vocazione nella vita. La Provvidenza ha fatto si che voi, proveniemti dalla Polonia, dobbiate realizzare la vostra vocazione umana e cristiana qui, in Cile. Facendolo, dovete portare in questa società tutto ciò di cui siete ricchi e dunque la ricchezza della vostra mente, del vostro cuore, della vostra personalità, della vostra umanità. Dovete pero ricordare, edificando questa realtà nuova, di non smarrire quei valori, che sono il vostro patrimonio trasmessovi dai vostri padri o dagli avi. Quei valori umani e cristiani la cui linfa vitale circoli dal comune tronco di appartenenza alla cultura e alla tradizione polacca.


5. Ho nominato all'inizio la grande comunità formata dai Polacchi che vivono in patria e fuori dei suoi confini. Essa veniva formata nel corso di oltre mille anni in base al Vangelo e all'Eucaristia. I Polacchi che vivono fuori dal paese, risentono profondamente tutto ciò di cui vive la patria: le sue preoccupazioni, le tristezze, gli insuccessi, le sue speranze e gioie - così come i connazionali in patria, tutta la Chiesa in Polonia, cercano di percepire i problemi dell'emigrazione polacca e portarle l'aiuto spirituale.

Nel giugno dell'anno corrente, la Chiesa in Polonia celebrerà il Congresso Eucaristico - al quale Dio permettendo - anch'io dovrei prendere parte.

Sarebbe auspicabile che la vostra sensibilità ai problemi della patria ed il vostro legame spirituale con essa, trovasse espressione nell'incontrarsi con i connazionali nell'unico Pane eucaristico. Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiano dall'unico pane - insegna san Paolo apostolo (1Co 10,17).


6. Cari fratelli e sorelle! In occasione dell'odierno incontro auguro a voi, alle vostre famiglie, ai vostri bambini, agli anziani e ai sofferenti di custodire fedelmente quel ricco patrimonio di fede, di speranza e di carità iscritto nei vostri cuori da intere generazioni dei vostri antenati. Moltiplicate questa ricchezza mediante il lavoro sull'edificazione di una società in cui fioriranno pienamente la giustizia e la pace di Cristo.

Affido tutti voi alla protezione della Madre di Cristo, la Regina di Polonia di Jasna Gora, di cuore vi benedico: nel norme del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

1987-04-03 Data estesa: Venerdi 3 Aprile 1987




Incontro con un gruppo di dirigenti politici cileni - Santiago (Cile)

Titolo: Collaborazione e dialogo per il bene della nazione

Testo:

Signore e signori.

Sono lieto di avere questo incontro con voi, nel corso della mia visita pastorale in Cile, e di potere così salutarvi e rivolgervi la mia parola che vuol essere portatrice del messaggio del Vangelo e dei suoi valori universali di fraternità, giustizia pace e libertà.

La Chiesa - come ha sottolineato il Concilio Vaticano II - "in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico" (GS 76). Ma e pur vero che essa, come esigenza della missione che ha ricevuto da Gesù Cristo, deve proiettare la luce del Vangelo anche sulle realtà temporali, compresa l'attività politica, per far si che risplendano sempre più nella società, quei valori etici e morali che mettano in luce il carattere trascendente della persona e la necessità di tutelare i suoi diritti inalienabili.

Come pastore della Chiesa desidero che riflettiate con me su alcuni punti che si evincono da questo principio di ispirazione evangelica: la comunità politica è in funzione della persona umana e al suo servizio. Infatti, come insegna la costituzione conciliare sulla Chiesa nel mondo contemporaneo: "Il bene comune si concreta nell'insieme di quelle condizioni sociali che consentono e favoriscono negli esseri umani, nelle famiglie e nelle associazioni il conseguimento più pieno della loro perfezione" (GS 74).

Convincersi e quindi riconoscere che la convivenza nazionale dev'essere basata su dei principi etici è qualcosa che comporta, determinate conseguenze per tutti e ciascuno dei cittadini di una qualsiasi nazione, nel nostro caso il Cile.

In primo luogo ritengo necessario che ogni contributo alla crescita globale del Cile si debba aspirare sempre al rispetto ed alla promozione delle preziose tradizioni cristiane, nelle quali si identifica la maggior parte dei cileni. Sarà da queste radici profonde e vive che scaturiranno sviluppi portatori di frutti abbondanti.

La fedeltà a tale patrimonio spirituale ed umano esige uno sviluppo armonico, uno sforzo congiunto di volontà e di azioni, che sia teso alla riconciliazione nazionale in uno spirito di tolleranza, di dialogo e di comprensione. Nessuno si deve esimere dal prendere parte attiva responsabilmente e generosamente, in quest'opera comune. La giustizia e la pace dipendono da ciascuno di noi.

Questo clima di collaborazione e di dialogo sarà tanto più fruttuoso, quanto più si andranno superando gli interessi particolari a beneficio del bene comune superiore della nazione e nel rispetto dei diritti dell'uomo, di ogni uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio. Per questo, in nome del Vangelo, vi esorto tutti a rifiutare decisamente la tentazione del ricorso alla violenza, che è sempre indegna dell'uomo e al contrario, a ispirare le vostre azioni all'amore, alla mutua fiducia, alla speranza.

Accogliete questo messaggio come espressione della mia sollecitudine quale pastore di tutta la Chiesa e dell'amore che provo per il popolo cileno, che nella sua maggioranza è parte viva della Chiesa di Cristo. Non sprecate nessun mezzo alla vostra portata perché questo messaggio diventi realtà nella vita sociale cilena! Potete essere convinti che la fraternità fra gli uomini e la collaborazione per costruire una società più giusta non è un'utopia, ma il risultato dello sforzo di tutti in favore del bene comune.

La pace, signore e signori, è frutto della giustizia, ed è perciò un impegno comune, al quale tutti devono fornire il proprio deciso appoggio per rendere così reale nella vita cilena ciò che il Concilio chiama "la viva coscienza della dignità umana".

Esprimo il voto che anche voi, nella vostra vita e nelle vostre attività, diate testimonianza di questi ideali. In questa maniera potrete rendere un gran servizio al vostro paese: contribuirete al superamento delle tensioni presenti, favorirete il processo di riconciliazione nazionale e stimolerete la ricerca di ogni iniziativa capace di assicurare a quest'amata nazione un futuro degno delle sue più nobili tradizioni civili e religiose.

Nello stesso momento in cui vi incoraggio a questa nobile impresa che esige da parte di tutti saggezza, prudenza e generosità, rivolgo la mia preghiera al Signore, che tutti i cristiani invochiamo come "Principe della pace" (Is 9,6) perché la sua pace regni nel cuore di tutti i Cileni.

1987-04-03 Data estesa: Venerdi 3 Aprile 1987




Durante la celebrazione della Parola per i fedeli della zona australe del Cile - Stadio Fiscal di Punta Arenas (Cile)

Titolo: Nel nome di Cristo vi lascio una consegna: riempite di concordia i vostri cuori

Testo:

"Dai confini della terra io t'invoco, Signore" (cfr. Ps 60/61,3).


1. Amati fratelli e sorelle: Sia lodato Gesù Cristo! Sia lodato Gesù Cristo, in questa regione ai confini australi della terra, in questa zona glaciale e fredda della Terra del Fuoco. Sia lodato Gesù Cristo, in questa estrema regione del mondo! Sia lodato Gesù Cristo, per quei missionari dell'allora giovane Congregazione Salesiana, che cento anni fa fondarono la Chiesa in Magellano, iniziando l'evangelizzazione di questa regione.

Ringrazio il Signore per la preziosa eredità che lasciarono qui i figli di san Giovanni Bosco, grande sacerdote e apostolo della gioventù. E d'obbligo ricordare con commossa gratitudine Monsignor Josè Fagnano, illustre salesiano e primo Prefetto Apostolico di questi territori.

Sono venuto come pellegrino della fede, come successore di Pietro, al quale Cristo lascio affidata la sollecitudine pastorale per la Chiesa universale.

Risuonano nella mia mente quelle parole dette da Gesù ai suoi apostoli prima di salire al cielo: "Mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8).

Nell'incontrarmi oggi con persone giunte in questa terra dalle diverse parti del mondo ed anche dai paesi slavi tanto vicini al mio cuore, desidero manifestare insieme a voi il nostro amore a Gesù Cristo ed invocarlo dai confini della terra (cfr. Ps 60/61,3).


2. La mia visita pastorale in Cile, e quella che faro fra poco in Argentina, vuole essere un servizio alla pace, a questa pace che il Signore ci ha lasciato in eredità (cfr. Jn 14,27). Questo servizio si traduce in un ringraziamento e in un appello universale.

In primo luogo ringraziamento; perché questa terra, che solo pochi anni fa avrebbe potuto essere scenario di un conflitto sanguinoso tra nazioni sorelle, è stata testimone, per grazia di Dio, di una pace fraterna e onorevole.

Un appello universale, inoltre, perché nel ricordare l'esempio che offrirono al mondo i governanti ed i popoli del Cile e dell'Argentina, voglio rivolgere un nuovo invito alla pace, da questo angolo estremo del continente sud americano.

Vi esorto dunque, con tutto il mio cuore, ad essere artefici della pace che è frutto della giustizia, ma che solo si consolida con l'amore ed il perdono; chiedo ai figli di questa grande nazione, che, senza impazienze pero senza rinunce, senza fretta pero senza pause, tutti e ognuno, rinnoviate ancora una volta la decisione di essere - nella famiglia, nel lavoro, nella società, in tutto il mondo, costruttori e seminatori di pace. Che adottiate tutti i mezzi opportuni per sradicare qualunque tipo di violenza; che troviate i mezzi concreti per creare un'autentica cultura di pace e di concordia.

Dove vi è amore verso la giustizia, dove esiste rispetto per la dignità della persona, dove non si cerca il proprio interesse, ma il servizio verso Dio e gli uomini, dove non c'è posto per i rancori e la vendetta, dove si perdonano le offese, li la pace può dare i suoi frutti.


3. "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.

Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore" (Jn 14,27).

Sono parole dette da Gesù agli apostoli, quando era ormai imminente la sua passione e morte sulla croce. La fede ci dice che non si può pensare di conseguire un ordine armonico nella convivenza se non si è costruito sul fondamento della legge morale, dell'ordine etico voluto da Dio, poiché: - è lui che ha dato la terra agli uomini, perché la dominino in armonia; - è lui che non cessa di chiamarli ad essere costruttori di pace; - è lui che ha impresso nelle loro coscienze il dovere di rispettare i diritti del prossimo; - è lui che li aiuta interiormente in questo compito, mediante la grazia dello Spirito Santo (cfr. Ga 5,22).

Prescindere da Dio quando si desidera consolidare i valori della convivenza e della concordia, significa precludersi ogni possibilità di successo.

Voler instaurare la tranquillità sociale in modo quasi meccanico, senza prima risolvere il problema dei valori su cui si basa, conduce all'insuccesso. Parlare di pace con un linguaggio semplicemente terreno, che non tiene conto della relazione dell'uomo con il suo Creatore, risulta insufficiente e fragile.

Questa è la lezione scaturita dalla memorabile Giornata di Preghiera per la Pace di Assisi: l'incontro di tanti rappresentanti di diverse religioni fu un segno ed un invito per tutti gli uomini del nostro mondo, a ricordare che esiste una dimensione più profonda della pace, e un modo più efficace per promuoverla, che consiste nella preghiera. perciò comprenderete perché vi dica che, senza tralasciare le altre misure, il mezzo principale per costruire la pace è la preghiera intensa, umile e fiduciosa. Voi, amici cileni, voi amici argentini qui presenti, dovete essere tra coloro che, quotidianamente, pregano ed insegnano a pregare per la pace.

Una preghiera che, nell'esigervi la serenità interiore ed esteriore, spingerà ciascuno di voi a cercarla efficacemente: contemplando l'armonia voluta da Dio nella creazione, fomentando la solidarietà tra gli uomini fatti ad immagine del Creatore, sviluppando i valori spirituali e trascendenti, lottando per dominare le passioni che spingono alla violenza, perdonando di cuore coloro che vi abbiano potuto offendere.


4. Questo impegno per la pace, che ora vi chiede il Papa, è un impegno che nasce dall'intimo della coscienza e del cuore umano; un cuore traboccante di pace può dare questa abbondanza a coloro che lo circondano, cominciando dai più vicini: parenti, amici, colleghi, conoscenti. La concordia nasce dalla conversione personale, e solo facendo leva su questo punto di forza, per cui ciascuno è disposto a vivere e a trasmettere la pace, si può aspirare ad una stabilità delle istituzioni; è inutile invocare una tranquillità esteriore se non vi è serenità nelle coscienze.

perciò non basta una generica ansia interiore. E' necessaria la decisione di osservare la parola di Dio e di impegnarsi coraggiosamente a realizzare la giustizia, la fraternità solidale e l'equa distribuzione del benessere.

Non si tratta, pertanto, di una pace statica che si accontenta di quanto è stato raggiunto, ma dinamica, che cerca una più attiva promozione della verità, della giustizia, della solidarietà e della libertà. E "se gli attuali sistemi nati dal cuore dell'uomo si rivelano incapaci di assicurare la pace, è il cuore dell'uomo che dobbiamo rinnovare, per rinnovare i sistemi, le istituzioni ed i metodi" (Messaggio per la XVII Giornata Mondiale della Pace, 8 dicembre 1983); perché tanto la pace come la guerra sono dentro di noi. "La pace del cuore è il cuore della pace" (Omelia in Athletic Park di Wellington, 23 novembre 1986, n. 6).

Nel nome di Cristo vi lascio una consegna: riempire di pace il proprio cuore, per scegliere la concordia e rifiutare la violenza in ogni momento della vita. Il Papa vi chiede di mettere in pratica e di diffondere questa consegna tra gli uomini e le donne del Cile, dell'Argentina, dell'America Latina e del mondo.

La pace è un compito di tutti, non solo degli specialisti, dei politici, dei governanti. La pace è una responsabilità universale: si costruisce nelle mille piccole realtà della vita quotidiana. Nelle azioni più comuni della giornata possiamo agire a favore o contro l'armonia e la pace.


5. Opponetevi a quelle passioni umane che corrompono il cuore: l'orgoglio, i pregiudizi, l'invidia, lo smoderato desiderio di ricchezze e di potere, la superbia che rende incapaci di riconoscere i propri errori. Tutto questo conduce alla ingiustizia e provoca tensioni e conflitti. Per conseguire la pace bisogna ogni giorno intraprendere una lotta interiore, in noi stessi, contro questi nemici della pace.

Non seguite mai la strada della violenza, che nasce dalla cecità dello spirito e dal disordine interiore. Ancora una volta prego coloro che praticano la violenza ed il terrorismo, che desistano da questi metodi inumani che provocano tante vittime innocenti: il sentiero della violenza non porta alla vera giustizia, né per sé né per gli altri. Non accettate come soluzione dei problemi quelle che si basano sul ricorso alle armi, che oltre a mettere in pericolo la pace, sono una offesa per tante persone che si trovano nella povertà. Dio voglia! che sempre di più si raddoppino gli sforzi in America Latina per fermare la corsa agli armamenti, che in nessun modo contribuisce alla convivenza pacifica tra popoli fratelli e che assorbe importanti risorse che potrebbero essere destinate a soddisfare gli urgenti bisogni di vasti settori delle popolazioni del mondo.

Opponete una grande resistenza ai richiami delle ideologie che predicano la violenza e che con la loro carica aggressiva mutilano gli ideali di pace, riducendoli a semplici momenti di equilibrio nel gioco delle forze di distruzione.

Sapete che per realizzare la giustizia, che è fonte di autentica concordia sociale, è necessario rispettare la piena dignità di ogni persona.

Il Concilio Vaticano II, nella costituzione "Gaudium et Spes" enumera tutte le violazioni che attentano alla vita ed all'integrità della persona umana.

In particolare denuncia la pratica delle torture morali e fisiche e le qualifica come "certamente vergognose e, mentre guastano la civiltà umana, inquinano coloro che così si comportano più che non quelli che le subiscono; e ledono gravemente l'onore del Creatore" (GS 27).

Impegnatevi per superare le ingiustizie, nel rispetto dei legittimi diritti della persona umana, per una migliore e più giusta distribuzione delle ricchezze, per la diffusione della cultura e dei beni; tutto ciò renderà più degna e piena di speranza la vita di tanti Cileni e di tanti Argentini che oggi guardano verso il futuro con incertezza ed angoscia. In questo modo contribuirete ad instaurare la vera giustizia che è la fonte dell'autentica pace nella società.


6. Carissimi fratelli e sorelle, voglio ricordarvi anche l'appello alla solidarietà che feci nel mio messaggio di quest'anno per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace. Sono molto più numerosi ed importanti, i legami che uniscono gli uomini di quelli che potrebbero dividerli. Alcuni secoli fa un mio predecessore, il Papa san Leone Magno diceva: "Come prossimo non dobbiamo considerare solo quelli che sono uniti a noi da legami di amicizia o di parentela, ma tutti gli uomini, con i quali abbiamo una natura comune (...) Un solo Creatore ci ha fatti, un solo Creatore ci ha dato l'anima. Tutti godiamo dello stesso cielo, degli stessi giorni e delle stesse notti, sebbene alcuni siano buoni ed altri cattivi, alcuni giusti ed altri ingiusti, Dio pero, è generoso e benigno con tutti" (Sermone XII, 2; PL 54, 170). I figli di Dio devono anche essi essere generosi e benigni; niente di ciò che capita ad un altro uomo - nostro fratello, nostra sorella - può essere indifferente per nessuno di voi.

E' per me un dovere ineludibile, come pastore della Chiesa, sollecitarvi affinché viviate questo amore universale - anche verso i nemici - che Cristo indico quale distintivo dei suoi veri discepoli (cfr. Jn 13,35 Lc 6,35).

- cercate, sempre ed in tutto, di pensare bene degli altri; perché è nel cuore e nella mente dove si annidano le opere di pace o di violenza; - cercate, sempre ed in tutto, di parlare bene degli altri, come figli di Dio e vostri fratelli; che le vostre parole siano di concordia e non di divisione; - cercate, sempre ed in ogni luogo, di fare il bene agli altri; che nessuno soffra mai ingiustamente a causa vostra, nelle relazioni familiari, sociali, economiche, politiche.

Questo amore solidale vi porterà, amati fratelli cileni, a condividere tanto i beni spirituali come quelli corporali. In tal modo, lo sviluppo si trasformerà in un dono fraterno che, nella misura in cui è condiviso, arricchisce reciprocamente.

Amore solidale che si apre al dialogo che cerca di costruire invece di distruggere, che cerca di comprendere, discolpare e convivere con tutti, senza creare divisioni né barriere. Spirito di dialogo che si sforza di trovare elementi di convergenza, e mezzi di negoziati ed arbitraggi sia nell'ambito nazionale - tra le diverse categorie sociali e professionali, tra i diversi gruppi etnici, tra le varie scelte temporali -, sia nell'ambito internazionale.


7. Voglio, infine, riferirmi ad una altra preoccupazione, che ha qualche relazione con la pace: la pace dell'uomo con la natura. Come sapete, in molte regioni del mondo ci troviamo di fronte a pericoli e minacce per l'ecologia, che non solo causano danni gravissimi allo splendore della natura, ma che minacciano gravemente lo stesso uomo, attentando al suo equilibrio vitale e al suo futuro.

Il mio predecessore il Papa Paolo VI fece presente questa preoccupazione affermando: "L'uomo ne prende coscienza bruscamente: attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione" ("Octogesima Adveniens", 21).

La Chiesa non è contro il progresso scientifico e tecnico: "La tecnica è indubbiamente un'alleata dell'uomo. Essa gli facilita il lavoro, lo perfeziona, lo accelera e lo moltiplica" (LE 5). Pero il progresso tecnico non deve assumere la caratteristica di dominare l'uomo e di distruggere la natura. La tecnica, nel senso voluto da Dio, deve servire all'uomo, e l'uomo deve entrare in contatto con la natura come custode intelligente e nobile, e non come sfruttatore senza scrupoli (cfr. RH 15). Questo sarà possibile solamente se il progresso scientifico e tecnico è accompagnato da una crescita nei valori etici e morali.

Dinanzi a questo grave problema dell'umanità di oggi, da questo angolo sud del continente americano e di fronte agli illimitati spazi dell'Antartide, lancio un appello a tutti i responsabili del nostro pianeta perché proteggano e conservino la natura creata da Dio: non permettiamo che il nostro mondo sia una terra sempre più degradata e degradante; impegniamoci tutti nel conservarla e perfezionarla per la gloria di Dio e il bene dell'uomo.

Faccio voti perché lo spirito di solidarietà che regna oggi nel territorio antartico - nel quadro delle norme internazionali vigenti - ispiri anche nel futuro le iniziative dell'uomo nel sesto continente.

In questa fertile ora in cui è stata innalzata di nuovo la maestosa Croce dei Mari nel Capo Froward, rivolgo la mia preghiera al Signore perché questo segno cristiano per eccellenza sia impegno ed invito a lodare il Creatore per la bellezza delle sue terre e dei suoi mari.


8. Oggi, amati figli, alla soglia del V centenario dell'evangelizzazione dell'America, la Chiesa vi chiede un particolare impegno nell'opera di riconciliazione e pacificazione: con Dio, con il fratello, con tutta la natura; che i cristiani e tutti gli uomini di buona volontà si chiedano nell'intimo della loro coscienza, se trattano gli altri come vorrebbero essere trattati; se allontanano dal loro cuore e dalla loro mente ogni tentazione di aggressività e violenza; se hanno accolto come programma di vita la compassione verso colui che sbaglia, la solidarietà con il bisognoso, l'atteggiamento di servizio che genera unità e spirito di famiglia.

Tutti questi sono valori evangelici, principi cristiani che, se attecchiscono nella società e negli individui, sono capaci di trasformarli e dare come frutto maturo la desiderata pace e concordia tra tutti i Cileni, gli Argentini, i Latinoamericani.

Nella parola di Cristo, che è parola del Padre che lo ha inviato (cfr. Jn 14,24), e che risuona costantemente nei nostri cuori per la forza dello Spirito Santo, abbiamo il messaggio di salvezza: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace" (Jn 14,27).

Miei amati Cileni e Cilene, cattolici della Patagonia, Maria Ausiliatrice la cui immagine stiamo per incoronare, è la Madre e Regina di questo nobile popolo; è la Madre di tutti gli uomini e la Regina del mondo. A lei affidiamo i nostri propositi di pace e di concordia.

Santa Maria, Regina della pace: ottienici da tuo Figlio Gesù una pace duratura per tutti gli uomini! Te lo chiediamo dai confini della terra. Ascolta, Signore, la nostra preghiera! Amen

1987-04-04 Data estesa: Sabato 4 Aprile 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Omelia della Messa per la beatificazione della religiosa cilena - Parco "O' Higgins" di Santiago (Cile)