GPII 1987 Insegnamenti - Commovente incontro con gli ammalati - Cattedrale di Cordoba (Argentina)

Commovente incontro con gli ammalati - Cattedrale di Cordoba (Argentina)

Titolo: Il cristiano ha la gioia di sapere che sulla croce ogni sofferenza acquista un valore redentore

Testo:

Amatissimi fratelli e sorelle.


1. Racconta l'evangelista san Marco che un giorno, quando Gesù percorreva la contrada di Genesaret, "cominciarono a portargli sui lettucci gli ammalati, dovunque udivano che si trovasse" (Mc 6,55).

Il Papa ha desiderato venire tra voi per dirvi che Cristo, sempre vicino a coloro che soffrono, vi chiama accanto a sé. Ancora di più: per dirvi che siete chiamati ad essere "altri Cristo" e a partecipare alla sua missione redentrice. E che cosa è la santità se non imitare Cristo, identificarsi con lui? Coloro che si accostano alla sofferenza con una visione meramente umana, non possono comprendere il suo significato e facilmente possono cadere nello sconforto; tutt'al più possono giungere ad accettarla con una triste rassegnazione di fronte all'inevitabile. Noi cristiani, al contrario, istruiti nella fede, sappiamo che la sofferenza può trasformarsi - se l'offriamo a Dio - in uno strumento di salvezza, e in cammino di santità, che ci aiuta a raggiungere il cielo. Per un cristiano, il dolore non è motivo di tristezza, ma di gioia: la gioia di sapere che sulla croce di Cristo ogni sofferenza ha un valore redentore.

Anche oggi il Signore ci invita dicendo: "Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorero" (Mt 11,28). Rivolgete, pertanto, a lui il vostro sguardo, con la sicura speranza che egli vi darà sollievo, che in lui troverete consolazione. Non abbiate timore nel manifestargli le vostre sofferenze, e talvolta anche la vostra solitudine; offritegli quest'insieme di piccole, e spesso, grandi croci di ogni giorno, e così - anche se tante volte vi possono sembrare insopportabili - non vi peseranno, poiché sarà lo stesso Cristo che le porterà per voi: "Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori" (Is 53,4).

Seguendo Cristo in questo cammino, sentirete la gioia intima di compiere la volontà di Dio. Una gioia che è compatibile con il dolore; perché è la gioia dei figli di Dio, che si sanno chiamati a seguire molto da vicino Gesù nel suo cammino verso il Golgota.


2. Sappiamo bene - grazie alla rivelazione divina - che il dolore e la sofferenza sono uniti inseparabilmente alla condizione umana fin dal peccato dei nostri progenitori (cfr. Gn 3,17-19). Senza dubbio, questo dolore e questa sofferenza hanno un valore di redenzione, essendo stati assunti da Cristo, che "umilio se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Ph 2,8). Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, volle riscattarci dal peccato, dal dolore e dalla morte. perciò soffri una passione cruenta, che culmino con la donazione della sua vita sulla croce, alla quale segui la sua gloriosa resurrezione, compiendo in tal modo la redenzione del genere umano. In questo tempo di Quaresima, con particolare intensità nella Settimana Santa, ci prepariamo a rivivere questi misteri della nostra redenzione.

In questa redenzione, compiuta da Gesù Cristo, voi avete un ruolo di prim'ordine, poiché -come dice san Paolo - completate nella vostra carne quello che manca alla passione di Cristo (cfr. Col 1,24). La redenzione che Cristo ci guadagno una volta per sempre, continua ad applicarsi agli uomini, attraverso i secoli, per mezzo della Chiesa, che si appoggia in modo speciale sul dolore e sulla sofferenza dei cristiani, che sono altri Cristo! 3. La Chiesa, come buona madre, vi porta nel suo cuore; contempla in voi il dolce volto di Cristo sofferente. Prega costantemente per voi, perché il letto di dolore nel quale vi trovate, si trasformi in altare dove vi offrite a Cristo, per la sua gloria e per la salvezza del mondo intero.

Questo amore sollecito di Cristo e della Chiesa verso di voi si esprime anche con tutto il suo potere, nel sacramento dell'unzione dei malati. Quanta forza troverete in esso! Questa unzione vi aiuterà a sopportare il dolore; vi sosterrà per cadere nell'angustia che molte volte accompagna la malattia; se è conforme ai disegni di Dio, vi darà la salute corporale ma soprattutto, vi darà la salute dell'anima, facendovi sentire la presenza del Signore e disponendovi - quando lui lo voglia - ad andare alla casa del Padre, con la serenità e la gioia che caratterizzano i buoni figli.


4. Non posso dimenticare tutti voi che assistete i fratelli che soffrono; non con semplice altruismo ma mossi dalla carità per la quale lo stesso Cristo vi ringrazierà nel giorno del giudizio quando vi dirà: "fui malato e mi avete visitato" (Mt 25,36), perché "ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40).

Pertanto familiari, medici, infermieri, assistenti, religiosi e religiose infermieri, e quanti prestate questo servizio siate consapevoli del grande compito che Dio vi affida. I malati che dipendono da noi hanno bisogno di voi e sperano nella vostra assistenza. Dio ricompenserà, con abbondanza, l'eroismo con cui tante volte curate questi vostri fratelli.


5. E' di fondamentale importanza l'azione pastorale che i sacerdoti devono compiere tra i malati. Nessun sacerdote può ritenersi esonerato da questo obbligo.

In particolare, coloro a cui è stata affidata la cura delle anime devono trovare in questa attenzione, uno dei compiti ministeriali più ambiti dalla loro sollecitudine di pastori.

Una vera comunità cristiana non abbandona mai i più bisognosi ed i più deboli, ma rivolge loro un'attenzione prioritaria. Nello spirito del vostro popolo, esistono sentimenti di nobiltà e di solidarietà, radicati nella vostra fede cristiana: continuate a lavorare intensamente perché questi sentimenti si conservino e si rinnovino.

So che, come frutto di una iniziativa sorta in questa città di Cordoba, è stato istituito il primo servizio sacerdotale di "pronto intervento".

Ogni notte, sacerdoti e laici in vigilante attesa, si mobilitano per rispondere alla chiamata di Cristo che giunge attraverso i suoi malati.

So anche che questo splendido esempio si è diffuso in numerose diocesi dell'Argentina. Sono molto contento, e vi incoraggio a continuare in questo sforzo apostolico che rende visibile la sollecitudine della Chiesa, che veglia giorno e notte per i suoi figli più bisognosi.


6. Miei amati fratelli e sorelle, è sempre unita a voi Maria, così come rimase ai piedi della croce di Gesù.

Rivolgetevi a lei raccontandole i vostri dolori. La mano e lo sguardo materno della Vergine vi daranno sollievo e vi consoleranno, come solo lei sa farlo.

Quando recitate il santo rosario, ponete un accento speciale sulla invocazione della litania: "Salute degli infermi, prega per noi".

Nella santa Messa che celebrero oggi, raccomandero tutti al Signore e specialmente voi, cari malati; sull'altare, insieme a Cristo offerta, staranno i vostri dolori. Ed ora vi imparto di cuore una particolare benedizione apostolica, mentre mi affido alle vostre preghiere, rese più efficaci dal vostro dolore.

Nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

1987-04-08 Data estesa: Mercoledi 8 Aprile 1987




Omelia alla Messa celebrata nell'area industriale di Cordoba - Argentina

Titolo: L'amore matrimoniale è autentico quando si conferma nelle prove della vita

Testo:

1. "L'amore è da Dio" (1Jn 4,7).

Il tempo della Quaresima continua ad invitarci, in modo insistente, a meditare su questa verità: l'amore che procede da Dio. E' questa una realtà viva e attuale che non dobbiamo mai dimenticare, ancor meno quando ci stiamo avvicinando alla Settimana Santa e alla Pasqua.

Questo amore che procede da Dio, l'amore dello stesso Dio Padre verso di noi, gli uomini, si è manifestato soprattutto "ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui" (1Jn 4,9); e lo invio "come vittima di espiazione per i nostri peccati" (1Jn 4,10).

Ci troviamo di fronte ad un ineffabile mistero divino. La croce di Cristo sul Calvario, la sua passione e morte in offerta e sacrificio per l'umanità peccatrice rivelano, all'uomo e al mondo, l'amore di Dio. Lo rivelano pienamente perché "nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13), ed è lo stesso Figlio unigenito di Dio, Gesù Cristo, colui che dà la vita per gli uomini. Il mistero pasquale diventa - come l'ultima e definitiva parola della rivelazione di Dio, che è amore. Egli stesso ci amo per primo: non siamo stati noi ad amarlo, ma lui che ha amato noi. Questo mistero dell'amore divino, che ci è stato rivelato in Cristo, rimane irrevocabilmente nella storia dell'uomo. Nessuno lo può sradicare o eliminare.


2. "L'amore proviene da Dio". Alla luce di questa verità di salvezza, do il benvenuto e saluto tutte le famiglie qui riunite. Non soltanto di questa grande città, Cordoba, ma anche di tutta l'Argentina. Come Vescovo di Roma e successore di Pietro, compio oggi il mio servizio pastorale, pregando per la famiglia insieme di voi, cari fratelli e sorelle: mariti e mogli, padri e figli, tutti voi che realizzate nella famiglia la vostra vocazione umana e cristiana.

Svolgo questo straordinario servizio, in presenza dei pastori della Chiesa qui a Cordoba, e in tutta l'Argentina. A voi tutti vada personalmente il mio saluto, in modo particolare al vostro Arcivescovo, il Cardinale Raul Primatesta. Con lo stesso affetto saluto anche i sacerdoti, le religiose e i religiosi, e tutti i fedeli che con tanto entusiasmo si dedicano, nel nome di Cristo, alla diffusione nelle famiglie di questa grande verità: l'amore è da Dio.

Che grande missione è la vostra, padri e madri di famiglia! Non dimenticatelo mai: "L'avvenire dell'umanità passa attraverso la famiglia!" (FC 86).

Il Papa è venuto per chiedervi, nel nome di Dio, un particolare impegno: considerare con sommo interesse la realtà del matrimonio e della famiglia in questo tempo di prova e di grazia; perché "il matrimonio non è quindi effetto del caso o prodotto della evoluzione di inconsce forze naturali: è una sapiente istituzione del Creatore per realizzare nell'umanità il suo disegno di amore" (HV 8).

Ricordandovi queste verità non faccio altro che sottolineare ciò che è stata costante tradizione di questa cara terra argentina e che senza alcun dubbio - costituisce uno dei fondamenti più solidi che hanno fatto della vostra, una grande nazione.


3. "L'amore e da Dio".

L'uomo e la donna dovranno essere particolarmente coscienti di questa grande verità di fede, che animerà la vita familiare, quando, avvicinandosi all'altare, pronunciano le parole contenute nel rituale del sacramento del matrimonio: "Io... prendo te... come sposa (o mio sposo) e prometto di esserti fedele sempre nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita" ("Ordo celebrandi matrimonium", 25).

Tutto questo costituisce il contenuto del patto matrimoniale, mediante il quale assume significato e si realizza il sacramento del matrimonio, sacramento grande riferito a Cristo e alla Chiesa, come leggiamo nella Lettera agli Efesini (cfr. Ep 5,32).

Allo stesso tempo, questa alleanza sacramentale, sottoscrive il programma e i doveri che gli sposi si assumono per tutta la vita. Ognuna delle sue parole descrive, molto concretamente, come è e come deve essere, l'amore che li unisce al cospetto di Dio: alla presenza di questo Dio "che ci amo per primo", e che è la fonte e il principio di ogni vero amore.

In questo programma di vita che contiene il patto coniugale, si mette in rilievo con chiarezza che il vero amore non esiste se non è fedele. E non può esistere, se non è onesto. E nemmeno si dona - nella concreta vocazione del matrimonio - se non comprende un impegno pieno che duri fino alla morte. Solo un matrimonio indissolubile sarà appoggio fermo e duraturo per la comunità familiare, che si basa proprio sul matrimonio.

Nella liturgia del sacramento si domanda anche: "Siete disposti ad accogliere responsabilmente e con amore i figli che Dio vorrà donarvi, e ad educarli secondo la legge di Cristo e della sua Chiesa?" ("Ordo celebrandi matrimonium", 24). Con esso si completano le principali caratteristiche dell'amore matrimoniale che per la sua stessa natura per volontà di Dio autore del matrimonio, è chiamato ad essere umano e cristianamente fecondo, aperto alla vita.

Care famiglie: l'amore, che procede da Dio Padre, che si manifesta pienamente nel mistero pasquale di Cristo e che lo Spirito Santo diffonde in noi, è "protezione potente e sostegno di forza" (Si 34,16) per il compimento di questo programma e di questi doveri; perché "l'autentico amore coniugale è assunto nell'amore divino ed è sostenuto e arricchito dalla forza redentiva del Cristo e dalla azione salvifica della Chiesa, perché i coniugi, in maniera efficace, siano condotti a Dio e siano aiutati e rafforzati nella sublime missione di padre e madre" (GS 48). Grazie a questo sicuro sostegno troviamo, nel nostro mondo, numerosi aspetti positivi nella situazione delle famiglie, che sono segno della salvezza di Cristo operante nelle nostre vite.

Tuttavia non mancano segni di preoccupante degrado, rispetto ad alcuni valori fondamentali del matrimonio e della famiglia. "Alla radice di questi fenomeni negativi sta spesso una corruzione dell'idea e dell'esperienza della libertà, concepita non come la capacità di realizzare la verità del progetto di Dio sul matrimonio e la famiglia, ma come autonoma forza di affermazione, non di rado contro gli altri, per il proprio egoistico benessere" (FC 6).

Noi sappiamo, certamente di colui che "ama e conosce Dio" (cfr. 1Jn 4,7), che non esiste un'autentica libertà quando questa si contrappone all'amore ed alle sue esigenze; che non esiste vero rispetto per le persone, se si contraddice il disegno divino sugli uomini.

Opponetevi, dunque, risolutamente, con la vostra parola e con il vostro esempio, a qualsiasi intento di deteriorare il genuino amore matrimoniale e familiare. Proprio perché il mondo sta vivendo momenti di oscurità e di disordine riguardo la famiglia, dobbiamo pensare, cari figli, che questo è un momento propizio: il Signore ha avuto fiducia in voi, e, anche se in mezzo alle difficoltà, vi ha destinato ad essere testimoni del suo amore per gli uomini, dal quale deriva ogni vero amore coniugale.

"Chi teme il Signore non ha paura di nulla, e non teme perché egli è la sua speranza" (Si 34,14). Combattete, con impegno e coraggio, le battaglie dell'amore. Una lotta che deve iniziare in voi stessi e nelle vostre famiglie, per eliminare egoismi e incomprensioni; una lotta che cerca di soffocare il male con abbondanza del bene (cfr. Rm 12,17).


4. L'amore matrimoniale è certamente un grande dono nel quale due esseri umani, uomo e donna si donano reciprocamente per vivere uno per l'altra: per se stessi e per la famiglia. Conseguentemente, questo dono è il ringraziare il Signore, essendone coscienti e conservandolo nel cuore.

Nello stesso tempo, l'amore - proprio perché presuppone la totale donazione di una persona all'altra - è contemporaneamente un grande dovere e un grande impegno. E l'amore coniugale lo è in un modo particolare. così, l'unione matrimoniale e la stabilità familiare comportano l'impegno, non solo di mantenere, ma anche di accrescere costantemente l'amore e la reciproca donazione. Coloro che pensano che nel matrimonio sia sufficiente un amore vissuto stancamente si sbagliano; è vero invece il contrario: le coppie hanno l'importante dovere - contratto nel fidanzamento - di far crescere continuamente questo amore coniugale e familiare.

Ci sono persone che negano, e addirittura ridicolizzano, l'idea di un patto fedele per tutta la vita.

Queste persone - potete esserne certi - purtroppo non sanno ciò che significa amare: colui che non si decide ad amare per sempre, è difficile che possa amare sinceramente un solo giorno. L'amore vero - a somiglianza di Cristo - presuppone totale donazione, non egoismo; cerca sempre il bene dell'amato, non la propria soddisfazione egoistica.

Non ammettere che l'amore coniugale può e deve durare fino alla morte, significa negare la capacità di autodonazione totale e definitiva; equivale a negare ciò che è più profondamente umano: la libertà e la spiritualità. Non riconoscere queste realtà umane significa contribuire a scalzare i fondamenti della società; perché, in questa ipotesi, si dovrebbe continuare ad esigere dall'uomo la lealtà alla patria, agli impegni di lavoro, all'adempimento delle leggi e contratti? Non ci sarebbe niente di strano che la diffusione del divorzio in una società sia accompagnata da una diminuzione della moralità pubblica in tutti i settori.

Cari Argentini, l'amore, che è allo stesso tempo un grande dono e un grande impegno, vi darà la forza per essere fedeli e leali fino alla fine.


5. Il Vangelo proclamato ricorda il comandamento dell'amore: "Amerai il Signore tuo Dio... Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: amerai il prossimo tuo come te stesso" (Mt 22,37-39). L'amore per il prossimo traduce una necessità del cuore umano, e riflette anche la coscienza di un dono; ma questo amore è anche, come abbiamo visto, il contenuto di un mandato: comporta un dovere ed una responsabilità, che ha un particolare rilievo nella famiglia, poiché tra tutte le persone alle quali si riferisce il concetto evangelico di "prossimo", ci sono, prima di tutto, quelle che sono unite dal vincolo matrimoniale e familiare.

In questo senso, è significativo che le letture della liturgia parlino allo stesso tempo, di amore e di "timore", del timore di Dio. Non si tratta certamente di un timore che spaventa e impedisce la propria libertà; ma è un timore filiale che nasce dall'amore e cerca di non offendere e, anzi, cerca di compiacere Dio Padre nostro; è, pertanto, un timore salvifico che nasce dalla coscienza del bene e del valore, e che si manifesta proprio con un atteggiamento di responsabilità.

Nelle stesse relazioni umane e, più concretamente, in quelle familiari, sono uniti questo amore reciproco e questa mutua responsabilità. Responsabilità del marito verso la moglie e della moglie verso il marito. Responsabilità dei genitori per i figli, e anche dei figli per i genitori.

Grande responsabilità, proprio perché nasce con l'amore e ha come missione di metterlo alla prova e di confermarlo. La vita ci insegna, infatti, che l'amore - l'amore matrimoniale - è pietra di paragone di tutta la vita. Esso è grande e autentico non solo quando appare facile e gradevole, ma soprattutto quando si conferma nelle prove della vita, così come l'oro che si saggia con il fuoco. Chi pensa che, al sopraggiungere delle difficoltà, l'amore e la gioia si spengono, ha un concetto molto ristretto dell'amore umano e coniugale; è proprio qui che i sentimenti che animano le persone rivelano la loro vera consistenza, è qui che si consolidano la donazione e la tenerezza, perché il vero amore non pensa a se stesso, ma a come accrescere il bene della persona amata, la sua gioia più grande consiste nella felicità degli esseri amati.

Ogni famiglia cristiana deve essere come un'oasi di serenità nella quale, al di sopra delle piccole disavventure quotidiane, si avverta un affetto profondo e sincero, una grande tranquillità, frutto dell'amore e di una fede reale e viva.


6. Permettetemi, cari cittadini di Cordoba e Argentini tutti, di proporvi il modello della Sacra Famiglia. La famiglia di Nazaret, mostra precisamente come gli obblighi familiari, anche se piccoli e comuni, sono luogo di incontro con Dio. Non trascurate, pertanto, queste relazioni familiari e queste occupazioni: se una persona dimostra un grande interesse per i problemi del lavoro, della società, della politica, e trascura quelli della famiglia, si potrebbe dire che ha alterato la sua scala dei valori.

Il tempo che viene impiegato meglio è quello che viene dedicato alla sposa, allo sposo, ai figli. Il miglior sacrificio è la rinuncia a tutto quello che potrebbe rendere la vita di famiglia meno piacevole. Il compito più importante che avete nelle vostre mani è quello di impegnarvi affinché, l'amore dentro la vostra casa, fruttifichi ogni giorno con maggiore intensità.

La lettura del Libro dell'Ecclesiastico ricordava: "Beata l'anima di chi teme il Signore" (34,15). E il salmista insiste: "Beato l'uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie" (Ps 127/128,1). Beato il cristiano che lavora e si sforza per la sua salvezza con timore e trepidazione (cfr. Ph 3,12).

Beato il coniuge che accetta con il timore di Dio il grande dono dell'amore dell'altro coniuge, e lo corrisponde. Beata la coppia la cui unione matrimoniale è contraddistinta da una profonda responsabilità per il dono della vita, che ha il suo principio in questa unione.

Questa è veramente un grande mistero e una grande responsabilità: dare la vita a nuovi esseri "fatti ad immagine e somiglianza di Dio".

E' quindi necessario, di conseguenza, che il timore salvifico di Dio, porti a far durare, l'autentico amore degli sposi, "tutti i giorni della loro vita". E' necessario anche che porti frutto mediante una procreazione responsabile, secondo il volere di Dio.

L'amore responsabile, proprio del matrimonio, rivela anche che la donazione coniugale, per essere totale, compromette tutta la sua persona: corpo e anima. Per questo, la relazione matrimoniale non sarebbe autentica, ma sarebbe una convergenza di egoismi, se si trascurasse l'aspetto spirituale e religioso dell'uomo. In questa relazione, pertanto, non potete dimenticarvi di Dio, né opporvi alla sua volontà, chiudendo, artificialmente, le fonti della vita.

L'atteggiamento di rifiuto della vita, che è lontano dalle vostre genuine tradizioni, costituisce una grave alterazione della vita coniugale. Viene infatti messo in rilievo nell'esortazione apostolica "Familiaris Consortio": "E' proprio movendo dalla "visione integrale dell'uomo e della sua vocazione, non solo naturale e terrena, ma anche soprannaturale ed eterna" che Paolo VI ha affermato che la dottrina della Chiesa "è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo". Ed ha concluso ribadendo che è da escludere come intrinsecamente disonesta "ogni azione che, o in previsione dell'atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di rendere impossibile la procreazione" (FC 32).

Come insegna il Concilio Vaticano II, ricordate anche che "i genitori, poiché han trasmesso la vita ai figli, hanno l'obbligo gravissimo di educare la prole: vanno pertanto considerati come i primi e i principali educatori di essa.

Questa loro funzione educativa è tanto importante che, se manca, può difficilmente essere supplita. Tocca infatti ai genitori creare in seno alla famiglia quell'atmosfera vivificata dall'amore e dalla pietà verso Dio e verso gli uomini, che favorisce l'educazione completa dei figli in senso personale e sociale. La famiglia à dunque la prima scuola" (GE 3).

Questo obbligo e questo diritto dei genitori, "originale e primario, rispetto al compito educativo di altri" (FC 36) non si limita solo all'educazione domestica, che spetta loro necessariamente: si estende anche alla libertà di cui devono godere per scegliere le scuole dove educare i propri figli, senza essere colpiti da impedimenti amministrativi ed economici da parte dello Stato; al contrario, la società deve permettere facilitazioni perché questa libera scelta possa essere realizzata con efficacia" ("Carta dei Diritti della Famiglia", 22.10.1983).


7. Poiché la famiglia è la cellula base, sia della società civile come di quella ecclesiale, la forza della vita familiare riveste particolare importanza per lo Stato e per la Chiesa. Le due dimensioni, anche se distinte, sono unite intimamente, e spiegano esse stesse le attenzioni che la Chiesa e lo Stato devono fornire per il benessere familiare! Nella esortazione apostolica "Familiaris Consortio" si chiede alle comunità ecclesiali: "Bisogna fare ogni sforzo perché la pastorale della famiglia si affermi e si sviluppi, dedicandosi a un settore veramente prioritario, con la certezza che l'evangelizzazione, in futuro, dipende in gran parte dalla Chiesa domestica" (FC 65). So che i vostri pastori, cari figli di Argentina, stanno elaborando un piano di pastorale familiare: ringraziateli per questo sforzo e chiedete al Signore che la sua applicazione dia i frutti che Dio e la Chiesa si aspettano da voi.

Incoraggio caldamente gli operatori della pastorale familiare - sacerdoti, religiosi, catechisti, ecc - affinché siano coscienti dell'importanza del loro compito; che sappiano insegnare e aiutino a portare a compimento il progetto cristiano della vita familiare, che non si lascino coinvolgere da mode passeggere contrarie al disegno divino sul matrimonio; che realizzino una grande opera apostolica per ottenere una seria e responsabile preparazione e celebrazione di questo "grande sacramento", segno dell'amore e dell'unione di Cristo con la sua Chiesa.


8. Tutto ciò, mostra l'importanza del nostro incontro e il valore di questa grande preghiera con le famiglie e per le famiglie di tutta l'Argentina.

Ci troviamo alla presenza di Cristo nel suo mistero pasquale, dove si è manifestato pienamente l'amore di Dio per l'essere umano: per l'uomo e per la donna, per ogni matrimonio, per tutte le famiglie.

"E' lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati" (1Jn 4,10). E il Figlio, Cristo, ci ha amati con amore di redenzione, e insieme, sponsale. Questo amore rimane, come un suo dono per ogni matrimonio e per ogni famiglia, nel "grande sacramento" della Chiesa.

Sposi e genitori argentini! Amatevi con amore reciproco! Invocate l'intercessione di Maria santissima e quella del suo sposo san Giuseppe perché la grazia del sacramento del matrimonio rimanga in voi, e dia frutto con l'amore che è in Dio! E che Dio vi guidi! così sia.

1987-04-08 Data estesa: Mercoledi 8 Aprile 1987




Omelia durante la celebrazione della Parola nell'aeroporto di Tucuman

Titolo: L'amore per la patria costituisce una manifestazione dell'amore cristiano

Testo:

1. "Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi" (Rm 8,18). Con queste parole, san Paolo invitava i cristiani di Roma a levare lo sguardo al di sopra delle difficili circostanze che allora stavano attraversando, e a percepire la insondabile grandezza della nostra filiazione divina, che è presente in noi, anche se non si è ancora manifestata nella sua pienezza (cfr. 1Jn 3,2). E' un bene di tale immensità che tutta la creazione "geme e soffre" anelando di partecipare alla "gloria della libertà dei figli di Dio", quella "che dovrà essere rivelata in noi" (Rm 8,18 Rm 8,


21-22). Dietro queste rotte ispirate dall'Apostolo, il successore di Pietro è venuto alla terra tucumana per lodare con voi la misericordia di Dio Padre che ha voluto "chiamarci figli di Dio, e lo siamo realmente" (1Jn 3,1).

Lo facciamo qui, in questa città di san Michele di Tucuman, che chiamate Culla dell'Indipendenza, perché avete iniziato qui il vostro cammino nella storia come nazione indipendente. Da allora, voi abitanti del Nord argentino vi sentite specialmente legati a questo luogo; e avete coltivato un profondo amore alla vostra patria, sentendo inoltre la responsabilità di custodire la libertà e la tradizione culturale dell'Argentina. Nel cristiano questi nobili sentimenti si radicano nel dono della filiazione divina, e li trovano anche il loro fondamento, il loro significato e la loro misura. E' pertanto molto opportuno che ci riuniamo qui per ringraziare Dio Padre, noi che ci chiamiamo figli di Dio e lo siamo realmente; e la nostra azione di ringraziamento va unita alla nostra preghiera perché tutto nella nostra vita si renda conforme a questa verità essenziale: siamo figli di Dio! 2. In questo contesto, saluto le autorità qui presenti e le ringrazio per la loro presenza a questa celebrazione. La responsabilità politica acquista una nuova vitalità quando ciascuno tiene conto che è figlio di Dio, il che lo porterà a imitare la provvidenza e la bontà di Dio Padre, e pertanto a realizzare iniziative sempre più larghe e generose in favore di tutti.

Saluto con tutto il mio affetto i fratelli nell'episcopato; innanzitutto, l'Arcivescovo di Tucuman, così come i Vescovi delle diocesi suffraganee: Santiago del Estero, Santissima Concezione e Anatuya. E con loro saluto anche tutti i sacerdoti e le religiose e i religiosi qui presenti. In modo speciale il mio saluto si rivolge a tutti i seminaristi. So che c'è stato ultimamente un fiorire di vocazioni tra voi; e ciò ha spinto il vostro Arcivescovo a costruire un nuovo edificio per il Seminario, che è stato recentemente portato a termine. Esorto tutti voi a consolidare nella mente e nel cuore l'ansia di servire Cristo, collaborando con lui nel condurre "molti figli alla gloria" (He 2,10).

Saluto tutti i Tucumani e Santiaghegni che hanno voluto partecipare a questa celebrazione liturgica.

Siate degni eredi di quegli uomini e donne che vi portarono il seme della fede. Ringraziamo Dio perché la loro predicazione e la loro testimonianza ha attecchito profondamente tra voi, ispirando cristianamente la vostra vita individuale e sociale. Dovete sentire il sano orgoglio della vostra fede cristiana, della vostra condizione di figli della Chiesa cattolica e di figli di Dio.


3. La nostra condizione di figli adottivi di Dio è opera dell'azione salvifica di Cristo e si verifica in ciascuno attraverso la comunicazione dello Spirito Santo.

E', pertanto, una realtà che ha le sue radici nel mistero centrale della nostra fede: la Santissima Trinità (cfr. "Dominum et Vvivificantem", 52).

Per altro verso, la filiazione divina interessa la nostra persona nella sua totalità, tutto ciò che siamo e facciamo, tutte le dimensioni della nostra esistenza; e, allo stesso tempo, incide, in modo specifico, sulle realtà in cui si dispiega la vita degli uomini, vale a dire tutto l'universo creato.

In questa prospettiva troviamo lo stile di vita che dobbiamo condurre, affinché tutte le nostre opere siano conformi alla nostra condizione di figli di Dio. San Paolo, infatti, insegna che la predestinazione di figli ha avuto luogo "affinché fossimo santi e immacolati al suo cospetto" (Ep 1,4); e, per conseguenza "conformi all'immagine del Figlio suo" (Rm 8,29). La filiazione divina è, pertanto, una chiamata universale alla santità; e ci indica inoltre che questa santità deve configurarsi secondo il modello del Figlio diletto, in cui il Padre si è compiaciuto (cfr. Mt 17,5).

Ci troviamo allora nel cuore dei misteri della nostra fede. In questa prospettiva vi invito ora a riflettere con me su due caratteristiche fondamentali di questa filiazione divina: la libertà e la pietà.


4. Nel linguaggio biblico, i concetti di libertà e di pietà appaiono intimamente legati. La libertà, infatti, è la condizione propria dei figli; opposta alla schiavitù dei servi. La differenza fra gli uni e gli altri stava nel fatto che i figli partecipavano all'eredità del loro padre vale a dire ai loro beni e possedimenti. Ciò permetteva loro di vivere nella libertà e nella dignità, senza essere soggetti ad altri uomini per poter sopravvivere.

E' logico, allora, che i figli riconoscessero nel padre non solo l'origine della propria esistenza, ma anche della propria libertà e dignità; sentendosi inoltre impegnati a onorarli nella maniera dovuta, e a conservare il patrimonio paterno. E per l'appunto questo onore tributato ai padri, insieme con la fedeltà all'eredità, costituisce la pietà, una virtù che è fondamento dell'amore filiale e racchiude il riconoscimento e la gratitudine verso i padri, insieme con l'obbedienza alle loro indicazioni.

Riferito alle relazioni fra Dio e il suo popolo, tutto ciò acquistava in Israele un significato trascendente. Essere liberi significava prima di tutto non essere schiavizzati dal peccato, non servire divinità estranee o idoli di qualsivoglia forma, compreso il proprio io. E, in positivo, significava la santità; vale a dire la completa dedizione al culto e alla venerazione di Dio. La libertà si basava sul possesso della terra che Dio promise e consegno agli Ebrei; e anche sulla promessa di una "eredità che non si corrompe, che non si macchia e non marcisce, perennemente fresca" (1P 1,4), che sarebbe divenuta realtà mediante l'avvento del Messia. Donde la pietà dei figli consisteva nella fedeltà a Dio e nella obbedienza ai suoi precetti e comandi.

Tutto ciò, tuttavia, fu una prefigurazione della libertà di figli di Dio, che Cristo ottenne per noi. "Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero" (Jn 8,36), aveva detto Gesù agli Ebrei che allora "avevano creduto in lui" (Jn 8,31). E la stessa cosa dice Gesù oggi a tutti noi; e io stesso lo ripeto a tutti gli Argentini da questa carissima città di Tucuman: "Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero!".


5. Vorrei, ora, che rapportaste queste realtà all'esperienza storica della vostra patria. Dalla sua nascita come nazione, che fu sancita nella casa di Tucuman, l'Argentina è andata avanti guidata da questo istinto sicuro che collega strettamente la libertà della sua gente alla fedeltà a questo retaggio, costituito dalle vostre terre, dal vostro patrimonio, dalle vostre nobili tradizioni.

Inoltre, tutta la cultura che la Spagna promosse in America fu impregnata di principi e sentimenti cristiani, formando uno stile di vita ispirato a ideali di giustizia, di fraternità e di amore. Tutto ciò ebbe molte e felici realizzazioni nelle attività teologica, giuridica, educativa e di promozione sociale. L'uomo del nord argentino si abbevero a queste fonti spirituali e perfino le diverse vicende storiche del paese che sorgeva, indussero non pochi dei vostri grandi predecessori a porre nelle mani di Dio e della Vergine il destino che allora si mostrava incerto per il vostro popolo.

Ora vi trovate di fronte a una nuova tappa del vostro cammino nella storia. Dovete percepire la necessità di conseguire una autentica riconciliazione fra tutti gli Argentini, una maggiore solidarietà, una effettiva partecipazione di tutti ai progetti comuni. E' realmente una missione grande e nobile quella che avete davanti a voi! Ma, al di là delle iniziative concrete che dovete promuovere e che sono di vostra competenza, il Papa vuole ricordarvi - in piena consonanza con la vostra stessa esperienza storica - le parole del salmista che abbiamo recitato, meditandole, pochi momenti fa, e che ci inducono a porre lo sguardo e la speranza in Dio: "Se il Signore non costruisce la casa, / invano vi faticano i costruttori; / se il Signore non custodisce la città, / invano veglia il custode" (Ps 127/128,1).

Argentine e Argentini, comportatevi in conformità con la "libertà con la quale Dio ci libero" (Ga 5,1), che fornisce il senso, la misura e la consistenza a qualunque altra forma di libertà di dignità umane, e così amerete la vostra patria e la servirete con generosa dedizione.


6. La libertà che ci ha dato Cristo ci libera, come insegna san Paolo, dalla schiavitù degli "elementi del mondo" (Ga 4,3); vale a dire dalla erronea scelta dell'uomo che lo porta a servire e a farsi schiavo di "divinità che in realtà non lo sono" (Ga 4,8): l'egoismo, l'invidia, la sensualità, l'ingiustizia e il peccato in qualsiasi delle sue manifestazioni.

La libertà cristiana ci conduce a onorare Dio Padre seguendo l'esempio di Cristo, il iglio unigenito che, essendo "uguale a Dio", si fece "simile agli uomini; e nella sua condizione di uomo, umilio se stesso facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce" (Ph 2,6-8). Il Salvatore ci ha redenti obbedendo al Padre per amore, e "fu esaudito per la sua pietà" (He 5,7). Gesù porto a compimento il disegno salvifico del Padre animato dallo Spirito Santo. E questo stesso Spirito, che "Dio ha mandato nei nostri cuori, grida: Abbà" (cfr. Ga 4,6). Questa parola "Abbà" era il nome familiare con il quale un bimbo si rivolgeva a suo padre in lingua ebraica; una parola foneticamente molto somigliante a quella che solete impiegare e con la quale perfino vi rivolgete a Dio Padre, chiamandolo Tata Dios, con tanta venerazione e fiducia.

Per Gesù fare la volontà di Dio era l'alimento della sua esistenza (cfr. Jn 4,34) quello che sosteneva e dava significato al suo comportamento fra gli uomini. E lo stesso deve accadere nella vita dei figli di Dio: dobbiamo concepire la nostra esistenza come un atto di servizio, di obbedienza al disegno libero, amoroso e sovrano del nostro Padre Dio! Facendo ciò che Dio vuole, anche con sacrificio, ci investiamo della libertà, dell'amore della sovranità di Dio.

Comprendete che questo è un compito che ci supera; ma non siamo soli; è lo stesso Spirito che "intercede per noi con gemiti inesprimibili" (Rm 8,26).

Dobbiamo lasciarci guidare dallo Spirito Santo, come si richiede ai figli, e far morire in noi stessi le opere del corpo; non vivere secondo la carne, bensi secondo lo Spirito (cfr. Rm 8,4 Rm 8,13-17), ponendoci a servizio "mediante la carità gli uni degli altri" (Ga 5,13). Le opere della carne si conoscono, dice san Paolo, e menziona, fra le altre: la lussuria, le inimicizie, le risse, le invidie, le ubriachezze (cfr. Ga 5,19-21). I frutti dello Spirito, invece, sono carità, gioia, pace, bontà, mitezza, continenza (cfr. Ga 5,22-23)! E tutto ciò significa libertà. La libertà fu data all'uomo non per fare il male, bensi il bene, per crescere nell'amore. La libertà si realizza attraverso l'amore, l'amore dei nostri fratelli. E' questa la vera libertà: senza questa dimensione, etica, spirituale della libertà, una persona umana non è libera veramente. Rimane sottomessa, rimane schiava delle sue passioni, dei suoi peccati. Non è più libertà questa. Si ha libertà quando la persona umana adempie tutto quello che è il bene, come ci insegna san Paolo: il bene maggiore fra tutti i beni è il bene dell'amore, dell'amore di Dio, dell'amore dei fratelli.


7. Lo stile di vita dei figli di Dio deve informare tutte le dimensioni dell'esistenza umana; e pertanto, anche la vostra stessa identità come cittadini, come Argentini, insieme al vostro comportamento a livello individuale, familiare e sociale.

E' così perché come ci insegna il Concilio Vaticano II, "con l'incarnazione il Figliodi Dio si è unito in certo modo a ogni uomo. Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi in tutto simile a noi fuorchè nel peccato" (cfr. He 4,15) (GS 22)! Tutto il nostro essere e agire di uomini è stato assunto ed esaltato nella persona divina del Figlio di Dio.

Inoltre, Cristo, mediante il dono dello Spirito Santo, ci ha resi partecipi del dominio che egli ha su tutto il creato. A lui obbediscono, "perfino il vento e il mare", come abbiamo constatato nella narrazione del Vangelo di san Marco (4,41), proclamato pochi momenti fa. In lui devono essere ricapitolate tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra (cfr. Ep 1,10); e "quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti" (1Co 15,28)! A voi, cattolici argentini, spetta, pertanto il compito di contribuire a che "il mondo intero si incammini realmente verso Cristo" (AA 2): restaurare, lavorando con tutti gli uomini, l'ordine delle cose temporali e perfezionarlo senza tralasciare, secondo il valore proprio che Dio ha dato, considerati in se stessi, i beni della vita e della famiglia, la cultura, l'economia, le arti e professioni, le istituzioni della comunità politica, le relazioni internazionali, etc. (AA 7). Contate a questo scopo sulla luce e la forza dello Spirito Santo.

Tra le molte considerazioni che qui si potrebbero fare, il Papa vuole riferirsi a una concreta: la pietà nella vita civile, conosciuta nella nostra epoca come amore per la propria patria o patriottismo.

Per un cristiano costituisce una manifestazione, in concreto, dell'amore cristiano; è anche l'osservanza del quarto comandamento, giacché la pietà, nel significato che le andiamo attribuendo include - come ci insegna san Tommaso d'Aquino (II-II 101,3, ad 1) - l'obbligo di onorare i padri, gli avi, la patria. Il Concilio Vaticano II ha lasciato, anche a questo riguardo, un insegnamento luminoso. Dice così: "I cittadini coltivino con magnanimità e lealtà l'amore verso la patria, ma senza ristrettezze di spirito, cioè in modo tale da prendere contemporaneamente sempre in considerazione e volere il bene di tutta la famiglia umana, che è unità con ogni sorta di legami tra razze, popoli e nazioni" (GS 75).

Considerate, dunque, che l'amore a Dio Padre, proiettato sull'amore alla patria, vi deve condurre a sentirvi uniti e solidali con tutti gli uomini. Ripeto: con tutti! Pensate anche che la miglior maniera di conservare la libertà che i vostri padri vi lasciarono si consolida, soprattutto, con l'accrescere quelle virtù - come la tenacia, lo spirito di iniziativa, l'ampiezza di vedute - che contribuiscano a fare della vostra terra un luogo più prospero, fraterno e accogliente.


8. Crescete in Cristo! Amate la patria! Compite i vostri doveri professionali, familiari e di cittadini con competenza e animati dalla vostra condizione di figli adottivi di Dio! So che lo farete. Vedo riflessa nei vostri volti la speranza dell'Argentina che vuole aprirsi a un futuro luminoso e che conta sulla promessa dei giovani, sul lavoro dei suoi uomini e donne, sulle virtù delle sue famiglie, la gioia nei suoi focolari, il fervente desiderio di pace, solidarietà e concordia fra tutti i componenti della grande famiglia argentina.

Affido i vostri nobili aneliti e legittime aspirazioni alla vostra patrona e madre, nostra Signora di Lujan, nostra Signora della Mercede. A ciò la imploro di intercedere presso il Figlio amatissimo, mentre con tutto il mio affetto vi imparto la mia benedizione apostolica.

1987-04-08 Data estesa: Mercoledi 8 Aprile 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Commovente incontro con gli ammalati - Cattedrale di Cordoba (Argentina)