GPII 1987 Insegnamenti - Incontro con la comunità polacca - stadio del "Luna Park" di Buenos Aires (Argentina)

Incontro con la comunità polacca - stadio del "Luna Park" di Buenos Aires (Argentina)

Titolo: Dieci secoli di cultura umanistica e cristiana costituiscono la ricchezza alla quale attingere

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle! "Se è vero che Cristo vi chiama ad agire".

Se è vero che Cristo, vi chiama ad agire, se l'amore vi dà qualche conforto, se lo Spirito Santo vi unisce, se è vero che tra di voi c'è affetto e comprensione (...) abbiate gli stessi sentimenti e un medesimo amore. Siate concordi e unanimi (Ph 2,1-2).

"Comportatevi in modo degno del Vangelo di Cristo" (Ph 1,27).


1. A voi, cari compatrioti, che vivete in terra argentina, rivolgo queste parole che l'apostolo Paolo ha indirizzato alla amata comunità di Filippi, cioè alla prima comunità di credenti in Cristo che l'Apostolo delle genti abbia fondato nel continente europeo.

"Se è vero che Cristo vi chiama ad agire". Il modo condizionale usato da san Paolo è un'espressione voluta e, in un certo senso, paradossale. Infatti non vuole esprimere dubbio, ma la più sicura delle certezze che l'uomo può avere.

Cristo risorto e glorioso - colui che ha compiuto la sua missione messianica e dopo il martirio della croce, compiuto per la nostra salvezza, ha preso il posto nei cieli "alla destra del Padre" - gli è apparso sulla strada per Damasco e in quel momento Saulo è diventato Paolo, il persecutore - l'Apostolo.

Gli abitanti della città di Filippi, che per primi in Europa avevano accolto la testimonianza di Paolo e creduto in Cristo, comprendevano bene le parole della Lettera ed erano coscienti dell'intimo legame con Cristo che è nello stesso tempo la fonte dell'unità interiore tra gli uomini.

Così quell'"invito" di Paolo è un vero conforto e incoraggiamento: una forte conferma del senso della vita umana che sebbene muoia nella morte di Cristo, diventa immortale nella sua resurrezione.


2. Lo stesso "invito", quel conforto e incoraggiamento, rivolgo a voi, cari fratelli e sorelle, che siete convenuti a questo incontro "familiare", e per mezzo di voi anche a tutti quelli chi vi partecipano spiritualmente: alle vostre famiglie, agli amici, alle parrocchie, alle comunità nelle quali vivete e lavorate.

Soffermiamoci sul motivo per cui questo incontro è stato incluso nel programma della mia visita pastorale in America Latina: in Cile e in Argentina, poiché è in questo contesto concreto che rivolgo a voi le parole di san Paolo che è un vero conforto. Questo motivo è il nostro senso comune dell'unità nazionale: ci unisce il fatto di avere la stessa Madre, la stessa nazione, la stessa patria, come si dice - "sangue del sangue e osso dell'osso".

Pertanto ogni incontro con i miei compatrioti -qui, sulle isole del Pacifico o in Europa, in America o in Asia - è per me una grazia particolare, privilegio e dovere.

E' quindi grazia, privilegio e dovere anche questo odierno incontro con voi, e prego Dio affinché esso porti dei frutti abbondanti, rafforzando la vostra unione con Cristo, con la Chiesa e con quei valori particolari che con tanta fatica sono nati e continuano a nascere nella nostra comune patria.


3. Ringrazio di cuore Mons. Szczepan Wesoly, il Rettore della missione cattolica locale e il Presidente dell'unione dei Polacchi in Argentina, i quali con cordiali e semplici parole hanno espresso i sentimenti che voi coltivate nel cuore, e mi hanno presentato la vostra vita che, come pastore della Chiesa universale e vostro compatriota, abbraccio con la mia fervida preghiera.

Cogliendo l'occasione di questa giornata che "il Signore ci ha dato", saluto tutti voi che provenite dalle rive della Vistola, dove, nella storia ultramillenaria del popolo cristiano, è deposta la chiave delle vostre anime, della vostra psiche, del vostro modo di pensare e di agire che non sempre è comprensibile per gli altri.


4. Con il pensiero e la preghiera abbraccio oggi tutti quelli che costretti a cercare il pane e la libertà hanno abbandonato il paese natale e hanno trovato qui una seconda patria. Quelli che per primi, alla fine dell'Ottocento e all'inizio del Novecento si sono stabiliti nella provincia di Misiones, e quelli che dopo la prima guerra mondiale si sono stabiliti nei dintorni della capitale, Buenos Aires.

Oggi sono presenti qui i loro figli e i loro eredi. L'ondata successiva dell'emigrazione ha portato qui i soldati dai fronti occidentali della seconda guerra mondiale e le loro famiglie, che invece di tornare nella patria per la quale avevano versato il sangue, sono approdati in Argentina dove hanno dovuto affondare nuove radici, a volte dibattuti tra sofferenze e nostalgia.

Requiem aeternam ai morti, e grazia e pace di Dio a coloro che continuano ad arrivare.

Abbiate anche voi tutti le stesse aspirazioni, lo stesso amore, siate uniti spiritualmente e comportatevi in modo degno del Vangelo di Cristo.


5. Ogni credente deve vedere e vivere la propria vita nella luce della fede. In questa stessa luce bisogna vedere anche la vostra presenza qui, in Argentina, o nell'America del Sud in generale. Una strana sorte, spesso anche triste, l'esperienza della vostra vita, vi ha guidato in questo grande paese dove avete piantato le vostre tende in mezzo a questo nobile popolo cristiano di cui siete diventati parte integrale, ed insieme con questo popolo avete intrapreso la fatica di costruire la storia di questo paese, di costruire la vita sempre più degna dell'uomo e di assumere, insieme con la vostra nuova nazione, l'Argentina, una responsabilità, di fronte a Dio e agli uomini, per la forma di questa vita comune.

Dio ha permesso ai vostri padri e a voi di costruire la casa e di creare il focolare familiare nell'altra parte del nostro globo, così lontana dalla terra natia; ma tutta la terra appartiene a lui, come dice il salmista: "Del Signore è la terra e quanto contiene, l'orbe terracqueo e i suoi abitatori" (Ps 24/23,1).

Egli assegna il posto a tutti i suoi figli in tutta la terra affinché possano realizzarsi i magnifici disegni nati dall'amore; finché la terra si riempia degli abitanti, affinché l'uomo, "continuatore" dell'opera divina di creazione possa dominare la terra. Assoggettarla a se stesso e a Dio.

Trasmettete anche qui, in Argentina, la vita e la fede, trasmettete l'amore e la saggezza, tutto ciò che siete e tutto ciò che avete di più bello e più prezioso.

Il vostro presente, il vostro oggi e il vostro domani, emerge dal passato, ha la sua storia. E' la storia di uno Stato ultramillenario, del popolo battezzato. Emerge dalla comune storia, dalla comune lingua (qualche volta dimenticata o per niente conosciuta), dalla comune cultura e dal comune battito del cuore. Non dobbiamo vergognarci di quel passato. E' stato spesso molto difficile, talvolta segnato da tragedie finite pero con la risurrezione, con la rinascita, poiché è stato fatto un grande sforzo per rimanere soprattutto fedeli e per non deludere: non deludere la patria, il popolo, Dio e la Chiesa, per non tradire l'uomo, per non distaccarsi dallo spirito evangelico. Da tutto ciò sono scaturite, diventando sempre più profondi, il senso della dignità umana, l'amore per la verità, per la giustizia per la libertà intesa nel senso cristiano, per la "libertà nostra e vostra". così è cresciuto lo spirito di tolleranza e di solidarietà che in questo decennio ha preso molto della forma cristiana e polacca diventando sfida non solo per la nostra terra ma anche per tutto il mondo.


6. A tutti i miei compatrioti, fratelli e sorelle nella terra argentina, e soprattutto ai giovani desidero rivolgere le parole del nostro poeta, Adam Asnyk: "Non calpestate gli altari del passato, / Anche se i vostri saranno più perfetti; / Essi bruciano ancora di un fuoco sacro, / Sono salvaguardati dall'amore umano, / E voi dovete rendergli onore!".

I nostri padri sapevano bene che cos'è il fuoco sacro degli altari e prima di costruire la propria casa innalzavano la croce di Cristo poiché la vita dell'uomo deve avere un fondamento.

L'uomo, il popolo, devono basarsi sull'esperienza storica e attingerne la saggezza, la forza, il programma. Dieci secoli del nostro passato: del nostro cristianesimo, della nostra nazione e del nostro stato, dieci secoli della nostra cultura così umanistica perché cristiana, costituiscono la nostra proprietà ed eredità comune, la nostra ricchezza dalla quale dobbiamo attingere continuamente.


7. Con il battesimo siamo stati innestati nella comunità soprannaturale della Chiesa. Siamo figli di Dio, fratelli di Cristo e fratelli tra noi.

Per mezzo di noi, battezzati, la Chiesa è presente nel mondo; per mezzo di voi, battezzati, la Chiesa è presente nell'Argentina di oggi, e porta la salvezza all'uomo, lo guida verso Dio, gli conferisce la potenza che lo rende più generoso, trasforma il suo cuore.

Il popolo cristiano deve costruire la propria vita in modo cristiano. Lo spirito del Vangelo deve penetrare nella vita personale, familiare, sociale, deve essere presente in tutte le situazioni affinché non ci siano uomini tormentati, umiliati spiritualmente o fisicamente, uomini che soffrono la miseria, che soffrono l'ingiustizia e l'oppressione.

Nessuna dimensione della vita sociale può svilupparsi a costo della persona umana. La Chiesa coltiva nell'uomo la vita di Dio, lo apre e lo sensibilizza al bene comune che è semplicemente il bene dell'uomo, il bene della famiglia umana. così da Dio, tramite la Chiesa, ci giunge la vera liberazione.

"Se è vero che Cristo vi chiama ad agire, comportatevi in modo degno del Vangelo di Cristo!".

Conservate la coscienza individuale e comunitaria della responsabilità per l'eredità del vostro battesimo.

Perseverate nel cammino della unione soprannaturale con Dio nella Santissima Trinità, per Maria, Madre di Cristo, Dio uomo, e nostra.

Che nelle vostre famiglie cristiane, fondate sul sacramento del matrimonio, al primo posto sia l'amore e la vita.

Conservate la viva unione con il popolo e con la Chiesa: unione nella fede, nella cultura e nella lingua.

Accogliete la mia breve parola.

Accogliete l'invito e l'incoraggiamento nel Papa, vostro compatriota.

Accogliete il suo saluto e la sua benedizione. Prendeteli per voi stessi e per i vostri cari. Portateli nelle vostre case, nelle famiglie, nelle parrocchie, ai vostri figli e figlie, mariti e mogli, ai vicini, ai vostri pastori, nell'ambiente del lavoro, nelle organizzazioni e associazioni.

Vi affido tutti alla protezione materna della Regina di Polonia, Madonna di Jasna Gora.

1987-04-10 Data estesa: Venerdi 10 Aprile 1987




Omelia alla Messa celebrata al parco "Indipendencia" - Rosario (Argentina)

Titolo: E' vocazione dei laici rinnovare la società della quale fanno parte

Testo:

"Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo" (Mt 5,13-14).


1. Siano queste parole di Gesù, da poco ascoltate nella lettura del Vangelo, portatrici del mio saluto a tutti voi qui riuniti.

Con quanta gioia, cari fratelli e sorelle di questa nobile città di Rosario e della zona del litorale argentino, vengo a voi in questo penultimo giorno della mia visita al nostro amato paese! Non posso nascondere la mia grande emozione per il fatto di trovarmi qui in questa città, dedicata alla santissima Vergine del Rosario, venerata in questo luogo da più di due secoli. Mi commuove questa invocazione a santa Maria, che evoca nell'animo dei fedeli la preghiera mariana per eccellenza: quella preghiera nella quale, in un certo modo, Maria prega con noi, come pregava con gli apostoli nel cenacolo.

M i dà una grande emozione, inoltre, trovarmi in questo affascinante ambiente geografico, bagnato dal grande fiume Parana, e la vista del monumento nazionale alla bandiera, innalzata per la prima volta dal generale Manuel Belgrano che le diede i colori del cielo: il colore del mantello consacrato della Immacolata Concezione.

Saluto molto cordialmente i miei cari fratelli nell'episcopato, in particolar modo l'Arcivescovo di Rosario con i suoi Vescovi Ausiliari, le autorità qui presenti a questa numerosa assemblea giunta da diversi luoghi di questa regione argentina. Valgano per tutti le parole di san Paolo: "Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo" (Rm 15,13).


2. Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo (Mt 5,13-14). Gesù descrive la missione dei suoi discepoli utilizzando la metafora del sale e della luce. Le sue parole sono dirette ai discepoli di ogni tempo, ma in questo momento acquistano una grande importanza per i laici, che svolgono la loro specifica vocazione nell'ambito delle realtà temporali, alle quali sono chiamati e inviati da Cristo per "contribuire, quasi dall'interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo" (LG 31).

Questo mi spinge a proporvi per la vostra preghiera e per una riflessione ulteriore, un tema di singolare importanza nei nostri giorni: la vocazione e la funzione propria dei laici nella Chiesa e nel mondo. Di questo stesso tema si occuperà nell'ottobre di quest'anno, il Sinodo dei Vescovi, e spero che la cosa dia buoni risultati, sia per la edificazione della Chiesa, sia per la costruzione della società temporale secondo il volere di Dio.

Dinanzi all'immagine incoronata della Vergine del Rosario, il Papa vuole oggi esortare tutti i laici di questa arcidiocesi e di tutto il paese, ad essere fedeli alla loro vocazione cristiana e al loro specifico apostolato ecclesiale di operare per l'estensione del regno di Dio nella città temporale. Il Papa ha fiducia nei laici argentini e spera grandi cose da tutti loro per la gloria di Dio e per il servizio dell'uomo! 3. La prima lettura della liturgia di oggi ci ha avvicinati alla liturgia della Chiesa primitiva secondo la testimonianza degli Atti degli Apostoli: "Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" (Ac 2,42). "Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune: [...] lodando Dio e godendo la stima di tutto il popolo"(Ac 2,44-47).

Sulla base di questa breve descrizione si può dedurre che i membri di quella primitiva comunità cristiana, da poco formata a Gerusalemme attorno agli apostoli, avevano già una propria vita interiore, che era fondamento della loro identità un mezzo agli uomini, e che poggiava sulla parola di Dio contenuta negli insegnamenti degli apostoli, e "nella frazione del pane", cioè nell'Eucaristia, che il Signore comanda di fare "in memoria di lui" (cfr. 1Co 11,24).

Questa vita rappresentava inoltre una cosa nuova per l'ambiente di Israele. I cristiani non vivevano appartati dagli altri, poiché "perseverando" con loro "frequentavano ogni giorno il tempio" (Ac 2,46).

Allo stesso tempo, davano testimonianza di Cristo in questo ambiente: e siccome la loro vita era degna - devota e innocente -, erano amati da tutto il popolo (cfr. Ac 2,47).

Nell'abbracciare questo stile di vita, la prima generazione di discepoli e confessori di Cristo tento fin dall'inizio di essere il sale della terra e la luce del mondo, seguendo la raccomandazione del Maestro.


4. La lettura della Lettera agli Efesini, dal canto suo, mette in rilievo l'importanza fondamentale della vocazione cristiana: "Vi esorto - scrive l'Apostolo - a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto" (Ep 4,1).

Questo "modo degno" è costituito dalle virtù che rendono ognuno simile al modello, cioè, a Cristo: "con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore" (Ep 4,2).

Allo stesso tempo, questo comportarsi in "modo degno" significa "conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace" (Ep 4,3). I fondamenti di questa unità sono compatti: "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio, Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti" (Ep 4,5-6). La vocazione cristiana è - leggiamo - "una medesima speranza alla quale siete stati chiamati" (Ep 4,4).

Tutti coloro che partecipano a questa speranza hanno un solo Spirito e costituiscono un solo corpo in Cristo.

Vedete, poi, come la Lettera agli Efesini tiene presenti tutti i cristiani, tutto il Popolo di Dio: "laos tou theou". Proprio da questa espressione greca deriva il termine "laici" oggi utilizzato.


5. Anche il Concilio Vaticano II si è occupato di questa specifica vocazione, vale a dire, dei cristiani laici sparsi in tutto il mondo per essere sale della terra e luce del mondo; ci ha inoltre specificato in che consiste questa vocazione e come essi debbono comportarsi affinché la loro condotta sia "degna della vocazione cristiana".

La risposta del Concilio - cioè, tutti i suoi insegnamenti sui laici e il loro apostolato - deve naturalmente intendersi in continuità armonica con gli insegnamenti del Vangelo, degli Atti e delle Lettere degli apostoli. Allo stesso tempo, la risposta conciliare tiene in molta considerazione la realtà ricca e molteplice della Chiesa nel mondo contemporaneo, della Chiesa che vive in tutti i continenti, a contatto con molti popoli, lingue e culture, rimanendo al tempo stesso "in statu missionis", in stato di missione.

Dovunque si trovi la Chiesa è sempre "missionaria" in senso ampio, e questo determina la dinamica particolare della vocazione e dell'apostolato dei laici.


6. Infatti, il Concilio Vaticano II afferma che tutti i cristiani partecipano alla missione unica della Chiesa: "La Chiesa è nata con il fine di rendere, mediante la diffusione del regno di Cristo su tutta la terra a gloria di Dio Padre, partecipi tutti gli uomini della redenzione salvifica e per mezzo di essi ordinare effettivamente il mondo intero a Cristo.

Tutta l'attività del corpo mistico ordinata a questo fine, si chiama apostolato, che la Chiesa esercita mediante tutti i suoi membri, naturalmente in modi diversi: la vocazione cristiana infatti è per natura anche vocazione all'apostolato"(AA 2).

Il Concilio indica inoltre la maniera particolare in cui i fedeli laici devono esercitare il loro apostolato: "Il carattere secolare è proprio e particolare ai laici (...). Per loro vocazione, è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio" (LG 31).

Non c'è, pertanto, attività umana temporale che sia esente da questo impegno evangelizzatore. così affermo il mio venerato predecessore Papa Paolo VI, nella sua esortazione apostolica "Evangelii nuntiandi": "Il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato, della politica, della realtà sociale, dell'economia; così pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; ed anche di altre realtà particolarmente aperte alla evangelizzazione, quali l'amore, la famiglia, l'educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza" (EN 70).

Indubbiamente, questo non vuole dire che la trasformazione del mondo sia affidata o appartenga esclusivamente ai laici, lasciando ai chierici, ai religiosi e alle religiose la edificazione interna della Chiesa. Tutto il corpo mistico è definito dal Concilio come "sacramento universale di salvezza": di conseguenza, tutta la Chiesa ha la missione di salvare e trasformare il mondo, in Cristo, con la forza del Vangelo. Ma ciascuno compiendo la funzione propria alla quale è stato chiamato da Dio: "Siccome è proprio dello stato dei laici che essi vivano nel mondo e in mezzo agli affanni secolari, sono chiamati da Dio affinché, ripieni di spirito cristiano, a modo di fermento esercitino nel mondo il loro apostolato" (AA 2).

Cari laici, uomini e donne, dovete portare a questo mondo la presenza salvifica di Cristo, colui che è stato inviato dal Padre. Attraverso lui dovete essere testimoni della resurrezione e della vita del Signore Gesù, e segni del vero Dio (cfr. LG 38). Dovete essere "araldi e apostoli" (cfr. 1Tm 2,7) del Vangelo per il mondo odierno. Non abbiate paura. Il Signore ha voluto che la vostra vita si svolga nell'ambito delle realtà temporali, affinché possiate rinnovare - con la libertà dei figli di Dio - questa società della quale fate parte.

Come pastore della Chiesa universale, oggi, in questa città di Rosario, voglio chiedere a tutti voi, laici cristiani argentini, di svolgere con decisione il vostro apostolato specifico e insostituibile: nella vostra vita professionale, familiare e sociale, nelle parrocchie, attraverso le vostre associazioni, in particolare nell'Azione Cattolica.

A questo vi invitano inoltre, in maniera incalzante, le necessità dei tempi difficili in cui viviamo, e vi incita l'azione feconda e incessante dello Spirito Santo. Infatti, avete dinanzi a voi evidenti dimostrazioni della diffusione del secolarismo che pretende di invadere tutto; allo stesso tempo, state percependo con segnali molto chiari il desiderio crescente di Dio, che l'uomo moderno, e soprattutto la generazione più giovane, sente nel suo intimo.

Sfortunatamente, i venti della violenza, del terrorismo e della guerra continuano a percuoterci: ma, grazie a Dio va rafforzandosi sempre più l'ansia universale di pace, come è stato dimostrato pochi mesi fa dall'incontro di preghiera ad Assisi. Nell'ambito di queste realtà contrastanti, vi chiedo con amore e fiducia di seguitare ad essere fedeli alla vostra missione di apostoli e testimoni, partecipi alla unica missione evangelizzatrice della Chiesa.


7. Tra i compiti propri dell'apostolato dei secolari, voglio ora sottolinearne alcuni che, in linea generale, risultano più impellenti nella società argentina del momento.

Penso, in primo luogo, alla necessità che hanno i coniugi cristiani di vivere pienamente il loro matrimonio come una partecipazione all'unione feconda ed indissolubile tra Cristo e la Chiesa; sentendosi responsabili della completa educazione, soprattutto religiosa e morale, dei loro figli, affinché essi sappiano discernere rettamente tutto ciò che è nobile e buono nella creazione, principalmente dentro se stessi, distinguendolo dal consumismo edonista e dal materialismo ateo.

Mi rendo conto inoltre della sfida che il settore della giustizia e delle istituzioni preposte al bene comune propone al laico cristiano. E' questo il campo in cui frequentemente si prendono le decisioni più delicate, quelle che riguardano i problemi della vita, della società e dell'economia; e, pertanto, della dignità e dei diritti dell'uomo e della convivenza pacifica nella società.

Guidati dagli insegnamenti illuminanti della Chiesa, e senza la necessità di seguire una formula politica univoca, dovete sforzarvi coraggiosamente di ricercare una soluzione dignitosa e giusta alle diverse situazioni che si presentano nella vita civile della vostra nazione.

Penso, infine, al settore dell'educazione e della cultura. Il laico cattolico, dedicandosi seriamente al suo compito di intellettuale, di scientifico, di educatore, deve promuovere e diffondere con tutte le sue forze una cultura della verità e del bene, che possa contribuire ad una collaborazione feconda tra la scienza e la fede.


8. "Voi siete il sale della terra! / Voi siete la luce del mondo!".

Queste parole di Cristo vogliono indicare, con tratti ben precisi, la impronta più adeguata della vocazione cristiana in ogni epoca, e fanno ben capire che nessun cristiano può esimersi dalla responsabilità evangelizzatrice, e che ciascuno deve essere consapevole dell'impegno personale contratto con Cristo attraverso il battesimo e la cresima. Cari fratelli e sorelle: per non perdere il "sapore" del sale salvifico, dovete essere profondamente pregni della verità del Vangelo di Cristo e rafforzati interiormente con la potenza della sua grazia.

Il sale, al quale si riferisce la metafora evangelica, serve inoltre a preservare gli alimenti dal deterioramento. In questo modo, voi, laici cristiani, vi libererete dalla degenerazione corruttrice degli influssi mondani - contrari al Vangelo e alla vita in Cristo - e da ciò che esaurisce le energie salvifiche di una vita cristiana pienamente vissuta. Non potete "rendervi simili a questo mondo" sotto l'influenza del secolarismo, cioè, di un modo di vita nel quale si lascia da parte l'ordinazione del mondo a Dio. Ciò non significa odiare o disprezzare il mondo, bensi, al contrario, amare veramente questo mondo, l'uomo, tutta l'umanità.

L'amore si dimostra nel fatto di diffondere il vero bene, allo scopo di trasformare il mondo secondo lo spirito salvifico del Vangelo e preparare la sua piena realizzazione nel Regno futuro! Non siete chiamati a vivere nella segregazione, nell'isolamento. Siete padri e madri di famiglia, lavoratori, intellettuali, professionisti o studenti come tutti gli altri. La chiamata di Dio non mira alla separazione, bensi a farvi essere luce e sale proprio li dove vi trovate. Cristo vuole che siate "luce del mondo"; e, pertanto, che siate come "una città collocata sopra un monte", giacché "non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa" (Mt 5,14-15).

Il vostro compito è il "rinnovamento della realtà umanà" - rinnovamento vario e molteplice - nello spirito del Vangelo e nella prospettiva del regno di Dio, facendo in modo, inoltre, che tutte le realtà della terra si configurino in accordo con il valore proprio, che Dio ha loro conferito (cfr. AA 7). E' questo l'ampio orizzonte al quale deve approdare tutta l'opera della redenzione di Cristo (cfr. AA 5); e voi laici vi inserite operativamente in essa offrendo a Dio la vostra opera quotidiana (cfr. GS 67).

Al fine di illuminare tutti gli uomini dovete essere testimoni della verita e perciò acquisire una profonda formazione religiosa, che vi porti a conoscere sempre meglio la dottrina di Cristo trasmessa dalla Chiesa.

Tenete sempre presente che la vostra testimonianza sarebbe inefficace - il sale perderebbe il suo sapore - se gli altri non vedessero in voi le opere proprie del cristiano. Perché è soprattutto la vostra condotta quotidiana che deve illuminare gli altri. Ve lo dice il Cristo stesso: "così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5,16). Il Concilio Vaticano II si è ispirato a questo testo evangelico per descrivere l'efficacia soprannaturale dell'apostolato dei laici (cfr. AA 6).


9. Tutti noi siamo disposti ora a perseverare nell'insegnamento degli apostoli, nella divisione del pane e nella preghiera. In questo modo, mettiamo sull'altare, qui nella terra argentina, tutto ciò che fa parte della vostra vocazione, umana e cristiana: "Venite, applaudiamo al Signore, acclamiamo alla roccia della nostra salvezza" (Ps 94/95,1).

Si ripete ancora una volta il mistero eucaristico del cenacolo. Cristo, che alla vigilia della sua passione realizzo la transustanziazione del pane e del vino nel corpo e nel sangue del suo sacrificio redentore, - accetti dalle vostre mani, attraverso questo pane e questo vino, tutte le inquietudini e le aspirazioni che accompagnano quotidianamente la vostra vocazione cristiana e la missione del Popolo di Dio nella terra argentina; - continui ad imprimere su tutto il vostro apostolato il sigillo della divina Eucaristia, grazie alla quale entriamo con lui nel Regno eterno della verità e della giustizia, dell'amore e della pace, come popolo unito con la stessa unità del Padri, del figlio e dello Spirito Santo.

Ci sia sempre d'aiuto la protezione materna di Maria santissima, Vergine del Rosario, la prima seguace di Gesù, modello perfetto dei laici che vivono ogni giorno nella storia la loro vocazione di santità e la loro missione di apostoli e testimoni del Signore resuscitato. così sia.

1987-04-11 Data estesa: Sabato 11 Aprile 1987




Incontro con gli imprenditori argentini nello stadio "Luna Park" - Buenos Aires (Argentina)

Titolo: Dal tempo di crisi una sfida economica ed etica che tutti devono affrontare superando l'egoismo

Testo:

Cari imprenditori argentini.


1. Nel corso della mia visita pastorale per il vostro paese, mi rallegro di potermi incontrare oggi con voi, rappresentanti del mondo dell'impresa, delle finanze, dell'economia, dell'industria e del commercio. So che mi trovo di fronte ad un gruppo di persone altamente qualificate, dalla cui importante attività dipende una parte considerevole della vita economica, e di conseguenza, del benessere di molte famiglie.

Durante questi giorni durante i quali ho percorso il vasto territorio della vostra patria, ho potuto constatare quanto Dio abbia favorito il popolo argentino. Per questo desidero segnalarvi, innanzitutto, il vostro dovere primario come persone dalle quali dipende una buona parte delle abbondanti risorse di questo paese: il vostro ringraziamento a Dio per i doni che ha messo nelle vostre mani. E' giusto che rendiate grazie a Dio, per la fertilità dei vostri campi, per l'abbondanza del vostro bestiame e di tante altre ricchezze naturali, o frutto della mano dell'uomo e, soprattutto, per lo spirito imprenditoriale e la capacità di lavoro della quale vi ha dotato, affinché, insieme a tanti uomini e donne che contribuiscono a portare avanti le vostre imprese e progetti, serviate il bene comune nel vasto e complesso campo della produzione dei beni e di servizi. Se non vivete questo primo obbligo di giustizia verso il Padre comune, Dio, non sarete nemmeno giusti con i vostri fratelli, gli uomini, né potrete sostenere con spirito umano e cristiano, i grandi compiti nei quali siete giornalmente impegnati.

Non mi sfugge che, insieme a questa abbondanza di risorse, negli ultimi anni siete stati colpiti da difficoltà economiche e finanziarie, a volte critiche.

Penso, particolarmente, ai gravi problemi del mercato estero per i vostri prodotti agricoli e della pastorizia, così come le ripercussioni di questa situazione per la vostra economia. Avete sperimentato fino a che punto il progresso delle nazioni dipende in gran parte dall'ordine internazionale, il quale rende necessario trovare soluzioni di vera solidarietà e cooperazione tra i vari popoli, basandosi sulla coscienza della fraternità universale degli uomini.

Nei momenti di difficoltà, viene messo alla prova il vostro spirito imprenditoriale. C'è necessità di maggior sforzo e creatività, più sacrificio e tenacia, per non desistere nella ricerca di vie per superare queste situazioni, mettendo tutti i mezzi legittimi alla vostra portata, e facendo tutte le richieste opportune. Poiché la vostra attività ha sempre una profonda dimensione di servizio agli individui e alla società - e specialmente, ai lavoratori delle vostre imprese e alle loro famiglie - comprenderete il fatto che io vi incoraggi ad essere particolarmente magnanimi in queste difficili circostanze. Infatti, la sopravvivenza e l'aumento dei vostri affari e dell'impiego di capitali interessa l'intera comunità lavorativa che è l'impresa, e tutta la società. Per questo, i tempi di crisi, presuppongono una sfida non solo economica, ma soprattutto etica, che tutti devono affrontare, superando egoismi personali, di gruppo o di nazioni.


2. Sapete bene che la missione del Papa e della Chiesa non è quella di dare soluzioni tecniche ai problemi socioeconomici. Ma è parte della sua missione illuminare le coscienze degli uomini, affinché le loro attività siano realmente umane, per opporsi a qualsiasi degrado della persona, per evitare che l'uomo venga considerato o si consideri esso stesso soltanto come strumento di produzione. Mi sembra che questo messaggio sia particolarmente attuale nella vostra situazione.

Si dirige, infatti, ad irrobustire questo tempio umano, che come dicevo, vi mette alla prova: ed anche per saggiare il "capitale umano", che è la più importante fonte di ricchezza sulla conta un paese.

In questo stesso contesto, indirizzandomi in una occasione a uomini e donne dedicati agli affari, all'impresa, alla banca, al commercio, facevo notare loro che "il grado di benessere del quale gode oggi la società, sarebbe impossibile senza la figura dinamica dell'imprenditore, la cui funzione consiste nell'organizzare il lavoro umano e i mezzi di produzione per costituire beni e servizi" (Discorso agli imprenditori di Milano, 22 maggio 1983). Effettivamente, il vostro incarico è di primo ordine per la società.

Questa realtà si basa sul fatto che avete ricevuto l'"eredità" di un doppio patrimonio, che sono, le risorse naturali del paese e i frutti del lavoro di coloro che vi hanno preceduto (cfr. LE 13), indipendentemente dagli attuali titolari, si tratta di un patrimonio di tutti gli Argentini, che nessuno può dilapidare, né sprecare. Queste risorse devono essere amministrate non solo con competenza tecnica e capacità di iniziativa, ma soprattutto con una coscienza cristiana ben formata, riguardo tutte le esigenze di giustizia e carità inerenti alla vostra missione.

Il compito dell'imprenditore può essere paragonato molto bene a quello dell'amministratore del quale ci parla il Vangelo, al quale il suo signore chiede il rendiconto del suo lavoro. Queste parole si dirigono anche a voi: "Rendi conto della tua amministrazione" (Lc 16,2). E insieme al Signore, vi interpellano gli uomini, vostri fratelli, che sono stati anche chiamati a partecipare del patrimonio che Dio ha posto, soprattutto, nelle vostre mani.

Sentite, quindi, la grande responsabilità morale che vi aspetta. Pensate che tutti questi beni sono il posto di lavoro per tanti uomini e donne, sono il futuro di molte famiglie, sono i talenti che dovete far fruttificare per il bene della comunità.


3. Le risorse di capitale, i beni che costituiscono il patrimonio di un paese, - chiunque sia il titolare - e dei quali vive la gente, non possono essere posseduti contro il lavoro, non possono essere neppure posseduti per possedere, perché l'unico titolo legittimo al loro possesso (...) è che essi servano al lavoro; e che conseguentemente, servendo al lavoro, rendano possibile la realizzazione del primo principio di quell'ordine, che è la destinazione universale dei beni e il diritto al loro uso comune" (LE 14). In questo senso dovete contribuire a moltiplicare l'impiego dei capitali e i posti di lavoro, a promuovere forme adeguate di partecipazione dei lavoratori nella gestione e negli utili dell'impresa, ad aprire nuove vie che permettano un maggior accesso di tutti alla proprietà, come base per una società giusta e solidale.

Avete nelle vostre mani un campo che deve dare frutti per il bene di tutti, e con la collaborazione di tutti. Avete bisogno di molta audacia - che è anche conseguenza della vera prudenza cristiana - per consegnare alle generazioni future, migliorato e moltiplicato, il patrimonio che avete ricevuto.

Abbiate il sano orgoglio di lasciare un futuro migliore ai vostri figli, ai figli di tutti gli Argentini! Un futuro che comprenda anche l'esempio della vostra sacrificata dedizione al lavoro.

Per far fronte a questa responsabilità, avete a vostra disposizione un elemento importante: l'impresa. All'interno di questa, gli imprenditori, i dirigenti, gli impiegati e gli operai, cooperano ad una opera comune. Non sono nemici, ma fratelli. Come ha detto il Concilio Vaticano II, "nelle imprese economiche si uniscono delle persone, cioè uomini liberi ed autonomi, creati ad immagine di Dio. perciò, avuto riguardo ai compiti di ciascuno - sia proprietari, sia imprenditori, sia dirigenti, sia lavoratori - e salva la necessaria unità di direzione della impresa, va promossa, in forme da determinarsi in modo adeguato, la attiva partecipazione di tutti alla vita dell'impresa" (GS 68).

Se si intendono così, le imprese sono espressioni legittime della liberta. Corrispondono alla volonta imprenditrice dell'uomo, alla sua iniziativa creatrice, alle necessità della comunità, e alle possibilità che offrono le ricchezze della creazione affidate all'essere umano.

A questa comprensione solidale della comunità imprenditoriale si unisce certamente la funzione sussidiaria dello Stato, che deve sempre vedere in questa, una necessaria e leale cooperazione per il bene comune.


4. Nel mio incontro con gli imprenditori e operai in Spagna, a Barcellona, dicevo che "l'impresa è chiamata a realizzare, sotto la vostra spinta, una funzione sociale - che è profondamente etica -: quella di contribuire al perfezionamento dell'uomo, senza nessuna discriminazione: creando le condizioni che rendono possibile un lavoro nel quale, mentre si sviluppano le capacità personali, si ottenga una produzione efficace e ragionevole di beni e servizi, e si renda l'operaio cosciente di lavorare realmente a ''qualcosa di suo"" (Discorso rivolto agli operai e agli imprenditori a Barcellona, 9, 7 novembre 1982: "Insegnamenti di Giovanni Paolo II", V, 3 [1982] 1203).

In questo modo l'impresa non solo aumenta la ricchezza materiale ed è la grande promotrice dello sviluppo socioeconomico, ma è anche causa di progresso personale che permette di creare condizioni di vita più umane. La sua attività si inquadra nella cornice del bene comune, che comprende "l'insieme di quelle condizioni della vita sociale, con le quali gli uomini, la famiglia e le associazioni possono ottenere il conseguimento più pieno e più spedito della propria perfezione" (GS 74). In sintesi, la legge fondamentale di ogni attività economica è il servizio dell'uomo, di tutti gli uomini e di ogni uomo, nella loro piena integrità, materiale, intellettuale, morale, spirituale e religiosa. Di conseguenza, i profitti non hanno come unico obiettivo l'incremento del capitale, ma devono anche essere destinati, con senso sociale, ai miglioramenti del salario, ai servizi sociali, all'abilitazione tecnica, alla ricerca e alla promozione culturale, per il sentiero della giustizia distributiva.

Un'impresa che rispetti tali finalità sociali esige, evidentemente, un modello di imprenditore profondamente umano, cosciente dei suoi doveri, onesto, competente e pervaso da un profondo senso sociale che lo renda capace di allontanare l'inclinazione verso l'egoismo, per preferire più la ricchezza all'amore, invece dell'amore alla ricchezza. Si può affermare che esiste una certa somiglianza biblica tra l'imprenditore e il Pastore. E' una analogia.


5. Cari imprenditori: abbiamo già parlato del contesto altamente complesso e delicato nel quale si sviluppa la vostra attività professionale. Conosco, anche, le molteplici difficoltà di diverso genere che ostacolano il vostro lavoro: problemi congiunturali, relazioni a volte non facili con i collaboratori e gli operai, la incomprensione e le accuse delle quali a volte siete il bersaglio preferito, le preoccupazioni economiche...

Insisto a dire che sono cosciente di questi problemi, che obiettivamente molte volte sono gravi. Ma permettetemi di ricordarvi che la preoccupazione più grande, l'affare che dovete fare nella vostra vita imprenditoriale, è la conquista del cielo, la vita eterna. Ve lo dice il Signore: "Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde?" (Lc 9,25). Non poteva mancare questo riferimento. Non poteva mancare perlomeno ora che parla un Vescovo, un Papa, un pastore, un responsabile dell'economia superiore, di una economia divina.

Non dimenticate che ciò che è realmente pericoloso sono le tentazioni che possono minare la vostra coscienza e la vostra attività: la sete insaziabile di lucro, il guadagno facile ed immorale; lo sperpero, la tentazione del potere e del piacere, le ambizioni smisurate, l'egoismo sfrenato, la mancanza di onestà negli affari e le ingiustizie verso i vostri operai.

Guardatevi attentamente da tutte queste insidie. Non piegate mai il vostro ginocchio davanti al vitello d'oro! E non abbandonate mai lo stretto sentiero dell'onestà imprenditoriale, l'unico che può offrirvi, insieme ad un meritato benessere, pace e serenità a voi ed alle vostre famiglie.

Voi, uomini d'affari, in maggioranza cristiani, dovete essere gli artefici di una società più giusta, pacifica e fraterna. Siate uomini e donne di idee dinamiche, di iniziative geniali, di sacrifici generosi, di ferma e sicura speranza. Ricordate che con la forza dell'amore cristiano conseguirete importanti obiettivi. Vi sia di stimolo l'esempio dei pionieri, che senza altri strumenti che la tenacia della loro volontà e la fede in Dio, iniziarono ciò che oggi sono molte delle vostre imprese; e che lavorando da soli, anche con soltanto le proprie mani, e praticamente senza conoscenze tecniche, gettarono le basi del futuro sviluppo economico del paese.

Siate solidali tra di voi e siatelo anche con gli altri settori della comunità, che condividono i vostri problemi, i vostri sacrifici e le vostre speranze; e siatelo per il bene della vostra amata patria.

E se ci fosse qualcuno che avesse perso ogni speranza nella edificazione di questa società più giusta che tutti desideriamo diciamogli con forza e amore, che si, esiste, il sistema per la soluzione dei non facili problemi che affliggono l'uomo: è il reincontro con Dio, il Creatore che continua ad operare con la sua Provvidenza nella grande impresa del mondo, alla quale ha voluto associare anche voi, come suoi collaboratori.

perciò, per dure che siano le difficoltà, per sterili che sembrino i vostri sforzi, continuate ad andare sempre avanti, accettando la sfida dei tempi; e al di là della fiducia riposta nella vostra capacità e nelle vostre forze, ricordate la consegna data dal Signore: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta" (Mt 6,33).


6. Se, anche in mezzo alle difficoltà, vi saprete impegnare magnanimamente per il bene di tutti mediante l'esercizio della vostra professione, se amerete con le opere Dio e i vostri fratelli nella gestione delle vostre imprese, sperimenterete certamente, l'amore di Dio verso di voi, che - come scrive san Paolo - "somministrerà e moltiplicherà anche la vostra semente e farà crescere i frutti della vostra giustizia" (2Co 9,10). Dio accoglie l'impegno umano e lo ricompensa con nuove benedizioni, con frutti che si faranno visibili, non solo nel cielo, ma anche in questa vostra terra.

perciò, per terminare, desidero portare alla vostra attenzione altre parole di san Paolo, nella sua Prima Lettera ai cristiani di Corinto, importante porto nel commercio di quel tempo: "ora né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere" (1Co 3,7). Di fronte al panorama delle vostre estese e fertili terre, è facile con l'aiuto del testo paolino levare il cuore a Dio in azione di grazie, comprendendo che egli è colui che fa crescere. Le parole dell'Apostolo fanno anche capire che il vero progresso di questa grande patria argentina non si potrà ottenere prescindendo da Dio. Solo lui può dare al vostro lavoro e alle vostre iniziative la loro vera dimensione; quella che dà luogo alla crescita autentica, che si esprime non solo in termini economici, ma soprattutto con frutti di pace, concordia e solidarietà umana e cristiana. Il Papa, insieme con i vostri Vescovi e sacerdoti, elevando a Dio l'azione di grazie di tutti gli uomini dell'impresa, della finanza, dell'industria, e del commercio, e di tutta questa grande nazione, chiedono a Dio questa nuova tappa di giustizia, di solidarietà, di onestà e di magnanimità.

Che la Vergine di Lujan faccia divenire realtà questi desideri che mettiamo nelle sue mani, perché gli Argentini e le Argentine sappiano portare avanti il loro compito davanti a Dio e agli uomini.

1987-04-11 Data estesa: Sabato 11 Aprile 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Incontro con la comunità polacca - stadio del "Luna Park" di Buenos Aires (Argentina)