GPII 1987 Insegnamenti - Lettera al Cardinale Emmet Carter in occasione del 50° di sacerdozio

Lettera al Cardinale Emmet Carter in occasione del 50° di sacerdozio



Al nostro venerabile fratello Gerardo Emmet Carter cardinale di Santa Romana Chiesa e arcivescovo di Toronto Il prossimo 22 maggio sarà per te un giorno desideratissimo, ma lo sarà pure per noi e per la fedele popolazione di Toronto: infatti in quel giorno non celebrerai, venerabile fratello nostro, un evento umano per quanto solenne, ma farai menoria del 50° anniversario della tua ordinazione sacerdotale, un giorno da considerare veramente felice. Per mezzo del sacerdozio, venerabile fratello, fosti scelto fra gli uomini per essere destinato a occuparti delle cose che riguardano Dio (cfr. Ebrei 5,1), rivestendo quasi una nuova natura e diventando mediatore di Dio e degli uomini.

Ma sappiamo che in quel giorno ricorderai anche il 25° anniversario dalla tua nomina a vescovo, il che è avvenuto il 2 febbraio di 25 anni fa.

Certamente allora il tuo sacerdozio ha raggiunto come il suo vertice: il vertice, per così dire, dell'ordine sacerdotale e della grandezza propria dei vescovi, cioè dei successori degli apostoli. E con tale dignità confluirono in te anche tutti i poteri apostolici, che Cristo attribui ai suoi: cioè di andare, predicare e governare a suo nome (cfr. Marco 16,15; Giovanni 20,21).

Quale ampia potestà ti è stata allora donata! così grande che quasi l'animo trema nel petto.

Si rallegri dunque il tuo cuore, riandando con la memoria a questi tuoi compiti e commosso da tanta soavità rendi giustamente grazie a Dio, come facciamo anche noi, che siamo soliti da lunga consuetudine partecipare come se fossero nostri, agli eventi lieti o tristi dei nostri venerabili fratelli.

Ma anche il popolo di Toronto, di cui sei diventato pastore da quasi dieci anni, ti esprimerà certamente grandi segni di affetto in quel giorno, come si addice verso un padre benevolo, pio e sollecito.

Per quanto ci riguarda, non occorre certo che in questa lettera ricordiamo le singole attività che da sacerdote hai intrapreso, né dobbiamo elencare gli uffici, le cariche e le tappe che hai percorso per arrivare a così grandi onori: a tutti sono infatti ben noti e si trovano come sotto gli occhi dei fedeli della tua Chiesa; non giova neppure parlare dell'egregia pietà, della prudenza e della carità, che ti spinse come sacerdote e ti spinge come vescovo verso tutti, ma soprattutto verso i derelitti; non serve infine menzionare l'abbondanza della tua scienza, sia sacra che profana, dato che sempre hai dimostrato il desiderio di sapere, come manifesta tutto lo stile della tua vita.

Ci piace piuttosto mettere in luce che sempre, da fanciullo e fino all'età matura e avanzata, hai amato con straordinario amore Dio e la sua castissima Madre; hai curato con sollecitudine di padre i fedeli a te affidati; hai moltiplicato il tuo zelo; hai accolto con animo generoso e per quanto possibile hai promosso la causa delle vocazioni al sacerdozio; hai provveduto, oltre a quella dei giovani, alla educazione degli adulti; hai superato con prudentissimi consigli le difficoltà eventualmente capitate. Per dirla in breve, così riteniamo: hai compiuto sia da sacerdote come da vescovo tutto quello che un buon padre di famiglia è solito fare per la felicità e la prosperità dei figli, con animo sempre sereno e fiducioso.

Non ci si deve dunque meravigliare se la tua stima è cresciuta giorno dopo giorno presso tutte le persone di buona volontà e non pochi nuovi fedeli si sono aggiunti al numero di quelli che già lo erano. Del resto anche noi, spinti dalla convinzione della tua egregia virtù, ti abbiamo annoverato fra i padri cardinali, concedendoti la porpora nel 1979.

Venerabile fratello nostro, ecco quello che abbiamo principalmente ritenuto necessario dire in questa tua duplice solennità. Ti siano di giovamento le parole beneauguranti e le preghiere che per te presentiamo a Dio, al quale affidiamo te, i tuoi ausiliari, il clero e tutto il tuo popolo, mentre ti benediciamo dal profondo del cuore.

Dal Palazzo del Vaticano, 20 aprile 1987, anno nono del nostro pontificato.

GIOVANNI PAOLO PP. II [Traduzione dal latino]

1987-04-20 Data estesa: Lunedi 20 Aprile 1987




Lettera ai Vescovi per la consegna dell'"Instrumentum Laboris" della VII assemblea generale ordinaria del Sinodo dedicato al laicato - Roma

Titolo: Cammino di comunione, di preghiera, di meditazione


Venerato e caro fratello nell'episcopato! Ancora una volta il Sinodo dei Vescovi convoca a Roma rappresentanti dell'episcopato mondiale per partecipare, in questa forma, alla sollecitudine per la Chiesa universale (cfr. LG 23 CD 5). Si ripete in tal modo un'esperienza di comunione felicemente radicata nella vita ecclesiale degli anni post-conciliari e rivelatasi di innegabile efficacia in rapporto alla vitalità pastorale richiesta dai problemi che interpellano la Chiesa e, in primo luogo, quanti siamo investiti di responsabilità magisteriali e di guida.

La prossima assemblea generale del Sinodo, che si svolgerà dall'1 al 30 ottobre, assume poi un'incidenza peculiare a motivo del tema prescelto, che, come le è noto, verte sulla "vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo a vent'anni dal Concilio Vaticano II".

Riguarda infatti la componente più vasta del Popolo di Dio, i nostri fratelli e sorelle del laicato che, in virtù del battesimo, costituiscono insieme con noi la sola grande famiglia della Chiesa. Sappiamo che in essa vi è "diversità di ministeri ma unità di missione". Ed in tale varietà e unità i laici, fortificati dai doni dello Spirito Santo, "esercitano l'apostolato evangelizzando e santificando gli uomini, e animando e perfezionando con lo spirito evangelico l'ordine temporale" (AA 2).

Ma la partecipazione dei laici alla missione della Chiesa riguarda da vicino, e per taluni aspetti in modo primario, anche noi che siamo stati costituiti nel ruolo di pastori, e quindi abbiamo il dovere di riconoscere e di promuovere concretamente la loro dignità e responsabilità e di aiutarli nell'assolvimento dei compiti che sono loro propri nella Chiesa e nelle realtà terrene (cfr. LG 37). E' il Vaticano II che invita noi pastori a provare "gli spiriti per sapere se sono da Dio"; anzi ci ricorda il dovere di "scoprire con senso di fede i carismi, sia umili che eccelsi, che sotto molteplici forme sono concessi ai laici" e di "riconoscerli con gioia e fomentarli con diligenza" (PO 9).

Il richiamo al Vaticano II, contenuto nel tema del Sinodo, pertanto, non è casuale, né consuetudinario né tanto meno rappresenta un semplice riferimento storico. Nel Concilio - come ho altre volte sottolineato - abbiamo contratto un debito con lo Spirito Santo, un debito che andiamo saldando nel costante sforzo di comprendere e attuare tutto ciò che lo Spirito ha suggerito alla Chiesa. I Sinodi episcopali ne sono strumenti, in certo modo, privilegiati. In quell'ambito lo Spirito parla ancora, in risposta ai quesiti ai quali si applica la coscienza ecclesiale.

Anche il prossimo Sinodo riguardante i laici aspira a confermare la vocazione della Chiesa, a corroborarla, a darle impulsi e motivi nuovi, perché possa rispondere alle esigenze pastorali con piena fedeltà allo Spirito che la guida.

L'impegno attivo con cui si seguirà la celebrazione del Sinodo e il lavoro collegiale che si svolgerà nell'aula prendono avvio dalla fase previa, nella quale ora ci troviamo. Essa si presenta come tempo di consultazione, che richiede preghiera, riflessione, scambio, meditazione.

Le Chiese particolari hanno ormai inviato alla Segreteria del Sinodo i frutti di tale attività preparatoria, dai quali è stato composto l'ultimo documento di studio del tema del Sinodo. Si tratta dell'"Instrumentum Laboris" che con la presente lettera invio a lei, caro fratello, e a tutti i Vescovi. In esso, si trova la sintesi delle risposte ai "Lineamenta" che sono pervenute in tempo utile. Per natura sua è uno strumento di lavoro, che non può essere considerato un trattato esauriente o accademico sulla materia prescelta. E' un testo che raccoglie organicamente l'abbondante mole dei contributi giunti dai vari ambienti della Chiesa universale. Esso servirà ai Padri sinodali, ai quali è per statuto destinato, alla vigilia del Sinodo e durante l'assemblea, perché li aiuti nei loro approfondimenti e fornisca un sussidio rispondente alle più avvertite necessità della Chiesa universale.

Tutto questo porta a concludere che l'"Instrumentum Laboris" è anche segno e fattore di comunione. Esprime la voce della Chiesa e contemporaneamente favorisce un confronto, che arricchisce tale voce nella comune edificazione della carità, della riflessione, della preghiera. Proprio di questo dinamismo di comunione è intessuta l'intima struttura del Sinodo.

Conformemente a questo carattere della realtà sinodale, dispongo che l'"Instrumentum Laboris" venga reso pubblico in modo che abbia larga diffusione in tutti i settori della vita ecclesiale.

E' con intima letizia che le consegno questo testo, che esprime la comunione della Chiesa nella fase preparatoria del Sinodo mentre tutti, pastori, ministri, religiosi, laici, a livello diocesano e parrocchiale, nei movimenti e nelle associazioni, nei consigli pastorali, e in ogni altro "luogo" si ritrovano uniti a meditare le stesse parole e a pregare per la stessa intenzione. E' questo, del resto, lo scopo della pubblicazione del documento: favorire un ulteriore contributo di approfondimento, di attenzione e di studio e soprattutto di sostegno attraverso la preghiera e l'annuncio. Pastori e responsabili della catechesi hanno a disposizione l'indispensabile strumento della parola per formare le coscienze nella preparazione al Sinodo. Al Vescovo di Roma torna opportuna l'occasione dell'"Angelus" domenicale per istruire, esortare, chiamare alla meditazione e all'impegno, sotto la protezione di Maria.

La celebrazione sinodale coinciderà col mese di ottobre, il mese del rosario, in pieno Anno Mariano che avrà inizio a Pentecoste. E' un tempo prezioso per implorare la grazia dell'imitazione di Maria che - pellegrina nella fede conservando la parola di Dio nel suo cuore - è posta al centro della Chiesa in cammino: nel "comune cammino" del Sinodo.

Riuniti nell'assemblea sinodale i Padri dedicheranno i loro lavori alla vocazione e alla missione dei laici, tra i quali i giovani occupano un posto singolare per le energie della speranza che è in loro, come ha ricordato all'intera comunità ecclesiale la recente Giornata della Gioventù, che quest'anno ho celebrato a Buenos Aires.

Concludendo questa mia lettera, rinnovo l'esortazione alla preghiera. I pastori sollecitino la preghiera specialmente degli ordini contemplativi, dei malati, degli handicappati, dei bambini, perché non manchi alla Chiesa la grazia della docilità e fedeltà allo Spirito Santo di Dio. Interceda Maria, Madre della Chiesa; intercedano gli apostoli e in particolare Pietro, dalla cui sede mi è caro, invocando grazia e pace, impartire a lei, caro confratello, ed alla porzione di Chiesa affidata alle sue sollecitudini, l'apostolica benedizione.

1987-04-22 Data estesa: Mercoledi 22 Aprile 1987





Ai Vescovi del Belgio in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Annuncio chiaro, esplicito e senza equivoci della fede

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato.


1. Vi ringrazio vivamente per i sentimenti che mi esprimete attraverso la voce del nostro Presidente, il caro Cardinale Godfried Daneels, io mi ricordo anche il modo in cui mi avete accolto in ognuna delle nostre diocesi, a Malines e Bruxelles, ad Anversa, a Ypres nella diocesi di Bruges, a Gand, a Namur, a Liegi, senza dimenticare le diocesi di Hasselt e Tournai che abbiamo salutato nel corso del convegno eucaristico di Kockelberg.

Oggi sono io che accolgo qui, e con gioia, il convegno dei Vescovi ausiliari del Belgio. La vostra visita "ad limina Apostolorum", coincide con l'ottava di Pasqua che ci ricorda le prime testimonianze di Pietro sulla resurrezione di Gesù e che pone tutto il nostro ministero episcopale sotto il segno del rinnovamento pasquale. I nostri diocesani sono stati invitati in questi giorni santi a purificarsi dai "vecchi fermenti" ed a rinnovare la loro professione di fede battesimale: possano essi diventare una "pasta nuova" e immettersi in una vita trasfigurata dallo Spirito di Cristo, "nella rettitudine e nella verità" (cfr. 1Co 5,6-8)! 2. Precisamente, nella linea del nostro discorso a Malines (cfr. Giovanni Paolo II Discorso tenuto nella città di "Mechelen", 3, 18 maggio 1985: "Insegnamenti di Giovanni Paolo II", VIII, 1 [1985] 1478), voi avete invitato la Chiesa che è in Belgio ad una nuova evangelizzazione, al fine di rispondere ai bisogni attuali di formazione nella fede e di testimonianza missionaria. Di gran cuore vi incoraggio in questa strada. Dal mese di dicembre 1985, avete largamente proposto un "documento di lavoro pastorale" abbozzando gli impegni principali per meglio conoscere e diffondere la fede, meglio celebrarla, meglio viverla, personalmente, in famiglia e nella società. Voi avete appena fatto il bilancio delle risposte che questo documento ha suscitato da parte delle persone o delle organizzazioni. Come voi suggerite, diffondendo questi dati con una preoccupazione di chiarezza, essi non costituiscono un progetto pastorale da adottare tale quale, ma si tratta di reazioni spontanee che esprimono l'interesse alla fede e la volontà generosa di un buon numero di cristiani per una collaborazione all'evangelizzazione e anche i loro interrogativi, persino le loro divergenze sulle priorità o le strade da prendere. Questo richiederà sicuramente, da parte dei pastori, alcune chiarificazioni o riflessioni approfondite.

Avete già pubblicato, senza più attendere, un "Libro della fede" che si preoccupa di illuminare i credenti sulle ricchezze della loro fede, di aiutarli a trasmetterla alle nuove generazioni e di iniziare ad essa, con un linguaggio comprensibile, quelli che sono più lontani. A livello del vostro paese, proponete anche un primo strumento di riflessione che si iscrive nel grande progetto che il Sinodo straordinario del 1985 ha suggerito per la Chiesa universale e che è d'ora in poi intrapreso: la composizione di un catechismo o "compendium" di tutta la dottrina cattolica sulla fede e la morale (Sinodo straordinario dei Vescovi, 1985 Relazione finale, II, 3, a, 4).

Come non gioire della nostra iniziativa che corrisponde a un grande bisogno della nostra Chiesa? Senza essere esauriente, sembra presentare un insieme coerente imperniato sul Credo, la preghiera, i sacramenti e l'agire cristiano. Io auguro a questa iniziativa il più grande successo.


3. Mi sia permesso di insistere oggi sulla necessità di un annuncio chiaro ed esplicito della fede.

L'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" ha ben mostrato l'equilibrio da mantenere nella concezione dell'evangelizzazione, nel suo contenuto, nei modi della sua realizzazione. Questo documento rappresenta un punto di riferimento indispensabile.

Il messaggio da annunziare riguarda tutta la vita personale e sociale dell'uomo (EN 29). Esso cerca un rinnovamento dell'umanità (EN 18), delle culture (EN 20).

Mira ad una profonda ed ampia liberazione che si basa sulla liberazione fondamentale dal peccato (EN 30). Chiama ad una conversione. Si radica nella testimonianza resa al Padre (EN 26), nella salvezza in Gesù Cristo (EN 27), nell'opera dello Spirito Santo, che stanno nell'ordine della Rivelazione di ciò che non è apparso naturalmente agli occhi dell'uomo lasciato alla sua sola intelligenza, alle sue sole forze.

Questo messaggio è trasmesso grazie alla testimonianza. La testimonianza di vita è sempre necessaria, e l'esortazione (EN 21 EN 41) insiste su questa testimonianza che suggella l'autenticità della fede vissuta e assicura il suo diffondersi in una maniera più efficace, più duratura, più rispettosa della libera adesione e del pluralismo che caratterizza la vostra società. Un elevato numero di vostri compatrioti si mostra molto sensibile a questo aspetto, talvolta al punto da minimizzare l'importanza del primo annunzio, poi dell'annunzio esplicito e sistematico, della predicazione, della proclamazione liturgica, della catechesi, che tuttavia "Evangelii Nuntiandi" sottolineava con vigore (EN 42-44). Allo stesso modo l'esortazione della "Catechesi Tradendae", senza in alcun modo minimizzare l'esperienza vitale e l'"ortoprassi" (CTR 22), precisa che l'insegnamento della fede deve essere dottrinale e sistematico, deve portare all'essenziale ed essere abbastanza completo (CTR 21). Senza questo, la più bella testimonianza si rivelerà impotente se non è chiarita, giustificata, spiegata da un annuncio chiaro, senza equivoci, dell'insegnamento del Signore Gesù e della sua Chiesa. La testimonianza deve appoggiarsi su una convinzione che nutre lo spirito (cfr. CTR 22).


4. Questo è tanto più necessario oggi dove i nostri contemporanei sono esposti, in una società pluralista, grazie alla loro apertura culturale e per le possibilità dei mass-media, mezzi che sono di per sé positivi, a tutte le dottrine e a tutte le abitudini dei costumi che sollecitano il loro spirito o il loro comportamento pratico. Il cristiano che vuole rimanere tale deve più che mai conoscere i riferimenti precisi della fede, afferrare le ragioni di credere e i motivi delle esigenze morali, acquisire alla propria mente, con la grazia di Dio e la testimonianza degli altri, una convinzione personale.

Come spiegavo ai rappresentanti del laicato cristiano a Liegi, il consolidamento dell'identità cristiana, non si oppone alla ricerca, alla lenta progressione che il credente o il candidato alla fede può conoscere nel suo cammino. Egli rispetta la sua libertà. Rispetta la libertà, l'espressione, il contributo degli altri. Ma la fede presuppone la ricerca della verità intera, in un'umile adesione al magistero della Chiesa che ha ricevuto dal Cristo l'incarico di custodire e di comunicare il patrimonio della fede. Essa mira ad esprimersi in convinzioni, ad affermarle senza timore, a metterle in pratica in modo di contribuire, nel rispetto degli altri, al rinnovamento della società dove ciascuno deve prendere la sua parte. E' il Cristo che ci chiede di essere la luce del mondo, di essere il sale della terra, di essere per la pasta un lievito capace di farla lievitare. La caratteristica della testimonianza è precisamente di essere un appello alle coscienze, che non si confonde con la pressione o la propaganda, ma che non dimentica tuttavia il supporto che rappresenta la testimonianza collettiva e l'istituzione in cui s'incarna. Perché, in definitiva, per l'amore delle persone e la preoccupazione di una solidarietà fraterna con tutti nel bene, noi testimoniamo un Vangelo che corrisponde ai reali bisogni e alle attese più profonde del cuore umano, ma che non si confonde con lo stato dei costumi in quel momento o in quel contesto sociale. Non dimentichiamo mai la preghiera di Gesù per i suoi discepoli alla sera della sua vita terrestre: Padre non ti chiedo di toglierli dal mondo, ma di custodirli dal Cattivo. Essi sono nel mondo, ma non sono del mondo (cfr. Jn 17,11 Jn 17,14 Jn 17,15).

Io so che questa è proprio la nostra preoccupazione di pastori. Lo avete appena dimostrato ricordando il rispetto assoluto della vita umana, e nello stesso tempo la necessità di misure che favoriscano l'accoglienza della vita. Tutti gli altri aspetti della vita familiare e sociale possono essere così oggetto di un chiarimento che aiuti la formazione delle coscienze. E questo insegnamento etico, quando si rivolge ai cristiani deve essere ricollocato nel contesto di una vita teologale che le dia il suo senso e la sua forza.


5. In questa formazione permanente alla fede e ai costumi cristiani, avete giustamente la preoccupazione di indirizzarvi agli adulti come agli adolescenti e ai bambini.

Gli educatori non dovrebbero scoraggiarsi di dare alla scuola o nelle caritative dei giovani un'iniziazione di qualità alla fede, con l'approfondimento che essa richiede. La catechesi nella scuola conserva la sua importanza capitale se non si vuole lasciare che l'ignoranza religiosa si allarghi in un deserto spirituale. Nelle misure in cui le famiglie sostengono troppo poco questo sforzo e in cui i giovani sono immersi in un clima di incertezza o d'indifferenza, il compito è certamente difficile. Tuttavia merita un maggiore sforzo a livello del contenuto dell'insegnamento, della pedagogia, della testimonianza e della preghiera che devono accompagnarlo.


6. Penso anche al popolo cristiano nel suo insieme. La partecipazione massiccia e fervente di questo popolo alle assemblee eucaristiche in occasione della mia visita apostolica in Belgio ha rivelato la vitalità reale delle nostre comunità cristiane, l'attaccamento di una gran parte dei nostri compatrioti al Vangelo, la loro fiducia nella Chiesa, la loro gioia di pregare insieme, la loro buona volontà per vivere secondo la loro fede. La nuova evangelizzazione che voi iniziate non può non tenere conto di questa realtà di oggi né del passato cristiano che l'ha nutrita e che ho evocato davanti a voi a Malines. Essa non può accontentarsi di riservare i suoi sforzi a un'élite che sembra più convinta e più impegnata. Senza trascurarla, la pastorale deve cercare di raggiungere questa massa di credenti, talora di malcredenti che, spesso, hanno sfortunatamente abbandonato in parte la pratica religiosa, ma che non sono insensibili alla fede. Soprattutto in occasione delle celebrazioni sacramentali, bisogna risvegliare in essi la fede, la fede in un Dio personale, ridonare il gusto della preghiera, proporre degli impegni cristiani a loro misura.

Bisogna che essi trovino sul loro cammino una Chiesa che li ama, che li apre a una prospettiva più profonda. In tutti questi casi la Chiesa deve diventare missionaria, preoccupata di coloro che sono lontani.


7. Nel trittico del vostro progetto voi date a giusto titolo, un posto privilegiato alla celebrazione della fede. Questa non saprebbe dimenticare l'aspetto festivo che molti riscoprono: "essa deve soprattutto essere degna, impregnata del senso del sacro e dell'adorazione, favorire la partecipazione interiore e spirituale, vivente e fruttuosa al mistero pasquale di Gesù Cristo" (cfr. Sinodo straordinario dei Vescovi, 1985 Relazione finale, II, B, b, 1), integrare nella lode e nell'intercessione l'offerta della vita e la supplica per le preoccupazioni attuali, restando imperniata sulla salvezza che viene da Dio per mezzo di Gesù Cristo. Vi incoraggio a presentare l'assemblea eucaristica domenicale attorno al sacrificio di Cristo come il summit della vita cristiana, e il centro della vita della comunità. Ed esorto i pastori e i fedeli a prendere sempre più coscienza della necessità della conversione e riconciliazione con Dio, in una celebrazione del sacramento che include l'approccio personale. Queste celebrazioni avranno tanto più peso quanto più i cristiani ritroveranno il cammino della preghiera personale o comunitaria nella loro vita quotidiana.


8. L'evangelizzazione di cui parliamo è l'opera di tutti i membri della Chiesa, Vescovi, teologi, preti, religiosi e religiose, laici adulti e giovani. Durante la nostra visita precedente "ad limina" abbiamo richiamato la responsabilità specifica dei teologi in linea con il magistero dei Vescovi. Oggi in vicinanza del Sinodo dedicato ai laici, penso specialmente ad essi. Io so che essi prendono sempre più il loro posto di battezzati e cresimati negli impegni della comunità cristiana. Io ne gioisco. Ne abbiamo lungamente parlato ad Anversa, nella chiesa di Notre-Dame di Lacken, a Bruxelles e a Liegi. Abbiamo anche sottolineato il loro ruolo di animazione spirituale del mondo, nei molteplici settori della vita sociale, grazie alla loro testimonianza personale o comunitaria, alla loro azione cristiana. I nostri fedeli sono giustamente preoccupati della giustizia, dello sviluppo, della pace da promuovere. Essi devono prendere in considerazione i problemi acuti del loro tempo e del loro paese: per esempio le sorti dei numerosi disoccupati, degli immigrati, dei rifugiati. L'ispirazione deve sempre essere posta nella fede, nella carità secondo le beatitudini segnate da spirito di povertà, dalla dolcezza e dalla forza. Quanto all'apostolato propriamente detto, non si dovrebbe confonderlo con la promozione sociale: esso riguarda l'evangelizzazione delle persone e attraverso le persone, il miglioramento delle strutture in conformità al regno di Dio.


9. Non ho bisogno di ritornare qui sulla pastorale della famiglia. Il nostro documento di lavoro le dà, a buon diritto, un largo spazio. Io mi auguro che i nostri compatrioti prendano ben coscienza della grave posta in gioco. Certamente, nelle condizioni attuali, la famiglia è talvolta lontana dal realizzare il progetto di Dio su di lei, a livello di preparazione al matrimonio, della fedeltà degli sposi, dell'amore vissuto quotidianamente, dell'accoglimento della vita nel progetto educativo, del clima di preghiera e di fede. Ma precisamente i focolari cristiani hanno una testimonianza senza pari da donare. Perché l'equilibrio delle persone, la qualità della vita nella società e della vita nella Chiesa, passano sicuramente attraverso il rinnovamento morale e spirituale della famiglia, attraverso il modo in cui è vissuto il matrimonio. Ho notato con soddisfazione l'iniziativa pastorale imperniata sulla famiglia, che voi siete disposti a lanciare l'anno prossimo.


10. L'insufficienza delle vocazioni sacerdotali e religiose, le difficoltà incontrate per formare solidamente i seminaristi poco numerosi e abbastanza dispersi, costituiscono per voi delle gravi preoccupazioni. Nel 1982 avevo insistito sul richiamo. So che questi problemi sono per voi oggetto di riflessione. Voglio su questo punto rafforzare la nostra speranza. Molti paesi hanno fatto l'esperienza in questi ultimi anni di progressi considerevoli per quanto riguarda il numero e la qualità di coloro che consacrano tutta la loro vita al servizio di Dio e della sua Chiesa.

Lo Spirito santo può suscitare un rinnovamento che, agli occhi umani, sembrerebbe imprevedibile. Ma bisogna convincerne preti e fedeli, bisogna lavorarci e pregare con tutte le nostre forze, secondo un'audace pastorale delle vocazioni.


11. Ecco, cari fratelli nell'episcopato, qualche punto base per la nuova evangelizzazione che vi sta a cuore.

Tutti i cristiani belgi vi hanno la loro parte, come ho già detto, ciascuno nel suo rango, ma il Signore ha affidato a noi Vescovi la missione apostolica di segnare il cammino e di illuminare la strada, di indicare, se è necessario, le insidie e le ambiguità, meglio ancora di mettere in luce gli obiettivi, di fortificare le energie, di nutrire spiritualmente, di assicurare la comunione profonda nella diocesi tra le diverse comunità cristiane del paese, con la Chiesa universale. Molti cambiamenti sociali hanno potuto ostacolare la fioritura della fede o la pratica religiosa, ma le vere cause sono di ordine spirituale. Preghiamo il Signore risorto di rafforzare a questo livello la forza interiore della quale hanno bisogno i preti, i religiosi e le religiose, i fedeli delle vostre diocesi.

Di gran cuore li benedico e benedico anche voi.

1987-04-24 Data estesa: Venerdi 24 Aprile 1987




Ai Direttori Generali delle organizzazioni internazionali dell'Onu - Sala dei Papi (Roma)

Titolo: Superare i contrasti ideologici e favorire l'esigenza etica

Testo:

Cari fratelli.

Desidero ringraziarvi per i cordiali sentimenti espressi a nome vostro dal Segretario Generale, Perez de Cuellar. Mi riempie di gioia il fatto che quest'incontro a Roma delle organizzazioni internazionali dell'Onu abbia reso oggi possibile la vostra presenza qui, e rivolgo ad ognuno di voi il mio benvenuto e un cordiale saluto.


1. L'Organizzazione delle Nazioni Unite, per la quale voi lavorate, ha un ruolo vitale nel mondo di oggi. Siamo tutti consapevoli del fatto che le crescenti interdipendenza e intercomunicazione creano una base sempre maggiore per la pace e la comprensione reciproca, ma che moltiplicano anche i rischi di un conflitto mondiale. La vostra organizzazione ha come scopo di studiare le possibilità per mantenere la pace e di ridurre i pericoli che sorgono con le ingiustizie e le aggressioni. Serve come luogo di discussione e come effettivo strumento di azione, nel ricercare il bene comune per la famiglia umana.

Essa deve la sua esistenza al desiderio dei popoli di buona volontà di pace, sicurezza e libertà, per cercare di garantire uno sviluppo umano a tutte le persone, famiglie e comunità. Ognuna delle azioni o attività che voi svolgete fu iniziata per assicurare un vero progresso umano, cioè un progresso basato sul rispetto dei diritti fondamentali, sulla mutua cooperazione e sulla promozione della giustizia e della pace.

L'Organizzazione delle Nazioni Unite è degna di approvazione per il suo servizio all'umanità a diversi livelli. Come parte delle sue attività regolari, ha orientato l'interesse pubblico verso quei problemi come la povertà, la mancanza di case, i diritti umani, la condizione dei profughi, i bisogni dei bambini e degli handicappati, e il contributo delle donne alla società.

Allo stesso modo ha attirato l'attenzione sui problemi relativi alle sfere della cultura, dell'economia, della scienza e della salute pubblica. Tra gli altri risultati vorrei anche menzionare la Convenzione firmata l'anno scorso a Vienna in occasione dell'evento dell'incidente nucleare.

Ognuno dei problemi menzionati, così come molti altri, possono essere risolti solo mediante una cooperazione che superi gli interessi nazionali e regionali. Le iniziative delle Nazioni Unite sono un segno della speranza che una tale cooperazione è possibile. Come ben sappiamo, la ricerca di un compenso e una cooperazione mondiale per una pace stabile e per la soluzione dei problemi non è facile, poiché esistono molte differenze sociali, politiche ed economiche che contrassegnano la famiglia umana, e la costante tentazione per le singole nazioni di ricercare troppo i propri interessi a discapito del grande bene comune. Per questa ragione il lavoro delle Nazioni Unite richiede pazienza e perseveranza sulla strada della cooperazione.


2. Ma esiste un aspetto più profondo che bisogna considerare. Tutti coloro che amministrano e portano avanti i programmi delle Nazioni Unite devono continuare a trovare la loro ispirazione negli ideali e nei valori morali sui quali l'organizzazione fu fondata. Solo su questa strada essa attua un proposito che è un genuino servizio alla comunità del mondo. Solo su questa strada può mantenere una visione che ispiri la fiducia e la cooperazione internazionali. I più alti modelli di integrità personale sono richiesti da parte di tutti. Se ciò venisse meno si incrinerebbe la fiducia nell'urgente compito di promuovere soluzioni morali ai problemi del mondo. L'approccio etico è fondamentale, poiché senza di esso si può perdere di vista la dignità e i diritti di ogni essere umano. Se questa dignità non viene riconosciuta e se questi diritti non vengono rispettati non può esserci un genuino progresso né soluzione decisiva ai problemi che ci circondano.

Per troppo tempo nel nostro secolo l'umanità è stata condizionata dallo scontro delle ideologie competitive e dagli interessi economici, un conflitto nel quale l'individuo è degradato e subordinato al profitto o all'ideologia. Questa è stata la causa di una grossa divisione e di un odio, di molta violenza e molte guerre, e continua a intralciare gli sforzi per creare giustizia e pace. La famiglia umana è stata quindi profondamente condizionata dagli sviluppi scientifici e tecnologici, e questi suscitano anche questioni etiche circa la natura del progresso collegato alla persona umana.


3. Sono convinto che in questo momento della sua storia l'Organizzazione delle Nazioni Unite si trovi di fronte ad un doppio compito: superare la competizione economica e ricercare un approccio etico allo sviluppo umano e alla risoluzione dei problemi sociali. Quando parlo di approccio etico intendo dire che l'uomo e la qualità di vita veramente umana che ognuno desidera siano al centro del pensiero e dell'azione. L'uomo e i suoi diritti: il diritto alla vita, il diritto ad un'esistenza dignitosa, il diritto di professare liberamente il suo credo religioso, il diritto al lavoro, e così tutti gli altri.

Non è solo questione di osservare certe norme morali portando avanti le attività delle Nazioni Unite, ma anche adottare coscienziosamente un approccio che sia riconosciuto come etico, perché è veramente al servizio dell'individuo e rispetta la dignità e i diritti umani. La recente pubblicazione della Missione Pontificia per la Giustizia e la Pace di riflessioni sulla questione del debito internazionale è un tentativo di formulare un tale approccio a riguardo di un particolare problema urgente riguardante tutte le nazioni.


4. La Chiesa cattolica, i cui membri provengono da differenti paesi e nazioni, apprezza gli sforzi sovranazionali delle Nazioni Unite, per trovare soluzioni etiche ai molti problemi. Perché la Chiesa ha un messaggio che va al di là delle umane divisioni e dei conflitti mondiali. Essa crede profondamente nella pace e lavora per lo sviluppo ed il progresso, insistendo sul fatto che essi sono veramente umani solo se sono radicati nella verità della creazione divina e nella redenzione del mondo.

Per queste ragioni la Chiesa è sempre pronta a cooperare con le Nazioni Unite in ogni degna iniziativa che promuova e progetti la dignità della persona umana e la pace, la giustizia e il benessere di tutti.

Prego che Dio benedica voi e i vostri collaboratori nel servizio all'umanità attraverso il vostro lavoro alle Nazioni Unite. Benedica egli anche le vostre famiglie e i vostri cari con la sua grazia e la sua pace.

1987-04-24 Data estesa: Venerdi 24 Aprile 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Lettera al Cardinale Emmet Carter in occasione del 50° di sacerdozio