GPII 1987 Insegnamenti - Ad un gruppo di fedeli della Baviera - Aula della Benedizione (Roma)

Ad un gruppo di fedeli della Baviera - Aula della Benedizione (Roma)

Titolo: Vivete, custodite e tramandate il vostro patrimonio religioso

Testo:

Eminenza.

Gentile signor Presidente dei Ministri.

Eccellenze.

Signore e signori.

Desidero di cuore darvi il benvenuto qui in Vaticano. Avete intrapreso questo pellegrinaggio a Roma per onorare il vostro ex Arcivescovo e per rendere noto un legame che anche dopo la sua chiamata a Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede non è stato spezzato.

L'occasione più esplicita è comunque il compimento del suo 60° anno di età. Mi unisco con piacere oggi a questo gruppo di pellegrini nel porre i miei migliori auguri di felicità e benedizione.

Eminenza, non è questo il luogo più adatto, ma è arrivato il tempo per apprezzare in misura adeguata l'instancabile opera per la Chiesa come docente di teologia in diverse università tedesche, come Arcivescovo di Monaco e di Freising e come Prefetto Cardinalizio, e lei probabilmente non lo considererebbe opportuno.

Mi permetta comunque di esprimere qui pubblicamente una sincera parola di ringraziamento con l'espressione nota a lei e ai suoi connazionali "Dio te ne renda merito!".

Cari fratelli e sorelle! A molti di voi sta molto a cuore la cura delle tradizioni bavaresi e della musica popolare e così dedicate molte ore del vostro tempo libero per essa.

In questo sforzo non deve pero essere dimenticato l'ambito globale nel quale esse possono maturare e crescere.

Molti compositori e riscopritori del patrimonio musicale locale erano persone credenti e i testi lo provano. Anche l'amore alla bellezza della natura, delle montagne, prati e laghi ha potuto arrivare ad una tale profondità poiché è ultimamente orientato verso il Creatore del mondo e dell'uomo. In molti paesaggi della vostra patria la casa di Dio si inserisce nella natura in armonia, così che allo stesso visitatore che non crede diviene chiaro che per i cristiani creazione e Creatore si compenetrano in modo indivisibile e che ciò che viene creato dall'uomo si sforza di imitare il pensiero del Creatore.

perciò ecco la mia preghiera e il mio appello a voi: mantenete vivo nelle vostre parrocchie e comunità questo ambito globale! Curate il canto popolare religioso. Impegnatevi per la celebrazione della santa Messa nelle festività e preparatela in modo attivo! In questo modo non vivrete solo dell'eredità dei vostri predecessori ma continuerete a costruirla e a mantenerla nella sua pienezza per le generazioni future.

Ancora una volta vi ringrazio per questa visita e vi auguro delle ore ricche spiritualmente nell'incontro con i luoghi della fede nella città eterna.

Insieme imparto a voi e ai vostri cari in patria la mia particolare benedizione apostolica. Arrivederci a Monaco!

1987-04-25 Data estesa: Sabato 25 Aprile 1987




Al pellegrinaggio dei cinquemila ragazzi del " Rosario Vivente" - Aula Paolo VI (Roma)

Titolo: Chiedete a Gesù, per intercessione di Maria, pace e giustizia per la Chiesa e per il mondo

Testo:

Carissimi ragazzi e ragazze del Rosario Vivente.


1. Oggi viene premiata la vostra attesa e trova coronamento la vostra assidua preparazione a questo incontro, da me pure atteso.

Mi è stato parlato delle vostre attività e del vostro entusiasmo; della vostra associazione e di come siete organizzati. Vi esprimo perciò il mio compiacimento soprattutto per il proposito di volere imitare sempre più la Madonna; e il vedervi così numerosi, animati dal medesimo sentimento, dà gioia e calore al mio cuore di padre.

So che con la vostra presenza volete anche esprimere il vostro ringraziamento, a nome dei vostri genitori e insegnanti, per l'enciclica sulla "Madre del Redentore" e per l'Anno Mariano che stiamo per iniziare.


2. così ora sapete anche il mio pensiero e il mio desiderio a riguardo della devozione alla Madonna e al suo rosario.

Non vi stancate mai di conoscere sempre di più la Madre di Dio e Madre nostra e non vi stancate soprattutto di imitarla nella sua completa disponibilità alla volontà di Dio, preoccupandovi solamente come esserle graditi per non rattristarla mai.

Voi sapete che è necessario pregare, e volete farlo considerando e ricordando quello che Gesù ha fatto e sofferto per noi: i misteri della sua infanzia, della sua passione e morte, della sua risurrezione gloriosa.

Recitando il vostro "mistero" o "decina", voi seguite l'ispirazione dello Spirito Santo che, istruendovi interiormente, vi porta a imitare più da vicino Gesù facendovi pregare con Maria e, soprattutto come Maria. E' una grande preghiera contemplativa, assai utile agli uomini d'oggi, "tutti presi dalle molte cose"; è la preghiera propria di Maria e dei suoi devoti.


3. Giustamente i misteri del rosario sono paragonati a delle finestre attraverso le quali potete spingere e immergere lo sguardo sul "mondo di Dio".

E' solo da quel mondo, dall'"esempio che Gesù ci ha lasciato" (1P 2,21) che imparate a essere forti nelle difficoltà, pazienti nelle avversità, sicuri nella tentazione.

Voi siete organizzati in gruppi di 15, secondo il numero dei misteri del rosario e pregate gli uni per gli altri. E così, mentre tutti insieme offrite alla Madre del Redentore l'intera corona di Ave Maria, venite esauditi più facilmente secondo la parola stessa del Signore: "Dove due o tre sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20).

La sicurezza di avere Gesù con voi, mentre meditate col rosario, vi deve rendere arditi nel chiedergli, per intercessione della Madonna, la pace e la giustizia per la Chiesa e per il mondo.


4. Vi suggerisce questa richiesta la fondatrice della vostra associazione, Paolina Jaricot, indicandovi che la fede si ottiene solo con la preghiera.

Ma soprattutto vi suggerisce questa richiesta la Madre del Signore, che a Lourdes e particolarmente a Fatima ha invitato maternamente a recitare ogni giorno e devotamente il santo rosario.

Vi incoraggia a questa recita quotidiana anche il Papa, che del rosario, lo sapete, ha fatto "la sua preghiera prediletta". Egli soprattutto vi incoraggia, secondo il nome che portate, a far vostre le virtù che riconoscete nei misteri del santo rosario. Dite questa preghiera con i vostri amici e soprattutto recitatela in famiglia con l'entusiasmo e l'insistenza che vi è propria.


5. Il rosario è un vero colloquio con Maria, la nostra mamma celeste. Nel rosario noi parliamo a Maria affinché ella interceda per noi presso il suo Figlio Gesù.

Così noi parliamo a Dio attraverso Maria.

Abituatevi, cari ragazzi e ragazze, a recitare il rosario in questo modo. Non si tratta tanto di ripetere delle formule, quanto piuttosto di parlare da persone vive con una persona viva, che, se non vedete com gli occhi del corpo, potete pero vedere con gli occhi della fede. La Madonna, infatti, e il suo Figlio Gesù, vivono in cielo una vita molto più "viva" di questa nostra - mortale - che viviamo quaggiù in terra.

Il rosario è un colloquio confidenziale con Maria, un parlarle pieno di fiducia e di abbandono. E' un confidarle le nostre pene, un manifestarle le nostre speranze, un aprirle il nostro cuore. Un dichiararci a sua disposizione per tutto quello che ella, a nome del suo Figlio, ci chiederà. Un prometterle fedeltà in ogni circostanza, anche la più dolorosa e difficile, sicuri della sua protezione, sicuri che, se lo chiediamo, ella ci otterrà sempre dal suo Figlio tutte le grazie necessarie alla nostra salvezza.


6. La Vergine santa voglia sempre tenere il suo sguardo su di voi, ragazzi e ragazze carissimi. Vi custodisca nel vostro cammino, nella vostra crescita umana e cristiana.

Così pure protegga i vostri genitori, insegnanti, parenti, amici.

Benedica largamente anche i frati e le suore dell'antico glorioso Ordine di san Domenico, al quale risalgono le origini prime di questa devozione rosariana oggi ormai diffusa in tutta la Chiesa.

Con questi pensieri, sentimenti ed auguri imparto di cuore a tutti voi la mia benedizione, che estendo a tutte le persone assenti a voi care, soprattutto ai vostri familiari.

Al termine del discorso Giovanni Paolo II ha così salutato i numerosi altri gruppi di pellegrini presenti nell'Aula Paolo VI Porgo un cordiale saluto e un fervido augurio anche agli altri gruppi presenti rivolgendo uno speciale pensiero a: - Gruppo sportivo dell'Ospedale Civile di Faenza; - i pellegrini delle parrocchie di san Giovanni Battista in Casnigo; - e di san Vincenzo de' Paoli in Villa Castelli; - della parrocchia di santa Maria assunta in Riva del Garda; - Gruppo Amicizia Anziani di Ovada; - gli alunni del Liceo Scientifico "Vieusseux" di Imperia; - le alunne dell'Istituto Tecnico per il Turismo di Treviso; - gli studenti dell'Istituto Nautico "Sebastiano Venier" di Venezia; - della scuola media statale "Guglielmo Marconi" di Gargnano; - gli alunni del II plesso della scuola elementare di Dorgali con i loro insegnanti e alcuni familiari.

Dalla Svizzera: il gruppo di Lions Club de la Venoge; dagli Stati Uniti: studenti della Scuola Cattolica della diocesi di Youngstown; dal Messico: un gruppo di pellegrini della parrocchia della Purissima Concezione di Monterrey.

Ed ora sono lieto di recitare insieme con i partecipanti al pellegrinaggio del "Rosario Vivente" il terzo mistero glorioso, nel quale si contempla la discesa dello Spirito Santo su Maria Vergine e gli apostoli, raccolti nel Cenacolo.

1987-04-25 Data estesa: Sabato 25 Aprile 1987




Messaggio televisivo al popolo tedesco - Proclameremo insieme la nostra fede comune



Cari fratelli e sorelle! Giovedi prossimo verro per la seconda volta come Vescovo di Roma nel vostro paese. Me ne rallegro.

Vengo quale successore dell'apostolo Pietro, a cui Gesù ha detto: "Pietro, conferma i tuoi fratelli!" (Lc 22,32). La fede, che abbiamo ricevuto dai nostri genitori, deve essere sempre riconfermata. Anche il successore di san Pietro ha bisogno per la sua fede, per il suo servizio alla Chiesa della conferma della fede delle comunità. Quando verro da voi, riconosceremo insieme la nostra fede.

Visitero alcune città del vostro paese, fra le altre Colonia, Monaco e Münster. A questa città io affianco i nomi di testimoni di fede.

A Munster: il Cardinale von Galen, chiamato a giusto titolo il "Leone di Münster". Egli si è schierato consapevolmente, al tempo del nazionalismo, a fianco della vita e contro l'assassinio dei malati di mente. A Monaco beatifichero padre Rupert Mayer, dove questo coraggioso adepto, sacerdote ed apostolo esemplare dell'amore al prossimo viene proposto alla venerazione e all'imitazione dei fedeli. "Beati voi, quando vi perseguiteranno per causa mia", ha detto Gesù.

"Rallegratevi, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli" (Lc 5,11ss).

E' beata anche la filosofa Edith Stein. Proveniva da una famiglia di ebrei di Breslau ed ha trascorso, come suor Teresa Benedicta a Cruce, alcuni anni nel carmelo di Colonia. Essa ha creduto in Gesù, in Gesù il Messia, il Redentore, il Salvatore del mondo.

In lui ella ha cercato e trovato il senso ultimo della sua vita. Essa ha visto la propria vita e la propria morte come partecipazione alla croce di Gesù.

Come Gesù si è affidata senza riserve al Padre che è nei cieli e ha confidato nel suo amore. E' stata uccisa come ebrea cattolica nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Ad Auschwitz è stato ucciso anche il mio compatriota padre Massimiliano Kolbe.

Come Arcivescovo di Cracovia ho spesso sostato dinanzi al muro della morte e mi sono aggirato fra le macerie dei forni crematori di Birkenau. Mi sono sempre domandato: "Fin dove arrivano i confini dell'odio - i confini dell'annientamento dell'uomo da parte dell'uomo - i confini della crudeltà?" (Omelia per la Messa celebrata nel campo di concentramento di Birkenau, 3, 7 giugno 1979: "", II [1979] 1485).

Edith Stein ha detto: "L'odio non dovrà mai avere nel mondo l'ultima parola!". Quando giovedi prossimo verro da voi, i testimoni del passato dovranno diventare per noi segni di speranza. Ci devono ricordare la nostra vocazione cristiana, l'essere testimoni di Cristo, il nostro impegno per la vita e che ogni vita umana merita di essere vissuta.

perciò vi prego affinché tutti noi concentriamo le nostre forze per le necessità degli uomini, per il loro benessere terreno e la sua salvezza eterna.

E prego coloro che insieme a me credono in Dio, nostro Padre celeste, affinché si uniscano a me nella preghiera per la pace e la riconciliazione.

Già da ora vi benedico tutti di cuore.

1987-04-25 Data estesa: Sabato 25 Aprile 1987




Recita del "Regina Coeli" - Piazza san Pietro - Il laico cristiano deve fare della religione non una parentesi ma una sintesi vitale



1. "Come bambini appena nati, / bramate il puro latte spirituale, / che vi faccia crescere verso la salvezza" (1P 2,2).

Questa esortazione di san Pietro, che la liturgia romana propone a conclusione dell'ottava di Pasqua, parla di nascita e di crescita. Due aspetti basilari della vita naturale. Due aspetti pure basilari della vita cristiana. Nel battesimo la creatura umana nasce alla grazia, entra nel novero dei figli di Dio quale membro del suo popolo santo e del corpo mistico di Cristo, diventa "uomo nuovo", definitivamente e irreversibilmente partecipe dell'ordine soprannaturale.

Questo "uomo nuovo" ha bisogno di nutrirsi mediante l'ascolto della parola di Dio, di cui il cristiano - come Pietro sottolinea con lapidaria semplicità - deve nutrirsi avidamente. La consapevolezza del battesimo ricevuto non può quindi non accompagnare il cristiano in tutte le dimensioni della sua vocazione.


2. Una di tali dimensioni è quella propriamente "apostolica". Ogni cristiano, per il fatto che è cristiano, è un apostolo. Immedesimato con Cristo-luce (cfr. LG 1), è chiamato ad essere, pure lui, luce del mondo.

E' su questa linea che il Concilio ha trattato - e lo ha fatto con ampiezza - dell'apostolato dei laici. Non lo ha concepito come una specie di supplenza al ministero consacrato, ma come un concreto e sempre necessario esercizio della vocazione cristiana.

Ecco un'affermazione fondamentale: "I laici... sono chiamati come membri vivi a contribuire con tutte le loro forze... all'incremento della Chiesa...

L'apostolato dei laici è quindi partecipazione alla stessa salvifica missione della Chiesa, ed a questo apostolato sono tutti destinati dal Signore stesso per mezzo del battesimo e della confermazione" (LG 33).


3. Sono destinati in prima persona. L'apostolato individuale, che ciascuno compie facendo fruttificare i propri "carismi", "è la prima forma e la condizione di ogni altro apostolato dei laici, anche di quello associato, ed è insostituibile" (AA 16). Di esso è espressione fondamentale la testimonianza di una vita vissuta seriamente secondo il Vangelo, facendo della religione non una parentesi dell'attività professionale o un abito d'occasione, ma una sintesi veramente vitale. Nella mentalità moderna, la testimonianza assume un valore particolare. "L'uomo contemporaneo ascolta piu volentieri i testimoni che i maestri... o, se ascolta i maestri, lo fa perché sono testimoni" (Paolo VI, EN 41).

Numerosi segnali stanno ad indicare che il senso apostolico si è andato estendendo ed approfondendo nei nostri fratelli e sorelle del laicato, pur tra oscillazioni di vario tipo. Il prossimo Sinodo avrà modo di individuare le vie concrete per un nuovo, decisivo impulso. Deponiamo questa speranza nel cuore della Vergine Maria, definita dal Concilio "modello perfetto della vita spirituale e apostolica" (AA 4).

1987-04-26 Data estesa: Domenica 26 Aprile 1987




Appello alla pacificazione - Piazza san Pietro (Roma)

Titolo: Auspicata per lo Sri Lanka "una vera, giusta, durevole pace"

Testo:

Le notizie degli ultimi giorni richiamano alla nostra attenzione ancora una volta il tragico e perdurante conflitto etnico che affligge lo Sri Lanka.

Con le parole dei Signore risorto ai suoi discepoli desidero esprimere a quel diletto popolo il fervido augurio: la pace sia con voi. Con un particolare pensiero per coloro che sono morti, per coloro che piangono la perdita dei loro cari.

Invito tutti ad adoperarsi con generosità ed impegno per una vera giusta e durevole pace affidando il mio auspicio alla intercessione della Vergine santissima, Regina della pace.

1987-04-26 Data estesa: Domenica 26 Aprile 1987




Visita pastorale alla parrocchia di sant'Eligio "ad ovile" - Roma



Il saluto della popolazione del quartiere Devo congratularmi con il Cardinale Vicario, con Monsignor Salimei, Vescovo di questa zona, per aver scelto la vostra comunità, quella della parrocchia di sant'Eligio per la visita pastorale di oggi. Mi congratulo poi con il vostro parroco, con i vostri sacerdoti e con tutta la comunità. Sono anche contento per questa bella giornata, bella piena di sole, un sole naturale si ma anche piena di un sole spirituale.

Oggi è la II domenica di Pasqua, ci troviamo nel Cenacolo e in questo Cenacolo arriva un apostolo che non aveva voluto credere nella resurrezione di Cristo fino a che non aveva potuto mettere le sue mani nelle piaghe e nelle ferite di Cristo. Sappiamo bene che si tratta di san Tommaso il quale pero appena ha potuto toccare ha espresso la sua fede con le parole più semplici: "Ecco il mio Dio, il mio Signore"; Signore, Dio mio! così ha espresso la sua fede nella divinità di Cristo, nella sua potenza redentrice. Io, carissimi parrocchiani, vi auguro che il cenacolo di oggi sia non solo la vostra chiesa, ma sia tutta la vostra chiesa tutto questo spazio in cui vivono i fedeli, i parrocchiani di sant'Eligio. E in tutto questo ambiente la voce di san Tommaso possa risuonare con la stessa autenticità con la stessa profondità come una volta e che sia per ciascuno e per tutti veramente una professione di fede e nello stesso tempo forza di vita. E' la fede infatti che ci dà la forza di vivere in questo mondo.

Voglio salutare tutti quanti vivono in questo quartiere, un po' lontano dal centro di Roma ma per questo diverso, più campagnolo, dove si respira anche più aria. Vi auguro di respirare si, quest'aria buona, fresca, primaverile. Ma vi auguro soprattutto di respirare l'aria spirituale che proviene dalla fede, in ogni ambiente, in ogni famiglia, per tutte le generazioni ora rappresentate qui davanti alla chiesa, dai più anziani, ai più giovani, ai giovanissimi e ai bambini. Vi ringrazio per questa vostra accoglienza e vi benedico tutti di cuore.

L' incontro con i bambini e i giovani della parrocchia Mi chiedevo sempre perché Gesù è venuto sulla Terra. Incontrandomi con voi ho trovato la risposta: Gesù è venuto sulla Terra per incontrare, si, tutte le persone, gli adulti, gli anziani, ma soprattutto è venuto per incontrare i bambini. Certo è venuto per incontrare anche quelli che hanno cinquanta, sessanta, ottanta, novanta, cento anni, o i vostri genitori che ne hanno trenta o quaranta: ma soprattutto è venuto per incontrare i bambini. Davanti a lui erano tutti bambini che avessero uno e cento anni perché ha voluto bene a tutti come se fossero dei bambini.

Io come Gesù vi voglio bene e vi benedico tutti insieme ai vostri genitori, alle vostre insegnanti e alle vostre carissime suore, insieme ancora al parroco e a tutti i suoi collaboratori in questa bella parrocchia che mi è dato oggi di visitare.

Voi tutti qui riuniti, ragazzi e ragazze della scuola dell'obbligo sapete bene che quando arriva il momento stabilito dalla legge, i bambini, i ragazzi e le ragazze, vengono iscritti in una scuola. I genitori portano i loro figli nelle scuole e li iscrivono. così voi cominciate ad apprendere le prime nozioni delle diverse materie, dalla scuola elementare, alla scuola media, alla scuola superiore e così via.

Ma io oggi voglio dire che voi tutti qui presenti, anzi che noi tutti qui presenti, incluso il Papa, siamo iscritti in un'altra scuola, in una scuola di Gesù Cristo. E in questa scuola siamo iscritti dall'inizio della nostra vita, dal momento del nostro battesimo. E questa iscrizione si fa anche nella parrocchia, si, ma soprattutto la si fa nel cuore. Ciascuno di noi la porta con sé come un segno indelebile. così tutti noi siamo iscritti a questa scuola di Gesù. Voi frequentate questa scuola perché la parrocchia è la scuola di Gesù Cristo. In questa scuola lavorano i suoi discepoli, lavorano i suoi sacerdoti, lavorano anche le suore, i laici, i vostri genitori... Tutto l'ambiente della vostra parrocchia lavora in questa scuola, ci lavora il Cardinale Vicario e ora ci lavora anche il Papa.

Tutti noi lavoriamo in questa scuola. Ma quello che lavora sopra tutti e più di tutti è lo Spirito Santo. La scuola di Gesù Cristo, quella scuola che si chiama Chiesa è la scuola dello Spirito Santo. Io vi auguro carissimi bambini e ragazzi di essere fedeli e sensibili all'insegnamento che la Chiesa vi offre tramite diverse persone ma soprattutto vi auguro di essere sensibili all'insegnamento che vi impartisce lo Spirito Santo insegnando nei vostri spiriti e nei vostri cuori insegnandovi la forza di Gesù crocifisso e risorto. Volevo dirvi questo per parlarvi della scuola della quale voi siete discepoli e noi tutti siamo discepoli, per augurarvi grandi successi in questa scuola.

L'omelia durante la celebrazione eucaristica

1. "Beati quelli che pur non avendo visto crederanno"! (Jn 20,29).

Con l'odierna domenica termina l'ottava pasquale. Quest'ottava è, in verità, un solo giorno: il giorno fatto dal Signore. E' il giorno dell'unica e medesima gioia pasquale, che sin dalla risurrezione di Cristo si irradia sull'anno intero. Sull'intera vita cristiana. In questo giorno-ottava si trova come il centro di questa irradiazione.

La lettura del Vangelo secondo Giovanni ci consente di ritornare ancora una volta al Cenacolo, per vivere in esso l'incontro degli apostoli con il Signore risorto.

"Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi... Ricevete lo Spirito Santo" (Jn 20,21-22).


2. Otto giorni dopo - proprio come oggi, ottava di Pasqua - ci troviamo di nuovo nel Cenacolo dove Gesù viene appositamente per Tommaso. Questi, infatti, non era incline a credere che il Maestro era vivo. Benché gli altri apostoli avessero parlato dell'incontro con lui, Tommaso non era stato allora presente insieme con loro.

Così dunque Cristo è venuto appositamente per Tommaso, in considerazione della sua incredulità. E così, come la prima volta, venne nel Cenacolo "a porte chiuse, si fermo in mezzo a loro e disse: ''Pace a voi!''" (Jn 20,26).

Subito dopo si rivolge a Tommaso e - quasi per rispondere esattamente alle richieste manifestate da lui davanti agli altri apostoli - dice: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani, stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!" (Jn 20,27).

Qui ci troviamo come all'apice del mistero dell'Incarnazione.

L'evangelista Giovanni poi scriverà: vi annunziamo "ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto coi nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato" (1Jn 1,1). Il Verbo si fece carne. Il Figlio, mediante il corpo, ha compiuto la volontà del Padre. Ci ha redenti con la sua passione e con la sua morte sulla croce. Nel corpo risorto ha conservato i segni della crocifissione.

"Non essere più incredulo ma credente!" vuol dire: accogli tutta questa verità stupenda circa, Dio-Redentore. La verità circa il Verbo della vita.

Convinciti con i tuoi stessi occhi e credi. Convinciti delle ferite rimaste nel corpo del Figlio dell'uomo - credi nel mistero divino.


3. Tommaso professa la sua fede, la fede degli apostoli, la fede della Chiesa con le parole tanto concise e insieme tanto ricche: "Mio Signore e mio Dio!" (Jn 20,28).

Questa professione di fede ha valore di testimonianza apostolica. Su questa testimonianza si basa la Chiesa di generazione in generazione.

Su di essa si basano tutti coloro, che "mediante la parola degli apostoli" crederanno in Cristo.

Il Risorto dice quindi a Tommaso: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!".

In queste parole i muri del Cenacolo, per così dire, si aprono. La realtà della risurrezione di Cristo si diffonde per il tramite della testimonianza degli apostoli in Gerusalemme ed oltre; va al di là della frontiera della Terra Santa, e si spande in tutto il mondo. "Beati quelli che pur non avendo visto crederanno" alla testimonianza dei testimoni oculari, quale Tommaso. Su questa testimonianza e sulla fede del Risorto si costruisce la Chiesa, in tutto il mondo.

Cristo risorto rimane per sempre "la pietra angolare" di questa costruzione.


4. La liturgia dell'odierna domenica pasquale ci conduce alla prima comunità ecclesiale, che si è plasmata intorno agli apostoli, a Gerusalemme, il giorno della Pentecoste.

I suoi membri "erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane" - cioè nell'Eucaristia - "e nelle preghiere" (Ac 2,42). Essi "tenevano ogni cosa in comune" (Ac 2,44), in modo tale che a ciascuno veniva dato secondo il suo bisogno. Questa testimonianza di giustizia e di carità attirava le benedizioni del Signore e la stima del popolo, cosicché, "il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati" (Ac 2 Ac 48).


5. Da tale comunità derivano tutte le altre comunità cristiane in tutto il mondo.

E a questa prima sono unite mediante la continuità e con la fondamentale identità.

Tra le molte Chiese locali, quella che è a Roma ha un particolare significato a motivo dell'eredità dei santi apostoli Pietro e Paolo. Pietro è anche il primo pastore della Chiesa di Roma, il suo primo Vescovo.

Nell'ambito della Chiesa di Roma, le singole parrocchie ritrovano la loro continuità e la fondamentale identità con quella comunità, di cui parlano gli Atti degli Apostoli.

Le parrocchie della Chiesa di Roma hanno una particolare responsabilità nei confronti di quelle di tutto il resto del mondo: appartenendo esse a quella diocesi che è sede del successore di Pietro, esse devono sentirsi in qualche modo partecipi della sua missione e sentirsi chiamate ad una speciale testimonianza di carità e di apostolato nella Chiesa cattolica. Devono sentire in modo speciale il valore e l'urgenza della missione. Il dovere del servizio e dell'aiuto alle Chiese piu povere e più bisognose.


6. So che questa consapevolezza e questo impegno già esistono nella vostra parrocchia, che è molto viva e fiorente, ed aperta a nuove prospettive future. So che già vi occupate della missione mediante un contributo annuale offerto alla parrocchia che i padri monfortani curano alla periferia di Lima, in Perù. Di ciò mi rallegro, e vi esorto ad insistere in questo senso. Possiate allargare i vostri spazi missionari ad altri luoghi, bisognosi non soltanto di beni materiali, ma anche di personale generoso.

Le celebrazioni in corso del ventesimo anniversario di fondazione della parrocchia vedono da alcuni anni la vostra comunità impegnata in una fase di crescita e di rinnovamento, grazie in modo speciale alle missioni popolari compiute dai padri francescani del Terz'Ordine Regolare, che vi hanno aiutato anche a preparare questo nostro bell'incontro.

Mi è caro notare che la vostra parrocchia, fin dal suo primo sorgere, è sempre stata un punto di riferimento per gli abitanti della zona non soltanto dal punto di vista religioso, ma anche in ordine ad una crescita economica e civile, tanto che il piccolo nucleo di abitanti esistente agli inizi e diventato oggi una vera e propria borgata, che ancora per molti motivi, vede nella presenza della parrocchia un fattore di progresso sia civile, che umano e cristiano. La comunità cristiana di questa zona, mediante coraggiose iniziative, ha in tal modo sopperito in questi anni anche a certe carenze delle strutture pubbliche, mostrando come il Vangelo sia fermento di progresso sociale di promozione umana.

Penso in modo speciale alla riuscita del Comitato di Quartiere ed al sorgere della scuola materna, gestita dalle suore Figlie del Santo Nome di Dio.


7. Desidero salutarvi tutti cordialmente nel nome di Cristo risorto, in questo "giorno fatto dal Signore". Saluto il Cardinale Vicario, il Vescovo del settore, Monsignor Giulio Salimei, il parroco Don Rino Cunial insieme con i suoi collaboratori: in modo speciale i chierici ed i religiosi monfortani e le religiose che ho già nominato, il consiglio pastorale, i catechisti, i vari gruppi parrocchiali. Saluto la Comunità Neocatecumenale, ed i gruppi da essa suscitati come quello dell'oratorio, della preghiera liturgica e del "dopo cresima", fecondi di buoni risultati soprattutto tra i giovani. Saluto le famiglie, i lavoratori, i fanciulli, gli anziani, i malati, ed in modo speciale rivolgo un pensiero affettuoso a coloro che soffrono, a chi ha problemi di lavoro, a chi si sente emarginato. Saluto anche chi, pur non condividendo la fede religiosa di questa comunità, fosse ugualmente qui presente.

A tutti voi il mio caldo augurio che il vostro impegno ecclesiale e sociale possa sempre più affermarsi ed espandersi.


8. "Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo" (1P 1,3). così ci parla oggi Pietro, un testimone eminente del Signore risorto. Parla a tutte le Chiese che esistono su tutta la terra. In modo più diretto parla a noi: a questa Chiesa che è a Roma. A questa parrocchia che l'apostolo visita oggi nella persona del suo indegno successore, Vescovo di Roma.

"Sia benedetto Dio...; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe... Dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, per la vostra salvezza, prossima a rivelarsi negli ultimi tempi" (1P 1,3-5).

Mediante la fede...

Mediante questa fede che l'apostolo Tommaso ha professato oggi con tanta forza: "Mio Signore e mio Dio!".

Questa è anche la fede di noi tutti. Di noi che pur non avendo visto, abbiamo creduto.

In questa fede si è aperta in noi, mediante la risurrezione di Cristo, una speranza viva. La speranza della vita eterna in Dio.

Ecco il primo messaggio di san Pietro nella liturgia dell'odierna domenica pasquale.


9. E il secondo messaggio è contenuto nel primo. Vi è, per così dire, inserito con le sue radici. "perciò - scrive l'apostolo - siete ricolmi di gioia". Siete ricolmi di gioia "anche se ora dovete essere per un po di tempo afflitti da varie prove" (1P 1,6). E' stato sempre così. E' stato così nella prima generazione dei seguaci di Cristo, nei tempi apostolici - e così è anche oggi. Le "varie prove" assomigliano alle prime, ma, nello stesso tempo, sono diverse, sono commisurate ai tempi in cui viviamo. A misura dell'uomo contemporaneo.

Benché quindi cambino i tempi, gli uomini, le prove e le sofferenze umane, rimane invariato il valore della fede, della quale scrive l'apostolo. La fede infatti "si prova" in esse così come l'oro "si prova col fuoco" - e ancora più dell'oro.

E proprio questa prova della fede mostrerà il suo valore indistruttibile "nella manifestazione di Cristo". E nascerà da essa la "gloria" alla quale siamo chiamati in Cristo (cfr. 1P 1,7).

"Esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la mèta della vostra fede, cioè la salvezza delle anime" (1P 1,8-9).


10. Accogliamo, cari fratelli e sorelle, questo messaggio dell'apostolo.

Accogliamo il messaggio dell'intera odierna liturgia pasquale: "voi lo amate - scrive san Pietro - pur senza averlo visto; ed ora senza vederlo credete in lui" (1P 1,8).

Si compia questo "adesso" della nostra fede cristiana. Si compia nella vostra vita terrena di giorno in giorno. E si compia quel "dopo" divino, preannunciato con la risurrezione di Cristo. Si compia quando conseguiremo la mèta della nostra fede: la salvezza delle anime. Al consiglio pastorale Vedo rappresentati qui coloro che sono più vicini al parroco. I componenti del consiglio pastorale condividono infatti le preoccupazioni e le sollecitudine del pastore. Pastore vuol dire prima parroco, poi Vescovo di zona, quindi Cardinale Vicario e poi Vescovo di Roma. Vi sono molto grato per questa partecipazione alle sollecitudini pastorali di noi tutti che, chiamati dallo Spirito Santo, siamo pastori nella Chiesa di Roma e specificamente in questa parrocchia. Poi c'è qui una presenza significativa di tanti maestri, insegnanti, professori, rappresentanti delle scuole. O piuttosto delle diverse scuole elementari, medie e anche materne. Questa presenza mi è particolarmente gradita ed è significativa perché ci riporta a un obiettivo comune, che è l'educazione dell'uomo. E l'educazione è il processo creativo che viene sempre orientato verso la persona umana, che deve essere educata da un'altra persona umana. Vi sono coinvolti molti ambienti: prima la famiglia e la scuola. La famiglia si affida alla scuola per l'educazione dei figli, per dare all'educazione una dimensione più completa dal punto di vista non solo dei contenuti, ma anche delle finalità: sociali, professionali, nazionali, civili, culturali. E nello stesso ambito viene coinvolta anche la Chiesa, la Chiesa locale, che qui è la vostra parrocchia o la Chiesa di Roma nel suo insieme. La finalità propria della Chiesa è infatti anche l'educazione dell'uomo. La Chiesa è centrata sull'uomo, in un modo del tutto singolare, straordinario, perché per educare l'uomo Dio si è fatto uomo: Gesù Cristo.

E con l'educazione dell'uomo si scopre tutta una realtà che è un mistero insondabile come tutti i misteri divini. Ma è una realtà concreta, storica. Come abbiamo sentito oggi nell'omelia, Cristo è stato visto, è stato udito, è stato toccato. Egli partecipa attivamente alla formazione dell'uomo e alla sua educazione. E con la sua realtà intima, con questo fatto teandrico (umano-divino, divino-umano) dice che l'educazione dell'uomo è orientata al suo destino soprannaturale.

Naturalmente il destino terreno dell'uomo - e tutti gli ambiti di questo destino terreno: culturale, civico, ecc. - tutti questi ambiti sono compresi in quel destino soprannaturale cui Cristo è venuto a educarci. Io mi auguro che questa vostra collaborazione, di cui l'incontro di oggi è una bella espressione, mi auguro che sia sempre fruttuosa in questa parrocchia: per la scuola, per la stessa parrocchia, per le famiglie e per ciascuno di voi, dai più piccoli fino agli anziani. Tutti siamo chiamati a essere educati in Cristo come filii in Filio, come dice san Paolo.

Formulo per tutti voi i miei auguri e vi benedico.

Alle Comunità Neocatecumenali Vi saluto anzitutto da parte di tante Comunità Neocatecumenali che ho incontrato in America Latina, in diversi luoghi del mio itinerario. A Montevideo, poi in quel lunghissimo paese che è il Cile e poi in quel grande paese che è l'Argentina. Ho visto parecchie volte l'iscrizione "Comunità Neocatecumenale", in spagnolo naturalmente. Tutti salutavano il Papa, lo accoglievano con lo stesso spirito con cui il Papa è accolto a Roma dalle Comunità Neocatecumenali delle diverse parrocchie, con gli stessi canti, le stesse melodie che vengono cantate qui, con gli stessi temi prediletti. Dovevo approfittare di questo incontro per riferirvelo perché veramente il vostro movimento è vasto, diffuso nel mondo, sente la vocazione, la chiamata del Signore per essere presente nella chiesa. Dove la chiesa è già costituita, dove la Chiesa vive il suo cammino cristiano, battesimale; dove la Chiesa è molto debole o ridotta, nei paesi con maggioranza non cattolica, per esempio nei paesi scandinavi.

Inoltre voglio sottolineare la caratteristica di questo incontro di oggi, che avviene nella seconda domenica di Pasqua, cioè alla fine dell'ottava pasquale, e Pasqua è per tutti noi, per tutti i cristiani, i cattolici, e forse con ancora maggiore rilievo per gli ortodossi, per tutti i cristiani insomma è veramente la più grande solennità: "solemnitas solemnitatum". Ma non solamente solennità. E' il mistero più grande. Il mistero in cui comincia il nostro cammino spirituale e con cui termina, e verso cui viene orientato il nostro cammino spirituale.

Voi come neocatecumenali siete specialmente orientati verso questo mistero pasquale tramite la realtà sacramentale del battesimo. Noi viviamo insieme, a Pasqua, il battesimo. Basta vedere soprattutto la liturgia della vigilia pasquale, tutta questa liturgia così come era celebrata nei secoli e come oggi viene celebrata in san Pietro.

Tutto questo unisce due dimensioni, la dimensione pasquale e la dimensione battesimale perché ciò che corrisponde alla realtà pasquale è prima di tutto il battesimo. E la vostra vocazione è di vivere più profondamente il battesimo, approfondire il mistero battesimale che costituisce il punto di partenza, il fondamento della nostra vita, del nostro essere cristiani.

Vi auguro che continuerete in questo cammino neocatecumenale, che vuol dire nello stesso tempo anche cammino della intensità della parola di Dio.

Sacramento, battesimo e parola di Dio vanno visti insieme. E possiamo dire che il movimento neocatecumenale ha ricevuto questa grande sfida della parola di Dio: contemplare questa parola per approfondire, per "leggere", nel senso profondo della parola "leggere", cioè approfondire, andare fino al fondo dei significati, dell'essenza delle cose significate.

Ecco, la vostra vocazione neocatecumenale è profondamente legata alla parola di Dio. Vivere la parola di Dio è far vivere agli altri questa parola. E così voi siete neocatecumenali e catechisti, è giusto, Si può dire che una buona formazione per essere catechisti deve essere anche neocatecumenale. Vivere questo cammino neocatecumenale perché le verità della fede non possono essere solo interpretate intellettualmente, con le nozioni speculative. Si, anche con quelle, ma soprattutto devono essere vissute con la grazia di Dio e alla luce dello Spirito Santo. Ecco basta, per non entrare troppo nelle materie che sono proprie delle vostre riunioni specifiche, neocatecumenali. Vi auguro una buona Pasqua.

Questo esprime il centro, il nucleo del Cristianesimo. Vi auguro di essere sempre vicini a questo nucleo del Cristianesimo e di fare avvicinare gli altri, anche i più lontani, a questo nucleo centrale. Vi benedico nel nome del Signore con i vostri bambini.

Il consueto incontro con i giovani al termine della visita Devo fare prima una precisazione. Penso che voi tutti siate un po' tentati di fare i giornalisti... Lo dico perché quando mi reco nelle varie parti del mondo mi si avvicinano spesso giornalisti per intervistarmi e farmi domande. E anche voi lo fate. Le vostre domande sono, direi, più autentiche. Non voglio certo diminuire il valore delle domande dei giornalisti, e anche il loro mestiere, che è difficile: lo sottolineo in ogni circostanza durante i miei viaggi. Ma le loro domande sono sempre un po' professionali. Invece le vostre non sono frutto della vostra professione, del vostro mestiere ma direttamente della vostra esistenza, di quello che vivete.

Siete giovani e il privilegio dei giovani, e anche il peso di essere giovani, consiste nell'interrogarsi. Voi interrogate gli altri perché interrogate voi stessi. Siete interpellati dal mondo, e direi che siete interpellati anche dalla Chiesa, da Dio, da Cristo. Tale è la caratteristica dell'essere umano.

L'uomo interpella ed è interpellato. E questa è l'autenticità dell'essere umano, che si manifesta chiaramente nei bambini. Sappiamo bene che già i bambini - non quelli molto piccoli, ma quelli già un po' grandicelli - cominciano a interrogare i genitori con delle domande che portano molto lontano, domande fondamentali benché espresse in una forma così infantile. Pero nel loro vero contenuto, nella loro vera intenzionalità, sono molto profonde.

E così è l'uomo. L'uomo si rivela in colui che interroga, pone domande e cerca risposte. E con queste risposte - prima con le domande e poi con le risposte - cerca una cosa da cui dipende il suo essere o non essere: la verità. La verità: l'uomo non può vivere senza verità.

Ecco un piccolo commentario, piccolo ma fondamentale, a tutte le vostre domande. Se si guarda ai contenuti, sono domande che denotano curiosità. Come sono i giovani in Polonia, in Italia, in America Latina... Da una parte sono tutti molto simili, ma sono anche diversi, non possono non esserlo. Ma se dovessi parlare di una caratteristica globale, direi che sono più simili di quanto non siano diversi. C'è un denominatore comune. Naturalmente questi giovani hanno problemi diversi e questi problemi dipendono dalla situazione in cui vivono, situazioni culturali, sociali, economiche, politiche.

Queste situazioni determinano le loro domande e non solo le domande ma il loro modo di vivere, il loro modo di essere giovani. Potrei rispondere che, trattandosi di giovani, si può dire che dappertutto, dove li incontro, sono tutti molto interessati al Papa. Mi dicono: "Tu devi incontrarci, tu devi parlarci..." e io lo faccio molto volentieri, da tanti anni. Da quando ero un giovane prete e lo faccio anche adesso, anche se in modi diversi. Infatti è diverso incontrare piccoli gruppi e incontrare migliaia di persone. Come in Argentina. Alla Giornata della Gioventù sembra ci fossero un milione di giovani: dell'America Latina e poi ospiti europei e anche romani.

Ecco, devo dire che i giovani per noi che non siamo più giovani costituiscono una certa sorpresa perché quando si guarda un po' indietro, agli anni settanta, al dopo Concilio, al '68, pareva che i giovani fossero tutti dei rivoltosi, che volessero distruggere, cambiare con metodi più brutali un mondo che a loro appariva inaccettabile, per cominciare di nuovo da zero.

Era l'epoca della grande contestazione in diversi paesi dell'Europa e del mondo. Molto meno ciò avvenne nel mio paese natale. Ma li c'era una causa specifica, senza entrare nei particolari...

Ma i giovani sono una sorpresa perché non si sa come, sono cambiati.

Hanno cominciato a cercare la preghiera, la vita spirituale, le veglie. Non tutti certo, ma molti. Come si spiega questa svolta? Non trovo che una risposta, perché non è solo merito degli educatori. Certo, gli educatori hanno dei meriti, ci sono anche oggi dei grandi educatori carismatici. Ma quando mi faccio questa domanda, trovo una sola risposta: è opera dello Spirito Santo. Vi auguro di essere docili e sensibili a quest'opera dello Spirito Santo e con questo augurio vi ringrazio per questa partecipazione per i vostri canti e vi auguro buona Pasqua.

1987-04-26 Data estesa: Domenica 26 Aprile 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Ad un gruppo di fedeli della Baviera - Aula della Benedizione (Roma)