GPII 1987 Insegnamenti - Ai vescovi del Portogallo in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Ai vescovi del Portogallo in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Evangelizzare e rinnovare la fede del popolo di Dio

Testo:

Amati e venerabili fratelli vescovi del Portogallo.


1. Ringrazio per i sentimenti che ha appena espresso il signor card. patriarca di Lisbona, don Antonio Ribeiro, in qualità di presidente della Conferenza episcopale, interpretando ciò che voi sentite nel vostro cuore e che, negli scorsi incontri, alcuni di voi ebbero già l'occasione di manifestare. Grazie di cuore! In questo incontro che vivo come uno dei compiti più importanti e più belli dei miei doveri come successore di Pietro, riaffermo nuovamente anche il "vivo affetto" con cui sempre vi accompagno e con cui oggi vi ricevo, animato dal desiderio, come diceva l'Apostolo, di "condividere con voi non solo il Vangelo di Dio, ma anche la vita stessa" (cfr. 1Th 2,8). Ed è di comunione il momento della vostra visita "ad limina apostolorum", più ancora che una semplice esperienza di collegialità episcopale: comunione di menti, di cuori in un solo Spirito, che ha il proprio punto culminante nella concelebrazione dell'Eucaristia.

Con pochi cambiamenti - se non i tre nuovi fratelli che si sono aggiunti a noi - questo nostro gruppo si era già riunito a Fatima, in occasione del mio indimenticabile pellegrinaggio e, dopo un anno, si ritrovo ancora qui, durante la precedente "visita ad limina". Il tempo passa rapidamente; ma i ricordi graditi restano. Si: rimane in me, vivo, il ricordo del mio incontro con la Chiesa del Portogallo, anche oggi qui presente, da voi rappresentata. Salutandovi come pastori, saluto le vostre comunità - i sacerdoti, i religiosi, le religiose e tutti i fedeli - grazie a Dio, la maggioranza del popolo portoghese. Secondo la linea di continuità degli incontri precedenti, faccio alcune brevi considerazioni, mantengo ancora vivo il duplice voto della recente solennità degli apostoli Pietro e Paolo, perenne voto di Roma: l'unità di tutti i vescovi nella comunione con il successore di Pietro, e l'"ansia sollecita per tutte le Chiese" (cfr. 2Co 11,28).


2. Un anno dopo la mia visita pastorale, pubblicaste una prima lettera pastorale congiunta in cui, anticipando per qualche aspetto la più recente assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi, scrivevate: "Sta al nostro spirito dare un nuovo impulso al movimento di rinnovamento delle nostre diocesi".

Contemporaneamente iniziavate un'inchiesta, volendo ascoltare il popolo di Dio a livello nazionale, sulle "deficienze e urgenze notate o sentite nella Chiesa del Portogallo". Dai risultati raggiunti nacque l'idea di "una sola linea di forza... dell'azione pastorale fino al Duemila", espressa in una nuova lettera pastorale congiunta con il fortunato binomio: "Evangelizzare e rinnovare la fede del popolo di Dio, secondo le esigenze del Concilio e del nostro tempo".

Non posso non congratularmi con voi per tutto questo, indice di attenzione e di grande sforzo. Fu un deciso passo in avanti per consapevolizzare e animare responsabilità comuni, sulla base sicura dell'unità e della fedeltà, senza ignorare la diversità delle situazioni, dei mezzi e persone di cui si dispone, in diocesi tanto differenti come sono quelle portoghesi. perciò spettava ad ogni vescovo, singolarmente considerato, l'orientamento del movimento evangelizzatore e rinnovatore nella propria circoscrizione diocesana.


3. Purtroppo il tempo non ci permette di intrattenerci sull'analisi della situazione della Chiesa in Portogallo, in questa fase di presa di coscienza, ben individuata nelle ampie e ben elaborate relazioni, che avete preparato con cura.

Con consolatorie attestazioni di questo ricupero di coscienza delle numerose indicazioni concrete di vitalità e impegno ecclesiale, non mancano alcune dettagliate relazioni riguardanti lacune, pericoli e difficoltà che in questo momento si presentano alla Chiesa che è in cammino e continua la sua peregrinazione "nel mezzo delle persecuzioni del mondo e delle consolazioni di Dio, annunciando la Pasqua del Signore, fino a quando egli verrà" (LG 8). Intanto il Buon Pastore continua a dirci: "Fatevi coraggio! Io ho vinto il mondo" (Jn 16,33).

Ciononostante prevalgono motivi di ottimismo e speranza, dato che la Chiesa in Portogallo dà l'impressione di essere sufficientemente solida, con la sicurezza di coscienza e la capacità di intervento, senza complessi, nonostante le difficoltà che comunque sussistono. E, in questo momento, sembra che prevalgano non solo fattori transitori, ma prevalentemente storici e strutturali, legati alla sorte del popolo e della nazione in generale, insieme a fenomeni di assestamento, conseguenza di un repentino cambiamento nel suo cammino storico, che ha causato mutamenti profondi.

Particolarmente di ciò si sono occupate le vostre perspicaci riflessioni congiunte, analizzando gli eventi e le situazioni, come la conosciuta evoluzione politica e la decolonizzazione; e, a livello ecclesiale, l'impatto col rinnovamento conciliare e con alcune "letture" poco esatte del Concilio stesso.

Avete scritto recentemente: "In una epoca in cui per varie circostanze, ci vediamo integrati nella Comunità Economica Europea, dobbiamo preoccuparci di affermare la nostra coscienza collettiva, che non può ridursi a termini di mercato. Possiede un patrimonio da preservare. Di questo fa parte la fede cristiana... Mantiene un'aspettativa depositata nel carattere specifico del nostro contributo, che si fonda necessariamente sui nostri valori spirituali e religiosi".

Fate poi ancora un riferimento che è un appello, e che desidero sottolineare qui con voi, ai cari emigranti portoghesi: costoro, "sia nei Paesi europei, sia nei Paesi degli altri continenti, hanno contribuito a rendere presente e vivo fra gli altri popoli il patrimonio di matrice cristiana" che hanno portato con sé dalla madre patria (Nota Pastorale del 17 maggio del 1987).


4. "Evangelizzare e rinnovare la fede del popolo di Dio": mi piacerebbe aver il tempo per meditare con voi sul contenuto dell'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" e altri ulteriori chiarimenti e applicazioni che ho ricavato dalle luminose prospettive del documento del mio venerato predecessore Paolo VI.

Presupponendo ciò, mi limitero a porre l'accento sul fatto che non si curasse come priorità assoluta questa "novità" della fede pasquale del popolo di Dio, segreto della perenne gioventù della Chiesa (cfr. Ep 5,27), con un altro spirito si correrebbe il rischio di mettere un pezzo di panno nuovo a un vestito vecchio" (cfr. Mt 9,16).

La fede del popolo di Dio ha bisogno di essere vivificata e alimentata di continuo nell'obbedienza al Vangelo, con il procedimento descritto dall'Apostolo: missione, annuncio, accoglienza e adesione personale impegnata (cfr. Rm 10,14-16); ha bisogno di essere animata dalla "novità" di Gesù Cristo.

Con lui è nato l'"uomo nuovo", chiamato a vivere in famiglia con tutti gli uomini, attraverso la santità e la grazia tradotte in verità e vita, nell'edificazione della giustizia, dell'amore e della pace. Ed è grazie a "uomini nuovi" che deve nascere una società nuova, in un clima di solidarietà e fraternità, illuminata dal sole della carità e continuamente purificata e rinfrescata dalla dolce brezza della pratica delle beatitudini.


5. Con queste basi, passo ora all'accento di alcuni punti più volte ripetuti nel corso delle venti relazioni. Primo fra questi, quello dei mezzi e degli operai dell'evangelizzazione, o della centralità della problematica delle risorse, soprattutto delle risorse umane: invilimento dei presbiteri, insufficienza delle vocazioni sacerdotali e religiose, limitazione nell'adeguata formazione dei candidati al sacerdozio e alla vita consacrata. Sembra che questo sia preoccupante e faticoso, nonostante i progressi, in numero e qualità, che avete segnalato in questi campi. Desidero rafforzare la vostra speranza e stimolare la vostra attenzione e il vostro intervento, proponendovi come mezzi per accelerare l'inversione di tendenza che, grazie a Dio, comincia a manifestarsi: 1) l'insistere sulla "valorizzazione" dell'"argento di casa" che nonostante tutto - come voi avete sottolineato - è di valore; disponendo di un buon clero, cioè guardare ai "modelli" da presentare alle nuove generazioni, mostrando principalmente fiducia nell'accrescere la fiducia, affinché tutti i sacerdoti cerchino sempre di rendersi raccomandabili come ministri di Dio (cfr. 2Co 6,3ss); 2) siano buone piste i "suggerimenti" della recente assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi, per quanto riguarda la formazione nei seminari e nelle case religiose (cfr. Relazione Finale, 11, A, 5); 3) l'incrementare l'apostolato o promuovere le vocazioni, ravvivando continuamente le corresponsabilità, nel campo umano e cristiano; ma soprattutto il pregare e il fare pregare intensamente: lo Spirito Santo può suscitare il sospirato rinnovamento, imprevedibile pero dal punto di vista umano; perciò è necessario implorare con fede il "Signore della messe".

In questa linea, è risaputo il posto che occupano le persone consacrate: non solo con la disponibilità, la competenza e lo zelo che sono loro propri, per rendere presente la Chiesa in diversi campi; ma in questo tempo così bisognoso di preghiera e a volte omesso nella preghiera al Signore, c'è un grande bisogno di persone che si dedichino alla preghiera, che preghino per coloro che non possono da soli, come risulta anche dall'esemplarità della croce.


6. L'aumento del numero degli studenti e dei docenti nei livelli di insegnamento secondario, superiore e universitario, in Portogallo, è un'altra realtà, di per sé consolatrice, che è stata da voi segnalata come un'urgenza per l'attenzione della Chiesa, per ciò che significa nel presente e nel futuro cristiano e nella vita sociale del Paese. E' una moltitudine esposta e scossa del vento, di "dottrine molteplici e strane", in cui l'insegnamento si professa neutro religiosamente. E' una "massa" enorme da "maturare".

E' il "fermento" deve produrre "uomini nuovi" - a questo punto faccio un appello ai laici della vostra patria - affinché sappiano mantenere e rafforzare continuamente la propria identità cristiana, coscienti del fatto che "è buona cosa irrobustire il cuore con la grazia" (He 13,9 cfr. Ep 4,14), al fine di dare testimonianza di fede senza ombre, speranza trascendente e amore tradotto in vita dalle esigenze etiche, come persone motivate, sicure e che rispettano gli altri.

Tale rispetto non ha nulla a che vedere con l'indifferenza. E' un'attitudine responsabile, dettata dalla coscienza autentica, che porta a riconoscere in se stessi e negli altri l'uomo in tutte le sue dimensioni come creatura meravigliosa, con "diritti d'autore": la persona umana. In questo ha il suo fondamento il rispetto del Creatore e un amore dell'uomo che va al di là delle categorie delle quantità e dei fatti.


7. In questo momento desidero dire una gradita parola che serva da stimolo, voti propizi e un appello per l'Università Cattolica Portoghese - di iniziativa della vostra Conferenza episcopale - e per le sue estensioni universitarie, che sono realtà oggi, in varie città. Il suo prestigio, riconosciuto all'unanimità come hanno dimostrato le diverse relazioni - deve essere mantenuto realizzando sempre più come servizio la missione evangelizzatrice della Chiesa, contribuendo perché siano assimilati e modificati "dalla forza del Vangelo", i criteri di giudizio, i valori che contano, i centri di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell'uomo che siano in contrasto con la parola di Dio e con il suo disegno di salvezza" (EN 19). So che fate tutto ciò che vi è possibile affinché si conservi questo prestigio e per renderlo evangelizzatore. Che Dio aiuti e illumini sempre voi e tutti coloro che sono impegnati in questa causa.

Ma si impone alla vostra sollecitudine e generosità di pastore un'attenzione più allargata a tutto il mondo della cultura, come si impone a tutti gli "uomini nuovi" per la novità di Cristo.

E' un compito arduo, ma che promette buoni frutti, a corta e a lunga scadenza. Il cristianesimo è una parte molto importante del patrimonio culturale portoghese. Avete riferito che fra voi numerosi sacerdoti si dedicano all'insegnamento e non solo della disciplina della "religione e morale". Tutti desideriamo che siano degli esimi professionisti, i migliori fra i migliori. Ma i sacerdoti sono impegnati, prima di tutto, con Cristo e con la sua Verità; e saranno felici solo nella consonanza e nell'armonia di tutto il proprio essere e agire con la condizione di "ministro di Cristo" in accordo con la Chiesa: con la Chiesa universale e con la sua Chiesa locale; e ancora, mettendo in pratica l'esemplarità di "luce e sale" che gli altri hanno il diritto di vedere in loro, come quando, paradossalmente, li incitano a "emigrare" dalla loro scelta di vita fondamentale. Per essere completamente felici pregate, pregate molto, coltivando l'unione con Cristo, dato che da ciò dipende il frutto della sua attività (cfr. Jn 15,5): dipende la salvezza di molti fratelli.


8. Mi avete confidato inoltre gioia e apprensione per ciò che riguarda il culto liturgico, devozione e tradizioni, vissute nelle feste e nei pellegrinaggi, tipici della vostra terra. Ha causato in me profonda soddisfazione constatare nella maggioranza delle relazioni l'aumento della devozione per la santissima Eucaristia, anche al di fuori della messa, grazie ai ministri straordinari del Sacramento. L'Eucaristia, lo sappiamo, è legata alla promessa della vita eterna, e perciò resta "il centro e l'apice di tutta la vita cristiana".

Per quanto riguarda tutto il resto, con prospettive positive, ci sono questioni ancora aperte, a cui va dedicata la più grande attenzione, sapendo approfittare e valorizzare la profonda religiosità della vostra gente. Vi lascio come suggerimenti volti ad incoraggiare il vostro zelo, impegno e fermezza in questo immenso campo: il dialogare e maturare attraverso il giudizio critico, la purificazione del senso del sacro e dell'imperativa adorazione di Dio, molte volte sopravvissuti ai disvalori, agli errori; fare tutto il possibile affinché sia ripresa la celebrazione-incontro dell'Eucaristica domenicale, e affinché quest'ultima corrisponda alla necessità di festeggiare, comunicare e sentire farsi realtà la "legge di Cristo" che implica il "sopportare gli uni i pesi degli altri" e il "piangere con chi piange" quando necessario, ma anche il "gioire con chi gioisce" (cfr. Ga 6,2 Rm 12,15): il trattarci gli uni gli altri come fratelli.


9. Pertanto, occorre vivere e crescere nella coscienza di figli di Dio nella grazia (cfr. Ep 5,1), "ognuno deve esaminare se stesso" e compiere il dovuto discernimento, per capire qual è la volontà del Padre celeste, quale il vero bene che gli piace e ciò che è perfetto (cfr. Rm 12,1-2). Qui si inserisce l'appello alla riconciliazione; l'appello alla conversione, all'impegno personale. Celebrare la Penitenza, per la liberazione dal peccato, diviene tanto più imperativo quanto più i cristiani sapranno percorrere i cammini indicati dalla Signora del Messaggio a Fatima: i cammini della preghiera personale, familiare e comunitaria; e il cammino della conversione al Vangelo, dirigendosi verso Dio e facendo della vita una preghiera e nella preghiera inquadrare il quotidiano. E in questo nostro tempo, quando diventa ancora più minacciosa la perdita del senso del peccato e in cui tante persone sentono il vuoto interiore e la crisi spirituale, "la Chiesa deve mantenere e promuovere con energia il senso della penitenza, della preghiera, dell'adorazione, del sacrificio, della dimenticanza di se stessi, della carità e della giustizia" (Sinodo straordinario dei vescovi, 1985, Relazione finale, II, A, 4). Infine esorto voi, amati fratelli, a continuare con quella serena fermezza che traspare dalle vostre relazioni e ai vostri documenti congiunti, ad orientare, incentivare e proteggere con tempestivi interventi - là dove necessario - la testimonianza collettiva e la peregrinazione nella fede della Chiesa in Portogallo.

Quanto più si manifestano le tendenze che vogliono preporre la quantità e i fatti, o semplicemente la demagogia, alla spiritualità, e che arrivano a mettere in questione, a livello di società o di Stato, i valori morali fondamentali perché possa sopravvivere la dignità della persona, tanto più i cristiani devono sentirsi forti, compatti e solidali per chiamare errore e peccato quello che lo è, perché in contrasto con il Creatore e la sua creazione. Cristo, ieri come oggi e per sempre, è "via, verità e vita", per l'autentica felicità dell'uomo.


10. Per quanto riguarda gli altri campi della vostra attività di pastori, mi sono rimaste nel cuore e occupano il primo posto nelle mie preghiere, le vostre confidenze, speranze e preoccupazioni. Come: 1) la famiglia: la famiglia secondo Dio, le sane famiglie portoghesi tradizionali, che cominciano ad essere rimpiante, e le famiglie di oggi; intanto il futuro dell'uomo continua ad essere deciso all'interno della famiglia; quest'ultima continua ad essere la speranza per l'equilibrio delle persone e l'armonia della società; 2) il mondo del lavoro, dei disoccupati e di coloro che soffrono per le ingiustizie, disparità e insidie che lo minacciano, quando invece il lavoro deve essere cammino di fedeltà a Dio e all'uomo-fratello; 3) i mass-media, con le loro immense possibilità e con la loro problematicità, a cui è importante dare delle risposte desunte dal Vangelo; 4) la carenza e l'inadeguatezza delle strutture ecclesiastiche e laiche che dovrebbero preparare i cristiani alla partecipazione, alla promozione sociale e all'impegno nell'apostolato, che sia più efficace e sicuro; e in relazione alla prossima esperienza dei diaconi permanenti; 5) la propaganda a cui non sempre è possibile far fronte, di stampo materialista, atea o antiecclesiastica, volta ad allargare lo spazio per il secolarismo, il permissivismo morale, per il consumismo e l'edonismo, fino ai mondi illusori dell'alienazione totale della persona; 6) il mondo dei giovani, dei cari giovani portoghesi, desideriamo tutti che non venga distrutto il loro patrimonio culturale; che siano liberi si, ma nell'amore che sa discernere e sacrificarsi per nobili ideali, per essere i migliori cittadini della propria patria, dando ampi spazi alla generosità dei loro cuori per abbracciare il mondo, con ciò che ha di bello, nobile e in accordo con il progetto di Dio.


11. Cari fratelli nell'episcopato: "Abbiate fiducia! Io ho vinto il mondo".

Evangelizzare e rinnovare la fede del popolo di Dio, secondo le esigenze del Concilio e del nostro tempo, è un compito immenso; ma non è qualcosa di supplementare o facoltativo nella nostra missione di pastori e nella missione della Chiesa. Molti fattori incidono sulla vitalità cristiana e sulla fecondità apostolica delle comunità e possono indebolirle. L'opera che deve essere costante contro la mancanza di una guida, sarà tanto più efficace e convincente quanto più gli agenti pastorali e tutti i discepoli di Cristo sapranno stare uniti e parlare lo stesso linguaggio: saranno "un solo cuore e una sola anima" solidamente radicati nella carità divina: "perché il mondo creda" (cfr. Jn 17,21). Tutti i cristiani portoghesi hanno in ciò una propria parte, ciascuno secondo la propria condizione.

A noi, pastori, il Signore ha affidato l'incarico di articolare le diverse forme di corresponsabilità e di impegno. Con i sentimenti di "buon pastore" e come testimoni dobbiamo garantire soprattutto la compattezza, la comunicazione profonda e fruttuosa fra i fedeli, le diverse comunità, fra le diocesi, le circoscrizioni pastorali, infine, fra le forze vive del popolo di Dio e tutte queste con la Chiesa universale.

In questo Anno mariano, per implorare l'intercessione della Madre del Redentore - modello e presenza materna nella vita della Chiesa che è in cammino - con voi mi sento con lo spirito a Fatima: che l'Altissimo faccia scendere su di voi e sulle vostre comunità diocesane, i doni del suo amore, per incamminarvi, con gioiosa speranza, ogni giorno più "evangelizzati e rinnovati" nella peregrinazione di fede. Imploro su di voi e su tutta la Chiesa da voi rappresentata, la benedizione del Signore.

1987-07-06 Data estesa: Lunedi 6 Luglio 1987









Messaggio ai cattolici della RDT - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vi esorto a una speranza cristiana attiva

Testo:

Al mio venerabile fratello il cardinale Joachim Meisner, presidente della Conferenza episcopale di Berlino.

Saluto cordialmente, con una speciale partecipazione spirituale, i miei confratelli nel servizio episcopale e sacerdotale, i religiosi, le religiose e tutti i fedeli che sono riuniti a Dresda per un incontro cattolico che ha come tema: "La potenza di Dio - nostra speranza".

Con la Chiesa proclamiamo la nostra fede in Dio, Padre onnipotente. Egli è colui che tutto crea regge e governa. In lui riponiamo la nostra fiducia, poiché - nonostante alcune apparenze contrarie - egli tiene nelle sue mani questo mondo e i suoi uomini. La sua potenza ci accompagna non soltanto nella grandezza della creazione, ma soprattutto nella sua bontà, nella sua misericordia e nel suo amore.

La sua potenza non è dispotismo; egli non vuole sottomettere l'uomo, ma promuove e tutela la nostra libertà e la nostra responsabilità. Chi ha scelto Dio come suo Signore non è più schiavo degli uomini, dei sistemi o delle cose materiali, ma è figlio e figlia del Padre celeste (cfr. 2Co 6,18).

Cari fratelli e sorelle, questo messaggio della fede cristiana è il fondamento della vostra speranza. Conosco la realtà della vostra vita quotidiana.

In mezzo a un mondo, che vuole il silenzio di Dio o che lo ha dimenticato, voi restate fedeli alla vostra fede. Sapete di non essere soli nelle vostre difficoltà. Dio ha stretto con voi un'alleanza. Egli è diventato in Gesù Cristo il nostro Emmanuele, "Dio-con-noi". In lui la potenza e la regalità di Dio sono sempre presenti fra noi. Essa ci dà forza e coraggio per accettare liberamente Cristo e la sua lieta novella.

Con fiducia nella potenza e nell'aiuto di Dio, vi esorto a una speranza cristiana attiva. Non aggrappatevi spasmodicamente alla vostra vita (cfr. Ap 12,11)! Non riponete la vostra speranza soprattutto nei poteri transitori e nei tesori di questa terra! Non sostituite il Padre che vive nei cieli con gli idoli di questo mondo, con gli idoli del potere terreno o del possesso materiale a qualunque costo. Non diventate schiavi di poteri illusori. "E saro per voi come un padre, e voi mi sarete come figli e figlie, dice il Signore onnipotente" (2Co 6,18).

Mi rivolgo a voi, famiglie cristiane. Fate si che la fede non venga meno! Voi genitori trasmettete ai vostri figli ciò che significa amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze (cfr. Mc 12,30).

Nell'educare i vostri figli date la precedenza allo sviluppo del carattere piuttosto che alla spinta a produrre. Anteponete la formazione cristiana di tutto l'uomo, soprattutto del cuore, agli altri obiettivi dell'educazione. Voi giovani e voi bambini, io vi incoraggio: Dio non dimentica nessuno di quelli che si riconoscono in lui.

Non lasciatevi intimorire, non lasciatevi amareggiare. Chi viene osteggiato a motivo della sua fede, non veda questo pregiudizio come una perdita.

La posizione e il guadagno non sono sinonimo di una vita piena e realizzata.

Cristo dice persino "Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia" (Mt 5,11).

In questa celebrazione cattolica comunitaria saluto anche tutti gli ammalati e i sofferenti della vostra Chiesa. Cari fratelli e sorelle, fate delle vostre sofferenze un terreno di speranza per tutta la Chiesa. Ponete i vostri dolori nelle mani risanatrici di Gesù Cristo.

Mi rivolgo infine a voi che avete una responsabilità nell'ambito della Chiesa: che vi occupate della cura delle anime e della catechesi, suore e medici al servizio degli anziani e degli ammalati, diaconi, sacerdoti e vescovi. La potenza di Dio si manifesta soprattutto nella sua misericordia. La sua bontà si rivolge di preferenza, come ci dicono le Scritture, ai piccoli, agli ammalati, agli oppressi. In questa sequela di Cristo fate si che la Chiesa nel vostro paese sia un segno che Dio esiste e che egli è amore. Le preoccupazioni di coloro che vi sono affidati diventino le vostre preoccupazioni, la loro speranza sia la vostra speranza. Le vostre porte e i vostri cuori siano aperti per tutti. Aiutate i vostri fratelli cristiani a riconoscere la loro missione cristiana e ad assolverla coraggiosamente nella vita concreta di ogni giorno, soprattutto nel mondo del lavoro.

Cari fratelli e sorelle della Chiesa della Repubblica Democratica Tedesca! Dio, l'Onnipotente, è veramente il fondamento e la sorgente della vostra speranza e della vostra fiducia. Egli è la potenza e la forza della vostra fede in Cristo e nella sua Chiesa. Il seme dello spirito e della vita cristiana, i valori della cultura cristiana non devono andare dispersi nelle vostre città e nelle vostre comunità; attraverso voi debbono acquistare una nuova vita. Come il mondo ha bisogno di Cristo, così il vostro paese ha bisogno dei cristiani.

Da Dio onnipotente imploro per voi la vicinanza che dà forza e la continua presenza del suo Spirito divino e come pegno vi imparto di cuore la mia speciale benedizione apostolica: in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

1987-07-10 Data estesa: Venerdi 10 Luglio 1987




Messaggio al Segretario dell'UNCTAD - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Al di là dell'economia rivolgetevi all'uomo, a tutto l'uomo

Testo:

Nata dall'esigenza di risalire alle fonti per ravvivare le intuizioni che hanno portato alla sua fondazione ed attingervi nuove energie, si tiene a Ginevra la VII Sessione della Conferenza delle Nazioni unite sul Commercio e lo Sviluppo (CNUCED).

Mi è gradito ricordare che la Santa Sede ha attivamente contribuito alla creazione di questo organismo nel 1954 e da quel momento non ha cessato di offrirgli tutto il suo appoggio. Esattamente venti anni fa, il mio predecessore Paolo VI scriveva la lettera enciclica "Populorum Progressio", facendosi portavoce dei "popoli della fame (che) interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell'opulenza" (PP 3) e dedicando molte pagine all'equità nelle relazioni commerciali" (PP 56-65). Io stesso, fin dalla mia prima enciclica (4 marzo 1979) ho presentato la nostra epoca come un "gigantesco sviluppo della parabola biblica del ricco epulone e del povero Lazzaro" (RH 16).

Oggi, il quadro presenta un contrasto ancora più netto rispetto al passato, malgrado le numerose iniziative pensate e concertate, intraprese dalla comunità internazionale. così, in un mondo affranto, intorpidito dal disinganno, vorrei offrire ai membri di questa assemblea un messaggio di speranza, di una speranza rafforzata oggi dalla nostra più viva consapevolezza dell'eguale dignità e della responsabilità solidale di tutti gli uomini. Non basta che i Paesi riconoscano nella necessità economica o politica la loro interdipendenza. Solo il senso etico di una vera corresponsabilità permetterà loro di aprire vie nuove per la giustizia internazionale, di rispettare fino in fondo gli impegni presi solidalmente e contratti strutturalmente.

In questo spirito, potrete affrontare risolutamente i punti importanti del vostro ordine del giorno: le risorse necessarie allo sviluppo che l'onere dell'indebitamento internazionale compromette gravemente; i prodotti di base i cui prezzi reali non sono mai stati tanto bassi da cinquant'anni a questa parte; il commercio internazionale, dove la violazione dei regolamenti multilaterali va a discapito dei più deboli.

Quanto all'attenzione particolare che date da qualche tempo ai paesi definiti "meno avanzati" (per la maggior parte situati in Africa), voi lo sapete, i loro sforzi coraggiosi di sviluppo non potranno avere esito favorevole senza il sostegno totale e costante di tutti. Il problema del debito estero, questa piaga aperta nel fianco delle relazioni internazionali, è stato esaminato, su mia richiesta, dalla Pontificia Commissione Iustitia et Pax. Mi auguro che le sue riflessioni sul piano etico incoraggino "le diverse parti a trovare un accordo per condividere, in modo equo, gli sforzi di assestamento e i sacrifici necessari, tenuto conto della priorità delle esigenze delle popolazioni più bisognose. I paesi più ricchi devono assumersi una responsabilità maggiore" (1,4).

Il vostro compito è molto importante: in cooperazione con le altre istituzioni competenti, vi conduce a riconsiderare, come ha scritto, "le strutture e i meccanismi finanziari, monetari, produttivi e commerciali che (...) reggono l'economia mondiale: essi si rivelano incapaci sia di riassorbire le ingiuste situazioni sociali, ereditate dal passato, sia di far fronte alle urgenti sfide (...) del presente" (RH 16). Il vostro compito è ben arduo, sempre attento, per far fronte all'instabilità dei tassi di cambio, alla manipolazione dei mercati all'irrigidimento del protezionismo e a ben altre minacce che si nutrono di sfiducia e di egoismo.

Ma la vostra missione è anche molto esaltante poiché, al di là dell'economia essa si rivolge all'uomo, a tutto l'uomo, nella sua dimensione culturale e spirituale. In questo senso non vi sono da un lato paesi sviluppati e dall'altro paesi in via di sviluppo; ma ogni paese è chiamato allo sviluppo integrale dell'uomo e, fortunatamente, la nostra epoca è meno tentata di identificare lo sviluppo con la sola crescita economica o la semplice riproduzione di modelli di paesi industrializzati. Inoltre, lo sviluppo non può essere né spontaneo né istantaneo, né decretato né concesso: esso esige una vasta e libera adesione degli stessi popoli, pazientemente educati a divenire artefici del proprio destino. Di tutto cuore, imploro la benedizione divina sui vostri lavori.

Non si può mancare a questo nuovo incontro tra i popoli: l'attesa è troppo grande, troppo pressante, perché nuovi impegni non siano presi dalla vostra Conferenza e perché questi impegni presi non vengano poi rispettati dalla volontà politica dei vostri paesi. Il momento è favorevole. Che voi possiate aprire vie nuove alla speranza dei popoli!

1987-07-12 Data estesa: Domenica 12 Luglio 1987




Omelia alla Messa - Val Visdende (Belluno)

Titolo: Impegno morale per il cristiano l'avere cura della terra

Testo:

"Beato l'uomo... che si compiace della legge del Signore e la sua legge medita giorno e notte" (Ps 1,2).


1. Con queste parole del salmo responsoriale or ora recitato, desidero salutare tutti voi, fratelli e sorelle, convenuti in questa mirabile Val Visdende (veramente "Vallis videnda") per la celebrazione dell'Eucaristia nella festa votiva di san Giovanni Gualberto, patrono degli operatori forestali.

Beato l'uomo che si compiace della legge del Signore, delle opere del Signore, dei segni imponenti della sua presenza nelle meraviglie del creato.

Davanti a questo panorama di prati, di boschi, di torrenti, di cime svettanti verso il cielo, noi tutti ritroviamo il desiderio di ringraziare Dio per le meraviglie delle sue opere, e vogliamo ascoltare in silenzio la voce della natura al fine di trasformare in preghiera la nostra ammirazione. Queste montagne, infatti, suscitano nel cuore il senso dell'infinito, con il desiderio di sollevare la mente verso ciò che è sublime.

Queste meraviglie le ha create lo stesso Autore della bellezza. Ora, se siamo colpiti dalla loro presenza e attività, pensiamo da ciò quanto è più potente colui che le ha formate. Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia se ne conosce l'autore (cfr. Sg 13,3-5).


2. Desidero salutare il signor card. Marco Cè, qui presente e, con lui, saluto il vescovo della diocesi di Belluno-Feltre, mons. Maffeo Ducoli, l'arcivescovo di Udine, mons. Alfredo Battisti, il vescovo di Treviso, mons. Antonio Mistrorigo, convenuti quassù per questa celebrazione.

II mio saluto si estende altresi alle autorità dello Stato e della Regione; in special modo al ministro dell'Agricoltura e foreste, on. Filippo Maria Pandolfi, e al presidente della Regione Veneto, professor Carlo Bernini. Saluto ancora i rappresentanti dei paesi e delle comunità montane del Comelico e di tutto il Cadore, in particolare gli operatori forestali delle Regioni Veneto e Friuli, come anche i superiori e i membri del Corpo forestale dello Stato, preposti alla tutela e allo sviluppo di queste foreste.

Un saluto va anche ai turisti convenuti qui per il periodo delle loro vacanze e per un salubre sollievo, a contatto con un ambiente ancora libero dal degrado ecologico che insidia le città e i luoghi di lavoro. A tutti rinnovo il saluto e l'augurio annunziato all'inizio di questa liturgia: La pace sia con voi.

La pace di Cristo, la pace dell'anima, la pace che è suggerita al nostro cuore dalle opere di Dio.


3. Le pagine del libro sacro che abbiamo letto portano la nostra meditazione sulla vita di san Giovanni Gualberto, un santo fiorentino del secolo X, misteriosamente condotto dalla grazia a testimoniare l'eroica carità del perdono e a consacrarsi a Dio nella vita contemplativa. Come è noto, la giovinezza di Giovanni Gualberto, della famiglia dei Visdomini, era stata turbata dall'assassinio del fratello maggiore, Ugo. Il padre e la tradizione sociale del suo tempo, spingevano Giovanni Gualberto a vendicare il delitto con l'uccisione dell'assassino. Egli lo incontro un venerdi santo; ma fu profondamente sconvolto nel suo proposito di vendetta dall'implorazione del colpevole, il quale, con le braccia in croce, chiedeva pietà in nome di Cristo. Il ricordo della misericordia di Gesù morente ebbe nell'animo di Giovanni Gualberto la forza di un messaggio irresistibile, che lo indusse al perdono e alla conversione.

"Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano" (Lc 6,27).

La tradizione narra che Giovanni Gualberto fu confortato dal Crocifisso con queste parole: "Poiché hai perdonato al tuo nemico, vieni e seguimi". Dopo avere lottato in Firenze contro la simonia, fino al punto di essere perseguitato per il suo zelo, Gualberto si ritiro nella solitudine di Vallombrosa per dare inizio a una comunità monastica benedettina, qui rappresentata oggi dall'attuale abate. Antiche testimonianze affermano che nella silenziosa foresta dell'Appennino Toscano, fedele al motto della preghiera e del lavoro, egli si applico, insieme ai suoi monaci, all'orazione e alla coltura dei boschi. Nella dedizione a questa attività prediletta i discepoli di san Giovanni Gualberto intuirono le leggi che presiedono alla conservazione e allo sviluppo delle foreste, e in un'epoca in cui non era possibile parlare di norme forestali, la religiosa e sapiente costanza dei monaci vallombrosani poté tracciare metodi validi per un congruo sviluppo del patrimonio boschivo delle regioni.


4. L'istinto della vendetta, purtroppo tanto radicato nei sentimenti dell'uomo, è stato definitivamente superato e pienamente vinto dalla forza dell'amore che perdona. Il Vangelo oggi ci dice che non solo gli amici, ma anche i nemici devono essere oggetto dell'amore cristiano: "Fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano" (Lc 6,27-28). Il perdono cristiano esige non solo la rinuncia alla vendetta, ma una risposta di amore verso il nemico; non una pura passività davanti all'insulto e al torto, ma la risposta morale più eloquente che si possa dare: l'affetto e la preghiera per chi è nemico.

Solo la forza di Dio e la grazia di Cristo possono condurci a questo atteggiamento di amore. La lettura di san Paolo, perciò, ci invita ad attingere "forza nel Signore e nel vigore della sua potenza" (Ep 6,10). Ma la conquista della capacità di perdonare e di amare i propri nemici passa attraverso una trasformazione più profonda del cuore. L'esistenza umana ha bisogno di essere guarita e salvata dalla costante tentazione dell'egoismo. Occorre, allora, una conversione assidua, che coinvolge tutte le espressioni della persona: la fatica del pensare, la preoccupazione dell'agire, lo sforzo della volontà. L'aspirazione dell'amore non deve rimanere muta, informe, infeconda, né oppressa e distrutta al momento della prova.

Il Signore ci invita, perciò, a liberare costantemente la nostra personalità dalla grettezza e dalla povertà del calcolo, dalle motivazioni interessate che nascondono una insidiosa presenza di egoismo anche in tanti gesti umanitari: "Da' a chiunque ti chiede... Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avrete?... Amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperare nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo" (Lc 6,30-35). Il vero discepolo di Gesù Cristo ama il suo prossimo "senza sperarne nulla", in atteggiamento di costante e gratuito dono di sé ai fratelli.

"Ciò che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo loro...

Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro" (Lc 6,31-36).

può capitare nella vita - come nel caso di san Giovanni Gualberto - che si presentino difficoltà estremamente acute, momenti in cui la logica umana ha bisogno di essere rivoluzionata dalla forza del precetto della carità, circostanze che impongono la necessità di rivedere e purificare la coscienza che l'uomo ha di se stesso e del suo posto nella comunità dei fratelli. E' in tali momenti che urge "indossare l'armatura di Dio" (Ep 6,3), cioè fare delle scelte secondo Cristo, il modello unico del comportamento cristiano.

Ciò esige una revisione radicale dei valori, richiede una sorta di seconda nascita, la tenace volontà di percorrere una via simile a quella di Cristo, fino a entrare nello spogliamento della sua croce. Cristo è la fonte di queste scelte: in lui ogni credente si illumina e spera, anche se si sente chiamato ad affrontare una lotta tremenda contro i propri sentimenti e contro la mentalità prevalente nel mondo. Resistete nel giorno del malvagio (cfr. Ep 6,13), ci ha detto san Paolo, cioè in quel giorno e in quei momenti che ci mettono alla prova circa le scelte consequenziali della fede.

Al termine di questo faticoso processo per la coerenza della carità evangelica sta, pero, una grande speranza: "Date e vi sarà dato, una misura buona, pigiata, scossa e traboccante" (Lc 6,38), perché la grandezza del dono sperato è infinitamente maggiore della fatica impiegata per meritarlo.


5. La festa odierna riguarda in modo speciale voi, operatori forestali, per il problema ecologico che è sotteso al vostro impegno. E' noto quanto oggi sia urgente diffondere la coscienza del rispetto per le risorse del nostro pianeta.

Tutti ne sono coinvolti, poiché la terra che abitiamo rivela sempre più chiaramente la sua intrinseca unitarietà, sicché le vicende inerenti alla conservazione del suo patrimonio riguardano tutti i popoli senza distinzione. La conservazione e lo sviluppo del patrimonio boschivo in qualsiasi zona è fondamentale per il mantenimento e la ricomposizione degli equilibri naturali indispensabili alla vita. Ciò va affermato ancora di più oggi, mentre ci accorgiamo di quanto sia urgente realizzare una decisa inversione di tendenza in tutti quei comportamenti che portano a preoccupanti forme di inquinamento. Ciascun uomo è tenuto ad evitare iniziative e azioni che possono intaccare la purezza dell'ambiente, e giacché le piante, nel loro insieme, svolgono un ruolo indispensabile sugli equilibri naturali, necessari alla vita in tutti i suoi gradi, la loro tutela e il loro rispetto divengono sempre più un fatto umano di singolare necessità.

E' impegno morale per il cristiano avere cura della terra "affinché essa produca frutto e diventi una dimora degna dell'universale famiglia umana" (GS 57).


6. Chiedo a Dio per tutti voi, operatori forestali, e per tutti voi, uomini e donne della montagna, appassionati cultori delle solide tradizioni di queste terre, che le vostre comunità conservino sempre le preziose eredità della cultura che vi riguarda. La gente della montagna possiede il gusto della contemplazione della natura, e con questa una conseguente profonda religiosità, che investe tutti i settori della vita, suscitando laboriosità, spirito di sacrificio, attaccamento alla famiglia e alla propria terra. può essere che la forza da cui traete il sostentamento vi appaia talvolta dura ed esigente per il lavoro che vi chiede; ma voi amatela come un dono di Dio, come un meraviglioso ambiente nel quale egli si rivela ai vostri occhi nello splendore delle cose da lui create.

Desidero perciò esprimere il mio compiacimento e il mio più vivo incoraggiamento ai responsabili della Regione e dello Stato per tutti gli impegni finora assunti al fine di sostenere e incoraggiare la permanenza delle popolazioni in questa regione montana, nel tentativo di arrestare o almeno ridurre la tendenza ad abbandonare i luoghi d'origine.

La montagna non deve spopolarsi, e un sincero plauso va rivolto a tutti coloro che contribuiscono a fare in modo che questi luoghi, conservati e sviluppati secondo le esigenze della loro naturale vocazione, siano una valida fonte di lavoro per l'economia degli abitanti.

Prego, ancora, Dio che voglia mantenere tra di voi le nobili tradizioni di solidarietà e di fraterna carità che da tempi antichissimi regolano le vostre forme di vita sociale. Confermo l'auspicio già espresso ai vostri vescovi nel corso della recente visita "ad limina": possano le vostre comunità rinsaldare la loro radice etica e spirituale, nel contesto di una identità culturale non attinta al di fuori delle loro tradizioni genuine.


7. Tutto quello di cui viviamo, la natura, la comunità, la cultura, la carità fraterna, tutto ci è stato donato da Dio, come una vocazione che ci sprona a fare in modo che la famiglia umana possa trarne sollievo e gioia. Le intenzioni di Dio, le sue volontà, sono intenzioni di amore, conducono a salvezza esigono comunione, parlano di vita eterna. Nella creazione egli ci ha posti come servitori di una volontà universale di bene e vuole che ogni nostra opera sia utile a tutti, affidandoci il servizio della carità come impegno prezioso del suo paterno amore.

Sforziamoci di ritrovare o ricostruire in ogni uomo una personalità veramente cristiana, per poter essere nel mondo cooperatori della bontà di Dio, nostro Padre.

Beato l'uomo che medita la legge del Signore giorno e notte.

1987-07-12 Data estesa: Domenica 12 Luglio 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Ai vescovi del Portogallo in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)