GPII 1987 Insegnamenti - Incontro con i giovani - Stadio comunale di Foggia


2. Voi sapete che tutto ciò che nel mondo si evolve è sottomesso al dominio dell'uomo, è affidato, quindi, alle vostre mani, alla vostra intelligenza, e da voi attende l'orientamento verso una meta che può essere buona o cattiva. Dipende da voi, dipende dal vostro cuore far si che il progresso si tramuti in maggior bene.

Ora, la via del bene ha un nome: si chiama amore; in esso si può trovare la chiave di ogni speranza perché l'amore vero ha la radice in Dio stesso: "Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi. Dio è amore" (1Jn 4,16).

L'amore è la forza costruttiva di ogni positivo cammino per l'umanità.

L'avvenire non raccoglie speranze dalla violenza, dall'odio, dall'invadenza degli egoismi individuali o collettivi. Privato dell'amore, l'uomo è vittima di una insidiosa spirale che riduce sempre più gli orizzonti della fratellanza, mentre spinge ogni soggetto a fare di se stesso, del proprio io e del proprio piacere l'unico criterio di giudizio. La prospettiva egocentrica, causa dell'impoverimento dell'amore vero, sviluppa le più gravi insidie presenti oggi nel mondo dei giovani.

Mancanza di amore è cedere all'indifferenza ed allo scetticismo; mancanza di amore è diventare schiavi della droga e della disordinata sessualità; mancanza di amore è abbandonarsi ad organizzazioni fondate sulla violenza che operano nella illegalità e nella prepotenza.


3. Si parla molto, oggi, della crisi religiosa dei giovani. E' vero che il mondo giovanile è frastornato da pesanti interferenze, che ne condizionano l'interiore apertura ai valori della fede.

Ma è anche vero ciò che osservatori attenti rilevano da tempo: lo svilupparsi di una intensa ricerca di Dio e l'affermarsi di comportamenti che si richiamano al significato religioso dell'esistenza. Dio è insopprimibile, perché è la verità, la bontà, la perfezione; in Dio si trovano, infiniti, tutti i valori di cui nessun alta idealità può fare a meno.

Spetta a voi, giovani credenti, il compito di contribuire a questo risveglio. E' tempo di testimoniare, di dialogare, di agire, di rendere conto della speranza che è in voi (cfr. 1P 3,14).

Le difficoltà presenti nella vita di voi - giovani, non sono frutto di una insuperabile fatalità. Esse sono, in verità, segno che i cambiamenti vertiginosi delle condizioni di vita, insieme con sconvolgenti proposte culturali, hanno colpito profondamente la nostra società. Occorre scongiurare le insidie opponendo alla cultura del negativo, che distrugge l'uomo, la cultura dell'amore che lo educa e lo salva.

Noi abbiamo fiducia perché sappiamo che Dio ha messo nel cuore di ogni uomo il senso del bene, il desiderio della verità, la facoltà di conoscere e cercare la giustizia. Anche i giovani non credenti riscoprono l'urgenza di conoscere e difendere le idee di amore e di dignità che nascono dalle radici della cultura cristiana. Possiamo, dunque, incontrarci su questi valori con tutti gli uomini, e per questo siamo certi di poter dare una risposta anche alla nostalgia di Dio, presente nel cuore umano, trasmettendo ai nostri fratelli l'annuncio della nostra fede.

Ecco: il Cristo risorto, e ormai perennemente vivente, è la risposta ai vostri interrogativi e problemi. In lui ogni ideale puro e nobile trova le proprie ragioni profonde ed essenziali. Cristo, infatti, svelando il mistero di Dio, rischiara il mistero dell'uomo: alla sua luce risplende tutto ciò che l'uomo e, sia nel dinamismo del suo agire, sia nei risvolti più reconditi del suo essere.

Cristo risorto è luce feconda, che libera dal male, fa crescere ogni germoglio di bene e ne protegge la maturazione. Egli è la luce totale, che oltrepassa ogni barriera e dissipa le ombre.

In lui viene avvalorata ogni onesta aspirazione, in cui si esprime lo slancio caratteristico della giovinezza.

Cristo, pero, è esigente, rifugge dalle mezze misure. Egli sa di poter contare sulla vostra generosità e coerenza; per questo si attende molto da voi! 4. Per seguire Cristo fedelmente - è questo un punto su cui voglio richiamare la vostra attenzione - voi dovete rendere profondo e sentito il vostro rapporto con la Chiesa. Cristo vive oggi nella Chiesa, che, inserita nella famiglia umana, ne riecheggia il messaggio di generazione in generazione.

Voi partecipate alla vocazione della Chiesa di predicare il Vangelo nella sua interezza, sostenuta dalla forza dello Spirito, il quale guida la navicella di Pietro attraverso i flutti della storia verso l'approdo escatologico.

E' una traversata non facile, nel corso della quale la Chiesa appare spesso come un segno di contraddizione, contro cui si levano dissensi ed opposizioni. C'è persino chi la ritiene una struttura inutile e superflua.

Carissimi giovani, non lasciatevi tentare dalle accuse e dai facili giudizi negativi sulla Chiesa. Essi sono spesso il frutto di vieti preconcetti e di una ostilità talvolta metodica ed astuta, che è rivolta di fatto contro la fede, ma che si scaglia in particolare contro la Chiesa cattolica, perché essa realizza la presenza più incisiva della dimensione religiosa nella nostra società.

Impegnatevi a conoscere la Chiesa, a capirla, ad amarla, prestando attenzione alla sua voce. Occorre conoscere la Chiesa non con la superficialità di un momentaneo sguardo sulla sua identità e sulla sua dottrina, ma sforzandosi di approfondire l'intima ricchezza.

Rivolgetevi alla Chiesa con animo aperto, sincero, non condizionato da preconcetti, per capire meglio che cosa la Chiesa è e che cosa essa fa. Vi chiedo di essere sinceri con la Chiesa, assumendovi la responsabilità di ascoltare la sua voce autentica.

I giovani sono sensibili alla verità, sanno bene che la Chiesa affronta con sincerità e sapienza i problemi sui quali l'uomo gioca il suo destino. I giovani sanno che la Chiesa si fa portavoce dei poveri e di chi non ha voce, per proclamare le vie della giustizia e della pace. Proprio i giovani; per una naturale freschezza di intuizione e per la generosità della loro incipiente esperienza, possono capire di più la validità delle soluzioni originali, eppure collaudate da secoli di esperienza, che la Chiesa propone agli uomini di fronte ai problemi grandissimi che agitano le coscienze di tutti.

Cercate nella Chiesa, nella sua viva voce, i segni della sua perenne testimonianza, pronti ad assumervi personalmente e generosamente le responsabilità che vi riguardano come membra vive del Popolo di Dio.


5. A voi, giovani, Cristo apre un orizzonte immenso; egli vi chiama a seguirlo per la strada del bene, vi invita ad imparare da lui. Il livello spirituale e morale della vostra esistenza dipende, in definitiva, dalla vostra capacità di tenere fissi gli occhi su quel sublime modello che è Cristo. Senza di lui la coscienza morale si logora, il significato del bene e del male si offusca.

Non abbiate paura delle esigenze dell'amore di Cristo. Temete, piuttosto ogni forma di egoismo che si risolve nella superficialità, nell'individualismo, nella meschinità, nella paura, in tutto quello che - in una parola - tenta di ridurre al silenzio in voi la voce di Cristo, che vi incoraggia a seguirlo.

Assumetevi generosamente l'impegno di dimostrare con i fatti che credete alla forza liberatrice dell'insegnamento di Gesù, all'efficacia del messaggio di pace e di giustizia che promana dalla sua carità. Contribuite a far si che il mondo si liberi dalle forze della prepotenza e dell'illegalità, dalla logica della violenza, dalla vendetta, dall'odio.

Con fiducia, con speranza, io vi ripeto: tenete vivo nel cuore e diffondete attorno a voi l'ideale dell'amore che viene da Dio. Allora diciamo insieme "Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi. Dio è amore". Che sia questa la nostra catechesi conclusiva di oggi.

La Vergine Maria, che accolse in grembo il Verbo di Dio fattosi carne e con amore medito nel suo cuore il mistero del Cristo, come abbiamo sentito nella stupenda poesia di Jacopone da Todi, vi accompagni e vi sostenga nell'impegno di aprirvi al dono della carità di Cristo, così che possiate contribuire a edificare, in un mondo nuovo, la civiltà dell'amore. Sia sostegno alla vostra generosità la benedizione che volentieri imparto a tutti voi.

Prima di impartirvi la benedizione conclusiva assieme al vostro Arcivescovo ed agli altri presuli presenti, voglio di nuovo ringraziarvi per questo dialogo. E' stato davvero un dialogo! Voi avete parlato con le vostre voci, con i vostri gesti, con i vostri canti, con il vostro entusiasmo, con le vostre danze folkloristiche, con questa interpretazione scenica di un grande poeta medioevale italiano. Avete parlato come eredi di tutta la vostra cultura, cultura del vostro paese, del vostro popolo, cultura di questa regione, di questa Capitanata: avete parlato a me ed io ho ascoltato con grandissima attenzione e con una profonda gratitudine questa parola, parola vostra, parola così ricca, così diversificata. Poi ho dato una mia risposta che è stata nel senso di confermare tutto quello che voi avete portato nella vostra parola come espressione di quella eredità umana e cristiana della vostra terra e anche come espressione dei vostri ideali e io vi ho parlato di quell'ideale definitivamente si concretizza in Cristo e si vive nella fede, nella speranza e nell'amore.

Così si potrebbe sintetizzare il nostro incontro. Vi ringrazio per questo incontro: è per me una grande gioia. Finalmente abbiamo potuto anche fermare un po' la pioggia! così arriviamo alla benedizione conclusiva che deve essere soprattutto una espressione liturgica di quella benedizione con cui Dio, creatore del mondo e dell'uomo, guarda verso la sua creazione, la guarda dall'inizio e guarda sempre, guarda questa sera, guarda verso di noi e ci dice le stesse parole che diceva all'inizio della creazione, quando vedeva che tutto era buono e voleva che tutto fosse buono. Per questo ha dato il suo Figlio, che è con noi, è nella Chiesa, è presente nella sua parola, è presente nei suoi sacramenti, nell'Eucaristia e così come abbiamo sentito oggi nel Vangelo di san Giovanni "Io sono nel Padre e voi siete in me ed io in voi". Questa benedizione conclusiva sia espressione di quell'amore di Dio creatore, di Dio redentore, di Cristo che è nel Padre suo e in noi, e noi in lui.

1987-05-24 Data estesa: Domenica 24 Maggio 1987




Saluto alla comunità dell'ospedale psichiatrico - Foggia

Titolo: La sofferenza, esperienza dolorosa ma privilegiata alla luce della fede

Testo:

Saluto tutti i presenti e benedico di cuore questo ambiente, questo ospedale destinato ai nostri fratelli e sorelle sofferenti.

Saluto quanti si trovano qui raccolti sulla piazza, ma saluto anche quelli che si trovano all'interno. Vi saluto con un affetto profondo e con una grande stima perché Cristo ci ha detto una volta "Ero malato..." e vedendo voi ammalati qui presenti, vedo in voi lo stesso Cristo. Lui si identifica con ciascuno di voi, ed è entrato così profondamente nella storia dell'umanità che il vertice stesso della sua missione lo ha identificato con la croce, con la sofferenza, con la morte. Tramite quella morte, quella croce, quella crocifissione, quel martirio egli ha ottenuto la nostra redenzione. Allora profondamente significativo il momento della croce nella missione di Gesù, nella missione redentrice; e ancora è più significativo quando si pensa alle parole di san Paolo, il quale ha detto che noi tutti, nei nostri patimenti, nelle nostre sofferenze completiamo quello che manca ai patimenti di Cristo. E' una parola molto incoraggiante, apostolica. Possiamo solamente accettare con gratitudine questa parola ispirata e tale gratitudine la si avverte specialmente quando si arriva tra i sofferenti. Quando uno di noi comincia a soffrire, quando si trova nella malattia sembra come destinato alla sofferenza, possiamo dire che è in un certo senso destinato a completare la sofferenza, la croce di Cristo. Perché la redenzione è stata ottenuta pienamente, è stata ottenuta definitivamente nella croce di Cristo; ma la storia dell'umanità è sempre in cammino e questa croce deve essere sempre, in ogni generazione, come rinnovata e completata dai diversi patimenti, dalle diverse sofferenze dei fratelli e delle sorelle, i quali non solo sono riuniti attorno a Cristo, ma diventano membra del suo stesso corpo per capire profondamente il mistero della sofferenza umana, perché di un mistero si tratta.

Per capire profondamente questo mistero si deve partire da queste parole di san Paolo, quando dice che la Chiesa siamo noi tutti, siamo il corpo di Cristo. Ecco il corpo di Cristo: voi siete membra del corpo di Cristo, siete le membra privilegiate. Certamente la sofferenza è un'esperienza dolorosa: ma d'altra parte se la si guarda dal punto di vista della fede, del Vangelo, della missione di Cristo la si vede come un'esperienza privilegiata. Guardando nell'ottica della fede, soprattutto colui che è venuto oggi, il successore di Pietro, vi guarda con grande stima. Guarda a voi, carissimi ammalati, quasi come ad un mistero che ha la sua sorgente, il suo inizio in Cristo stesso. Voglio insieme con voi salutare tutte le persone che vi assistono: medici, infermieri, infermiere, tutto il personale di questo ospedale. Una parola speciale la dedico alle suore, alle religiose. Voi tutti, cari fratelli e sorelle, siete vicini tutti i giorni proprio al mistero di cui ho parlato. Voi siete partecipanti attivi di quel mistero della redenzione, che sempre continua nelle sofferenze di tanti nostri fratelli e sorelle. Cristo, lo sappiamo bene, era sempre vicino, come voi, da buon samaritano a tutti i sofferenti. Aveva una predilezione per quanti soffrivano. Vi auguro di avere questa predilezione; vi auguro che la vostra professione, il vostro ministero, il vostro servizio, diventi una missione, un apostolato: così entrerete sempre più anche voi in questa grande realtà del corpo di Cristo, del corpo redentivo di Cristo, dove "vivono" gli apostoli, i diversi ministeri, i diversi carismi. Vi auguro di essere queste membra attive del corpo di Cristo, del suo mistico organismo, secondo i vostri diversi carismi.

Ecco ho evocato quanto la vostra fede dice a proposito di un luogo di sofferenze, ma si deve parlare del fondatore di questo luogo, don Uva, che ha dato l'avvio a questa grande istituzione. Lo ricordiamo con gratitudine, e soprattutto in lui vediamo un uomo che ha profondamente contemplato il mistero della redenzione, il mistero della sofferenza, il mistero del buon Samaritano. Di questa contemplazione egli ha fatto la missione propria della sua vita. Voglio congedarmi lasciando a voi e alla vostra città, che mi ha riservato tanta ospitalità, una benedizione.

1987-05-25 Data estesa: Lunedi 25 Maggio 1987




Omelia nel Santuario della Madonna del Soccorso - San Severo (Foggia)

Titolo: Maria, "portavoce" delle necessità umane è la grande "esperienza" della speranza cristiana

Testo:

1. "Benedetta sei tu, figlia... più di tutte le done che vivono sulla terra" (Jdt 13,18). Benediciamo Dio...

Benediciamo Dio, creatore del cielo e della terra che "mando il suo figlio" (Ga 4,4). Quando venne la pienezza del tempo, Dio mando il suo Figlio eterno, della stessa sostanza del Padre, il Figlio prediletto... il Figlio nato da donna.

E benediciamo quella Donna, eternamente predestinata ad essere Madre di Dio fra tutte le figlie di questa terra. Benediciamo la figlia di Sion, Maria.

Con le parole dell'odierna liturgia dedicata alla celebrazione della Madonna del Soccorso, saluto tutti voi, fratelli di San Severo.

Saluto cordialmente Monsignor Carmelo Cassati, Vescovo di questa diletta diocesi, e con lui rivolgo il mio affettuoso pensiero ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose ed ai laici impegnati nell'apostolato.

Il mio deferente saluto va anche alle autorità presenti, e a tutta la popolazione di San Severo.

Ringrazio in particolare per la preparazione spirituale, con la quale avete predisposto gli animi affinché questa visita fosse un momento di comunione nella fede, nella carità, sotto lo sguardo della Madonna, patrona della vostra città.

A lei affido tutti voi, uomini e donne, bambini e giovani, adulti ed anziani, ma, particolarmente voi, cari ammalati.


2. Siate sempre consapevoli che la Vergine santissima, la cui effigie incoronata 50 anni or sono e oggi posta accanto a questo altare, raccoglie nel suo cuore materno le speranze e gli affanni di tutti. Guardate alla sua amabile figura, per avanzare nel pellegrinaggio della fede e amare, come lei, Dio e i fratelli.

Ringraziamo il Signore per la costante presenza della Madonna nelle vicende storiche di San Severo, ben a ragione detta città di Maria, per la devozione che nei secoli ha distinto i suoi abitanti e che è testimoniata anche dalle numerose chiese a lei qui dedicate.

Siate perseveranti nel ricorrere a questa Madre premurosa. Le vostre preghiere, le vostre opere e sofferenze diverranno, con la sua materna mediazione, glorificazione di Dio e servizio di grazia per il prossimo, come è accaduto a Cana di Galilea durante le nozze, alle quali Maria era stata invitata col Figlio, e coi suoi primi discepoli.

Giovanni, che fu uno dei discepoli presenti, rende testimonianza nel Vangelo di come Maria sia stata dall'inizio pronta a recare aiuto agli uomini nella loro necessità. Ecco il bisogno umano: gli sposi e, insieme con loro, il maestro di tavola "non hanno più vino" (Jn 2,3) per gli ospiti.

E Maria dice a Gesù: "non hanno più vino".

Il suo cuore, maternamente sensibile, accoglie in sé l'eco di questo bisogno, questa umana, concreta preoccupazione. Trasferisce questo bisogno al cuore del Figlio. La preoccupazione del prossimo diventa la sua preoccupazione dinanzi a Gesù Cristo. Maria crede nella potenza messianica di suo Figlio, nella sua potenza salvifica che libera dal male, da ogni male, iniziando da quelli più piccoli. Maria diventa dinanzi al suo Figlio portavoce delle sollecitudini umane: si fa mediatrice. Dunque là, a Cana, si manifesta già come madre del perpetuo soccorso.


3. Tuttavia vi sono anche sollecitudini grandi, come quella di cui fa memoria l'odierno salmo responsoriale con parole del Libro di Giuditta.

"...hai esposto la vita di fronte all'umiliazione della nostra stirpe, e hai sollevo il nostro abbattimento" (Jdt 13,19).

Vi sono sollecitudini grandi, sociali. Vi sono minacce a popoli interi.

Quante volte, tra queste minacce, popoli interi trovano la via per ricorrere alla Madre di Cristo, così come l'hanno trovata i giovani sposi di Cana di Galilea. Ne rende testimonianza la storia, tanto la storia della nazione di cui sono figlio come quella di molte altre.

Uomini e donne, famiglie e ambienti, intere società in diversi luoghi della terra hanno fiducia in lei, nella Madre del Crocifisso e Risorto.

"Davvero il coraggio che ti ha sostenuto non cadrà dal cuore degli uomini che ricorderanno per sempre la potenza di Dio" (Jdt 13,19).

Uomini, società, popoli sono fiduciosi nella sua fiducia! E' la grande esperienza della speranza cristiana. L'esperienza della fede. La speranza infatti si radica nella fede, nasce da essa.


4. La Chiesa intera ha fiducia nella sua fiducia. Sin dai suoi primi giorni, da quando, dopo l'ascensione del Signore, gli apostoli si erano riuniti nel Cenacolo di Gerusalemme per pregare: insieme con lei. Con Maria, Madre di Gesù (cfr. Ac 1,14).

Nel presente periodo liturgico ricordiamo quel tempo, che intercorse fra la Risurrezione e la Pentecoste; celebriamo il tempo beato in cui si è confermata la "pienezza dei tempi".

Lo stesso Padre infatti, che ha "mandato il suo Figlio", "ha mandato nei nostri cuori lo Spirito" (Ga 4,6). Questi è lo Spirito del Padre ed insieme lo Spirito del Figlio che ci consente di gridare "Abbà, Padre"! così come nei suoi giorni terreni, Gesù, Figlio di Maria grido: Abbà, Padre! Maria per prima ha sperimentato questa discesa dello Spirito, nell'ora della annunciazione: "lo Spirito Santo scenderà su di te... Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35).

Ora, insieme con gli apostoli nel Cenacolo, partecipa alla nuova discesa dello Spirito Santo, per opera del quale è nato da lei il Figlio di Dio.

Da lei il Figlio di Dio ha preso la natura umana, un corpo umano. Per opera dello Spirito Santo deve ora nascere la Chiesa, che l'Apostolo chiama corpo di Cristo.


5. Qual è la realtà di questo corpo? Qual è la sua natura interiore? Lo stesso Apostolo risponde nella Lettera ai Galati con due parole molto eloquenti: "siete figli" (4,6).

Siete figli perché vi ha redento il Figlio della donna, che è il Figlio di Dio. Siete dunque "figli nel Figlio". Ricevete la filiazione adottiva di Dio e formate perciò una comunità che è il corpo del Figlio. Siete uniti con lui con l'unità del corpo. Con l'unità dell'incarnazione, con l'unità del dono dello Spirito Santo, con l'unità della grazia.

perciò insieme con lui dite a Dio: "Abbà, Padre". così gridano i cuori nei quali è disceso lo Spirito Santo.


6. E la Madre? Colei che, per opera dello Spirito Santo, ha dato corpo umano al Figlio, all'eterno Verbo di Dio, quale ruolo svolge al momento di questa nuova discesa? E' la testimone si suo Figlio, della sua potenza salvifica, così come lo fu a Cana.

E' la testimone dello Spirito consolatore, che diffonde questa potenza salvifica del Figlio nei cuori umani. La diffonde nel corpo di Cristo che è la Chiesa.

E Maria? E la Madre? Ella, come a Cana, sempre è la testimone delle umane necessità, delle umane sventure e povertà, delle umane sofferenze e peccati, degli affanni e delle angosce.

In questo corpo, che è la Chiesa, lei deve sempre essere la Madre del perpetuo soccorso.

Proprio perché è la Madonna del Soccorso, ella non cessa - come a Cana - di ripetere: "fate quello che vi dirà" (Jn 2,5). Infatti sa che ognuno di noi "non è più schiavo, ma figlio" (cfr. Ga 4,7). Ognuno è chiamato a diventare "figlio nel Figlio". E perciò deve compiere ciò che il Figlio proclama. Ciascuno è chiamato alla eredità divina, che il Figlio ci ha meritato e per la quale ha pagato col proprio sangue il riscatto.

Maria dunque dice a ciascuno di noi - insieme con l'apostolo Paolo - "non sei più schiavo, ma figlio, e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio" (Ga 4,7).


7. La nostra filiazione adottiva e la nostra eredità con lui costituisce soprattutto la costante e perpetua sollecitudine della Madre di Cristo.

Filiazione... eredità... di tutti, di ciascuno e di ciascuna. L'incessante sollecitudine di questa Madre deve diventare perpetuo soccorso. Il messaggio che ci rivolge è: "fate quello che egli vi dirà" (Jn 2,5).

Al termine della Messa, il Papa ringrazia la popolazione di San Severo con le seguenti parole Voglio ringraziare prima di tutto la nostra sorella pioggia, che ci ha preparato, cadendo di notte, una mattinata tanto fresca, lasciando al momento di incominciare la nostra celebrazione eucaristica il posto al sole. Voglio ringraziare anche il Vescovo della vostra diocesi, che fu vostro pastore quattro secoli fa, il Nunzio Malaspina, che ha fatto tanto bene la sua missione nella mia patria alla fine del secolo XVI e all'inizio del XVII.

Voglio ringraziare tutti voi per la vostra presenza così numerosa, tutti i partecipanti a questa celebrazione liturgica, tutti quelli che hanno contribuito in modo diverso alla riuscita della nostra assemblea in cui doveva esprimersi l'unità del corpo mistico di Cristo. Ringrazio tutti per questo, ciascuno e ciascuna di voi e tutta la vostra comunità diocesana guidata dal vostro carissimo pastore.

Il mio ringraziamento va alla corale che ci ha guidato con i canti: sappiamo bene che già sant'Agostino ha detto "Qui cantat bis orat", allora, grazie al canto, abbiamo pregato due volte. Sono molto lieto di essere qui e saluto di cuore tutti i cittadini di questa città e tutti i fedeli di questa Chiesa particolare, sacerdoti, religiosi, religiose, le famiglie, i giovani, i bambini, gli anziani e i malati qui presenti. Vi lascio, come il piccolo Bambino Gesù, nelle braccia della vostra Madre, "Madre del perpetuo soccorso". Sia lodato Gesù Cristo.

1987-05-25 Data estesa: Lunedi 25 Maggio 1987




Discorso alla popolazione - Sagrato della Cattedrale di Lucera (Foggia)

Titolo: Nella luce di san Francesco Fasani la mentalità moderna può riscoprire quella coerenza di cui ha tanto bisogno

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle! 1. Ringrazio di cuore Monsignor Vescovo per le sue nobili parole, dalle quali accolgo volentieri l'espressione dei sentimenti della comunità ecclesiale, recentemente affidata al suo zelo di pastore.

Con sincero affetto porgo a tutti voi il mio saluto. A voi, cari fratelli nel sacerdozio ministeriale, ai membri degli istituti di vita di speciale consacrazione, alla vasta schiera dei fedeli laici, uomini e donne, giovani, ragazzi e ragazze, particolarmente a quelli che più da vicino prestano la loro opera alla missione pastorale della Chiesa.

Rivolgo parimenti il mio pensiero affettuoso a coloro che non hanno avuto la possibilità di partecipare al nostro incontro: ai malati, agli anziani, ai sofferenti, ai bambini. Essi sono vivamente presenti nel mio cuore.

Saluto altresi il signor Sindaco e le altre autorità, esprimendo loro deferente e cordiale apprezzamento per la loro presenza.


2. Lucera, "città della luce". Questa spontanea assonanza, che sgorga dalla radice del nome, evocata qui, nella chiesa cattedrale, porta spontaneamente alle labbra le parole di Gesù: "Io sono la luce del mondo" (Jn 8,12), "Voi siete la luce del mondo" (Mt 5,14).

La luce del Vangelo si è accesa in questa terra nei primi secoli del Cristianesimo. Da allora ha illuminato il cammino della vostra storia. Ne ha pervaso la trama alimentandone tutti i tessuti. Non solo non si è spenta, ma ha irrobustito il patrimonio della coscienza cristiana, diventato spina dorsale delle vostre tradizioni.

Ne è rimasta simbolo eloquente questa Cattedrale, la quale, se con le sue linee gotiche parla un linguaggio di affascinante vetustà, con la solidità della sua mole attesta la perdurante robustezza della fede cattolica della popolazione lucerina, nonostante l'alternarsi di varie traversie.

Monumento d'arte, si, tra i più insigni nella cerchia cittadina. Ma soprattutto monumento di fede, come tale costruito e successivamente custodito dagli antenati per il suo valore di simbolo.


3. In tempi meno lontani dai nostri una fiaccola, ardente della luce di cui parla il divino Maestro, prende nome da un grande figlio di Lucera: san Francesco Antonio Fasani, l'umile seguace del Poverello di Assisi, che ho avuto la gioia di canonizzare l'anno scorso e del quale ho visitato poco fa la tomba.

Nella sua vita si riscontra una circostanza che accade molto di rado: egli è stato "profeta" nella sua patria d'origine. Se si eccettua il ciclo della formazione teologica, trascorso in parte ad Agnone e in parte nella culla del francescanesimo, padre Fasani dedico trentacinque anni di ministero sacerdotale a Lucera, città della sua infanzia e della sua giovinezza: praticamente, una vita vissuta e conclusa qui.


4. La voce comune attribui al Fasani l'appellativo di "padre maestro", raggruppando in sintesi le caratteristiche della sua personalità religiosa e sacerdotale, la santità della vita e la dottrina, lo zelo per le anime. Egli eccelse nell'assicurare una limpida continuità tra l'altare, il pulpito, il confessionale. Ministero del sacrificio, ministero della parola, ministero della misericordia: ecco uno splendido trinomio che sta certo alle origini della capacità di donazione a tutti, particolarmente ai più poveri e disagiati, affinché non conosca zone d'ombra la luce del Vangelo.

Questo vostro santo si propone come modello esemplare di vita e di ministero sacerdotale, particolarmente valido in risposta alle esigenze del nostro tempo.

La mentalità moderna, dispersa fatalmente nei meandri della secolarizzazione, subdolamente tentata da ogni forma di seduzione materiale e tuttavia inquieta e insoddisfatta nell'intimo, ha bisogno di coerenza. Ha bisogno di testimonianza. E' perciò di primario valore la figura del presbitero, che vive con intemerata e trasparente linearità la "Parola" che è stato chiamato a servire, della quale diventa personificazione nei momenti sacramentali, mentre consacra, mentre assolve. E' quando si fa veicolo della verità.

Vorrei rilevare l'incidenza della predicazione della parola di Dio soprattutto nella forma di catechesi. Si tratta di porre basi sicure ed essenziali alla evangelizzazione e, talvolta alla rievangelizzazione, della società contemporanea. Si tratta di approfondire e irrobustire la fede dei credenti di fronte ai facili assalti del dubbio, dell'indifferenza, della tendenza a separare dalla fede l'ordine morale.

A voi, dilettissimi confratelli nel presbiterato, rivolgo l'invito a meditare costantemente l'accorata raccomandazione di san Paolo: "Annuncia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna... vigila attentamemte, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunziatore del Vangelo, adempi il tuo ministero" (2Tm 4,2-5).


5. Dalle orme lasciate da padre Fasani sul suolo pugliese, deriva tuttora un forte incitamento alla santità, che deve tradursi nella concreta attuazione degli orientamenti che il Vaticano II ha delineato nel suo testo fondamentale - la costituzione dogmatica "Lumen Gentium" - trattando dell'"Universale vocazione alla santità nella Chiesa". E insieme con padre Fasani vorrei ricordare i vari servi di Dio, dei quali è in corso il processo informativo sulla vita e sulle virtù, che sono nati o che hanno operato nelle diocesi della Capitanata.

Santa per costituzione e per la indefettibile assistenza divina, la Chiesa è madre di santità in tutti i suoi membri, i quali non possono non essere consapevoli di una tale ricchezza, che ricevono germinalmente nel battesimo e vanno poi gradualmente sviluppando attraverso la vita sacramentale, la preghiera, le buone opere e nell'esercizio della propria attività durante il pellegrinaggio terreno.

La santità è il supremo impegno di ogni credente. E' il segreto per pensare e per agire sempre da cristiano autentico, in qualunque contesto storico ed in ogni situazione esistenziale.

Una responsabilità maggiore incombe a coloro che hanno ricevuto la specifica chiamata alla donazione totale nella vita religiosa, il cui carisma è destinato non solo alla santificazione personale, ma anche all'edificazione della comunità, per quel potente vincolo di solidarietà spirituale che stabilisce tra noi una profonda unione di anime. In questa visuale, san Francesco Antonio Fasani, integro interprete dell'ideale del Serafico Padre di cui assunse il nome, costituisce un peculiare esempio per i religiosi e le religiose.

Ma "tutti i fedeli, di qualsiasi stato o grado, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità: da questa santità è promosso, anche nella società terrena, un tenore di vita più umano" (LG 40). Tutti i fedeli, anche i laici, senza alcuna distinzione! Essi sono membri effettivi e attivi del Popolo di Dio e del corpo mistico di Cristo che vivono nel mondo, e come tali hanno una vocazione ed una missione propria: quella "di illuminare e ordinare le cose temporali, alle quali sono strettamente legati, in modo che sempre siano fatte secondo Cristo, e crescano e siano lode al Creatore e Redentore" (LG 31).

L'affermazione del Signore: "Voi siete la luce del mondo" non ammette esclusioni. E' bello poterlo ricordare in questo incontro, nel quale sono rappresentate tutte le componenti del Popolo di Dio pellegrino in terra lucerina.

Vi sia tra voi una gara ed una collaborazione reciproca nella ricerca della santificazione. La nostra epoca ha bisogno di santi.


6. Lucera "città di Maria". Tale la volle oltre sei secoli or sono il beato Agostino Kazotic, che fu Vescovo di questa sede dopo aver guidato l'arcidiocesi di Zagabria in Iugoslavia. "Città di Maria" è rimasta, per la dedicazione del tempio cattedrale al mistero dell'assunzione della Vergine in cielo e per l'affettuosa devozione mariana di cui è permeata la religiosità dei suoi abitanti. A tale devozione ha dato un grande contributo anche l'apostolato di padre Fasani, infaticabile nel far conoscere la figura della Madre di Dio e il suo ruolo nella storia della salvezza.

Questa preziosa eredità contribuirà ad avvalorare la celebrazione dell'Anno Mariano che sta per iniziare, perché segni efficacemente, con una fervida rinascita cristiana, la preparazione al grande Giubileo del Duemila.

La Vergine di Nazaret, aiuto dei cristiani, regina di tutti i santi, interceda per questa "sua" città e la protegga.

Con la mia affettuosa benedizione apostolica.

Prima di lasciare Lucera per raggiungere Troia, il Santo Padre ringrazia i fedeli per l'entusiasmo della loro accoglienza, pronunciando le seguenti parole Ho definito Lucera "città della luce". Adesso devo anche aggiungere: "città della voce", perché non mancano voci in questa città. Ma la voce è sempre espressione del cuore. Non mancano i cuori, qui. Vi ringrazio per l'espressione di queste voci e dei vostri cuori.

1987-05-25 Data estesa: Lunedi 25 Maggio 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Incontro con i giovani - Stadio comunale di Foggia