GPII 1987 Insegnamenti - Messaggio ai partecipanti a un seminario internazionale a Tokyo

Messaggio ai partecipanti a un seminario internazionale a Tokyo

Titolo: Un evento di grande significato

Testo:

Desidero inviare i miei cordiali saluti ed affettuosi auguri in occasione del Seminario internazionale sul tema: "Scienza, tecnologia e valori spirituali: un approccio asiatico alla modernizzazione", che è promosso dalle vostre due istituzioni e che si svolge a Tokyo dal 25 al 29 maggio. Questo è un evento di grande significato per quanti aspirano ad uno sviluppo che serva realmente all'umanità, promuovendo i valori etici e spirituali insieme al progresso economico e scientifico.

Insieme al resto della famiglia umana, ma in un modo che riflette la loro propria particolare storia e cultura, i popoli dell'Asia si trovano davanti a molte sfide provocate dal rapido cambiamento tecnologico e scientifico. A questo importante appuntamento, il vostro Seminario testimonia il valore trascendente della persona umana e il bisogno di uno sviluppo integrale, che risponda alle aspirazioni spirituali e culturali come pure alle esigenze materiali. Se la ricca eredità asiatica di rispetto per questa dimensione trascendente è integrata allo sviluppo scientifico ed economico, l'Asia fornirà un esempio, di cui c'è estremo bisogno nel mondo che spesso cade in preda al materialismo, al consumismo e all'edonismo.

Il Cristianesimo ha sempre sostenuto che nessun vero umanesimo può esistere, se si prescinde dalla realtà etica e spirituale dell'uomo. Questa è anche una convinzione condivisa dalle grandi filosofie e religioni esistenti nel mondo. A livello di questa diffusa convinzione, la cooperazione interreligiosa non solo è possibile, ma auspicabile, come ho cercato di illustrare in occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace, svoltasi ad Assisi il 27 ottobre 1986, con i rappresentanti di molte tradizioni religiose. La presenza al vostro Seminario del World Conference on Religion and Peace è similmente un segno della cooperazione interreligiosa e interculturale.

Svolgendosi alla vigilia del decennio mondiale per lo sviluppo culturale, proclamato dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, il vostro Seminario rappresenta un importante contributo, da una prospettiva asiatica verso una più chiara comprensione del progresso economico, culturale e spirituale.

La Santa Sede è felice di partecipare a questo lavoro con l'attiva cooperazione del Pontificio Consiglio per la Cultura, rappresentata dal suo Presidente e dal suo Segretario. Possa Dio onnipotente benedire abbondantemente tutti coloro che prendono parte a questa preziosa iniziativa.

1987-05-25 Data estesa: Lunedi 25 Maggio 1987




Ai partecipanti alla XIII assemblea generale della "Caritas Internationalis" - Sala Clementina (Roma)

Titolo: La carità è fondamento dell'impegno sociale della Chiesa

Testo:

Signor Cardinale Do Nascimento, Cari fratelli nell'episcopato, e voi tutti, delegati delle Caritas nazionali. 1. Siate i benvenuti, voi che partecipate alla XIII assemblea generale della "Caritas Internationalis". Saluto ciascuno di voi e ciascuna delle vostre organizzazioni nazionali, e, attraverso voi, desidero estendere il mio saluto e i miei incoraggiamenti a tutti coloro che, nei vostri paesi, sono membri di una Caritas. Voi avete il senso della Chiesa e condividete le sue preoccupazioni, come testimonia segnatamente il tema della vostra attuale assemblea generale: "Per costruire la pace, costruiamo delle comunità di giustizia e di carità". Nessun cristiano può restare insensibile al grave problema della pace che io riporto ogni anno all'attenzione del mondo con un messaggio speciale per la giornata mondiale della pace. Dei cattolici si dedicano particolarmente a questa grande opera: sostenete i loro sforzi, incoraggiateli, loro e le loro organizzazioni, e anzitutto in ciascuno dei vostri paesi e delle vostre diocesi, poiché non ci sarà pace autentica se non fondata sulla carità. Con una vocazione speciale, in un certo senso, voi vi preoccupate delle situazioni di povertà e di angoscia, e scoprite nello stesso tempo che molte sofferenze sono create da situazioni di ingiustizia che nuociono anche alla pace sociale. Con la denuncia delle ingiustizie, della tortura, delle esazioni, voi unite gli sforzi dei cristiani che si sono spesso costituiti in associazioni per impegnarsi pienamente. Si, la carità si iscrive nell'impegno sociale della Chiesa, e la vostra organizzazione ha un posto molto importante tra tutte quelle che sono ispirate dal Vangelo. Il tema della vostra assemblea generale è di piena attualità e manifesta chiaramente che voi volete collaborare, nel vostro campo specifico, alla pastorale delle vostre chiese per promuovere la pace operando per più giustizia e carità.


2. Tra tutti coloro che partecipano a questa pastorale, e più specificamente alla pastorale sociale di una diocesi o di un paese, voi avete il vostro "carisma": quello di una "carità attiva", consacrata all'assistenza, alla promozione umana e allo sviluppo integrale dei più sfortunati, senza mai separare, evidentemente, la carità dalla giustizia sociale. "Ricercate la carità" (1Co 14,1), come ci esorta l'apostolo san Paolo. Nessuno ha il monopolio di questa virtù, ma essa vi ispiri veramente insieme con i preti, i religiosi e le religiose, le organizzazioni, e tutti coloro che coordinano tali attività, "sotto la direzione del Vescovo" affinché sia "manifestata l'unità della diocesi" (CD 17). Voi insistete giustamente su questa responsabilità del Vescovo nella sua diocesi, su quella della conferenza episcopale in ogni paese; mi congratulo e incoraggio ugualmente tutte le organizzazioni cattoliche a una grande fedeltà all'insegnamento del Concilio, affinché l'unità del Popolo di Dio progredisca nel rispetto di ciascuno dei suoi membri.


3. La "Caritas Internationalis" ha delle responsabilità al servizio della Chiesa universale; esse sono concretizzate con la sua presenza in seno al Consiglio Pontificale "Co Unum" di cui essa è membra. Essa vi apporta la ricchezza della sua esperienza nella riflessione sulla carità e nella catechesi sui poveri e l'amore preferenziale che la Chiesa ha verso di loro. Voi partecipate spesso ai gruppi di lavoro, e concorrete con il vostro esempio e la vostra fedeltà alla missione che e stata affidata a questo Consiglio di "sforzarsi d'armonizzare le forze e le iniziative di tutti gli organismi cattolici, e di tutto il Popolo di Dio, attraverso lo scambio di informazioni e uno sforzo accresciuto di cooperazione". (Lettera di istituzione del Consiglio Pontificale "Co Unum", 15 luglio 1971.). "Co Unum" vi assicura anche delle relazioni strette con le diverse istanze della curia romana secondo le necessità derivanti dalle vostre responsabilità.


4. La "Caritas Internationalis" rappresenta agli occhi della Chiesa e del mondo un'immensa generosità di cui voglio ringraziarvi: la devozione dei vostri membri in questi venti paesi, e il soccorso molto diversificato, finanziario e alimentare, alle vittime delle catastrofi, senza dimenticare la cooperazione a innumerevoli progetti di riabilitazione e di sviluppo. Voi rappresentate una varietà di situazioni che sono per voi altrettanti temi di riflessione. Certo, la dimensione o la vitalità della vostra organizzazione sono spesso differenti da una diocesi a un'altra, da una parrocchia a un'altra e anche da un paese all'altro.

Qui la Caritas dispone di poco personale e di pochi mezzi: esiste insomma in una grande discrezione. Là, al contrario si presenta e agisce con delle strutture importanti e un personale numeroso. Ma tutti, qualunque sia l'estensione della missione affidata dalla vostra Chiesa particolare, voi non costituite che una sola famiglia, quella della "Caritas Internationalis", animata dallo stesso ideale, che è di aiutare i più indigenti tra i vostri fratelli. So che uno slancio di solidarietà spinge i vostri membri che hanno i mezzi ad aiutare coloro che sono meno dotati, e considerati giustamente, come loro "prossimo". Vi incoraggio a continuare questo sforzo.


5. Cari amici, non posso soffermarmi su tutti i soggetti che suggerirebbe la vostra attività. Ma, a proposito del vostro programma per l'avvenire, io sono felice di stimolare gli sforzi che voi farete per la formazione dei responsabili delle vostre organizzazioni - formazione spirituale, dottrinale e "professionale" - attraverso "una pedagogia della carità in vista di un'azione concreta". Sono questi responsabili che, nelle loro Chiese, parteciperanno alla "costruzione di comunità" di giustizia e di carità. L'ottobre prossimo si riunirà il Sinodo ordinario dei Vescovi. Esso avrà per tema: "Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo vent'anni dopo il Concilio Vaticano II". Da alcuni anni, le Caritas sono state e sono un luogo di formazione e di responsabilità per i laici.

Si, i laici sono chiamati ad assumere numerose e grandi responsabilità in questo immenso spazio delle attività sociali. Voi volete che le Caritas si preparino ad entrare nel mondo del terzo millennio, grazie a dei giovani atti a costruire l'avvenire. Dove troverete la vostra ispirazione? Voi meditate spesso, ne sono convinto, il celebre capitolo 13 della Prima Lettera di san Paolo ai Corinzi: "Quando distribuiro tutti i miei beni in elemosina, quando consegnero il mio corpo alle fiamme, se io non ho la carità, ciò a niente mi giova. La carità è paziente, la carità è benigna..., tutto scusa, tutto spera, tutto sopporta". E, il capitolo termina con queste parole di fuoco, il fuoco dell'amore trinitario: "La fede, la speranza e la carità dimorano tutte, ma la più grande tra esse è la carità".

Possano queste parole dell'Apostolo essere lo statuto, che ispira i vostri passi.

Tra qualche giorno si aprirà l'Anno Mariano. Maria vi aiuterà in questo cammino soprattutto attraverso l'avvenimento della visitazione. La Vergine di Nazaret, in effetti, lascia la sua casa e si reca con sollecitudine verso la regione montagnosa per portare la buona novella e per render servizio a sua cugina Elisabetta; essa porta in sé colui che viene tra noi per educare i suoi discepoli alla carità e per compiere lui stesso il più grande sacrificio d'amore, dare la sua vita per quelli che ama. Invoco sulla "Caritas Internationalis" e sui suoi responsabili, così come sulle organizzazioni nazionali e diocesane di questo vasto movimento caritativo, le grazie dello Spirito d'amore e la protezione materna di Maria.

1987-05-26 Data estesa: Martedi 26 Maggio 1987




Ai Vescovi del Rwanda in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Incarnate il Concilio nelle vostre realtà secondo l'ecclesiologia della comunione e lo spirito di corresponsabilità

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato.


1. La vostra visita "ad limina Apostolorum" rappresenta un tempo forte della vostra responsabilità pastorale. L'avete preparata con cura ed io ringrazio il vostro Presidente che si è fatto l'interprete dei vostri sentimenti, delle vostre preoccupazioni e delle vostre speranze. Appoggiandovi sul messaggio di fede che ci viene da Cristo attraverso gli apostoli, voi consacrate le vostre forze a trasmettere questa fede, a impiantare la Chiesa, in mezzo al caro popolo di Rwanda.

Non ho ancora avuto modo di rispondere positivamente all'invito che mi è stato rivolto a più riprese di recarmi da voi, ma sono molto felice di ricevervi qui, per rafforzare i vostri legami con la Chiesa universale, in uno scambio che l'arricchisca essa stessa e che stimoli il vostro proprio zelo, e l'attaccamento fiducioso che manifestate al successore di Pietro.


2. Fratelli beneamati, non credete che dobbiamo innanzitutto render grazie per ciò che Dio ha realizzato in Rwanda? Non certamente per gloriarci noi stessi: noi siamo tutti poveri strumenti del Signore Gesù chiamati per grazia a servire i nostri fratelli e sorelle per permettere loro di beneficiare della salvezza alla quale sono destinati. Ma, come Maria, onorata in maniera speciale in questo mese di maggio, è buona cosa prendere coscienza dei doni di Dio e degli sforzi di coloro che ci hanno preceduto nella fede.

Oserei quasi professare a voi ciò che l'apostolo Paolo scriveva ai cristiani di Roma, prima di arrivare da loro: "Ringrazio il mio Dio per mezzo di Gesù Cristo a causa di tutti voi perché la vostra fede è magnificata in tutto il mondo" (Rm 1,8). Ciascuno sa come, dalla fondazione della prima missione a Save nel 1900, nel vostro paese situato nel cuore dell'Africa, il Vangelo e stato accolto con entusiasmo, la fede è progredita rapidamente; la proporzione dei fedeli cattolici è divenuta una delle più cospicue di tutto il continente africano. Quasi tutti i vescovi sono ormai rwandesi, e più della metà dei preti; i rapporti tra missionari espatriati e autoctoni sono stati sereni e fiduciosi. Le vocazioni sacerdotali e religiose sono abbondanti. I catechisti portano avanti un buon lavoro di annuncio e di sostegno. La Chiesa è ben strutturata e si è presa a carico molte opere sociali, sanitarie e scolari. Le comunità di base e i gruppi di preghiera si sviluppano. Il popolo cristiano è ben disposto, generoso, dinamico; lo Spirito Santo, dopo aver portato i cuori di tanti Rwandesi a Gesù Cristo continua a colmarli di suoi doni: compassione, spirito di accoglienza, saggezza e senso della fede, amore della parola di Dio... Si, per tutto ciò voi potete essere, nel cuore dell'Africa, i testimoni della salvezza di Dio, e il popolo della lode. Del resto, malgrado le prove che avete conosciuto, beneficiate da un certo periodo della pace sociale e delle buone disposizioni del Governo che manifesta comprensione e fiducia verso la Chiesa per permetterle di vivere in condizioni favorevoli all'esercizio della sua missione.


3. Tutto ciò, cari fratelli, è motivo di azione di grazia e anche di speranza. Voi potete e dovete appoggiarvi su questa possibilità e su questa forza viva, per far fronte alle difficoltà che incontrano la Chiesa e la nazione di Rwanda.

Poiché, malgrado il clima sociale attualmente sereno, e una prosperità incontestabile della Chiesa, siete ben consci dei seri problemi che devono essere affrontati e risolti prima che sia troppo tardi se si vuole evitare che delle fragilità si accentuino o che delle minacce vengano a sconvolgere la crescita dello sviluppo accelerato che è il vostro premio oggi.

La vostra nazione gode di merito e rispetto nel mondo internazionale. Ma è ancora una nazione giovane che il 1° luglio festeggerà il suo venticinquesimo anno di indipendenza. Le risorse economiche sono limitate per una popolazione che si accresce rapidamente su un territorio di dimensioni modeste. Ciò domanda delle condizioni difficili da mettere in opera, e soprattutto un senso del bene comune e una moralità pubblica che, a buon diritto, il Presidente della Repubblica vuol promuovere. Anche la Chiesa è giovane. E' chiamata a svilupparsi, a prendere tutte le responsabilità, a dare la sua testimonianza specifica, nel rispetto delle persone. Mentre essa deve continuare il primo annuncio presso coloro che ignorano la buona novella di Cristo, deve intraprendere come una seconda evangelizzazione, in profondità, dei catecumeni e dei battezzati, con il prezzo di una saggia inculturazione che impregna le mentalità, i costumi, alla maniera del lievito, del sale, della luce che è il Vangelo. Già, essa deve nello stesso tempo far fronte ad altre moderne sfide, venute spesso dalle nazioni dette sviluppate, sul piano economico e scientifico, e che comportano tentazioni di materialismo, di edonismo, di secolarismo abusivo. Tutto ciò non deve per nulla scoraggiare i pastori, poiché ho detto che la vostra Chiesa dispone, con la grazia del Signore, di mezzi per farvi fronte. Ma bisogna rimanere vigilanti, domandarsi se la Chiesa mette bene a profitto le condizioni favorevoli di cui ha goduto e gode, per evitare le trappole che le procurerebbero dei fastidi e delle critiche giustificate, e per costruire sulla roccia. Nel Vangelo, Gesù ci dice che bisogna cominciare a sedersi per riflettere sul miglior modo di costruire la torre (cfr. Lc 14,28-30). Per voi, questa preparazione comporta, con la preghiera sempre avanti tutto, l'analisi chiaroveggente delle situazioni, in dialogo con i vostri collaboratori preti e laici, la mobilitazione delle forze vive di cui la Chiesa dispone; lo stabilimento dei piani pastorali d'insieme, con delle priorità precise, gli impegni coraggiosi e concreti che s'impongono. La via è quella indicata dal Concilio Vaticano II e dal Sinodo straordinario del 1985; i loro orientamenti spirituali o le loro prescrizioni economiche devono incarnarsi nella via delle comunità, secondo l'ecclesiologia di comunione, lo spirito di corresponsabilità ed il senso del servizio che queste sedute hanno sottolineato. così, sotto la vostra responsabilità di pastori, di maestri e di padri, ciascuno potrà apportare la sua pietra vivente all'edificio. In queste condizioni, si potrà parlare di una nuova partenza, di una nuova primavera della Chiesa in Rwanda. Ciò che ho detto a tutta la Chiesa alla soglia del mio pontificato, lo ridico a voi: "Non abbiate paura".


4. La nostra missione di Vescovi è stata magnificamente ricordata dal decreto conciliare "Christus Dominus": "Nel loro esercizio di padri e di pastori, che i Vescovi siano in mezzo al loro popolo come coloro che servono, dei buoni pastori che conoscono le loro pecore e che sono conosciuti dalle loro pecore, dei veri padri che si impongono con il loro spirito di amore e di dedizione a tutti, e la cui autorità ricevuta dall'alto ritrova un'adesione umana e una riconoscenza. Nell'esercizio di questa sollecitudine pastorale, essi riservano ai loro fedeli la parte che spetta loro nelle questioni della Chiesa, riconoscendo il loro dovere e il loro diritto di lavorare attivamente all'edificazione del corpo mistico di Cristo" (CD 16).

Cari fratelli, il vostro popolo cristiano si attende molto da voi e guarda verso di voi con fiducia, disponibilità e spirito di iniziativa. Anche se il compito episcopale è pesante e vasto, questa prospettiva è incoraggiante. Da parte mia, come l'apostolo Pietro, prego il Cristo, il supremo Pastore, di aiutarvi a condurre il gregge che vi è affidato, alle sorgenti della vita, essendo voi le sue guide e i suoi modelli, permettendogli di svolgere pienamente la sua vocazione (cfr. 1P 5,1-4).


5. E ora mi basta evocare qualche settore della vita ecclesiale o nazionale. Sono sicuro che voi non mancate di cercare voi stessi i modi di progredire in questi campi, in un insieme. La congregazione per l'evangelizzazione dei popoli è ugualmente pronta a sostenere i vostri sforzi.

Avete al vostro fianco dei preti relativamente numerosi, autoctoni ed espatriati, che fanno fronte con generosità al loro pesante carico pastorale, per ciò che concerne l'educazione alla fede ed ai sacramenti, nel momento in cui hanno parrocchie con un grande numero di fedeli. Oltre al problema dell'organizzazione delle comunità, esiste quello di chiamare e di preparare molti altri preti di cui la Chiesa avrà assolutamente bisogno. Tale è lo sforzo della vostra pastorale delle vocazioni, del resto coronata di successo; io vi incoraggio a perseguirla.

Un popolo cristiano, fervente come è il vostro, comprende meglio questo bisogno del sacerdote.

Voi avete sempre la preoccupazione di rivolgere una grande attenzione ai vostri preti e ai vostri cooperatori, che sono anche per voi figli ed amici (cfr. CD 16). Sapete il conforto che essi trovano nella vostra carità, nel dialogo confidente con voi; hanno anche bisogno di essere incoraggiati ad approfittare insieme dei mezzi di arricchimento spirituale e dottrinale, nel corso degli incontri, delle sessioni di aggiornamento, o altri mezzi di formazione permanente. Ciò che avete programmato per essi negli "Statuti del clero diocesano" potrà costituire uno stimolo appropriato. Allo stesso modo, la messa in opera della loro corresponsabilità nel quadro dei consigli presbiteriali previsti dal codice, costituirà un apporto benefico per essi e per voi. C'è anche da preparare un cambio per certe responsabilità pastorali ed amministrative che i missionari hanno assunto fino ad ora con generosità.


6. Un grave compito è quello della formazione dei futuri preti. Le difficoltà che sono sorte nell'atteggiamento di certi seminaristi hanno manifestato gravi problemi che vi apprestate a risolvere, nel dialogo, confidando in una più grande responsabilità al superiore e agli educatori, vegliando ad una formazione approfondita sul piano intellettuale e spirituale, e facendo meglio comprendere le esigenze di disponibilità e di disinteressamento che comporta il servizio ecclesiale per coloro che hanno scelto di consacrare la loro vita, le loro forze e il loro cuore. Rimane quindi prima di tutto, da voi come da altre parti, il problema dei formatori, che si tratti dello stadio propedeutico, del seminario di filosofia o di quello di teologia, che hanno dei forti legami tra di loro.

I piccoli seminari hanno anche una grande importanza, e voi dovrete prendere le decisioni che si impongono, perché a livello diocesano o interdiocesano, essi svolgano veramente il loro ruolo di iniziare alla fede, alla vita di preghiera e all'apostolato, i candidati al sacerdozio.


7. Voi avete la fortuna di trarre beneficio dalla preghiera, dall'apostolato, dall'opera educativa di molte congregazioni religiose, i cui membri erano o sono missionari di altri paesi, ma anche Rwandesi, che hanno anche fondato i loro istituti religiosi e diventano a loro volta missionari. La responsabilità che essi assumono in molti campi della pastorale diocesana fa di essi dei collaboratori preziosi, il cui servizio merita molta stima e uno sforzo di informazione, di consultazione, di corresponsabilità nelle decisioni. Essi avranno a cuore da parte loro di accettare l'integrazione che conviene nella vita della Chiesa particolare, rispettando il loro proprio carisma.


8. La Chiesa nel Rwanda è certamente cosciente del ruolo che i laici cristiani devono esercitare nelle comunità ecclesiali e nella società. Il prossimo Sinodo romano dei Vescovi ravviverà ancora questa coscienza. Già i catechisti hanno avuto la loro parte molto importante nell'evangelizzazione. Ma è in tutti i campi che bisogna preparare un laicato responsabile, capace di diversi impegni apostolici.

Penso al mondo rurale, ma anche al mondo della cultura, dell'università che forgia l'élite intellettuale di domani. I cappellani aiuteranno i movimenti, specialmente quelli dell'Azione Cattolica, a estendere la loro azione e soprattutto ad approfondirla, custodendone la sua finalità apostolica.


9. La famiglia, in particolare deve essere difesa e aiutata nello sviluppo dei suoi valori. Conosco la cura che voi ne avete. C'è tutta una catechesi sulla famiglia che bisogna assicurare nelle diverse tappe della vita, specialmente per la preparazione al matrimonio sul piano dottrinale, morale e spirituale. Bisogna contare sull'aiuto delle giovani coppie. La donna ha un ruolo importante nella famiglia come nella società.

E' necessario non dimenticare le cause economiche o sociali di numerose unioni matrimoniali irregolari, come le migrazioni interne e la mancanza di dote.

D'altra parte, l'esplosione demografica suggerisce una sforzo di regolazione delle nascite rispettosa dei rapporti coniugali, dell'amore e della vita. La Chiesa ha fatto la sua parte creando il Segretariato per l'azione familiare, ma essa cerca soprattutto di formare le coscienze. Io mi auguro che la pastorale familiare che voi mettete in opera porti tutti i suoi frutti nella vita concreta dei vostri concittadini.


10. La gioventù costituisce un'altra priorità che ha la sua collocazione nella pastorale d'insieme. I giovani sono molto numerosi, cercano delle possibilità di istruzione e soprattutto di lavoro. Questa situazione rischia di indurirli e di scoraggiarli. La posta è grande e bisognerà mobilitare le energie per trovare delle soluzioni. La Chiesa ha in mano delle enormi possibilità di educazione, come lo conferma la recente "Conversione scolastica" che è stata firmata tra il governo e il rappresentante dell'episcopato responsabile della commissione competente. Ne gioisco con voi. Ciò che soprattutto importa, è assicurare per gli scolari delle scuole cattoliche, e anche per gli altri, con modalità diverse, una vera formazione spirituale e morale.


11. La Chiesa non può disinteressarsi della situazione sociale del paese. E' suo dovere continuare ad apportare una cooperazione che è apprezzata e necessaria.

La responsabilità diretta del bene comune della nazione appartiene alla comunità politica. Questa e la Chiesa sono indipendenti l'una dall'altra e autonome nel campo che è loro proprio. La Chiesa tiene ad assicurare questa indipendenza per esercitare la sua missione spirituale, e per mantenere il segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana (cfr. GS 76). Ma la Chiesa e la comunità politica sono, a titoli diversi, al servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini. E' normale che esse ricerchino una sana cooperazione, nella comprensione e il rispetto del ruolo dall'altra.

Attualmente, dinnanzi ai gravi problemi della povertà, dello sviluppo che la nazione deve affrontare, la Chiesa in Rwanda continuerà la sua opera preziosa nel campo dell'assistenza, della sanità, dell'educazione; essa è ancora chiamata a prendere delle iniziative concrete di promozione umana. Ma, essendoci ineguaglianze sociali, la miseria dei poveri e atti di corruzione ed altri abusi che la stessa autorità civile ha denunciato, vi è urgenza di formare la coscienza morale dei cittadini e specificamente di coloro che hanno delle responsabilità.

perciò ci si attende dalla Chiesa l'esempio del servizio disinteressato, della condivisione nella povertà; ci si attende da essa una parola profetica che mostri dove sono i mali di cui la società soffre, e un'azione che manifesti un amore preferenziale per i poveri. E' in questo senso che sarà assicurato l'avvenire della nazione rwandese che, malgrado i suoi limiti, dispone di forze morali sufficienti per intraprendere le riforme salutari e per essere, in questa regione dell'Africa e sulla scena internazionale, un modello di convivialità. Ecco i voti ferventi che esprimo sia per la Chiesa di cui voi siete i pastori, sia per tutto il popolo rwandese che vi è caro.

Con voi prego il Signore per tutte queste intenzioni. Che egli ci doni ogni giorno la luce e la forza per partecipare, in qualità di pastori, alla grande opera che abbiamo appena menzionato. Lo pregheremo con la santissima Vergine Maria; la devozione a lei, solidamente radicata nel vostro popolo si è ancora accresciuta in questi ultimi anni, apportando alla vita della Chiesa locale frutti abbondanti. La preghiamo specialmente in questa novena preparatoria alla Pentecoste, affinché lo Spirito Santo rinnovi in tutti i cuori la fede, l'amore e la speranza, e doni alla Chiesa un nuovo soffio. Di tutto cuore do la mia benedizione apostolica a ciascuno di voi, a coloro che collaborano con voi e alle vostre diocesi.

1987-05-27 Data estesa: Mercoledi 27 Maggio 1987








Udienza al pellegrinaggio da Castel San Giovanni - Roma

Titolo: L'incontro con i concittadini del Cardinale Casaroli

Testo:

Carissimi fedeli di Castel San Giovanni e carissimi amici del Cardinal Casaroli.

Siete venuti a Roma per celebrare i cinquant'anni di ordinazione sacerdotale del Cardinale Agostino Casaroli, vostro illustre concittadino e mio primo e stretto collaboratore come Segretario di Stato. Con grande gioia vi porgo il mio saluto cordiale, mentre rinnovo al festeggiato le mie sentite felicitazioni e l'augurio più affettuoso.

Sono molto lieto della vostra presenza intorno al caro Cardinale in una circostanza tanto importante e significativa. Anche per chi si è dato totalmente a Dio e alla Chiesa. La terra natia rimane sempre un luogo indimenticabile e amato, perché ricco di ricordi suggestivi: là si sono prese le decisioni che poi hanno caratterizzato l'esistenza, là si rivolge con nostalgia il pensiero, rivedendo nella memoria i volti di tante persone conosciute e amate. Nell'intimo dell'anima rimangono sempre presenti i ricordi della casa paterna, della chiesa parrocchiale, dei familiari e dei conoscenti di un tempo, di tanti episodi umili ma meravigliosi che hanno dato gioia e serenità.

Saluto con pari affetto gli altri partecipanti che sono qui presenti per fare corona al Cardinale e testimoniargli la loro stima e amicizia.

Carissimi, la vostra presenza ha un valore e significato umano, che certo reca conforto al Cardinale Casaroli. Questo gesto gentile e premuroso, diretto a persona a me particolarmente cara, è apprezzato anche da me.

Ho espresso i sentimenti del mio animo verso il festeggiato in una lettera in latino a lui indirizzata. Penso di fare cosa a voi gradita, dandovene lettura nella versione italiana: Al venerato fratello Agostino Cardinal Casaroli Segretario di Stato Nel giorno gioioso, in cui ella celebra il cinquantesimo di sacerdozio, desidero porgerle i miei più fervidi auguri. Se è mia consuetudine esprimere ai signori Cardinali ed ai Vescovi i miei sentimenti di affetto e di felicitazione quando essi festeggiano la nascita del loro sacerdozio, particolarmente volentieri faccio questo per lei, che è mio primo collaboratore. Ella è infatti, a capo della Segreteria di Stato, il cui compito è quello di aiutare da vicino il Papa nel governo della Chiesa universale; ella ha anche l'ufficio di Prefetto del Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa, e fa le mie veci nel governo civile della Città del Vaticano: uffici e dignità ai quali giustamente ella è stato elevato, avendo dimostrato per lungo tempo a questa sede apostolica la ricchezza del suo ingegno, la sua diligenza, la sua abilità in questioni che richiedono singolare prudenza, specie nel campo dei rapporti internazionali.

Ella ha consacrato queste doti, insieme con tutte le sue energie, al servizio della Santa Sede con operosa dedizione e profondo senso del dovere; e non per qualche tempo, ma per l'intera sua vita sacerdotale. E' superfluo rilevare la singolarità della circostanza provvidenziale di essere stato chiamato a servire così da vicino e per un tempo tanto lungo quella sede, che in qualche modo è il cuore di tutta la Chiesa.

Il raggiunto traguardo nella vita sacerdotale offre gradita occasione per rievocare con brevi cenni la via da Lei percorsa fino a questo momento.

Castel San Giovanni, nella diocesi di Piacenza, è il luogo dove ella è nato e dove è cresciuto in una famiglia molto religiosa, che fu "come il primo seminario" (OT 2) della sua vocazione ecclesiastica. Compiuti gli studi in istituti di quella diocesi, specialmente nel Collegio Alberoni, ha atteso, a Roma, allo studio del diritto e della diplomazia.

Il 27 maggio del 1937, con profonda gioia ella ha potuto ascendere al sacerdozio, "onore e dignità incomparabilmente grandi", per usare una espressione di sant'Epifanio (cfr. Adv. Octog. haeres, Panarium, 59, 4; PG 41, 1023). Il ricordo di quel giorno è stato sempre vivo in lei, ma ora, dopo cinquant'anni, si farà certo sentire con maggiore intensità, e la ricolmerà di spirituale dolcezza, inducendola ad esprimere a Dio, datore di ogni bene, tutta la sua gratitudine.

Poco dopo l'ordinazione sacerdotale ella è entrato nel servizio della Santa Sede, e precisamente nell'allora I sezione della Segreteria di Stato. In pari tempo ha seguito un corso di perfezionamento presso la Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale, che le fu di grande utilità per i compiti che l'attendevano. In seguito, dal 1947, nel fedele servizio alla Santa Sede, ha intrapreso i suoi primi viaggi per il mondo. Ma ben presto è stato chiamato a "salire più in alto": Papa Giovanni XXIII, mio predecessore di venerata memoria, la nomino Sottosegretario della Sacra Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari. In virtù di tale incarico ella ha guidato la Delegazione della Santa Sede, che a Vienna prese parte alla conferenza delle Nazioni Unite sulle relazioni diplomatiche e, due anni dopo, all'analoga conferenza sulle relazioni consolari.

Spesso, poi, ella si è recato nei paesi dell'Europa orientale, facendo si che, per il bene della Chiesa, si riprendessero con essi nuovi contatti. In particolare mi è caro ricordare i viaggi da lei compiuti nella mia Polonia, dove per la prima volta l'ho incontrato e conosciuto.

Nel 1967, il Papa Paolo VI, dopo averla insignito della dignità di Arcivescovo titolare di Cartagine, le affido l'incarico di Segretario della stessa Sacra Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari, che prese poi il nome di Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa. A tali compiti altri se ne sono aggiunti nella Curia romana, oltre a sempre più frequenti viaggi di rilevante importanza, tra i quali vorrei ricordare quelli in Jugoslavia, in Ungheria, in Cecoslovacchia, nelle due Germanie, in Bulgaria e in Russia, dove, - nella capitale Mosca - nel 1971, ella ha sottoscritto a nome della Santa Sede il patto di non proliferazione delle armi atomiche, e in Finlandia dove, a Helsinki, in qualità di Capo della Delegazione della Santa Sede, ha preso parte alla conferenza sulla sicurezza e cooperazione europea. Particolare menzione merita il fatto che alla conferenza straordinaria delle Nazioni Unite sul disarmo, ella ha portato nel mese di giugno del 1978 l'appello di Paolo VI, e poi, nel 1982, il mio per una strategia della pace.

Arricchito di tanti meriti, nel 1979, ella è stato da me chiamato a far parte del Collegio Cardinalizio, e le sono stati affidati i rilevanti incarichi al vertice della Curia romana sopra menzionati. In questa solenne occasione sono lieto di darle atto dell'importantissimo lavoro da lei svolto accanto a me, sempre assistendomi, nel ministero affidatomi, con saggi consigli, ispirati da un costante affetto nei miei riguardi e verso la sede romana. L'ispirazione che la anima e le sue molteplici doti danno la certezza che potrà rendere alla Santa Sede ancora molti servizi.

Varie volte e in diverse nazioni ella ha rappresentato la mia persona in qualità di Cardinale Legato a importanti celebrazioni ecclesiali, fra le quali mi piace ricordare, per la loro singolarità, quelle del luglio 1985 in Jugoslavia e Cecoslovacchia in onore dei santi Cirillo e Metodio.

La conclusione del grave e difficile negoziato per la revisione del Concordato con l'Italia, come già prima, quella delle trattative condotte con la Tunisia, l'Ungheria, la Jugoslavia e la stessa Polonia, segnano momenti significativi del suo servizio ecclesiale.

Né si può dimenticare l'opera da lei svolta, insieme col compianto Cardinale Antonio Samoré, e poi, particolarmente nell'ultima fase, per la felice conclusione della mia mediazione nel "diferendo austral" fra Cile e Argentina.


GPII 1987 Insegnamenti - Messaggio ai partecipanti a un seminario internazionale a Tokyo