GPII 1987 Insegnamenti - Il congedo all'aeroporto "Okecie" di Varsavia - Polonia

Il congedo all'aeroporto "Okecie" di Varsavia - Polonia

Titolo: Verità, libertà, giustizia, amore: quattro diritti per ogni autentico progresso

Testo:

1. Nell'ora del congedo dalla terra natia desidero salutare tutti i miei Connazionali, figlie e figli della comune Patria, le persone di ogni età, dai più anziani, che si stanno avvicinando al termine del loro cammino terreno, a quelli appena nati, anzi, a quelli che si trovano ancora sotto il cuore delle madri polacche.

Saluto tutti coloro che mi è stato dato d'incontrare sulla scia del Congresso Eucaristico, e tutti gli altri, tutti, senza alcuna differenza o alcun limite.

Ringrazio tutti dell'ospitalità.

Rendo grazie alla Provvidenza Divina perché mi è stato concesso ancora una volta di trovarmi nella mia terra natale, in questo nono anno del mio servizio sulla sede di S. Pietro. E perché mi è stato dato di vedere ancora una volta dall'elicottero e anche da vicino tutta la bellezza di questa terra nel periodo più bello dell'anno.

Ho visto che, nonostante le difficoltà, questo paese cresce e si sviluppa, cresce anche l'uomo, la sua fede, la cultura, il senso di responsabilità, la maturità. E' sempre necessario il dialogo, la paziente perseveranza, la lungimiranza, il coraggio nell'affrontare e risolvere nuovi problemi. Questi, esistono ed esisteranno sempre. Le questioni difficili esigono la collaborazione di tutti, delle autorità e della società. Ho notato con soddisfazione che negli ultimi anni sono state costruite numerose chiese ed edifici ecclesiastici. Abbiamo visto anche molti cantieri edili. Difficile non ricordare ciò nel momento del commiato.


2. Ringrazio ancora una volta il Signor Presidente del Consiglio di Stato per l'invito, per la sua presenza al momento del mio arrivo, per l'accoglienza nel Castello Reale, e per aver voluto essere nuovamente presente al momento del mio congedo.

Allo stesso tempo, per il tramite del Signor Presidente del Consiglio di Stato esprimo il ringraziamento a tutte le persone degli organismi subalterni, che hanno reso possibile e hanno facilitato il mio viaggio. Mi riferisco sia alle autorità centrali che a quelle provinciali e locali di tutto il percorso, che mi è stato dato di seguire in questi giorni.

Rivolgo dunque il mio ringraziamento a Varsavia, Lublino, Tarnow, Cracovia, Stettino, Gdynia, Danzica, Czestochowa e Lodz, dovunque, in questo momento di congedo, la mia riconoscenza deve giungere e dovrebbe giungere a molte persone che hanno cercato di dimostrare la gentilezza e l'ospitalità tipicamente polacca non solo a me ma anche a tutti i miei accompagnatori venuti da Roma. Anche a nome loro vi ringrazio.


3. Alle mani del Cardinale Primate di Polonia e Presidente della Conferenza dell'Episcopato, affido il mio cordiale ringraziamento per l'iniziativa del Congresso Eucaristico Nazionale, il primo che si celebra dopo cinquantasette anni dal Congresso di Poznan nel 1930.

Rivolgo questo ringraziamento a tutti i miei fratelli nell'Episcopato; ai Cardinali, Arcivescovi e Vescovi polacchi. A tutto il Clero diocesano.

Agli Istituti religiosi maschili e femminili. A tutti - quanto numerosi! - i Collaboratori laici, all'opera del Congresso ed ai rappresentanti dell'Apostolato dei Laici. A tutti i fedeli che si sono trovati sul mio percorso e hanno partecipato alle funzioni del Congresso Eucaristico. La preparazione liturgica, la partecipazione matura, la meditazione, lo spirito della preghiera, i canti, lo splendido allestimento - hanno edificato tutti. Dio vi renda merito.

Ringrazio di tutto ciò che è stato fatto per preparare il Congresso Eucaristico e per il suo svolgimento. Rendo grazie a Dio perché mi è stato consentito di prendere parte a questo importante evento della Chiesa in Polonia.

Il brano del Vangelo di San Giovanni che parla di Cristo, il quale amando i suoi li amo fino alla fine risponde si può dire ai più profondi bisogni dell'uomo contemporaneo, in particolare all'uomo in Polonia. L'uomo infatti deve avere questa fondamentale certezza, di essere amato, di essere riconosciuto nella intera verità della sua umanità. Solo allora è disposto ad accettare quello che si esige da lui, ed è pronto pure a esigere da sè stesso. E' capace anche di grandi sacrifici e rinuncie come lo ha fatto tante volte nel corso della nostra storia.

Il Congresso Eucaristico ha creato il clima di questa riaffermazione dell'uomo in Polonia. Di ciascuno e di tutti, in particolare dei singoli gruppi sociali con i quali mi è stato dato di incontrarmi.

Occorre che questo clima permanga, si approfondisca costantemente.


4. Una volta ho detto che la Polonia èla Patria di una difficile sfida.

Questa sfida segna il corso della nostra storia.

Essa determina altresi il particolare posto della Polonia nella grande famiglia delle nazioni sul continente europeo e su tutto il globo. Se dovessi a questo punto servirmi di una frase del Concilio Vaticano II direi che, insieme alle nazioni, la nostra Patria deve adoperarsi affinché la vita degli uomini in Polonia diventi sempre più umana, sempre più degna dell'uomo. Di ogni uomo, che vive in questa terra, e di tutti coloro che compongono la grande comunità della nazione e della società.

Questo processo - ed insieme questo compito - passa attraverso quattro direttive principali e, nello stesso tempo, comporta quattro condizioni essenziali. Ancor prima del Concilio le ha enunciate insieme Giovanni XXIII nell'enciclica Pacem in terris, parlando dei quattro fondamentali diritti dell'uomo, che stanno alla base di una vera pace sulla terra.

Essi sono: il diritto alla verità, il diritto alla libertà, il diritto alla giustizia, il diritto all'amore.

Ciascuno di essi corrisponde profondamente alla natura dell'uomo e della dignità della persona umana.

Ognuno di essi condiziona ogni autentico progresso, non solo della persona, ma anche della società. E non solo il progresso spirituale ma anche quello materiale ed economico. Si, anche il progresso economico.

La Chiesa, come leggiamo nella costituzione Gaudium et Spes, desidera essere "segno del carattere trascendente della persona umana".

E' proprio questo il suo compito e la sua missione. Questo significa allo stesso tempo che essa desidera manifestare tutti i talenti, tutte le energie fisiche e spirituali che sono nell'uomo per il bene della comunità umana in ogni dimensione: culturale, sociopolitica, economica.

E la Chiesa gioisce quando dovunque nel mondo, in qualsiasi paese o società, si manifesta comprensione per le iniziative creative di ogni uomo, quando a tutto ciò si crea adeguato spazio.

Ancora una volta ripeto qui le parole dell'indimenticabile, per noi, Papa Paolo VI che ho già due volte ricordato durante la mia visita. Una Polonia prospera e felice è nell'interesse della pace e nella buona collaborazione tra le nazioni d'Europa.

Questo è al tempo stesso il mio augurio di congedo.


5. Nell'anno del Signore 1987 esprimo la mia gioia perché mi è stato dato, insieme a tutta la Chiesa in Polonia, di rinnovare, lungo il cammino del Congresso Eucaristico, la certezza che Cristo-Eucaristia è per noi "la via, la verità e la vita" (Jn 14,6).

Quest'anno si compiono anche vent'anni dalla pubblicazione dell'enciclica di Paolo VI sul "progresso dei popoli" (Populorum Progressio). A tutta la mia Patria e a tutti i Connazionali nel mondo, auguro una proporzionata partecipazione a quel "progresso dei popoli", tanto desiderato dalla Chiesa per tutti.

Auguro a tutti di poter percorrere le giuste vie, che ad un tale progresso conducono; ricercare e trovare le strade che portano a tale progresso.

Grazie.

1987-06-14 Data estesa: Domenica 14 Giugno 1987




Ai partecipanti al XXV corso dell'I.R.I. - Sala del Concistoro, Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La solidarietà internazionale è la strada per un futuro più giusto e più sicuro

Testo:

Egregi Signori, 1. Siate i benvenuti! Voi avete partecipato al Corso di perfezionamento alle funzioni tecniche e direttive aziendali, promosso ed organizzato dall'Istituto per la Ricostruzione Industriale, ed ora che il Corso è giunto a conclusione, avete sollecitato questo incontro prima di tornare ai vostri rispettivi Paesi. Vi sono grato per il pensiero gentile e vi saluto cordialmente. Saluto pure con deferenza il Presidente dell'Istituto, il professor Romano Prodi, al quale va la mia riconoscenza per le cortesi espressioni rivoltemi.

Saluto, infine: i responsabili e i docenti del Corso, come pure le altre persone presenti.


2. Questo, che si conclude, è il XXV corso di studio, che l'I.R.I. ha promosso in questi anni per il perfezionamento delle conoscenze professionali circa i più importanti settori dell'industria e dell'organizzazione aziendale. L'incontro di oggi segna, quindi, un traguardo degno di rilievo per il servizio che l'IRI svolge a vantaggio dei Paesi in via di industrializzazione; e rappresenta una conferma del contributo dato dall'Italia alla cooperazione ed allo sviluppo. Sono lieto, perciò, di esprimere il mio compiacimento per un'iniziativa, che si qualifica anche per l'ampia rappresentatività internazionale, essendo ben 30 i Paesi avviati all'aggiornamento industriale che hanno loro quadri tecnici e direttivi presenti nel Corso. Degno di menzione è anche il metodo di lavoro utilizzato: essa ha consentito di esaminare e discutere insieme, sotto la guida di esperti e tecnici altamente specializzati, i temi più rilevanti dello sviluppo economico, sociale e industriale delle rispettive nazioni, alla luce dell'esperienza italiana e a contatto con quasi tutti i settori produttivi del Gruppo IRI.

Come non rilevare in questo generoso sforzo una concreta manifestazione di solidarietà per lo sviluppo che onora l'Italia? 3. La Chiesa non cessa di proclamare che oggi occorre sempre più stabilire tra le nazioni una collaborazione che trascenda le frontiere, così che non abbia a verificarsi tra le varie economie un crescente divario, con le dannose conseguenze che ne deriverebbero. A mano a mano che le relazioni internazionali si intensificano, sempre più appare chiaro che i popoli non possono accettare di Percorrere il cammino del proprio sviluppo nell'isolamento o nella reciproca sopraffazione. La solidarietà è la strada verso un futuro più giusto e più sicuro per tutti.

Poiché, peraltro, esigenza fondamentale dell'umana dignità è che i singoli popoli siano i primi responsabili della loro crescita, la solidarietà internazionale deve tendere a far si che all'interno delle comunità stesse sorgano persone preparate per guidare e garantire le tappe dello sviluppo e dell'aggiornamento. Solo in questo modo, svincolate da passive dipendenze nei riguardi degli Stati tecnicamente più evoluti, le comunità nazionali potranno organizzarsi in maniera tale da divenire esse stesse artefici del proprio destino.

La collaborazione intesa a preparare quadri operativi adeguati all'interno delle singole comunità nazionali è perciò da lodare grandemente quale valido segno della buona volontà di operare in un contesto di vicendevole e rispettosa amicizia.

Seguendo tale via si contribuisce anche al consolidamento della pace, perché si assicura una giustizia sociale più perfetta nei rapporti tra i popoli.


4. Toccherà a voi, reduci dal Corso che si sta ora concludendo, portare nelle vostre rispettive Comunità i frutti degli studi e delle esperienze fatte, incoraggiando iniziative aperte ad un futuro di collaborazione con gli altri popoli, pur nella valorizzazione delle peculiari qualità e risorse di ciascuna vostra Nazione, e con il proposito di dare, con il vostro contributo, una valida risposta alle speranze ed alle attese dei vostri concittadini e dell'intera umanità Non dimenticate mai che al centro di ogni iniziativa deve stare la persona umana. Il valore della persona sia il perno fondamentale di tutti i programmi di sviluppo economi.co e sociale; e poiche anche nelle strutture lavorative esiste un continuo movimento un dinamismo incessante, occorrerà continuare senza sosta ad interrogarsi circa il posto che l'uomo occupa nella comunità lavorativa e circa le condizioni in cui egli opera.

Vi aiuti, a questo riguardo, l'immagine di uomo che scaturisce dalla fede in Dio creatore: l'uomo, ogni uomo, è creatura di Dio, fatto a sua immagine e somiglianza, destinato al dono supremo della piena comunione con Lui per l'eternità. Vi guidi sempre, nell'adempimento dei vostri doveri professionali, l'amore disinteressato e generoso verso le persone che collaboreranno con voi; coltivate il desiderio e il proposito di giovare alla loro vita, di servirli, di rendervi loro utili.

Con tali pensieri e voti ben volentieri invoco su di voi la protezione di Dio onnipotente, alla cui bontà affido le vostre persone, quelle dei vostri familiari e di tutti i cittadini delle vostre rispettive Nazioni.

1987-06-16 Data estesa: Martedi 16 Giugno 1987




Ad Astronomi riuniti a convegno presso la Specola Vaticana - Roma

Titolo: La ricerca di forze dell'unificazione, legge generale del comportamento umano

Testo:

Cari amici, 1. E' con grande piacere che vi do oggi il benvenuto in Vaticano e vi ringrazio per la vostra presenza alla Conferenza sulla Polarizzazione Circumstellare alla quale l'Osservatorio Vaticano vi ha invitato. E' sempre una gioia sapere come la Chiesa, attraverso l'Osservatorio, sia in grado di contribuire in qualche modo alla continua ricerca di una comprensione più profonda dell'universo nel quale viviamo.

In questi giorni siete stati impegnati in una comune valutazione dei risultati ottenuti dalle osservazioni che si estendono dalle onde radio ai raggi x di alcuni dei tipi più interessanti di stelle variabili conosciute dagli astronomi. Mi è stato detto che alcune di queste sono molto dense e hanno un immenso campo magnetico e stanno attualmente accumulando materie da stelle vicine.

Altre vibrano tentando di adattarsi alle condizioni instabili nel loro rifornimento di energia. Altre ancora rappresentano alcune tra le più alte temperature tra le stelle conosciute o stelle che sono attualmente in processo di formazione. Sono anche informato che queste stelle hanno in comune il fatto che alla fine alcune radiazioni che emettono vengono polarizzate.

Per mezzo di varie tecniche che avete sviluppato per osservare questa luce, siete in grado di ottenere informazioni che si sono rivelate molto utili per la comprensione della evoluzione stellare e specialmente dell'evoluzione delle stelle binarie.


2. Voi cercate di comprendere questi oggetti che osservate con una semplificazione o un'unificazione delle informazioni che utilizzano i fondamentali processi fisici che stanno prendendo piede. Parlando di questo processo di unificazione, così fondamentale per la vostra scienza, ricordiamo la commemorazione che celebriamo quest'anno nel trecentesimo anniversario della pubblicazione di Isaac Newton "Philosophiae Naturalis Principia Mathematica", per mezzo della quale la fondamentale legge di gravità spiega la miriade di osservazioni di movimenti accumulatesi lungo i secoli.

Questo evento è sicuramente uno dei più celebrati esempi del successo della ricerca di unificazione, caratteristica della vostra occupazione scientifica. Siamo convinti del fatto che questa ricerca non sia finita e che voi continuate a sondare per una più profonda e più vasta applicazione dei vostri dati astronomici sulle fondamentali leggi fisiche, che voi già conoscete e anche per leggi fisiche ancor più fondamentali.


3. Questa ricerca di unificazione, caratteristica delle scienze fisiche di cui vi occupate, è come se fosse una legge generale dello sforzo umano, con una particolare applicazione anche nel campo dell'esperienza religiosa. Dai miei predecessori più recenti, a partire specialmente da Papa Giovanni XXIII, la Chiesa ha ricevuto un'eredità che mi è molto cara: la ricerca dell'unità tra tutti i seguaci di Gesù Cristo, e la promozione di comprensione e dialogo tra i fedeli di altre tradizioni religiose. Tra le iniziative prese per perseguire questa ricerca menzionerei l'incontro di preghiera per la pace tenuto ad Assisi lo scorso anno, quando i capi religiosi, cristiani e non cristiani, si riunirono in amicizia e pregarono nei loro rispettivi modi per il divino dono della pace, per un mondo che ne ha urgentemente bisogno. Prego che anche voi siate sempre uomini e donne di pace e solidarietà umana. Possa Dio Onnipotente, la vastità della cui creazione voi esaminate e studiate costantemente, concedere un buon esito ai vostri molti e degni sforzi di servire il genere umano. L'amore di Dio riempia i vostri cuori e la sua Benedizione discenda in abbondanza sopra di voi e sulle vostre famiglie.

1987-06-16 Data estesa: Martedi 16 Giugno 1987









Alla Conferenza Internazionale a Vienna

Titolo: Lotta contro la piaga della droga

Testo:

Il fenomeno dell'abuso della droga è una delle maggiori tragedie che affliggono la società di oggi, una tragedia di sempre più vaste proporzioni, che colpisce sia i paesi industrializzati che quelli in via di sviluppo con effetti distruttivi sugli individui, le famiglie e l'intero tessuto sociale. Il fatto che coloro che ne abusano siano per la maggior parte giovani rappresenta una minaccia per la futura stabilità della società che avanza verso la fine del Secondo Millennio.

Sfortunatamente vi sono degli indizi di peggioramento di questa tragedia umana: a) droghe illegali vengono prodotte in quantità sempre maggiore, b) traffico illecito di droga che produce immensi profitti continua incontrollato, c) il carattere esteso dell'abuso di droga che, seppur concentrato maggiormente tra i giovani, sta anche al fondo di ogni livello della moderna società, nelle aree rurali come in quelle urbane, tra gli uomini e tra le donne, in mezzo a tutte le razze e culture. Non c'è paese che sia oggi immune da questo moderno flagello, sia all'Est che all'Ovest, nell'emisfero settentrionale come in quello meridionale, nei paesi più ricchi o più poveri.

Molti fattori contribuiscono alla drammatica crescita dell'abuso della droga. Sicuramente un fattore primario è lo sfacelo della famiglia. In aggiunta vi è un costante indebolimento dei modi tradizionali di vita che per generazioni hanno rappresentato dei valori culturali e dato un senso all'esistenza quotidiana; ci sono tensioni crescenti nelle relazioni umane, aumento della disoccupazione, modi di vita sub-umani, paure generate dalla minaccia della guerra nucleare e numerosi altri fattori sociali. non ultimo quello del bisogno psicologico di sfuggire alla durezza e alla gravosa difficoltà della vita. Ma alla radice di questi mali sta la perdita dei valori etici e spirituali. E' vero che i giovani di oggi sono i maggiori consumatori di droghe pesanti. quindi è legittimo domandarsi se questo sia dovuto al tipo di società nella quale i nostri giovani sono stati educati.

L'abuso della droga impoverisce ogni comunità dove esso esiste.

Sminuisce la forza umana e la fibra morale. Mina i valori stimati. Distrugge la voglia di vivere e contribuisce ad una migliore società. L'abuso di droga è inoltre un flagello, ancor più che una carestia, la siccità o un'epidemia. Ogni anno miete un numero crescente di vittime.

Ma la moderna piaga della droga non è andata avanti interamente incontrollata o non combattuta. Non possiamo chiudere gli occhi davanti all'immensità di male inflitto all'umanità, da questo tragico problema; ma nemmeno dobbiamo mancare di vedere i molti sforzi, anche eroici, che sono stati fatti per andarvi incontro.

L'Organizzazione delle Nazioni Unite, come anche altre Istituzioni sia governative che non governative, hanno richiamato l'attenzione internazionale e regionale sulle conseguenze dell'abuso di droga. Sono state fatte delle convenzioni, sono stati intrapresi degli studi e altri mezzi sono stati impiegati, ed inoltre è stato chiesto alla Santa Sede di prendere parte attiva a queste iniziative.

La crescita continua della produzione illegale e la vendita di droghe rende ancor più urgente il dovere di espandere queste iniziative che sembrano ora ottenere concreti e positivi risultati.

E' obbligatorio che l'attività criminale della produzione e del traffico di droga venga combattuta direttamente e ultimamente fermata. A questo proposito il mio incoraggiamento e la mia ammirazione vanno a quelle nazioni nelle quali i capi di governo e i cittadini sono veramente impegnati a combattere la produzione, la vendita e l'abuso della droga, talvolta pagando un prezzo molto alto.

addirittura il sacrificio della loro stessa integrità fisica. Approvo tutti coloro che lavorano con ugual determinazione per dare una preventiva educazione a casa, a scuola e sul posto di lavoro. Ciò richiede alcune forme di collaborazione con agenzie a livello nazionale ed internazionale. Tutto ciò pero non sarebbe ancora sufficiente se questi sforzi politici, legali ed educativi non fossero accompagnati da altre iniziative, come ad esempio portare delle sostituzioni con alternative possibili in aree dove coltivazioni di piante illecite sembrano essere le uniche scelte utili e realizzabili per gli agricoltori. Per attuare una tale alternativa occorrono dei comprensivi programmi di sviluppo rurale, che comprendano infrastrutture, tecnologie appropriate e le fondamentali facilitazioni comunitarie di cura della salute, dell'educazione eccetera.

Chiaramente il problema dell'aumento della droga e del traffico illecito non è slegato dalla questione dello sviluppo umano.

Una speciale considerazione deve anche essere data al trattamento e alla riabilitazione di coloro che sono diventati tossicomani o dipendenti dalla droga in un modo pericoloso. Ciò richiede la stabilità ed il mantenimento di istituzioni che possano incontrare gli specifici bisogni di ogni vittima individuale dell'abuso di droga. La grande varietà di bisogni richiede la possibilità di un triplo trattamento: medico, sociale e legale. In ciò la Chiesa è pronta ad essere di assistenza, specialmente attraverso i centri che essa stessa ha stabilito e con la sua cooperazione con centri forniti da altre agenzie.

Un fattore chiave per una riabilitazione positiva, particolarmente nel caso dei giovani, è la restituzione di un'autofiducia e una salutare stima di sè, che assicurano delle fresche motivazioni basate sulla solida morale e sui valori spirituali. I drogati devono essere aiutati a ristabilirsi avendo fiducia nelle relazioni con le loro famiglie e con gli amici. Devono anche essere aiutati a riprendere il loro lavoro, l'educazione o le loro attività.

Le famiglie giocano un ruolo vitale in questo processo, come fanno le istituzioni educative, sociali e culturali. La riabilitazione richiede un lavoro di gruppo, e inoltre ognuno di questi deve collaborare volontariamente con le famiglie e gli interessati.

Vi assicuro che la Chiesa desidera offrire ogni possibile sostegno ai molti e vari sforzi che sono stati fatti. Desidero aggiungere una parola di personale incoraggiamento a voi ed ai Governi e organizzazioni che rappresentate.

La comune lotta contro la piaga della droga e del traffico illecito è motivata da un serio spirito di missione nell'interesse dell'umanità e per il vero futuro della società, una missione il cui successo richiede un reciproco impegno ed una generosa risposta da parte di tutti.

Benedica Dio i vostri sforzi e possa questa Conferenza essere per il resto del mondo un segnale di incoraggiamento e di speranza.

1987-06-17 Data estesa: Mercoledi 17 Giugno 1987




L'omelia alla Messa nella solennità del "Corpus Domini" - Sagrato della Basilica Lateranense (Roma)

Titolo: Accogliamo con gioia il corpo e il sangue di Cristo: nell'Eucaristia sta il pegno della nostra speranza

Testo:

1. "Non... dimenticare il Signore tuo Dio... che nel deserto ti ha nutrito di manna" (Dt 8,14 Dt 8,16).

Oggi, mentre andiamo in processione lungo le vie di Roma dalla Basilica del Laterano a quella sull'Esquilino, cerchiamo di avere negli occhi anche quel cammino: "Non... dimenticare il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione servile" (Dt 8,14). Dice Mosè: "Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere... per... metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore" (Dt 8,2).

E, il cammino del popolo dell'antica alleanza attraverso il deserto verso la terra promessa.

Mentre attraversiamo le strade di Roma in processione eucaristica, ci manifestiamo al mondo come popolo "in cammino", che Dio stesso nutre con il Pane di Vita, così come nel deserto nutriva di manna i figli e le figlie d'Israele. Il deserto non permette di trovare cibo. Dio stesso nutriva il suo popolo.

Non dimentichiamo quel cammino - e quel cibo, che era preannuncio del Cibo eucaristico.

Cristo stesso si richiama a questa figura, contenuta nella storia del popolo dell'antica alleanza, mentre Egli annuncia l'istituzione dell'Eucaristia.

Egli parla, a suoi ascoltatori nei pressi di Cafarnao, del Pane disceso dal cielo (cfr. Jn 6,51). Anche la manna nel deserto scendeva dal cielo. Era il pane offerto ad Israele da Dio. "I vostri padri hanno mangiato la manna - dice Gesù - ...e sono morti" (Jn 1,49). Il pane offerto nel deserto da Dio saziava la fame del corpo, ma non preservava dalla morte.

Cristo annuncia ai suoi discepoli un altro Pane: "Chi mangia questo pane vivrà in eterno" (Jn 6,58).

Così dunque, insieme con l'istituzione dell'Eucaristia, entriamo nel centro stesso del dramma dell'uomo: la vita orientata verso la morte - oppure: la vita aperta verso l'eternità? Mentre avanziamo in processione eucaristica, raccolti intorno al Pane disceso dal cielo, insieme col Verbo incarnato annunciamo la verità della vita eterna. Intorno a noi palpita la vita della grande città, e tuttavia questa vita passa. Questa città, Roma, come ogni altra sul globo terrestre, è un luogo di passaggio. Palpita di vita fino alla soglia della morte. E nella sua storia, nel corso delle generazioni e dei secoli, essa ha vissuto profondamente la realtà della morte umana.


2. così dunque, ciò che Cristo disse nei pressi di Cafarnao riacquista sempre di nuovo la sua attualità. Anche oggi. Anche qui, a Roma: "In verità... vi dico: se non mangiate la carne del figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita" (Jn 6,53).

Per annunciare l'Eucaristia Cristo prende spunto dalla realtà della morte, che è l'eredità d'ogni uomo sulla terra, così com'è divenuta l'eredità di tutti coloro, che mangiavano la manna nel deserto.

Ci troviamo in questo modo al centro stesso dell'eterno problema dell'uomo, della sua storia, del suo mistero.

Cristo ci pone l'alternativa tra "l'avere la vita" - e "il non avere in noi la vita".


3. Ci incontriamo qui con il nucleo stesso della Roma Novella. E' lo zenit della speranza che va oltre la necessità del morire: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risuscitero nell'ultimo giorno" (Jn 1,54).

Il Vangelo - la Buona Novella - conduce dalla morte temporale alla vita eterna. E tuttavia gli ascoltatori diranno: "Questo linguaggio e duro; chi può intenderlo?" (Jn 6,60). così reagirono gli ascoltatori di allora, nei pressi di Cafarnao. E gli ascoltatori di oggi? Perfino gli apostoli sono stati sottoposti alla prova. Alla fine, pero, ha vinto la fede: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Jn 6,68).

Mentre oggi celebriamo l'Eucaristia in mezzo alla città di Roma, mentre facciamo la processione del Corpus Domini - cerchiamo di avere davanti agli occhi quell'evento nei pressi di Cafarnao. così come abbiamo nella memoria il cammino di Israele attraverso il deserto - e "la manna". La liturgia ci conduce lungo questa traccia.


4. Chi siamo oggi? Siamo gli eredi. Siamo eredi nel grande mistero della fede, che gradualmente si faceva strada nella storia del popolo eletto da Dio.

Siamo gli eredi di questa fede, che durante l'ultima Cena, ha definitivamente preso forma nelle anime degli apostoli.

Allora le parole dell'annuncio fatto nei pressi di Cafarnao, sono divenute istituzione: "La mia carne è vero cibo, e il mio sangue vera bevanda.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui" (Jn 6,55-56).

Siamo dunque i "Christo-foroi". Portiamo Cristo in noi. Il suo Corpo e il suo Sangue. La sua morte e risurrezione. La vittoria della vita sulla morte.

Christo-foroi: siamo tali costantemente, ogni giorno. Oggi desideriamo darne un'espressione particolare, pubblica.

Christo-foroi: coloro che vivono "per mezzo di Cristo". così come Egli vive "per mezzo del Padre".

Ecco il mistero che portiamo in noi. Mistero di vita eterna in Dio. Per mezzo di Cristo. "Il pane che io daro è la mia carne per la vita del mondo" (Jn 6,51).


5. Cerchiamo di crescere giorno per giorno nel mistero pasquale di Cristo. E cresciamo soprattutto in una sua particolare manifestazione, quella dell'unità: "Poiché c'è un solo pane -scrive l'Apostolo - noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane" (1Co 10,17).

L'Eucaristia ci genera nella comunità come Chiesa - nel Corpo di Cristo.

Attraverso tutti i continenti del globo terrestre cammina il popolo messianico, il popolo della nuova alleanza - la Chiesa che si nutre dell'Eucaristia e mediante l'Eucaristia come Corpo di Cristo partecipa alla realtà della vita eterna: la porta in sè grazie a questo divino cibo e bevanda: il Corpo e il Sangue di Cristo. Ecco il grande mistero della fede! Accogliamolo con gioia e gratitudine rinnovate. Nell'Eucaristia sta il pegno della nostra speranza. Diciamo, dunque, anche noi con l'apostolo Pietro: "Tu solo hai parole di vita eterna".

Tu solo, Signore! Amen.

1987-06-18 Data estesa: Giovedi 18 Giugno 1987




Al capitolo dei missionari della Consolata - Sala del Concistoro, Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Sentirsi pienamente Chiesa nella fedeltà al magistero

Testo:

Carissimi Missionari della Consolata, 1. Con grande gioia vi accolgo in questa Udienza a voi riservata, nel corso dell'ottavo Capitolo Generale della vostra Congregazione, e vi porgo il mio cordiale saluto, che estendo ai vostri Confratelli sparsi oggi in numerose Nazioni dei cinque continenti.

Mentre trattate e discutete le questioni più pressanti del vostro Istituto in ordine alla formazione dei Membri, sacerdoti e fratelli, e alla realizzazione del vostro impegno missionario, avete desiderato sentirvi pienamente "Chiesa", stringendovi attorno al Papa, per manifestargli la vostra fedeltà e per essere maggiormente confermati nei vostri Propositi di santo fervore apostolico: vi esprimo il mio vivo apprezzamento Per questo gesto e la mia riconoscenza per la vostra visita.

Voi venite, per così dire, dalla trincea, e portate nell'anima e nel corpo le fatiche e le esperienze di terre disparate e disagiate, le ansie e le sollecitudini delle popolazioni fra cui si svolge il vostro ministero. Ma nonostante le difficoltà, voi non avete cessato di coltivare nell'anima la luce dell'ideale che vi spinge ad ardue imprese, con coraggio e letizia; nei vostri cuori palpita il fuoco dell'amore che vi stimola alla conquista delle anime e dei popoli a Cristo Redentore.

Nell'esprimervi il mio apprezzamento ringrazio con voi il Signore e Maria Santissima, la "Consolata", per la forza che vi danno, e su voi invoco la Divina Sapienza per l'efficace svolgimento dell'assemblea capitolare e per l'ardente perseveranza di tutto l'Istituto nell'opera missionaria.


2. La vostra presenza richiama alla mente la figura paterna del fondatore, il servo di Dio canonico Giuseppe Allamano, per ben quarantasei anni Rettore del Santuario della Consolata in Torino, dove io stesso potei venerarne le spoglie il 13 aprile 1980, durante la mia visita pastorale al capoluogo piemontese; e insieme con la sua personalità emerge anche quello straordinario periodo di intensa vitalità religiosa, che caratterizzo la Chiesa del Piemonte nel secolo scorso. Una mirabile schiera di sacerdoti e di vescovi rifulse in quegli anni, nomi noti in tutto il mondo e indimenticabili: il Cafasso, zio materno dell'Allamano, il Cottolengo, Don Bosco, Don Rua, il Murialdo, Don Clemente Marchisio, il teologo Albert, Don Orione, Monsignor Marello, il Cardinale Cagliero, il Cardinale Massaia e molti altri ancora. Erano uomini di fede solida, che conoscevano a fondo il Vangelo e lo vivevano, irradiando e comunicando il loro amore a Cristo ed alla Chiesa e le loro virtù.

Noi meditiamo oggi su queste figure sacerdotali, sulla loro spiritualità profonda e robusta, sul loro apostolato sincero e coraggioso, e comprendiamo che, se nella vita cristiana e nell'impegno apostolico sono cambiati alcuni metodi strategici e pedagogici, non è cambiata la sostanza, che è racchiusa nelle parole di Cristo al Padre: "Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo: per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità" (Jn 17,17-19).

"Mandati nel mondo" per annunciare il Vangelo! I missionari sono scelti da Cristo e inviati dalla Chiesa primariamente per questo, per donare la "grazia" che santifica e salva: perdere di vista questo obiettivo fondamentale significa smarrire la propria ragion d'essere come sacerdoti e in particolare come "missionari della Consolata".


3. Quando il Canonico Allamano, nel 1900 ebbe l'ispirazione di dare inizio ad un Istituto missionario, ciò che lo muoveva era precisamente l'assillo di portare al maggior numero di persone la conoscenza della Verità cristiana e i benefici della redenzione.

Egli, maestro di sapienza cristiana e formatore di autentiche personalità missionarie, totalmente dedito al ministero sacerdotale e sempre docile alle direttive della Chiesa, diceva giustamente: "Dio affida le anime solamente ai suoi veri amanti"; e soggiungeva: "Prima santi, poi missionari! Pochi, ma buoni!". Meditando sull'immensa dignità di essere chiamati ad annunziare il Vangelo, affermava: "Che cosa volete di più onorifico, di più grande? Il Signore per voi ha come esaurito il suo infinito amore in fatto di vocazione. Non saprebbe e non potrebbe darvene una più eccellente, perché ha dato la sua stessa missione: Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi!".

Voleva perciò che il centro della vita missionaria fossero l'Eucaristia e Maria Santissima.

Egli era consapevole che solo un profondo amore a Gesù eucaristico e una piena confidenza in Maria potevano mantenere acceso e irradiante l'ardore missionario. "Tutto quel che si è fatto qui - sono sue parole - tutto è opera della Consolata. Non è infatti la Santissima Vergine sotto questo titolo della Consolata nostra Madre? E non siamo noi suoi figli? Si, nostra Madre tenerissima, che ci ama come la pupilla degli occhi suoi, che ideo il nostro Istituto, lo sostenne materialmente e spiritualmente. E quanti ci vogliono bene perché ci chiamano Missionari della Consolata!".


4. Cari missionari! In questi giorni di studio e di preghiera fate tesoro delle direttive e delle esortazioni del vostro fondatore! Egli vi aiuti e vi ispiri a vivere totalmente lo "spirito missionario" come lo intese e lo visse lui stesso, che seppe unire l'ansia religiosa alla sollecitudine per la promozione umana, incitando ad aprire scuole e ospedali, a fondare laboratori di falegnameria e di meccanica, a istituire campi sperimentali e fattorie agricole. Se sarete pienamente e fervorosamente "missionari", molti giovani ardimentosi vi comprenderanno e vi seguiranno, consacrandosi totalmente a Cristo ed alle anime.

Vi auguro pertanto un proficuo e intenso lavoro, e faccio mie le parole con cui il vostro fondatore era solito terminare le sue lettere: "Coraggio nel Signore e nella Consolata".

A tutti la mia benedizione.

1987-06-19 Data estesa: Venerdi 19 Giugno 1987





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