GP2 Discorsi 1999 247

247 Ci si chiede, però, quali siano i criteri di valore che debbono orientare le scelte degli operatori, anche al di là delle esigenze di funzionamento dei mercati, in una situazione come quella odierna dove manca ancora un quadro normativo e giuridico internazionale adeguato. E ancora: quali siano le autorità idonee ad elaborare e fornire simili indicazioni, nonché a vigilare sulle loro applicazioni.

Un primo passo spetta agli operatori stessi, che potrebbero adoperarsi ad elaborare codici etici o di comportamento vincolanti per il settore. I responsabili della comunità internazionale sono chiamati, poi, ad adottare strumenti giuridici idonei per affrontare le situazioni cruciali che, se non “governate”, potrebbero avere conseguenze disastrose non solo nell’ambito economico, ma anche in quello sociale e politico. E sarebbero certamente i più deboli a pagare per primi e maggiormente.

3. La Chiesa, che è maestra di unità e per sua vocazione cammina con gli uomini, si sente sollecitata a tutelarne i diritti, con costante cura specialmente verso i più poveri. Con la propria dottrina sociale essa offre il suo aiuto per la soluzione di quelle problematiche che in vari settori toccano la vita degli uomini, consapevole che "sebbene l'economia e la disciplina morale, ciascuna nel suo ambito, si appoggino sui principi propri, sarebbe errore affermare che l'ordine economico e l'ordine morale siano così disparati ed estranei l'uno all'altro, che il primo in nessun modo dipenda dal secondo" (Paolo VI, Octogesima adveniens, 42). La sfida si presenta ardua, a motivo della complessità dei fenomeni in questione e della rapidità con cui essi insorgono e si sviluppano.

I cristiani che operano all'interno del settore economico e, in particolare, finanziario sono chiamati ad individuare vie percorribili per attuare questo dovere di giustizia, che per essi è evidente a motivo della loro impostazione culturale, ma che è condivisibile da chiunque voglia porre al centro di ogni progetto sociale la persona umana e il bene comune. Sì, ogni vostra operazione in campo finanziario e amministrativo deve aver sempre come obiettivo quello di mai violare la dignità dell’uomo, costruendo per questo strutture e sistemi che favoriscano la giustizia e la solidarietà per il bene di tutti.

4. Va poi aggiunto che i processi di globalizzazione dei mercati e delle comunicazioni non possiedono di per se stessi una connotazione eticamente negativa, e non è pertanto giustificato di fronte ad essi un atteggiamento di condanna sommaria e aprioristica. Tuttavia, quelli che, in linea di principio, appaiono come fattori di progresso, possono generare, e di fatto già producono conseguenze ambivalenti o decisamente negative, specialmente a danno dei più poveri.

Si tratta, pertanto, di prendere atto della svolta e di fare in modo che essa vada a vantaggio del bene comune. La globalizzazione avrà effetti molto positivi se potrà essere sostenuta da un forte senso dell'assolutezza e della dignità di tutte le persone umane e del principio che i beni della terra sono destinati a tutti. C'è spazio, in questa direzione, per operare in modo leale e costruttivo, anche all'interno di un settore assai esposto alla speculazione. Non è sufficiente per questo rispettare leggi locali o regolamenti nazionali; è necessario un senso di giustizia globale, pari alle responsabilità che sono in gioco, prendendo atto della strutturale interdipendenza delle relazioni tra uomini al di là delle frontiere nazionali.

Nel frattempo, è assai opportuno appoggiare ed incoraggiare quei progetti di "finanza etica", di micro credito e di "commercio equo e solidale" che sono alla portata di tutti e possiedono una positiva valenza anche pedagogica nella direzione della corresponsabilità globale.

5. Siamo al tramonto di un secolo che ha conosciuto anche in questo campo rapidi e fondamentali mutamenti. L’imminente celebrazione del Grande Giubileo del 2000 rappresenta un'occasione privilegiata per una riflessione di ampio respiro su tale problematica. Sono perciò grato alla vostra Fondazione "Centesimus annus", che ha voluto orientare i suoi lavori alla luce del grande evento giubilare, tenendo conto della prospettiva da me indicata nella Lettera apostolica Tertio millennio adveniente. Ho scritto infatti che "l'impegno per la giustizia e per la pace in un mondo come il nostro, segnato da tanti conflitti e da intollerabili disuguaglianze sociali ed economiche, è un aspetto qualificante della preparazione e della celebrazione del Giubileo" (n. 51).

Avete compreso, carissimi, che l'anno giubilare vi invita ad offrire un vostro contributo specifico e qualificato, affinché la parola di Cristo, che è venuto ad evangelizzare i poveri (cfr
Lc 4,18), possa trovare riscontro. Vi incoraggio cordialmente in tale iniziativa, con l'auspicio che, grazie al Giubileo, maturi "una nuova cultura di solidarietà e cooperazione internazionali, in cui tutti - specialmente i Paesi ricchi e il settore privato - assumano la loro responsabilità per un modello di economia a servizio di ogni persona" (Incarnationis Mysterium, 12).

Con tali sentimenti, mentre auguro di tutto cuore che la Fondazione cresca, così da offrire una collaborazione sempre più efficace alla Santa Sede ed alla Chiesa nell’opera della nuova evangelizzazione e nella instaurazione della civiltà dell’amore, affido ogni vostro progetto e ogni vostra iniziativa a Maria, Madre della Speranza.

Vi accompagni e vi sostenga pure la mia Benedizione, che volentieri imparto a voi e a tutte le persone a voi care.



SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AL TERMINE DEL CONCERTO PROMOSSO


DALLA FONDAZIONE «LUCCHINI» DI BRESCIA


248
Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo - Domenica, 12 settembre 1999

Al termine di questa suggestiva serata musicale, sono lieto di rivolgere un cordiale saluto a tutti voi, gentili Signori e Signore, che avete preso parte al Concerto promosso dalla Fondazione Lucchini di Brescia. Saluto anzitutto il Presidente, il Dott. Luigi Lucchini, e lo ringrazio per le cortesi parole che poc’anzi mi ha rivolto.


Esprimo poi il mio apprezzamento al giovane pianista Daniele Alberti, che ha suonato con grande e appassionata maestria.

Nella ricorrenza del centocinquantesimo anniversario della morte del compositore e pianista polacco Frederyk Chopin, la vostra fondazione ha programmato una serie di concerti in alcune località significative per la vita del grande musicista.

Sono riconoscente agli Organizzatori, perché hanno voluto che la prima di tali iniziative si svolgesse proprio qui a Castel Gandolfo. Formulo i migliori auguri, affinché la vostra benemerita Fondazione possa contribuire, con le sue molteplici attività, a diffondere quei valori umani e spirituali che costituiscono la base indispensabile del progresso morale, civile ed economico dell’intera collettività.

2. Di Chopin, considerato uno dei maggiori musicisti del romanticismo europeo, abbiamo ascoltato alcuni Notturni, dai quali è emersa, limpida e pulsante, la raffinatezza interiore del grande Maestro, che sapeva astrarre dal mondo esterno per immergersi nell’animo umano, delineandone i tratti più fini e nascosti con un linguaggio musicale straordinariamente espressivo. Nel successivo Fantasia-Improvviso in Do diesis minore e nei Valzer abbiamo potuto ammirare l'originale ispirazione e l'alta vena poetica dell'autore. Ci sono state infine proposte alcune Polacche: pagine musicali nelle quali Chopin, richiamando motivi uditi da fanciullo, rievoca la patria lontana ed indimenticabile.

Ascoltando la magistrale esecuzione di Daniele Alberti, pensavo come anche questo concerto rappresenti una significativa testimonianza di quell’unità culturale e spirituale dell’Europa, a cui la tradizione cristiana ha dato lungo i secoli e continua ad offrire al presente un fondamentale contributo.

Nel rinnovare, anche a nome dei presenti, un vivo ringraziamento sia ai promotori della serata che al valente Pianista, formulo cordiali voti perché le iniziative intraprese dalla Fondazione Lucchini, nella ricorrenza anniversaria della morte di Chopin, costituiscano un’opportunità privilegiata per favorire la comprensione tra le persone e i popoli.

Con questi sentimenti, invoco su ciascuno dei presenti e sulle rispettive famiglie la costante protezione del Signore e di cuore imparto a tutti la Benedizione Apostolica.




AL NUOVO AMBASCIATORE D'ITALIA PRESSO


LA SANTA SEDE, S.E. IL SIGNOR RANIERO AVOGADRO,


IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE


DELLE LETTERE CREDENZIALI


Lunedì, 13 settembre 1999




Signor Ambasciatore,

249 sono particolarmente lieto di accoglierLa e di porgerLe i più fervidi voti augurali per l'alto Ufficio di Ambasciatore d'Italia, al quale Ella dà oggi ufficialmente inizio. Nel ringraziarLa per le nobili espressioni rivoltemi, desidero inviare un pensiero riverente e cordiale a S.E. il Prof. Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Repubblica, al Quale rinnovo il mio caloroso augurio di ogni bene a pochi mesi dall'elezione alla suprema magistratura della Repubblica Italiana.

La missione apostolica del Romano Pontefice non conosce limiti territoriali e per tutti i popoli Egli è egualmente padre attento e solerte. E tuttavia è specialissimo il rapporto che Lo lega a Roma e all'Italia: nell'Urbe è venuto Pietro, che qui ha versato il suo sangue; da Roma i Successori di Pietro hanno promosso la diffusione della buona novella nel mondo. Su un arco di due millenni questa singolare missione non è mai venuta meno, anche quando, per breve stagione, circostanze esterne hanno allontanato i Papi dalla Città che era, è e rimane la loro sede naturale.

Questo dato storico, per se stesso così significativo, non è in nessun modo esteriore e materiale. Il cattolicesimo ha plasmato il Paese con infiniti segni di fede e di carità. Se è vero che l'Italia detiene un glorioso primato di opere d'arte, è anche vero che gran parte di esse ha una forte impronta, e spesso anche una precisa destinazione religiosa. Per altro verso, è doveroso riconoscere che l'Italia ha dato moltissimo alla Chiesa: con Santi di statura eccezionale, con insigni personalità in ogni ordine del Popolo di Dio, con singolari contributi di genio e di stile alla Curia Romana, che ha saputo così mediare efficacemente nelle tensioni e nei conflitti che troppo a lungo hanno minato l'unità dell'Europa e insidiato la pace nel mondo.

Il Novecento ha felicemente superato le incomprensioni e le crisi che avevano accompagnato la costituzione dell'Italia in libero stato nazionale. A tal riguardo il Papa Paolo VI giudicò in qualche modo provvidenziale il superamento del dominio temporale, che peraltro in passato aveva avuto una sua innegabile funzione. Il nuovo secolo, lenite le lacerazioni che avevano contristato i padri, ha consentito di arrivare ad una soluzione equilibrata, che ha trovato conferma anche nel corso delle vicende non facili di questi ultimi decenni. Già alla fine del primo conflitto mondiale era apparso all'Italia e alla Santa Sede che il dissidio ottocentesco fosse ormai componibile, ma con i Patti Lateranensi si giunse finalmente ad una completa sistemazione dei rapporti. Sono queste le tavole fondatrici della convivenza che, con il Trattato hanno, tra l'altro, sancito la costituzione di uno "Stato della Città del Vaticano", dotato di quel minimo di base territoriale necessaria per assicurare al Pontefice e alla Santa Sede assoluta sovranità e indipendenza. Il Concordato, poi, al di là della lettera del dispositivo, ha assunto un grande ed esemplare valore di garanzia per quel libero esercizio della vita religiosa che si pone come il primo fra tutti i diritti umani, essendo basilare per una matura e moderna cittadinanza che l'ispirazione spirituale possa manifestarsi in tutte le sue potenzialità.

Ella, Signor Ambasciatore, ha opportunamente richiamato la reciproca collaborazione dello Stato e della Chiesa cattolica "per la promozione dell'uomo e il bene del Paese" (art. 1 Accordo di Revisione del 1984). Tale collaborazione merita di essere approfondita e proseguita per il soddisfacimento di alcune fondamentali aspirazioni, particolarmente sentite dalla Chiesa e dai cattolici in Italia. La difesa della dignità umana sin dal concepimento attiene sì al diritto naturale, ma attende dalla legislazione positiva dello Stato quel pieno riconoscimento che deriva dalla consapevolezza che nella maternità si situa un valore indiscusso per la persona e la società tutta.

Anche la famiglia, cellula base della società e suo naturale fondamento, domanda il più fattivo riconoscimento come luogo dell'amore dell'uomo e della donna e nido per la speranza di nuove vite. È, poi, nell'educazione delle giovani generazioni che l'esperienza religiosa della Nazione italiana può vantare una genialità creativa di istituzioni scolastiche, in gran parte indirizzate ai meno abbienti, che merita rispetto e sostegno mediante l'effettiva parità giuridica ed economica tra scuole statali e non statali, superando coraggiosamente incomprensioni e settarismi, estranei ai valori di fondo della tradizione culturale europea.

In nome della particolare sollecitudine che provo per le giovani generazioni, mi sento spinto poi a domandare a tutte le componenti della società italiana uno sforzo concorde per superare remore e lentezze e giungere ad assicurare alle generazioni emergenti quel lavoro che libera le personalità e arricchisce la civile convivenza.

Attingendo a queste risorse fondamentali l'Italia può manifestare la sua vocazione nel contesto europeo. Se l'unità del vecchio continente non è solo fatto organizzativo od economico, l'Italia cristiana può dare un contributo fondamentale all'edificazione di un'Europa dello spirito, nella quale trovino accoglienza ed armonizzazione i pur importantissimi fatti esterni della casa comune. In effetti, è l'ispirazione cristiana che può trasformare l'aggregazione politica ed economica in una vera casa comune per tutti gli Europei, contribuendo a formare una esemplare famiglia di nazioni, cui altre regioni del mondo possano fruttuosamente ispirarsi.

Se l'Europa è il primo ambito naturale in cui può esercitarsi questa feconda presenza italiana, non può essere sottovalutata la trama incomparabile di relazioni che la particolare collocazione nel Mediterraneo assicura all'Italia, facendone un passaggio obbligato per i contatti dell'intero continente con le altre sponde dello stesso mare. Il contributo che ci si aspetta dalla Nazione italiana non è solo economico e culturale, ma anche di pacificazione e di armonico sviluppo in tutte le iniziative che una lungimirante progettualità può elaborare. Davvero l'Italia può essere presente come operatrice di pace, acquistandosi un titolo incomparabile di benemerenza tra le Nazioni.

Coedificatrice di un'Europa dello spirito, artefice di pace nel Mediterraneo, custode dell'antica costitutiva anima cristiana della sua storia: ecco l'Italia che è nelle mie speranze! A questo fine auspico che i credenti e tutti gli uomini di buona volontà tengano sempre ben presente il traguardo della trascendenza. Sempre e ovunque corre loro l'obbligo di non emarginare il punto di riferimento dello Spirito, quello stesso che ha animato le coscienze più vigili, ha dato frutti incomparabili in tutti i campi e ha davvero fatto grande e inconfondibile questo Paese.

Signor Ambasciatore, come Ella ha ricordato, siamo ormai alle soglie del Grande Giubileo dell'Anno 2000. È motivo di conforto constatare come la preparazione dell'importante evento, inteso come rinnovamento interiore e ricupero dei valori dello spirito, veda il fattivo concorso delle istituzioni e delle iniziative particolari nell'apprestamento di un quadro complessivo che aiuti questa esperienza dell'anima.

250 Nell'esprimere apprezzamento per quanto le Autorità italiane stanno operando al riguardo, mi è grato formulare l'auspicio che la positiva collaborazione tra il Governo italiano e la Santa Sede prosegua efficacemente per preparare una "casa" accogliente per tutti gli uomini e donne di buona volontà che attraverseranno l'Italia e perverranno a Roma.

E mentre con questi voti e con queste speranze confermo la mia affettuosa partecipazione alla vicenda umana e civile del Popolo italiano, mi è grato rinnovarLe, Signor Ambasciatore, i più fervidi auguri per l'espletamento della Sua Missione, mentre di cuore imparto a Lei e alla Sua Famiglia, come pure ai Suoi Collaboratori, la mia Benedizione.




AI VESCOVI DELLA LITUANIA


IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo - Venerdì, 17 settembre 1999




Venerati Confratelli nell’Episcopato!

1. Benvenuti ad Petri sedem! Con grande gioia vi rivedo per questa Visita, che la prassi ecclesiale prevede a sostegno della comunione e della corresponsabilità pastorale. In voi saluto le vostre comunità, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i laici della cara terra di Lituania.

Ringrazio Mons. Audrys J. Backis per le gentili parole con cui, in qualità di Presidente della Vostra Conferenza Episcopale, mi ha manifestato i sentimenti di devozione che vi animano nei confronti del Successore di Pietro. Questa unità profonda della vostra terra con la Sede Apostolica non si è mai incrinata, e la grande prova che si è abbattuta in questo secolo sul vostro Paese l’ha piuttosto rinsaldata.

L’odierno incontro ci offre l’opportunità di una verifica del cammino percorso, dopo che nel 1993, in occasione della mia Visita Pastorale in Lituania, abbiamo insieme esultato per la nuova primavera concessa da Dio alle vostre Chiese.

Il mio ricordo corre ai sentimenti che allora provai, all’accoglienza calorosa che mi fu riservata, ai luoghi che ebbi modo di visitare: Vilnius, Kaunas, Siuliai, Siluva. Come dimenticare l’emozione profonda, la gioia incontenibile, di quei momenti? Avremmo potuto far nostri gli accenti del salmista: “Allora la nostra bocca si aprì al sorriso, la nostra lingua si sciolse in canti di gioia” (Ps 126,1-2)

Troppo lunga era stata la “Via Crucis”. Tanti figli della vostra terra erano stati chiamati a dare testimonianza a Cristo fra privazioni, incarcerazioni, limitazioni d’ogni genere, fino al sacrificio della vita. Ora la libertà di professare la fede diventava per la vostra comunità come una rinascita. Brillavano di luce nuova i simboli tradizionali a cui la Lituania cattolica aveva guardato anche nelle ore più buie, dal Santuario dedicato alla Madonna della “Porta dell’Aurora” alla struggente “collina delle Croci”, dove le croci del vostro popolo si sono tante volte fuse con quella di Cristo. La Madre e il Figlio divino tornavano al centro della vita e della cultura lituana, come nei migliori secoli della vostra storia.

2. Stando tra di voi, carissimi Confratelli, ebbi la possibilità di constatare con quanta vitalità la fede dei lituani avesse superato l’ora della prova. Certamente, come sempre accade nei tempi di persecuzione, non erano mancati i cedimenti. Ancor oggi, nelle vostre relazioni, voi mettete in evidenza che anni di propaganda ateistica hanno avuto effetti devastanti, a cui non è facile porre rimedio. Ma al tempo stesso la fede di tanti, passata al crogiuolo, si è irrobustita. Non dobbiamo poi dubitare di quanto sia misteriosamente feconda la sofferenza sopportata per Cristo. Nessuna lacrima è perduta agli occhi di Dio, come ancora il Salmista ci ricorda: “le mie lacrime nell’otre tuo raccogli” (Ps 56,9). E non penso soltanto alla ricompensa preparata per quanti hanno riconosciuto Cristo davanti agli uomini e, secondo la sua promessa, saranno da lui riconosciuti davanti al Padre (cfr Mt 10,32). Penso anche alla fecondità che emerge nel corso stesso della storia, per quanto non sempre ci sia dato di constatarla sensibilmente o di quantificarla. “Semen est sanguis christianorum” (Tertulliano, Apolog. 50). Per questo la memoria di quanti tra voi hanno testimoniato fino al sacrificio di sé deve essere coltivata e immessa come un seme nei solchi del presente, perché valga a orientare le fatiche quotidiane e a sostenere le speranze del domani.

3. In realtà, la Chiesa lituana si trova oggi ad affrontare sfide che esigono vigilanza, impegno generoso, nuova creatività. Libera ormai dai ceppi di uno Stato totalitario e anticristiano, la fede è insidiata dai tentacoli di un’aggressione più sottile, costituita dalla seduzione del modello secolaristico e edonistico della vita, che largamente predomina nei Paesi economicamente più evoluti. Ho notato quanto ne siate preoccupati, specialmente guardando alle nuove generazioni. Alcuni dei problemi etici che purtroppo dilagano in tutto il mondo - dalla crisi della famiglia alla scarsa considerazione del valore della vita - si presentano rilevanti anche in terra lituana. Sullo stesso piano specificamente religioso, la fede è messa alla prova anche dalla diffusione delle sette. Quanto ebbi a dirvi nella precedente Visita Pastorale, alla luce di questo quinquennio, rimane della più grande attualità: la nuova evangelizzazione è la prima e inderogabile urgenza della pastorale lituana.

251 4. Sono perciò lieto di constatare la consapevolezza che mostrate su questo terreno e gli sforzi che fate per qualificare sempre di più il movimento catechistico. Una catechesi autentica non si riduce alla comunicazione di un patrimonio di verità, piuttosto mira a introdurre le persone a una vita di fede consapevole e piena. E’ importante che il Vangelo sia annunciato come una “notizia”, la “bella notizia”, tutta incentrata nella persona di Gesù, Figlio di Dio e Redentore dell’uomo. La catechesi deve aiutare le persone a “incontrare” Gesù Cristo, a dialogare con Lui, ad immergersi in Lui. Se non c’è la vibrazione di questo incontro, il cristianesimo diventa un tradizionalismo religioso privo di anima, che facilmente cede agli attacchi del secolarismo o alle seduzioni di proposte religiose alternative. Un tale incontro poi, come l’esperienza conferma, non si promuove solo con delle fredde “lezioni”, ma piuttosto va, per così dire, “contagiato” con la forza di una testimonianza di vita. La catechesi deve riscoprire tutto il calore della prima lettera di Giovanni, quando esordisce: “Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi... noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo” (1, 1.3).

5. Su questa base acquistano tutto il loro valore anche gli aspetti metodologici, che mirano ad elaborare percorsi di formazione attenti alle differenti situazioni e ai tempi di ciascuna persona. E’ necessaria una proposta della fede adatta ai più lontani. Altrettanto importante, per quanti già credono e frequentano i sacramenti, una catechesi che non si limiti alla formazione dei ragazzi, ma accompagni il cammino cristiano fino alla piena maturità. Le benemerite “scuole parrocchiali” di catechismo devono perciò aprirsi alle esigenze e ai metodi di una catechesi permanente. L’attenzione vigile all’integra trasmissione della fede, oggi facilitata anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica offerto quale punto di riferimento degli altri strumenti catechistici, va accompagnata da quella creatività e da quegli adattamenti che sono necessari per una autentica pedagogia della fede, come è messo in evidenza nel Direttorio generale per la catechesi (1997).

In questo senso la catechesi ha una configurazione diversa dall’insegnamento scolastico della religione (Ivi nn. 73-75), che si svolge entro i limiti segnati dalle finalità proprie della scuola, specie della scuola statale. La catechesi va ben oltre, perché al di là della dimensione culturale, mira a plasmare l’uomo di fede, pienamente coerente con la scelta del Vangelo di Cristo. Il soggetto di questa proposta è l’intera comunità cristiana, nelle sue varie articolazioni. Fondamentale è l’azione educativa di ciascuna famiglia.

Vanno poi accolte come una benedizione quelle esperienze nuove che lo Spirito Santo ha suscitato nella primavera di movimenti ecclesiali che stanno animando la Chiesa del dopo Concilio. Quando essi operano in piena sintonia con i Pastori, possono offrire un contributo importante alla crescita della vita cristiana e il cristianesimo lituano trarrà certamente beneficio dalla sua capacità di unire “nova et vetera”, valorizzando il meglio delle sue tradizioni ed aprendosi a quel nuovo che è suscitato dallo Spirito di Dio.

Con l’aiuto di queste molteplici risorse, si potranno anche riscoprire formule classiche di evangelizzazione e animazione pastorale come le “missioni”. Certamente esse vanno adattate alla situazione del nostro tempo, per essere in grado di raggiungere le più diverse categorie di fedeli e anche coloro che hanno totalmente smarrito la fede. Ma quando sono ben organizzate, esse continuano a dare i loro frutti, come ho potuto costatare io stesso qui, a Roma, dove si è portata a termine di recente la missione cittadina in preparazione al Grande Giubileo.

6. Non v’è dubbio poi che l’efficacia dell’evangelizzazione dipenda in gran parte dalla tensione spirituale dei sacerdoti, “provvidi collaboratori dell’ordine episcopale” (Lumen gentium
LG 28). Se a voi, cari Confratelli, spetta di essere “araldi della fede” e “dottori autentici” (ivi, 25) in mezzo al gregge a voi affidato dallo Spirito Santo (cfr Ac 20,28), solo l’azione capillare dei vostri presbiteri può assicurare che ciascuna comunità cristiana sia nutrita dalla Parola di Dio e sostenuta dalla grazia dei sacramenti.

Grazie a Dio, le vostre comunità possono disporre di un buon numero di presbiteri. Voi stessi però mi avete fatto notare che essi non sempre sono sufficienti, e molte parrocchie sono senza parroco. E’ pertanto lodevole lo sforzo che state ponendo nella pastorale vocazionale, perché i sacerdoti siano numericamente adeguati alle esigenze della comunità lituana e soprattutto siano ben formati. Occorre per questo fare in modo che le opportunità formative offerte dai Seminari siano di elevata qualità. La vostra saggezza pastorale saprà giudicare quali scelte siano concretamente preferibili, per rendere al meglio questo servizio, anche con la collaborazione tra le diverse diocesi. Quanto poi alla linea educativa, non è difficile raccoglierla dai documenti del Concilio e da quelli successivi del Magistero, per realizzare il massimo di equilibrio tra le esigenze di una rigorosa formazione spirituale e teologica e quelle non meno importanti di una formazione umana integrale, aperta ed attenta alle esigenze degli uomini del nostro tempo. Né va poi dimenticata, accanto alle vocazioni sacerdotali, la grande opportunità offerta dal diaconato permanente. Il Concilio ci ha fatto riscoprire questo ministero, che va promosso non in chiave marginale o sostitutiva, per sopperire alle eventuali carenze di sacerdoti, ma per il valore intrinseco di questo servizio del popolo di Dio “nella diaconia della liturgia, della parola e della carità" (Lumen gentium LG 29).

Un ruolo specifico e particolarmente benemerito, sul terreno dell’evangelizzazione, è ovviamente quello svolto dai catechisti. Vedo con piacere quanta premura dedicate alla loro formazione. Come sorvolare poi sul servizio reso dalle persone di vita consacrata? La rinascita cristiana della Lituania trarrà un vantaggio sempre più grande dalla promozione della vita religiosa, a condizione che ciascun Istituto sappia unire la fedeltà al proprio carisma con un’operosa e cordiale disponibilità alla comunione pastorale con le Chiese locali (cfr Vita consecrata VC 81).

7. Ma al di là dei ruoli pastorali specifici, bisogna nutrire profonda consapevolezza che la sfida di un’evangelizzazione efficace non si può affrontare che facendo leva sul compito profetico proprio di tutti i battezzati. E’ ora che le comunità cristiane diventino comunità di annuncio!

In questa prospettiva è urgente la formazione del laicato, anzi la promozione di una spiritualità laicale, che aiuti i laici cristiani a vivere profondamente la loro vocazione alla santità “trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio” (Lumen gentium LG 31). Spetta in particolare ai laici ben formati farsi lievito nella società, per la salvaguardia di quei valori, insieme umani e cristiani, sui quali si gioca il futuro dell’uomo. Mi riferisco in particolare al rispetto della vita umana, oggi sempre più insidiata da una cultura di morte che si maschera come cultura di libertà. Penso anche alla famiglia, che va ripresentata con forza come alleanza di amore indissolubile, che unisce stabilmente un uomo e una donna e li rende collaboratori di Dio nella generazione ed educazione dei figli. Un impegno laicale significativo, particolarmente urgente nella giovane democrazia lituana, è quello che concerne la politica. Esso esige dal cristiano la piena coerenza coi valori evangelici, quali sono proposti nella Dottrina Sociale della Chiesa, e al tempo stesso la loro intelligente e responsabile mediazione nelle complesse circostanze della storia. Da questo statuto dell’azione politica del cristiano discende una necessaria distinzione di ambiti e di ruoli. Come il Concilio ci ha insegnato, altro è il compito dei pastori, altra è la responsabilità che i fedeli laici si assumono, personalmente o in gruppo (cfr Gaudium et spes GS 76). La confusione dei ruoli rischierebbe di portare la Chiesa su terreni che non le sono propri, e questo, se può essere talvolta giustificato da circostanze eccezionali, normalmente finisce per avere effetti controproducenti.

8. In realtà, il vero “segreto” di una presenza significativa della Chiesa nella società lituana è la formazione di un laicato maturo, che renderà sempre meglio la sua testimonianza nella società, se troverà anche il suo spazio proprio all’interno della comunità cristiana, attingendovi formazione e sostegno, e offrendo al tempo stesso i servizi consoni alla vocazione laicale. I laici non possono essere nella Chiesa soggetti passivi! A tale scopo la comunità cristiana, nelle sue diverse articolazioni, deve svilupparsi sempre di più come luogo di comunione e di corresponsabilità, perché tutti i battezzati siano aiutati a diventare e si sentano “adulti” nella fede. In questo cammino di maturazione essi possono trovare un sostegno in quelle forme associative, più tradizionali o più nuove, che sotto la guida dei pastori, offrono ad essi sicure opportunità formative orientandoli a valide forme di testimonianza. Altro luogo di crescita sono gli organismi di partecipazione che il Concilio Vaticano II ha promosso e che ormai sono prassi consolidata della comunità cristiana sia a livello diocesano che parrocchiale (cfr CIC cann. CIC 511 CIC 536 – 537). Non si tratta di imitare le strutture parlamentari della società civile, ma di esprimere nello stile proprio della vita ecclesiale quel senso di comunione basato sulla convinzione che lo Spirito di Dio, mentre assiste i Pastori nel loro ruolo di magistero e di guida, anima tutti i membri della comunità cristiana, arricchendola con la loro partecipazione consapevole, responsabile e matura. In questo senso sono di grande significato i Sinodi diocesani, che celebrati nella forma indicata dall’attuale normativa, prevedono anche la partecipazione di fedeli laici (CIC can. CIC 461,5), e consentono anzi di coinvolgere l’intera comunità diocesana in un “cammino sinodale”, salvo ovviamente il ruolo del Vescovo come “unico legislatore” (can. 466).

252 9. Voi, cari Confratelli lituani, vi state muovendo con convinzione sulla traccia di questi orientamenti conciliari. Perseverate in questa linea, per assicurare nuova vitalità alle vostre comunità. Aprite l’animo alla fiducia. Quanto in questi anni avete realizzato è prezioso agli occhi di Dio. Ora inizia una nuova tappa, e la stessa circostanza del Grande Giubileo ormai imminente costituisce un’occasione provvidenziale per dare slancio al vostro impegno pastorale. Occorre seminare con abbondanza e con animo ricco di speranza. Ricordiamo a tal proposito la parabola evangelica: il seme del Regno di Dio cresce secondo una logica misteriosa, sotto l’azione dello Spirito, sicché il seminatore stesso ne resta meravigliato (Mc 4,27). Se poi non ci è dato di vedere i risultati del nostro lavoro, allora ricorderemo di essere “servi inutili” (Lc 17,10), come dice il Vangelo, sempre pronti a farci strumento di Dio, perché “non è chi semina né chi irriga, ma Dio che fa crescere” (1Co 3,7).

Questa consapevolezza vi animi sempre, carissimi. L’incontro col Successore di Pietro vi sia di incoraggiamento e sprone. Dite alla vostra gente dell’affetto che il Papa sente per tutta la comunità lituana e portate il mio saluto a tutti e a ciascuno. A Maria Santissima, “porta dell’Aurora”, affido il cammino che vi attende e di cuore imparto a voi ed ai vostri fedeli la mia Benedizione.




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