GP2 Discorsi 1999 252


ALLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA LETTONIA


IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Sabato, 18 settembre 1999

Carissimi Confratelli nell’Episcopato!


1. Sono lieto di rivedervi in occasione di questa Visita ad Limina, che ci offre l’opportunità di vivere un momento di intensa fraternità, in quel fecondo interscambio che deve caratterizzare i rapporti tra i Pastori delle Chiese particolari e il Successore di Pietro, Pastore della Chiesa universale.

Ringrazio Mons. Janis Pujats, Arcivescovo di Riga, che si è fatto interprete dei vostri sentimenti di comunione. In voi saluto l’intera comunità lettone, che sei anni fa ebbi la gioia di incontrare di persona. Come dimenticare l’accoglienza cordiale che mi fu riservata? Mi è caro soprattutto il ricordo della celebrazione al Santuario di Aglona, cuore mariano della Lettonia, dove presentammo alla Vergine Santa le lacrime del passato e le attese del futuro. Fu l’ora esaltante del “Magnificat”, dopo i lunghi anni della prova.

Memorabile fu anche il clima ecumenico che segnò il mio viaggio. Il poter pregare con voi, e insieme con i fratelli luterani ed ortodossi, mi fece guardare con speciale intensità di desiderio al giorno in cui la comune preghiera, per dono dello Spirito Santo, potrà sfociare nella piena comunione. Voi, cari Confratelli, pastori di una comunità cattolica che è minoranza tra altri fratelli cristiani, siete chiamati a promuovere con particolare zelo il cammino dell’ecumenismo che ormai segna irreversibilmente i discepoli di Cristo, in sintonia con la sua preghiera sacerdotale: “Che tutti siano una sola cosa”! (Jn 17,11 Jn 17,21).

2. Con i fratelli cristiani delle diverse Confessioni, voi avete subito per lunghi anni l’asprezza di un regime volto a costruire una città terrena priva della luce della fede. I postumi della propaganda ateistica si fanno ancora sentire sulle generazioni che l’hanno dovuta ampiamente assorbire. D’altra parte i più giovani non sono molto più fortunati, dal momento che, con l’arrivo della libertà, è sopraggiunto anche l’influsso del modello culturale dominante in molte parti del mondo, dove l’indifferenza e il relativismo religioso si coniugano spesso a comportamenti di massa che sono del tutto incompatibili col Vangelo di Cristo. Ne è toccata la famiglia, che smarrisce sempre di più il valore dell’unità e della stabilità. Ne è pregiudicato il valore stesso della vita umana, fatta segno di molteplici aggressioni spesso persino legalizzate.

Di fronte a problemi così gravi, occorre riproporre con forza l’autentico umanesimo incardinato sulla legge morale universale e illuminato dal messaggio evangelico. Ma questo – lo sappiamo – è un andare “contro corrente”. Come farci ascoltare, come parlare alle coscienze, quando tutto sembra muoversi in altra direzione? C’è bisogno per questo che la Chiesa abbia un sussulto di entusiasmo e di fervore, lasciandosi invadere dallo Spirito come nella prima Pentecoste.

3. Anche ai fini di questo nuovo slancio pastorale si è rivelata di grande utilità la nuova articolazione della comunità cattolica, in seguito alla costituzione delle nuove Diocesi. Con questa strutturazione più diversificata e aderente al territorio, la Chiesa lettone può crescere nella sua capacità di presenza e di azione. Come il Concilio Vaticano II ha sottolineato, le Diocesi non sono semplici circoscrizioni amministrative, ma vere Chiese “nelle quali e a partire dalle quali esiste l’una e unica Chiesa cattolica” (Lumen gentium LG 23).

Il senso della Chiesa particolare si comprende nell’orizzonte del discorso che il Concilio ha fatto sul “mistero” della Chiesa, radicato nella Trinità stessa. E’ un mistero che, mentre si esprime a pieno titolo nell’unità della Chiesa universale, emerge anche nelle singole Chiese, dove ci si raduna intorno alla Parola di Dio, nella celebrazione dell’Eucaristia, sotto la guida del Vescovo. Non c’è opposizione, ma piuttosto “mutua interiorità” tra l’aspetto universale di questa comunione e la vocazione propria di ciascuna Chiesa particolare (cfr Instr. Communionis notio, 28 maggio 1992, n. 8: AAS 85 [1993] 842).

253 E’ una sintesi che segna lo stesso ministero del Vescovo, che da una parte, col suo inserimento nel Collegio episcopale, partecipa alla dimensione universale della comunione e del servizio pastorale, dall’altra concretizza il suo triplice “munus”, di maestro, santificatore e guida (cfr Lumen gentium LG 25 – 27), nell’ambito della porzione del popolo di Dio a lui affidata. Dal Concilio in poi, la dimensione della collegialità è stata particolarmente ribadita e arricchita di nuovi strumenti.

Di grande significato, in questo senso, è la Conferenza Episcopale, che aiuta le Chiese di uno stesso territorio a sintonizzare costantemente la loro azione pastorale. Voi ne potete constatare l’utilità, nella pur giovane esperienza della vostra Conferenza. D’altro canto è da ricordare che la Conferenza non esautora il ministero proprio di ciascun Pastore, che rimane direttamente e personalmente responsabile per l’intera pastorale del suo territorio (cfr Lettera apostolica sulla natura teologica e giuridica delle Conferenze Episcopali, 21 maggio 1998, n. 20: AAS 90 [1998]).

4. La vostra Chiesa, carissimi, sta vivendo un momento di trasformazione. Nei lunghi decenni di dominazione del comunismo, avete conosciuto il dono della fedeltà e del martirio, che resta un grande seme di speranza per il vostro avvenire. Ma voi stessi mi avete fatto rilevare alcuni dei segni negativi che quel lungo periodo ha lasciato sulla comunità ecclesiale. Molti cattolici non frequentano regolarmente l’Eucaristia domenicale e i sacramenti. Un certo numero non fa nemmeno battezzare i propri figli o posticipa il battesimo. Cresce intanto la diffusione delle sette. Sono segnali preoccupanti.

Bisogna allora che la nuova evangelizzazione diventi imperativo prioritario. Si tratta di presentare Cristo alla società lettone, e specialmente alle nuove generazioni, in modo che tutti possano sentirlo come il Salvatore, colui che dice parole di vita eterna (Jn 6,68), che è “la gioia di tutti i cuori e la pienezza delle loro aspirazioni” (Gaudium et spes GS 45). Mi rallegro pertanto per lo sforzo che ponete nella qualificazione e nello sviluppo della catechesi, servendovi dell’Istituto Catechistico di Riga e delle sue ramificazioni interdiocesane. L’obiettivo a cui mirare è che la fede di ogni battezzato diventi una vera scelta, sostenuta da una catechesi che porti non solo alla conoscenza della verità, ma anche all’esperienza del mistero e alla coerenza di vita. Voi, cari Confratelli, siete i “primissimi responsabili della catechesi, i catechisti per eccellenza” (Catechesi tradendae CTR 63). Continuate ad adoperarvi perché la parola di Cristo arrivi abbondantemente ai singoli, alle famiglie, alla società in tutte le sue espressioni.

5. L’accoglienza della parola di Dio, a sua volta, porta a vivere con maggiore consapevolezza la liturgia, “fonte e culmine” della vita ecclesiale (cfr Sacrosanctum Concilium SC 10). Dobbiamo considerare come un grande dono di Dio alla Chiesa del nostro tempo il rinnovamento liturgico operato dal Concilio, aiutando i nostri fedeli a viverlo appieno. Di particolare significato, in questo senso, è la riscoperta della celebrazione della domenica, il giorno del Signore, a cui lo scorso anno ho dedicato la Lettera apostolica Dies Domini.

Occorre promuovere con ogni impegno la pratica del precetto domenicale, pur considerando con pastorale comprensione le difficoltà che spesso si pongono per i fedeli di un determinato territorio. Soprattutto è necessario far cogliere il significato di questo giorno, nel quale è racchiuso in sintesi il mistero cristiano stesso. Esso è infatti il ritorno settimanale del giorno della risurrezione di Cristo, giorno in cui tutta la creazione, da lui redenta, in qualche modo “rinasce” a vita nuova, in attesa della sua venuta gloriosa alla fine dei tempi. E’ dunque per eccellenza il “giorno della fede”: un giorno irrinunciabile! (cfr Dies Domini, 29 – 30).

6. Al tempo stesso, è a titolo specialissimo il “dies Ecclesiae”. E’ necessario perciò che la celebrazione domenicale dell’Eucaristia sia fatta in modo da esprimere pienamente il senso della Chiesa. Nella “mensa della Parola” Dio chiama il suo popolo a un perenne dialogo di amore. Nel banchetto eucaristico Cristo plasma questo popolo come suo “corpo” e sua “sposa”, facendosi pane di vita e vincolo di unità. L’Eucaristia domenicale è davvero un momento privilegiato, perché i fedeli percepiscano il loro essere “chiesa” e crescano nella comunione.

Per loro natura, poi, l’ascolto della Parola e la comunione al Corpo di Cristo spingono i credenti a farsi “evangelizzatori e testimoni” (Dies Domini, 45) nella vita di ogni giorno. Dalla Messa alla missione: è questo il movimento naturale di ogni comunità cristiana, particolarmente necessario nell’attuale fase storica della Chiesa lettone di fronte alla sfida della nuova evangelizzazione.

7. Tutto ciò non potrà avvenire, che nella misura in cui ciascun battezzato prenda coscienza della sua vocazione. Decisiva a tal proposito è la promozione del laicato. Un certo modo di intendere la comunità cristiana aveva spesso l'effetto di relegare i laici in una situazione di passività. Nelle vostre terre, poi, a frenare la fiducia in una maggiore responsabilizzazione del laicato, possono giocare dolorosi ricordi del passato regime, che utilizzava alcuni collaboratori per le sue vessazioni alla Chiesa. E’ tuttavia necessario guardare con fiducia all’avvenire. Secondo la linea tracciata dal Concilio, i fedeli laici, pur senza mai sostituirsi ai Pastori, sono chiamati a un vero e proprio “apostolato” che nelle condizioni odierne deve essere “più intenso e più esteso” (Apostolicam actuositatem AA 1).

A questa consapevolezza essi possono pervenire più facilmente anche con l’aiuto delle associazioni e dei movimenti ecclesiali approvati dalla Chiesa, purché operino in piena sintonia con i Vescovi e la pastorale diocesana. Al di là poi di questo compito, per così dire, “interno”, la vocazione laicale si esprime soprattutto sul versante del rapporto tra Chiesa e mondo. “Ai laici spettano propriamente, anche se non esclusivamente, gli impegni e le attività temporali” (Gaudium et spes GS 43). E’ specialmente attraverso la testimonianza quotidiana dei laici che il Vangelo può farsi lievito di tutti gli aspetti della vita: dalla famiglia alla cultura, dall’arte all’economia, fino all’impegno politico. “Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso” (Ivi, 43).

8. E’ chiaro, infine, carissimi Confratelli, che il segreto dello slancio e del rinnovamento della Chiesa lettone risiede in gran parte nelle persone che per una speciale vocazione si sono dedicate alla causa del Regno di Dio. Penso ai religiosi e alle religiose, di cui auspico un presenza sempre più qualificata e viva nelle vostre comunità.

254 Ma il pensiero va soprattutto al ministero dei sacerdoti. Nelle vostre comunità si avverte l’urgenza di una loro crescita numerica per coprire i bisogni delle diverse parrocchie. Tale necessità può essere certo attenuata dalla collaborazione laicale, come anche da una promozione del diaconato permanente. Ma il sacerdote è insostituibile. A lui spetta, infatti, il compito di agire “in persona Christi” nell’amministrazione dei sacramenti; a lui di svolgere, in docile collaborazione col Vescovo, il ministero di annunciatore della Parola e guida della comunità. Il popolo di Dio ha diritto al suo servizio di pastore e padre.

Di qui l’urgenza di un’attiva pastorale vocazionale, che facendo perno sulla preghiera rivolta al “padrone della messe perché mandi operai nella sua messe” (
Mt 9,38), si faccia insieme carico di sensibilizzare le famiglie e l’intera comunità cristiana, perché i ragazzi e i giovani siano aiutati a rendersi disponibili all’eventuale chiamata di Dio. Sappiamo bene poi quale importanza rivesta la formazione che deve essere assicurata a quanti si preparano ad assumere nella comunità un compito così rilevante. Si richiede in effetti una robusta formazione teologica ed ecclesiale, attenta all’equilibrio umano ed affettivo, radicata in una solida spiritualità, caratterizzata da un’apertura cordiale e insieme vigile alla realtà del mondo in cui viviamo. Nella formazione dei vostri presbiteri risiede gran parte del futuro della Chiesa lettone.

9. Grazie, carissimi, per la gioia che mi avete dato con la vostra presenza. Desidero dirvi ancora una volta tutto il mio apprezzamento per quanto fate e continuerete a fare per il Popolo di Dio, pur tra le mille difficoltà in cui vi dibattete. Non dimentichiamo mai, nelle inevitabili ore buie, che non siamo soli: i nostri sforzi sono sostenuti dalla grazia, e su di essa facciamo affidamento.

Coraggio, dunque: “Caritas Christi urget nos” (2Co 5,14). Andiamo avanti, come l’Apostolo, con la forza di questo amore che ci avvolge e ci accompagna. Ci stimoli anche la previsione dell’imminente Grande Giubileo, che ci chiama tutti a un impegno speciale di conversione.

Invocando la Madre celeste perché ottenga forza, perseveranza ed efficacia al vostro lavoro apostolico, di cuore imparto la mia Benedizione a voi ed ai fedeli affidati alle vostre cure pastorali.

VIAGGIO APOSTOLICO IN SLOVENIA (19 SETTEMBRE 1999)

VISITA ALLA CATTEDRALE E PREGHIERA SULLA TOMBA

DEL BEATO ANTON MARTIN SLOMŠEK



Cattedrale di Maribor - Domenica, 19 settembre 1999

Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio!

Carissimi Fratelli e Sorelle in Cristo!

1. E' grande la mia gioia nell'incontrarvi in questa Cattedrale, dove riposano i resti mortali del venerato Vescovo Anton Martin Slomšek, che stamane ho avuto la gioia di proclamare Beato. Ringrazio Mons. Franc Kramberger, Vescovo di Maribor, per le parole con cui si è fatto interprete dei sentimenti di questa eletta assemblea, presentandone le finalità. Saluto tutti i Vescovi presenti, come pure i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose ed i fedeli laici.

Saluto altresì il gruppo di Rettori delle Università dell’Europa centrale, qui convenuti per celebrare il 140° anniversario della fondazione, ad opera del Beato Slomšek, di quella che sarebbe divenuta la Facoltà di Teologia in Maribor.

Con deferenza saluto anche il Presidente del Parlamento ed il Vicecapo del Governo e le altre Autorità dello Stato, insieme con quanti hanno collaborato alla preparazione di questa mia visita.

255 2. Nel maggio di due anni fa, la Conferenza Episcopale Slovena, nella prospettiva dell’ingresso nel terzo millennio, prese la decisione di celebrare il Sinodo plenario, allo scopo di riflettere sul cammino fin qui percorso della Chiesa in Slovenia e di preparare il futuro. Voi, carissimi Vescovi, avete voluto che motto del Sinodo fosse la parola ammonitrice, tratta dal Libro del Deuteronomio: "Scegli la vita" (30,19). E’ un tema particolarmente significativo per l’uomo d’oggi, così avido di vita e pur così incerto sul suo senso e sul suo valore. In realtà, su questo tema si misura la cultura di ogni epoca.

Con il Sinodo la Chiesa in Slovenia si prepara a celebrare il Grande Giubileo dell’anno 2000, proponendosi un rinnovato impegno per la più fedele realizzazione del Concilio Vaticano II. Uno dei punti qualificanti dell’insegnamento conciliare è senza dubbio la dottrina sul Popolo di Dio. Essa si può sintetizzare nella parola "communio", comunione. Questo concetto fondamentale ci riporta alle sorgenti stesse della Chiesa, alla comunione trinitaria e, alla luce di questo ineffabile mistero, ci aiuta a comprendere la realtà ecclesiale come unità profonda di tutti i battezzati. Al di là delle loro specifiche vocazioni, essi partecipano al triplice ministero di Cristo: sacerdotale, profetico e regale. La vita della Chiesa e i rapporti tra i suoi membri devono esprimere pienamente questa uguaglianza di dignità pur nella diversità dei ministeri.

Il Sinodo è certamente un'espressione qualificata di questa comunione: in esso, infatti, è rappresentata tutta la comunità: pastori, religiosi, religiose, laici. A questi ultimi è, in particolare, chiesto di dare uno specifico contributo soprattutto su quei temi che più da vicino interessano la loro esperienza nel mondo e la loro missione (cfr Lumen Gentium
LG 30). I Pastori, per parte loro, consapevoli del compito di essere guide sollecite del bene dei fedeli, faranno il possibile per armonizzare i diversi carismi e ministeri, non dimenticando mai che il primo ed indispensabile protagonista della vita ecclesiale e del suo rinnovamento è lo Spirito di Dio. La riuscita del Sinodo si misura dalla capacità di tutti, pastori e fedeli, di porsi in ascolto di Lui, per comprendere che cosa Egli richieda nel momento presente: "Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese" (Ap 2,7).

3. Carissimi Fratelli e Sorelle, che componete l'assemblea sinodale e siete oggi riuniti presso la tomba del Beato Vescovo Slomšek! E’ per voi motivo di onore e insieme di grande responsabilità il ruolo che svolgete nella celebrazione di questo Sinodo. Nel percorso fin qui seguito per la preparazione, voi avete già messo in atto in notevole misura la capacità di vicendevole ascolto e di collaborazione. Occorre proseguire su questa via. Il Sinodo rappresenta un'occasione storica per la Chiesa in Slovenia: essa è chiamata ad elaborare, nella nuova situazione sociale, un aggiornato ed incisivo progetto pastorale. La sorregge in ciò la testimonianza di fede e di dedizione alla causa del Vangelo offerto nel passato da vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli laici. I pastori si sono prodigati per il popolo, e questo ha procurato loro rispetto e venerazione. Ecco un’eredità di comunione da valorizzare anche nelle mutate condizioni storiche.

Guardate, carissimi Fratelli e Sorelle, al Beato Slomšek! Egli teneva sempre presente dinanzi a sé l'uomo nella sua situazione concreta, e sapeva guardare alle difficoltà, alle angustie, alle povertà della persona, come pure alle sue gioie, alle sue risorse, alle sue tensioni ideali. Ora tocca a voi imitarlo. Fatelo camminando insieme, traendo la forza di questa profonda comunione dall’ascolto assiduo della Parola e dalla devota partecipazione all’Eucaristia, che è la sorgente della vita della Chiesa: anzi ne è il cuore. Siate docili allo Spirito Santo, perché Egli vi “rivesta di potenza dall’alto” (cf Lc 24,49), e possiate dedicarvi con entusiasmo, come i primi discepoli, all’opera della nuova evangelizzazione.

Evangelizzare, annunciare a tutti la notizia gioiosa della salvezza in Cristo: sia questa la vostra prima e fondamentale preoccupazione. Per farlo, non abbiate paura di rivendicare le condizioni di libertà indispensabili per lo svolgimento della missione della Chiesa. Se, come cittadini, i cristiani hanno il dovere di contribuire al bene di tutta la società, in quanto fedeli hanno diritto a che non siano ostacolate le loro legittime attività. A questo riguardo, proprio considerando il ruolo fondamentale del cristianesimo e della Chiesa Cattolica nella storia e cultura della Slovenia, è legittimo auspicare che il processo verso l'effettiva collaborazione fra la Chiesa e lo Stato possa avanzare spedito, favorendo il superamento delle attuali difficoltà, a tutto vantaggio di quella cooperazione che è nell’interesse dell’intera società.

4. Mi vorrei ora rivolgere idealmente all’intera Chiesa di Slovenia, che voi qui degnamente rappresentate. Vorrei parlare al cuore di ogni credente in ogni angolo della vostra amata terra.

A tutti e a ciascuno vorrei dire: Chiesa che vivi in Slovenia "scegli la vita"; scegli sopra ogni cosa questo preziosissimo dono di Dio Creatore e Salvatore! Porta questo dono a chi non ha la forza di perdonare, agli uomini e alle donne che hanno conosciuto l’amarezza del fallimento nel loro matrimonio; portalo ai giovani, troppo spesso vittime di idoli falsi; portalo alle famiglie slovene, perché vivano con fiducia e generosità la loro impegnativa missione; portalo a tutti coloro che collaborano all'opera del Regno di Dio, perché non si scoraggino di fronte alle difficoltà; portalo a quanti contribuiscono col loro lavoro, e in particolare con l’assunzione di pubbliche responsabilità, al bene comune di tutti i cittadini.

Chiesa che, in Slovenia, sei pellegrina di speranza, continua il cammino intrapreso 1250 anni fa e varca con coraggio e fiducia la soglia del terzo millennio. Segui i passi di Cristo; segui l’esempio di sant'Andrea Apostolo, patrono di questa diocesi di Maribor e del Beato Vescovo Anton Martin Slomšek, modello di pastore illuminato e infaticabile.

Vegli su di te e su ogni tuo progetto Maria Santissima, Madre e Regina della Slovenia, che la tua gente venera col titolo di Marija Pomagaj. Io assicuro per te, amata Chiesa che vivi in Slovenia e per ogni tuo membro, come per tutto il popolo sloveno, il mio orante ricordo, mentre di cuore tutti e ciascuno benedico.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL SIG. PAOLO SCANDALETTI,


PRESIDENTE DELL’UNIONE CATTOLICA


DELLA STAMPA ITALIANA (UCSI)


Al Signor PAOLO SCANDALETTI

256 Presidente dell’Unione Cattolica della Stampa Italiana

1. Il 40° anniversario della fondazione dell’Unione Cattolica della Stampa Italiana mi offre la gradita occasione di rivolgere a Lei ed a quanti fanno parte di codesta Associazione un cordiale saluto. Unisco volentieri l’espressione del mio apprezzamento per il servizio che l’UCSI rende all’evangelizzazione attraverso l’impegno di qualificati professionisti nel vasto campo della comunicazione sociale, in modo particolare nel settore della stampa.

So bene, in proposito, con quanta cura essa cerchi di offrire il proprio contributo alla diffusione dei valori cristiani mediante un’azione incisiva e capillare nei giornali e nelle pubblicazioni periodiche. Vada quindi una lode ai professionisti cattolici che ne fanno parte per l’ansia apostolica che vivifica il loro lavoro di ogni giorno: la coraggiosa testimonianza di fede che ognuno di loro offre nell’ambito dei mass-media costituisce un prezioso servizio a tutela e promozione del bene vero della persona e della Comunità.

2. Lo sviluppo incessante dei mezzi di comunicazione sociale esercita una crescente influenza sulle persone e sulla pubblica opinione e ciò aumenta la responsabilità di coloro che direttamente operano nel settore, perché li induce a compiere scelte ispirate alla ricerca della verità e al servizio del bene comune.

A questo riguardo, va sottolineato come sia presente in larghi strati dell’odierna società un forte desiderio di bene, che non sempre trova adeguato riscontro nei giornali o nei notiziari radio-televisivi, dove i parametri di valutazione degli eventi sono non di rado improntati più a criteri di tipo commerciale che di tipo sociale. Si tende a privilegiare “ciò che fa notizia”, ciò che è “sensazionale”, rispetto a ciò che invece aiuterebbe a meglio capire gli accadimenti del mondo. Il pericolo che si corre è quello della distorsione della verità. Per ovviarvi è urgente che i cristiani impegnati nell’ambito dell’informazione agiscano insieme a tutte le persone di buona volontà per un più grande rispetto della verità. Evidenziando poi temi come quelli della pace, dell’onestà, della vita, della famiglia, e non dando invece eccessivo rilievo a fatti negativi, si potrebbe aiutare la nascita di un nuovo umanesimo che apra le porte alla speranza.

Come scrivevo nel Messaggio per la XXXIII giornata delle comunicazioni sociali: “La cultura della sapienza propria della Chiesa può evitare che la cultura dell’informazione dei mezzi di comunicazione divenga un accumularsi di fatti senza senso, mentre i mezzi di comunicazione sociale possono aiutare la sapienza della Chiesa ad essere attenta di fronte alle sempre nuove conoscenze che emergono nel tempo presente” (n. 4). In questa prospettiva, l’informazione appare sempre più come un valore irrinunciabile, che costituisce un bene sociale del quale è indispensabile garantire l’equa distribuzione fra tutti gli utenti.

3. La rivoluzione digitale, che caratterizza il mondo dell’informazione di fine millennio, introduce un nuovo modo di intendere la comunicazione. I paradigmi sinora conosciuti sono stati modificati: non vi sono più solo sorgenti capaci di diffondere informazioni e bacini di ricettori in grado di raccogliere messaggi. Una rete di computers interconnessi consente di parificare gerarchicamente chi emette i messaggi e chi li riceve, con reciprocità di emissione. Questa straordinaria opportunità è dotata di un potenziale culturale senza precedenti, con riflessi sull’ordine sociale e politico a vantaggio dei più deboli e dei meno abbienti. Essa rischia però di non esprimere in pienezza ogni sua potenzialità, se non vengono offerte agli utenti pari opportunità di accesso alle reti informative.

I flussi di comunicazione sono in grado di abbattere le barriere tradizionali dello spazio e del tempo, attraversando le frontiere e sfuggendo praticamente ad ogni tipo di censura. L’impossibilità di controllo crea autentiche inondazioni di notizie sulle quali non è dato praticamente al singolo di esercitare un qualsiasi tipo di verifica. Il rischio è che nasca un sistema basato sulle grandi concentrazioni informative che, a livello nazionale e sovranazionale, sono in grado di operare nella totale “deregolamentazione”, ricreando condizioni di superiorità e quindi di soggezione culturale.

4. Il solo richiamo alla responsabilità individuale degli operatori della comunicazione sociale non basta ad assicurare la gestione di questo complesso processo di cambiamento. E’ necessario un impegno da parte delle Autorità di governo. E’ necessaria, in particolare, una presa di coscienza generalizzata da parte degli utenti, che devono essere messi in condizione di rifiutare la condizione di recettori passivi dei messaggi che inondano le case, coinvolgendo le loro famiglie. I “mass media” rischiano non di rado di sostituirsi alle agenzie educative, indicando modelli culturali e comportamentali non sempre positivi, nei confronti dei quali soprattutto i più giovani restano indifesi. E’ pertanto indispensabile fornire a tutti strumenti culturali adeguati per dialogare con i mezzi della comunicazione sociale, allo scopo di orientarne in senso positivo le scelte informative, nel rispetto dell’uomo e della sua coscienza.

Questi problemi di alta rilevanza morale interpellano la Chiesa e le aggregazioni laicali, a livello centrale e nelle articolazioni territoriali, diocesane e parrocchiali. La pastorale della comunicazione si rivela sempre più importante quale punto di riferimento sia per gli operatori dei “media”, che per i fruitori di essi. Vi incoraggio perciò ad intensificare la vostra azione apostolica nella consapevolezza della vostra responsabilità nella Chiesa e nella società.

5. I quarant’anni di storia dell’Unione Cattolica della Stampa Italiana dimostrano che la cooperazione dei laici, anche in questo speciale settore di intervento culturale, deve essere ricercata ed alimentata mediante un’attenzione pastorale rinnovata. La tradizione del giornalismo cattolico in Italia ha avuto un indiscutibile peso nella formazione di generazioni di credenti animati da viva fede. Quanti giornalisti hanno lasciato un segno profondo e quanti altri continuano ad operare con spirito di sacrificio e competenza nel settore dei “media”!

257 Di fronte allo svilupparsi della cosiddetta “cultura mediatica”, l’idea rilanciata anche recentemente di un Comitato di etica dei media, che vigili sulle possibili manipolazioni dell’informazione, si inserisce nella tradizione culturale della dottrina sociale della Chiesa e riafferma il principio secondo il quale, anche nel mondo della comunicazione sociale, non tutto ciò che è tecnicamente possibile è moralmente lecito.

Siamo incamminati verso il Grande Giubileo dell’anno 2000. So che, in preparazione a questo straordinario evento, con la guida dei pastori diocesani, voi state rileggendo le lettere di San Paolo e state riflettendo sui passi più significativi della Sacra Scrittura. E’ la maniera più consona per apprestarsi ad entrare nel nuovo millennio con la profonda convinzione che ogni operatore della comunicazione sociale, quando svolge con serietà e consapevolezza la propria missione, partecipa attivamente al grande disegno salvifico che il Giubileo ripropone nella sua più incisiva realtà. Possa il prossimo Anno Santo ridestare in tutti i membri di codesta Associazione un rinnovato desidero di servire Cristo e il suo Regno.

Con tali auspici invoco su ciascuno di voi la materna protezione di Maria, ed imparto a Lei, Signor Presidente, come pure a tutti i membri di codesto benemerito sodalizio la Benedizione Apostolica, pegno di abbondanti grazie celesti.

Da Castel Gandolfo, 22 settembre 1999.

IOANNES PAULUS PP. II




MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL VESCOVO DI VOLTERRA, GIUSEPPE BERTELLI,


IN OCCASIONE DEL 10° ANNIVERSARIO DELLA


SUA VISITA PASTORALE ALLA DIOCESI TOSCANA


Al Venerato Fratello
Mons. VASCO GIUSEPPE BERTELLI
Vescovo di Volterra

Ho appreso con vivo compiacimento che codesta Diocesi si appresta a ricordare con particolari celebrazioni la Visita pastorale che, dieci anni or sono, ho avuto la gioia di compiere nell'antica e nobile Città di Volterra.

Conservo viva e lieta memoria della calorosa accoglienza offertami dalla Comunità volterrana, dei diversi incontri avuti con i fedeli ed i cittadini e della forte testimonianza di fede con cui Volterra ha saputo onorare la ricca eredità cristiana di cui è portatrice. Auspico che il proposito di ritornare con la mente e col cuore a quella felice giornata conduca codesta Diocesi a ravvivare i singolari legami di comunione ecclesiale che essa ha avuto con Roma fin dai primi tempi del cristianesimo, fin da quando cioè la Provvidenza chiamò san Lino Martire, secondo l'antica tradizione originario di Volterra, a succedere immediatamente all'apostolo Pietro alla guida della Chiesa di Roma. Auguro di cuore alla Chiesa di Volterra di custodire integra e di continuare a far crescere questa lunga tradizione di fede apostolica e di spirituale vicinanza alla Sede di Pietro.

Venerato e caro Fratello, desidero riproporre oggi l'esortazione che feci dieci anni fa in occasione della mia Visita: "Questa vostra Chiesa di Volterra sia veramente una famiglia: la famiglia di Dio!" (Discorso ai rappresentanti della Chiesa locale, in Insegnamenti, XX/2 [1989], PP 602).

Possa codesta Comunità diocesana sperimentare davvero, con il fattivo contributo di tutte le sue componenti, una sempre più intensa vita di comunione - una vita di famiglia - per testimoniare efficacemente in questo ultimo scorcio di secolo il messaggio della salvezza e varcare la soglia del terzo millennio interiormente rinnovata e pronta ad affrontare le sfide della nuova evangelizzazione.

258 Con tali voti, mentre affido le gioie e le speranze, i propositi e gli impegni dell'amata Chiesa di Volterra alla celeste intercessione della Madonna, particolarmente venerata nell'antica Cattedrale, e di san Lino Martire, Patrono della Diocesi, imparto con affetto a Lei, venerato Fratello, al Clero, alle persone consacrate ed all'intera Comunità volterrana la Benedizione Apostolica.

Da Castel Gandolfo, 23 settembre 1999, festa di san Lino, Papa e Martire.

IOANNES PAULUS PP. II


MESSAGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL GRUPPO «JUBILEE 2000 - DEBT-CAMPAIGN»




Eccellenze,
Signore e Signori,

A esattamente cento giorni dall'inizio dell'anno 2000, sono lieto di porgere un caloroso saluto alle guide e ai maggiori sostenitori della "Jubilee 2000" Debt Campaign. Sono particolarmente grato per la vostra presenza in questi giorni a una serie d'incontri, nel contesto del Grande Giubileo, incentrati sul grande fardello del debito dei Paesi più poveri.

Nella Bibbia, il Giubileo era un tempo in cui l'intera comunità era chiamata a impegnarsi a restituire ai rapporti umani l'armonia originale che Dio aveva donato al suo creato e che i peccati dell'uomo avevano distrutto. Era un tempo per ricordare che il mondo che condividiamo non ci appartiene, ma è un dono dell'amore di Dio. Come esseri umani siamo solo servi del piano di Dio. Durante il Giubileo, i fardelli che opprimevano ed escludevano i membri più deboli della società dovevano essere rimossi, affinché tutti potessero condividere la speranza di un nuovo inizio nell'armonia, secondo il disegno di Dio.

Il mondo di oggi ha bisogno di un'esperienza giubilare. Tanti uomini, donne e bambini non riescono a realizzare le potenzialità date loro da Dio. La povertà e le grandi disuguaglianze sono ancora diffuse nonostante gli enormi progressi scientifici e tecnologici. Troppo spesso i frutti del progresso scientifico, invece di essere messi al servizio dell'intera comunità umana, sono distribuiti in modo tale da aumentare o addirittura rendere permanenti le ingiuste disuguaglianze.

La Chiesa cattolica osserva questa situazione con grande preoccupazione, non perché può proporre un modello tecnico di sviluppo concreto, ma perché ha una visione morale di ciò che il bene degli individui e della famiglia umana esige. Essa ha sempre insegnato che vi è un'"ipoteca sociale" su tutta la proprietà privata, concetto che oggi deve essere applicato anche alla "proprietà intellettuale" e alla "conoscenza". La legge del profitto da sola non può essere applicata a ciò che è fondamentale per la lotta contro la fame, la malattia e la povertà.

La riduzione del debito, naturalmente, è solo un aspetto del compito molto più vasto di combattere la povertà e assicurare che i cittadini dei Paesi più poveri possano partecipare in modo più pieno al banchetto della vita. I programmi per la riduzione del debito devono essere accompagnati dall'introduzione di salde politiche economiche e da un buon governo. È altrettanto importante, o forse ancora più importante che i benefici che scaturiscono dalla riduzione del debito raggiungano i più poveri, attraverso un sistema costante e completo di investimenti nelle capacità delle persone umane, in particolare attraverso l'educazione e l'assistenza sanitaria. La persona umana è la risorsa più importante di ogni nazione e di ogni economia.

La riduzione del debito è pertanto urgente. È da molti punti di vista un presupposto perché i Paesi più poveri possano fare progressi nella loro lotta contro la povertà. Questo fatto ora è ampiamente riconosciuto e occorre dare merito a tutti coloro che hanno contribuito a questo cambiamento di rotta. Dobbiamo tuttavia domandarci perché i progressi nel risolvere il problema del debito sono ancora tanto lenti. Perché tante esitazioni? Perché le difficoltà nel fornire i fondi necessari anche per le iniziative già accettate? Sono i poveri a pagare il prezzo dell'indecisione e dei ritardi.

Mi rivolgo a tutte le parti in causa, in particolare alle Nazioni più potenti, affinché non lascino passare questa opportunità dell'Anno Giubilare del 2000 senza compiere passi decisivi verso la risoluzione definitiva della crisi del debito. Sono in molti a riconoscere che ciò è possibile.


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