GP2 Discorsi 1999 259

259 Prego affinché questo Anno Giubilare del 2000, che commemora la nascita di nostro Signore Gesù Cristo, sia veramente un momento di promessa e di speranza, in particolare per i nostri fratelli e le nostre sorelle che ancora vivono in una grande povertà nel nostro mondo opulento. Insieme possiamo fare molto con l'aiuto di Dio.

Che Egli benedica voi e i vostri cari!

Dal Vaticano, 23 settembre 1999.

IOANNES PAULUS PP. II





ALLA CONGREGAZIONE


DEI FIGLI DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE


PER LE CELEBRAZIONI CENTENARIE


DELLA MORTE DEL SERVO DI DIO


PADRE LUIGI MARIA MONTI




Al Reverendo Padre

AURELIO MOZZETTA

Superiore Generale
della Congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione

1. Durante l'ormai imminente anno giubilare, la Famiglia religiosa dei Figli dell'Immacolata Concezione avrà la gioia di ricordare i cento anni trascorsi dalla morte del Fondatore, il Servo di Dio Padre Luigi Maria Monti, splendida figura di consacrato laico, di religioso, di apostolo della carità, che l'ardente amore per la Vergine Immacolata condusse a servire in modo eroico Cristo nei giovani, nei poveri e nei sofferenti.

Accogliendo senza riserve il richiamo evangelico, egli dedicò la sua vita a Dio ed ai fratelli ed attirò molti suoi coetanei sulle vie della testimonianza cristiana. Dette vita a Bovisio, suo paese natale, alla "Compagnia dei Frati" e, in seguito, sospinto da un'interiore mozione, nel 1857 fondò nell'Ospedale Santo Spirito in Roma la Congregazione dei "Figli dell'Immacolata Concezione". Il Servo di Dio Papa Pio IX, di venerata memoria, accompagnò con amorevole paternità i primi passi della nascente istituzione, la quale, poté contare anche in seguito sull'incoraggiamento dei miei Predecessori. Padre Monti vide nella cura dei malati un'occasione preziosa per accogliere e servire Cristo stesso e volle che i suoi figli spirituali fossero sostenuti in tale servizio, oltre che da una carità sempre disponibile e premurosa, da una specifica competenza scientifica. L'amore di Cristo e dei fratelli lo indusse nel 1881 a farsi carico anche dell'assistenza della gioventù bisognosa, orfana o abbandonata, che indicò ai suoi seguaci come una nuova frontiera per il loro apostolato solerte e generoso.

Chiuse la sua giornata terrena a Saronno, nella Casa Madre della Congregazione da lui fondata, il 1° ottobre 1900, circondato dai Confratelli e dai "suoi orfani" in lacrime per la perdita del Padre amorevole e sapiente.

2. Le celebrazioni centenarie offrono l'opportunità di ripercorrere idealmente le vicende degli anni trascorsi, per prender atto con animo grato a Dio del bene operato dai figli spirituali di Padre Monti. Seguendo fedelmente le orme del Fondatore, essi hanno dilatato l'incidenza delle sue iniziative apostoliche nella Chiesa e nella società. Oggi la Congregazione è cresciuta ed è presente in ben dodici Nazioni.

Particolarmente significativo è il servizio che essa svolge nel campo della dermatologia. Penso all'"Istituto Dermopatico dell'Immacolata" di Roma, sorto nel 1925, che raccoglie il comune apprezzamento per la sua autorevolezza scientifica. Penso pure all'azione discreta e competente di tanti religiosi e, specialmente, del Padre Antonio Sala, la cui infaticabile cura dei poveri presso la "Vigna dell'Immacolata", ai Monti di Creta, costituisce vanto per la scienza e per la fede. Penso altresì al religioso dottor Emanuele Stablum, che nel medesimo istituto operò per tanti anni con lungimiranza e tenacia.

260 Recentemente l'ardore di carità ereditato da Padre Monti ha spinto la Congregazione verso coraggiose iniziative in zone del mondo particolarmente bisognose, come l'Albania con la costruzione di un grande ospedale a Tirana, e il Brasile con il centro sanitario che sta sorgendo a Foz do Iguaçu.

Allo stesso tempo, i Figli dell'Immacolata Concezione hanno cercato di rispondere prontamente alle esigenze di categorie sociali in maggiore difficoltà, come i portatori di handicap, gli anziani soli o abbandonati e i malati terminali. Mi piace qui ricordare la "Casa-Famiglia Padre Monti", situata nella periferia di Roma, nel quartiere La Storta, e destinata a persone colpite da AIDS: è un'eloquente testimonianza di generosità e di disponibilità verso il prossimo che merita di essere segnalata. Non posso poi non accennare all'anelito missionario che ha condotto la Congregazione in Camerun, in India, nelle Filippine e in altri Paesi del Terzo Mondo, per realizzare sotto la spinta della carità nuovi centri di evangelizzazione e di promozione umana.

3. Con tali iniziative i Figli dell'Immacolata hanno prolungato nel tempo l'ardore apostolico che animò la vita del venerato Fondatore. Egli fu esemplare uomo di Dio, desideroso di compiere in ogni circostanza la volontà del Signore. Non ebbe vita facile; anzi, spesso il suo ardente desiderio di servire Cristo ed i fratelli trovò ostacoli e dovette affrontare incomprensioni e resistenze.

È noto, peraltro, che verso i trent'anni, quando ancora si interrogava sulla scelta che il Signore si attendeva da lui, fu sottoposto ad un periodo di tormentose tribolazioni interiori. Avvilito, combattuto da forti tentazioni, egli trascorreva lunghe ore in preghiera davanti a Gesù sacramentato, senza però sperimentare alcuna consolazione celeste. Proprio quando stava per abbandonare tutto, un giorno, mentre si trovava nel coretto della Chiesa, ebbe la sensazione d'essere stato finalmente esaudito. Il Signore gli aveva fatto comprendere che avrebbe avuto molto da soffrire ed avrebbe dovuto affrontare dure lotte, ma che con il suo aiuto sarebbe riuscito vincitore di tutto. Fu per lui come un'interiore illuminazione e da quel giorno non ebbe più tentennamenti nella via intrapresa.

Auspico di cuore che l'esempio di Padre Monti aiuti i suoi figli spirituali a restare saldi nella fede, nella speranza e nella carità. Questo centenario, che commemora la sua nascita al Cielo, costituisca per la Congregazione una preziosa occasione di approfondimento dell'eredità spirituale da lui lasciata in vista di un rinnovato impegno nell'adesione al carisma originario.

Un lungo tratto di strada è stato felicemente percorso: siano rese grazie a Dio per questo. Altre possibilità si aprono all'orizzonte: attenti ai segni dei tempi, sappiano i Figli dell'Immacolata Concezione individuare le frontiere sempre nuove che lo Spirito del Signore li chiama a varcare, per essere testimoni credibili e generosi del Vangelo della carità nel terzo millennio.

4. Il Servo di Dio Padre Luigi Maria Monti fu grande devoto della Vergine Immacolata ed a Lei volle intitolare la sua Congregazione. L'amore per la Vergine lo illuminò e lo guidò sempre, portandolo a fare dell'intera esistenza una coerente testimonianza di fedeltà al Vangelo. Meditando sul mistero dell'Immacolata Concezione alla luce della Sacra Scrittura, del Magistero e della Liturgia della Chiesa e ricavandone mirabili lezioni di vita, egli divenne un apostolo di quella nuova "era mariana" che il Servo di Dio Papa Pio IX aveva inaugurato con la proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione. Padre Monti era consapevole della ricchezza inesauribile dei tesori di grazia presenti nella Madre di Dio e non perdeva occasione per promuoverne la devozione in mezzo ai cristiani. A tal proposito, amava ripetere: "Chi è vero divoto di Maria e l'onora con purezza di mente e di cuore, può essere sicuro della sua eterna salute".

Sulle orme del Fondatore, i Figli dell'Immacolata Concezione non mancheranno di approfondire la conoscenza del mistero della Vergine Santissima, sforzandosi di ispirare la propria vita agli esempi di Lei. Maria Immacolata costituisca il loro costante riferimento nelle diverse attività a cui l'obbedienza li impegna. Fedeli al carisma originario, essi saranno così segno concreto ed accessibile della tenerezza di Dio per i poveri, gli ammalati, i sofferenti, come pure per tutti coloro a cui il loro ministero li invia.

Invocando sull'intero Istituto la protezione della Vergine Immacolata, fulgida primizia del mondo rinnovato dal sacrificio redentore di Cristo, imparto a Lei, Reverendo Padre, e ad ogni religioso della Congregazione scaturita dal cuore del Servo di Dio P. Luigi Maria Monti, una speciale Benedizione Apostolica.


Dal Vaticano, 24 settembre 1999.

IOANNES PAULUS PP. II





AI VESCOVI DEL CANADA


IN OCCASIONE DELLA VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo - Sabato, 25 settembre 1999

Eminenza,

261 Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Nell'amore dello Spirito Santo saluto voi, Vescovi del New Brunswick, del Newfoundland, di Nova Scotia e di Prince Edward Island, insieme al Cardinale Ambrozic e ai Vescovi Ausiliari di Toronto, mentre compite la vostra visita ad Limina Apostolorum: "Grazia e pace sia concessa a voi in abbondanza, nella conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro" (
2P 1,2). Qui a Roma, presso le tombe degli apostoli Pietro e Paolo, rinnovate i vincoli di comunione che vi uniscono al Successore di Pietro e ravvivate le energie spirituali che il vostro ministero esige. Si tratta di tombe di martiri, ed esse commemorano la forza della testimonianza cristiana in ogni tempo e ci ricordano che la Chiesa è nata dallo spargimento di sangue - il sangue dell'Agnello che scorre per sempre nei Cieli e il sangue di coloro che hanno lavato le proprie vesti rendendole candide con il suo sangue (cfr Ap 7,14). Qui celebrate il Sacrificio Eucaristico su altari eretti in memoria di "coloro che furono immolati a causa della parola di Dio" (Ap 6,9), e vi unite a loro cantando il grande inno della Chiesa: "A colui che siede sul trono e all'Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli" (Ap 5,13). Tornate indietro nel tempo verso le origini della cristianità, ma lo fate per vedere con maggiore chiarezza e fiducia il futuro che Dio vuole per il millennio che sta per sorgere.

2. Al centro del piano di Dio per la Chiesa attuale, vi è il grande momento di grazia, il Concilio Vaticano II. I decenni trascorsi dal Concilio non sono stati sereni, ma ovunque vi sono segni dei portentosi frutti che lo Spirito può recare quando rispondiamo nella fede ai suoi suggerimenti. Indubbiamente, uno dei frutti dello Spirito, negli anni trascorsi dal Concilio, è stato quello di avere suscitato una nuova vitalità spirituale e nuove energie apostoliche tra i fedeli laici. I laici cattolici, uomini e donne, stanno vivendo la grazia del loro battesimo in modi che mostrano con maggior splendore tutti i carismi che rinvigoriscono e rendono bella la Chiesa. Non possiamo lodare mai abbastanza Dio per questo.

Proseguendo la riflessione iniziata con il gruppo precedente di Vescovi canadesi in questa serie di visite ad limina, oggi desidero condividere con voi alcune brevi considerazioni sul rapporto tra sacerdoti e fedeli laici nella vita pastorale delle vostre comunità e nella testimonianza della Chiesa di fronte alla società. Parliamo prontamente dei Vescovi come di "Pastori", prendendo spunto dalla tradizione biblica e patristica, dove l'immagine del pastore è ricca e suggestiva. A volte, però, ciò è stato accompagnato da una certa riluttanza a far riferimento ai laici come al "gregge", come se, facendolo, li si condannasse a un ruolo strettamente passivo e dipendente. Di certo non è questo che intendeva il Concilio, né è di questo che la Chiesa ora ha bisogno. Vale dunque la pena riesaminare l'immagine biblica per riscoprire il senso di complementarità e di comunione che essa implica.

L'immagine deriva da un mondo in cui il gregge era la pietra d'angolo della vita economica e la chiave per la sopravvivenza umana. Il pastore nutriva e abbeverava le pecore e le proteggeva giorno e notte dai predatori e dalle malattie; in tal senso, le pecore vivevano grazie al pastore. Il gregge a sua volta forniva cibo, vesti e addirittura riparo non solo al pastore, ma anche alla sua famiglia o alla tribù. In tal senso, il pastore dipendeva dal gregge così come il gregge dipendeva da lui. L'immagine biblica, quindi, presenta una visione di reciprocità donatrice di vita: il gregge vive per il pastore e il pastore vive per il gregge. La stessa idea è espressa nella lettera che San Paolo scrive alla Chiesa a Tessalonica: "Ora, si, ci sentiamo rivivere, se rimanete saldi nel Signore" (1Th 3,8). L'Apostolo ha dato vita alla comunità e ora, attraverso la sua fedeltà, essa dà vita a lui.

3. In modo ancor più radicale, le pecore diventano il corpo del pastore, in particolare come fonte di nutrimento. Qui l'immagine è tanto profonda da introdurci nella nozione della Chiesa come Corpo di Cristo. Gesù Cristo è il Pastore eterno del gregge nel cui nome tutti i pastori servono; ma il gregge è il Corpo di Cristo nel mondo. Ancora una volta vi è una straordinaria reciprocità del dono di sé che, in questo caso, non è solo una questione di vita materiale e di sopravivenza umana, ma è il grande mistero del sacrificio di sé di Cristo per la salvezza del mondo, reso presente ogni volta che si celebra l'Eucaristia. Giungiamo così al centro stesso del mistero della guida pastorale cristiana, poiché Cristo Pastore è anche l'Agnello. Infatti, egli è il Pastore perché è l'Agnello. Nessun pastore può essere un vero pastore del gregge di Dio se non è una sola cosa con l'Agnello di Dio, ucciso per i peccati del mondo. Non possiamo sperare di essere Pastori conformi a Cristo se non viviamo il mistero della sua Croce (cfr Ph 3,10). Questo vale oggi per i Pastori della Chiesa, così come valeva per gli apostoli sulle cui tombe siete venuti in pellegrinaggio. Morendo da martiri, essi sono stati resi una sola cosa con l'Agnello di Dio e quindi saranno per sempre i pastori che dal loro posto in cielo ancora ci guidano (cfr Prefazio degli Apostoli I). Ciò che vale per i pastori vale anche per l'intera Chiesa, il popolo sacerdotale di Dio, nel mondo. Il centro di ogni attività pastorale e di ogni forma di apostolato è l'unione con il Mistero Pasquale di Cristo. Divenendo una sola cosa con il Signore crocifisso e risorto attraverso la grazia dello Spirito Santo, tutti i battezzati sono in grado di partecipare alla missione evangelizzatrice della Chiesa e al suo servizio alla famiglia umana. Pastore e gregge hanno vocazioni di servizio complementari.

4. Una simile visione della complementarità e della comunione fra sacerdoti e laici comporta forme di vita specifiche per i sacerdoti e per la formazione nei seminari, che mostrino chiaramente come il sacerdote sia un uomo "a parte" per un servizio particolare. Nella liturgia e nella guida pastorale delle comunità, i sacerdoti continuano l'unico sacerdozio di Gesù Cristo, "il pastore supremo" (1P 5,4). Guidando il gregge e presiedendo alle sue preghiere, il sacerdote l'eleva verso Dio e nobilita la vocazione cristiana di tutti i fedeli, dei quali è il servitore. È importante che i sacerdoti siano allo stesso tempo "a parte" e "servitori", essendo l'una condizione dell'altra. Se il sacerdote non sarà chiaramente un uomo "a parte", non potrà svolgere il servizio che la Chiesa gli richiede: se non sarà un vero servitore, sarà destinato a una solitudine vuota e sterile, estranea a un pastore autentico. Il celibato sacerdotale, la disciplina della preghiera, la semplicità di vita e l'abito ecclesiastico costituiscono segni evidenti del fatto che il sacerdote è un uomo "a parte" per il servizio del Vangelo. È innegabile che tali segni siano portatori di frutti, soprattutto in una cultura che cerca affannosamente segni della trascendenza, una cultura che è alla ricerca di veri Pastori e di testimoni convincenti.

5. La complementarità della differente vocazione dei sacerdoti e dei laici deve costituire l'ambito nel quale compiere gli sforzi necessari a riunire le forze della Chiesa in vista della nuova evangelizzazione in Canada. Questa complementarità, che risponde al carattere armonico del Corpo di Cristo, di cui tutti sono membra ma nel quale non hanno le stesse funzioni, è la condizione di una cooperazione foriera di grazia alla missione della Chiesa. Il compito pastorale dei sacerdoti non è in alcun caso un modo di soffocare le iniziative dei laici né di ridurre i fedeli a un atteggiamento di passività o di dipendenza. Al contrario, è opportuno favorire forme di testimonianza laiche che non solo renderanno la Chiesa più efficacemente presente al centro del mondo, ma che faranno anche nascere abbondanti e valide vocazioni sacerdotali. Occorre tuttavia cercare di evitare di attenuare la distinzione fra il sacerdozio ministeriale e la vocazione laica, poiché non è certamente questo che i Padri conciliari avevano in mente quando chiesero una maggiore cooperazione fra i sacerdoti e i laici, cercando in particolare di rafforzare la vocazione dei laici nella Chiesa e nel mondo. Una nozione imprecisa della diversa missione dei sacerdoti e dei laici ha talvolta portato a una crisi d'identità e di fiducia in seno al clero, ma anche a forme di attività laiche che sono sia troppo "clericalizzate" sia troppo "politicizzate".

Il primo ambito della vocazione laica è la vita della società, della cultura e dell'impresa, che si estende ben al di là dei limiti visibili della Chiesa. I laici, uomini e donne, sono qui chiamati a realizzare la propria vocazione battesimale e a promuovere l'arte di essere cristiani nel mondo. Nella nostra epoca in cui stanno diminuendo le adesioni alla Chiesa e la pratica religiosa, può apparire strano che la Chiesa voglia porre l'accento sulla vocazione secolare dei laici. È proprio la missione evangelizzatrice dei laici nel mondo a costituire la risposta della Chiesa al malessere dell'indifferenza, che viene spesso descritto come "secolarizzazione". Il compito specifico dei laici di oggi, uomini e donne, è stato uno dei temi principali dell'Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in America, che, fra le altre cose, dice: "Benché l'apostolato intraecclesiale dei laici debba essere stimolato, occorre far sì che esso coesista con l'attività propria dei laici nella quale essi non possono essere sostituiti dai sacerdoti: il campo cioè delle realtà temporali" (n. 44).

6. Non dobbiamo dimenticare che il proposito del Concilio Vaticano II è stato di suscitare nuove forze evangelizzatrici all'interno della Chiesa, nella scia della devastazione provocata dalle due Guerre Mondiali e tenendo presente le prospettive del nuovo millennio. Era necessario un nuovo tipo d'impegno missionario, una nuova evangelizzazione, e il Concilio, mediante la grazia dello Spirito Santo, è divenuto il mezzo per mettere in moto tale dinamismo. È stato questo lo scopo principale di ogni nuova disposizione per la vita della Chiesa derivante dal Concilio. Tuttavia, dobbiamo evitare attentamente ogni forma di introversione ecclesiale che tradirebbe il proposito del Concilio, in quanto diminuirebbe piuttosto che incrementare lo slancio missionario necessario a soddisfare i bisogni del nuovo secolo.

Cari Fratelli Vescovi, siamo chiamati ad ascoltare con orecchie da discepoli ciò che lo Spirito sta dicendo alle Chiese (cfr Ap 2,7), di modo che possiamo parlare come maestri in nome di Cristo, dichiarando gioiosamente come san Giovanni Damasceno: "O glorioso popolo della Chiesa, imponente montagna, pura e chiara, tu potrai contare sull'aiuto di Dio, tu nel quale Dio trova riposo, ricevi dalle nostra labbra la vera fede di Cristo senza macchia così come ci è stata tramandata, che edifica e rafforza la Chiesa" (Expositio fidei, n. 1). Prego ferventemente affinché abbiate successo in questo grande compito pastorale, cosicché la Chiesa in Canada risplenda in tutta la sua gloria come Sposa di Cristo, che Egli ha scelto con infinito amore. Affidando la vostra missione apostolica all'intercessione della Vergine Maria, che in ogni epoca è la splendente Stella dell'Evangelizzazione, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica a voi, ai vostri sacerdoti, alle religiose, ai religiosi e ai laici delle vostre Diocesi.




AGLI INCARICATI DELLE CONFERENZE EPISCOPALI


PER LA PASTORALE UNIVERSITARIA


262
Palazzo pontificio di Castel Gandolfo - Sabato, 25 settembre 1999




Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell'Episcopato,
carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Questa udienza speciale, in occasione dell'incontro mondiale degli incaricati delle Conferenze Episcopali per la pastorale universitaria, è per me motivo di gioia perché mi offre, tra l'altro, l'opportunità di esprimervi vivo apprezzamento per il lavoro che svolgete negli ambiti universitari delle rispettive nazioni. Saluto il Cardinale Pio Laghi, che ringrazio per le nobili parole con cui ha interpretato i comuni sentimenti. Saluto anche il Cardinale Paul Poupard e gli altri Presuli presenti, insieme con le Autorità accademiche intervenute. Il mio saluto si estende poi a tutti voi che impegnate le vostre energie in un campo tanto importante come è quello del mondo universitario.
Quest'incontro mondiale costituisce certamente un utile arricchimento per tutti voi, poiché vi permette un proficuo scambio di esperienze a livello di Chiese locali. Esso vi dà, inoltre, la possibilità di preparare insieme il Giubileo degli universitari, che vedrà l'anno prossimo confluire a Roma numerosi rappresentanti di Università e Istituti scolastici di ogni parte del mondo.

So che vi state preparando con impegno e dedizione a questo appuntamento. Al riguardo, desidero esprimere il mio vivo compiacimento per il sussidio predisposto dalla Congregazione per l'Educazione Cattolica, unitamente al Pontificio Consiglio della Cultura e alla Diocesi di Roma, per la sensibilizzazione e la preparazione degli universitari al Grande Giubileo. Lo affido a voi e a tutti gli operatori di pastorale universitaria: sono linee di approfondimento e proposte operative, che troveranno riscontro nella creatività delle singole realtà locali, per confluire di nuovo, con gioia ed entusiasmo, nella comune celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù e, soprattutto, nel Giubileo dei Docenti Universitari del prossimo anno.

2. Il tema che avete scelto - l'Università per un nuovo umanesimo - si colloca coraggiosamente nel delicato punto di intersezione tra le dinamiche del sapere e la parola del Vangelo. Sono certo che, affidato alle vostre cure ed a quelle delle Università cattoliche ed ecclesiastiche, non mancherà di portare frutti abbondanti. È vostro intendimento coinvolgere tutta la comunità universitaria nelle sue composite articolazioni (studenti, docenti, personale amministrativo) e nella sua specificità di luogo privilegiato di elaborazione e trasmissione della cultura: nel Vangelo si fonda una concezione del mondo e dell'uomo che non cessa di sprigionare valenze culturali, umanistiche ed etiche che possono influenzare tutta la visione della vita e della storia.

Si conferma, così, la vocazione originaria dell'Università, talora messa in forse da spinte dispersive e pragmatiche: essere luogo ricco di formazione e di humanitas, a servizio della qualità della vita, secondo la verità integrale dell'uomo nel suo cammino nella storia. È cultura dell'uomo e per l'uomo, che si diffonde e si innerva nei diversi campi del sapere, nelle modalità e forme del costume, nell'ordinamento retto e armonico della società.

Non sono pochi, al riguardo, i problemi con i quali la pastorale universitaria deve confrontarsi nella sua quotidiana attività. Sono emerse problematiche nuove a seguito dei profondi cambiamenti verificatisi in quest'ultimo scorcio di millennio. Alla base di esse sta la sfida costante rappresentata dai rapporti tra fede e ragione, tra fede e cultura, tra fede e progresso scientifico. Nel contesto dell'Università, l'apparizione di nuovi saperi e di nuove correnti culturali è legata sempre, direttamente o indirettamente, alle grandi questioni sull'uomo, sul senso del suo essere ed agire, sul valore della coscienza, sull'interpretazione della libertà. Ecco perché è compito prioritario degli intellettuali cattolici promuovere una sintesi rinnovata e vitale tra fede e cultura, senza mai dimenticare che nella molteplice attività formativa il punto centrale di riferimento resta Cristo, unico Salvatore del mondo.

3. Fratelli e Sorelle carissimi! Con la vostra vita e con il vostro lavoro proclamate la grande notizia: "Ecce natus est nobis Salvator mundi"! Su questo mistero s'incentra la celebrazione giubilare, che invita ogni credente a farsi annunciatore instancabile di questa gioiosa verità.

263 Per adempiere a questo compito apostolico, egli deve però lasciarsi guidare docilmente dalla Parola divina. È quanto si evince dal testamento apostolico di Paolo agli anziani di Efeso: "Io vi affido - egli diceva - a Dio e alla Parola della sua grazia" (Ac 20,32). L'Apostolo affida gli anziani alla Parola nella convinzione che essi, prima di essere portatori della Parola, sono portati dalla Parola di Dio. Ciò proprio perché la Parola è potente ed è efficace. In quanto realtà viva ed operante (He 4,12), ha il potere di salvare la vita (Giac 1, 21), di concedere l'eredità con tutti i santi (Ac 20,32), di comunicare la sapienza che porta alla salvezza (2Tm 3,15 2Tm 3,17), perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede (Rm 1,16).

In questa prospettiva, il Concilio Vaticano II afferma che il Vangelo ha la forza di rinnovare continuamente la vita e la cultura, di purificarle e di elevarle (cfr Gaudium et Spes GS 58). Non deve scoraggiare la constatazione dell'insufficienza delle proprie forze dinanzi alle difficoltà. Questo fu pure il dramma di Paolo, il quale, però, conscio della potenza del Vangelo, nel rivolgersi ai Corinzi affermava: "Portiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che la potenza straordinaria viene da Dio e non da noi" (2Co 4,7).

4. Ogni azione apostolica in campo universitario deve mirare a far incontrare personalmente con Cristo i giovani, i docenti e quanti si muovono entro il mondo accademico.
A questo scopo, di grande utilità si rivela uno specifico servizio di pastorale universitaria, che si impegni ad animare e coordinare le diverse realtà ecclesiali attive in questo campo: dalla Cappellania ai Collegi, dai gruppi parrocchiali ai gruppi di Facoltà. L'orizzonte della evangelizzazione della cultura non si restringe, infatti, entro i confini della città universitaria. Attraversa tutta intera l'azione ecclesiale e diventa tanto più efficace quanto più sa integrarsi in una pastorale organica.

In questo quadro, è auspicabile che presso ogni Università sorga la Cappellania, cuore della pastorale universitaria. Essa deve essere un centro propulsivo della formazione e delle iniziative culturali specifiche della evangelizzazione. Suo compito sarà di coltivare il dialogo aperto e franco con le diverse componenti dell'Università, proponendo adeguati cammini di ricerca in vista di un personale incontro con Cristo.

Utile sarà anche la promozione di iniziative significative a livello nazionale, come la Consulta per la pastorale universitaria presso la Conferenza Episcopale e la Giornata dell'Università, articolata secondo un impegno di preghiera, di riflessione, di programmazione. Come è già avvenuto a livello europeo, è opportuno che sia istituito un coordinamento dei Cappellani di ogni continente, in collaborazione con gli organismi pastorali delle Conferenze Episcopali, per rafforzare nella sinergia la ricchezza multiforme delle iniziative locali.

5. La Chiesa vi invita, carissimi Fratelli e Sorelle, ad essere gli evangelizzatori della cultura. Il credente, illuminato e guidato dalla Parola di Dio, non teme di confrontarsi con il pensiero umano. Al contrario, lo abbraccia come proprio, sicuro della trascendenza della verità rivelata che illumina e valorizza lo sforzo umano. La sapienza e la verità provengono da Dio: là dove c'è lo sforzo della riflessione onesta, là dove c'è la passione disinteressata per la verità, lì già si apre una via che porta a Cristo, Salvatore degli uomini.

Carissimi Fratelli e Sorelle! Siatene persuasi: voi non siete soli in questo vostro impegnativo compito missionario. Cristo cammina con voi! Siate perciò coraggiosi nell'annunziarlo e nel testimoniarlo: quest'annunzio ha la forza e la potenza di scuotere e di meravigliare gli ascoltatori, inducendoli ad una personale presa di posizione nei suoi confronti (cfr Lc 2,34-35).

Invoco la protezione di Maria, Sedes Sapientiae, su voi, sulle vostre Comunità universitarie e su quanti incontrate nel quotidiano vostro ministero, e mentre vi assicuro uno speciale ricordo nella preghiera, di cuore imparto a ciascuno la mia affettuosa Benedizione.




AI MEMBRI DEL 31° STORMO


DELL'AERONAUTICA MILITARE ITALIANA


Sala del Concistoro del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo

Domenica, 26 settembre 1999

264
Signori Ufficiali e Sottufficiali,

carissimi Fratelli e Sorelle!

1. È sempre per me un piacere potervi accogliere e salutare. Quello odierno è un incontro divenuto ormai tradizionale, che s'arricchisce ogni volta di motivi e di sentimenti nuovi. Esso mi offre, anzitutto, l'opportunità di ringraziare personalmente voi, gentili Membri del Trentunesimo Stormo dell'Aeronautica Militare Italiana che, accompagnandomi nei trasferimenti aerei in territorio italiano, mi consentite di partecipare a celebrazioni e manifestazioni ecclesiali in varie località dell'amata Italia.

Voi cooperate in tal modo al mio ministero e mi offrite la possibilità di recare il messaggio evangelico a tanti fratelli e sorelle nella fede, sostenendoli nella testimonianza e nell'amore a Cristo ed alla Chiesa, come pure mi date modo di recare conforto a quanti si trovano in particolari situazioni di sofferenza.

2. Per questo vostro prezioso e lodevole servizio e per la vostra premurosa e continua disponibilità desidero rinnovarvi il mio più sincero e cordiale grazie, unito al vivo apprezzamento per la vostra alta preparazione tecnica e professionale. Permettetemi inoltre di porre in rilievo gli ideali di fede che ispirano e presiedono la vostra non facile attività, ideali che il vostro Comandante ha poc'anzi evocato nel salutarmi a nome di tutti voi.

Come avviene di solito in questa circostanza, con sentita gioia conferisco speciali distinzioni e onorificenze pontificie ad alcuni di voi: è un gesto esterno e tangibile, nel quale si manifesta la gratitudine mia personale e della Santa Sede per la generosa disponibilità con cui mettete a servizio del Papa le vostre capacità professionali, ed è altresì, un segno della stima che nutro per voi e per tutti i componenti dell'intero Trentunesimo Stormo.

3. Stiamo vivendo il terzo anno di immediata preparazione al Grande Giubileo, che è oramai imminente. Il 1999 è dedicato al Padre. Gesù ci ha insegnato a rivolgerci al Padre celeste così: «Padre nostro che sei nei cieli» (
Mt 6,9). Certo il riferimento al “cielo” come luogo in cui dimora il Padre, è simbolico: il cielo, con le sue dimensioni sconfinate e con la molteplicità degli astri che lo abbelliscono, è il luogo in cui rifulgono in modo particolare la bellezza e la grandezza del Padre, «creatore del cielo e della terra».

I cieli sono a voi familiari: li percorrete in ogni vostro volo. Possa questa vostra attività e tutta la vostra vita essere costantemente avvolta dall'amore del Padre che in Gesù Cristo ha svelato il suo vero volto di misericordia e di tenerezza! Vigili su voi con la sua paterna presenza e apra il vostro spirito ad una grande fiducia verso di lui.

Con tali sentimenti, invoco su di voi, sul Trentunesimo Stormo e sulle vostre famiglie la protezione del Signore, per intercessione della Vergine Lauretana, a cui l'Aeronautica è legata da speciale devozione.

A tutti voi ed ai vostri cari la mia affettuosa Benedizione!




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