GP2 Discorsi 1999 264


AI VESCOVI DELLA REPUBBLICA CENTROAFRICANA


IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo - Lunedì, 27 settembre 1999




265 Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Compiendo insieme la vostra visita ad limina, venite a chiedere a Dio di accrescere in voi la forza interiore e il dinamismo missionario che animavano Pietro e Paolo quando vennero fino a Roma per testimoniare il Vangelo di Cristo. Quale Successore dell'Apostolo Pietro, sono lieto di accogliervi, voi che avete ricevuto la missione di guidare la Chiesa cattolica nella Repubblica Centroafricana, per incoraggiarvi e confermarvi nella fede comune ricevuta dai nostri Padri. Presso i miei collaboratori della Curia Romana riceverete il sostegno e l'aiuto necessari a svolgere il compito che vi è stato affidato.

Ringrazio Monsignor Paulin Pomodimo, Vescovo di Bossangoa, Presidente della vostra Conferenza Episcopale. A nome vostro, egli ha espresso con chiarezza i sentimenti che vi animano in questi momenti privilegiati di riflessione sul vostro ministero pastorale.

Al ritorno nelle vostre Diocesi, porgete ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai catechisti e ai laici delle vostre comunità il saluto affettuoso del Papa, che prega il Signore affinché li rafforzi nella loro vita cristiana e nel loro impegno apostolico. Trasmettete a tutti i vostri concittadini i miei cordiali auguri di pace e di prosperità, in un periodo importante per il futuro del Paese.

2. Mentre si avvicina il momento di entrare solennemente nella gioia del Grande Giubileo dell'Anno 2000, l'intera Chiesa, prendendo sempre più coscienza del suo ministero e della sua missione, è chiamata ad «allargare il proprio sguardo di fede su orizzonti nuovi nell'annuncio del Regno di Dio» (Incarnationis mysterium, n. 2). Mi rallegro vivamente nel constatare che i segni della presenza attiva dello Spirito di Dio nel vostro popolo sono numerosi. La recente creazione di due nuove Diocesi ha messo in luce la vitalità apostolica delle vostre comunità e l'apertura degli uomini e delle donne della vostra regione agli appelli del Signore. Che i cattolici della Repubblica Centroafricana vi scoprano un invito pressante a un dinamismo missionario rinnovato! Auguro a tutti, e in particolare ai nuovi Vescovi, di sapere rispondere con coraggio e audacia ai bisogni spirituali del popolo che avete avuto la missione di riunire per costituire la Chiesa famiglia di Dio.

Nella difficile e complessa situazione che il vostro Paese vive, la Chiesa ha la responsabilità particolare di conservare tutti i membri della nazione nella speranza e di aiutarli nella loro ricerca di motivi per vivere autentici e credibili, al fine di guardare al futuro con fiducia. Nel corso degli ultimi anni, essa ha saputo essere la voce di coloro che non hanno voce, favorendo la riconciliazione e l'emergere di una coscienza comune in vista dell'edificazione di una comunità nazionale unita e solidale. È dovere della Chiesa ricordare in ogni occasione opportuna o non opportuna i valori fondamentali legati alla dignità di ogni essere umano, così come alla verità e alla responsabilità dei suoi atti personali, in quanto Dio vuole che tutti gli uomini costituiscano una sola famiglia e si trattino reciprocamente come fratelli. «Annunciare Cristo è dunque rivelare all'uomo la sua dignità inalienabile che Dio ha riscattato mediante l'incarnazione del suo unico Figlio... Dotato di tale incomparabile dignità, l'uomo non può vivere in condizioni di vita sociale, economica, culturale e politica infra-umane» (Ecclesia in Africa, n. 69). Invito voi e le vostre comunità a proseguire la coraggiosa lotta per lo sviluppo integrale dell'uomo, per la promozione della giustizia e della concordia fra tutte le componenti della Nazione.

3. Attraverso il suo impegno sociale, la Chiesa intende svolgere il suo ruolo profetico al servizio dell'uomo e della sua dignità. Di fatto, esiste uno stretto legame fra evangelizzazione e azione sociale. Non è possibile proclamare il comandamento dell'amore senza promuovere un'autentica crescita della persona umana e della società. Conosco la generosità delle vostre comunità, che si esprime spesso mediante mezzi poveri e limitati ma ricchi di significato umano e spirituale. Incoraggio vivamente le persone che, con grande dedizione, si mettono al servizio dei propri fratelli e delle proprie sorelle che vivono nel bisogno o in ristrettezze, dei malati, delle persone sole, degli anziani o dei rifugiati che provengono dai Paesi vicini. Che ogni cristiano, avendo il senso della condivisione e aprendo con generosità i tesori del suo cuore, si consideri un inviato del Signore per alleviare la miseria e combattere ogni forma di emarginazione, annunciando così con le sue azioni il Vangelo di Cristo!

Avete voluto che le scuole cattoliche occupassero un posto particolare nel vostro servizio alla società centrafricana per preparare i giovani agli impegni della vita, al loro ruolo civico e al loro dovere morale. In effetti, queste scuole «sono contemporaneamente luoghi di evangelizzazione, di educazione integrale, d'inculturazione e di apprendimento di un dialogo vitale fra giovani di religioni e ambienti sociali differenti». (Ecclesia in Africa, n. 102). Tale orientamento deve essere incoraggiato, con opportuna prudenza, affinché la Chiesa contribuisca in modo efficace a far sì che i giovani possano accedere all'educazione e trovi i modi per rivolgere un'attenzione privilegiata ai più poveri fra di essi. A tal fine la solidarietà reale della Chiesa universale deve continuare a manifestarsi concretamente, affinché siano garantite la presenza e la formazione umana, culturale e religiosa di educatori in numero sufficiente e possano essere superati i problemi materiali che un simile progetto non mancherà di suscitare.

4. Nelle vostre Diocesi, la pastorale delle vocazioni sta vivendo un nuovo slancio, del quale mi rallegro. È indispensabile che tutti i cattolici, in particolare in seno alla propria vita familiare, prendano coscienza del fatto che è loro responsabilità promuovere e incoraggiare le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Ai giovani che si sentono chiamati dal Signore a seguirlo lungo questa via auspico di accogliere senza paura lo sguardo d'amore che il Signore rivolge loro e di rispondergli liberamente e generosamente. Spetta poi ai Vescovi, con l'aiuto dei responsabili incaricati di seguire le vocazioni, e dei formatori del seminario, discernere e confermare l'autenticità della chiamata ricevuta.

Per permettere ai giovani di progredire nella propria ricerca e offrire loro elementi atti ad approfondire le proprie conoscenze umane, culturali e spirituali, appare importante organizzare un anno di propedeutica. In tal modo potranno entrare con maggiore profitto nel primo ciclo del seminario maggiore.

La formazione dei candidati al sacerdozio è una responsabilità fondamentale del Vescovo, che esige di rivolgere un'attenzione particolare alla sua organizzazione e alla vita dei formatori e di ogni seminarista. Una seria formazione spirituale, intellettuale e pastorale, indispensabile all'esercizio del ministero presbiterale, dovrà essere associata a una solida formazione umana e culturale. «Senza un'opportuna formazione umana l'intera formazione sacerdotale sarebbe priva del suo necessario fondamento» (Pastores dabo vobis
PDV 43). I futuri sacerdoti devono acquisire quelle qualità umane indispensabili allo sviluppo di personalità equilibrate, forti e libere. È particolarmente importante insistere sulla maturazione affettiva dei candidati, elemento decisivo dell'educazione all'amore vero e responsabile necessario a colui che è chiamato al celibato, che consiste nell'«offrire, con la grazia dello Spirito e con libera risposta della propria volontà, la totalità del suo amore e della sua sollecitudine a Gesù Cristo e alla Chiesa» (Ibidem, n. 44).

266 Saluto cordialmente ciascuno dei vostri sacerdoti. Essi sono per voi collaboratori preziosi e indispensabili nell'annuncio del Vangelo, e voi dimostrare per essi una sollecitudine e una vigilanza delle quali mi rallegro. Li ringrazio per la loro generosità nel servire Cristo e la sua Chiesa, in condizioni spesso difficili. Si ricordino che, in comunione profonda con il loro Vescovo e come fratelli fra i loro fratelli battezzati, essi hanno la missione di riunire il popolo di Dio affinché tutti i suoi membri, santificati dallo Spirito Santo, offrano se stessi come «sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (Rm 12,1). Si tratta dunque per i sacerdoti di condurre una vita degna e santa, conforme alla loro vocazione e alla testimonianza che devono recare di essere uomini di Dio posti «a parte» per il servizio del Vangelo, senza lasciarsi attirare dalla bramosia del mondo (cfr Ep 4,22). «I presbiteri, nello svolgimento della propria funzione di presiedere la comunità, devono agire . . . non mirando ai propri interessi, ma solo al servizio di Gesù Cristo» (Presbyterorum ordinis PO 9). Mediante una vigorosa vita spirituale, fondata sulla preghiera, sull'Eucaristia e sul sacramento della riconciliazione, diventeranno per i fedeli guide autentiche lungo le vie della santità, alla quale tutti i battezzati sono chiamati.

5. La vita consacrata, nella sua grande diversità, è una ricchezza della Chiesa nel vostro Paese. La qualità spirituale dei suoi membri, che si riflette sui fedeli e che è anche un prezioso sostegno per i sacerdoti, rende sempre più presente nella coscienza del popolo di Dio «l'esigenza di rispondere con la santità della vita all'amore di Dio riversato nei cuori dallo Spirito Santo, rispecchiando nella condotta la consacrazione sacramentale avvenuta per opera di Dio nel Battesimo, nella Cresima o nell'Ordine» (Vita consecrata VC 33). Incoraggio i responsabili degli istituti presenti nelle vostre Diocesi a offrire ai giovani religiosi e religiose una formazione umana, intellettuale e spirituale radicata nella cultura del Paese, che permetta una conversione a Cristo di tutto il loro essere, affinché la loro consacrazione nella sequela di Cristo li configuri sempre più al Signore Gesù nella sua oblazione al Padre. Le persone consacrate si ricorderanno anche che la chiamata che hanno ricevuto comporta un impegno a dedicarsi totalmente alla missione. Nella fedeltà al loro carisma specifico, in comunione e in dialogo con le altre componenti ecclesiali, in primo luogo con i Vescovi, gli Istituti religiosi risponderanno con generosità agli appelli dello Spirito e si preoccuperanno di cercare vie nuove per la missione, affinché Cristo sia annunciato a tutte le culture, anche nelle regioni più lontane.

Colgo l'occasione per rendere grazie a Dio per l'immensa opera realizzata dagli Istituti religiosi nella Repubblica Centroafricana fin dall'arrivo dei primi missionari, più di un secolo fa. Lo sviluppo di una Chiesa locale, ormai ben costituita, è il segno del dinamismo spirituale e apostolico che hanno saputo infondere trasmettendo il messaggio evangelico. Ringrazio anche i sacerdoti fidei donum e i laici missionari, che manifestano concretamente la loro solidarietà e quella delle loro Chiese locali di origine con la missione nella Repubblica Centroafricana.

6. Nelle vostre relazioni avete sottolineato che nelle vostre Diocesi numerosi sono i laici impegnati in movimenti e associazioni cattoliche. Mi congratulo con essi per la loro disponibilità e per il loro fervore. Li incoraggio vivamente a fare dei loro diversi gruppi luoghi privilegiati per sviluppare il loro impegno missionario in mezzo ai fratelli. Che siano ovunque segni della misericordia di Dio, aprendosi completamente ai bisogni materiali e spirituali degli altri! Che non abbiano paura di annunciare il Vangelo mediante una vita cristiana esemplare, conforme agli impegni del loro Battesimo!

La formazione dei laici riveste un'importanza determinante per il futuro della Chiesa. In effetti essa ha «come obiettivo fondamentale la scoperta sempre più chiara della propria vocazione e la disponibilità sempre più grande a viverla nel compimento della propria missione» (Christifideles laici CL 58). Vi invito a rivolgere un'attenzione particolare alla formazione dottrinale e spirituale dei giovani e delle persone chiamate ad assumersi responsabilità a tutti i livelli e in tutti gli ambiti della vita sociale. In un mondo che ha bisogno di ritrovare punti di riferimento e motivi per sperare, l'insegnamento della Dottrina Sociale della Chiesa permetterà di preparare ai compiti politici, economici e sociali cristiani atti a essere testimoni attivi di Cristo nel loro ambito di vita e a partecipare efficacemente all'edificazione della Nazione.

Fra i laici impegnati in modo particolare nel servizio alla comunità, saluto e mi congratulo con i catechisti, dei quali conosco la generosità, con e le loro famiglie. Essi sono per voi e per i sacerdoti collaboratori insostituibili nell'apostolato. Ai giorni nostri, i cambiamenti in atto nella Chiesa e nella società esigono per ognuno di essi una preparazione dottrinale e pedagogica approfondita e un costante rinnovamento spirituale e apostolico. Auspico che, nel loro compito così importante per l'insediamento e l'espansione della Chiesa, manifestino una consapevolezza sempre più grande della loro appartenenza alla comunità ecclesiale e della dignità della loro funzione.

7. Numerose e di ogni ordine sono le minacce che gravano oggi sulla famiglia africana e sulle sue fondamenta, minando così la coesione dell'intera società, essendo essa un pilastro insostituibile dell'edificio sociale. «Dal punto di vista pastorale, ciò costituisce una vera sfida, date le difficoltà d'ordine politico, economico, sociale e culturale alle quali i nuclei familiari in Africa devono far fronte nel contesto dei grandi mutamenti della società contemporanea» (Ecclesia in Africa, n. 80). È dunque essenziale incoraggiare i cattolici ad adoperarsi con tutte le loro forze per preservare e promuovere i valori fondamentali della famiglia. I fedeli devono tenere in grande considerazione la dignità del matrimonio cristiano, che riflette e realizza l'amore di Cristo per la sua Chiesa. Per questo si deve insegnare chiaramente la verità sul matrimonio e sulla famiglia così come Dio li ha stabiliti, ricordando soprattutto che l'amore che i coniugi nutrono l'uno per l'altro è unico e indissolubile, e che, grazie alla sua stabilità, il matrimonio contribuisce alla piena realizzazione della loro vocazione umana e cristiana.

Una seria preparazione delle coppie, tenendo conto della loro situazione particolare e della loro cultura, farà sì che prendano coscienza del fatto che il sacramento del matrimonio è una grazia che Dio ha concesso loro per la crescita del loro amore nel corso della vita. È dunque opportuno aiutarle ad acquisire quella maturità umana che permetterà loro di assumersi le proprie responsabilità di coniugi e di genitori cristiani e di offrire loro una salda spiritualità matrimoniale per scoprire nel matrimonio e nella vita familiare mezzi di santificazione. Che essi, nel corso della loro esistenza, trovino presso i propri Pastori e nella comunità cristiana, soprattutto nella testimonianza di vita evangelica delle altre famiglie, un sostegno per affrontare i compiti e le difficoltà quotidiane!

8. Per manifestare la sua missione di comunione fra tutti gli uomini, la Chiesa, chiamata a essere segno e sacramento dell'unità del genere umano, deve mantenere e promuovere rapporti fraterni con tutti, in vista dell'edificazione di una società unita e solidale. Lo sviluppo, in uno spirito di dialogo, della collaborazione fra i discepoli di Cristo, con gli altri credenti e con tutti gli uomini di buona volontà, non potrà che contribuire al bene comune. Tuttavia, si cercherà di aiutare i cattolici a operare un serio discernimento a livello della fede e della sua espressione ecclesiale, soprattutto nell'incontro con fratelli battezzati di altre confessioni cristiane, al fine di favorire rapporti fondati sulla verità, tenendo conto di ciò che unisce ma anche di ciò che ancora ostacola la completa comunione.

In una società in cui si sviluppa il pluralismo religioso, diviene sempre più necessario rivolgere un'attenzione particolare ai rapporti con i musulmani. Una conoscenza autentica dei valori spirituali e morali dell'Islam, fondata su una volontà di rispetto reciproco, faciliterà una migliore comprensione e una sincera accettazione della libertà religiosa. In questa prospettiva, vi incoraggio, come alcuni di voi già fanno, a formare esperti in scienze delle religioni e delle questioni interreligiose, che saranno in grado, con lungimiranza e saggezza, di instaurare un dialogo autentico con gli altri credenti e di consigliare le comunità cristiane più direttamente coinvolte.

9. Cari fratelli nell'Episcopato, al ritorno nel vostro Paese, vi invito a volgere lo sguardo al futuro con fiducia. La prossimità dell'anno giubilare, in cui celebreremo il bimillenario del mistero centrale della nostra fede, è un forte invito alla speranza. Auspico vivamente che questo tempo di grazia sia per le vostre comunità un'occasione privilegiata per approfondire la loro fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, che è all'origine e al termine del nostro cammino. Che tutti i fedeli delle vostre Diocesi trovino nella contemplazione dell'Incarnazione del Figlio di Dio la rivelazione del volto del Padre misericordioso e compassionevole! Che, rimanendo all'ascolto dello Spirito, possano riconoscere i segni dei tempi nuovi e rendere sempre più viva l'attesa del ritorno glorioso del Signore!

267 Affido il vostro ministero episcopale all'intercessione materna di Maria, la Vergine santissima chiamata a essere la Madre del Signore. Che Ella sia per voi e per il popolo che vi è stato affidato la Madre che mostra a tutti i suoi figli il cammino che conduce al Figlio, assicurandovi della sua protezione lungo le vie della vita!

Di tutto cuore vi imparto la Benedizione Apostolica, che estendo volentieri ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai catechisti e a tutti i fedeli delle vostre Diocesi.



SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AL PERSONALE DELLE VILLE PONTIFICIE


Castel Gandolfo - Martedì, 28 settembre 1999

Carissimi Fratelli e Sorelle!


Prima di accomiatarmi da Castel Gandolfo, a conclusione del soggiorno estivo, desidero esprimere a voi - che costituite, per così dire, la famiglia estiva del Papa - gratitudine per il lavoro che qui svolgete e congratularmi in particolar modo per l'animo che ispira questo vostro servizio.

Ringrazio il Direttore, Dottor Saverio Petrillo, per le gentili parole rivoltemi e per i sentimenti che, a nome di tutti, mi ha manifestato. Mi è gradito rinnovare, altresì, il mio apprezzamento per la competenza e la accuratezza che egli, unitamente a tutto il Personale, dedica alla cura del Palazzo e delle Ville Pontificie. Il Signore ricompensi ciascuno di voi con copiose grazie e custodisca voi e le vostre famiglie.

Grazie perché anche questa estate, mi avete accompagnato con la preghiera e con il vostro diuturno lavoro. Mi siete stati sempre vicini e di questo vi sono riconoscente.

Continuate, carissimi, ad offrire una quotidiana testimonianza della vostra fede. Dove la Provvidenza divina ci ha posto, lì siamo chiamati ad esprimere la nostra appartenenza a Cristo ed a testimoniare con semplicità e gioia che poniamo ogni nostra fiducia in lui, l'unico Salvatore dell'uomo.

La Vergine Santa avvalori questi voti; il Signore conceda a ciascuno giorni lieti e santi; lo Spirito Santo arricchisca dei suoi doni le vostre famiglie. Tutti benedico di cuore.




AGLI AGENTI DI PUBBLICA SICUREZZA,


DI POLIZIA STRADALE E DELL'ARMA DEI CARABINIERI


Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo - Martedì, 28 Settembre 1999




Cari Agenti di Pubblica Sicurezza,
268 di Polizia Stradale
e dell'Arma dei Carabinieri!

Mentre mi accingo a lasciare la mia residenza di Castel Gandolfo, dove ho trascorso questi mesi estivi, desidero rivolgere a tutti voi il mio cordiale e riconoscente saluto.

Esprimo sincera stima per il lavoro di vigilanza che quotidianamente qui svolgete, garantendo sicurezza e tranquillità all'intera cittadinanza.

In particolare, vi ringrazio per l'impegno profuso durante il mio soggiorno qui a Castel Gandolfo. Il mio ringraziamento, oltre che personale, è pure a nome dei miei Collaboratori e dei pellegrini e visitatori che sono venuti ad incontrare il Papa. Se tutto si è svolto nell'ordine e nella serenità, lo si deve senza dubbio anche alla vostra presenza e alla vostra costante sollecitudine.

Iddio vi ricompensi e vi protegga nella vita e nella vostra attività professionale. Da parte mia vi assicuro un costante ricordo nella preghiera, mentre di cuore imparto a voi e ai vostri Cari una speciale Benedizione.


AL SINDACO E AI MEMBRI DELLA GIUNTA E DEL


CONSIGLIO COMUNALE DI CASTEL GANDOLFO


Sala del Concistoro del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo

Martedì, 28 Settembre 1999

Signor Sindaco,

Signori membri della Giunta e del Consiglio Comunale!

Nel momento in cui prendo congedo da Castel Gandolfo, al termine del periodo estivo, sono lieto di incontrare tutti voi, incaricati di amministrare questa amena cittadina, a me cara, dove la Provvidenza mi concede ogni anno di trascorrere tra voi un soggiorno sereno e proficuo.

269 Desidero ancora una volta dirvi il mio «grazie» sincero per il contributo indispensabile che offrite, nell'ambito delle vostre competenze, affinché Castel Gandolfo possa accogliere adeguatamente i numerosi pellegrini che qui vengono da ogni parte del mondo.

Soprattutto, però, vi sono riconoscente per lo spirito di devota cortesia che nutrite nei confronti del Papa, rappresentando in questo fedelmente i sentimenti dell'intera popolazione. Il rispetto e la discrezione si accompagnano all'affetto e alla familiarità, così che, non solo nella residenza pontificia, ma proprio a Castel Gandolfo io mi sento «a casa».

È ormai imminente il Grande Giubileo del 2000, che non mancherà di recare anche qui una maggiore animazione. Mentre mi congratulo per quanto l'Amministrazione comunale ha predisposto in vista dell'Anno Santo, desidero esortare voi e l'intera Cittadinanza ad approfittare del dono spirituale proprio dell'evento giubilare. Mi auguro che ogni abitante ed ogni famiglia di Castel Gandolfo possa vivere in pienezza il Giubileo, e che questo faccia sentire il suo benefico influsso anche sulla qualità dei rapporti sociali.

Mi è caro congedarmi con questo auspicio, che intendo avvalorare impartendo di cuore a voi, ai vostri cari ed a tutti i cittadini di Castel Gandolfo la mia Benedizione.



PAROLE DI GIOVANNI PAOLO II


IN OCCASIONE DELL'INAUGURAZIONE


DELLA FACCIATA DELLA BASILICA DI S. PIETRO


Giovedì, 30 ottobre 1999




Signori Cardinali e Venerati Fratelli nell’Episcopato,
Signor Presidente e Signor Primo Ministro della Repubblica Italiana,
Signori Ambasciatori presso la Santa Sede e l’Italia,
Signori Dirigenti e Tecnici dell’E.N.I.,
Signori e Signore!

1. Al centro della nostra attenzione sta oggi la facciata della Basilica Vaticana, da secoli testimone di grandi eventi che hanno lasciato la loro traccia nella storia. Siamo qui raccolti per celebrare il felice coronamento dei lavori di restauro, che per oltre due anni hanno impegnato ingegneri, architetti, marmorari, scalpellini, stuccatori, fabbri ed altre maestranze. Grazie al loro lavoro, svolto con grande maestria e competenza, la Basilica Vaticana, già bella nel suo interno, si presenta ora in tutta la maestosa solennità della facciata di cui il Maderno seppe adornarla.

270 Nel rivolgere il mio cordiale saluto a tutti i convenuti, con un particolare pensiero per il Cardinale Arciprete che ha nobilmente interpretato i comuni sentimenti, desidero esprimere profonda riconoscenza a quanti hanno speso le loro energie per riportare questo capolavoro architettonico al suo primitivo splendore. Il ringraziamento va in special modo, all’E.N.I., Ente Nazionale Idrocarburi, che con munifica generosità ha reso possibile l’opera di restauro, applicando per esso le più moderne tecnologie.

2. Mentre sostiamo ammirati dinanzi al prestigioso risultato di questi lavori, sorge spontaneo nel cuore il desiderio di benedire il Signore, che ha dato all’uomo la capacità di padroneggiare la materia e di nobilitarla imprimendovi il sigillo dello spirito.

Quanta fatica è costata l’opera che stiamo ammirando! I marmi, sgrossati con innumerevoli colpi di martello e di scalpello e poi levigati con estrema cura e pazienza, sono stati bellamente uniti per adornare il fastigio della facciata. In una visione trasfigurata del tempio di Dio, se ne possono interpretare i diversi elementi come il simbolo e l’immagine della varietà dei doni e dei carismi di cui il divino Artefice ha voluto ornare la Chiesa, sua mistica Sposa.

3. Lo sguardo ammirato che noi leviamo stasera alle strutture architettoniche della facciata anticipa quello degli innumerevoli pellegrini, che qui giungeranno da ogni parte del mondo durante l’Anno Santo ormai imminente. Essi potranno rivivere le esperienze degli antichi pellegrini estasiati dinanzi alla magnificenza e alla solidità delle strutture di questa imponente Basilica, che la fede degli avi ha elevato “in honorem Principis Apostolorum”, come recita l’iscrizione dedicativa, posta dal papa Paolo V nel 1614.

Per Pietro e per il suo sepolcro glorioso è stato edificato il Tempio, coronato dalla cupola michelangiolesca, che Papa Clemente VIII, interpretando il pensiero del predecessore Sisto V, dedicava “sancti Petri gloriae”, alla gloria di San Pietro. Lo confermano le numerose raffigurazioni dell’Apostolo, che compaiono in ogni parte dell’edificio. Anche su questa facciata non manca, nell’altorilievo del milanese Ambrogio Bonvicino, l’immagine di Pietro che riceve le chiavi dal Cristo.

4. Così, in un certo modo, l’apostolo Pietro continua la sua missione quale “vicario dell’amore di Cristo”, professando umilmente, ma saldamente la sua fede. E “ogni lingua che loda il Signore - come dice Leone Magno - viene formata dal magistero di questa voce” (Sermones 3, 3).

Si comprende allora facilmente come il nostro godimento dinanzi a questo capolavoro restaurato non possa essere solo di carattere estetico, ma debba aprirsi al fascino interiore della realtà spirituale significata. Pietro lo ricorda a noi e a quanti stasera sono spiritualmente intorno al suo sepolcro, come un giorno degli anni 63-64 lo scriveva da Roma ai cristiani dell’Asia minore, da lui evangelizzati: “Voi siete pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio” (
1P 2,5).

Accogliamo, carissimi Fratelli e Sorelle, questo invito ad essere pietre vive, membra attive dell’edificio spirituale che è la Chiesa. L’imminente Giubileo ci trovi pronti ad annunziare e testimoniare la nostra fede con più generosa dedizione. I lavori di restauro ci ricordano che ogni credente, ciascuno di noi, è chiamato ad una continua conversione ed a una coraggiosa revisione di vita per poter incontrare Cristo in maniera profonda e beneficiare appieno dei frutti dell’Anno Santo.

Così sia per tutti. Con questo auspicio, mentre invoco l’intercessione di Maria Santissima e dei santi apostoli Pietro e Paolo sui presenti e su coloro che, a vario titolo, hanno collaborato per questa straordinaria opera di restauro, a tutti imparto volentieri la Benedizione Apostolica.




AI PARTECIPANTI AL VII CONGRESSO


INTERNAZIONALE DI ONCOLOGIA GINECOLOGICA


Giovedì, 30 settembre 1999

Eccellenze,

271 Signore e Signori,

1. È per me un grande piacere dare il benvenuto a voi che partecipate al Settimo Congresso Internazionale di Oncologia Ginecologica. Ringrazio il Professor Mancuso per le sue parole di saluto e desidero ringraziare tutti voi per quanto fate per servire coloro che hanno bisogno della vostra competenza medica, in particolare le donne colpite da cancro.

Nella pratica medica affrontate le realtà fondamentali della vita umana: la nascita, la sofferenza e la morte. Condividete le difficoltà dei vostri pazienti e le loro ansie più profonde. Cercate di dare speranza e, laddove è possibile, guarigione. Chi si sottopone a interventi chirurgici non dimentica i medici e gli operatori sanitari che lo hanno accolto, visitato, curato. Tornano subito in mente le parole del Vangelo: "Venite, benedetti dal Padre mio . . . ero . . . malato e mi avete visitato" () . . . "ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (
Mt 25,40).

2. I medici sono i custodi e i servitori della vita umana. Nella Lettera Enciclica Evangelium vitae, ho sottolineato l'importanza umana e l'aspetto etico della professione medica. Oggi la professione medica si ritrova a una sorta di crocevia: "Nel contesto culturale e sociale odierno, nel quale la scienza e l'arte medica rischiano di smarrire la loro nativa dimensione etica, essi possono essere talvolta fortemente tentati di trasformarsi in artefici di manipolazione della vita o addirittura in operatori di morte. Di fronte a tale tentazione la loro responsabilità è oggi enormemente accresciuta e trova la sua ispirazione più profonda e il suo sostegno più forte proprio nell'intrinseca e imprescindibile dimensione etica della professione sanitaria" (n. 89).

Custodi e servitori della vita: è questo ciò che siete veramente nella vostra attività medica. In quanto ginecologi, vi preoccupate delle madri e dei nascituri, dal concepimento alla nascita. Per il bambino la gestazione è sempre un tempo di rischio e d'incertezza, ma quando la madre è colpita da cancro il bambino deve far fronte ad altre gravi minacce alla salute e alla terribile possibilità di perdere la madre. Sapete bene quanto una simile situazione possa essere delicata e drammatica, soprattutto quando la donna subisce pressioni da parte della società e della famiglia affinché ponga fine alla vita che è in lei per alleviare la propria situazione. Nei vostri sforzi di essere autentici "servitori della vita", sono certo che troverete luce e incoraggiamento nel pensiero della Chiesa, frutto di due millenni di riflessione morale cattolica, su ciò che Dio ha rivelato circa la condizione umana.

3. Mentre oggi esiste una forte pressione sociale affinché ginecologi e ostetrici utilizzino ogni minimo segno di rischio o di pericolo come giustificazione per ricorrere all'aborto, anche quando sono disponibili trattamenti efficaci, i progressi nel vostro campo rendono sempre più possibile tutelare sia la vita della madre sia la vita del bambino. Dobbiamo essere grati per questi progressi e incoraggiare ulteriori sviluppi in campo medico che facciano sì che i casi drammatici ai quali ho fatto riferimento divengano meno numerosi e meno frequenti.

Essendo tutti consapevoli del dolore provato quando le famiglie e i ginecologi stessi si trovano di fronte a una gravidanza minacciata dal cancro, rendo grazie a Dio per tutto ciò che fate al fine di prevenire il sempre più frequente insorgere di questo particolare cancro nelle donne. Nei diversi ambiti della ricerca sul cancro, il lavoro deve essere promosso e sostenuto attraverso fondi adeguati da parte delle autorità pubbliche responsabili della ricerca scientifica. Considerati i numerosi discorsi sul crescente costo dell'assistenza sanitaria, in particolare nell'ambito del trattamento oncologico, si ha l'impressione che si faccia e si spenda troppo poco per l'educazione sanitaria e la prevenzione del cancro. Non si dovrebbe inoltre esitare a sottolineare chiaramente che il cancro può essere una conseguenza del comportamento delle persone e di alcuni loro comportamenti sessuali, oltre che dell'inquinamento ambientale e dei suoi effetti sul corpo stesso.

4. Riflettendo sul vostro ruolo al servizio della vita, non posso non menzionare l'importanza del vostro profondo impegno quando giovani madri sono colpite dal cancro e devono affrontare una morte prematura. Certamente quando questo accade, il ginecologo o l'ostetrico, più abituato al contatto con la nascita di una nuova vita, prova un profondo senso di partecipazione al dolore altrui e forse anche un sentimento di frustrazione e d'impotenza.

Una vita che sta terminando non è meno preziosa di una vita che sta iniziando. È per questa ragione che la persona che sta morendo merita il massimo rispetto e le cure più amorevoli. A livello più profondo, la morte assomiglia un po' alla nascita: entrambe sono momenti critici e dolorosi di transito che introducono a una vita più ricca rispetto a quella precedente. La morte è un esodo dopo il quale è possibile vedere il volto di Dio che è la sorgente della vita e dell'amore, proprio come un bambino, una volta nato, vede i volti dei propri genitori. Per questa ragione la Chiesa parla della morte come di una seconda nascita.

Attualmente si discutono molte questioni relative alla cura dei pazienti malati di cancro. Sia la ragione sia la fede ci chiedono di resistere a ogni tentazione di porre fine alla vita di un paziente mediante un atto di omissione deliberato o attraverso un intervento attivo, poiché "l'eutanasia è una grave violazione della legge di Dio, in quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una persona umana" (Evangelium vitae EV 65). Nulla, nemmeno la richiesta del paziente - che spesso è una richiesta d'aiuto - può giustificare l'eliminazione di una vita che è preziosa agli occhi di Dio e che può essere un dono d'amore per una famiglia anche nella sofferenza degli ultimi giorni.

Per quanto riguarda le proposte, provenienti da diversi ambiti, di legiferare a favore dell'eutanasia e del suicidio assistito, permettetemi di sottolineare che "condividere l'intenzione suicida di un altro e aiutarlo a realizzarla mediante il cosiddetto "suicidio assistito" significa farsi collaboratori, e qualche volta attori in prima persona, di un'ingiustizia, che non può mai essere giustificata, neppure quando fosse richiesta" (Evangelium vitae EV 66). Non si può neppure incoraggiare o giustificare la cosiddetta "autodeterminazione" della persona che sta morendo quando in pratica ciò significa che un medico aiuta a porre fine alla vita, che è alla base di ogni atto libero e responsabile.

272 Ciò che serve oggi nella cura dei pazienti affetti da cancro è un'assistenza che includa forme di trattamento efficaci e accessibili, sollievo dal dolore e forme di sostegno comuni. Occorre evitare un trattamento inefficace o che aggravi la sofferenza, ma anche l'imposizione di metodi terapeutici insoliti e non ordinari. È di fondamentale importanza il sostegno umano di cui può disporre la persona morente, poiché "la domanda che sgorga dal cuore dell'uomo nel confronto supremo con la sofferenza e la morte, specialmente quando è tentato di ripiegarsi nella disperazione e quasi di annientarsi in essa, è soprattutto domanda di compagnia, di solidarietà e di sostegno nella prova" (Evangelium vitae EV 67).

5. Cari amici, mentre il XX secolo e il secondo millennio dell'era cristiana stanno volgendo al termine, siete venuti a Roma come uomini e donne che stanno costruendo basandosi sul magnifico lavoro dei loro predecessori in questo secolo e in questo millennio. Il XX secolo ha avuto le sue tragedie umane, ma certamente tra i suoi trionfi vi è stato anche lo straordinario progresso nelle ricerche e nelle cure mediche (cfr Fides et ratio, n. 106). Alla luce di tutto ciò, e ancor più se guardiamo indietro di mille anni, come possiamo non applaudire coloro che hanno aperto la strada e come possiamo non lodare Dio, che è la fonte di ogni illuminazione e di ogni guarigione?

Guardare indietro significa comprendere con umiltà che stiamo progredendo lungo un cammino tracciato dalle intuizioni e dal sacrificio di sé di altri; vedendo fin dove siamo arrivati, rinnoviamo in questo momento decisivo la nostra speranza nel fatto che la forza della morte sarà vinta secondo la volontà di Dio.

Non siete soli nel grande compito di sconfiggere il cancro e di servire la vita. L'intera famiglia umana è con voi; la Chiesa in tutto il mondo guarda a voi con rispetto. Vi assicuro del mio ricordo particolare nelle preghiere e affido il vostro nobile lavoro all'intercessione della Madre di Cristo, Salus Infirmorum. Invocando su di voi la grazia e la pace di suo Figlio, che ha guarito i malati e ha fatto resuscitare i morti, affido voi e i vostri cari all'amorevole protezione di Dio Onnipotente.




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