GP2 Discorsi 1999 46

46 Il lavoro del pescatore è duro. Richiede costante fatica e pazienza. Domanda soprattutto fede nella potenza di Dio. Il Sacerdote è l'uomo della fiducia, che ripete con l'apostolo Pietro: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti" (Lc 5,5). Egli sa bene che gli uomini si pescano grazie alla forza della parola di Dio, la quale possiede un suo intrinseco dinamismo. Non si fa prendere perciò dalla fretta, ma resta in atteggiamento di attenta vigilanza per cogliere i tempi di Dio.

2. Nel seminario, grazie all'opera solerte e discreta degli educatori, si impara alla scuola di Cristo, sotto l'azione dello Spirito Santo, il segreto della pesca evangelica. Guida esperta è Maria Santissima: Lei è la Madre della Fiducia per tutti i cristiani, e in modo speciale per gli apostoli. Possiamo immaginare le sue parole di conforto e di sostegno durante i giorni passati con la comunità primitiva in attesa della Pentecoste. Lasciamo che parli anche a noi. Quando la fatica dell'apostolato si fa sentire e gli insuccessi inducono a pensieri di scoraggiamento, è allora che comincia la parte migliore della "pesca", quella che poggia unicamente "sulla sua parola". E' quanto Maria ci ripete, ricordandoci il "sì" da lei pronunciato nell'annunciazione: "Fiat mihi secundum verbum tuum".

"Sicut Maria, ita et Ecclesia", questa espressione di Ivo di Chartres è il motto che avete scelto per la festa di quest'anno. La Chiesa è maestra di fiducia per ogni cristiano, e lo è in modo particolare per l'apostolo e per il collaboratore dell'apostolo. In questo Seminario Romano Maggiore, a me tanto caro, si impara a pescare specialmente da Maria, Madonna della Fiducia, che insegna ad ogni seminarista il segreto della pesca evangelica. Maria è maestra anche per voi, giovani che frequentate il Seminario e trovate in esso un luogo prezioso per la vostra formazione apostolica. Essa vi aiuti a mantenere responsabilmente le decisioni importanti per il vostro futuro. Siate generosi, fidatevi di Lei, fidatevi di Gesù.

3. Carissimi, grazie per questa rinnovata occasione, che mi avete offerto, di meditare insieme con voi questa consolante verità. Ringrazio pure perché l'avete trasformata in preghiera non solo per voi, ma anche per tutti i sacerdoti della Diocesi di Roma. Mi unisco volentieri a voi nella preghiera e, mentre chiedo a Dio perseverante fedeltà per ciascuno di voi, imparto di cuore a tutti la Benedizione Apostolica.



VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN FULGENZIO

Domenica, 14 febbraio 1999

Ai bambini


Sia lodato Gesù Cristo!

È molto bello come vi siete presentati. Prima tutti hanno cantato e, in questo canto, tutti erano molto disciplinati. Ho cercato di disturbarvi, ma non ci sono riuscito!

Il vostro collega ha fatto un discorso classico di presentazione. Era molto emozionato. Deve mantenere queste sue emozioni perché ha tante cose da dire. Certamente ha tante cose da dire da giovane studente di scuola media. E poi avrà tante cose da dire da studente universitario, e poi per tutta la vita.

La giovinezza che vivete adesso è un periodo in cui ci si prepara a divenire maturi. Questi anni della giovinezza passano presto. Sono anni belli, ma passano presto, e poi comincia l'età matura, cominciano le responsabilità, cominciano le decisioni per tutta la vita.

Allora vi auguro che tutto questo processo di educazione e di maturazione sia umanamente buono e anche cristianamente buono. E per questo vi serve la parrocchia. Questa parrocchia di San Fulgenzio è molto vicina al Vaticano. È ad un passo. Allora mi sento bene qui insieme a vol. E voi forse potete fare lo stesso, facendo un « salto » e venendo dal Papa. Tra poco comincia la Quaresima. Mercoledì prossimo celebreremo il Mercoledì delle Ceneri. Poi ci saranno i quaranta giorni che portano alla Pasqua. Vi auguro di vivere bene questo periodo, che è un periodo molto importante della vita della Chiesa e di tutti i cristiani.

47 Ringrazio i vostri genitori ed i catechisti che hanno assistito a questo incontro, e auguro a tutti di vedere realizzati i frutti che si attendono dall'educazione dei giovani. Auguro ciò alle famiglie, alle scuole, alle Congregazioni religiose, alla vostra parrocchia e al vostro parroco, con cui ho parlato mercoledì scorso riguardo ai diversi problemi della vostra comunità.

Che il Signore vi benedica! Grazie per questo incontro! Buona domenica!

Ai giovani

La comunità, la Chiesa intera, la Chiesa di Roma, come pure questa parrocchia di San Fulgenzio, guardano verso il futuro. E il futuro sono i giovani. A loro appartiene il futuro, il Terzo Millennio. Questo lo dico dappertutto, incontrando i giovani nel mondo, come è successo ultimamente in Messico e in America. E lo dico anche dappertutto a Roma.

Auguro ai giovani, che sono in via di formazione e che studiano, di essere buoni parrocchiani, di contribuire alla comunità parrocchiale e di darle ciò che essa si aspetta da loro. Si aspetta la disponibilità, l'entusiasmo, la vera spirituale giovinezza.

Ecco vi ringrazio per questo incontro. Vorrei dire ancora, attraverso le vostre persone e i vostri gruppi, ciò che ho già detto nella chiesa durante la Messa.

Poi la vostra parrocchia è molto vicina a San Pietro, al Vaticano. Allora speriamo che ci sarà facile incontrarci. Come ho già detto prima ai bambini: venite una volta in Vaticano perché è vicino. Sia lodato Gesù Cristo!

Al Consiglio pastorale

Questa parrocchia di San Fulgenzio è la seconda parrocchia che visito quest'anno. La prima parrocchia l'ho visitata a gennaio, prima del viaggio in Messico e negli Stati Uniti. Vi ringrazio per l'accoglienza e per questo incontro.

Il Consiglio Pastorale vuol dire un'espressione autentica della comunità. Tutta la comunità si esprime attraverso il suo consiglio.

Le persone che vi fanno parte sono chiamate a condividere scelte e responsabilità pastorali con i sacerdoti e con il parroco.

48 Vi ringrazio per questo vostro impegno, per la disponibilità ad essere premurosi nei riguardi dei problemi della parrocchia: problemi di ordine spirituale e anche di ordine materiale.

Auguro che il Consiglio Pastorale abbia sempre lo spirito del Buon Consiglio per dare buoni consigli al parroco.


AI PARROCI E AL CLERO DELLA DIOCESI DI ROMA


Sala Clementina - Giovedì, 18 febbraio 1999

1. Carissimi sacerdoti di Roma, parroci, vicari parrocchiali, sacerdoti impegnati in altre forme di ministero, e voi, diaconi permanenti o che vi preparate al sacerdozio, benvenuti. Sono lieto di incontrarvi, come di consueto, in questo inizio di Quaresima ed a tutti ed a ciascuno porgo il mio saluto più affettuoso.


Abbiamo sentito, dalle parole introduttive del Cardinale Vicario e poi da vari vostri interventi, come si sta sviluppando la Missione cittadina e quali esperienze concrete voi ne andate facendo. Anch'io mi soffermerò su questo punto centrale della pastorale diocesana, che costituisce la specifica preparazione di Roma al grande Giubileo e quindi è giustamente, negli ultimi anni, il tema costante di questi nostri incontri.

In effetti, la Missione cittadina sta percorrendo la sua ultima tappa, dedicata specialmente ai diversi ambienti di lavoro e di vita. L'abbiamo iniziata con la consegna del Crocifisso ai missionari la prima Domenica di Avvento, nel giorno stesso in cui ho promulgato la Bolla di indizione del Grande Giubileo, mentre l'appuntamento conclusivo di tutto questo nostro percorso è fissato per la prossima Pentecoste.

2. La scelta di non limitare la missione alle famiglie che vivono nel territorio delle parrocchie, ma di renderci presenti anche nei molteplici luoghi di questa grande Città in cui la gente lavora, studia, trascorre il proprio tempo libero, o anche soffre e viene curata, è stata indubbiamente una decisione coraggiosa e impegnativa. L'abbiamo presa perché convinti della sua importanza, anzi della sua necessità, se vogliamo davvero che il Vangelo di Cristo sia annunziato e testimoniato a tutti e in tutte le circostanze e situazioni di vita (cfr 1Co 9,16-23). Ci sostiene e ci dà forza quella speciale abbondanza di grazia che è connessa con l'evento del Grande Giubileo, verso il quale ci stiamo avvicinando a grandi passi.

Del resto, con la missione negli ambienti non facciamo altro che mettere in pratica quel principio pastorale ripetutamente richiamato nel corso del Sinodo diocesano: il principio per il quale ciascuna parrocchia e l'intera Comunità ecclesiale di Roma devono cercare e trovare se stesse fuori di se stesse, cioè appunto là dove il popolo di Dio concretamente vive.

E' chiaro che questo compito, nella sua attuazione pratica, è affidato anzitutto ai fedeli laici, che effettivamente vivono ed operano nei diversi ambienti. Tanto più efficace, infatti, potrà essere la missione all'interno dei singoli ambienti quanto più se ne faranno interpreti e protagoniste le persone che in essi sono quotidianamente presenti e svolgono il loro lavoro. Perciò lo scorso 8 dicembre, Solennità dell'Immacolata e terzo anniversario del primo annuncio della Missione cittadina, ho scritto una lettera a tutti i fratelli e le sorelle credenti che vivono, operano e lavorano in Roma, per invitarli a farsi missionari coraggiosi e coerenti del Vangelo.

3. Anche per la missione negli ambienti, considerata nella sua globalità e in ognuna delle sue implicazioni, vale quello che già ho avuto modo di ricordare negli scorsi anni a voi sacerdoti, in occasione di questi nostri incontri. Voi, carissimi, essendo i più stretti collaboratori dell'ordine episcopale, siete coloro a cui è affidato in primo luogo il ministero di annunciare il Vangelo a tutti. La missione, vocazione e compito fondamentale della Chiesa, non è principalmente opera dei singoli credenti, ma dell'intera comunità, e pertanto anzitutto di coloro che della comunità stessa sono i primi responsabili.

In numerosi e significativi ambienti voi, sacerdoti, siete presenti in modo diretto, in forza del vostro specifico ministero. Così in molte scuole, come insegnanti di religione, nei luoghi di cura e nelle carceri, come cappellani; a Roma poi operano tuttora, con molto frutto, alcuni cappellani del lavoro. Non vorrei poi dimenticare quanti sono impegnati sulle "frontiere" della carità, accanto a persone disagiate, a minori in difficoltà, a giovani con problemi di tossicodipendenza, ad immigrati ed a gente senza fissa dimora. In ciascuno di questi luoghi ed accanto a tutti questi nostri fratelli e sorelle, siete chiamati ad essere segno vivente dell'amore di Dio, della salvezza che Cristo ci ha portato, della sollecitudine materna della Chiesa. Siete e dovete essere, dovunque e sempre, missionari ed evangelizzatori.

49 E voi, cari diaconi permanenti, che siete nel vostro grado partecipi del sacro ministero e però condividete, quanto al lavoro e alla famiglia, la condizione dei nostri fratelli laici, vi trovate in una situazione particolarmente favorevole per svolgere la vostra testimonianza ed azione evangelizzatrice all'interno degli ambienti nei quali siete inseriti. La missione negli ambienti rappresenta per voi una chiamata peculiare ed una preziosa possibilità di sviluppo del vostro specifico ministero.

4. Ma il nostro compito di ministri ordinati in rapporto a questa forma di missione non si limita a ciò che possiamo fare direttamente, operando all'interno dei singoli ambienti. Ciascuno di noi, infatti, anche se non è incaricato di un apostolato di ambiente, ha un fondamentale ufficio di formatore, attraverso il quale può e deve preparare e sostenere i fedeli laici, chiamati a rendere testimonianza a Cristo, in ogni situazione di vita.

Tocchiamo qui un tema molto importante, che riguarda il modo stesso in cui concepiamo ed esercitiamo il nostro ministero di Pastori. L'orizzonte dell'impegno ecclesiale non deve restringersi al buon andamento della parrocchia o di qualsiasi altro organismo direttamente affidato alle nostre cure. Dobbiamo piuttosto abbracciare idealmente la Chiesa intera nella sua essenziale dimensione missionaria, che la pone al servizio della salvezza integrale dell'uomo.

Alla luce di ciò, la nostra opera formativa non si preoccuperà unicamente di far crescere un laicato capace di assumere responsabilità all'interno della parrocchia o della comunità ecclesiale. Sarà ancora più grande nostra cura formare autentiche coscienze cristiane, perché ciascuno, laico o sacerdote, faccia unità nella propria vita e renda in ogni ambiente e situazione una testimonianza evangelica credibile e gioiosa. E parimenti, cercheremo di rendere i fedeli laici più chiaramente consapevoli che la missione evangelizzatrice della Chiesa li riguarda ed è affidata anche a loro. Essa passa normalmente attraverso la loro azione e testimonianza di vita, come pure attraverso la capacità e la prontezza con cui sanno rendere ragione della speranza di cui, come credenti in Cristo, sono anch'essi depositari e portatori (cfr
1P 3,15).

Questa stessa tensione missionaria non può non caratterizzare gli elementi fondamentali della formazione e della crescita spirituale: la preghiera che ci mette alla presenza di Dio, la catechesi che alimenta la fede e aiuta a vedere ogni realtà con gli occhi della fede, la penitenza e la conversione del cuore, il progressivo aprirsi all'amore di Dio e dei fratelli. Solo così la crescita del testimone e del missionario fa tutt'uno con la crescita del cristiano.

5. Questa è la via attraverso la quale potrà diventare più incisiva e persuasiva, nel nuovo millennio che sta per cominciare, la presenza cristiana in questa nostra tanto amata Roma. Gli ambienti di lavoro sono, in alcuni casi, quelli nei quali la secolarizzazione appare più avanzata e parlare di Dio e di Gesù Cristo può risultare più difficile e quasi fuori luogo. Ma, in realtà, Dio non è mai un estraneo, Cristo non è mai un estraneo. Il Figlio eterno di Dio, che "ha lavorato con mani di uomo, ha pensato con mente di uomo, ha agito con volontà di uomo, ha amato con cuore di uomo" (Gaudium et spes GS 22), è e rimane, ovunque sia in gioco la nostra umanità, l'unico Redentore dell'uomo.

Perciò, nell'iniziare con fiducia la missione negli ambienti, sia grande in tutti la consapevolezza che si tratta di un'impresa di lungo periodo. Essa è parte integrante ed indispensabile della nuova evangelizzazione, che andrà sempre meglio radicata e sviluppata nella pastorale della Comunità diocesana.

6. Cari sacerdoti, la spinta alla missione nasce da quel fuoco di amore che il Signore ha messo nei nostri cuori, con il dono del suo Santo Spirito e si esprime, in primo luogo, attraverso il linguaggio concreto dell'amore. Così la Missione cittadina, in questo ultimo anno di preparazione al Giubileo che è dedicato a Dio Padre e proteso a mettere in risalto la virtù teologale della carità (cfr Tertio millennio adveniente TMA 50-51), dovrà porre speciale attenzione nell'"evangelizzare i poveri" (Mt 11,5), rendendone meno tristi e precarie le condizioni di vita.

Nel vostro ministero pastorale, voi toccate con mano come nella nostra Città disoccupazione e povertà vadano crescendo. Si rende allora sempre più necessario individuare nuove possibilità e strade perché Roma, facendo leva sulla sua missione spirituale e civile e valorizzando il patrimonio di umanità, di cultura e di fede, maturato nei secoli, possa promuovere il suo sviluppo sociale ed economico, anche in vista del bene dell'intera Nazione italiana e del mondo (cfr Giovanni Paolo II, Lettera a coloro che vivono e lavorano a Roma, n. 8, 8 dic. 1998: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XXI, 2 (1998)1233s.). La carità di Cristo ci spinge, dunque, ad essere presenti e propositivi in ogni ambiente in cui si prepara concretamente il futuro della nostra Città.

Carissimi sacerdoti e diaconi, conosco il vostro impegno quotidiano, le fatiche e le difficoltà che spesso dovete affrontare. Desidero assicurarvi che vi sono costantemente vicino, con l'affetto e con la preghiera. La Vergine Maria, esempio perfetto di amore verso Dio e verso il prossimo, sostenga ciascuno nel cammino e ottenga per tutti quella disponibilità piena alla chiamata del Signore che Ella ha saputo esprimere nel momento dell'Annunciazione e poi ai piedi della Croce (cfr Tertio millennio adveniente TMA 54).

Con questi sentimenti, imparto a tutti voi, di cuore, una speciale Benedizione, che estendo volentieri alle vostre parrocchie ed a quanti incontrate nel corso della Missione cittadina.

SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AD UNA DELEGAZIONE


DELL'«INTERNATIONAL FORUM BETHLEHEM 2000»


50
Venerdì, 19 febbraio 1999




Eccellenze,
Cari amici,

vi saluto calorosamente, membri del Comitato organizzativo dell'«International Forum Bethlehem 2000».Saluto in particolare l'ambasciatore Ibra Deguène Ka, Rappresentante Permanente del Senegal presso le Nazioni Unite e Presidente del Comitato, e sir Kieran Prendergast, Sotto-segretario generale per gli Affari Politici e Rappresentante del Segretario Generale delle Nazioni Unite.

La città di Betlemme suscita ricordi risalenti alla storia dell'antico Israele, alla figura di Re Davide (cfr
1S 16,13). Tuttavia, è la nascita di Gesù Cristo, il Figlio di Davide, che dona a Betlemme il suo posto unico nella mente e nel cuore del mondo. Il Vangelo di san Luca racconta che al momento della nascita di Gesù gli angeli innalzavano inni di pace sulla terra a tutti gli uomini di buona volontà (cfr Lc 2,14). Sebbene da allora la storia di Betlemme sia stata spesso contraddistinta dalla violenza, la città rappresenta ancora una promessa di pace e un'assicurazione che l'umana speranza di pace non è vana.

Il Grande Giubileo, che celebrerà duemila anni della nascita di Gesù a Betlemme, ci esorta a guardare avanti con speranza a un mondo in cui la pace sia certa.

Dobbiamo tutti operare per un futuro nel quale la pace non sia minacciata da quanti adorano un unico Dio, da chiunque porti il nome di cristiano, ebreo o musulmano. In particolare, dobbiamo avere fiducia nel fatto che è possibile edificare la pace in Medio Oriente. La promessa di pace fatta a Betlemme diverrà una realtà quando la dignità e i diritti degli esseri umani creati a immagine di Dio (cfr Gn 1,26) verranno riconosciuti e rispettati.

Che l'opera del vostro Comitato contribuisca a garantire che il luogo di nascita di Colui che «pascerà il mio popolo, Israele» (cfr Mt 2,6) ricordi ovunque alle persone che la pace è dono di Dio dall'alto! Che le benedizioni del Signore vi assistano in questo nobile sforzo!


AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO NAZIONALE


PROMOSSO DALL’UNITALSI


Sabato, 20 febbraio 1999

Carissimi Fratelli e Sorelle!


1. Sono lieto di porgere un affettuoso benvenuto a tutti voi, convenuti a Roma per celebrare l'annuale Congresso dell'UNITALSI. Rivolgo un particolare pensiero a Monsignor Alessandro Plotti, Arcivescovo di Pisa e vostro Presidente, e lo ringrazio per le cordiali parole, con le quali, a nome di tutti, ha espresso sentimenti di devozione ed affetto, ed ha presentato, insieme con gli ideali ed i propositi di codesta Associazione, gli obiettivi dell'annuale Riunione. Con lui, saluto l'Assistente ecclesiastico nazionale, come pure i Dirigenti e quanti si impegnano nelle attività promosse dalla vostra organizzazione.

51 Desidero manifestarvi il mio compiacimento per la benefica e sollecita opera da voi svolta con discrezione e generosità a beneficio di quanti sono provati nel corpo e nello spirito. Ad essi voi offrite una particolare testimonianza di carità, dando loro la possibilità di vivere la profonda esperienza del pellegrinaggio a diversi Santuari ed ai luoghi sacri alla Vergine Santissima, e sostenendoli nella fede e nella speranza, quando la sofferenza grava sulla loro vita.

La rete di animazione e di assistenza, articolata nelle diverse Diocesi italiane, testimonia la generosità di tanti Sacerdoti, medici, infermieri, dame di carità, barellieri, accompagnatori e volontari che, realizzando nel mondo d'oggi l'icona del buon Samaritano, si prendono cura sotto l'aspetto materiale e spirituale degli ammalati.

2. Carissimi Fratelli e Sorelle! Il vostro annuale Convegno è dedicato alla riflessione sullo "spirito unitalsiano" in rapporto con le trasformazioni e le sfide dell'odierna società che evolve e si trasforma rapidamente. Esse postulano la sapiente ricerca di risposte adeguate che, attingendo costante linfa all'ideale evangelico della carità, sappiano orientare ed infondere slancio rinnovato alle attività nazionali dell'Unione. Tuttavia, il confronto con le istanze poste dalla società odierna e l'impegno per gli opportuni adeguamenti delle vostre strutture, non devono far rinunciare alle esigenze ed allo spirito che hanno determinato la nascita ed il meraviglioso sviluppo dell'UNITALSI.

Cambiano le strutture e l'organizzazione, ma non possono mutare lo spirito ed il carisma di servizio unitalsiano, e soprattutto deve permanere come suo centro irradiante e vitale la carità, senza la quale la vostra opera perderebbe il suo senso (cfr
1Co 13). L'amore fraterno e premuroso, alimentato quotidianamente dalla preghiera, si palesa ponendo al centro di ogni sforzo i malati: è in essi che si riflette il volto del Crocifisso e, nelle loro sofferenze, è possibile riconoscere il segno misterioso del Padre per la salvezza del mondo.

3. Mentre la Chiesa tutta è prossima, ormai, all'appuntamento del Grande Giubileo, voi siete chiamati ad accompagnare il pellegrinaggio di quanti, provati nel corpo e nello spirito, rappresentano nel mondo un annuncio di redenzione e di salvezza. Nel grande itinerario del popolo di Dio, i pellegrini del dolore e della sofferenza sono allegoria dell'umanità in cerca soprattutto di Cristo, "luce vera che illumina ogni uomo" (Jn 1,9). A voi, come "umili servitori degli ammalati" (cfr Statuto), è affidato il compito di sostenerli nelle difficoltà e di aiutarli nel trasformare le loro sofferenze in presenza arcana di salvezza.

Auspico che quanto lo Spirito suggerisce, nel corso di questa Assise, divenga efficace orientamento alla vostra sollecitudine e susciti rinnovato impegno nel servizio di carità, mediante il quale ogni cristiano è chiamato a rivelare la tenerezza paterna di Dio.

Vi guidi e vi accompagni Maria, pellegrina sollecita verso la casa di Elisabetta, ove, con le sue premure, si rese strumento della scoperta da parte della cugina del disegno del Padre.

Con tali voti, a tutti imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE

DEL GHANA IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Sabato, 20 febbraio 1999

Cari Fratelli Vescovi,


1. «Il Signore della pace vi dia egli stesso la pace sempre e in ogni modo» (2Th 3,16). È una grande gioia per me salutarvi, membri della Conferenza Episcopale del Ghana, e darvi il benvenuto in Vaticano in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum. Questo è per tutti noi un momento di grazia nel quale celebriamo e cerchiamo di rafforzare i vincoli di comunione fraterna che ci uniscono nel compito di rendere testimonianza del Signore e diffondere la Buona Novella della salvezza. Saluto in particolare quanti fra voi compiono la loro prima vita quinquennale. Di fatto, dall'ultima visita della vostra Conferenza a Roma, sono state erette sei nuove Diocesi nel Ghana, segno positivo dell'opera che viene compiuta per Cristo e dell'edificazione della sua Chiesa nel vostro Paese. Questo è dunque un altro motivo per lodare il santo nome di Gesù, al nominare il quale «ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre» (Ph 2,10-11).

52 Lo scorso anno, la vostra Chiesa locale ha celebrato due eventi molto significativi: il Secondo Congresso Eucaristico Nazionale e il Congresso Pastorale Nazionale. Questi importanti incontri sono serviti a confermare e ad accrescere quell'amore e quella devozione per il Santissimo Sacramento che è il centro del culto e della preghiera cattolici. Dall'Eucaristia la Chiesa riceve la forza per quel servizio e per quell'approccio che caratterizzano la sua sollecitudine per il benessere spirituale dei suoi figli e di tutto il suo popolo. La vita divina che Cristo riversa sulla sua Chiesa nell'Eucaristia è troppo grande per essere contenuta e deve essere offerta con sollecitudine amorevole a tutto il mondo.

2. Questa è la verità che in gran parte ispira e sostiene l'attività missionaria della Chiesa; infatti, come hanno notato i Padri del Concilio Vaticano II con eloquente semplicità, la Chiesa è «per sua natura missionaria » (Ad gentes
AGD 2). È una delle sue qualità essenziali e deve risplendere in ogni Chiesa particolare: la Chiesa universale è presente in ogni Chiesa locale con tutta la sua serie di elementi fondamentali (cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica su alcuni Aspetti della Chiesa intesa come Comunione, Communionis notio, nn. 7-9). L'energia e lo zelo della prima evangelizzazione del Ghana devono continuare a essere fonte di forza e di entusiasmo mentre proclamate Cristo e il suo Vangelo salvifico, aiutando gli altri a conoscere e ad accettare il suo amore misericordioso.

A questo proposito, non è secondario il vostro dovere di affrontare le questioni importanti per la vita sociale, economica, politica e culturale del vostro Paese. Durante l'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, i Padri sinodali hanno riconosciuto che una corretta amministrazione degli affari pubblici nelle aree correlate della politica e dell'economia è essenziale se si desidera che la giustizia e la pace fioriscano nel vostro continente (cfr Ecclesia in Africa, n. 110). Sono lieto di constatare che nella vostra Lettera Pastorale di Avvento del 1997 avete affrontato proprio questo argomento. Come ben sapete, è compito particolare della Chiesa parlare a nome di quanti non hanno voce, essendo lievito di pace e di solidarietà, soprattutto laddove le persone sono minacciate e più fragili.

A questo proposito sono molto importanti i vostri sforzi volti a eliminare le tensioni etniche. Le rivalità basate sulla razza o sull'origine etnica non trovano posto nella Chiesa di Cristo e sono particolarmente scandalose quando interferiscono con la vita parrocchiale o distruggono lo spirito di fraternità e solidarietà fra i sacerdoti.

3. In tutto ciò, il vostro deve essere un invito, gentile, ma anche insistente, alla conversione. La conversione è il risultato dell'effettiva proclamazione del Vangelo che, attraverso l'azione dello Spirito Santo nei cuori di quanti lo ascoltano, porta ad accogliere la parola salvifica di Dio. La prima predicazione della Buona Novella della salvezza in Gesù Cristo trova il suo necessario completamento nella catechesi. La fede matura poiché i discepoli di Cristo sono educati e formati attraverso una conoscenza sistematica della Sua persona e del Suo messaggio (cfr Catechesi tradendae CTR 19). Per questo motivo, la formazione permanente dei laici deve continuare a essere una priorità della vostra missione di predicatori e di insegnanti. Questa formazione spirituale e dottrinale dovrebbe contribuire ad aiutare i laici a svolgere il proprio ruolo profetico nella società che non sempre riconosce o accetta la verità e i valori del Vangelo. Perché possano fare la propria parte nel compiere la nuova evangelizzazione, devono poter vedere e giudicare tutte le cose alla luce di Cristo (cfr Christifideles laici CL 34)

Inoltre, confermati nella verità rivelata, i fedeli saranno in grado di rispondere alle obiezioni sollevate dai seguaci delle sette e dei nuovi movimenti religiosi. La catechesi è particolarmente importante per i giovani. Una fede illuminata è una luce che li guida nel futuro e una fonte di forza necessarie ad affrontare le sfide e le incertezze della vita. Una sottomissione salda e umile alla Parola di Cristo, così come è proclamata autenticamente dalla Chiesa, costituisce anche la base del vostro rapporto con le altre Chiese e comunità ecclesiali e del dialogo che cercate di avere con i seguaci dell'Islam e della religione tradizionale africana. Mediante il vostro studio costante di tutto ciò che c'è di buono, vero e nobile nella cultura del vostro popolo, comprenderete con maggiore chiarezza in che modo l'evangelizzazione può radicarsi sempre più profondamente fra voi.

4. Ora affrontiamo l'importante questione dell'inculturazione. I tentativi pratici di promuovere l'inculturazione della fede richiedono una teologia legata indissolubilmente al mistero dell'incarnazione e a un'antropologia autenticamente cristiana. (cfr Pastores dabo vobis PDV 55). Si può operare un discernimento veramente critico ed evangelico delle realtà culturali solo alla luce della Morte e della Resurrezione salvifiche di Gesù Cristo.

Una sana inculturazione non può prescindere dalla chiara convinzione della Chiesa che la cultura, in quanto creazione umana, è inevitabilmente segnata dal peccato e dalla necessità di essere sanata, nobilitata e perfezionata dal Vangelo (cfr Lumen gentium LG 17). Quando le persone trarranno ispirazione e orientamento dal contatto con la parola salvifica di Dio saranno portate naturalmente a operare una profonda trasformazione della società in cui vivono. Il messaggio evangelico penetra la vita stessa delle culture e si incarna in esse, precisamente «superandone gli elementi culturali incompatibili con la fede e con la vita cristiana ed elevandone i valori al mistero della salvezza che proviene da Cristo» (Pastores dabo vobis PDV 55). Le sfide lanciate dall'inculturazione sono particolarmente evidenti nei settori del matrimonio e della vita familiare: lodo e incoraggio i vostri sforzi a portare le coppie cristiane a vivere la verità e la bellezza della loro unione coniugale in accordo con le esigenze della loro nuova vita in Cristo.

5. La crescita della Chiesa nel Ghana e le numerose vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa sono la prova della forza di Dio all'opera fra di voi, una forza che dà meravigliosi e abbondanti frutti. Voi, miei cari fratelli, avete il compito di far sì che questi numerosi frutti continuino a maturare e a moltiplicarsi, incidendo effettivamente sulla vita di tutti coloro che sono affidati alla vostra sollecitudine.

Rivolgendomi ai più stretti collaboratori del vostro ministero pastorale, vi esorto a prendervi sempre cura dei vostri sacerdoti con un amore particolare e a considerarli preziosi collaboratori e amici (cfr Christus Dominus CD 16). Con l'ordinazione essi partecipano alla consacrazione e alla missione di Gesù Cristo (cfr Pastores dabo vobis PDV 16). Lo Spirito Santo forgia il loro cuore secondo il modello del cuore di Cristo, il Buon Pastore, e la loro formazione deve essere tale che, con la compassione di Cristo stesso, siano pronti a mettere da parte tutte le ambizioni terrene per portare ai poveri, ai deboli e agli indifesi la verità, il conforto e il sostegno del Vangelo. Il sacerdote non è il semplice custode di un'istituzione, non è un uomo d'affari né un imprenditore. Egli è piuttosto un evangelizzatore e un medico di anime. Le sue qualità, la sua educazione e le sue realizzazioni tendono tutte giustamente a un solo fine: il privilegio incomparabile di agire nella persona di Cristo.Con la vostra amicizia e il vostro sostegno fraterno e con quelli dei vostri fratelli sacerdoti, sarà più facile per i vostri sacerdoti dedicarsi completamente, con castità e semplicità, al loro ministero di servizio, nel quale troveranno gioia e pace incommensurabili.

Di certo, gli atteggiamenti e le disposizioni di un buon Pastore devono essere alimentate nel cuore dei candidati al sacerdozio molto prima dell'ordinazione. Questo è lo scopo della formazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale offerta dal seminario.La sollecitudine che mostrate verso i seminari non può che tornare a beneficio delle vostre comunità locali e contribuire alla diffusione del Regno di Dio. Gli orientamenti contenuti nella mia Esortazione Apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis, insieme ai suggerimenti inclusi nel recente documento stilato dalla Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, in seguito alla Visita Apostolica nei Seminari Maggiori del Ghana, si dimostreranno strumenti di valore inestimabile per accertare l'idoneità dei candidati e migliorare la loro formazione. Vi esorto anche a dotare i vostri seminari di sacerdoti esemplari, anche se questo significa fare sacrifici in altre aree: nel compito di formare candidati al sacerdozio nulla è più eloquente dell'esempio di una vita sacerdotale santa e impegnata. Al contempo, è necessario prendere misure atte ad assicurare che una formazione sacerdotale corretta prosegua anche dopo l'ordinazione, in particolare nei primi anni del ministero sacerdotale.

53 6. Nella vita della Chiesa nel Ghana, come altrove nel mondo, gli Istituti Missionari e Religiosi hanno svolto un ruolo decisivo nella diffusione della fede e nella formazione di nuove Chiese locali (cfr Redemptoris missio, n 69-70).

Pur rispettando la legittima autonomia interna prevista per le comunità religiose, il Vescovo deve aiutarli ad assolvere, nell'ambito della Chiesa locale, l'obbligo di testimoniare la realtà dell'amore di Dio per il suo popolo. Come Pastori del gregge di Cristo, dovreste esortare i superiori a discernere attentamente l'idoneità dei candidati alla vita religiosa e aiutarli a offrire una solida formazione spirituale e intellettuale, sia prima sia dopo la professione. Più i religiosi delle vostre Diocesi vivranno devotamente e fedelmente il proprio impegno verso Cristo di castità, povertà e obbedienza, più gli uomini e le donne del Ghana comprenderanno che «il regno di Dio è vicino».

7. Nello svolgimento dei vostri numerosi compiti, sia voi sia i vostri sacerdoti, dovete essere sempre sensibili alle esigenze umane e spirituali del vostro popolo. Tempo e risorse per strutture diocesane o parrocchiali o per progetti di sviluppo, non devono mai essere impiegati a discapito della popolazione e tali strutture e progetti non dovrebbero impedire il contatto personale con quanti Dio ci ha chiamato a servire.

Parimenti, gli incontri fra Vescovi e sacerdoti non dovrebbero limitarsi alla discussione di dettagli di ordine amministrativo, ma dovrebbero anche essere un'occasione per parlare delle gioie e delle difficoltà pastorali, spirituali e personali del ministero sacerdotale. Le questioni finanziarie richiedono grande equità e solidarietà e sforzi per distribuire i contributi ricevuti. Al contempo, bisogna prendere iniziative per aiutare le comunità locali a raggiungere una maggiore indipendenza economica per far sì che la Chiesa nel Ghana dipenda meno dall'aiuto esterno. La missione pastorale della Chiesa e il dovere dei suoi amministratori «non di essere serviti, ma di servire» (cfr
Mt 20,28) devono essere considerati prioritari in tutti i settori.

Cari Fratelli Vescovi, le parole che vi rivolgo oggi intendono incoraggiarvi nel Signore. Sono pienamente consapevole delle insidie quotidiane del vostro ministero e della dedizione generosa con la quale svolgete il vostro servizio. Raccomando voi e le vostre Diocesi alla sollecitudine amorevole di Maria Regina degli Apostoli. Prego affinché i vostri sforzi volti a condurre la Chiesa nel Ghana verso una celebrazione gioiosa e feconda del prossimo Giubileo, «anno di grazia del Signore» (Tertio Millennio adveniente TMA 11), vengano coronati da un grande successo. Grazie a questo importante evento, che voi e il vostro popolo sperimentiate la grazia infinita del «nuovo avvento» che lo Spirito sta preparando per tutta la Chiesa di Dio (cfr Ibidem n. 23)! Con questa speranza, imparto di cuore a voi, ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici delle vostre comunità locali la mia Benedizione Apostolica.



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