GP2 Discorsi 1999 108


ALLA COMUNITÀ DELLA RIVISTA


“LA CIVILTÀ CATTOLICA”


Giovedì, 22 aprile 1999




Carissimi Fratelli!

1. Sono lieto di porgere il mio cordiale benvenuto a ciascuno di voi, ringraziandovi per questa visita, che avete voluto rendermi nella fausta ricorrenza del cento cinquantesimo anniversario della fondazione de La Civiltà Cattolica. Desidero unirmi al vostro rendimento di grazie al "Padre della Luce", da cui "discende ogni dono perfetto" (Jc 1,17), per il bene compiuto in questo secolo e mezzo a servizio della fede cattolica e della Santa Sede.

La Civiltà Cattolica, che oggi è la più antica tra le riviste pubblicate in Italia, è stata voluta dal mio predecessore, il Papa Pio IX di venerata memoria, il quale con il Breve Gravissimum supremi, del 12 febbraio 1866, la dotò di un particolare statuto. Egli stabilì che il periodico, destinato a difendere "con tutte le forze e incessantemente la religione cattolica con la sua dottrina e i suoi diritti", fosse redatto da un particolare Collegio di Scrittori che, designati dal Superiore Generale della Compagnia di Gesù, vivessero e lavorassero insieme in una propria casa. Dopo Pio IX, l'opera compiuta dalla Rivista continuò ad ottenere apprezzamenti e riconoscimenti dai Romani Pontefici, che vollero nuovamente approvarne lo statuto. Guardando al lungo itinerario percorso, possiamo ben dire, come ho ricordato nell'Udienza concessa al vostro Collegio il 5 aprile 1982, che La Civiltà Cattolica "istituzionalmente posta al servizio del Papa e della Sede Apostolica", "pur nel mutare degli uomini, degli eventi e delle situazioni storiche, si è mantenuta sempre fedele" (Insegnamenti, vol. V/1, 1982, p. 1113).

2. Ripercorrendo i cento cinquanta anni della vostra Rivista, si rileva una grande varietà di posizioni, dovute sia al mutare delle circostanze storiche, sia alle personalità dei singoli scrittori. Tuttavia, nell'ampio e complesso panorama delle vicende religiose, sociali e politiche che, dal 1850 ad oggi, hanno interessato la Chiesa e l'Italia, emerge nei volumi de La Civiltà Cattolica un punto fermo, mai venuto meno: l'adesione piena, anche se talvolta sofferta, agli insegnamenti ed alle direttive della Santa Sede e l'amore e la venerazione per la persona del Papa. Sono certo che, come già i vostri predecessori, anche voi continuerete a fare di tale peculiarità un punto d'onore e la ragion d'essere della vostra Rivista. Sono altresì persuaso che la Sede Apostolica potrà trovare in voi collaboratori competenti e fedeli, soprattutto nei momenti difficili, che non mancano mai nella vita della Chiesa.

Tra i meriti della Rivista mi è caro ricordare la prontezza con la quale essa ha accolto il rinnovamento ecclesiale avviato dal Concilio Vaticano II, e l'impegno per farne conoscere a un vasto pubblico le vicende, le questioni dibattute e i documenti. Degno di nota è, poi, lo sforzo con cui negli anni successivi essa ha cercato di approfondire i documenti conciliari in vista di una migliore accoglienza della dottrina in essi contenuta e del rinnovamento della vita cristiana, da essi auspicato.

3. Di fronte alle sfide del momento presente ed in vista del nuovo millennio, vorrei quest'oggi esortarvi a farvi interpreti dell'urgenza di una ripresa dello spirito e degli insegnamenti del Concilio, in particolare su temi come la cristologia, l'ecclesiologia e il Magistero della Chiesa, il ruolo del laicato e la specificità del cristianesimo nel dialogo interreligioso, la libertà religiosa, il rapporto tra le culture e l'ecumenismo, gli strumenti di comunicazione di massa ed il loro problematico impatto sulla mentalità e sui comportamenti dell'uomo contemporaneo.

E' questo un vasto campo di azione che sollecita tutti voi a perseverare nel vostro impegno a "combattere per la fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte" (Jud 3). Le grandi trasformazioni in atto nel mondo contemporaneo rendono urgente un coraggioso impegno per educare ad una fede convinta e adulta, capace di dare senso alla vita, al fine di resistere agli attacchi di una cultura spesso secolarizzata ed offrire risposte convincenti a quanti, pur non credendo, sono alla ricerca di Dio.

109 Tale compito, che appartiene a tutta la Chiesa, richiede a ciascuno di voi, membri della Compagnia di Gesù, "istituita allo scopo precipuo di occuparsi specialmente della difesa e propagazione della fede" (Giulio III, Lettera Apostolica Exposcit debitum del 21 luglio 1550, n.1), un impegno sempre più pieno e coraggioso "nell'insegnamento della verità cristiana" (Ibid.), in piena fedeltà e comunione con il Magistero.

Oggi la fede cristiana è chiamata a confrontarsi con culture non cristiane, con il progresso delle scienze, con filosofie segnate dall'immanentismo e dall'agnosticismo, dal rifiuto della metafisica e dallo scetticismo nella capacità della ragione umana di giungere alla verità. Nell'Enciclica Fides et ratio ho voluto mostrare quanto questa sfiducia nella ragione umana renda difficile l'accoglienza della fede e privi la stessa ragione dell'apporto della Rivelazione per una più profonda conoscenza del mistero dell'uomo, della sua origine, della sua natura spirituale e del suo destino. In tale contesto, La Civiltà Cattolica è chiamata a contribuire al superamento del divario tra fede e cultura moderna, tra fede e comportamenti morali, con speciale attenzione ai problemi evocati nelle Encicliche Veritatis splendor ed Evangelium vitae, che costituiscono aspetti essenziali sui quali si misura la fedeltà dei credenti all'insegnamento di Gesù, custodito nella Tradizione autentica della Chiesa.

4. Come non ricordare poi che la vostra Rivista ha sempre seguito con speciale cura la dottrina sociale della Chiesa, sostenendo l'impegno del Magistero per la diffusione, l'approfondimento ed il rinnovamento di tale fondamentale strumento di evangelizzazione? Nel contesto attuale appare sempre più evidente che i problemi sociali, finanziari ed economici non sono estranei all'evangelizzazione e alla dignità della persona umana. Le ingiustizie sociali, il dominio del denaro, un'economia globale senza controlli possono ferire la dignità personale di interi popoli e continenti e rendere più difficile l'accoglienza del messaggio evangelico. Vi incoraggio, pertanto, a proseguire nel lodevole impegno di approfondimento e di diffusione della dottrina sociale della Chiesa, che le mutazioni in atto nella società e nel mondo del lavoro rendono sempre più attuale ed urgente. Ruolo della Chiesa, che voi siete chiamati ad amplificare e diffondere, è quello di proclamare il "vangelo della carità e della pace", promuovendo la giustizia, lo spirito di fraternità e la consapevolezza del destino comune degli uomini, premesse indispensabili per la costruzione dell'autentica pace tra i popoli.

5. Carissimi Padri scrittori, facendo tesoro del lungo e lodevole cammino percorso da La Civiltà Cattolica, proseguite nel vostro prezioso servizio ecclesiale, in speciale e cordiale consonanza con la Santa Sede e con il Papa, al quale, come membri della Compagnia di Gesù, vi lega un voto particolare.

Affido il vostro quotidiano lavoro alla Vergine, Madre della Chiesa e Patrona della Compagnia. Ottenga Maria dal Figlio suo per ciascuno di voi un profondo spirito di fede. Vi ottenga di scrutare le vicende della storia umana con sapienza evangelica e di cogliere nella storia i "segni dei tempi". Vi aiuti ad impegnarvi generosamente nel compito che la Chiesa vi ha affidato per mezzo dei Romani Pontefici.

Con tali voti, di cuore imparto al Padre Direttore, a ciascuno di voi ed ai vostri collaboratori una speciale Benedizione Apostolica, in pegno del mio costante affetto.


AI PREMI NOBEL PARTECIPANTI ALL’INCONTRO


PROMOSSO DALLA “FONDAZIONE GORBACIOV”


Giovedì, 22 aprile 1999




Signor Presidente,
Signore e Signori,

1. Sono lieto di accogliere la distinta assemblea dei Premi Nobel per la Pace, riunita a Roma per importanti giorni di riflessione sulle sfide politiche del prossimo secolo. Saluto in particolare Sua Eccellenza Mikhail Gorbaciov, Presidente della Fondazione per la Ricerca Politica, Economica e Sociale che ha organizzato questo colloquio internazionale. Apprezzo molto il saluto cordiale che mi ha rivolto a vostro nome.

2. La questione della pace è al centro della vita politica. Per questo motivo, il vostro incontro si svolge in un momento particolarmente tragico per l'Europa. Come potremmo non rinnovare un vigoroso appello per la fine dei conflitti etnici nei Balcani e dello scontro armato, per il ritorno del dialogo e del rispetto per la dignità di tutte le persone e di tutte le comunità, nel nome dei diritti umani fondamentali! Né possiamo dimenticare le tragedie umane che si verificano in così tante aree del mondo, in particolare in Africa e in Asia. L'importante opera che avete compiuto al servizio della pace e della riconciliazione vi ha attribuito una costante responsabilità nella lotta per il riconoscimento del valore inestimabile di ogni essere umano, la formazione delle coscienze e la crescita della coesistenza fraterna e pacifica fra individui e popoli. Poiché provenite da diverse culture e nazioni, il vostro incontro è un segno di quella pace che può realizzarsi solo quando superando visioni dell'uomo e della società basate sulla razza, la religione, il nazionalismo, o, più in generale, sull'esclusione degli altri. La ricerca della pace richiede un'apertura all'esperienza dei nostri fratelli e delle nostre sorelle e un impegno efficace per rispettare la loro dignità e la loro libertà.

110 3. Preparandosi a entrare nel nuovo millennio l'umanità deve venire incoraggiata a progredire con determinazione lungo i sentieri di una pace reale e duratura e a edificare una civiltà basata sul desiderio di una coesistenza che rispetti la diversità dei popoli, le loro storie, le loro culture e le loro tradizioni spirituali. Piuttosto che alimentare nuovi antagonismi, la globalizzazione deve condurre al rifiuto del conflitto armato, del gretto nazionalismo e di tutte le forme di violenza.

Questa è la condizione della crescita di una solidarietà autentica, che permetta a tutti di comprendere che la pace richiede l'accettazione della diversità, il rifiuto del comportamento aggressivo verso gli altri e il desiderio di edificare una società sempre più giusta e fraterna attraverso il dialogo e la cooperazione. La Pace non è un'idea vaga o un sogno; è una realtà che deve essere costruita faticosamente giorno per giorno attraverso gli sforzi di tutti. Perseguire la pace è uno dei compiti più nobili per i quali un individuo può lottare nell'ambito della sua nazione e della comunità internazionale. Bisognerebbe sostenere con vigore quanti cercano di portare la pace, poiché i loro sforzi sono volti a offrire a tutti una vita migliore, una società nella quale ogni persona abbia un suo posto e nella quale tutti possano vivere in pace e in armonia, sviluppando i doni ricevuti dal Creatore per il loro sviluppo personale e per il bene comune.

4. Per i cristiani, la base della dignità umana sta nell'amore di Dio per ogni persona, senza eccezioni; la pace autentica è un dono offerto costantemente e costantemente ricevuto. Nonostante la violenza e le numerose minacce alla vita che il nostro mondo subisce, durante questo anno, che i cattolici hanno dedicato a Dio, Padre di misericordia, la Chiesa desidera proclamare un messaggio di speranza per il futuro dell'umanità. Esorta con urgenza tutte le persone di buona volontà a unirsi senza paura per edificare la «civiltà dell'amore, fondata sui valori universali di pace, solidarietà, giustizia e libertà» (Tertio Millennio adveniente
TMA 52) e a non scoraggiarsi mai di fronte agli ostacoli o agli insuccessi.

Che Dio benedica voi e le vostre famiglie e orienti i vostri sforzi al servizio della pace, della riconciliazione e della fraternità fra i popoli!


AI VESCOVI DELLA REGIONE APOSTOLICA


DEL QUÉBEC (CANADA),


IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Giovedì, 22 aprile 1999




Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. É con gioia che vi accolgo oggi, voi che siete i Pastori della Chiesa cattolica nella Regione apostolica del Québec, in occasione della vostra visita ad Limina, atto che inscrive le comunità cattoliche diffuse in tutto il mondo nella tradizione bimillenaria della Chiesa e che manifesta la vostra comunione con il Papa e i suoi collaboratori. Saluto cordialmente Monsignor Pierre Morissette, vostro Presidente, e ognuno di voi, soprattutto i due nuovi Vescovi ausiliari di Montréal, così come gli Ordinari maronita e melkita. Il nostro incontro mi permette di raggiungere con il pensiero i sacerdoti e i diaconi, che lavorano con ardore al vostro fianco, le persone consacrate, che sono impegnate nell'apostolato e che hanno una missione particolare di preghiera, e i fedeli laici, che si dedicano con coraggio a servire la Chiesa e la società del loro Paese.

Nei vostri resoconti quinquennali esprimete la vostra gioia di vedere numerose persone partecipare alla missione della Chiesa, ognuna secondo il servizio specifico che le corrisponde. Insieme a voi rendo grazie per questo rinnovato dinamismo delle comunità locali. Ai ministri ordinati, che sono i vostri collaboratori diretti e che portano il fardello quotidiano con fedeltà, trasmettete l'incoraggiamento affettuoso del Successore di Pietro. Ai religiosi e alle religiose, ai laici delle vostre Diocesi ribadite la mia fiducia e la mia stima per quanto realizzano lasciandosi guidare dal Signore.

2. Voi siete la prima Regione apostolica del Canada a compiere quest'anno la visita quinquennale. Con i diversi gruppi di Vescovi del vostro Paese che si succederanno nelle prossime settimane desidero affrontare temi significativi per la Chiesa di oggi, offrendovi alcuni elementi di riflessione, nello spirito di ciò che il Signore ha chiesto a Pietro: «Conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,31). Nei vostri resoconti ricordate la questione dei giovani e la pastorale che vi sforzate di sviluppare in mezzo ad essi. Oggi mi soffermerò su alcuni aspetti di questa missione specifica, senza voler tuttavia delineare un quadro completo delle situazioni locali e delle aspettative della gioventù, che voi conoscete.

3. La Chiesa in Québec ha una ricca tradizione di impegno fra i giovani, che sono la speranza per il futuro (cfr Ecclesia in America, n. 47). Mi rallegro per l'attenzione che viene rivolta alla gioventù, nelle famiglie, nelle parrocchie, negli istituti scolastici o nei movimenti. Rendo omaggio ai vostri sforzi e a quelli di numerosi adulti, sacerdoti, religiosi, religiose, genitori, educatori, per proporre la fede ai giovani, in modo rinnovato e concertato, invitando l'insieme delle comunità locali a mobilitarsi in tal senso, soprattutto nella prospettiva del grande Giubileo e della prossima Giornata mondiale della Gioventù, che avranno luogo a Roma. L'anno giubilare è un'occasione unica per conferire un nuovo slancio alla pastorale della gioventù.

4. Il risveglio alla fede nell'ambito familiare è fondamentale; esso permette al bambino di procedere nella sua ricerca interiore di Dio, Padre di ogni vita, e di scoprire la verità profonda del mistero cristiano. La preghiera in famiglia è anche una grande ricchezza, in quanto offre a ognuno la possibilità di imparare le parole del rapporto filiale con il Signore. Mentre il bambino sviluppa la sua interiorità e diviene capax Dei, come dicono i Padri della Chiesa, la famiglia ha un ruolo insostituibile e specifico per la sua formazione umana e spirituale. La tenera infanzia è un periodo importante per la scoperta dei valori umani, morali e spirituali. Come voi stessi riconoscete, è spesso un'occasione per i genitori d'interrogarsi sulla propria fede, sul loro attaccamento a Cristo e sulla conformità della loro esistenza al Vangelo. In effetti, come possono i genitori rispondere alle domande esigenti dei bambini e rendere conto della speranza che è in loro se non trovano il tempo di approfondire il proprio cammino cristiano, di incontrare Cristo mediante la preghiera, la lettura della Scrittura e la vita ecclesiale? La Chiesa deve aiutare e sostenere le coppie e le famiglie, affinché possano prendere coscienza della loro missione di educatori della fede e realizzarla pienamente.

111 5. Voi mi avete reso partecipe delle difficoltà incontrate nella pastorale degli adolescenti e dei giovani. Sottolineate tuttavia che alcuni adulti si sforzano di accompagnarli con zelo, facendo ricorso a tutte le loro qualità di animatori pastorali e al loro senso ecclesiale. Li incoraggio a non perdersi d'animo se non vedono immediatamente i frutti della loro azione. Che non dimentichino mai che sono strumenti dei quali lo Spirito Santo si serve in modo misterioso! Nella società attuale, che non propone un senso alla loro esistenza, i giovani serbano dentro di sé interrogativi e sofferenze che si esternano attraverso comportamenti personali e sociali che possono sconcertare quanti vivono accanto a loro, soprattutto i fenomeni della violenza e della droga e gli atteggiamenti suicidi. «La giovinezza è il tempo di una scoperta particolarmente intensa del proprio "io" e del proprio "progetto di vita", è il tempo di una crescita che deve avvenire "in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini" (Lc 2,52)» (Christifideles laici CL 46). L'educazione richiede una pazienza infinita e una vicinanza amorevole. Ciò aiuta i giovani ad amarsi e a scoprire di essere amati dagli adulti e, attraverso questi ultimi, da Dio che ha fiducia in loro. Vi invito a sviluppare e a rafforzare la pastorale dei giovani, soprattutto inviando in missione presso di essi persone giovani e particolarmente formate sul piano spirituale, ma anche umano e psicologico, sacerdoti, diaconi, persone consacrate e laici.

La gioventù ha bisogno di educatori e di accompagnatori spirituali competenti, saggi e delicati nel loro modo di guidarli, che si preoccupino di permettere la graduale maturazione delle persone, di seminare la parola di Dio nel loro cuore e di essere al servizio del loro «incontro con Cristo vivente», che «è cammino di conversione, di comunione e di solidarietà» (cfr Ecclesia in America, nn. 7 e 27). In questo ambito è importante che i sacerdoti propongano anche alla gioventù una vita sacramentale salda, in modo particolare il sacramento del perdono. Nell'incontro personale con il ministro di Cristo e mediante la confessione delle proprie colpe, il giovane prenderà coscienza dell'amore del Signore e della risposta che deve dargli, e riverserà il suo fardello sul Signore; imparerà a vivere nella verità, sarà guidato nel cammino e troverà i mezzi per lottare contro il peccato.

6. Desidero inoltre raccomandare ai sacerdoti, alle persone consacrate e ai laici che hanno una competenza in questo ambito, di proporre ai giovani di fare l'esperienza della direzione spirituale, al fine di rileggere le diverse tappe della loro esistenza sotto lo sguardo di Dio, per discernere in esse la sua presenza e per fare la sua volontà, fonte di libertà profonda. L'accompagnamento da parte di un adulto in cui il giovane ha fiducia aiuterà quest'ultimo a superare i momenti interiori più difficili, ad analizzare il proprio comportamento, a creare una scala di valori nelle sue decisioni e a instaurare un rapporto sempre più intimo con Cristo. In questo atteggiamento di vicinanza gli adulti sono al contempo gli interlocutori e i testimoni di cui i giovani hanno bisogno per prospettare serenamente il loro futuro di uomini e di cristiani. Così i giovani potranno ascoltare fiduciosi l'appello di Cristo a prendere il largo (Lc 5,4), oseranno rivelare la loro identità cristiana e saranno missionari presso i loro compagni in una società in cui, come voi dite, si tende a privatizzare la fede e in cui, di conseguenza, la Chiesa ha difficoltà a farsi riconoscere.

Affinché i giovani possano crescere nella fede, è anche opportuno assicurare loro un posto e attribuire loro una parte di responsabilità, non solo in gruppi di coetanei, ma anche in seno alle comunità locali, perché si sentano parte attiva dell'intera Chiesa, che prega, che si riunisce per la celebrazione domenicale, che trae la sua forza dalla vita sacramentale e che vive la carità. I giovani diventeranno così consapevoli del fatto che la società e la Chiesa hanno bisogno di essi e che sono chiamati a servire i loro fratelli, per edificare la civiltà dell'amore.

Nelle vostre Diocesi vengono regolarmente organizzati grandi raduni o gruppi più ristretti per aiutare i giovani a riflettere sulla vita affettiva e sulla vocazione al matrimonio, illustrando loro il significato e il valore della sessualità umana. Rendo omaggio a tutti gli adulti che sono impegnati in questa opera educativa e li invito a proseguire la loro missione, al fine di presentare ai giovani l'insegnamento della Chiesa, che sarà edificante per la loro formazione umana e spirituale. In un mondo in cui la cellula familiare è fragile e ai giovani vengono inferte numerose ferite, in particolare coloro che subiscono le separazioni dei genitori e la formazione di nuovi nuclei familiari, la Chiesa ha il dovere di educarli a una vita affettiva edificata su sani valori umani e morali, affinché domani possano impegnarsi nella vita coniugale, consapevoli delle loro responsabilità e della missione che ciò rappresenta nei confronti del coniuge e dei figli.

7. Nel corso dell'infanzia e dell'adolescenza le comunità cristiane e gli educatori devono essere attenti a sviluppare una catechesi organica, affinché i giovani possano conoscere le linee fondamentali del mistero cristiano. In questo spirito, è importante dare un seguito ai sacramenti dell'iniziazione cristiana, affinché i bambini possano vivere una vita spirituale ed ecclesiale profonda che li aiuterà nel corso della loro esistenza. Invito i fedeli a mobilitarsi costantemente per trasmettere la fede e i valori cristiani ai bambini. La loro formazione non può consistere unicamente in un apprendimento di materie scientifiche e tecniche. Essa deve includere le dimensioni antropologica, morale e spirituale, per edificare la personalità dei giovani. Richiamo l'attenzione di tutti coloro che hanno una funzione educativa in istituti di insegnamento confessionale, affinché la specificità e l'identità cattoliche, che sono una ricchezza, non vadano perse né vengano nascoste.

8. Fra le dimensioni principali del ministero del Vescovo vi è la pastorale delle vocazioni sacerdotali, che è opportuno organizzare e sviluppare costantemente, grazie a sacerdoti e a laici saldi e dinamici, preoccupandosi di affidare ad alcuni sacerdoti giovani un ruolo attivo in tale ambito, in quanto possono essere modelli ed esempi e sono i più vicini alle generazioni di cui condividono l'età e la mentalità. Essi mostreranno che il ministero presbiterale è fonte di gioia e di equilibrio. La pastorale delle vocazioni richiede anche l'impegno di tutti i protagonisti delle Chiese locali. Si tratta di seminare la Parola di Dio nel cuore dei ragazzi, di risvegliare in essi il desiderio di seguire Cristo e di trasmettere ampiamente la chiamata del Signore, proponendo «in modo esplicito e forte la vocazione al presbiterato come una reale possibilità per quei giovani che mostrano di avere i doni e le doti ad essa corrispondenti » (Pastores dabo vobis PDV 39). É opportuno anche far scoprire l'impegno radicale che tutto ciò presuppone, mediante il dono di se stessi a Cristo, nel celibato, per il servizio dei fratelli. Eventuali confusioni che indebolirebbero il vincolo fra il sacerdozio e il celibato non possono essere che dannose per la sana ricerca dei giovani e per il loro futuro impegno sacerdotale. Sono lieto che in alcune Diocesi esistano seminari minori nei quali i giovani, mentre proseguono i loro studi classici, possono porsi realmente la questione di una vocazione sacerdotale. Sono vivai di vocazioni, che non bisogna assolutamente trascurare. Invito pertanto tutti i sacerdoti a prestare attenzione ai giovani, a risvegliare le vocazioni e a proporre loro senza paura la via del sacerdozio.

9. Gesù invita alcuni giovani, uomini e donne, a seguirlo in modo più esclusivo e a dedicarsi totalmente a Lui nella vita religiosa, per offrire al mondo una testimonianza che «verterà innanzitutto sull'affermazione del primato di Dio e dei beni futuri, quale traspare dalla sequela e dall'imitazione di Cristo casto, povero e obbediente, totalmente votato alla gloria del Padre e all'amore dei fratelli e delle sorelle» (Vita consecrata VC 85). Questo appello di Cristo alla vita consacrata è una testimonianza eloquente per il mondo di oggi, ricordando che la vera felicità proviene da Cristo e che la libertà della persona umana non può essere separata dalla verità né da Dio (cfr Ibidem, nn. 87-91). Esorto i religiosi e le religiose a mostrare ai giovani che una vita totalmente offerta in un amore radicale a Cristo e alla sua Chiesa rende felici.

10. Vi incoraggio a continuare ad animare le forze vive della Chiesa in Québec affinché tutti, nelle famiglie, nelle parrocchie, negli istituti scolastici, nei movimenti, collaborino alla missione di camminare accanto ai giovani, di accompagnarli nella loro crescita, di proporre loro la fede attraverso le loro ricerche affinché scoprano, nella gioia, la Bontà del Padre, si alimentino della Buona Novella di Gesù Cristo e si lascino guidare dalla Forza dello Spirito Santo. Potranno così aprirsi alla chiamata che il Signore rivolge loro a partecipare all'opera della Creazione e all'opera della Redenzione, nella fraternità e nella solidarietà, e dunque a scoprire che la loro vita ha un senso, che vale la pena impegnarsi nel sacerdozio, nella vita consacrata o nel matrimonio, adoperarsi per conseguire il bene comune nel mondo, partecipare di tutto cuore alla comunione della Chiesa e alla sua missione.

11. Al termine del nostro incontro, vi incoraggio a proseguire la vostra missione episcopale, invitandovi a continuare le vostre collaborazioni fraterne e a sostenervi nel ministero: così le vostre Chiese diocesane saranno più unite e si aiuteranno vicendevolmente, per accogliere le sfide che vi vengono poste come comunità incentrate su Gesù Cristo, in dialogo con il mondo.

Portate i saluti del Successore di Pietro a tutti i vostri collaboratori e al popolo di Dio che è stato affidato alla vostra sollecitudine e, in modo particolare, trasmettete ai giovani il mio affetto. Invocando l'intercessione materna della Vergine Maria, vi imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica che estendo a tutti i vostri diocesani.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


ALL’AGESCI IN OCCASIONE DEL 25° ANNIVERSARIO


DI FONDAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE




112 Al Reverendissimo Signore
Mons. DIEGO COLETTI
Assistente Ecclesiastico Generale dell'AGESCI

1. In occasione della riunione del Consiglio generale dell'AGESCI, che avrà luogo a Bracciano nel 25° anniversario di fondazione dell'Associazione, mi unisco spiritualmente a tutti i partecipanti all'incontro, facendo pervenire un cordiale messaggio alla benemerita Famiglia delle Guide e degli Scout Cattolici Italiani, ispirato da sentimenti di stima e di affetto.

Ricordare venticinque anni di storia costituisce un motivo di ringraziamento a Dio per il cammino percorso ed un'occasione propizia per un bilancio dell'esperienza accumulata. Mi piace richiamare qui quanto ebbi a scrivere in occasione della Route Nazionale del 2 agosto 1997 che, cioè, ogni membro dell'AGESCI deve guardare avanti e "come una sentinella scrutare l’orizzonte per discernere tempestivamente le frontiere sempre nuove verso cui lo Spirito del Signore vi chiama" (Messaggio all'Assistente Ecclesiastico Generale dell'AGESCI, 2 agosto 1997: L'Osservatore Romano, 10 agosto 1997, p. 4).

2. Mi rivolgo a voi, carissimi Capi e Responsabili, Guide e Scout, per ricordare che la prima frontiera verso cui tendere è la nuova evangelizzazione. Con il vostro inconfondibile stile e con il vostro specifico metodo educativo, annunciate sulle strade del mondo la verità del Vangelo, mediante la fedele adesione a Cristo e al suo eterno messaggio di salvezza. Occorre, a tal fine, saper coniugare l'amicizia con Lui e la fedeltà alla sua parola con lo sforzo di comprendere le situazioni reali in cui si trova la gioventù d'oggi.

Si delinea così per la vostra Famiglia associativa un altro traguardo da raggiungere: è la cosiddetta "sfida educativa", espressione a voi familiare. Anche da questo punto di vista, il metodo scout mostra la sua peculiare genialità e la sua attualità, perché i percorsi educativi e gli itinerari di formazione alla fede e alla vita diventano oggi sempre più complessi. Essi richiedono da parte degli educatori una preparazione sempre più qualificata e pertinente. In particolare, occorre saper ascoltare e coinvolgere la persona in crescita, invitarla ad accogliere una proposta chiara e forte, capace di far appello alla sua libertà ed alla sua coscienza critica.

Carissimi Capi educatori ed Assistenti Ecclesiastici, non abbiate timore di proporre ai giovani i grandi ideali, poiché lo Scoutismo è palestra per l'allenamento alle virtù difficili. Dinanzi agli occhi dei ragazzi e delle ragazze che incontrate ponete la figura del Cristo: il suo eroismo e la sua santità. E voi, in qualità di Capi e Responsabili, non mancate mai di essere per loro di esempio, di sostegno e di valido incoraggiamento.

Altro obiettivo a cui mirare è quello di un mondo più umano, più giusto e più sereno, alla cui edificazione lavorare insieme con tutte le forze sane della società. E', questa, una sfida che possono adeguatamente affrontare solo uomini e donne consapevoli e liberi, illuminati dal Vangelo, formati alla partecipazione attiva e alla responsabile condivisione in campo civile. In questo contesto, si presenta oggi, con drammatica attualità, la necessità di educare la gioventù alla pace. So che, in merito, le Guide e gli Scout Cattolici Italiani operano con lodevole sensibilità e possono iscrivere al loro attivo un'azione assidua ed incisiva a favore della "cultura della pace" e della "civiltà dell'amore".

3. Ecco delineate tre frontiere, tre mete da perseguire: l'evangelizzazione, la sfida educativa e la costruzione di un mondo di pace. Nel vostro Patto Associativo sono evidenziate alcune preziose indicazioni per raggiungerle. Formulo cordiali auspici affinché, in modo sempre più efficace e coerente, l'AGESCI possa camminare verso il futuro, proseguendo sul sentiero delineato da questo vostro Patto.Se vi sforzerete nel perseverare in queste tre prospettive, non solo sarete in linea con gli ideali che hanno mosso l'AGESCI nei suoi venticinque anni di vita, ma potrete offrire sempre più e sempre meglio la vostra collaborazione alle diocesi ed alle parrocchie nelle varie opere di promozione spirituale e sociale e soprattutto nel campo, che vi è proprio, dell'educazione.

La celebrazione del 25° di fondazione coincide con la fine del secondo millennio dell'era cristiana, alla vigilia del Grande Giubileo del 2000. Anche questo costituisce un incoraggiamento e un invito alla speranza. La conversione dei cuori ed il rinnovato slancio di testimonianza cristiana, che ogni credente deve attendersi dalle celebrazioni giubilari, siano per ciascuno di voi stimolo a prepararvi bene a quest'importante appuntamento dello Spirito.

113 Vi guidi e vi accompagni nel vostro quotidiano itinerario la Vergine della Strada. Vi protegga san Giorgio, Patrono della vostra Associazione. E vi sia di conforto la Benedizione Apostolica che vi imparto di cuore, volentieri estendendola a tutti i membri dell'Associazione ed alle rispettive famiglie.

Dal Vaticano, 23 aprile 1999

IOANNES PAULUS PP. II



ALL’INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA


“PAOLO VI, UNA LUCE PER L’ARTE”


Venerdì, 23 aprile 1999




Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Illustri Signori e Signore!

1. Con grande gioia do oggi il benvenuto a tutti voi, che siete intervenuti all'inaugurazione della mostra "Paolo VI, una luce per l'arte", iniziata nel Museo del Duomo di Milano ed ora ospitata dai Musei Vaticani in questo Braccio di Carlo Magno. Ringrazio in particolare, il Signor Cardinale Edmund Casimir Szoka per le cordiali parole con cui ha interpretato i sentimenti di tutti i presenti.

La bella iniziativa, che oggi prende il via grazie al generoso impegno di numerose persone, consentirà di ammirare, per alcune settimane, diverse opere d’arte, che ricordano il mio venerato predecessore, il Servo di Dio Papa Paolo VI, a poco più di cento anni dalla sua nascita e nel venticinquesimo anniversario della fondazione della Collezione d'arte religiosa moderna da lui voluta. Questi due avvenimenti sono stati di recente commemorati con la mostra Papst Paul VI und die Sammlung religioser Kunst des 20. Jahrunderts, inaugurata a Würzburg nel gennaio del 1998, proseguita a Paderborn e conclusa a Regensburg nel luglio successivo.

Questa Esposizione vuole illustrare il grande amore che l'indimenticabile Pontefice ha nutrito per l'arte e l'importanza che l'arte stessa ha rivestito nel suo ministero petrino. Basti pensare alla già menzionata collezione d'arte religiosa moderna aperta il 23 giugno 1973. L'arduo compito di collocare oltre settecento opere, donate da artisti e collezionisti, in poche stanze all'interno dei Palazzi Vaticani, fu allora risolto recuperando alcuni ambienti precedentemente adibiti a depositi e abitazioni. Le cinquantacinque sale utilizzate allo scopo furono ordinate con un itinerario inserito nel nucleo delle antiche residenze dei Papi, da Niccolò III a Sisto V. Questo itinerario si distende dalle Stanze di Raffaello nell'Appartamento Borgia, abitazione di Alessandro VI, affrescata dal Pinturicchio e dalla sua scuola dal 1492 al 1495, fino alla Cappella Sistina, così che al fascino dell'arte si unisce anche la suggestione storica.

2. E' utile qui ricordare che l'apertura di tale interessante collezione sigillò un'iniziativa avviata il 7 maggio 1964, quando Paolo VI aveva voluto incontrare un gruppo di artisti. In quell'occasione erano stati attentamente considerati e ricapitolati i motivi e le cause, come egli amava dire, di un'"amicizia turbata" tra la Chiesa e gli artisti. Al riguardo, le sue parole furono quanto mai esplicite: "Noi dobbiamo lasciare alle vostre voci il canto libero e potente di cui siete capaci" (Paolo VI, Discorso agli artisti, 7 maggio 1964: AAS 56 [1964],441).

Al suo invito per una più stretta intesa fra Chiesa e Arte aderirono non pochi artisti, collezionisti, enti privati e pubblici. Vennero costituiti comitati in varie Nazioni, sapientemente coordinati da Mons. Pasquale Macchi, allora suo segretario particolare.


GP2 Discorsi 1999 108