GP2 Discorsi 1999 154


AI NUOVI AMBASCIATORI


IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE COLLETTIVA


DELLE LETTERE CREDENZIALI


Sala Clementina - Giovedì, 20 maggio 1999




Eccellenze,

mi è grato accogliervi oggi nel Palazzo Apostolico e ricevere le Lettere che vi accreditano come Ambasciatori straordinari e plenipotenziari dei vostri rispettivi Paesi presso la Santa Sede: Ucraina, Australia, Yemen, Malta, Barbados, Principato di Monaco, Islanda, Thailandia. Desidero ringraziarvi vivamente per i cordiali messaggi che mi avete trasmesso da parte dei vostri Capi di Stato. Vi sarei grato se porgeste loro i miei deferenti saluti e i miei cordiali auguri per la loro persona e per l'alta missione che svolgono al servizio del loro popolo. Il nostro incontro è per me un'occasione per salutare i responsabili delle vostre nazioni, così come i vostri compatrioti, e di porgere i miei saluti ferventi ai cattolici dei vostri Paesi, che s'impegnano a partecipare a tutti gli ambiti della vita con i loro concittadini.

In questa circostanza solenne, desidero lanciare nuovamente, per vostro tramite, un appello a tutte le Nazioni affinché, in tutti i Continenti, le Autorità civili e l'insieme degli uomini di buona volontà perseguano e intensifichino i propri sforzi a favore della pace, della cooperazione, della solidarietà e dell'intesa fra i popoli. Conoscete l'impegno della Sede Apostolica in questi ambiti, perché le armi tacciano e lascino il posto ai negoziati, affinché ogni Paese, nel rispetto del diritto, sia assistito nella messa in atto delle sue istituzioni e venga aiutato nell'integrazione delle diverse culture e etnie che lo compongono. In effetti, non si può concepire uno Stato come una realtà che rifiuta una parte della sua popolazione, in base a criteri che conducono alla segregazione. I Responsabili della società sono chiamati ad essere attenti alle condizioni di un «vivere bene insieme», affinché la fraternità prevalga sull'odio e sulla violenza.

Spetta a noi preparare una terra abitabile per le generazioni future, dando ai giovani motivi per sperare e per impegnarsi nella gestione della città, fondando la loro azione sui principi fondamentali di giustizia, probità e rispetto delle persone. Parimenti, è opportuno far scoprire agli uomini del nostro tempo, soprattutto ai giovani, i valori morali e spirituali che consentono di percepire il senso della propria esistenza e il senso della storia, e che sono motori della vita interiore e della vita sociale.

Mentre cominciate la vostra missione, vi porgo i miei migliori auguri e invoco su voi l'abbondanza delle Benedizioni divine, così come sulle vostre famiglie, sui vostri collaboratori e sulle nazioni che rappresentate.




A S.E. IL SIGNOR JAMES FARRUGIA


NUOVO AMBASCIATORE DI MALTA PRESSO LA SANTA SEDE


Giovedì, 20 maggio 1999




Signor Ambasciatore,

155 Rispondo volentieri al Suo saluto con le parole di nostro Signore che, come Ella ha ricordato, costituiscono l'augurio rinnovato in ogni celebrazione eucaristica: "La pace sia con voi!". La pace sia con Lei, Signor Ambasciatore, con le Chiese di Malta e di Gozo e con tutto il Popolo maltese!

Ho potuto più volte ripetere questo saluto ai Maltesi nove anni fa, in occasione della mia visita pastorale a quel caro Paese. In verità, siamo vicini all'anniversario di quei giorni indimenticabili del maggio 1990, quando ebbi la grazia, Signor Ambasciatore, di soggiornare e pregare nella Sua Patria, ricordata già negli Atti degli Apostoli. San Paolo naufrago e gli altri scampati alla tempesta vi furono ricevuti "con rara umanità": "il «primo» dell'isola, chiamato Publio", li accolse ed ospitò "con benevolenza" e, quando partirono, i Maltesi li "fornirono di tutto il necessario" (cfr
Ac 28,2-10).

La tradizione fa risalire a quel soggiorno di Paolo l'inizio della Chiesa di Malta e della fede dei Maltesi in Gesù Cristo. Questa fede si è sviluppata ed ha perseverato vigorosamente fino ad oggi, rafforzata dalle numerose prove e difficoltà affrontate nel corso dei secoli.

Ho avvertito questa fede, pregando con i Maltesi nella con-Cattedrale di San Giovanni, nel Santuario di Mellieha, nello stadio con i giovani, nella Grotta di San Paolo, nel Santuario della Madonna di "Ta' Pinu" e sull'isola di San Paolo.

Questa stessa fede è espressa nelle centinaia di chiese, piccole e monumentali che, costruite spesso con il sacrificio di persone semplici, caratterizzano molte strade cittadine o campestri dell'Isola.

E' la stessa fede che mi auguro costituisca la motivazione autentica delle tante e belle feste dei Santi che, radicate nella tradizione del Popolo maltese e celebrate anche con particolare impegno esteriore, si presentano come occasioni propizie per una seria catechesi e per un'autentica crescita nella vita cristiana.

Ella, Signor Ambasciatore, ha fatto cenno a grandi valori morali e civili, quali la pace, la vita e la famiglia. In particolare vorrei sottolineare l'importanza della famiglia, piccola Chiesa, dove, insieme con la vita, ha inizio e si sviluppa il germe della fede e dove si educano i figli a seguire la legge di Dio. Oggi l'istituto familiare è sottoposto a forti attacchi in varie parti del mondo. Anche in Malta si sta diffondendo una mentalità che rischia di contaminare i sani convincimenti della popolazione al riguardo. Proprio per questo l'Episcopato maltese ha preso di recente posizione sull'argomento mediante una pubblica dichiarazione, nella quale ha ribadito i principi di diritto naturale su cui poggia questa istituzione fondamentale ed ha ricordato che "famiglie stabili e unite sono il bene più importante e prezioso di una Nazione".

Esse sono anche un valore essenziale per la Chiesa. Nella famiglia, infatti, nascono e maturano le vocazioni all'impegno laicale come anche quelle al sacerdozio ed alla vita religiosa, ancora oggi numerose in Malta. E' un'immensa grazia ed una gioia, per la Chiesa e per l'intero Popolo di Malta, poter rinnovare quella stessa generosità dimostrata al naufrago Paolo. Malta può offrire sacerdoti, religiosi e religiose ad altre Chiese che ne hanno bisogno. Auguro che lo spirito missionario dell'Apostolo Paolo continui ad essere sempre più vivo nel cuore di tutta la popolazione dell'Isola.

Auspico, altresì, che cresca il numero di Maltesi capaci di distinguersi nella vita consacrata e nello zelo pastorale, quali fedeli interpreti della fede, della religiosità popolare e dello spirito missionario. Quanto è augurabile che la Chiesa che è in Malta, insieme con le comunità ecclesiali del mondo intero, possa gioire per il riconoscimento dell'eroicità e della santità di non pochi suoi figli!

Malta, nel centro del Mediterraneo, è, oggi più che mai, luogo di incontro tra popolazioni e culture diverse. Il noto spirito di accoglienza che caratterizza la gente maltese rafforza questa vocazione dell'Isola ad essere sede di confronto e di dialogo. E' un ruolo importante, che i Maltesi e le loro Autorità possono svolgere per la conoscenza e la comprensione tra i popoli, favorendo la pace e la cooperazione culturale, scientifica ed economica. E' questo l'augurio che il Papa formula con speranza e amore grande verso il popolo di Malta.

Signor Ambasciatore, Ella ha anche accennato alle relazioni tra le Istituzioni civili e la Chiesa che è in Malta. Grazie a Dio, esse sono ottime e ispirate al desiderio di un dialogo costruttivo, continuo e leale. Si tratta di un atteggiamento già ben sperimentato e che, negli anni passati, ha favorito il superamento di alcune difficoltà e la conclusione di proficui Accordi bilaterali. Sono certo che questo stesso spirito continuerà a caratterizzare i rapporti futuri tra la Sede Apostolica e la Nazione maltese.

156 L'assicuro, Signor Ambasciatore, che, da parte della Chiesa, questo desiderio di collaborazione è costante. Esso è anche testimoniato dalla cordialità con la quale ricevo oggi ed accolgo le Lettere Credenziali che La accreditano come Ambasciatore della Repubblica di Malta presso la Santa Sede. Questo stesso sentimento di cordialità si estende, attraverso la Sua persona, al Popolo di Malta, alle Autorità ed al neo-eletto Capo di Stato, Sua Eccellenza il Signor Guido de Marco.

Per questo Suo nuovo incarico di Ambasciatore, che corona una lunga vita dedicata al servizio del Suo Paese, ricoprendo importanti incarichi pubblici, Le presento i miei auguri più calorosi e La benedico insieme con i Suoi cari e con l'intero Popolo maltese.

SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


ALLA DELEGAZIONE UFFICIALE


DELL’EX- REPUBBLICA JUGOSLAVA DI MACEDONIA


Sabato, 22 maggio 1999




Caro Primo Ministro,
Cari Amici,

Ogni anno la Festa degli Apostoli degli Slavi, Cirillo e Metodio, porta una Delegazione dall'Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia a Roma, per onorare le reliquie di San Cirillo nella Chiesa di San Clemente. In tale occasione è per me un piacere incontrarvi, voi che rappresentate la vita civile e religiosa del vostro Paese.

Ormai da molte settimane, voi e il vostro popolo siete coinvolti in una terribile crisi che giorno dopo giorno sta provocando sofferenze indicibili, morte e distruzione nei Balcani, lasciando centinaia di migliaia di esseri umani addolorati per la perdita di membri della loro famiglia, dei loro beni e dei loro diritti umani fondamentali. Nonostante le enormi difficoltà, il vostro Paese è diventano un porto sicuro per molti rifugiati e voi state cercando, coraggiosamente e generosamente, di alleviare il loro dolore e la loro disgrazia.

Esprimendo a voi e ai vostri concittadini il mio apprezzamento personale e quello della Chiesa, faccio nuovamente appello con tutto il mio cuore ai responsabili affinché si ponga fine alla violenza e ci si impegni in un dialogo aperto e sincero, volto a creare una base giusta e duratura per l'intesa e la pace. Prego sinceramente affinché, grazie all'intercessione dei due santi Fratelli, l'intera regione riscopra la comunione fraterna di tutti i suoi popoli, cosicché, una volta superate la violenza e la sfiducia attuali, possa essere per il resto dell'Europa e per il mondo un chiaro esempio di giusta e pacifica convivenza nel rispetto reciproco e nella libertà.

Cari fratelli, auspico che il vostro pellegrinaggio vi infonda forza e coraggio nel servire il bene comune del vostro popolo. Dio benedica il vostro Paese e i suoi abitanti!

SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


ALLA DELEGAZIONE UFFICIALE DELLA BULGARIA


Lunedì, 24 maggio 1999




Signor Primo Ministro,
Eccellenza,
Cari Amici,

157 È con gioia che accolgo la vostra Delegazione Bulgara che ogni anno viene a Roma per onorare i santi Cirillo e Metodio, il cui ricordo è particolarmente vivo nel vostro Paese e in tutta la regione.

Grazie alla presenza qui oggi di Pastori cattolici e ortodossi, «vediamo chiaro che il retaggio dei fratelli di Salonicco è e resta . . . più profondo e più forte di qualunque divisione » (Slavorum apostoli, n. 25) dimostrando che le due tradizioni, occidentale e orientale, sono nate in seno all'unica Chiesa di Cristo. In effetti, i santi Cirillo e Metodio hanno contribuito a istituire e a diffondere la fede e la cultura cristiane nel mondo slavo; fedelmente uniti al Successore di Pietro, hanno donato ai diversi popoli un ricco patrimonio, che tutti si sono impegnati a conservare con fervore nel corso dei secoli, soprattutto grazie alla presenza attiva delle correnti monastiche e della pietà popolare. Possa il culto dei santi Cirillo e Metodio, ai quali manifestate il vostro profondo attaccamento con la vostra presenza a Roma contribuire a far crescere la fede del vostro popolo, così come la fraternità in Cristo e la solidarietà verso tutti gli uomini!

Nell'annunciare il Vangelo, i santi fratelli si sono mostrati rispettosi dei valori umani e morali autentici e della diversità culturali, lasciando a ogni popolo la propria originalità e aprendo la vita all'unità fra culture diverse. Si sono inoltre impegnati a risvegliare nei loro contemporanei la consapevolezza di essere uomini di apertura, accoglienti verso tutti. Così facendo, sono stati in un certo senso i promotori di un'Europa unita e di una pace profonda fra tutti gli abitanti del continente, mostrando le fondamenta di una nuova arte di vivere insieme, nel rispetto delle differenze, che non sono assolutamente un ostacolo all'unità. Auspico che questi grandi santi della vostra terra siano modelli di vita umana e cristiana per tutti i Bulgari, chiamati a impegnarsi sempre più, accanto ai loro fratelli della regione, sulla via della pace e della riconciliazione, apportando così un considerevole contributo all'edificazione dell'Europa delle Nazioni.

Al termine del nostro incontro, vi ringrazio vivamente per la vostra cordiale visita; formulo voti ferventi per la vostra Delegazione, per mezzo della quale rivolgo i miei cordiali auguri alle Autorità e al popolo bulgari, assicurandoli della preghiera fervente del Vescovo di Roma. Affidando tutti voi all'intercessione dei santi Cirillo e Metodio, prego il Signore affinché vi conceda i benefici delle sue Benedizioni.

SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AI MEMBRI DEL CENTRO CULTURALE “GIOVANNI PAOLO II”


DI DETROIT (STATI UNITI D’AMERICA)


Giovedì, 27 maggio 1999




Eminenza,
Cari Amici,

sono lieto di accogliervi di nuovo in Vaticano quest'anno. Ringrazio il Cardinale Maida poiché mi tiene informato sui costanti progressi del Centro ed esprimo la mia gratitudine a quanti sostengono la sua missione di promozione del dialogo e di arricchimento reciproco fra il mondo della fede e quello della cultura.

Il Centro è sorto grazie alla ferma convinzione della Chiesa che soltanto il mistero di Gesù Cristo getta piena luce sul mistero dell'uomo e può dunque fornire un saldo fondamento al progresso autentico della famiglia umana nella giustizia, nella pace e nella solidarietà. Vent'anni fa, all'inizio del mio Pontificato, tracciai le linee che la Chiesa nel nostro tempo è chiamata a seguire, in fedeltà al Concilio Vaticano II, per compiere la sua missione nel mondo.

«La Chiesa desidera servire quest'unico fine: che ogni uomo possa ritrovare Cristo, perché Cristo possa, con ciascuno, percorrere la strada della vita, con la potenza di quella verità sull'uomo e sul mondo, contenuta nel mistero dell'Incarnazione e della Redenzione, con la potenza di quell'amore che da essa irradia» (Redemptor hominis RH 13). Oggi, mentre la Chiesa si avvicina al Terzo Millennio dell'Incarnazione, prego affinché il Centro, con la sua attività intellettuale, artistica e culturale, contribuisca a far sì che la ricca tradizione e l'esperienza della Chiesa affrontino le grandi questioni etiche e umane che stanno plasmando il futuro della vostra società.

Cari amici, che il vostro pellegrinaggio in questa città, nella quale gli Apostoli Pietro e Paolo hanno reso la loro estrema testimonianza di Cristo Risorto, vi conduca a un'unione più profonda con il Signore e la sua Chiesa! Che la Madre amorevole del Redentore ci guidi tutti nel corso del pellegrinaggio verso il grande Giubileo e fino alla pienezza di vita nel Regno di Dio!

158 A voi e alle vostre famiglie imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI ALLA VIIª ASSEMBLEA NAZIONALE


DEL MOVIMENTO ECCLESIALE DI IMPEGNO CULTURALE (MEIC)


Al Venerato Fratello

AGOSTINO SUPERBO

Assistente Generale dell’Azione Cattolica Italiana

1. In occasione della VIIª Assemblea Nazionale del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale (MEIC), che avrà luogo ad Assisi dal 28 al 30 maggio prossimi, desidero far giungere a Lei, Venerato Fratello, all’Assistente Centrale, Mons. Pino Scabini, al Presidente Nazionale, Prof. Lorenzo Caselli, ed agli intervenuti il mio beneaugurante e cordiale saluto, unitamente alle espressioni del mio apprezzamento e del mio incoraggiamento.

Con questo importante appuntamento, il MEIC, che nel nome nuovo raccoglie la benemerita tradizione dei “Laureati cattolici” e gli ideali mai sopiti dei fondatori, l’allora Mons. Giovanni Battista Montini, poi Papa Paolo VI di venerata memoria, e il Prof. Igino Righetti, si interroga su come esercitare alle soglie del nuovo Millennio in continuità con la sua storia una responsabilità culturale assunta come vocazione di “carità d’intelligenza”.

L’incessante accelerazione dei ritmi della storia, la crisi delle culture, le sfide poste da alcune scuole di pensiero e da una mentalità che ignora sempre più l’antropologia cristiana esigono un rinnovato annuncio del Vangelo che, come ricordava il mio venerato predecessore Paolo VI, consiste fondamentalmente nel mettere la Parola di Dio nella circolazione dell’umano discorso (cfr Paolo VI, Ecclesiam suam, AAS 56 (1964), 664). La nuova evangelizzazione, compito urgente della Chiesa contemporanea, impegna il MEIC a prendersi cura della cultura, perché essa sia vivificata dal fermento del Vangelo, attraverso la via del rispetto dell’intelligenza e della competenza nelle ricerca della verità; della coltivazione dei vari saperi alla luce della Rivelazione studiata con passione; di una partecipazione senza riserve ai fini essenziali della Chiesa, in piena comunione con i Pastori; del dialogo paziente e convinto in atteggiamento di cordiale apertura verso ogni interlocutore. Tale impegno, che può contare sulla promettente presenza dei giovani e sulla ricca esperienza di quanti da lungo tempo fanno parte del Sodalizio, mira innanzitutto a suscitare la coscienza di essere “pietre vive” di un edificio spirituale più grande, dove si possono gustare i frutti di riconciliazione e di pace che il prossimo Anno giubilare celebra e, in certa misura, anticipa (cfr 1P 2,5).

2. Nell’opportuna ricerca di nuovi approcci culturali per meglio rispondere alle sfide del presente, occorre che sia custodita inalterata la finalità del vostro Sodalizio, che, come ebbi a dire nell'incontro del 16 gennaio 1982, consiste nel “pensare e promuovere la cultura in stretta connessione con la fede che professate, operare una vera sintesi fra la fede e la cultura. E’ questa la vostra missione specifica a cui non vi potete mai sottrarre né come uomini di cultura né come credenti, dal momento che tale sintesi è un’esigenza sia della cultura che della fede” (Insegnamenti V/1, PP 129-130).

Conseguentemente, andrà coltivato con particolare cura il carattere ecclesiale laicale, che, oltre a qualificare la presenza del MEIC nei moderni areopaghi culturali e professionali, ne garantisce l’identità di movimento di persone mature nella fede, corresponsabili dell'opera dell'evangelizzazione, in unione d’intenti con altre esperienze ecclesiali, specialmente con l’Azione Cattolica Italiana. In proposito, molto gioverà al Movimento l’assiduo apporto degli assistenti ecclesiastici, segno del legame con il Vescovo e con il Magistero della Chiesa.

Le finalità e l’identità del MEIC troveranno in uno stile di vita radicato nel Vangelo e sperimentato nella ricerca scientifica e nel servizio ai fratelli, la più alta garanzia di autenticità e la capacità di far tesoro del passato per aprirsi coraggiosamente al futuro.

Nel realizzare la loro precipua vocazione, i membri del MEIC saranno guidati ed incoraggiati da tanti testimoni fedeli a Dio e all’uomo, alcuni dei quali elevati agli onori degli altari: da san Giuseppe Moscati ai beati Contardo Ferrini e Piergiorgio Frassati, dal servo di Dio Paolo VI a Giuseppe Lazzati, Vico Necchi, Italia Mela, Vittorio Bachelet e ai non pochi uomini e donne che hanno preso sul serio l’imperativo: “Diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta; poiché sta scritto: Voi sarete santi, perché io sono santo” (1P 1,15-16).

3. Il tema della VIIª Assemblea nazionale: “Testimonianza del Vangelo e stili di vita. La responsabilità culturale del MEIC” assume, pertanto, un singolare carattere di attualità.

159 Di fronte ai limiti ed ai rischi di una complessità frammentata, di una eclissi della ragione critica, di una crescente separazione tra fede e ragione, è necessario compiere un continuo sforzo di analisi e di sintesi di quanto dev'essere il paziente e a volte sofferto contributo del credente nel mondo della cultura. Esso esige la conoscenza dei molteplici stili di vita presenti nel contesto attuale, il contatto reale con la società ed il confronto con i diversi ambienti, culture e situazioni.

Questo compito va assunto da persone che non solo individualmente, ma coralmente abbiano l’abilità di mediare, di discernere, e di creare sintonia tra poli culturali differenti, aiutando la cultura laica a stare in quell’orizzonte veritativo che consenta all’uomo la suprema attuazione di sé (cfr Fides et ratio, 107).

Interpretare le domande della società italiana, assumere le questioni più radicali che inquietano le coscienze e, nel contempo, si appellano al mistero di Dio, impegnarsi a tessere il paziente equilibrio che richiede la “compenetrazione di città terrena e città celeste”, percepita nella fede e destinata a consolidare la stessa vita civile rendendola più umana (cfr Gaudium et spes
GS 40): ecco l’apporto del MEIC al Progetto culturale orientato in senso cristiano della Chiesa in Italia!

Per servire in maniera sempre più incisiva la Chiesa e la città dell’uomo, il MEIC è chiamato ad arricchire la sua diaconia alla verità con i tratti della creatività e dello sforzo di restare sempre nella prospettiva sapienziale che porta alla sorgente vivificante: il Signore Gesù dal quale vengono la verità e la grazia (cfr Jn 1,17).

Le Chiese locali e la stessa Comunità nazionale potranno ricevere così un significativo contributo per la promozione di una nuova cultura aperta ai grandi valori umani e cristiani.

4. Formulo voti che l’Assemblea di Assisi costituisca per il MEIC un momento di rinnovata fedeltà, di proficua ricerca e di coraggiosa progettualità e che in tale prospettiva l’imminente Grande Giubileo dell’Anno santo 2000 sia per tutti i suoi aderenti un'occasione per incontrare Cristo e trovare in lui “il vero criterio per giudicare la realtà temporale e ogni progetto che mira a rendere la vita dell’uomo sempre più umana” (Incarnationis mysterium, 1).

Con tali auspici, mentre invoco la materna intercessione della Vergine Sapiente, che insegna a leggere la storia alla luce dell’amore sempre nuovo del Padre, di cuore imparto a Lei, Venerato Fratello, ai Responsabili del MEIC, ai partecipanti all’Assemblea ed all’intero Movimento l’implorata Benedizione Apostolica, apportatrice della luce e della benevolenza divine.

Dal Vaticano, 27 Maggio 1999.

IOANNES PAULUS



AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO PROMOSSO DAL CONSORZIO


RADIOTELEVISIONI LIBERE LOCALI (CO.RA.L.LO)


Sala Clementina - Venerdì, 28 maggio 1999




Cari operatori delle radio e delle televisioni locali!

1. Benvenuti! Sono lieto di accogliervi in occasione del Convegno del Co.Ra.L.Lo (Consorzio Radiotelevisioni Libere Locali), durante il quale intendete riflettere sul tema "Identità e globalizzazione". Grazie per questa vostra visita, che vuole rinnovare la vostra fedele adesione al Magistero della Chiesa ed al Successore di Pietro. Vi saluto tutti con affetto.

160 Voi operate in un settore di grande rilievo sociale e pastorale. Incontrando nei giorni scorsi l'Episcopato italiano durante la sua annuale Assemblea, ho sottolineato quanto sia opportuno che ci si impegni a rendere sempre più incisiva la presenza cristiana nell'ambito della comunicazione sociale. La vostra partecipazione all'odierno incontro, così numerosa e qualificata, testimonia e conferma il desiderio che vi anima di contribuire, in piena comunione con la Chiesa, alla diffusione del Vangelo. Grande infatti è il servizio che i media possono svolgere affinché arrivi a tutti, vicini e lontani, l'annuncio della salvezza.

2. Fin dalla sua nascita il Consorzio a cui aderite ha operato per sostenere e coordinare le emittenti locali, che ispirano il loro servizio ai valori cristiani. La comunicazione sociale diventa ogni giorno più complessa e assume un ruolo sempre più importante nella formazione della mentalità e nella costruzione della società civile. La stessa opera di evangelizzazione, in cui la Chiesa è particolarmente coinvolta alle soglie del terzo millennio, trova nell'uso dei media un percorso fondamentale e imprescindibile.

Il vostro impegno, pertanto, non può essere considerato marginale o settoriale, anche perché la comunicazione è diventata come l'anima che dà forma alla cultura del nostro tempo. Ma proprio perché anima, non può prescindere dalle sue responsabilità nei confronti del senso e del valore della vita. Talora la comunicazione rischia di coprire con l'irruenza delle immagini e dei suoni il vuoto, la povertà dei messaggi e l'assenza di validi riferimenti etici. Di fronte a simile comunicazione che preferisce avere ricettori inermi più che protagonisti attivi, per stordire più che aiutare a riflettere, è quanto mai urgente offrire, con competenza e creatività, un supplemento di motivazioni e di contenuti, per realizzare una rete di comunicazione al servizio del bene.

3. Alla luce di queste pur brevi considerazioni, è facile comprendere che non sono pochi i problemi che ogni giorno accompagnano il vostro lavoro. Il vostro Consorzio da anni si batte per una regolamentazione dell'emittenza radiotelevisiva che tenga conto di tutti i soggetti e, in primo luogo, dell'iniziativa locale con pari dignità e diritti rispetto a quella nazionale e internazionale.

Il rapido sviluppo tecnologico dell'epoca moderna potrebbe far pensare al superamento della dimensione locale. Ma non è così. Se, infatti, la comunicazione globale offre nuove opportunità per lo scambio tra i popoli e le nazioni, possono però insorgere nuove e più sottili forme di monopolio mediatico, sostenute da forti interessi commerciali. Quando gli strumenti della comunicazione sociale sono dissociati da un chiaro contesto sociale ed umano, i modelli da essi veicolati risultano in prevalenza massificati ed individualistici, facilmente in antitesi con il vero bene della persona, della famiglia e della comunità locale.

All'interno di questo scenario diventa quanto mai utile la vostra presenza per riaffermare l'identità culturale delle comunità locali e del loro territorio con particolare riferimento alla tradizione cristiana e alla diffusione del Vangelo. Il processo di globalizzazione risulterà tanto più valido e utile quanto più saprà valorizzare le realtà locali con il loro patrimonio di identità storica e culturale. Trova qui una peculiare e concreta applicazione il principio di sussidiarietà. Il legislatore è chiamato a coniugare le esigenze dell'emittenza a carattere nazionale con quelle della locale al fine di realizzare una piena integrazione. In questo contesto deve essere riaffermato, in primo luogo, il ruolo dell'emittenza di servizio, di cui le radio e le televisioni cattoliche sono una consolidata attuazione.

4. La Chiesa segue con grande attenzione questo processo, persuasa che una maggiore integrazione tra l'emittenza locale e quella nazionale è di grande aiuto per l'evangelizzazione via etere, e su questa strada si è mossa in Italia, avviando un progetto di televisione e di radio satellitare. Mentre mi compiaccio per i risultati raggiunti, rinnovo qui l'auspicio che si intensifichi sempre più una cordiale collaborazione ed un sostegno reciproco fra tutti i mezzi di comunicazione di ispirazione cristiana, nazionali e locali. E' necessario, altresì, favorire la crescita d'interesse circa l'importanza della comunicazione sociale per la vita e la missione della Chiesa.

Cari operatori, conosco quanta dedizione e quante energie richiede la gestione dei mezzi di comunicazione sociale. Il vostro è un campo difficile e in continua evoluzione, che richiede preparazione e professionalità; domanda rispetto delle persone e zelo apostolico, maturità spirituale che si alimenta di preghiera e di fedeltà alla Chiesa.

Siamo ormai alle porte del Grande Giubileo del Duemila. La diffusione e la straordinaria potenza dei media potranno contribuire a far risuonare dappertutto il messaggio del grande evento giubilare.

Il mio auspicio, avvalorato dalla preghiera, è che voi vi facciate interpreti, in modo creativo e con il linguaggio specifico di ciascun mezzo di comunicazione, delle risposte che il Vangelo dà alle ansie ed alle domande dell'uomo di oggi, affinché ognuno possa intraprendere un vero cammino di conversione e procedere con gioia verso la casa del Padre.

Affido questi voti alla materna intercessione di Maria, Stella dell'evangelizzazione, mentre di cuore tutti vi benedico.




ALLA COMUNITÀ ACCADEMICA


DELLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ DELLA SANTA CROCE


161
Sala Clementina - Sabato, 29 maggio 1999




Illustri Autorità accademiche e Docenti,
gentile personale tecnico-amministrativo,
carissimi studenti!

1. Sono lieto di accogliervi in occasione del quindicesimo anno di vita dell'Ateneo della Santa Croce, che dal 15 luglio scorso ha ottenuto il titolo di Pontificia Università. Grazie per la vostra visita! Con grande cordialità saluto ciascuno di voi, cari professori, giovani universitari e personale amministrativo e tecnico. Ringrazio in modo particolare il Gran Cancelliere, Mons. Javier Echevarría, Prelato dell'Opus Dei, per le parole che a nome di tutti ha voluto gentilmente indirizzarmi.

La vostra Università, nata dallo zelo apostolico del Beato Josemaria Escrivá, si propone di ricercare e promuovere la verità con onestà intellettuale e rispetto della Rivelazione. Come tale, essa si sente al servizio della Chiesa, chiamata in questo nostro tempo ad un più coraggioso sforzo missionario, nella prospettiva del terzo millennio.

2. Rilevo con apprezzamento che la vostra Università, rispondendo ad un preciso bisogno del mondo contemporaneo, quello di introdurre, con competenza professionale e senso ecclesiale, il mondo della pubblica opinione e dei moderni mass media ad una sempre più adeguata comprensione della ricchezza che promana dalla vita della Chiesa, ha progettato la Facoltà di Comunicazione Sociale Istituzionale, con il compito di formare in modo specifico persone in grado di collaborare con i Vescovi, con le Conferenze Episcopali e con altre Istituzioni ecclesiali nel trasmettere la retta informazione sulla Chiesa mediante i mezzi di comunicazione sociale. Si tratta di un'iniziativa che tiene conto delle attuali esigenze della comunicazione. Auspico di cuore che questo vostro sforzo possa favorire la diffusione e l'inculturazione del Vangelo, lieto annuncio di autentica liberazione, ad ogni livello della vita sociale e civile.

Vorrei poi ricordare anche l'inserimento nella vostra Università dell'Istituto Superiore di Scienze Religiose all'Apollinare, creato anni fa con grande lungimiranza dal Cardinale Pietro Palazzini. Con la sua peculiare metodologia a distanza, questa vostra struttura offre l'opportunità di una formazione accademica ed ecclesiale agli incaricati dell'insegnamento della religione nella scuola, della catechesi nelle parrocchie e delle diverse modalità di apostolato.

3. Lo stemma della vostra Università riprende un disegno del Beato Josemaría Escrivá e ricorda il senso del vostro lavoro. Il suo elemento centrale è una croce greca, le cui braccia terminano in punte di freccia. Sembra così che la Croce sia come in tensione verso ogni direzione, protesa ad abbracciare l'umanità e l'intero universo. Accanto alla Croce si leggono le parole Iesus Christus, Deus Homo.Quale significativa sintesi dell'orientamento dell'attività didattica e della ricerca! La Croce è la suprema rivelazione del mistero del Verbo incarnato, perfectus Deus, perfectus homo (cfr Simbolo Quicumque). Nel suo amore ineffabile, Cristo crocifisso rivela, in modo sconvolgente, l'infinita misericordia del Padre verso gli uomini di ogni tempo.

La sapienza della Croce è luce che rischiara il senso dell'esistenza umana. A ragione sant'Agostino parla della Croce come della cattedra del divino Maestro: "Lignum illud ubi erant fixa membra morientis, etiam cathedra fuit magistri docentis" (In Ioann. Ev.
EV 119,2, CCL 36,658). È da questa cattedra che riceviamo la sublime lezione dell'amore di Dio per noi. I limiti della scienza vengono paradossalmente superati dalla fede nell'Uomo-Dio inchiodato alla Croce e risuscitato dal Padre. A noi spetta di non discostarci da questa cattedra. Solo così troveremo, come amava ripetere il Beato Josemaría Escrivá, "Lux in Cruce, gaudium in Cruce, requies in Cruce": la luce, la gioia, la pace che scaturiscono dal disegno salvifico. Solo lasciandosi immergere dallo Spirito Santo nel mistero di Cristo, il pensiero teologico s'illumina di sapienza e giunge a comprendere in pienezza il senso della Croce, itinerario di salvezza dell'uomo, di purificazione del cuore e della mente.

4. In questo tempo in cui talora si assiste alla dispersione del sapere e ad una diffusa sfiducia nella capacità della ragione di attingere la verità, ho ritenuto opportuno pubblicare la recente Enciclica Fides et ratio, un testo da approfondire in modo particolare da quanti operano nelle facoltà di scienze ecclesiastiche. Essa, come pure la Veritatis splendor con cui si pone in continuità, rappresenta un orientamento fecondo per il lavoro di quanti si dedicano allo studio della teologia, delle scienze sacre e della filosofia. È in Cristo, Dio e Uomo, che rifulge la perfetta armonia tra natura e grazia. Questo meraviglioso equilibrio ha portato nei secoli innumerevoli frutti di conoscenza. I diversi saperi settoriali hanno ancora bisogno della luce della teologia, accompagnata da una filosofia sapienziale di portata autenticamente metafisica.

162 La contemplazione dell'unione dell'umano e del divino in Cristo, in particolare in Cristo crocifisso, non mancherà di aiutarvi ad integrare le diverse categorie della conoscenza, a coltivare l'interdisciplinarietà e ad aprirvi alla verità tutt'intera. In questo compito vi sarà inoltre di valida guida san Tommaso d'Aquino, nella cui riflessione "l'esigenza della ragione e la forza della fede hanno trovato la sintesi più alta che il pensiero abbia mai raggiunto, in quanto egli ha saputo difendere la radicale novità portata dalla Rivelazione senza mai umiliare il cammino proprio della ragione» (Fides et ratio, 78).

5. Carissimi, vi incoraggio a proseguire nell'impegno intrapreso di approfondimento dottrinale, vivificato dal costante anelito alla santità. Quanti frequentano la vostra Università possano essere aiutati ad affrontare le sfide che la cultura e l'odierna società pongono alla fede; siano aiutati ad essere apostoli della nuova evangelizzazione, docili allo Spirito Santo, fedeli al Magistero della Chiesa.

Maria, Sede della Sapienza, vi protegga sempre e sia il porto sicuro per quanti dedicano la loro vita alla ricerca della verità.

Con tali sentimenti, di gran cuore vi benedico.



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