GP2 Discorsi 1999 168

PAROLE DI GIOVANNI PAOLO II


IN OCCASIONE DELL'INAUGURAZIONE


DEL PARCHEGGIO DEL GOVERNATORATO


DELLO STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO


Mercoledì, 2 giugno 1999

Signori Cardinali,

Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

169 Vi saluto cordialmente e sono lieto di inaugurare, quest'oggi, il nuovo Parcheggio della Città del Vaticano. Ringrazio il Cardinale Edmund Casimir Szoka, Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, per le cordiali parole con cui ha illustrato la nuova realizzazione: un'opera di cui si sentiva sicuramente bisogno.

Compiendo un breve sopralluogo all'esterno e nei tre piani interrati di cui è composto il Parcheggio, ho avuto modo di rendermi conto della sua funzionalità e soprattutto di come esso sia stato progettato e costruito nel pieno rispetto dell'impatto ambientale. Lo spazio verde non è stato ridotto ed evidenti migliorie sono state apportate allo stesso arredo del piano stradale. La costruzione, poi, ben s'innesta nel complesso del paesaggio, unendo insieme efficienza ed armonie di linee.

Formulo, pertanto, complimenti e felicitazioni a tutti coloro che hanno collaborato alla progettazione ed alla costruzione dell'opera. Essa viene incontro ad una duplice esigenza: assicurare, da un lato, locali adeguati per lo stazionamento delle autovetture e, dall'altro, rispondere alla crescente richiesta di parcheggi per autoveicoli, nella vita di ogni giorno e specialmente in particolari circostanze.

Esprimo, pertanto, viva soddisfazione per questo nuova struttura. Essa viene ad aggiungersi all'altra grande opera, la Domus Sanctae Marthae, e contribuisce a rendere più accogliente e funzionale la Città del Vaticano, mantenendo intatta ed, anzi, arricchendo la sua peculiare fisionomia artistica ed ambientale.

Ben volentieri mi unisco a tutti voi nel benedire e rendere grazie al Signore, che ha reso possibile questa nuova funzionale realizzazione. Invochiamo, inoltre, con fede la costante protezione divina su questo stabile, sulle vetture che vi saranno parcheggiate e soprattutto sulle persone che a vario titolo vi entreranno. Su tutti e ciascuno, per intercessione di Maria, materna Custode della Città del Vaticano, scenda la benedizione di Dio, apportatrice di celesti favori.



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO INTERNAZIONALE


DEI MOVIMENTI E DELLE NUOVE COMUNITA’ ECCLESIALI


Carissimi Fratelli e Sorelle!


1. L'amore di Dio Padre, la grazia del Signore nostro Gesù Cristo e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi!

Con queste parole saluto tutti voi, che partecipate al Convegno internazionale dei movimenti e delle nuove comunità ecclesiali, che si sta svolgendo a Speyer. Un saluto particolare rivolgo a S.E. Mons. Anton Schlembach, che vi ha generosamente accolti nella sua diocesi, a Sua Eminenza il Cardinale Miloslav Vlk, ed agli altri Vescovi e sacerdoti, amici dei movimenti, che vi accompagnano in questi giorni. Un caro pensiero va ai promotori del Convegno: Chiara Lubich, Andrea Riccardi e Salvatore Martinez.

Avete voluto ritrovarvi insieme, rappresentanti di vari movimenti e nuove comunità, un anno dopo l'incontro organizzato dal Pontificio Consiglio per i Laici in Piazza San Pietro, alla vigilia di Pentecoste del 1998. Quell'evento è stato un dono grande per tutta la Chiesa. In un clima di fervente preghiera, abbiamo potuto sperimentare la presenza dello Spirito Santo. Una presenza resa tangibile dalla "testimonianza comune", che i movimenti hanno saputo dare di intesa profonda e di unità nel rispetto della diversità di ciascuno. E' stata una significativa epifania della Chiesa, ricca dei carismi e dei doni che lo Spirito non cessa di elargirle.

2. Ogni dono del Signore, voi lo sapete bene, interpella la nostra responsabilità e non può non tramutarsi in impegno per un compito da osservare fedelmente. E' proprio questa, del resto, la motivazione fondamentale del Convegno di Speyer. Ascoltando ciò che lo Spirito dice alle Chiese (cfr Ap 2,7) alla vigilia del Grande Giubileo della Redenzione, voi volete assumervi direttamente ed insieme con gli altri movimenti la responsabilità del dono ricevuto quel 30 maggio 1998. Il seme, sparso in abbondanza, non può andare perduto, ma deve produrre frutto all'interno delle vostre comunità, nelle parrocchie e nelle diocesi. E' bello e dà gioia vedere come i movimenti e le nuove comunità sentano l'esigenza di convergere nella comunione ecclesiale, e si sforzino con gesti concreti di comunicarsi i doni ricevuti, di sostenersi nelle difficoltà e di cooperare per affrontare insieme le sfide della nuova evangelizzazione. Sono, questi, segni eloquenti di quella maturità ecclesiale che auspico caratterizzi sempre più ogni componente ed articolazione della comunità ecclesiale.

3. Lungo questi anni ho avuto modo di constatare quanto importanti siano i frutti di conversione, di rinascita spirituale e di santità che i movimenti recano alla vita delle Chiese locali. Grazie al dinamismo di queste nuove aggregazioni ecclesiali, tanti cristiani hanno riscoperto la vocazione radicata nel Battesimo e si sono dedicati con straordinaria generosità alla missione evangelizzatrice della Chiesa. Per non pochi è stata l'occasione di riscoprire il valore della preghiera, mentre la Parola di Dio è diventata il loro pane quotidiano e l'Eucaristia il centro della loro esistenza.

170 Nell'Enciclica Redemptoris missio ricordavo, come novità emersa in non poche Chiese nei tempi recenti, il grande sviluppo dei "movimenti ecclesiali", dotati di dinamismo missionario: «Quando si inseriscono con umiltà nella vita delle Chiese locali e sono accolti cordialmente da Vescovi e sacerdoti nelle strutture diocesane e parrocchiali - scrivevo - i movimenti rappresentano un vero dono di Dio per la nuova evangelizzazione e per l'attività missionaria propriamente detta. Raccomando, quindi, di diffonderli e di avvalersene per ridare vigore, soprattutto tra i giovani, alla vita cristiana e all'evangelizzazione, in una visione pluralistica dei modi di associarsi e di esprimersi» (n. 72).

Auguro di cuore che il Convegno di Speyer sia per ciascuno di voi e per tutti i vostri movimenti un'occasione di crescita nell'amore di Cristo e della sua Chiesa, secondo l'insegnamento dell'apostolo Paolo, che esorta ad aspirare «ai carismi più grandi» (
1Co 12,31).

Affido i lavori del vostro incontro a Maria, Madre della Chiesa, e vi accompagno con le mie preghiere, mentre a ciascuno di voi ed alle vostre famiglie imparto una speciale Benedizione.

Dal Vaticano, 3 Giugno 1999.

IOANNES PAULUS PP. II





AI PARTECIPANTI ALLA XIV ASSEMBLEA PLENARIA


DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA


Venerdì, 4 giugno 1999

Signori Cardinali,

Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Illustri Membri del Pontificio Consiglio per la Famiglia,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. E' motivo di grande gioia per me ricevervi in occasione della quattordicesima Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia e dell'Incontro di riflessione sul tema "Paternità di Dio e Paternità nella Famiglia", di così rilevante importanza teologica e pastorale. Vi saluto tutti con affetto e, in modo particolare, saluto coloro che partecipano per la prima volta ad un incontro convocato dal vostro Dicastero. Ringrazio il Presidente, il Signor Cardinale Alfonso López Trujillo, per le gentili parole che mi ha rivolto a nome di tutti.

Il tema della paternità, da voi scelto per l'attuale Plenaria, fa riferimento al terzo anno di preparazione al Grande Giubileo, dedicato appunto al Padre del Signore nostro Gesù Cristo. E' un tema su cui mette conto riflettere, dal momento che oggi la figura del padre nell'ambito della famiglia rischia di essere sempre più latente o addirittura assente. Alla luce della paternità di Dio, "da cui ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome" (Ep 3,45), la paternità e la maternità umane acquistano tutto il loro senso, la loro dignità e grandezza. "La paternità e maternità umane, pur essendo biologicamente simili a quelle di altri esseri in natura, hanno in sé in modo essenziale ed esclusivo una «somiglianza» con Dio, sulla quale si fonda la famiglia, intesa come comunità di vita umana, come comunità di persone unite nell'amore (communio personarum)" (Gratissimam sane, 6).

171 2. Sentiamo ancora viva nell'animo l'eco della recente celebrazione della Pentecoste, che ci porta a proclamare con speranza l'affermazione di san Paolo: "Tutti quelli infatti che sono figli di Dio sono guidati dallo Spirito di Dio" (Rm 8,14). Lo Spirito Santo, come è l'anima della Chiesa (cfr Lumen Gentium LG 7), così deve esserlo anche della famiglia, piccola chiesa domestica. Deve essere per ogni nucleo familiare interiore principio di vitalità e di energia, che mantiene sempre ardente la fiamma dell'amore coniugale nella reciproca donazione dei coniugi.

E' lo Spirito Santo che ci conduce al Padre celeste e fa sorgere dai nostri cuori la preghiera fiduciosa e giubilante: "Abbà, Padre!" (Rm 8,15 Ga 4,6). La famiglia cristiana è chiamata a distinguersi quale ambito di preghiera condivisa, in cui con la libertà di figli ci si rivolge a Dio chiamandolo con l'affettuoso appellativo di "Padre nostro!". Lo Spirito Santo ci aiuta a scoprire il volto del Padre come modello perfetto della paternità nella famiglia.

Da qualche tempo si stanno reiterando gli attacchi contro l'istituzione familiare. Si tratta di attentati tanto più pericolosi ed insidiosi in quanto disconoscono il valore insostituibile della famiglia fondata sul matrimonio. Si giunge a proporre false alternative ad essa e se ne sollecita il riconoscimento legislativo. Ma quando le leggi, che dovrebbero essere al servizio della famiglia, bene fondamentale per la società, si rivolgono contro di essa, acquistano un'allarmante capacità distruttiva.

Così in alcuni Paesi si vogliono imporre alla società le cosiddette "unioni di fatto", rafforzate da una serie di effetti legali che erodono il senso stesso dell'istituzione familiare. Le "unioni di fatto" sono caratterizzate dalla precarietà e dall'assenza di un impegno irreversibile, che generi diritti e doveri e rispetti la dignità dell'uomo e della donna. Si vuole dare, invece, valore giuridico ad una volontà lontana da ogni forma di vincolo definitivo. Con tali premesse, come si può sperare in una procreazione veramente responsabile, che non si limiti a dare la vita, ma comprenda anche quella formazione ed educazione che solo la famiglia può garantire in tutte le sue dimensioni? Simili impostazioni finiscono per porre in grave pericolo il senso della paternità umana, della paternità nella famiglia. Ciò accade in vari modi quando le famiglie non sono ben costituite.

3. Quando la Chiesa espone la verità sul matrimonio e la famiglia non lo fa solo in base ai dati della Rivelazione, ma anche tenendo conto dei postulati del diritto naturale, che stanno a fondamento del vero bene della società stessa e dei suoi membri. Infatti, non è insignificante per i bambini nascere ed essere educati in un focolare costituito da genitori uniti in un'alleanza fedele.

E' ben possibile immaginare altre forme di relazione e di convivenza tra i sessi, ma nessuna di esse costituisce, nonostante il contrario parere di alcuni, un'autentica alternativa giuridica al matrimonio, quanto piuttosto un suo depotenziamento. Nelle cosiddette "unioni di fatto" si registra una più o meno grave carenza di impegno reciproco, un paradossale desiderio di mantenere intatta l'autonomia della propria volontà all'interno di un rapporto che pur dovrebbe essere relazionale. Ciò che nelle convivenze non matrimoniali manca è, insomma, l'apertura fiduciosa a un futuro da vivere insieme, che spetta all'amore attivare e fondare e che è specifico compito del diritto garantire. Manca, in altre parole, proprio il diritto, non nella sua dimensione estrinseca di mero insieme di norme, ma nella sua più autentica dimensione antropologica di garanzia della coesistenza umana e della sua dignità.

Inoltre, quando le "unioni di fatto" rivendicano il diritto all'adozione, mostrano chiaramente di ignorare il bene superiore del bambino e le condizioni minime a lui dovute per un'adeguata formazione. Le "unioni di fatto" tra omosessuali, poi, costituiscono una deplorevole distorsione di ciò che dovrebbe essere la comunione di amore e di vita tra un uomo e una donna, in una reciproca donazione aperta alla vita.

4. Oggi, soprattutto nelle nazioni economicamente più ricche, si diffonde, da una parte, la paura di essere genitori e, dall'altra, la non curanza per il diritto che hanno i figli di essere concepiti nel contesto di una donazione umana totale, presupposto indispensabile per la loro crescita serena ed armoniosa.

Viene così affermato un presunto diritto alla paternità-maternità ad ogni costo, di cui si cerca l'attuazione attraverso mediazioni di carattere tecnico, che comportano una serie di manipolazioni non moralmente lecite.

Un'ulteriore caratteristica del contesto culturale in cui viviamo è la propensione di non pochi genitori a rinunciare al loro ruolo per assumere quello di semplici amici dei figli, astenendosi da richiami e correzioni, anche quando ciò sarebbe necessario per educare nella verità, pur con ogni affetto e tenerezza. E' opportuno, quindi, sottolineare che l'educazione dei figli è un dovere sacro ed un compito solidale dei genitori, sia del padre che della madre: esige il calore, la vicinanza, il dialogo, l'esempio. I genitori sono chiamati a rappresentare nel focolare domestico il Padre buono dei cieli, l'unico modello perfetto a cui ispirarsi.

Paternità e maternità, per volere di Dio stesso, si pongono in un rapporto di intima partecipazione al suo potere creatore ed hanno, di conseguenza, un'intrinseca relazione reciproca. Ho scritto, al riguardo, nella Lettera alle Famiglie: "La maternità implica la paternità e, reciprocamente, la paternità implica la maternità: è questo il frutto della dualità elargita dal Creatore all'essere umano sin dal principio" (Gratissimam sane, 7).

172 E' anche per questo motivo che il rapporto tra l'uomo e la donna costituisce il fulcro dei legami sociali: esso, mentre è la sorgente di nuovi esseri umani, collega strettamente tra loro i coniugi, divenuti una sola carne e, per mezzo di essi, le rispettive famiglie.

5. Carissimi Fratelli e Sorelle, mentre vi ringrazio per l'impegno con cui lavorate a difesa della famiglia e dei suoi diritti, vi assicuro il mio costante ricordo nella preghiera. Iddio renda fecondi gli sforzi di quanti, in ogni parte del mondo, si dedicano a questa causa. Faccia sì che la famiglia, baluardo a tutela della stessa umanità, possa resistere ad ogni attacco.

Con tali sentimenti, mi è gradito, in questa occasione, rinnovare un caldo invito alle famiglie, perché partecipino al Terzo Incontro Mondiale con le Famiglie, che si terrà a Roma, nel contesto del Grande Giubileo del 2000. Questo invito lo dirigo altresì alle associazioni e ai movimenti, specialmente a quelli pro vita e pro-familia.Alla luce del mistero di Nazaret approfondiremo insieme la paternità e la maternità sotto l'ottica del tema che ho scelto per l'occasione: "I figli, primavera della famiglia e della società". Grande e nobile è la missione dei padri e delle madri, chiamati, mediante un atto di amore, a collaborare col Padre celeste alla nascita di nuovi esseri umani, figli di Dio.

La Madonna, Madre della Vita e Regina della Famiglia, renda ogni focolare domestico, ad immagine della Famiglia di Nazaret, luogo di pace e di amore.

Vi sia di conforto anche la mia benedizione, che volentieri imparto a voi qui presenti ed a quanti nel mondo intero hanno a cuore le sorti della famiglia.



VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (5-17 GIUGNO 1999)

CERIMONIA DI BENVENUTO


Aeroporto di Rebiechowo (Gdansk) - Sabato, 5 giugno 1999



Signor Presidente della Repubblica di Polonia,
Signor Cardinale Primate,
Signor Arcivescovo Metropolita di Gdansk,

1. Rendo grazie alla Divina Provvidenza di potermi incontrare per la settima volta, come pellegrino, con i miei connazionali e provare così la gioia di visitare la mia cara Patria. Abbraccio con il cuore tutti e ciascuno: tutta la terra polacca, tutti i suoi abitanti. Ricevete da me il saluto d’amore e di pace. Il saluto di un vostro connazionale, che viene per un bisogno del cuore e porta la benedizione di Dio che “è amore” (1Jn 4,8).

Saluto il Signor Presidente ed insieme lo ringrazio per le cordiali parole rivoltemi a nome delle Autorità di Stato della Repubblica di Polonia. Saluto i Signori Cardinali, Arcivescovi e Vescovi. Al Signor Cardinale Primate rivolgo un sincero grazie per le parole di benvenuto. Saluto tutta la Chiesa in Polonia: i presbiteri, i consacrati, gli studenti dei seminari maggiori e tutti i fedeli, e in modo particolare coloro che soffrono, gli infermi e le persone sole. Vi chiedo di pregare affinché il mio servizio nella Patria porti gli attesi frutti spirituali.

173 2. Il mio pellegrinaggio in Patria è quasi un prolungamento di quello precedente, del 1997. Lo inizio sulle coste del Baltico, a Gdansk dove si sono compiute grandi opere e importanti eventi della storia della nostra Nazione. Qui, infatti, nel 997, Sant’Adalberto terminò la sua missione apostolica. Due anni fa mi fu dato di iniziare con solennità il Giubileo del millennio della sua morte per martirio. Egli è il Patrono della diocesi di Gdansk, perciò dirigo a questa città i miei primi passi.

La testimonianza del martirio di Adalberto divenne germe che genera santità. Da mille anni la Chiesa serve fedelmente questo mistero di grazia nella terra dei Piast e desidera continuare a svolgere efficacemente tale servizio, imitando il suo unico Maestro e Signore. Perciò tende sempre a rinnovarsi affinché, in tutti i tempi sia riconoscibile sul suo volto l’immagine di Cristo, “testimone insuperabile di amore paziente e di umile mitezza” (Tertio millennio adveniente,
TMA 35). Un tale rinnovamento si proponeva il Concilio Vaticano II, che sotto l'impulso dello Spirito Santo indicò alla Chiesa le vie lungo le quali camminare al termine del secondo millennio, per portare nel mondo contemporaneo l’eterno mistero di un Dio che ama. Il secondo Sinodo Plenario della Chiesa in Polonia, inaugurato l’8 giugno 1991 a Varsavia, che chiuderemo durante questo pellegrinaggio, ha il compito di rendere sempre attuale questo insegnamento conciliare, affinché l’iniziato rinnovamento interiore del Popolo di Dio in terra polacca, possa continuare e compiersi fruttuosamente, contribuendo ad una nuova primavera dello spirito a misura dei tempi verso i quali camminiamo.

Mentre volge lo sguardo al futuro, la Chiesa conferma allo stesso tempo la propria identità formata nel corso di due millenni mediante delle sue figlie e dei suoi figli allo Spirito Santo. Questa identità acquista un’espressione particolare nella vita dei santi testimoni del mistero dell’amore di Dio. Le beatificazioni che avranno luogo, durante il presente pellegrinaggio, a Warszawa e a Torun, e la canonizzazione a Stary Sacz, mostreranno la grandezza e la bellezza della santità della vita e la potenza dell’azione di Dio nell’uomo. Sia benedetto Dio che “è amore” per tutti i frutti di questa santità, per tutti i doni dello Spirito di questo millennio che sta per terminare.

C’è ancora un motivo, molto importante, di questo pellegrinaggio. Quest’anno celebriamo il millennio dell’istituzione, da parte del papa Silvestro II, della metropoli indipendente di Gniezno, composta da quattro diocesi: Gniezno, Kolobrzeg, Wroclaw e Kraków. In un certo senso, questo fu il primo frutto in terra polacca della morte per martirio di Sant’Adalberto. La nazione, da poco battezzata, iniziò la sua peregrinazione attraverso la storia insieme ai suoi Pastori - Vescovi delle nuove diocesi. Per la Chiesa in Polonia e per tutta la nazione fu un grande evento, la cui memoria celebreremo a Kraków.

3. Sono lieto perché questo pellegrinaggio in patria inizia a Gdansk, una città che è entrata per sempre nella storia della Polonia, dell’Europa, e forse persino del mondo. E' qui infatti che si fece sentire in modo particolare la voce delle coscienze che invocavano il rispetto della dignità dell’uomo, specialmente del lavoratore, la voce che reclamava la libertà, la giustizia e la solidarietà fra gli uomini. Questo grido delle coscienze destate dal sonno è risuonato con tanta forza da aprire lo spazio per la sospirata libertà, che è divenuta e continua a rimanere per noi un grande compito e una sfida per l’oggi e per il futuro. Proprio a Gdansk nasceva una Polonia nuova, di cui oggi godiamo tanto e di cui siamo orgogliosi. Constato con letizia che il nostro Paese ha fatto grandi progressi sulla via dello sviluppo economico. Grazie allo sforzo di tutti i suoi cittadini la Polonia può guardare con speranza al futuro. E’ un Paese che si è conquistato negli ultimi anni un particolare riconoscimento e il rispetto delle altre nazioni del mondo. Per tutto ciò sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo. Prego incessantemente affinché lo sviluppo materiale del Paese vada di pari passo con il suo sviluppo spirituale.

4. Vengo da voi alla vigilia del Grande Giubileo dell’Anno 2000. Vengo come un pellegrino dai figli e dalle figlie della mia Patria con parole di fede, speranza e carità. Al tramonto di questo millennio ed insieme alla soglia dei tempi nuovi che verranno, voglio meditare insieme ai miei connazionali il grande mistero dell’amore di Dio, e lodare Dio che “è amore”. Egli infatti “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Jn 3,16). Insieme a voi mi chino su questo ineffabile mistero del divino amore e della divina misericordia.

Desidero tanto che mediante il mio ministero pastorale, durante il presente pellegrinaggio, il divino messaggio dell’amore giunga ad ogni famiglia e in ogni casa, a tutti i miei connazionali che abitano in Polonia o fuori dei suoi confini, ovunque si trovino.

“La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti noi” (cfr. 2Co 13,13) in questi giorni di pellegrinaggio e per sempre.

VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (5-17 GIUGNO 1999)


PER LA BENEDIZIONE DELLA


NUOVA CHIESA DEL SANTUARIO MARIANO


Santuario della Madonna di Lichen - Lunedì, 7 giugno 1999



1. “E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1,45).

Come pellegrino mi presento oggi al Santuario di Lichen e saluto Maria con le parole di Elisabetta: “E beata colei che ha creduto”. Dal testo di Luca evangelista veniamo a sapere che la casa di Elisabetta si riempì di gioia. Grazie alla luce concessa dall’alto, Elisabetta comprende la grandezza di Maria che è “piena di grazia”, e perciò “benedetta fra le donne” (cfr. Lc Lc 1,42), poiché porta nel suo grembo Gesù - il Salvatore del mondo. La scena della visitazione ci diventa particolarmente vicina qui, in questo luogo, tanto amato da Maria. Ogni santuario, infatti, è in qualche senso la casa di Elisabetta, che viene visitata dalla Madre del Figlio di Dio, per essere accanto al suo popolo amato.

174 2. Fratelli e Sorelle, rendo grazie alla Divina Provvidenza perché sul percorso del mio pellegrinaggio in Patria c’è proprio questo Santuario. Ringrazio di potervi incontrare su questo colle bello e pittoresco, tra campi e boschi, per benedire il nuovo tempio in onore della Madre di Dio. Guardo con ammirazione questa grande costruzione la quale, nella sua ricchezza architettonica è espressione di fede e di amore per Maria e per il suo Figlio. Siano rese grazie a Dio per questo tempio! La gratitudine è dovuta anche ai custodi di questo Santuario - i Padri Mariani che, da anni, ne hanno cura e servono fedelmente i pellegrini. Il tempio è sorto proprio per loro iniziativa. Ringrazio anche i costruttori e tutti coloro che con le loro offerte hanno sostenuto e sostengono questa grande opera. Saluto cordialmente il vescovo Monsignor Bronislaw, Pastore della diocesi di Wloclawek, nel cui territorio si trova questo Santuario. Saluto il vescovo ausiliare, il vescovo emerito, il clero e i pellegrini giunti da varie parti della Polonia.

3. Volgiamo il nostro sguardo verso Colei “che ha creduto”. Maria ha creduto che si sarebbe avverato quanto le era stato detto dal Signore. Ha creduto sulla parola di Dio che Lei, Vergine, avrebbe concepito e dato alla luce un Figlio. L’atto di fede di Maria ricorda la fede di Abramo, che agli albori dell’Antica Alleanza credette in Dio. Ecco la grandezza e la perfezione della fede di Maria, dinanzi alla quale Elisabetta pronunzia parole di stupore. Chiamando Maria “benedetta fra le donne”, indica che essa ha ottenuto la benedizione grazie alla fede. L’esclamazione di Elisabetta, piena di stupore, è per noi un’esortazione affinché sappiamo apprezzare tutto ciò che la presenza di Maria porta nella vita di ogni credente.

4. Riuniti oggi per questa preghiera mattutina nel Santuario di Lichen, ai piedi della nostra Madre Dolorosa, imploriamoLa tutti - vescovi, sacerdoti, consacrati e laici -di intercedere a nostro favore presso il suo Figlio, impetrando per noi:

Una fede viva, che da granello di senape diventi l’albero della vita divina.
Una fede, che ogni giorno si nutre di preghiera, si rafforza con i santi sacramenti ed attinge dalla ricchezza del Vangelo di Cristo.
Una fede forte, che non teme difficoltà, sofferenza o insuccesso, perché poggia sulla convinzione che “nulla è impossibile a Dio” (cfr
Lc 1,37).
Una fede matura, senza riserve, una fede che coopera con la santa Chiesa in un’ autentica edificazione del Corpo mistico di Cristo.
Ti ringraziamo, Maria, perché incessantemente ed immancabilmente ci guidi verso Cristo.

Madre del Divin Figlio, veglia su di noi, veglia sulla nostra incrollabile fedeltà a Dio, alla Croce, al Vangelo e alla santa Chiesa, come hai fatto sin dagli albori della nostra storia cristiana. Difendi questa nazione che da mille anni cammina sulle strade del Vangelo. Fa sì che viviamo, cresciamo e perseveriamo nella fede fino alla fine.

Ave, Figlia di Dio Padre,
Ave, Madre del Figlio di Dio,
175 Ave, Sposa dello Spirito Santo,
Tempio della Santissima Trinità. Amen.



VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (5-17 GIUGNO 1999)


AI RETTORI DEI CENTRI ACCADEMICI


Aula Magna dell'Università «Nicolò Copernico» (Torun) - Lunedì, 7 giugno 1999



Cari ed Illustrissimi Signori e Signore,
Rettori Magnifici, Decani e Professori - Operatori della scienza in Polonia!

1. Sono molto lieto perché sul percorso del mio pellegrinaggio attraverso la terra patria, mi viene di nuovo dato di incontrami con voi, uomini di scienza, rappresentanti delle istituzioni accademiche di tutta la Polonia. E’ un fatto molto eloquente che questi incontri con il mondo della scienza siano ormai diventati parte integrante dei viaggi del Papa su tutti i continenti. Sono infatti momenti di una particolare testimonianza. Parlano del profondo e molteplice legame, esistente tra la vocazione degli uomini di scienza e il ministero della Chiesa, che nella sua essenza è “diaconia della Verità”.

Grato alla Divina Provvidenza per l’incontro odierno, saluto cordialmente voi qui presenti, Rettori Magnifici e rappresentanze delle istituzioni accademiche di tutto il paese, e, per vostro tramite, abbraccio col pensiero e col cuore l’intero mondo della scienza polacca. Un particolare saluto rivolgo al Rettore Magnifico dell’Università di Torun, che ci ospita in questa occasione. Lo ringrazio delle parole di benvenuto rivoltemi a nome di tutti i presenti. Saluto anche il Presidente della Conferenza dei Rettori Magnifici delle Università Polacche, qui presente.

2. Ci incontriamo tra le mura di una Università che, per quanto riguarda la data della fondazione, è una istituzione relativamente giovane. Recentemente ha celebrato il 50° di fondazione. Sappiamo, tuttavia, che le tradizioni culturali e scientifiche legate a questa città hanno profonde radici nel passato e si uniscono alla figura di Nicolò Copernico. L’Università di Torun, nel momento in cui nasce, porta su di sé il segno dei drammatici eventi seguiti alla Seconda Guerra Mondiale. E’ giusto ricordare in questa circostanza che gli artefici di questo Ateneo furono in gran parte studiosi - esuli dall’Università Stefan Batory di Vilnius e dall’Università Jan Kazimierz di Leopoli. Da Vilnius venne a Torun il primo Rettore dell’Università, il Professor Ludwik Kolankowski, instancabile organizzatore dell’Università. Da Vilnius venne Karol Górski, storico, pioniere di studi sulla spiritualità religiosa polacca, e molti altri. A sua volta da Leopoli venne il Professor Tadeusz Czezowski, filosofo di grande fama. Da Leopoli giunse anche il Professor Artur Hutnikiewicz, insigne studioso di letteratura. La cerchia dei professori fu rinforzata anche dagli studiosi venuti dalla distrutta Varsavia; tra essi non si può non ricordare Konrad Górski, studioso straordinariamente perspicace di letteratura. Essi e molti altri organizzarono con grande dedizione questo Ateneo. I tempi erano difficili, ma allo stesso tempo erano tempi di speranza. E “la speranza viene dalla verità” - come scriveva Cyprian Norwid. In condizioni postbelliche assai difficili si ebbe una verifica delle persone, una verifica della loro fedeltà alla verità. Oggi l’Università di Torun ha la propria fisionomia e porta un prezioso contributo allo sviluppo della scienza polacca.

3. Il nostro incontro avviene nell’ultimo anno del secolo che sta volgendo al termine. Trovandoci a cavallo tra i secoli, rivolgiamo i nostri pensieri in modo alterno, al passato e al futuro. Nel passato cerchiamo gli insegnamenti e le indicazioni per il nostro futuro. In questo modo vogliamo meglio precisare e fondare la nostra speranza. Oggi il mondo ha bisogno di speranza e cerca la speranza! Ma la drammatica storia del nostro secolo, con le guerre, le criminose ideologie totalitarie, i campi di concentramento e i gulag, non induce piuttosto a cedere alla tentazione dello scoraggiamento e della disperazione? Pascal scrisse una volta che la conoscenza della propria miseria da parte dell’uomo genera la disperazione (cfr Pensieri, 75). Per scoprire la speranza occorre rivolgere lo sguardo verso l’alto. Soltanto la conoscenza di Cristo - aggiunge Pascal - ci libera dalla disperazione, perché in Lui conosciamo non soltanto la nostra miseria, ma anche la nostra grandezza (cfr Ibid., 690, 729, 730).

Cristo ha mostrato all’umanità la più profonda verità su Dio ed insieme sull’uomo, rivelando il Padre, che è “ricco di misericordia” (Ep 2,4). “Dio è amore” (1Jn 4,8). Proprio questo è il tema guida della mia presente visita in Patria. Scrivevo nell’Enciclica sullo Spirito Santo: “Nella sua vita intima Dio «è amore», amore essenziale, comune alle tre divine Persone: amore personale è lo Spirito Santo, come Spirito del Padre e del Figlio. Per questo, egli «scruta le profondità di Dio», come amore-dono increato. Si può dire che nello Spirito Santo la vita intima del Dio uno e trino si fa tutta dono, scambio di reciproco amore tra le divine Persone, e che per lo Spirito Santo Dio «esiste» a modo di dono” (Dominum et vivificantem DEV 10). Quest’Amore che è Dono, si dona all’uomo mediante l’atto della creazione e della redenzione. Per questo: “L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non s’incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente” (Redemptor hominis RH 10).

Proprio questa verità su “Dio-Amore” diventa fonte della speranza del mondo e indicatore della strada della nostra responsabilità. L’uomo può amare, perché prima è stato amato da Dio. Ci insegna San Giovanni: “Noi amiamo [Dio], perché egli [Dio] ci ha amati per primo” (1Jn 4,19). La verità sull’amore di Dio getta luce anche sulla nostra ricerca della verità, sul nostro lavoro, sullo sviluppo della scienza, su tutta la nostra cultura. Le nostre ricerche e il nostro lavoro hanno bisogno di un’idea guida, di un valore fondamentale, per dare il senso e unire in una sola corrente gli sforzi degli studiosi, le riflessioni degli storici, la creatività degli artisti e le scoperte dei tecnici, che si stanno sviluppando con una velocità vertiginosa. Esiste un’altra idea, un altro valore o un’altra luce capace di dare senso al molteplice impegno degli uomini di scienza e di cultura, senza limitare contemporaneamente la loro libertà creativa? Ecco, questa forza è l’amore, che non si impone all’uomo dall’esterno, ma nasce nella sua interiorità, nel suo cuore, come la sua più intima proprietà. All’uomo si chiede soltanto di permetterle di nascere e di volere impregnare di essa la propria sensibilità, la sua riflessione nel laboratorio, nell’aula del seminario e delle lezioni, ed anche al banco di lavoro delle arti.


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