GP2 Discorsi 1999 209

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


ALLE PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE


DELLE SUORE ADORATRICI DEL SANGUE DI CRISTO


Care Sorelle Adoratrici del Sangue di Cristo!


1. Sono lieto di porgere a ciascuna di voi il mio cordiale benvenuto, ringraziandovi per questa visita con la quale, in occasione del vostro Capitolo Generale a 165 anni dalla Fondazione dell'Istituto, avete voluto testimoniare la vostra fedeltà al Successore di Pietro. desidero esprimervi il mio apprezzamento per tutto il bene che avete realizzato e continuate e realizzate nelle varie parti del mondo a servizio del Vangelo e soprattutto per l'amore con il quale accogliete nella vostra vita di donne consacrate le attese e le necessità dei fratelli più piccoli e più poveri.

L'Assemblea capitolare è occasione opportuna per riflettere sulla missione particolare che il Signore vi affida, perché l'esperienza maturata dall'Istituto nel corso degli anni possa costituire, alle soglie di un nuovo millennio cristiano, la felice premessa per un rinnovato servizio alla diffusione del Vangelo nel mondo.

La vostra Congregazione nasce dalla fede intrepida e dall'ardore missionario di due grandi anime che, prendendo a modello Colui che ha realizzato la riconciliazione tra Dio e l'uomo "facendosi obbediente sino . . . alla morte di croce" (Ph 2,5-11), hanno colto nella spiritualità del Sangue di Cristo la via maestra per condurre a Dio i fratelli e suscitare in essi una più intensa consapevolezza della soprannaturale consanguineità tra gli uomini redenti.

Di fronte all'affermarsi di nuove dottrine e di costumi che sconvolgevano la vita religiosa e morale dei loro contemporanei, San Gaspare del Bufalo e la Beata Maria De Mattias vollero testimoniare con le parole e con le opere che non c'è altra salvezza per l'uomo se non in Colui che per amore ha donato il suo Sangue. Tale certezza li rese instancabili nell'annuncio del Vangelo, nell'educazione delle coscienze, nel servizio ai poveri.

In particolare, la vostra Fondatrice, alla quale le parole e l'esempio di San Gaspare aprirono nuove ed impreviste possibilità di consacrazione a Dio, si sentì chiamata a sostenere con le ricchezze del genio femminile il lieto annuncio

dell'efficacia redentrice del Sangue di Cristo. In questa prospettiva, ella diede origine ad una nuova Famiglia religiosa che, nel nome e nello stile di vita, rispecchiasse l'anelito di universale salvezza, di riconciliazione e di solidarietà che nasce dalla contemplazione del Sangue effuso dal Redentore sulla croce.

210 Ardente mistica ed appassionata donna d'azione, la Beata Maria De Mattias, con la sua instancabile opera di educatrice e di evangelizzatrice, aprì nuove vie alla presenza della donna nella Chiesa, proponendo originali modelli di servizio al Vangelo.

2. Desiderose di essere fedeli al carisma della Fondatrice, voi avete deciso di profittare del Capitolo Generale per rivisitare il fondamento della spiritualità congregazionale e leggere la vostra la missione alla luce del principio fecondo ereditato da lei: la sacralità di ogni persona redenta dal Sangue di Cristo. Ciò vi ha condotto a considerare con sguardo di fede le necessità ed i problemi che emergono dai diversi difficili contesti nei quali siete presenti, intravedendo in essi provvidenziali "segni dei tempi" attraverso i quali il Signore vi chiama ad una rinnovata fedeltà al carisma originario nelle nuove condizioni di vita della Chiesa e del mondo.

Voi studiate il presente per progettare il futuro, ma restando sempre ben consapevoli del vostro passato, per il quale rendete grazie al Signore. Intere generazioni di vostre Consorelle hanno generosamente annunciato e testimoniato l'amore di Dio verso i poveri, gli oppressi, gli emarginati; hanno posto ogni loro impegno nel realizzare l'unità nella diversità, attraverso l'ascolto e il dialogo; hanno coltivato nel raccoglimento la contemplazione che rende la vita personale e comunitaria una gioiosa partecipazione alla Croce di Cristo, mediante la quale s'edifica la Chiesa, mistico Corpo di Cristo.

3. L'esigenza di riflettere in maniera sempre più viva, alle soglie del terzo millennio, la carità divina, di cui il Sangue di Cristo è segno, espressione, misura e pegno, vi chiama a rendere le vostre Comunità segni viventi dell'amore fedele di Dio. Ciò richiede che ciascuna di voi, nei rapporti quotidiani, si faccia guidare da uno sguardo di soprannaturale tenerezza verso ogni Consorella e verso quanti incontra nel proprio cammino. Solo un atteggiamento contemplativo, alimentato dalla meditazione della parola di Dio e dalla preghiera costante, potrà consentirvi un simile accostamento all'ambiente umano circostante e vi porterà ad accogliere le diversità personali e culturali come possibilità di arricchimento del carisma originario per un'azione apostolica sempre più incisiva nel mondo di oggi. Gli stessi aspetti organizzativi e feriali della vita religiosa, in tale ottica, si riveleranno come altrettante occasioni per rinnovare la fedeltà personale e comunitaria a Cristo. Sarà così possibile costituire Comunità multiculturali, radicate nel carisma congregazionale e, sulle orme della Fondatrice, feconde di scelte originali e generose.

Nell'attuale contesto storico, segnato da preoccupanti divisioni e disuguaglianze, è di singolare importanza che ogni vostra Comunità si faccia promotrice di un'azione conciliante e solidale, schierandosi a difesa della vita ovunque essa sia minacciata ed insidiata e donando speranza dove le lacerazioni sono più profonde, dove i diritti della persona sono calpestati, dove si leva il grido silenzioso degli ultimi.

4. Sarà necessario, altresì, porre particolare cura nella formazione iniziale e permanente delle Religiose, così da prepararle in modo adeguato a rispondere alle sfide del nostro tempo, rendendo attuale e fruttuoso il patrimonio spirituale dell'Istituto.

La consapevolezza della comune vocazione di Adoratrici del Sangue di Cristo vi condurrà a vivere l'obbedienza evangelica all'interno di relazioni interpersonali autentiche e fraterne, cercando costantemente la volontà di Dio. Frutto di questo impegno sarà la crescita nella corresponsabilità e nella partecipazione alla vita comunitaria, ciò che vi consentirà di sempre meglio servire alle esigenze del Regno di Cristo.

Tale contesto renderà, inoltre, possibile e fecondo il coinvolgimento dei fedeli laici, oltre che nei diversi servizi, anche nella spiritualità congregazionale, facendo sì che la loro collaborazione si trasformi in attiva partecipazione all'unica missione.

5. Carissime Sorelle, considerate la vocazione di Adoratrici del Sangue di Cristo come un dono prezioso per tutta la Chiesa ed impegnatevi a vivere in perenne sintonia con la sua missione evangelizzatrice. Sentitevi strumenti privilegiati dell'Alleanza realizzata nel Sangue prezioso di Cristo e testimoniate con fervore sempre nuovo i grandi valori della riconciliazione e della pace, ovunque la Provvidenza vi chiami ad operare e, particolarmente, tra i giovani ed i lontani. Le vostre Comunità siano annuncio concreto della civiltà dell'amore, che ha nel Cristo crocifisso e risorto il suo fondamento e la sua speranza.

Rivolgo uno speciale pensiero alle Sorelle anziane ed ammalate, che costituiscono un insostituibile sostegno spirituale per la Congregazione: carissime, considerate la vostra condizione come un aiuto prezioso per l'apostolato delle Consorelle e per la vita della Chiesa.

Penso, altresì, con riconoscenza ed affetto alle Sorelle impegnate sulle frontiere della missione "ad gentes" e nei contesti dove regnano la guerra, l'emarginazione e la violenza. Ad esse desidero far giungere una speciale parola di apprezzamento, che sia per loro di conforto nella fatica e di incoraggiamento a perseverare in mezzo alle difficoltà ed alle prove, interpretate nella fede come un prolungamento della Passione di Cristo.

211 6. L'amore e la devozione al Sangue di Cristo, che hanno illuminato e trasformato la vita della Beata Maria De Mattias, costituiscano per ciascuna di voi, care Sorelle, riferimento costante nella preghiera e nell'azione, per contribuire in modo efficace alla missione della Chiesa, il cui unico scopo è di attrarre a Cristo gli uomini e le donne di ogni tempo.

Affido la vostra Congregazione alla celeste protezione della Vergine Santa. Ella renda fruttuosi i lavori del Capitolo Generale e vi trasformi con la sua tenerezza materna in donne sapienti, fedeli e generose.

Con tali auspici imparto volentieri la Benedizione Apostolica alla Madre Generale, alle Capitolari, a tutte le Consorelle, come pure alle molteplici iniziative nelle quali s'esprime il vostro zelo di Adoratrici del Sangue di Cristo.

Dal Vaticano, 5 luglio 1999.


ALLE PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE


DELLE SUORE MISSIONARIE DELLA CONSOLATA


Carissime Sorelle Missionarie della Consolata!


1. Sono lieto di rivolgermi a voi che, provenendo da vari Paesi dell'Africa, dell'America e dell'Europa, nei quali è presente e svolge la sua generosa opera missionaria il vostro Istituto, in questi giorni vi siete raccolte insieme per celebrare il Capitolo Generale e condurre un'approfondita riflessione comunitaria sullo stimolante tema: "Scelte carismatiche urgenti oggi per la vitalità della nostra missione inculturata «ad gentes», in un momento di diminuzione".

Vi saluto con affetto, care Capitolari, con un pensiero ed un augurio particolari alle Sorelle alle quali è affidato il servizio di autorità per il bene della Congregazione. Abbraccio poi spiritualmente tutte le vostre Consorelle sparse nel mondo e le persone alle quali è rivolta la loro preziosa attività evangelizzatrice, unita ad una generosa testimonianza di solidarietà verso i fratelli più poveri ed abbandonati.

2. La missione «ad gentes» esprime un elemento costitutivo della natura della Chiesa. Guardando a Cristo "mandato" dal Padre per la salvezza dell'umanità (cfr Tertio millennio adveniente TMA 1), la Chiesa avverte l'urgenza di continuarne lungo la storia la missione salvifica, portando la Buona Novella a tutti i popoli. Di questo impulso missionario, che appartiene all'intima natura della vita cristiana, le persone consacrate hanno dato in passato una testimonianza luminosa. Oggi il loro contributo risulta più necessario che mai: sterminato è, infatti, lo stuolo di coloro che ancora attendono di conoscere Cristo. E' quanto ho sottolineato nell'Esortazione Apostolica post-sinodale Vita consecrata: "Anche oggi questo dovere continua a chiamare in causa con urgenza gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica: l'annuncio del Vangelo di Cristo attende da loro il massimo contributo possibile" (n. 78).

Proprio questo slancio missionario risplende nella vita e nell'attività del Beato Giuseppe Allamano che, dal Santuario della Consolata, volle infondere al proprio zelo per la salvezza dei fratelli un respiro universale. A tale scopo, fondò agli albori di questo secolo due Istituti religiosi, i Missionari e le Missionarie della Consolata, inscrivendo nel loro specifico carisma l'impegno dell'evangelizzazione «ad gentes».

3. Alle soglie del Terzo Millennio si ripropone con rinnovata urgenza il mandato di annunciare a tutti Cristo, unico Salvatore del mondo. Per questo, care Sorelle, vi incoraggio a vivere con slancio e generosità la vostra vocazione missionaria, sapendo imprimere ad essa le forme adatte al nostro tempo. In questo sforzo di fedeltà e di rinnovamento, lasciatevi guidare dall'esempio del vostro Beato Fondatore, dalla consolidata tradizione missionaria della Congregazione e dalle linee programmatiche scaturite dai lavori capitolari.

Vi esorto a fare sempre più vostro lo stile della nuova evangelizzazione, seguendo le indicazioni che ho dato nell'Enciclica Redemptoris missio. Ciò vi consentirà di sentirvi in piena comunione con tutta la Chiesa.

212 Siate autentiche Missionarie attraverso una convincente testimonianza di vita consacrata personale e comunitaria, mediante una presenza umile e rispettosa accanto alle persone più povere ed ai gruppi sociali minoritari, con particolare attenzione alla famiglia, alla donna, ai giovani. Proclamate in modo aperto e coraggioso l'amore incondizionato che Dio Padre ha per ogni persona, chiamata a salvezza mediante la fede in Gesù Cristo. Offrite un esempio generoso di solidarietà, condividendo la vita ed il cammino delle persone e dei popoli nelle situazioni concrete in cui si trovano, in spirito di dialogo attento alle esigenze dell'inculturazione. Unite all'annuncio del Vangelo l'impegno per un'autentica promozione umana e per la liberazione integrale delle persone da ogni genere di violenza e di oppressione, sia fisica che morale.

4. Seguendo il vostro specifico carisma, siate presenza di consolazione, di speranza e di pace. In tale prospettiva, mi compiaccio con voi per la scelta coraggiosa di solidarietà con popolazioni in vario modo provate, accanto alle quali voi rimanete, affrontando spesso situazioni di insicurezza e di rischio. La presenza delle Suore Missionarie della Consolata in zone funestate dalla guerra civile o percorse da integralismi intolleranti, ove esse si fanno "voce di chi non ha voce", costituisce la chiara testimonianza di una vita totalmente donata al servizio di Dio e dei fratelli.

Nell'attuale Capitolo voi intendete ratificare l'impegno di aprire il vostro zelo missionario a nuovi ambiti, in particolare nel continente asiatico, per portarvi il seme dell'annuncio evangelico. E' una scelta lodevole, che esprime il desiderio dell'intero Istituto di entrare nel terzo millennio interiormente rinnovato, rafforzato nella consapevolezza del carisma delle origini e pronto ad affrontare le nuove sfide della missione nell'«oggi» della Chiesa e del mondo. Il Papa è con voi e vi incoraggia!

Affido le riflessioni e gli impegni scaturiti dall'Assemblea capitolare alla materna intercessione di Maria, alla quale il vostro Istituto è particolarmente legato e che invocate col bel titolo di "Consolata".

Vi assista la celeste protezione del Beato Fondatore, affinché siate dispensatrici di consolazione e di speranza dovunque la Provvidenza vi chiami a lavorare per il Regno di Dio.

Vi accompagni anche la mia Benedizione, che con affetto imparto a tutte voi ed alle vostre comunità sparse nel mondo.

Dal Vaticano, 5 luglio 1999.


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II

ALLE PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE

DELLE SUORE ANCELLE DI MARIA IMMACOLATA


Carissime Suore Ancelle di Maria Immacolata!


1. Sono molto lieto di accogliervi, in occasione del vostro Capitolo Generale. Rivolgo a ciascuna di voi il mio saluto cordiale, che estendo a tutte le vostre Consorelle. Questo pur breve incontro mi permette di manifestarvi la mia spirituale vicinanza invocando con voi la sapienza divina, che illumini il vostro discernimento e i vostri propositi durante l'assemblea capitolare. Essa intende concentrare l'attenzione sul tema della formazione, per precisarne le norme in riferimento alle caratteristiche della vostra Congregazione, sorta poco più di un secolo fa in Ucraina, la prima di vita attiva nel rito bizantino-ucraino.

2. Riguardo al fondamentale impegno della formazione, mi è caro ricordare che essa è chiamata a cooperare con l'azione di Dio Padre, il quale, mediante lo Spirito Santo, plasma nelle persone la fisionomia del Figlio Unigenito. La delicatezza di tale compito richiede anzitutto che siano scelti formatori idonei ed esperti, capaci di coniugare in armonico equilibrio la sapienza spirituale e quella umana, come pure di assicurare piena sintonia col cammino di tutta la Chiesa.

La formazione possiede un'intrinseca dimensione comunitaria: nella comunità si impara a gioire e faticare insieme, ad accettare gli altri con le loro peculiarità e i loro limiti, a condividere i doni per il bene di tutti. Si impara, altresì, ad affrontare e verificare le esperienze apostoliche, ricavandone preziose indicazioni sulle attitudini personali.

213 3. Ogni Istituto è invitato ad elaborare un progetto formativo, ispirato al carisma originario, che presenti in forma chiara e dinamica il cammino da seguire per assimilare appieno la propria spiritualità. Tale progetto deve tener conto del fatto che il processo formativo conosce una fase iniziale molto intensa, ma non si riduce ad essa. La formazione iniziale deve, pertanto, saldarsi con quella permanente, tale da accompagnare ogni persona consacrata con un programma esteso all'intera esistenza. Nessuna fase della vita può considerarsi tanto sicura e fervorosa da escludere l'opportunità di specifiche attenzioni per garantire la perseveranza nella fedeltà, così come non esiste età che possa vedere esaurita la maturazione della persona.

Voi avete alle spalle una gloriosa tradizione di fedeltà a Cristo ed alla Chiesa, avendo subito sofferenze di ogni genere durante i lunghi anni di oppressione sotto il regime comunista. Guardando agli esempi delle Consorelle che hanno saputo affrontare con coraggio il periodo duro delle "catacombe", sentite tutta la fierezza di mantenere alta la fiaccola del vostro ideale di totale dedizione a Dio nel quotidiano servizio ai fratelli. La Congregazione delle Suore Ancelle di Maria Immacolata, infatti, è la prima di vita attiva nel rito bizantino-ucraino ed ha come suo impegno proprio originario quello di educare il cuore della gente del popolo, andando dove il bisogno è più grande.

Nell'impegno di rinnovamento del piano formativo non mancherete di tener conto di questo vostro carisma originario, pur cercando di adeguarlo alle esigenze del presente, così da poter agire con incisività nel mondo di oggi. Sia vostra preoccupazione di restare fedeli all'identità orientale che vi è propria, curando l'aggiornamento delle Costituzioni alla luce del Codice dei Canoni della Chiese Orientali, da me promulgato nel 1990. Vi stimola in questo vostro lavoro la prospettiva del Grande Giubileo, al quale desiderate prepararvi attivamente, perché tutte le Religiose della Congregazione possano trarne abbondanti vantaggi spirituali.

4. Carissime, voi vi chiamate Suore Ancelle di Maria Immacolata. In chi, pertanto, se non in Maria Santissima, potete trovare il modello perfetto di vita consacrata, cogliendone anche la connaturale dimensione dinamica? Sì, Maria è Immacolata dal primo istante della sua esistenza, e al tempo stesso Ella è diventata la "piena di grazia" in virtù dei meriti del Sacrificio redentore del Figlio, sacrificio a cui Ella si è associata in anima e corpo, seguendo Gesù in tutta la sua missione, fino alla passione ed all'estrema oblazione sulla croce.

L'esistenza terrena di Maria è un cammino di fede, di speranza e d'amore, un cammino esemplare di santità, che ha conosciuto lo slancio del "fiat", il giubilo del "magnificat", il raccoglimento contemplativo nelle attività quotidiane, la perseveranza nella notte profonda della Passione fino alla condivisione della gioia del Figlio divino nell'alba radiosa della risurrezione.

Vivendo, pertanto, in quotidiana intimità con Maria Santissima, voi, care Sorelle, sappiate trovare nel mistero della sua Immacolata Concezione una fonte inesauribile di conversione, di maturazione, di santificazione. Una fonte che, mentre sgorga perennemente in voi stesse, vi spinge, con l'urgenza dell'amore, ad annunciare e testimoniare Cristo a tutti, là dove la Provvidenza vi chiama.

E' questo il mio augurio per ciascuna di voi e per l'intero Istituto, e lo accompagno di cuore con una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 6 luglio 1999.



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


ALL’ABATE DI SUBIACO IN OCCASIONE


DELLA FESTA DI SAN BENEDETTO, PATRONO D’EUROPA




Al diletto Fratello
Don MAURO MEACCI
Abate di Subiaco

214 1. Ho appreso con gioia che la grande Famiglia monastica benedettina intende ricordare con speciali celebrazioni i 1500 anni da quando san Benedetto diede inizio in Subiaco a quella "schola dominici servitii" che avrebbe condotto, nel corso dei secoli, una schiera innumerevole di uomini e di donne, "per ducatum Evangelii", ad una più intima unione con Cristo. Desidero associarmi spiritualmente al rendimento di grazie che l'intero Ordine monastico, nato dalla fede e dall'amore del santo Patriarca, eleva al Signore per i grandi doni di cui è stato arricchito sin dagli inizi della sua storia.

Già il mio venerato predecessore, san Gregorio Magno, monaco benedettino ed illustre biografo di san Benedetto, invitava a cogliere nel clima di grande fede in Dio e di intenso amore alla sua legge, che animava la famiglia d'origine del Santo di Norcia, le premesse di una vita interamente dedicata a "cercare e servire Cristo, unico e vero Salvatore" (Prefazio della Messa di san Benedetto). Questa spirituale tensione, accrescendosi e sviluppandosi nel confronto con le vicende della vita, condusse ben presto il giovane a rinunciare alle lusinghe della scienza e dei beni del mondo, per dedicarsi ad acquisire la sapienza della Croce ed a conformarsi unicamente a Cristo.

Da Norcia a Roma, da Affile a Subiaco, il cammino spirituale di Benedetto fu guidato dall'unico desiderio di piacere a Cristo. Questo anelito si consolidò e si accrebbe nei tre anni vissuti nella grotta del Sacro Speco, quando "gettò quelle solide basi di cristiana perfezione, sulle quali avrebbe in seguito potuto innalzare una costruzione di straordinaria altezza" (Pio XII, Fulgens radiatur, 21 marzo 1947).

La prolungata ed intima unione con Cristo lo spinse a raccogliere intorno a sé altri fratelli per realizzare "quei disegni e propositi grandiosi a cui era chiamato dall'afflato dello Spirito Santo" (ibid.). Arricchito dalla luce divina, Benedetto divenne luce e guida per i poveri pastori in cerca di fede e per la gente devota bisognosa di essere accompagnata nella via del Signore. Dopo un ulteriore periodo di solitudine e di dure prove, 1500 anni fa, appena ventenne, fondò a Subiaco, non lontano dallo Speco, il primo monastero benedettino. In tal modo, il chicco di frumento che aveva scelto di nascondersi in terra sublacense e di marcire nella penitenza per amore di Cristo, diede inizio ad un nuovo modello di vita consacrata, trasformandosi in spiga turgida di frutti.

2. La piccola ed oscura grotta di Subiaco divenne così la culla dell'Ordine benedettino, dalla quale si sprigionò un faro luminoso di fede e di civiltà che, attraverso gli esempi e le opere dei figli spirituali del santo Patriarca, inondò, come ricorda la lapide marmorea ivi collocata, l'Occidente e l'Oriente europeo e gli altri continenti.

La fama della sua santità attirò schiere di giovani in cerca di Dio, che il suo genio pratico organizzò in dodici monasteri. Qui, in un clima di semplicità evangelica, di fede viva e di carità operosa si formarono san Placido e san Mauro, prime splendide gemme della famiglia monastica sublacense, che lo stesso Benedetto educò "al servizio dell'Onnipotente".

Per proteggere i suoi monaci dalle conseguenze di una feroce persecuzione, dopo aver perfezionato l'ordinamento dei monasteri esistenti con la costituzione di superiori idonei, Benedetto prese con sé alcuni monaci e partì per Cassino, dove fondò il monastero di Montecassino, che sarebbe presto diventato culla di irradiazione del monachesimo d'Occidente e centro di evangelizzazione e di umanesimo cristiano.

Anche in questa vicenda Benedetto si mostrò uomo di fede senza tentennamenti: fidandosi di Dio e sperando come Abramo contro ogni speranza, credette che il Signore avrebbe continuato a benedire la sua opera, nonostante gli ostacoli posti dall'invidia e dalla violenza degli uomini.

3. Al centro dell'esperienza monastica di san Benedetto c'è un principio semplice, tipico del cristiano, che il monaco assume nella sua piena radicalità: costruire l'unità della propria vita intorno al primato di Dio. Questo "tendere in unum", prima e fondamentale condizione per entrare nella vita monastica, deve costituire l'impegno unificante dell'esistenza del singolo e della comunità, traducendosi nella "conversatio morum", che è fedeltà ad uno stile di vita concretamente vissuto nell'obbedienza quotidiana. La ricerca della semplicità evangelica impone una verifica costante, lo sforzo cioè di "fare la verità" risalendo continuamente al dono iniziale della chiamata divina, che è all'origine della propria esperienza religiosa.

Questo impegno, che accompagna la vita benedettina, è particolarmente sollecitato dalle celebrazioni dei 1500 anni di fondazione del Monastero, le quali cadono nel corso del Grande Giubileo del 2000. Il Libro del Levitico prescrive: "Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia" (25, 10). L'invito a ritornare alla propria "eredità", alla propria famiglia risulta particolarmente attuale per la Comunità monastica benedettina, chiamata a vivere il Giubileo dei suoi quindici secoli di vita e quello dell'Anno Santo come momenti propizi di rinnovata adesione all'"eredità" del santo Patriarca, approfondendone il carisma originario.

4. L'esempio di san Benedetto e la stessa Regola offrono significative indicazioni per accogliere pienamente il dono costituito da tali ricorrenze. Invitano innanzitutto ad una testimonianza di tenace fedeltà alla Parola di Dio, meditata ed accolta attraverso la "lectio divina". Ciò suppone la salvaguardia del silenzio e un atteggiamento di umile adorazione dinanzi a Dio. La Parola divina, infatti, rivela le sue profondità a colui che si fa attento, mediante il silenzio e la mortificazione, all'azione misteriosa dello Spirito.

215 La prescrizione del silenzio regolare, mentre stabilisce tempi in cui la parola umana deve tacere, orienta verso uno stile improntato a una grande moderazione nella comunicazione verbale. Se percepito e vissuto nel suo senso profondo, ciò lentamente educa all'interiorizzazione, grazie alla quale il monaco si apre ad una conoscenza autentica di Dio e dell'uomo. Particolarmente il grande silenzio nei monasteri ha una forza simbolica singolare di richiamo a ciò che realmente vale: la disponibilità assoluta di Samuele (cfr 1S 3) e la consegna piena di amore di se stessi al Padre. Tutto il resto non è rimosso, ma assunto nella sua realtà profonda e portato davanti a Dio nella preghiera.

E' questa la scuola della "lectio divina" che la Chiesa attende dai monasteri: in essa non si cercano tanto maestri di esegesi biblica, rinvenibili anche altrove, quanto testimoni di un'umile e tenace fedeltà alla Parola nel poco appariscente registro della quotidianità. Così la "vita bonorum" diviene "viva lectio", comprensibile anche da chi, deluso dall'inflazione delle parole umane, cerca essenzialità e autenticità nel rapporto con Dio, pronto a cogliere il messaggio emergente da una vita in cui il gusto della bellezza e dell'ordine si coniugano con la sobrietà.

La consuetudine con la Parola, che la Regola benedettina garantisce riservando ad essa un largo spazio nell'orario quotidiano, non mancherà di infondere serena fiducia, escludendo false sicurezze e radicando nell'anima il senso vivo della totale signoria di Dio. Il monaco è così salvaguardato da interpretazioni accomodanti o strumentali della Scrittura ed introdotto ad una consapevolezza sempre più profonda dell'umana debolezza, in cui splende la potenza di Dio.

5. Accanto all'ascolto della Parola di Dio, l'impegno della preghiera. Il monastero benedettino è soprattutto luogo di preghiera, nel senso che in esso tutto è organizzato per rendere i monaci attenti e disponibili alla voce dello Spirito. Per tale motivo, la recita integrale dell'Ufficio Divino, che ha il suo centro nell'Eucaristia e ritma la giornata monastica, costituisce l'"opus Dei", nel quale "dum cantamus iter facimus ut ad nostrum cor veniat et sui nos amoris gratia accendat".

Alla Parola della Sacra Scrittura il monaco benedettino ispira il suo colloquio con Dio, aiutato in questo dall'austera bellezza della liturgia romana, in cui tale Parola proclamata con solennità o cantata su monodie che sono frutto di intelligenza spirituale delle ricchezze in essa contenute, ha una parte assolutamente preminente in confronto ad altre liturgie, dove l'elemento che più colpisce sono le splendide composizioni poetiche, fiorite sul tronco del testo biblico.

Questo pregare con la Bibbia richiede un'ascesi di svuotamento di se stessi che consente di sintonizzarsi con i sentimenti che un Altro pone sulle labbra e fa sorgere nel cuore (ut mens nostra concordet voci nostrae). Nella vita si afferma così il primato della Parola, che domina non perché si imponga costringendo, ma perché discretamente e fedelmente attrae affascinando. Una volta accettata, la Parola scruta e discerne, impone scelte chiare e introduce così, mediante l'obbedienza, nell'historia Salutis compendiata nella Pasqua del Cristo obbediente al Padre (cfr He 5,7-10).

E' questa preghiera, memoria Dei, che rende concretamente possibile l'unità della vita nonostante le molteplici attività: queste, come insegna Cassiano, non vengono mortificate ma continuamente ricondotte al loro centro. E' con l'espandersi della preghiera liturgica nella giornata, attraverso la preghiera personale libera e silenziosa dei fratelli, che nel monastero si viene a creare un clima di raccoglimento, grazie al quale gli stessi momenti celebrativi trovano la loro verità piena. In tal modo il monastero diventa "scuola di preghiera", cioè luogo dove una comunità, vivendo intensamente l'incontro con Dio nella liturgia e nei diversi momenti della giornata, introduce quanti cercano il volto del Dio vivente alle meraviglie della vita trinitaria.

6. La preghiera, scandendo nella liturgia le ore della giornata e divenendo orazione personale e silenziosa dei fratelli, costituisce l'espressione e la sorgente prima dell'unità della comunità monastica, che ha il suo fondamento nell'unità della fede. Da ogni monaco si esige un autentico sguardo di fede su di sé e sulla comunità: grazie ad esso ciascuno porta i fratelli e si sente portato da essi - non solo da quelli con cui vive, ma anche da quelli che lo hanno preceduto ed hanno dato alla comunità la sua inconfondibile fisionomia, con le sue ricchezze e i suoi limiti - e insieme con essi si sente portato da Cristo che è il fondamento. Se manca questa concordia di fondo e s'insinua l'indifferenza o persino la rivalità, ogni fratello comincia a sentirsi "uno fra tanti", con il rischio di illudersi di trovare la sua realizzazione in iniziative personali, che lo spingono a cercare rifugio nei contatti con l'esterno, piuttosto che nella partecipazione piena alla vita e all'apostolato comune.

Oggi più che mai è urgente coltivare la vita fraterna all'interno di comunità nelle quali si pratica uno stile di amicizia che non è meno vero perché mantiene quelle distanze che salvaguardano la libertà dell'altro. E' questa testimonianza che la Chiesa si attende da tutti i religiosi, ma in primo luogo dai monaci.

7. Auspico di cuore che le celebrazioni dei 1500 anni dall'inizio della vita monastica in Subiaco costituiscano per codesta comunità e per l'intero Ordine benedettino una rinnovata occasione di fedeltà al carisma del santo Patriarca, di fervore nella vita comunitaria, nell'ascolto della Parola di Dio e nella preghiera e di impegno nell'annuncio del Vangelo secondo la tradizione propria della Congregazione sublacense.

Possa ogni comunità benedettina proporsi con una sua identità ben definita, quasi "città sul monte", distinta dal mondo circostante, ma aperta e accogliente per i poveri, i pellegrini e quanti sono alla ricerca di una vita di maggiore fedeltà al Vangelo!

216 Con questi voti, che affido all'intercessione della Vergine Santissima, così devotamente venerata ed invocata in codesto monastero e in tutte le comunità benedettine, imparto di cuore a Lei ed ai monaci sublacensi una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 7 luglio 1999.


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