GP2 Discorsi 1999 216

GIOVANNI PAOLO II


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


ALLE PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE


DELLE MAESTRE PIE DELL'ADDOLORATA


Carissime Sorelle!


1. Mentre state svolgendo il Capitolo Generale del vostro Istituto, sono lieto di rivolgervi il mio cordiale saluto, estendendolo a tutte le Maestre Pie dell'Addolorata.

Avete voluto iniziare il Capitolo con una celebrazione eucaristica presso la tomba della vostra Fondatrice, Madre Elisabetta Renzi, che dieci anni or sono ebbi la gioia di proclamare Beata. La sua spirituale presenza in mezzo a voi e la sua celeste intercessione garantiscono ai vostri lavori l'ispirazione autentica che sgorga dal carisma originario. Questo riferimento alle radici illuminerà il vostro discernimento circa il futuro cammino della Congregazione, la quale, alle soglie del 2000, compie 160 anni di vita.

"Verso il terzo millennio, con la gioia del Risorto, per costruire l'unità nella diversità": è questo il tema che vi siete proposte per il presente Capitolo Generale. Anche per voi, come per tutta la Chiesa, il passaggio dal secondo al terzo millennio diventa evocatore di una nuova chiamata di Dio, nelle cui mani è il futuro di ogni realtà umana.

E' assai significativo che le "Maestre Pie dell'Addolorata" si incamminino verso il terzo millennio "con la gioia del Risorto". Chi, infatti, meglio di Maria Santissima, intimamente unita al mistero del Crocifisso, ha conosciuto la gioia della sua risurrezione? E chi più di Lei può comunicare a voi, sue figlie, questa gioia, perché essa ricolmi i vostri cuori e la vostra testimonianza?

2. Questo profondo inserimento nel dinamismo pasquale è frutto della preghiera contemplativa, che giustamente voi considerate come anima di ogni vostra azione. Dalla contemplazione, infatti, traggono origine, con il dono fondamentale dello Spirito, tutti i doni e, in particolare, quello della vita consacrata (cfr Vita consecrata VC 23).

Nella celebrazione eucaristica voi rinnovate quotidianamente la comunione con Cristo crocifisso e risorto, e nell'adorazione sperimentate la gioia di rimanere nel suo amore (cfr Jn 15,9). Specialmente in questi momenti forti dello spirito, voi realizzate l'aspirazione della vostra Fondatrice: "Vorrei che tutto il mio essere tacesse e in me tutto adorasse, e così penetrare ognor più in Gesù ed esserne così piena, da poterlo dare a quelle povere anime che non conoscono il dono di Dio".

3. Dalla contemplazione scaturisce la missione. Prima di caratterizzarsi per le opere esteriori, questa si esplica nel rendere presente al mondo Cristo stesso mediante la testimonianza personale. In ciò consiste, care Sorelle, il vostro compito primario come persone consacrate! Anche il vostro stile di vita deve far trasparire l'ideale che professate, proponendosi come eloquente, anche se spesso silenziosa, predicazione del Vangelo.

Quando il carisma fondazionale lo prevede, la testimonianza di vita e le opere di apostolato e di promozione umana sono ugualmente necessarie: entrambe infatti raffigurano Cristo e la sua azione salvifica.

217 "La vita religiosa, inoltre, partecipa alla missione di Cristo con un altro elemento peculiare e proprio: la vita fraterna in comunità per la missione. La vita religiosa sarà perciò tanto più apostolica quanto più intima ne sarà la dedizione al Signore Gesù, più fraterna la forma comunitaria di esistenza, più ardente il coinvolgimento nella missione specifica dell'Istituto" (Vita consecrata VC 72). La Chiesa tutta conta molto sulla testimonianza di comunità ricche "di gioia e di Spirito Santo" (Ac 13,52).

4. Madre Elisabetta Renzi, in un'epoca di profondi rivolgimenti, fu condotta dalla divina Provvidenza a percepire, con intuito profetico, alcuni dei bisogni più acuti della società del suo tempo. Si rese conto, allora, che una nuova chiamata del Signore la riguardava. Dio stesso l'aveva come trapiantata accanto ai problemi della gioventù femminile della sua terra. La sua regola di vita fu quella di abbandonarsi a Dio, affinché Egli disponesse i passi ed i tempi per lo sviluppo dell'opera come a Lui piaceva (cfr Omelia per la beatificazione, 18.6.1989, n. 6: Insegnamenti, XII, 1 [1989], 1687).

La vostra Fondatrice sentì forte il richiamo a testimoniare l'amore di predilezione di Dio per le sue creature più piccole e bisognose; e rispose con intelligenza profetica, facendosi madre, educatrice, assistente.

La Chiesa ha sempre considerato l'educazione come un elemento essenziale della sua missione, e il Sinodo sulla vita consacrata lo ha ribadito con forza. Pertanto, invito caldamente anche voi a far tesoro del vostro carisma originario e delle vostre tradizioni, conscie che l'amore preferenziale per i poveri trova un'espressione privilegiata nel servizio dell'educazione e dell'istruzione (cfr Vita consecrata VC 97).

5. Ho appreso con compiacimento che il vostro Istituto ha suscitato la cooperazione di numerosi laici, i quali condividono non solo l'attività pratica, ma anche le motivazioni e l'ispirazione stessa che ne sono alla base. Incoraggio volentieri questi percorsi di comunione e di collaborazione, dai quali può derivare un'irradiazione di operosa spiritualità al di là delle frontiere dell'Istituto, ed insieme la promozione di una più intensa sinergia tra persone consacrate e laici in ordine alla missione (cfr Ibid., 55).

6. "Costruire l'unità nella diversità". In questo obiettivo avete condensato il vostro impegno alle soglie del 2000, mostrando di essere in sintonia con tutta la Chiesa. Essa, infatti, si sente chiamata a diventare segno e strumento di unità in un mondo che sempre più pone a contatto e a confronto realtà umane tra loro differenti. Questa sfida, voi la vivete all'interno della vostra stessa Famiglia religiosa, che in questi anni si va arricchendo della presenza di persone provenienti da Paesi e addirittura da Continenti diversi.

Si tratta di un tipico segno dei tempi in cui viviamo, e voi avete deciso di accoglierlo e di leggerlo nella prospettiva evangelica, come appello ad una più profonda e più grande comunione. "La via migliore" (1Co 12,31) da percorrere è sempre quella della carità, che armonizza tutte le diversità e a tutte infonde la forza del mutuo sostegno nello slancio apostolico.

"Collocate nelle diverse società del nostro pianeta - società percorse spesso da passioni e da interessi contrastanti, desiderose di unità ma incerte sulle vie da prendere - le comunità di vita consacrata, nelle quali si incontrano come fratelli e sorelle persone di differenti età, lingue e culture, si pongono come segno di un dialogo sempre possibile e di una comunione capace di armonizzare le diversità" (Vita consecrata VC 51).

7. Carissime Sorelle, desidero lasciarvi, come ultima parola, l'eco del motto della vostra Beata Fondatrice: "Ardere et Lucere". Possa ogni singola Maestra Pia dell'Addolorata, come pure l'intero Istituto, ardere e risplendere del divino amore, per irradiarlo nei fratelli, specialmente nei più poveri, là dove la Provvidenza vi chiama a vivere e a operare.

La Vergine Addolorata vegli costantemente su di voi ed ottenga i frutti che attendete da questa assemblea capitolare. Vi accompagna nel vostro lavoro anche la mia Benedizione, che imparto con affetto a voi e a tutte le Consorelle.

Da Castel Gandolfo, 22 luglio 1999.

GIOVANNI PAOLO II


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


ALL’ARCIVESCOVO DI RAVENNA-CERVIA, IN OCCASIONE DELLE CELEBRAZIONI DEL 1450° ANNIVERSARIO DELLA DEDICAZIONE


DELLA BASILICA DI SANT’APOLLINARE IN CLASSE


218
Al venerato Fratello

LUIGI AMADUCCI

Arcivescovo di Ravenna-Cervia

1. L'illustre ed antica Arcidiocesi ravennate, che Ella guida con zelo e saggezza, si appresta a celebrare il 1450° anniversario della dedicazione della Basilica di sant'Apollinare in Classe, consacrata dall'Arcivescovo Massimiano nel 549, appena un anno dopo la dedicazione della Basilica di San Vitale.

La ricorrenza acquista particolare rilievo, poiché la Basilica, tempio di rara bellezza, è considerata la culla della fede cristiana in codesta Terra e custodisce il corpo del Protovescovo sant'Apollinare, che evangelizzò Ravenna nella seconda metà del II secolo, divenendo poi patrono della Città, della Diocesi e dell'intera Regione.

Nella celebrazione del significativo evento desidero unirmi spiritualmente al Popolo ravvenate, che rende fervide grazie al Signore per gli innumerevoli benefici ricevuti nel corso della sua lunga storia di fede. La Città, insigne per le memorie di un passato glorioso e per gli splendidi monumenti che la ornano, deve la sua grandezza alla capacità ed alla laboriosità dei suoi figli, che furono e sono artefici attenti ed operosi del suo sviluppo civile ed economico. Essa trasse, inoltre, vantaggio da alcune peculiari circostanze, che la resero importantissimo centro politico e culturale, aperto al dialogo con l'Oriente. Di qui irradiò gli ultimi bagliori l'impero d'Occidente nel periodo tumultuoso del suo drammatico tramonto; di qui s'avviò la provvidenziale fusione tra le giovani energie dei popoli provenienti dal Nord Europa e le ricchezze culturali del genio romano; di qui si spinsero nella regione circostante i primi testimoni della fede cristiana. Tra essi grandeggia sant'Apollinare, primo Vescovo della Chiesa ravennate, che con le sue fatiche e le sue sofferenze pose le salde radici della storia cristiana della Città.

2. Come è noto, l'insigne monumento sacro, voluto dall'Arcivescovo Ursicino (535-538) e costruito a cura di Giuliano Argentario, mecenate ravennate, dov'era il grande porto romano - di qui l'appellativo "in Classe" -, offre alla contemplazione dei visitatori, dapprima, nella cornice dell'arco trionfale, il Cristo benedicente verso il quale convergono gli evangelisti, e poi, nel catino, una grande Croce gemmata con al centro l'effige del Cristo trasfigurato, e sotto di essa, tra molteplici figurazioni simboliche, l'immagine di sant'Apollinare in atteggiamento di preghiera sacerdotale. Così, al pellegrino che ne varca la soglia in cerca di luce e di pace, la Basilica, nella sua stessa struttura ritmata dalla splendida serie di colonne, indica in Cristo il centro della fede e la risposta di Dio alle attese del cuore inquieto dell'uomo. Questa risposta, che ha valore perenne, la Chiesa ravennate non mancherà di riproporre prendendo spunto dalle celebrazioni in programma. Esse si inscrivono provvidenzialmente nella preparazione del Grande Giubileo del 2000, che costituirà anche per i Ravennati richiamo rinnovato a seguire con coraggio il Cristo e ad ascoltare le sue parole, proseguendo nella gioiosa e corale risposta di fede che ha sempre contraddistinto la loro storia.

In questa prospettiva formulo l'auspicio che la straordinaria sintesi di fede e di bellezza, consegnata tanti secoli orsono da artisti evangelicamente ispirati nelle linee architettoniche del Tempio e nelle creazioni musive che lo adornano, susciti in quanti lo visitano un profondo desiderio di conoscere il Signore per testimoniarlo con la parola e con la vita, sull'esempio del santo Vescovo Apollinare.

3. Nel corso dei secoli, la Basilica, con l'attiguo monastero, è stata, di fatto, attivo centro di evangelizzazione, grazie all'opera di autentici testimoni di Cristo, tra cui il monaco san Romualdo. Nell'aprile del 1001 egli partecipò alla grande assemblea di Vescovi e dignitari, che il Papa Silvestro II tenne proprio nel Tempio classense, alla presenza dell'Imperatore Ottone III. Nel corso di quell'incontro si progettò ed organizzò la missione evangelizzatrice tra gli Slavi, in continuità con quanto aveva compiuto sant'Adalberto. Per tale missione furono scelti i tre monaci romualdini Bruno, Benedetto e Giovanni, i quali, avendo suggellato con il martirio il loro servizio al Vangelo, sono ora venerati come celesti protettori sia a Ravenna che in Polonia.

La vostra Chiesa, mentre rende grazie a Dio per il bene che si è da essa irradiato nel corso dei secoli, è stimolata a prendere rinnovata coscienza del sempre incalzante dovere di portare l'annuncio di Cristo a quanti ancora non ne sono stati raggiunti. Auspico che, per intercessione del primo Vescovo e dei santi concittadini che furono Apostoli degli Slavi, sorgano in codesta Chiesa numerose vocazioni sacerdotali e religiose, perché la Parola del Signore porti gioia e salvezza anche agli uomini di oggi.

4. Venerato e caro Fratello nell'Episcopato, in tempi particolarmente travagliati e difficili la Chiesa ravennate riuscì a scrivere nei suoi monumenti la meravigliosa grandezza dell'annuncio evangelico. Possano i suoi figli di oggi trovare vie nuove per comunicare il messaggio di pace e di fraternità, che scaturisce dalla fede nell'unico Padre e nell'unico Redentore. Da oltre quattordici secoli la Basilica di sant'Apollinare in Classe tramanda negli splendidi mosaici l'eterna verità del Vangelo, che ha in Cristo crocifisso e risorto il suo fulcro radioso. Come non auspicare che tale verità salvifica possa riflettersi con rinnovata vivezza nella Chiesa di "pietre vive" che è in Ravenna, così che le nuove generazioni possano trovare in Cristo quella pace che è dono di Dio ed espressione del suo eterno amore?

Affido questi voti all'intercessione della Vergine Santissima, tanto teneramente amata dai fedeli ravennati. Sia essa per tutti e per ciascuno Regina di pace e di misericordia!

219 Con tali sentimenti, imparto a Lei, venerato Fratello, successore del santo Vescovo Apollinare, ai Confratelli nell'Episcopato presenti alle celebrazioni, alle Autorità, al clero, alla diletta comunità ravennate ed all'intera popolazione dell'Emilia-Romagna la propiziatrice Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 23 luglio 1999.

Agosto 1999


SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AL CONCERTO PROMOSSO DALLA


"ACADEMIA MUSICAE PRO MUNDO UNO"


Castel Gandolfo, 1° agosto 1999




Gentili Signore e illustri Signori,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sgorga spontaneo dal cuore di tutti noi, che abbiamo partecipato a questo concerto, un vivo ringraziamento verso coloro che, a diversi livelli, lo hanno reso possibile e lo hanno realizzato. Rivolgo, innanzitutto, un ringraziamento sentito e cordiale al Signor Giuseppe Juhar, Presidente dell'Academia Musicae Pro Mundo Uno ed ai soci di questa stimata istituzione. Il mio grato apprezzamento va, poi, al Maestro Alberto Lysy, che ha impeccabilmente guidato l'esecuzione, ed agli strumentisti della "Camerata Lysy" di Gstaad, Svizzera, che si sono mostrati "costruttori di bellezza".

I brani eseguiti, facendoci gustare l'incanto di suggestive armonie, hanno rinnovato in noi l'esperienza della meraviglia e dello stupore, aprendo alle nostre menti un orizzonte pieno di senso e di valore. L'arte tutta, infatti, come scrivevo nella mia recente Lettera agli Artisti, è "una via d'accesso alla realtà più profonda dell'uomo e del mondo" (n. 6). Essa invita l'uomo ad elevarsi alla contemplazione della perfezione non per alienarsi dalla vita concreta, ma per tornare ad essa col proposito di renderla più vera, più nobile, in una parola, "più bella".

2. L'arte diventa così un'esperienza fortemente educatrice, perché, mediante forme sensibili, indica una meta da raggiungere, una strada da seguire, una disciplina da attuare. La gioia che essa suscita in noi è segno di un'intima sete di bellezza, del desiderio di vincere la paura e l'angoscia, dell'aspirazione ai più alti ideali di verità e di libertà.

Dio, "bellezza tanto antica e tanto nuova", accompagni i passi della vostra vita verso la ricerca della perfezione estetica ed esistenziale, a servizio di un’umanità bisognosa, oggi più che mai, di bontà e di armonia.

Con questo auspicio, su tutti invoco le benedizioni di Dio onnipotente.



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL MINISTRO GENERALE DELL'ORDINE FRANCESCANO


DEI FRATI MINORI IN OCCASIONE DELLA RIAPERTURA


DELLA PORZIUNCOLA IN ASSISI




Al Reverendissimo Padre

GIACOMO BINI

Ministro Generale
220 dell'Ordine Francescano dei Frati Minori

1. La riapertura della Basilica e della Cappella della Porziuncola, dopo i restauri per le ferite del terremoto del 1997, mi offre la gradita opportunità di rivolgere un saluto affettuoso a Lei, amato Fratello, ed alla Comunità Francescana che in Assisi svolge un prezioso servizio ecclesiale e cura il decoro dei luoghi cari alla memoria del Poverello d'Assisi, come pure ai fedeli e pellegrini che giungono nella terra di Francesco e Chiara per un’intensa esperienza spirituale. I piedi dei fedeli si fermano alle porte di Assisi, che per i tanti prodigi di misericordia ivi compiuti è a ragione definita "città particolare del Signore" (Fonti Francescane, 3201).

Oggi la Cappella della Porziuncola e la Patriarcale Basilica che la custodisce riaprono le porte per accogliere moltitudini di persone attratte dalla nostalgia e dal fascino della santità di Dio, abbondantemente manifestatasi nel suo servo Francesco.

Il Poverello sapeva che "la grazia divina poteva essere largita agli eletti di Dio dovunque; pure, aveva sperimentato che il luogo di santa Maria della Porziuncola era colmo di una grazia più copiosa [...] ed era solito dire ai frati [. . .]: Questo luogo è santo, è l’abitazione di Cristo e della Vergine sua Madre" (Speculum perfectionis, 83: FF 1780). L'umile e povera chiesetta era divenuta, per Francesco, l’icona di Maria Santissima, la "Vergine fatta Chiesa" (Salutatio B.M.V. 1: FF 259), lei umile e "piccola porzione di mondo" (FF 604), ma indispensabile al Figlio di Dio per divenire uomo. Per questo il Santo invocava Maria come tabernacolo, casa, vestimento, ancella e Madre di Dio (cfr FF 259).

Proprio nella Cappella della Porziuncola, che aveva restaurato con le proprie mani, Francesco, illuminato dalle parole del capitolo decimo del Vangelo secondo Matteo, decise di abbandonare la precedente breve esperienza eremitica per dedicarsi alla predicazione in mezzo alla gente, "con la semplicità della sua parola e la magnificenza del suo cuore", come attesta il primo biografo Tommaso da Celano (Vita I, 23: FF 358). Egli dette così inizio al suo tipico ministero itinerante. E' alla Porziuncola che avvenne poi la vestizione di santa Chiara, e fu fondato l'Ordine delle "Povere Dame di san Damiano". Qui ancora Francesco impetrò da Cristo, mediante l'intercessione della Regina degli Angeli, il grande perdono o "indulgenza della Porziuncola", confermata dal mio venerato Predecessore Papa Onorio III a partire dal 2 agosto del 1216. Da allora prese avvio l'attività missionaria, che portò Francesco ed i suoi frati in alcuni Paesi musulmani ed in varie Nazioni d'Europa. Qui, infine, il Santo accolse cantando "sorella nostra morte corporale" (Cantico delle Creature, 12: FF 263).

2. Dell'esperienza del Poverello di Assisi la chiesetta della Porziuncola conserva e dispensa un messaggio e una grazia peculiari, che perdurano ancora oggi e costituiscono un forte richiamo spirituale per quanti si lasciano affascinare dal suo esempio. Significativa, a questo proposito, risuona la testimonianza di Simone Weil, figlia di Israele affascinata da Cristo: "Mentre ero sola nella piccola cappella romanica di santa Maria degli Angeli, incomparabile miracolo di purezza, in cui Francesco ha pregato tanto spesso, qualcosa più forte di me mi ha costretta, per la prima volta in vita mia, a inginocchiarmi" (Autobiografia spirituale).

La Porziuncola è uno dei luoghi più venerabili del francescanesimo, caro non solo all'Ordine minoritico, ma a tutti i cristiani che qui, quasi sopraffatti dall'intensità delle memorie storiche, ricevono luce e stimolo per un rinnovamento di vita, all'insegna di una fede più radicata e di un amore più genuino. Mi è caro, pertanto, sottolineare lo specifico messaggio che proviene dalla Porziuncola e dalla indulgenza con essa collegata. E' un messaggio di perdono e di riconciliazione, cioè di grazia, che la bontà divina riversa su di noi, se ben disposti, perché Dio è veramente "ricco di misericordia" (
Ep 2,4).

Come non ravvivare ogni giorno in noi l'invocazione, umile e fiduciosa, della redentrice grazia di Dio? Come non riconoscere la grandezza di questo dono che Egli ci ha offerto in Cristo "una volta per sempre" (He 9,12), e continuamente ci ripropone con immutata bontà? E' il dono del perdono gratuito, che ci dispone alla pace con lui e con noi stessi, infondendoci rinnovata speranza e gioia di vivere. Considerando tutto ciò, è facile comprendere l'austera vita di penitenza di Francesco, mentre siamo invitati ad accogliere l'appello ad una costante conversione, che ci distolga da una condotta egoistica e orienti decisamente il nostro spirito verso Dio, punto focale della nostra esistenza.

3. Tenda dell'incontro di Dio con gli uomini, il Santuario della Porziuncola è casa di preghiera. "Qui, chi pregherà con devozione otterrà ciò che avrà chiesto", amava ripetere Francesco (Vita I, 106: FF 503), dopo averne fatto personale esperienza. Tra le antiche mura della piccola chiesa ognuno può assaporare la dolcezza della preghiera in compagnia di Maria, la Madre di Gesù (cfr Ac 1,14), e sperimentarne la potente intercessione.

L'uomo nuovo Francesco, in quell'edificio sacro restaurato con le sue mani, ascoltò l'invito di Gesù a modellare la propria vita "secondo la forma del santo Vangelo" (Testamento, 14: FF 116) e a percorrere le strade degli uomini, annunciando il Regno di Dio e la conversione, in povertà e letizia. Quel luogo santo era in tal modo diventato per Francesco "tenda dell'incontro" con il Cristo stesso, Parola viva di salvezza.

La Porziuncola è, in particolare, "terra dell'incontro" con la grazia del perdono, maturata in un'intima esperienza di Francesco, il quale, come scrive san Bonaventura, "un giorno, mentre [...] piangeva ripensando con amarezza al suo passato, si sentì pervaso dalla gioia dello Spirito Santo, da cui ebbe l’assicurazione che gli erano stati pienamente rimessi tutti i peccati" (Legenda maior III, 6: FF 1057). Egli volle rendere tutti partecipi di questa sua personale esperienza della misericordia di Dio e chiese ed ottenne l'indulgenza plenaria per coloro che, pentiti e confessati, fossero giunti pellegrini alla chiesetta per ricevere la remissione dei peccati e la sovrabbondanza della grazia divina (cfr Rm 5,20).

221 4. A quanti, in autentico atteggiamento di penitenza e di riconciliazione, seguono le orme del Poverello di Assisi e accolgono l'indulgenza della Porziuncola con le interiori disposizioni richieste, auguro di sperimentare la gioia dell'incontro con Dio e la tenerezza del suo amore misericordioso. E' questo lo "spirito di Assisi", spirito di riconciliazione, di preghiera, di rispetto reciproco, che auspico di cuore costituisca per ciascuno stimolo alla comunione con Dio e con i fratelli. È il medesimo spirito che ha contraddistinto l'incontro di preghiera per la pace con i rappresentanti delle religioni del mondo, da me accolti nella Basilica di santa Maria degli Angeli il 27 ottobre 1986, evento del quale serbo un vivo e grato ricordo.

Con questi sentimenti, mi reco anch'io in spirituale pellegrinaggio all'odierna celebrazione dell'indulgenza della Porziuncola, che si svolge nella restaurata Basilica della Beata Vergine Maria, celeste Regina, nell'imminenza del Grande Giubileo dell'incarnazione di Cristo. Alla Madonna, figlia eletta del Padre, affido quanti in Assisi e in ogni altra parte del mondo vorranno oggi ricevere il "Perdono d'Assisi", per fare del proprio cuore una dimora e una tenda per il Signore che viene.

A tutti la mia Benedizione.

Da Castel Gandolfo, 1° agosto 1999, ventunesimo di Pontificato.



PAROLE DI GIOVANNI PAOLO II


PRIMA DELLA MESSA IN OCCASIONE DEL XXI


ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI PAPA MONTINI


Festa della Trasfigurazione del Signore

Castel Gandolfo - Venerdì, 6 agosto 1999

L'Eucaristia, che ci apprestiamo a celebrare, ci conduce oggi spiritualmente sul Tabor, insieme agli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, per ammirare estasiati lo splendore del Signore trasfigurato. Nell'evento della Trasfigurazione contempliamo l'incontro misterioso fra la storia che si edifica ogni giorno e l'eredità beata che ci attende in Cielo, nell'unione piena con Cristo, Alfa e Omega, Principio e Fine. A noi, pellegrini sulla terra, è dato di gioire della compagnia del Signore trasfigurato, quando ci immergiamo nelle cose di lassù mediante la preghiera e la celebrazione dei divini misteri. Ma, come i discepoli, pure noi dobbiamo scendere dal Tabor nell'esistenza quotidiana, dove le vicende degli uomini interpellano la nostra fede. Sul monte abbiamo visto; sulle strade della vita ci è chiesto di proclamare instancabilmente il Vangelo, che illumina i passi dei credenti.


Questa profonda convinzione spirituale ha guidato l'intera missione ecclesiale del mio venerato Predecessore, il Servo di Dio Paolo VI, tornato alla casa del Padre proprio nella festa della Trasfigurazione, ventun'anni orsono. Nell'Angelus che egli avrebbe voluto pronunciare in quel giorno, il 6 agosto 1978, affermava: «L'odierna solennità getta una luce abbagliante sulla nostra vita quotidiana e ci fa rivolgere la mente al destino immortale che quel fatto in sé adombra».

Sì! Ci ricorda Paolo VI: siamo fatti per l'eternità, e l'eternità comincia fin d'ora, poiché il Signore è in mezzo a noi, vive con e nella sua Chiesa.

Mentre, con intima commozione, facciamo memoria di questo indimenticabile mio Predecessore nella sede di Pietro, preghiamo affinché ogni cristiano dalla contemplazione di Cristo, «irradiazione della gloria del Padre e impronta della sua sostanza » (He 1,3), sappia trarre coraggio e costanza per annunciarlo e testimoniarlo fedelmente mediante le parole e le opere.

Maria, Madre sollecita e premurosa, ci aiuti ad essere scintilla splendente della luce salvifica del suo Figlio Gesù.



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI GIOVANI EUROPEI


RIUNITI A SANTIAGO DE COMPOSTELA




222 Cari giovani d'Europa,

Un saluto molto affettuoso a tutti i giovani europei!

1. In occasione dell'Incontro Europeo dei Giovani mi rivolgo a voi, riuniti a Santiago de Compostela accanto alla tomba del primo Apostolo che diede la sua vita come testimone del Signore. Vi saluto da Roma e vi esprimo la grande fiducia che ripongo in voi e la mia gioia per questo Incontro, al quale mi unisco in spirito come pellegrino della fede. Per giorni o settimane, a piedi o in modi diversi, avete percorso il Cammino di Santiago partendo da differenti città e nazioni del nostro amato Vecchio Continente. Rappresentate la gioventù di tutta Europa: l'Europa mediterranea, quella centrale e quella del nord, l'Europa anglosassone e quella slava. Siete la gioventù europea che, mossa dalla fede in Gesù Cristo, si è messa in cammino in questo Anno Santo Compostelano, portico del Grande Giubileo del 2000.

2. Cari giovani: la Chiesa vi guarda con speranza; conta su di voi. Siete le generazioni chiamate a trasmettere il dono della fede al nuovo millennio. Non defraudate Cristo che, pieno di amore, vi invita a seguirlo e vi manda, come fece con l'apostolo Giacomo, fino ai confini della terra. Prendete nelle vostre mani il bastone del pellegrino - che è la Parola di Dio - e percorrete i sentieri d'Europa annunciando con coraggio la Buona Novella di Cristo, l'Uomo perfetto, l'Uomo nuovo, che rivela agli uomini e alle donne di tutti i tempi la loro grandezza e la loro dignità di figli di Dio. Questo è oggi il miglior servizio che potete prestare alla società: offrire il Vangelo di Cristo incarnato nella vostra vita con tutta la sua radicale novità. Una novità capace di sedurre il cuore della gioventù con la sua bellezza, la sua bontà e la sua verità.

3. Giovani d'Europa: Lasciatevi rinnovare da Cristo! La nuova evangelizzazione - della quale dovete essere protagonisti - inizia da se stessi, mediante la conversione del cuore a Cristo. Vivete in intimità con Lui; scoprite nella preghiera le ricchezze della sua persona e del suo mistero; tornate a Lui quando avete bisogno della grazia del perdono; cercatelo nell'Eucaristia, fonte della vita; servitelo nei poveri e nei bisognosi che attendono il suo passaggio benefico. Non vi accontentate della mediocrità. Il Regno dei Cieli è di quanti si sforzano con decisione di entrarvi (cfr
Lc 16,16 Mt 11,12). Come ho detto dieci anni fa su questo Monte del Gozo: Non abbiate paura di essere santi! Abbiate il coraggio e l'umiltà di presentarvi di fronte al mondo decisi a essere santi, poiché dalla santità nasce la libertà piena e vera.

Questa aspirazione vi aiuterà a scoprire l'amore autentico, non contaminato dal permissivismo egoista e alienante; vi farà crescere in umanità mediante lo studio e il lavoro; vi aprirà a una possibile chiamata alla donazione totale nel sacerdozio o nella vita consacrata; vi trasformerà da «schiavi» del potere, del piacere, del denaro e della carriera, in giovani liberi, «padroni » della propria vita, disposti sempre a servire il fratello bisognoso, a immagine di Cristo servo, per rendere testimonianza del Vangelo della carità.

4. Alla Vergine Maria, che nel Portico della Gloria della Cattedrale di Santiago de Compostela appare rappresentata nell'espressivo gesto di accettare la volontà divina, affido i frutti spirituali dell'Anno Giubilare Compostelano e di questo Incontro Europeo dei Giovani. Ella, che secondo una pia tradizione fu la valida sostenitrice dell'apostolo Giacomo ora è chiamata a guidare, come stella del terzo millennio, i passi evangelizzatori dei nuovi apostoli del Signore nella costruzione di un'Europa unita e amante della pace, fedele alle sue radici cristiane e ai valori autentici che hanno reso gloriosa la sua storia e benefica la sua presenza negli altri continenti; un'Europa che possa essere ancora un faro di civiltà e uno stimolo al progresso per il mondo.

5. Prima di concludere questo messaggio, desidero salutare anche i Signori Vescovi, gli amati sacerdoti, i religiosi e le religiose, e quanti cooperano con essi nella pastorale giovanile.

Su tutti voi, pellegrini di Compostela, invoco la «grande perdonanza » di Dio Padre, ricco di misericordia e, affidandovi alla potente protezione di Giacomo, vi imparto con grande affetto la Benedizione Apostolica: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

GIOVANNI PAOLO II


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


PER LE CELEBRAZIONI CONCLUSIVE DELL'ANNO MARIANO


COMMEMORATIVO DEL 200° ANNIVERSARIO


DELLE APPARIZIONI DELLA MADONNA A LA VANG




A Monsignor ETIENNE NGUYÊN NHU THÊ
Arcivescovo di Huê

223 1. In occasione della chiusura dell'Anno Mariano e del venticinquesimo pellegrinaggio triennale al santuario Notre-Dame de La Vang, mi unisco con la preghiera ai fedeli vietnamiti e ai pellegrini che si sono affidati all'intercessione materna della Vergine Maria, chiedendo a questa Madre santissima di accompagnare la Chiesa cattolica in Viêt Nam nel suo cammino verso il Signore e di assisterla nella testimonianza che deve recare alle soglie del terzo millennio.

«Da duemila anni, la Chiesa è la culla in cui Maria depone Gesù e lo affida all'adorazione e alla contemplazione di tutti i popoli» (Bolla di indizione del Grande Giubileo, Incarnationis mysterium, n. 11), che non si stancano mai d'invocare la Madre di ogni misericordia. Gli uomini trovano sempre rifugio e coraggio sotto la sua protezione. In effetti, Maria «brilla come un segno di sicura speranza e di consolazione per il popolo di Dio in marcia» fra le difficoltà di questo mondo (Lumen gentium
LG 68). È la madre della Chiesa in cammino, che Ella continua a generare, invitando incessantemente gli uomini ad accogliere come Lei la promessa di Dio e, con l'aiuto dello Spirito Santo, a essere missionari del Vangelo.

2. Seguendo il suo esempio in modo del tutto particolare, all'approssimarsi del Grande Giubileo, nel quale sono chiamati a una conversione sempre più profonda, i fedeli rafforzeranno la loro fede, saranno più attenti alla Parola di Dio e si renderanno disponibili verso i loro fratelli. Per tutti i discepoli di Cristo Maria è il modello per eccellenza della vita cristiana. Ella dispone i nostri cuori ad accogliere Cristo, dandoci, come ha fatto con i servi delle nozze di Cana, l'ordine di fare tutto ciò che Egli ci chieder à (cfr Jn 2,5). Ella ci invita ad andare incontro a quanti hanno bisogno del nostro sostegno e del nostro aiuto, come Lei stessa ha fatto con sua cugina Elisabetta (cfr Lc 1,39-45). Così riceveremo da questa Madre tanto amata il «gusto» dell'incontro con Dio e della missione presso i nostri fratelli, che sono i due aspetti della carità cristiana.

Quando ci volgiamo verso Maria, la nostra speranza si ravviva. Di fatto Ella appartiene alla nostra umanità e in lei contempliamo la gloria che Dio promette a quanti rispondono alla sua chiamata. Invito dunque i fedeli a riporre la propria fiducia nella nostra Madre comune, spesso invocata con il titolo di Stella Maris, affinché, in mezzo alle tempeste del peccato e agli eventi talvolta dolorosi della storia, rimangano saldamente uniti a Cristo e possano render testimonianza del suo amore. «Seguendola, non vi smarrirete; supplicandola, non conoscerete la disperazione; pensando a lei, evitate ogni errore. Se vi sosterr à, non vi scoraggerete; se vi proteggerà, non avrete nulla da temere; sotto la sua guida, ignorerete la fatica; grazie al suo favore, raggiungerete il fine» (san Bernardo, Seconda omelia sulle parole del Vangelo: «L'Angelo Gabriele fu mandato»).

3. Recandosi al santuario Notre- Dame de La Vang, caro al cuore dei fedeli vietnamiti, i pellegrini le affidano le loro gioie e le loro pene, le loro speranze e le loro sofferenze. Essi si volgono verso Dio e agiscono da intercessori per le loro famiglie e per tutto il loro popolo, chiedendo al Signore di infondere nel cuore di tutti gli uomini sentimenti di pace, di fraternità e di solidariet à, affinché i vietnamiti si uniscano ogni giorno di più, al fine di costruire un modo in cui si possa vivere bene, un mondo fondato sui valori spirituali e morali fondamentali, dove ognuno possa essere riconosciuto nella sua dignità di figlio di Dio e volgersi in modo libero e filiale verso il proprio Padre celeste, «ricco di misericordia» (Ep 2,4). 4. In questo periodo in cui la Chiesa nel vostro Paese rende onore alla Madre del Salvatore, vi sono particolarmente vicino con il pensiero; vi affido all'intercessione di Nostra Signora di La Vang e imparto di tutto cuore a voi e a tutti i Pastori, un'affettuosa Benedizione Apostolica, che estendo ai pellegrini che visiteranno il santuario in spirito giubilare e ai fedeli cattolici del Viêt Nam.

Dal Vaticano, 16 luglio 1999


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