GPII Omelie 1996-2005 71

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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SAN SALVATORE IN LAURO


V Domenica di Quaresima, 16 marzo 1997




1. "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Jn 12,24).

Con queste parole, l'odierna Liturgia ci invita a preparare il tempo della Passione del Signore, nel quale entreremo da domenica prossima. Cristo le pronunciò quando alcuni Greci, che desideravano accostarsi a lui, chiesero a Filippo: "Signore, vogliamo vedere Gesù" (Jn 12,21). Cristo pronunziò allora un discorso dal contenuto a prima vista difficile ed oscuro: "E' giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo . . . Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna" (Jn 12,23 Jn 12,25).

In realtà in queste parole è racchiuso in sintesi il significato essenziale degli avvenimenti della Settimana santa. Quell'"ora", nella quale deve essere glorificato il Figlio dell'uomo, è l'"ora" della sua passione e morte in croce. Proprio in quell'"ora" il chicco gettato nella terra, cioè il Figlio di Dio fatto uomo, morirà per produrre gli inestimabili frutti della redenzione. In lui la morte condurrà al trionfo della Vita.

Il brano evangelico poc'anzi proclamato parla della paura di Gesù alla soglia del Mistero pasquale. "Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora?" (Jn 12,27-28). Sembra quasi echeggiare in questo testo la preghiera del Getsemani, quando Gesù, sperimentando il dramma della solitudine e della paura, chiede al Padre di allontanare il calice della sofferenza. Allo stesso tempo, però, egli accetta di compiere fino in fondo la sua volontà. Dopo aver detto: "Padre, salvami da quest'ora", subito prosegue: "Ma per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome" (Jn 12,27-28).

2. Del Mistero pasquale parla pure la seconda Lettura, la quale ricorda come Cristo "nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a Colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà" (He 5,7). Verrebbe qui da chiedersi: in che modo Cristo fu esaudito, se Colui che poteva salvarlo permise che fosse sottoposto alla tragica esperienza del Venerdì santo?

Nel seguito del testo sacro troviamo la risposta: "Pur essendo Figlio, imparò tuttavia l'obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono" (He 5,8-9). Cristo fu esaudito, dunque, come Redentore del mondo, essendo divenuto causa di salvezza eterna per tutti coloro che credono in lui. E' quanto viene precisato nel brano giovanneo: "Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo" (Jn 12,26).

3. Carissimi Fratelli e Sorelle della parrocchia di San Salvatore in Lauro! Sono lieto di essere in mezzo a voi, oggi, per celebrare il Giorno del Signore. Saluto cordialmente il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il vostro Parroco, don Antonio Tedeschi, ed i suoi Collaboratori, tra i quali - ormai da tanti anni - Mons. Luigi De Magistris, Reggente della Penitenzieria Apostolica. Saluto i rappresentanti dei vari gruppi ed associazioni operanti in questa comunità e tutti voi, cari parrocchiani, che non avete voluto mancare a questa celebrazione.

Rivolgo uno speciale pensiero al Presidente, all'Assistente Ecclesiastico, ai Membri del Pio Sodalizio dei Piceni ed ai Monsignori Sergio Sebastiani ed Elio Sgreccia, come pure ai tanti marchigiani qui presenti, legati da profondi vincoli di fede e di tradizione culturale a questa antica e bella chiesa. Questo tempio è testimone di secoli di storia e, soprattutto, dell'antica devozione alla Beata Vergine di Loreto, qui tanto venerata. Rivolgo uno speciale ricordo al Cardinale Pietro Palazzini.

Carissimi, la vostra è una piccola parrocchia situata nel centro storico di Roma e, come molte altre a voi limitrofe, nella sua attività pastorale risente dei fenomeni tipici di questi rioni cittadini, quali la scarsità di nuove famiglie e di giovani, il numero ridotto di residenti causato dall'alto costo degli appartamenti e dai numerosi negozi ed uffici che ad essi via via si sono sostituiti, la dispersione dei fedeli nelle numerose e vicine chiese del centro. Tutto ciò condiziona quasi inevitabilmente la pastorale parrocchiale. Mentre, pertanto, occorre insistere nelle ordinarie iniziative per i pochi abitanti del territorio, che sono impegnati a mantenere vive le caratteristiche della vecchia Roma, e nell'assistenza umana e spirituale a quanti prestano servizio presso le famiglie della zona, è necessario impegnarsi per una pastorale rinnovata, che risponda in modo sempre più adeguato alle nuove esigenze del quartiere.

4. Penso, ad esempio, a quanto già lodevolmente fate quando nel rione vengono ospitate mostre-mercato od altre manifestazioni simili, che richiamano nel territorio parrocchiale un gran numero di persone. Tener aperta la vostra bella chiesa anche di sera ed accogliere i visitatori fino a tarda ora, offrendo loro la possibilità di partecipare ad una Liturgia ben curata e di accostarsi al sacramento della Riconciliazione, è un modo valido e concreto di evangelizzare.

In occasione del Grande Giubileo del 2000, il centro di Roma sarà visitato da molti pellegrini. Avere la possibilità di visitare chiese accoglienti e pronte ad offrire momenti spirituali e culturali qualificati, costituirà un'importante occasione di incontro con la Chiesa che è in Roma, e per i credenti della Città sarà stimolo a creare nuove forme di annuncio del Vangelo, impegnandosi in quell'opera missionaria a tutto campo che sempre più deve essere la Missione cittadina.

So che anche nella vostra Parrocchia vi state muovendo in questo senso. La Missione cittadina, che già stimola a lavorare insieme per zone pastorali, aiuti e favorisca gli sforzi che state compiendo per una sempre maggiore e più incisiva presenza evangelizzatrice in Roma.

5. "Ecco, verranno giorni - dice il Signore - nei quali io concluderò una alleanza nuova" (Jr 31,31).

Con questa suggestiva visione della Nuova Alleanza il profeta Geremia, nella Prima Lettura, poco fa proclamata, annuncia il futuro rinnovamento dei rapporti fra Dio ed il suo popolo mediante il sacrificio di Cristo.

Il testo profetico fonda questo decisivo intervento salvifico di Dio nel dono di una nuova Legge: "Dice il Signore: "Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo" (Jr 31,33).

Perché la Legge definitiva di Dio, cioè il Decalogo completato da Gesù nel comandamento dell'amore, potesse essere scritta nel cuore dell'uomo, occorreva proprio quel Sacrificio, verso il quale la Liturgia di questi giorni ci sta avviando. Alla luce della passione e morte di Cristo acquistano un nuovo e più profondo significato anche le parole del re Davide risuonate nel Salmo responsoriale: "Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito" (Ps 50,12-13).

Sono parole che troveranno il loro compimento nel Mistero pasquale. La Redenzione, infatti, coincide con la nuova creazione poiché, attraverso di essa, all'uomo peccatore viene restituita la gioia della salvezza e gli viene donato il gaudio dello Spirito Santo.

Mentre ci incamminiamo ormai a grandi passi verso la passione, morte e risurrezione del Signore, facciamo nostra la preghiera del profeta Davide:

Signore, dona anche a noi la gioia di essere salvati, sostieni in tutti i tuoi fedeli un animo generoso.

Rinnova la saldezza del nostro spirito, affinché possiamo insegnare la tue vie anche ai nostri fratelli (cfr Ps 50,13-14), per far ritornare tutti a te, e godere insieme dei frutti della tua Redenzione.

Amen!.
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CELEBRAZIONE DELLA DOMENICA DELLE PALME

E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE


XII Giornata Mondiale della Gioventù

Domenica, 23 marzo 1997




1. "Benedetto colui che viene nel nome del Signore! . . . Osanna nel più alto dei cieli!" (Mc 11,9-10).

Queste acclamazioni della folla, riunita per la festa di Pasqua a Gerusalemme, accompagnanol'ingresso di Cristo e degli Apostoli nella città santa. Gesù entra a Gerusalemme in groppa ad un asinello, secondo la parola del Profeta: "Dite alla figlia di Sion: Ecco, il tuo re viene a te mite, seduto su un'asina, con un puledro figlio di bestia da soma" (Mt 21,5).

L'animale scelto sta ad indicare che non si tratta di un ingresso trionfale, ma di quello di un re mite e umile di cuore. Tuttavia, le moltitudini radunate a Gerusalemme, quasi senza notare quest'espressione di umiltà, o forse riconoscendo in essa un segno messianico, salutano Cristo con parole piene di trasporto: "Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli" (Mt 21,9). E quando Gesù entra a Gerusalemme, tutta la città è in agitazione. La gente si domanda: "'Chi è costui?', e c'è chi risponde: 'Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea'" (Mt 21,10-11).

Non era quella la prima volta che la gente riconosceva in Cristo il re atteso. Era già successo dopo la moltiplicazione miracolosa del pane, quando la folla voleva portarlo in trionfo. Gesù però sapeva che il suo regno non era di questo mondo; per questo si era sottratto a quell'entusiasmo. Ora Egli si incammina verso Gerusalemme per affrontare la prova che lo attende. E' consapevole di andarvi per l'ultima volta, per una settimana "santa", al termine della quale l'attendono la passione, la croce e la morte. Egli va incontro a tutto questo con piena disponibilità, sapendo che così si compie in lui l'eterno disegno del Padre.

Da quel giorno, la Chiesa diffusa in tutto l'orbe terrestre ripete le parole della folla di Gerusalemme: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore". Le ripete ogni giorno celebrando l'Eucaristia, poco prima della consacrazione. Le ripete con particolare enfasi oggi, Domenica delle Palme.

2. Le Letture liturgiche ci presentano il Messia sofferente. Esse si riferiscono prima di tutto ai suoi patimenti e alla sua umiliazione. La Chiesa proclama il Vangelo della passione del Signore secondo uno dei Sinottici; l'apostolo Paolo, invece, nella Lettera ai Filippesi ci offre una mirabile sintesi del mistero di Cristo, il quale, "pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù . . . ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre" (Ph 2,6-11).

Questo inno di inestimabile valore teologico presenta una sintesi completa della Settimana Santa, dalla Domenica delle Palme attraverso il Venerdì Santo fino alla Domenica di Risurrezione. Le parole della Lettera ai Filippesi, riprese in forma progressiva in un antico responsorio, ci accompagneranno per tutto il Triduum Sacrum.

Il testo paolino contiene in sé l'annuncio della risurrezione e della gloria, ma la Liturgia della Parola della Domenica delle Palme si concentra prima di tutto sulla passione. Di essa parlano sia la prima Lettura sia il Salmo responsoriale. Nel testo, che è parte dei cosiddetti "carmi del Servo di Jahweh", viene tratteggiato il momento della flagellazione e della coronazione di spine; nel Salmo è descritta con realismo impressionante la dolorosa agonia di Cristo sulla croce: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Ps 21,2).

Queste parole, le più sconvolgenti, le più toccanti, pronunciate dall'alto della croce nell'ora dell'agonia, risuonano oggi come un'antitesi manifesta, espressa ad alta voce, di quell'"Osanna", che pure riecheggia durante la processione delle palme.

3. Da alcuni anni la Domenica delle Palme è diventata la grande giornata mondiale della gioventù. Furono i giovani stessi ad aprirne la strada: sin dall'inizio del mio ministero nella Chiesa di Roma, in questo giorno essi si radunavano a migliaia in Piazza San Pietro. Da questo fatto, nel corso degli anni, si sono sviluppate le Giornate Mondiali della Gioventù, la cui celebrazione attraversa tutta la Chiesa, nelle parrocchie, nelle diocesi, e ogni due anni in un luogo scelto per tutto l'orbe terrestre. A partire dall'anno 1984, gli incontri mondiali si sono svolti successivamente a ritmo biennale: a Roma, Buenos Aires in Argentina, Santiago de Compostela in Spagna, Czestochowa - Jasna Góra in Polonia, Denver negli Stati Uniti, Manila nelle Filippine. Nel prossimo agosto l'appuntamento è fissato a Parigi, in Francia.

Per questo, lo scorso anno, durante la celebrazione della Domenica delle Palme, i rappresentanti dei giovani delle Filippine hanno consegnato ai loro coetanei francesi la croce peregrinante della "Giornata Mondiale della Gioventù". Questo gesto ha una sua particolare eloquenza: è quasi una riscoperta, da parte dei giovani, del significato della Domenica delle Palme, nella quale essi sono effettivamente protagonisti. Ricorda la Liturgia che "pueri hebraeorum, portantes ramos olivarum . . . ", "i giovani ebrei, portando rami d'ulivo, andavano incontro al Signore e acclamavano a gran voce: Osanna al Figlio di Davide" (Ant.).

Si può dire che la prima "Giornata Mondiale della Gioventù" fu proprio quella di Gerusalemme, quando Cristo entrò nella città santa; di anno in anno noi ci ricolleghiamo a quell'evento. Il posto dei "pueri hebraeorum" è stato occupato da giovani di varie lingue e razze. Tutti, come i loro predecessori in Terra Santa, desiderano accompagnare Cristo, essere partecipi della sua Settimana di Passione, del suo Triduum Sacrum, della sua Croce e risurrezione. Essi sanno che Lui è quel "Benedetto" che "è venuto nel nome del Signore", portando la pace sulla terra e la gloria nell'alto dei cieli. Ciò che, nella notte di Natale, hanno cantato gli angeli sopra la stalla di Betlemme, risuona oggi con un'alta eco alla soglia della Settimana Santa, nella quale Gesù s'appresta a compiere la sua missione messianica, operando la redenzione del mondo mediante la croce e la risurrezione.

Gloria a Te, o Cristo, Redentore del mondo! Osanna!


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MESSA CRISMALE CELEBRATA INSIEME CON 1.400 PRESBITERI



Basilica Vaticana - Giovedì Santo, 27 marzo 1997




1. Jesu, Pontifex quem Pater unxit Spiritu Sancto et virtute - miserere nobis.

Vengono in mente queste parole delle Litanie a Cristo Sacerdote e Vittima, mentre celebriamo la santa Messa Crismale del Giovedì Santo. Nel corso di questa Liturgia, che si distingue per la sua peculiarità ed intensità, benediciamo il sacro Crisma, insieme all'olio dei catecumeni e a quello degli infermi. Olii che poi serviranno al conferimento dei sacramenti del Battesimo, della Cresima, dell'Ordine e dell'Unzione degli infermi.

Le letture dell'odierna Liturgia parlano dell'unzione, segno visibile dell'invisibile dono dello Spirito Santo. Nella lettura tratta dal Libro del profeta Isaia leggiamo: "Lo Spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore" (Is 61,1-2).

A queste parole di Isaia si richiamerà il Signore Gesù nella sinagoga di Nazaret, all'inizio della sua missione messianica. Quel giorno, come ci è stato ricordato nel brano evangelico, Gesù si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia. Apertolo, trovò il passo dove erano scritte le parole sopra riportate. Gesù lesse quelle parole, poi arrotolò il volume, lo consegnò all' inserviente e disse: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che avete udito con i vostri orecchi" (cfr Lc 4,16-21).

2. Quest'"oggi" di Nazaret, noi lo dobbiamo trasporre al Giovedì Santo, che ora celebriamo. In questo giorno, con la santa Messa in Coena Domini, la Chiesa inizia il Triduum Sacrum, i tre giorni santi, che rendono presente il Mistero pasquale di Cristo.

Il Giovedì Santo è il giorno dell'istituzione dell'Eucaristia e, insieme ad essa, del Sacramento del Sacerdozio. Questo sembrano indicare in modo particolare le parole dell'Apocalisse, risuonate nella seconda Lettura: "A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli" (Ap 1,5-6). Questa dossologia è rivolta a Cristo "sacerdote alla maniera di Melchisedek" (cfr He 5,6). Melchisedek era re e sacerdote del Dio Altissimo. Offriva in sacrificio non gli esseri viventi, ma il pane e il vino. Cristo nel Cenacolo istituì l'Eucaristia nella quale, sotto le specie del pane e del vino, rese presente sino alla fine dei tempi il Sacrificio della sua morte in croce.

La Chiesa rinnova continuamente in modo incruento il Sacrificio cruento del suo Signore, l'immolazione del suo corpo e del suo sangue. Guardando con l'occhio della fede, quanti partecipano all'Eucaristia sanno di prendere parte misticamente al Sacrificio della croce, culminato nella trafittura del costato di Cristo da parte di un soldato romano. San Giovanni, riecheggiando il profeta Zaccaria, scrive nel Vangelo: "Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto" (Jn 19,37); e nell'Apocalisse: ". . . ognuno lo vedrà; anche quelli che lo trafissero e tutte le nazioni della terra si batteranno per lui il petto" (Ap 1,7).

3. Carissimi Fratelli Sacerdoti, il Giovedì Santo è un giorno particolare per il nostro sacerdozio. E' la festa della sua istituzione. Per questo oggi tutti i Vescovi, nelle rispettive Diocesi, sparse nel mondo intero, concelebrano la Liturgia eucaristica con i presbiteri delle loro Comunità. Lo fa anche il Vescovo di Roma. Con animo colmo di riconoscenza rinnoviamo insieme le promesse fatte nel giorno dell'Ordinazione, quando abbiamo ricevuto l'unzione dello Spirito Santo. Preghiamo affinché la grazia di quell'unzione non ci abbandoni mai e ci conforti. Ci accompagni anzi ogni giorno del nostro ministero perché fedeli a Cristo che ci ha chiamati, serviamo con zelo apostolico il popolo cristiano e giungiamo vigili e operosi fino al termine dei nostri giorni.

"Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta".

Cristo è "l'Alfa e l'Omega . . . Colui che è, che era e che viene" (Ap 1,8).

Amen.
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SANTA MESSA "IN COENA DOMINI" 1997



Basilica di San Giovanni in Laterano

Giovedì Santo, 27 marzo 1997

1. Ogni anno questa Basilica di san Giovanni in Laterano accoglie l'assemblea radunata per il solenne Memoriale dell'Ultima Cena.

Dalla Città e dal mondo giungono i fedeli per rinnovare il ricordo di quell'evento che si compì il Giovedì di tanti anni fa nel Cenacolo, e che la Liturgia commemora quest'oggi come sempre attuale. Esso continua come Sacramento dell'Altare, Sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo. Continua come Eucaristia.

Siamo convocati per ripetere anzitutto il gesto che Cristo compì all'inizio dell'Ultima Cena, cioè la lavanda dei piedi. Il Vangelo di Giovanni ha riproposto alla nostra considerazione la resistenza di Pietro di fronte all'umiliazione del Maestro, e l'insegnamento con cui Cristo ha commentato il proprio gesto: "Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi" (Jn 13,13-15).

Nell'ora del Banchetto eucaristico, Cristo ribadisce la necessità di servire. "Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,45)

Siamo, dunque, convocati per esprimere di nuovo la vivente memoria del più grande comandamento, il comandamento dell'amore: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13). Il gesto di Cristo lo rappresenta al vivo sotto gli occhi degli Apostoli: "Era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre"; l'ora del sommo amore: "Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Jn 13,1).

2. Tutto questo culmina nell'Ultima Cena, nel Cenacolo di Gerusalemme. Siamo convocati per rivivere questo evento, l'istituzione del mirabile Sacramento, di cui la Chiesa vive incessantemente, del Sacramento che, sul piano della realtà più autentica e profonda, costituisce la Chiesa. Non vi è l'Eucaristia senza la Chiesa, ma, prima ancora non vi è la Chiesa senza l'Eucaristia.

Eucaristia vuol dire rendimento di grazie. Perciò abbiamo pregato col Salmo responsoriale: "Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?" (cfr Ps 115,12). Presentiamo sull'altare l'offerta del pane e del vino, come incessante azione di grazie per ogni bene che riceviamo da Dio, per i beni della creazione e della redenzione. La Redenzione si è operata per mezzo del Sacrificio di Cristo. La Chiesa, che annunzia la redenzione e vive della redenzione, deve continuare a rendere presente sacramentalmente questo Sacrificio, da esso deve attingere le forze per essere se stessa.

3. La Celebrazione eucaristica in Cena Domini ce lo ricorda con singolare eloquenza. La prima Lettura, tratta dal Libro dell'Esodo, rievoca quel momento della storia del popolo dell'Antica Alleanza in cui è stato prefigurato nel modo più forte il mistero dell'Eucaristia: si tratta dell'istituzione della Pasqua. Il popolo doveva essere liberato dalla schiavitù d'Egitto, doveva uscire libero dalla terra di schiavitù e il prezzo di questo riscatto era il sangue dell'agnello.

Quell'agnello dell'Antica Alleanza ha trovato pienezza di significato nella Nuova Alleanza. Ciò è avvenuto anche attraverso il ministero profetico di Giovanni Battista, il quale, indicando Gesù di Nazaret che veniva al fiume Giordano per ricevere il battesimo, aveva detto: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo" (Jn 1,29).

Non è un caso se queste parole si trovano collocate al centro della Liturgia eucaristica. Ce lo ricordano le Letture della santa Messa della Cena del Signore, per indicare che con questo vivo Memoriale entriamo nell'ora della Passione di Cristo. Proprio in quest'ora verrà svelato il mistero dell'Agnello di Dio. Le parole pronunciate dal Battista lungo il Giordano otterranno così un chiaro compimento. Cristo verrà crocifisso. Come Figlio di Dio accetterà la morte, per liberare il mondo dal peccato.

Apriamo i nostri cuori, partecipiamo con fede a questo grande mistero ed acclamiamo, insieme con tutta la Chiesa, convocata in assemblea eucaristica: "Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta".
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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA DELLA VEGLIA PASQUALE



Basilica Vaticana - Sabato Santo, 29 Marzo 1997

1. "Sia la luce!" (Gn 1,3).

Durante la Veglia pasquale, la Liturgia proclama queste parole tratte dal Libro della Genesi. Esse costituiscono un eloquente motivo conduttore di questa mirabile celebrazione. All'inizio viene benedetto il "fuoco nuovo", e con esso si accende il cero pasquale, che viene portato in processione verso l'altare. Il cero entra e procede dapprima nel buio, fino al momento in cui, dopo il canto del terzo "Lumen Christi", ritorna la luce in tutta la Basilica.

In questo modo sono stati legati tra di loro gli elementi delle tenebre e della luce, della morte e della vita. Su questo sfondo risuona il racconto biblico della creazione. Dio dice: "Sia la luce" (Gn 1,3). Si tratta, in un certo senso, del primo passo verso la vita. In questa notte deve compiersi un singolare passaggio dalla morte alla vita, ed il rito della luce, accompagnato dalle parole della Genesi, ne offre il primo annuncio.

2. Nel Prologo del suo Vangelo, san Giovanni scrive del Verbo che si è fatto carne: "In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini" (Jn 1,4). Questa notte santa diventa dunque una straordinaria manifestazione di quella vita che è la luce degli uomini. A questa manifestazione partecipa tutta la Chiesa e, in modo speciale, i catecumeni, che nel corso di questa Veglia ricevono il Battesimo.

La Basilica di San Pietro in questa solenne celebrazione accoglie voi, carissimi Fratelli e Sorelle, che tra poco sarete battezzati in Cristo nostra Pasqua.Due di voi provengono dall'Albania e due dallo Zaire, Paesi che stanno vivendo ore drammatiche della loro storia: voglia il Signore ascoltare il grido dei poveri e guidarli nel cammino verso la pace e la libertà! Altri di voi provengono dal Benin, dal Capo Verde, dalla Cina, da Taiwan. Prego per ciascuno di voi, che in questa assemblea rappresentate le primizie della nuova umanità redenta da Cristo, perché siate sempre fedeli testimoni del suo Vangelo.

Le Letture liturgiche della Veglia Pasquale uniscono tra di loro i due elementi del fuoco e dell'acqua. L'elemento del fuoco, che dà la luce, e l'elemento dell'acqua, che diventa la materia del sacramento della rinascita, cioè del santo Battesimo. ". . . Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio" (Jn 3,5). Il passaggio degli Israeliti attraverso il Mar Rosso, cioè la liberazione dalla schiavitù dell'Egitto, è figura e quasi anticipazione del Battesimo che libera dalla schiavitù del peccato.

3. I molteplici motivi, che in questa Liturgia della Vigilia di Pasqua trovano espressione nelle Letture bibliche, convergono e si intrecciano così in un'immagine unitaria. Nel modo più completo è l'apostolo Paolo a presentare queste verità nella Lettera ai Romani, poc'anzi proclamata: "O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova" (Rm 6,3-4).

Queste parole ci conducono al centro stesso della verità cristiana.La morte di Cristo, la morte redentrice, è l'inizio del passaggio alla vita, manifestatosi nella sua risurrezione. "Se siamo morti con Cristo - prosegue san Paolo -, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui" (Rm 6,8-9).

4. Recando tra le mani la fiaccola della Parola di Dio, la Chiesa che celebra la Veglia pasquale si ferma quasi ad un'ultima soglia. Si ferma in grande attesa, lungo tutta questa notte. Presso il sepolcro, attendiamo l'evento verificatosi duemila anni fa. Prime testimoni di quell'evento straordinario furono le donne di Gerusalemme: esse giunsero al luogo dove Gesù era stato sepolto il Venerdì Santo e trovarono la tomba vuota. Una voce le sorprese: "Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. E' risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano deposto. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto" (Mc 16,6-7).

Nessuno vide con i propri occhi la risurrezione di Cristo. Le donne, venute alla tomba, furono le prime a costatare l'evento già compiuto.

La Chiesa, radunata per la Veglia pasquale, ascolta nuovamente, in silenziosa attesa, questa testimonianza e manifesta poi la sua grande gioia. L'abbiamo udito annunciare poco fa dalla bocca del diacono: "Annuntio vobis gaudium magnum . . .", "Vi annuncio una grande gioia, Alleluia!".

Accogliamo con cuore aperto questo annuncio, partecipiamo insieme alla grande gioia della Chiesa.

Cristo è veramente risorto! Alleluia!


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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SAN GIUDA TADDEO AI CESSATI SPIRITI


II Domenica di Pasqua, 6 aprile 1997




"1. Otto giorni dopo . . . venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse «Pace a voi!» (Jn 20,19).

Il brano evangelico di oggi, "Domenica in albis", racconta la duplice apparizione del Risorto agli Apostoli il giorno stesso di Pasqua e otto giorni dopo. La sera del primo giorno dopo il sabato, mentre gli Apostoli si trovano riuniti in un unico luogo a porte chiuse per paura dei Giudei, viene Gesù e dice loro: "Pace a voi!" (cfr Jn 20,19). Con tale saluto egli in realtà offre loro il dono dell'autentica pace, frutto della sua morte e risurrezione. Nel Mistero pasquale, infatti, si è compiuta quella definitiva riconciliazione dell'umanità con Dio che è la fonte di ogni vero progresso verso la piena pacificazione degli uomini e dei popoli fra di loro e con Dio.

Gesù trasmette poi agli Apostoli l'impegno di proseguire la sua missione salvifica, affinché attraverso il loro ministero la salvezza raggiunga tutti i luoghi e tutti i tempi della storia umana: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21). All'affidamento della missione evangelizzatrice e del potere di rimettere i peccati è intimamente legato anche il dono dello Spirito, come indicano le successive parole di Gesù: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi" (Jn 21,22-23).

Con queste parole è il ministero della misericordia che Gesù affida ai suoi discepoli. In effetti nel Mistero pasquale si manifesta pienamente l'amore salvifico di Dio, ricco di misericordia - "dives in misericordia" (cfr Ep 2,4). In questa seconda domenica di Pasqua siamo invitati dalla Liturgia a riflettere in modo particolare sulla misericordia divina, che supera ogni umano limite e risplende sull'oscurità del male e del peccato. La Chiesa ci spinge ad accostarci con fiducia a Cristo, che con la sua morte e risurrezione rivela pienamente e definitivamente le straordinarie ricchezze dell'amore misericordioso di Dio.

2. All'apparizione del Risorto, avvenuta la sera di Pasqua, non era presente l'apostolo Tommaso. Informato di questo straordinario avvenimento, egli, incredulo dinanzi alla testimonianza degli altri Apostoli, pretende di verificare di persona la veridicità di quanto essi asseriscono.

Otto giorni dopo - cioè nell'ottava di Pasqua, proprio come oggi - si ripete l'apparizione: Gesù stesso viene incontro all'incredulità di Tommaso, offrendogli la possibilità di toccare con mano i segni della passione e invitandolo a passare dall'incredulità alla pienezza della fede pasquale.

Di fronte alla professione di fede di Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!" (Jn 20,28), Gesù pronuncia una beatitudine che allarga l'orizzonte verso la moltitudine dei futuri credenti: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno" (Jn 20,29). L'esperienza pasquale dell'apostolo Tommaso è stata più grande della sua stessa richiesta. Egli, infatti, non solo ha potuto costatare la veridicità dei segni della passione e della risurrezione ma, attraverso il contatto personale col Risorto, ha compreso il significato profondo della risurrezione di Gesù e, intimamente trasformato, ha dichiarato apertamente la sua piena e totale fede nel suo Signore risorto e presente in mezzo ai discepoli. Egli, dunque, ha potuto in un certo senso "vedere" la divina realtà del Signore Gesù, morto e risorto per noi. E il Risorto stesso è argomento definitivo della sua divinità e umanità insieme.

3. Anche tutti noi siamo invitati a vedere con gli occhi della fede Cristo vivo e presente nella Comunità cristiana. Carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia di San Giuda Taddeo! Sono molto lieto di poter essere finalmente in mezzo a voi in questa vostra bella Parrocchia. Vi saluto tutti con grande affetto! Questa visita è stata un po' ritardata a causa di una malattia, ma alla fine è arrivata ed è arrrivata nel giorno più solenne possibile. Rivolgo un cordiale pensiero al Cardinale Vicario, a Mons. Vicegerente, al vostro zelante Parroco, Don Gabriele Zuccarini ed ai Sacerdoti che collaborano con lui nella cura pastorale della vostra Comunità.

Saluto, altresì, le Suore dell'Istituto Sorelle Misericordiose e le Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue. Estendo il mio pensiero agli abitanti del quartiere, specialmente a quanti per qualche impedimento non possono essere qui presenti. Penso in particolare agli ammalati, agli anziani ed a coloro che, per vari motivi, si trovano in difficoltà.

Carissimi Fratelli e Sorelle, nella vostra Parrocchia, dove è aumentato negli ultimi anni il numero delle persone anziane o sole ed è iniziato l'insediamento di una seconda giovane generazione di famiglie, è quanto mai necessaria un'opera capillare di nuova evangelizzazione. La sfida pastorale è, infatti, quella di aiutare tutte le famiglie, e soprattutto le più giovani, a scoprire la ricchezza del Vangelo ed a perseverare negli impegni della fede cristiana.

Affido in particolare a voi, cari fedeli aderenti ai tanti gruppi parrocchiali, il compito di essere veicoli di speranza, recando il Vangelo ai vostri fratelli che vivono nel quartiere. Non aspettate che essi vengano a voi, ma siate voi ad andare da loro, fidandovi della potenza della Parola che portate. La missione cittadina, infatti, con le sue molteplici iniziative attualmente in corso, chiama ogni cristiano di Roma a riscoprire il mandato missionario affidato da Gesù risorto a tutti i battezzati attraverso il ministero degli Apostoli. Secondo le notizie che ricevo dal Cardinale Vicario e dai Vescovi Ausiliari dei settori, sono molte le persone disposte a prendere parte alla missione cittadina. Sono persone che si presentano per partecipare attivamente alla nuova evangelizzazione di Roma.

4. L'evangelizzazione proposta dalla missione cittadina sarà, tuttavia, tanto più efficace quanto più l'opera dei missionari sarà sostenuta ed accompagnata dalla preghiera. Mi congratulo, pertanto, con voi per le numerose iniziative di preghiera e di adorazione eucaristica settimanale - anche notturna - che svolgete in questa bella Comunità. La preghiera è l'anima della missione. Perseverate, carissimi Fratelli e Sorelle, nel pregare, perché il contatto con Dio assicura autenticità all'attività apostolica.

Nei Vangeli leggiamo che Gesù stesso, pur prodigandosi a favore di tanti uomini e donne, si ritirava per lunghi periodi nella solitudine e pregava (cfr Mt 14,23 Mc 1,35 Lc 6,12 Lc 9,18 Lc 11,1 Jn 6,15). Dobbiamo imitarlo ed incontrarlo nei momenti di solitudine e di silenzio dedicati alla preghiera. Queste provvidenziali soste spirituali aiuteranno tutti voi ad essere autentici missionari del Vangelo in questa nostra grande Città.

5. "La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuor solo ed un'anima sola" (Ac 4,32).

La Comunità apostolica di Gerusalemme, descritta negli Atti degli Apostoli, è modello di ogni comunità cristiana. Anche noi che viviamo ormai alle soglie del Terzo Millennio cristiano dobbiamo diventare sempre più un cuor solo ed un'anima sola nell'azione liturgica, come nell'attività apostolica e nella testimonianza della carità. Dobbiamo impegnarci a testimoniare con grande forza (cfr Ac 4,33), in comunione con i successori degli Apostoli, la risurrezione di Gesù.

"Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede", ci ha ricordato poc'anzi la prima Lettera di Giovanni (1Jn 5,4). Mediante la fede, che si realizza nell'osservanza dei comandamenti, anche noi siamo chiamati a sconfiggere le forze del male, per preparare fin d'ora col nostro apostolato la piena manifestazione del Regno di Dio.

Con le parole del Salmo responsoriale, vogliamo esprimere l'esultanza per le meraviglie che Dio continua a compiere anche nel nostro tempo. Nella Pasqua del suo Figlio, morto e risorto, Egli infatti viene incontro ad ogni uomo, manifestandogli le infinite ricchezze della sua misericordia senza limiti.

"Questo è il giorno fatto dal Signore; rallegriamoci ed esultiamo in esso" (Ps 117,24).

Amen. Alleluia!



GPII Omelie 1996-2005 71