GP2 Discorsi 1999 279

IOANNES PAULUS PP. II





AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA


S.E. SIGNOR CARLO AZEGLIO CIAMPI


Signor Presidente!


1. E' sempre con grande gioia che il Successore di Pietro incontra il Capo dello Stato italiano, memore com'è dell'inconfondibile contributo che questo Paese ha dato alla Cristianità tutta, e consapevole, al tempo stesso, del segno impresso dalla fede cristiana, durante questi due millenni, alla formazione ed alla fioritura dell'identità nazionale italiana.

Con viva cordialità Le rivolgo, pertanto, il mio benvenuto, Signor Presidente, grato per la visita con cui Ella oggi m'onora. Estendo questo mio sentimento di riconoscenza anche agli illustri Membri della Delegazione che L'accompagna.

280 In Lei saluto l'intero popolo italiano, che apprezzo ed amo per i tanti segni di affetto che mi ha sempre riservato. E' un popolo che è stato sempre molto vicino, non solo geograficamente, alla Sede di Pietro, da quando il Pescatore di Galilea è approdato sulle coste della penisola. Questo incontro conferma la buona armonia che esiste nelle relazioni tra lo Stato e la Chiesa, grazie ad una stabile intesa che ha favorito il concorde impegno a servizio del bene della comunità italiana, così ricca di cultura, di arte, di storia, nel segno di quella civiltà radicata nel cristianesimo che l'ha resa famosa ed onorata nel mondo.

2. L'Italia è bene inserita tra le Nazioni sorelle dell'Europa e mi piace ricordare che la Sua visita, Signor Presidente, avviene mentre è riunito in Vaticano un Sinodo nel quale i rappresentanti degli Episcopati europei affrontano i problemi vecchi e nuovi della vita della Chiesa nel Continente. E se certi drammi di un passato non lontano, drammi di cui noi stessi siamo stati testimoni, appaiono oggi superati, non per questo la convivenza manca di sfide e di appuntamenti decisivi per le singole persone e per l'intera organizzazione sociale.

L'Europa, che ha raggiunto insperati traguardi di benessere, ha oggi il compito di ripensare se stessa per adeguare le proprie strutture al raggiungimento di fini superiori, forse sin qui appena immaginati. Il progresso non può essere solo economico. La disponibilità di beni materiali e la stessa discussa prospettiva dello "sviluppo illimitato" esigono che la dimensione economica della convivenza europea sia arricchita ed anzi coronata da una "centralità dell'anima". Le ragioni dello spirito sono insopprimibili: dal loro accoglimento dipende la formazione di una convivenza umana nella quale sia tutelata e adeguatamente promossa la dignità personale di ogni suo componente. In questo contesto, si propone come essenziale il riconoscimento da parte delle Autorità pubbliche di quei valori umani di fondo su cui poggiano le basi stesse della società. Stato pluralista non significa Stato agnostico.

3. La natura universale del Pontificato Romano attribuisce al Successore di Pietro una specifica responsabilità nei confronti di tutte le genti. La sua vocazione è quella di servitore della pace, secondo la parola di Isaia a riguardo del futuro Messia, nel quale il profeta vedeva il "principe della pace", prospettando addirittura una "pace senza fine", perché fondata "sulla giustizia e sulle opere di equità" (
Is 9,5-6). La fine della conflittualità dei tempi passati, in cui purtroppo si sono distinte le grandi Nazioni europee, non ci esime dalla vigilanza, perché i flagelli che hanno colpito le generazioni precedenti non abbiano a riproporsi, anche se forse in aree remote e con modalità nuove.

Il Successore di Pietro molto si attende dall'Italia, e non senza ragione, visto che da molti decenni essa ha inscritto nelle tavole fondamentali della sua convivenza, la Costituzione della Repubblica, la rinuncia alla guerra "come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" (art. 11). Ecco perché nei Balcani, nel Mediterraneo, nel Terzo Mondo, ovunque appaiano focolai di quell'incendio antiumano che è costituito appunto dalla guerra, l'Italia, coerente con le sue radici cristiane e le scelte culturali che la distinguono, sta cercando di dare il suo deciso e qualificante contributo di amicizia e di umana solidarietà.

4. L'Italia, grazie a Dio, è in pace: è importante che questa situazione perduri, perché solo nel contesto della pace possono essere affrontati e convenientemente risolti i complessi problemi con cui la Nazione deve misurarsi. C'è la vita da tutelare sin dal concepimento e da assicurare, con amore e dignità, nella sua naturale evoluzione. Essa nasce e cresce nella famiglia, la cellula fondamentale su cui si regge la nazione e che merita di essere sempre meglio aiutata, con provvidi interventi, al compimento della sua essenziale funzione sociale.

Poi c'è la scuola, che dev'essere libera ed aperta alla crescita morale ed intellettuale delle giovani generazioni. Come non riconoscere l'opportunità di far fiorire molteplici esperienze di percorsi educativi, in cui la famiglia, fondata sul matrimonio, e i gruppi sociali possano concretamente esprimere le loro convinzioni?

Infine c'è il lavoro, che oggi più che mai richiama il precetto biblico che impegna l'uomo alla trasformazione del mondo. I pubblici poteri, proprio come verso la vita, la famiglia e la scuola, hanno il dovere di aiutare con ogni mezzo la persona ad esprimere le sue potenzialità creative: sarebbe grave colpa restare indifferenti e confinare le giovani generazioni in un ozio corruttore, sfigurante la dignità che tutti ormai riconoscono alla persona ed al cittadino.

5. La Chiesa, in tutte le sue componenti, è pronta a collaborare con i pubblici poteri ed anzi con la società nazionale, di cui è parte significativa e caratterizzante. Essa ben volentieri mette a disposizione anche di questo Paese, che per tanti versi le è così vicino e così caro, le sue energie. Lo fa nel rispetto della sua missione specifica, che è quella dell'annuncio del Vangelo ad ogni uomo: solo così, infatti, la vicenda dell'essere umano può evolvere nel tempo in senso pienamente rispondente al disegno del suo Creatore e Redentore.

La Chiesa persegue il vero bene del Paese, al quale contribuisce con la fedeltà a Cristo e l'innovazione creativa nei settori dell'educazione, della cultura, dell'assistenza e di tante forme di testimonianza a lei proprie, tenendo ben ferma una irrinunciabile idea dell'uomo e del significato delle relazioni sociali.

6. E' con questi sentimenti e queste speranze che guardiamo all'apertura, ormai imminente, del Giubileo del bimillenario dell'Incarnazione del Figlio di Dio. Nell'occasione, milioni e milioni di uomini confluiranno verso Roma. Ci sarà ad accoglierli la tradizionale e ben collaudata ospitalità del popolo italiano, ma anche questa è un'ulteriore responsabilità che grava sulle due realtà, lo Stato e la Chiesa, che oggi si sono visibilmente incontrate in questa visita, ed i cui rapporti sono caratterizzati da significativa collaborazione.

281 Mentre ringrazio per quanto le Autorità italiane stanno facendo per la buona riuscita dell'Anno Giubilare, esprimo l'auspicio che l'impegno prosegua con la stessa efficacia nei prossimi mesi, così da assicurare ai pellegrini di ogni parte del mondo l'accoglienza premurosa ed attenta che essi attendono.

7. Mi è caro concludere queste mie parole con l'augurio cordiale che la Nazione italiana, grazie anche alla Sua opera, Signor Presidente, sappia avanzare sulla via dell'autentico progresso, raccogliendo dalle sue ricche tradizioni di civiltà rinnovati impulsi per la promozione di quei valori umani e cristiani che le hanno assicurato stima e prestigio nel consesso dei popoli.

Con questi auspici, Le formulo i più sentiti voti per il felice adempimento dell'altissimo mandato da poco iniziato, mentre con grande simpatia invoco sulla Sua persona, sulla gentile Consorte, sulle Autorità qui presenti e sull'intero Popolo italiano la costante protezione dell'Onnipotente.




AI PROFESSORI E AI SEMINARISTI


DELL'ARCIDIOCESI DI PARIGI


Sala Clementina - Lunedì, 25 ottobre 1999

Signor Cardinale,

Cari Amici,

1. Sono lieto di accogliervi, professori e seminaristi di Parigi, con il vostro Arcivescovo il Signor Cardinale Jean-Marie Lustiger, al quale mi associo in modo particolare ad alcuni giorni dal suo ventesimo anniversario di Episcopato. Rendo omaggio all'attenzione che la Diocesi di Parigi rivolge alla formazione sacerdotale, che riveste un'importanza capitale (cfr Optatam totius, preambolo). Gli elementi che vengono acquisiti durante il periodo di formazione, tempo di discernimento da parte della Chiesa, sono per ogni sacerdote come la charta della vita sacerdotale.

L'anno trascorso nella Maison Saint-Augustin vi permette di approfondire il vostro Battesimo mediante un rapporto d'intimità con Cristo, soprattutto attraverso la Parola di Dio e i sacramenti, al fine di rispondere alla sua chiamata. Procedete così risolutamente lungo il cammino della sua Pasqua, divenendo nella sua sequela poveri, obbedienti e casti. La vostra formazione nel seminario e la formazione permanente vi renderanno disponibili per la missione. Ciò che avete iniziato a praticare con regolarità deve restare la regola della vostra vita: incontro del Signore nei Sacramenti, in particolare l'Eucaristia, amore fiducioso verso la Chiesa, preghiera liturgica e personale, lectio divina, vita fraterna, che è come l'anima del presbiterio, e sollecitudine verso il popolo di Dio, soprattutto verso i poveri.

2. Voi siete chiamati a scrutare il mistero cristiano, per poter entrare nell'intellectus fidei. Non si tratta di una semplice conoscenza, ma di un cammino di credente, dove ci si lasci prima innanzitutto modellare e unificare dal credo, al fine di proclamare il Vangelo in termini adatti al nostro tempo.

Lo studio della Scrittura, letta nella Tradizione, deve essere al centro della vostra vita: essa è "come l'anima della sacra teologia" (Dei Verbum DV 24) e, per rispondere alla crisi attuale del senso dell'uomo, "presuppone e implica una filosofia dell'uomo, del mondo e, più radicalmente, dell'essere, fondata sulla verità oggettiva" (Fides et ratio, n. 66).

3. Mediante l'ordinazione sacerdotale, sarete configurati a Cristo Capo e Pastore. Amate la Chiesa con lo stesso amore con cui Cristo l'ha amata, dando se stesso per lei (cfr Ep 5,25)! In ogni circostanza opportuna e non opportuna, proclamate il mistero della Croce attraverso la vostra vita, la predicazione, il dono dei sacramenti! Sarete così, per i vostri fratelli, veri Pastori e veri servitori, disponibili e pronti a rispondere alle esigenze dell'annuncio della salvezza, nel rispetto e nell'obbedienza dovuti al vostro Vescovo.

282 Affido la vostra formazione sacerdotale alla Vergine Maria, Madre di Cristo e Sede della Sapienza. Che Ella vi insegni a rispondere con gioia alla volontà di Colui che vi chiama!




ALLE SUORE FRANCESCANE DELLA CARITA’ CRISTIANA


Giovedì, 28 ottobre 1999




Venerate Sorelle,
Cari Fratelli e Sorelle,

1. È per me un grande piacere ricevervi oggi nel Palazzo Apostolico. Saluto in modo particolare le Francescane della Carità Cristiana, accompagnate dalla venerata Madre Superiora Generale. Porgo inoltre il benvenuto ai membri del «Komitee Schwester Restituta». Così abbiamo già menzionato la parola chiave che vi unisce e che vi ha spinti a compiere insieme il pellegrinaggio nella città eterna. Siete venuti a Roma, presso le tombe dei principi degli apostoli, per ringraziare Dio, donatore di tutto ciò che è buono, per la grazia che ci ha concesso con la beatificazione di suor Restituta Kafka.

2. Così il mio pensiero ritorna alla Heldenplatz di Vienna, dove il 21 giugno dello scorso anno, in occasione della mia terza visita pastorale in Austria, ho avuto la gioia di poter elevare agli onori degli altari, oltre ai due sacerdoti Jakob Kern e Anton Maria Schwartz, anche la Suora di Hartmann, Restituta Kafka. È con piacere che faccio mia la gioia, che pervade voi e molti altri fedeli, di poter adorare come martire questa religiosa, che molti di voi considerano una sorta di «sorella maggiore». Al contempo mi appare vivo il duraturo messaggio che questa splendente testimone della fede, in un periodo buio del nostro tempo, ha rivolto a noi, che ci troviamo alle soglie del terzo millennio. Dalla beata suor Restituta possiamo apprendere a quali vette di maturità interiore l'uomo può essere condotto se si affida alle buone mani di Dio.

Il suo cammino di vita terrena assomiglia alla salita verso il Calvario, lungo la quale alla Beata si è schiusa una visione che ha messo in una nuova luce il suo essere e la sua opera e che ha radicato in lei la speranza della vita eterna in modo tanto profondo, da farle affermare di fronte alla morte: «Per Cristo ho vissuto, per Cristo desidero morire». Per questo motivo il suo Padre confessore ha giustamente definito la sua via crucis una «università per la condotta dell'anima», che lei ha superato brillantemente.

3. Per prima cosa suor Restituta ha imparato il significato dell'umiltà. La giovane donna era entrata in convento «per amore di Dio e degli uomini». Per decenni ha servito Dio nei malati, per i quali si è instancabilmente impegnata con le sue molteplici capacità e la sua competenza. Quando parlava del Cielo, aveva, nel vero senso della parola, i piedi ben piantati per terra. Quando la sua vita terrena giunse al termine, la grazia di Dio rese l'umiltà della religiosa sempre più profonda, finché essa non fu pronta a donarsi completamente. Colei che come infermiera si era chinata sui pazienti infine chinò il capo per la professione al Crocifisso.

4. Nell'«università della condotta dell'anima» suor Restituta ha imparato anche la virtù della docilità.Dotata di un carattere forte, era diretta e aperta, piena di dedizione materna e di premurosa disponibilità ad aiutare, allegra e talvolta poco convenzionale. Una volta venne definita «gemma grezza» per via del suo temperamento, ma si lasciò purificare da Dio, così da diventare un diamante prezioso. Divenne sempre più attenta e sensibile alle profonde afflizioni dell'anima delle sue consorelle e dei pazienti. Non sorprende quindi che essa considerasse il tempo trascorso in prigione un dono per meglio imparare la docilità e la pazienza e per «potere aiutare molto nella cura delle anime».

5. Infine giunse a piena maturazione anche quell'aspetto del carattere di suor Restituta che più la distingueva: il coraggio. Per la religiosa, spesso chiamata suor «Resoluta» per i suoi modi decisi, la prigione divenne una specie di luogo di grazia per onorare il nome con il quale era stata consacrata: Restituta, colei che è stata restituita da Dio. Infatti, guardando alla forza redentrice della Croce, nel suo cuore divenne sempre più viva la consapevolezza che sebbene l'uomo esteriore debba morire, non significa che muore anche quello interiore. In tal modo il coraggio che le era proprio divenne così saldo che essa poteva dire con san Paolo: «sconosciuti, eppure siamo notissimi; moribondi, ed ecco viviamo; puniti, ma non messi a morte; afflitti, ma sempre lieti» (2Co 6,9-10).

Cari Fratelli e Sorelle,

283 6. Auspico che la beata suor Restituta sia per voi un modello di vita. Ha conquistato la grandezza con l'umiltà, si è distinta per la sua docilità e il suo coraggio non è venuto meno anche quando la professione alla Croce le è costata la vita.

Nei momenti di difficoltà portava le sue preoccupazioni alla Mater Dolorosa, alla quale fu intimamente legata per tutta la vita. Che la Madre Dolorosa sia anche per voi una fedele compagna in ogni afflizione e una fonte di consolazione e di fiducia per la vostra testimonianza di fede quotidiana! Per questo vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.




AI PARTECIPANTI ALLA CERIMONIA CONCLUSIVA


DELL'ASSEMBLEA INTERRELIGIOSA


Giovedì, 28 ottobre 1999




Egregi Rappresentanti Religiosi,
Cari Amici,

1. In quella pace che il mondo non può donare, saluto tutti voi qui riuniti in Piazza San Pietro, al termine dell'Assemblea Interreligiosa tenutasi negli scorsi giorni. Per tutti gli anni del mio pontificato, e in modo particolare durante le mie Visite Pastorali nelle diverse parti del mondo, ho avuto la grande gioia di incontrare innumerevoli cristiani e i membri di altre religioni. Oggi quella gioia è rinnovata qui, presso la tomba dell'Apostolo Pietro, il cui ministero nella Chiesa ho il compito di proseguire. Sono lieto di incontrare tutti voi e rendo grazie a Dio Onnipotente che ispira il nostro desiderio per una comprensione e un'amicizia reciproche.

Sono consapevole del fatto che molti stimati capi religiosi hanno compiuto lunghi viaggi per essere presenti a questa cerimonia conclusiva dell'Assemblea Interreligiosa. Sono grato a tutti coloro che si sono adoperati per promuovere lo spirito che rende possibile questa Assemblea. Abbiamo appena ascoltato il Messaggio che è il frutto delle vostre deliberazioni.

2. Ho sempre ritenuto che le guide religiose avessero un ruolo importante nell'alimentare quella speranza di giustizia e pace senza la quale non vi sarà nessun futuro degno dell'umanità. Mentre il mondo è giunto alla conclusione di un millennio e all'inizio di uno nuovo, è bene guardare indietro con calma, in modo da valutare attentamente la situazione attuale e procedere insieme nella speranza verso il futuro.

Esaminando la situazione dell'umanità, è eccessivo parlare di una crisi di civiltà? Osserviamo grandi progressi tecnologici, ma non sempre sono accompagnati da grandi progressi spirituali e morali. Osserviamo inoltre un crescente divario tra ricchi e poveri, a livello di persone e di nazioni. Molti compiono grandi sacrifici per mostrare solidarietà con chi vive in povertà o soffre per la fame o la malattia, tuttavia manca ancora la volontà collettiva di superare le scandalose disuguaglianze e di creare nuove strutture che permetteranno a tutti di partecipare in modo giusto alle risorse del mondo.

Poi vi sono i numerosi conflitti che scoppiano continuamente in tutto il mondo: guerre tra nazioni, lotte armate all'interno delle nazioni, conflitti che permangono come ferite in suppurazione e richiedono una cura che tarda a venire. Inevitabilmente sono i più deboli a soffrire di più in questi conflitti, specialmente quando sono scacciati dalle proprie case e costretti a fuggire.

3. Di certo non è così che dovrebbe vivere l'umanità. Non è quindi giusto affermare che esiste una crisi di civiltà che può essere contrastata solo con una nuova civiltà dell'amore, fondata sui valori universali della pace, della solidarietà, della giustizia e della libertà (cfr Tertio Millennio adveniente TMA 52)?

284 Qualcuno sostiene che la religione è parte del problema, ostacolando il cammino dell'umanità verso l'autentica pace e prosperità. Come uomini di fede, è nostro compito dimostrare che non è così.

Qualsiasi uso fatto della religione per sostenere la violenza è un suo abuso. La religione non è, e non deve diventare, un pretesto per i conflitti, soprattutto quando l'identità religiosa, culturale ed etnica coincidono. La religione e la pace vanno di pari passo: dichiarare guerra in nome della religione è un'evidente contraddizione (cfr Ai Partecipanti della Sesta Assemblea della Conferenza Mondiale su Religione e Pace, 3 novembre 1994, n. 2). I capi religiosi devono dimostrare chiaramente di essere impegnati a promuovere la pace proprio a motivo della loro fede religiosa.

Il compito che dovremo affrontare sarà quello di promuovere una cultura del dialogo. Da soli e tutti insieme, dobbiamo dimostrare che la fede religiosa ispira la pace, incoraggia la solidarietà, promuove la giustizia e sostiene la libertà.

Tuttavia l'insegnamento da solo, per quanto possa essere indispensabile, non basta. Occorre tradurlo in azione. Il mio venerato predecessore Papa Paolo VI ha osservato che ai giorni nostri le persone prestano più attenzione ai testimoni che ai maestri, che ascoltano i maestri se questi sono anche testimoni (cfr Evangelii nuntiandi EN 41). Basti pensare all'indimenticabile testimonianza di persone come Mahatma Gandhi o Madre Teresa di Calcutta, tanto per menzionare solo due dei personaggi che hanno avuto un grande impatto sul mondo.

4. Inoltre, la forza della testimonianza sta nel fatto che essa è condivisa. È un segno di speranza che in molte parti del mondo siano state create delle associazioni interreligiose al fine di promuovere la riflessione e l'azione comune. In alcuni luoghi i capi religiosi hanno agito da mediatori tra le parti in guerra. Altrove si fa fronte comune per proteggere i nascituri, per sostenere i diritti delle donne e dei bambini, per difendere gli innocenti. Sono convinto che l'accresciuto interesse per il dialogo tra le religioni sia uno dei segni di speranza presenti nell'ultima parte di questo secolo (cfr Tertio Millennio adveniente
TMA 46). Occorre tuttavia andare oltre. Una maggiore stima reciproca e una crescente fiducia devono portare a un'azione comune sempre più efficace e coordinata a nome della famiglia umana.

La nostra speranza non nasce solo dalle capacità del cuore e della mente umana, ma possiede una dimensione divina che è bene riconoscere. Quelli tra noi che sono cristiani credono che tale speranza sia un dono dello Spirito Santo, che ci chiama ad allargare i nostri orizzonti, a guardare oltre i bisogni nostri e delle nostre comunità particolari, all'unità dell'intera famiglia umana.

L'insegnamento e l'esempio di Gesù Cristo hanno donato ai cristiani un chiaro senso della fratellanza universale di tutti i popoli. La consapevolezza che lo Spirito di Dio opera dove vuole (cfr Jn 3,8) ci impedisce di esprimere giudizi affrettati e pericolosi, poiché suscita l'apprezzamento di ciò che è nascosto nel cuore altrui. Ciò apre la via alla riconciliazione, all'armonia e alla pace. Da questa consapevolezza spirituale scaturiscono compassione e generosità, umiltà e modestia, coraggio e perseveranza. Sono queste le qualità di cui l'umanità ha più che mai bisogno entrando nel nuovo millennio.

5. Mentre siamo qui riuniti, persone provenienti da numerose nazioni in rappresentanza di molte religioni del mondo, come possiamo non ricordare l'incontro di Assisi tenutosi tredici anni fa per la Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace? Da allora, lo "spirito di Assisi" è stato mantenuto vivo attraverso varie iniziative nelle diverse parti del mondo. Ieri, quelli di voi che hanno partecipano all'Assemblea Interreligiosa si sono recati ad Assisi, proprio nell'anniversario di quel memorabile incontro del 1986. Siete andati ad affermare ancora una volta lo spirito di tale incontro e a trarre nuova ispirazione dalla figura del Poverello d'Assisi, l'umile e gioioso san Francesco. Permettetemi di ripetere quanto ho già affermato alla fine di quella giornata di digiuno e di preghiera:
"Il fatto stesso che siamo venuti ad Assisi da varie parti del mondo è in se stesso un segno di questo sentiero comune che l'umanità è chiamata a percorrere. Sia che impariamo a camminare assieme in pace ed armonia, sia che ci estraniamo a questa vicenda e roviniamo noi stessi e gli altri.

Speriamo che questo pellegrinaggio ad Assisi ci abbia insegnato di nuovo ad essere coscienti della comune origine e del comune destino dell'umanità. Cerchiamo di vedere in esso un'anticipazione di ciò che Dio vorrebbe che fosse lo sviluppo storico dell'umanità: un viaggio fraterno nel quale ci accompagniamo gli uni gli altri verso la meta trascendente che egli stabilisce per noi" (In conclusione della Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace, Assisi, 27 ottobre 1986, n. 5).

L'incontro odierno in Piazza San Pietro è un ulteriore passo lungo quel cammino. Nelle molteplici lingue della preghiera, chiediamo allo Spirito di Dio di illuminarci, di guidarci e di darci forza, affinché come uomini e donne che traggono la loro ispirazione dalla fede religiosa, possiamo lavorare insieme per costruire il futuro dell'umanità nell'armonia, nella giustizia, nella pace e nell'amore.




AI DOCENTI E AGLI STUDENTI DELLA LIBERA UNIVERSITA'


MARIA SANTISSIMA ASSUNTA (LUMSA)


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Aula Paolo VI - Venerdì, 29 ottobre 1999

Signori Cardinali,

Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Chiarissimi Docenti,
Cari Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di incontrarmi con voi nella felice ricorrenza dei sessant'anni di fondazione dell'Università "Maria SS.ma Assunta". Grazie per la vostra festosa accoglienza! Grazie per questo rinnovato attestato di affetto e di fedeltà al Successore di Pietro!

Saluto con cordiale stima il Rettore Magnifico, Prof. Giuseppe Dalla Torre, e lo ringrazio per le cortesi espressioni che ha voluto indirizzarmi a nome degli intervenuti. Rivolgo un affettuoso pensiero ai Signori Cardinali ed ai Vescovi presenti e, in particolare, ai Cardinali Camillo Ruini, Pio Laghi e Edoardo Martinez Somalo, la cui partecipazione a questo evento testimonia il ruolo rilevante svolto dal Vicariato di Roma e dalle Congregazioni per l'Educazione Cattolica e per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica nella fondazione e nella vita di codesto Ateneo.

Il mio saluto deferente va alle Autorità Accademiche e Ministeriali, agli illustri Docenti, ai Membri del Consiglio di Amministrazione, all'Associazione Luigia Tincani, al personale tecnico, alle famiglie e agli amici di questa prestigiosa Istituzione. Infine rivolgo il mio cordiale pensiero a ciascuno di voi, carissimi studenti e studentesse, che costituite il centro dell'attività accademica; con voi saluto il Gruppo dei Laureati, che qui hanno perfezionato la loro formazione professionale e spirituale.

2. La celebrazione di questo sessantesimo anniversario invita a fare memoria del passato, per ritrovare le radici del vostro Ateneo e riscoprire gli ideali che ne illuminarono gli inizi.

La vostra Università ebbe origine dal cuore e dall'intelligenza della Serva di Dio Luigia Tincani, che con geniale e profetico intuito volle aprire alla donna consacrata e laica la via della ricerca e dell'insegnamento. Nel corso della sua esperienza di studentessa universitaria e di insegnante si era resa conto che "non c'è nessuna sofferenza più grande del desiderio insoddisfatto di conoscere, nessuna povertà più penosa della povertà dello spirito; non c'è gioia più grande del possesso della verità, via privilegiata per attuare la pienezza dell'amore" (cfr Luigia Tincani, Una vita a servizio della verità e dell'amore).

Sorretta da questa consapevolezza, ella presentò il suo progetto all'Autorità della Chiesa, che l'accolse e nelle persone dei miei venerati Predecessori, Pio XII e Paolo VI, lo benedisse, sostenendone con premurosa sollecitudine il progressivo realizzarsi.

286 3. Il cammino della LUMSA in questi sessant'anni è stato caratterizzato da uno stile di "carità culturale" intelligente e coraggiosa, che ha cercato sempre di rispondere alle attese più esigenti dei giovani con mezzi e modalità adeguati.

Oggi il vostro Ateneo, nella sua specifica identità di Università cattolica, costituisce una presenza prestigiosa e qualificata nel mondo accademico italiano, come pure in quello europeo e mondiale. Esso già nel suo motto "In fide et humanitate" esprime le grandi intuizioni pedagogiche che stanno alla sua origine e continuano a motivarne l'impegno accademico. Infatti, l'Università non può essere soltanto finalizzata all'apprendimento del sapere. Essa possiede una vocazione essenzialmente educativa che, attraverso la ricerca disinteressata della verità, mira all'edificazione armoniosa della personalità, e si realizza nel rispetto dell'ordine che presiede all'organizzazione intrinseca delle conoscenze.

Il compimento di tale "opera educativa" esige che l'Università costituisca una vera comunità, nella quale docenti e studenti possano instaurare efficaci e qualificate relazioni interpersonali. Mi è noto l'impegno di codesto Ateneo nella promozione di tali obiettivi educativi e, mentre esprimo vivo compiacimento per i lusinghieri risultati ottenuti, vi invito a continuare sulla strada intrapresa, facendone una caratteristica peculiare del vostro Ateneo.

4. Nell'Enciclica Fides et ratio (cfr n. 81) ricordavo che il fenomeno della frammentazione del sapere conduce ad una "crisi del senso" tale da indurre non pochi a chiedersi "se abbia ancora senso porsi una domanda sul senso". Ciò costituisce uno degli aspetti più problematici della cultura contemporanea.

La risposta a questa grave crisi, fonte di scetticismo sterile e devastante, consiste nel promuovere una cultura filosofica che "ritrovi la sua dimensione sapienziale di ricerca del senso ultimo e globale della vita", in armonia con la Parola di Dio.

Auspico che il vostro Ateneo, fedele alla sua ispirazione originaria, sappia accogliere tale sfida nell'ambito della ricerca, dell'insegnamento, dell'apprendimento e dello stile di convivenza, per formare donne e uomini coerenti con la verità della propria missione!

Tale compito è affidato particolarmente a voi, illustri Docenti! In questa solenne circostanza mi è caro rileggere con voi le parole colme di sapienza della Serva di Dio Luigia Tincani: "Abbiate la passione di questo vostro ministero educativo. La missione intellettuale partecipa un poco del sacerdozio, se ogni studio e ogni insegnamento è ricerca, conquista e trasmissione di verità e se omne verum a quocumque dicatur a Spiritu Sancto est. Abbiate impressa in voi l'arte della vita: fatevi anzitutto amare"! (cfr Luigia Tincani, Una vita al servizio della verità e dell'amore).

5. Ed ora mi rivolgo a voi, carissimi studenti dell'Università "Maria SS.ma Assunta": la Chiesa ha bisogno della vostra giovinezza impegnata nella verità, nella carità e nella pace. Alle soglie del nuovo millennio, essa chiede a voi di essere intemerati operai nell'impresa di costruire "una umanità bella, pura e santa, gradita a Dio, di cui gli uomini e le donne hanno nostalgia e bisogno, soprattutto oggi" (Giovanni Paolo II, Discorso alle Missionarie della Scuola, 5 gennaio 1989). La vostra attiva partecipazione alla Giornata Mondiale della Gioventù, che avrà luogo a Roma dal 15 al 20 agosto prossimi, ed ai grandi appuntamenti dell'Anno Santo possa costituire per ciascuno di voi un'occasione propizia per condividere questo anelito con i giovani di tutto il mondo e per testimoniare l'umanità nuova che il Signore vuol realizzare anche attraverso il vostro generoso impegno.

Nel cammino verso la sapienza, ultimo e autentico fine di ogni vero sapere, vi accompagni e vi protegga Colei che, generando la Verità e conservandola nel suo cuore, l'ha partecipata all'umanità intera per sempre (cfr Fides et ratio, 106).

Con tali auspici, imparto a tutti i presenti e all'intera Comunità accademica della LUMSA la mia speciale Benedizione Apostolica.




AGLI STUDENTI, AI DOCENTI E AI GENITORI


DELLA SCUOLA CATTOLICA ITALIANA


Sabato, 30 Ottobre 1999

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1. "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4,4).


Con questa forte frase che il Signore Gesù trae dal Deuteronomio (8, 3) mi piace rivolgermi a voi, carissimi amici della scuola cattolica italiana, convenuti oggi in Piazza San Pietro per concludere, con il Papa, la vostra grande Assemblea Nazionale. Questo incontro si svolge a otto anni dall'indimenticabile Convegno che ci vide ugualmente riuniti in questa Piazza, il 23 novembre 1991. La verità che viene da Dio è il principale nutrimento che ci fa crescere come persone, stimola la nostra intelligenza e irrobustisce la nostra libertà. Da questa convinzione trae origine quella passione educativa che ha accompagnato la Chiesa attraverso i secoli e che sta alla base della fioritura delle scuole cattoliche .

Saluto il Cardinale Presidente e gli altri Eccellentissimi Membri della Conferenza Episcopale Italiana, alla quale va tutta la mia gratitudine per avere promosso questa Assemblea. Saluto il Cardinale Prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica e tutti i Vescovi qui presenti. Saluto i Superiori delle Congregazioni religiose maschili e femminili impegnate nella scuola cattolica. Saluto le Autorità civili, gli esponenti politici, i rappresentanti delle forze sociali, gli uomini di cultura. Ringrazio il Signor Ministro della Pubblica Istruzione come pure il Vice-Presidente del Consiglio dei Ministri per la loro presenza.

Saluto con speciale cordialità le scuole di Madrid, di Sarajevo e della Palestina, che sono con noi collegate via satellite. Esprimo a ciascuno di voi - insegnanti, alunni, genitori, o a qualunque altro titolo amici e sostenitori della scuola cattolica - il mio affetto, la mia stima e la più viva solidarietà per l'opera alla quale vi dedicate. Da questa Assemblea essa deve trarre nuova fiducia e nuovo slancio.

2. Il tema del vostro incontro - "Per un progetto di scuola alle soglie del XXI secolo" - indica chiaramente che sapete guardare avanti e che vi muovete in una prospettiva non soltanto specifica della scuola cattolica, ma sollecita di quegli interrogativi che riguardano oggi ogni genere di istituzione scolastica. Potete farlo a buon diritto, perché l'esperienza delle scuole cattoliche porta in sé un grande patrimonio di cultura, di sapienza pedagogica, di attenzione alla persona del bambino, dell'adolescente, del giovane, di reciproco sostegno con le famiglie, di capacità di cogliere anticipatamente, con l'intuizione che viene dall'amore, i bisogni e i problemi nuovi che sorgono col mutare dei tempi. Un tale patrimonio vi mette nelle condizioni migliori per individuare risposte efficaci alla domanda educativa delle giovani generazioni, figlie di una società complessa, attraversata da molteplici tensioni e segnata da continui cambiamenti: poco capace, quindi, di offrire ai suoi ragazzi e ai suoi giovani chiari e sicuri punti di riferimento.

Nell'Europa unita che si va costruendo, dove le tradizioni culturali delle singole nazioni sono destinate a confrontarsi, integrarsi e fecondarsi reciprocamente, è ancora più ampio lo spazio per la scuola cattolica, di sua natura aperta all'universalità e fondata su un progetto educativo che evidenzia le radici comuni della civiltà europea. Anche per questa ragione è importante che in Italia la scuola cattolica non si indebolisca, ma trovi piuttosto nuovo vigore ed energie: sarebbe ben strano, infatti, che la sua voce divenisse troppo flebile proprio in quella nazione che, per la sua tradizione religiosa, la sua cultura e la sua storia, ha un compito speciale da assolvere per la presenza cristiana nel continente europeo (cfr Lettera ai Vescovi italiani del 6 gennaio 1994, n. 4).

3. Cari amici della scuola cattolica italiana, voi sapete però per esperienza diretta quanto difficili e precarie siano le circostanze in cui la maggior parte di voi si trova ad operare. Penso alla diminuzione delle vocazioni nelle Congregazioni religiose, sorte con lo specifico carisma dell'insegnamento; penso alla difficoltà per molte famiglie di sobbarcarsi l'onere aggiuntivo che consegue, in Italia, alla scelta di una scuola non statale; penso con profondo rammarico ad Istituti prestigiosi e benemeriti che, anno dopo anno, sono costretti a chiudere.

Il principale nodo da sciogliere, per uscire da una situazione che si sta facendo sempre meno sostenibile, è indubbiamente quello del pieno riconoscimento della parità giuridica ed economica tra scuole statali e non statali, superando antiche resistenze estranee ai valori di fondo della tradizione culturale europea. I passi recentemente compiuti in questa direzione, pur apprezzabili per alcuni aspetti, restano purtroppo insufficienti.

Mi unisco, dunque, di cuore alla vostra richiesta di andare oltre con coraggio e di porvi in una logica nuova, nella quale non soltanto la scuola cattolica, ma le varie iniziative scolastiche che possono nascere dalla società siano considerate una risorsa preziosa per la formazione delle nuove generazioni, a condizione che abbiano gli indispensabili requisiti di serietà e di finalità educativa. E' questo un passaggio obbligato, se vogliamo attuare un processo di riforma che renda davvero più moderno e più adeguato l'assetto complessivo della scuola italiana.

4. Mentre chiediamo con forza ai responsabili politici e istituzionali che sia rispettato concretamente il diritto delle famiglie e dei giovani ad una piena libertà di scelta educativa, dobbiamo rivolgere con non minore sincerità e coraggio lo sguardo al nostro interno, per individuare e mettere in atto ogni opportuno sforzo e collaborazione, che possano migliorare la qualità della scuola cattolica ed evitare di restringere ulteriormente i suoi spazi di presenza nel Paese.

Fondamentali, sotto questo profilo, sono la solidarietà e la simpatia di tutta la comunità ecclesiale, dalle diocesi alle parrocchie, dagli istituti religiosi alle associazioni ed ai movimenti laicali. La scuola cattolica rientra, infatti, a pieno titolo nella missione della Chiesa, così come è al servizio dell'intero Paese. Non devono esistere, dunque, zone di estraneità o di indifferenza reciproca, quasi che altra cosa fossero la vita e l'attività ecclesiale, altra la scuola cattolica ed i suoi problemi. Sono, pertanto, assai lieto che la Chiesa italiana si sia dotata, in questi anni, di organismi come il Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica e il Centro Studi per la Scuola Cattolica: essi esprimono sia la sollecitudine della Chiesa per la scuola cattolica sia l'unità della scuola cattolica stessa e il suo impegno di riflessione progettuale.

288 Assai importante, in concreto, è la realizzazione di efficaci forme di raccordo tra le Diocesi, gli Istituti religiosi e gli Organismi laicali cattolici operanti nell'ambito della scuola. In molti casi appare utile, o necessario, mettere in comune iniziative, esperienze e risorse, per una collaborazione ben ordinata e lungimirante, che eviti sovrapposizioni e inutili concorrenze tra Istituti ed invece punti non solo ad assicurare la permanenza della scuola cattolica nei luoghi dove essa è tradizionalmente presente, ma anche a consentire suoi nuovi insediamenti, sia nelle zone di maggiore povertà sia nei settori nevralgici per lo sviluppo del Paese.

5. La capacità educativa di ogni istituzione scolastica dipende in grandissima misura dalla qualità delle persone che ne fanno parte e, in particolare, dalla competenza e dedizione dei suoi insegnanti. A questa regola non sfugge certo la scuola cattolica, che si caratterizza principalmente come comunità educante.

Mi rivolgo, perciò, con affetto, gratitudine e fiducia anzitutto a voi, docenti della scuola cattolica, religiosi e laici, che spesso operate in condizioni di difficoltà e con forzatamente scarsi riconoscimenti economici. Vi chiedo di dare sempre un'anima al vostro impegno, sostenuti dalla certezza che attraverso di esso partecipate in modo speciale alla missione che Cristo ha affidato ai suoi discepoli.

Con lo stesso affetto mi rivolgo a voi alunni e alle vostre famiglie, per dirvi che la scuola cattolica vi appartiene, è per voi, è casa vostra e quindi non vi siete sbagliati a sceglierla, ad amarla e a sostenerla.

Carissimi amici che siete presenti in questa Piazza e voi tutti che condividete i medesimi intenti, concludiamo questa Assemblea Nazionale con un'umile preghiera al Signore e con un forte impegno reciproco, perché la scuola cattolica possa corrispondere sempre meglio alla propria vocazione e vedere riconosciuto il posto che le spetta nella vita civile dell'Italia.

Maria Santissima, Sede della sapienza e Stella dell'evangelizzazione, e tutti i Santi e le Sante che hanno segnato il cammino dell'educazione cristiana e della scuola cattolica guidino e sostengano la vostra opera.




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