GP2 Discorsi 1999 342


AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO

PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA


Sabato, 4 dicembre 1999

Signor Cardinale,

Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di ricevere tutti voi, partecipanti al Congresso su “La famiglia e l'integrazione del disabile nell'infanzia e nell'adolescenza”, organizzato dal Pontificio Consiglio per la Famiglia, in collaborazione con il “Centro Educación Familiar Especial” (CEFAES) di Madrid e con il “Programma Leopoldo” del Venezuela. Saluto il Signor Cardinale Alfonso López Trujillo, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, e lo ringrazio per le cordiali espressioni che ha voluto rivolgermi, interpretando i sentimenti dei presenti. Saluto e ringrazio ciascuno di voi per la vostra presenza e per l'impegno con il quale state affrontando un tema così importante, che tocca tante famiglie. Mi auguro che i risultati di quest'incontro aiutino a migliorare la situazione di tanti bambini e adolescenti in difficoltà.

Nel contesto dell'Avvento, che ci prepara a celebrare la nascita del Signore, acquista un rilievo singolare questo vostro Simposio. Alla luce del Bambino Gesù diventa, infatti, più facile la riflessione sulla condizione dei bambini. Quando difficoltà, problemi o malattie colpiscono l'infanzia, è allora che i valori della fede possono venire in soccorso dei valori umani, per far sì che sia riconosciuta e rispettata l'originaria dignità personale anche dei disabili. E', pertanto, quanto mai opportuno questo vostro Congresso, che volge la sua attenzione alle famiglie, per aiutarle a scoprire, anche nei figli portatori di handicap, un segno dell'amore di Dio.

2. L'arrivo di un figlio sofferente è senza dubbio un evento sconcertante per la famiglia, che ne resta intimamente scossa. Anche da questo punto di vista appare importante incoraggiare i genitori a riservare “una specialissima attenzione al bambino, sviluppando una profonda stima per la sua dignità personale, come pure un grande rispetto ed un generoso servizio per i suoi diritti. Ciò vale per ogni bambino, ma acquista una singolare urgenza quanto più il bambino è piccolo e bisognoso di tutto, malato, sofferente o handicappato” (Familiaris Consortio FC 26).

La famiglia è il luogo per eccellenza, dove il dono della vita è ricevuto come tale, e la dignità del bambino è riconosciuta con espressioni di particolare cura e tenerezza. Soprattutto quando i bambini sono più bisognosi ed esposti al rischio di essere da altri rifiutati, è la famiglia che può tutelarne con maggiore efficacia la pari dignità rispetto ai bambini sani. E' chiaro che in tali situazioni i nuclei familiari, messi di fronte a problematiche complesse, hanno diritto di essere sostenuti. Di qui l'importanza di persone che sappiano stare loro vicino, siano esse amici, medici o assistenti sociali. I genitori devono essere incoraggiati ad affrontare la situazione certamente non facile, senza chiudersi in loro stessi. E' importante che il problema sia condiviso, oltre che dai più stretti familiari, da persone competenti ed amiche.

Sono questi i “buoni samaritani” del nostro tempo che, con la loro presenza generosa ed amichevole, ripetono il gesto di Cristo, il quale fece sentire sempre la sua vicinanza confortatrice ai malati ed alle persone in difficoltà. La Chiesa è grata a queste persone che ogni giorno e dappertutto si sforzano di alleviare le sofferenze con “gesti quotidiani di accoglienza, di sacrificio, di cura disinteressata” (Evangelium Vitae EV 27).

343 3. Se il fanciullo in difficoltà si trova inserito in un focolare accogliente ed aperto, non si sente solo ma nel cuore della comunità e può apprendere così che la vita è sempre degna di essere vissuta. I genitori, da parte loro, sperimentano il valore umano e cristiano della solidarietà. Ho avuto modo di ricordare in altre occasioni che occorre dimostrare coi fatti che la malattia non crea fossati invalicabili, né impedisce rapporti di autentica carità cristiana con chi ne è vittima. La malattia, anzi, deve suscitare un atteggiamento di speciale attenzione verso queste persone che appartengono a pieno diritto alla categoria dei poveri a cui spetta il regno dei cieli.

Penso, in questo momento, ad esempi di straordinaria dedizione da parte di innumerevoli genitori verso i loro figli; penso alle molteplici iniziative di famiglie pronte ad accogliere con slancio generoso bambini disabili in affidamento o in adozione. Quando le famiglie sono nutrite abbondantemente della Parola di Dio, avvengono nel loro seno miracoli di autentica cristiana solidarietà. E' questa la risposta più convincente a quanti considerano i bambini handicappati come un peso o addirittura come non degni di vivere appieno il dono dell'esistenza. Accogliere i più deboli, aiutandoli nel loro cammino, è segno di civiltà.

4. Compito dei Pastori e dei Sacerdoti è di sostenere i genitori, perché comprendano ed accettino che la vita è sempre dono di Dio, anche quando è segnata dalla sofferenza e da infermità. Ogni persona è soggetto di diritti fondamentali che sono inalienabili, inviolabili, indivisibili. Ogni persona: quindi anche il disabile, che proprio a causa del suo handicap può incontrare maggiori difficoltà nell'esercizio concreto di tali diritti. Ha, perciò, bisogno di non essere lasciato solo, ma di essere dalla società accolto ed in essa, secondo le possibilità, inserito come membro a pieno titolo.

Dinanzi ad ogni essere umano, degno sempre del massimo rispetto in virtù della propria dignità di persona, la società civile e la Chiesa hanno ruoli specifici da espletare, contribuendo a sviluppare nella comunità la cultura della solidarietà. Il portatore di handicap, come ogni altro soggetto debole, deve essere incoraggiato a diventare protagonista della sua esistenza. Compete, innanzitutto, alla famiglia, superato il primo momento, comprendere che il valore dell'esistenza trascende quello dell'efficienza. Se così non avviene, essa rischia di rimanere delusa e sfiduciata quando, nonostante ogni tentativo, non si ottengono i risultati sperati di guarigione o di recupero.

5. Evidentemente la famiglia ha bisogno di un sostegno adeguato da parte della comunità. Sono necessari talora sistemi di pronto intervento per i momenti critici ed alle volte si richiedono strutture residenziali sul tipo di piccole comunità adeguatamente attrezzate, quando la convivenza in famiglia non è più possibile.

In ogni caso è importante mantenere la comunicazione familiare ad un livello costantemente elevato, poiché è risaputo che parlare, ascoltare, dialogare sono fattori essenziali per regolare e armonizzare il comportamento. E' necessario, inoltre, che il figlio in difficoltà sia in grado di cogliere momenti di attenzione e di amore verso di lui. In questa funzione la famiglia è indispensabile; ma essa con le sole sue forze difficilmente riuscirà ad ottenere risultati apprezzabili. Si apre qui lo spazio per l'intervento di associazioni specializzate e di altre forme di aiuto extra-familiare, che assicurino la presenza di persone con le quali il bambino disturbato possa dialogare e instaurare rapporti educativi e di amicizia.

La vita di gruppo, poi, e l'amicizia costituiscono una condizione ottimale per favorire il decondizionamento e un migliore adattamento personale e sociale, grazie all’instaurarsi di rapporti aperti e gratificanti.

6. Carissimi Fratelli e Sorelle, mi sono soffermato a riflettere insieme con voi su alcuni aspetti pratici di grande importanza, riguardanti l'integrazione dei fanciulli disabili nella famiglia e nella società. Molto su questo argomento è stato scritto ed a tali problematiche l'azione pastorale deve riservare grande attenzione. I bambini meritano ogni cura e ciò vale in particolare quando essi si trovano in condizioni difficili.

Al di là, tuttavia, d'ogni proficua ricerca scientifica e d'ogni iniziativa sociale e pedagogica, per il credente è importante l'umile e fiducioso affidamento a Dio. E' soprattutto nella preghiera che la famiglia troverà l'energia per far fronte alle difficoltà. Nel costante ricorso al Signore i familiari apprenderanno ad accogliere, amare e valorizzare il bambino o la bambina segnati dalla sofferenza.

Maria, Madre della speranza, aiuti e sostenga quanti si trovano coinvolti in queste situazioni. Affido a Lei il vostro meritevole impegno, mentre volentieri imparto a voi ed a quanti vi sono cari una speciale Benedizione Apostolica.



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


PER L'APERTURA DELL'ANNO GIUBILARE A BETLEMME


Sabato, 4 dicembre 1999




344 Mi riempie di gioia apprendere che all'approssimarsi del Natale, nel luogo santissimo che ha accolto Gesù, "nato da donna" (Ga 4,4) sono riuniti i più alti rappresentanti dei cristiani della Terra Santa in un atto ecumenico in preparazione all'apertura dell'anno giubilare, che commemora il bimillenario della nascita del nostro Signore e Salvatore, quando rivolgeremo suppliche più importanti allo Spirito Santo per implorare la grazia della piena comunione (cfr Tertio Millennio adveniente TMA 34).

Per i cristiani della Terra Santa e, di fatto, per tutti i cristiani del mondo, questo incontro a Betlemme attesta che i luoghi nei quali Gesù trascorse la sua vita terrena, recò la propria testimonianza, morì e risuscitò, ricordano costantemente la grazia che abbiamo ricevuto in Lui e ci esortano con urgenza a rafforzare la nostra volontà e il nostro impegno a essere fedeli alla sua preghiera: ut omnes unum sint. Che il Grande Giubileo conduca tutti i discepoli di Cristo a espiare i peccati contro l'unità e a operare per accelerare l'avvento dell'ora santa nella quale invocheremo il nostro Padre celeste con una sola voce!

Per una felice coincidenza, alla celebrazione ecumenica di oggi partecipano i Segretari delle comunità mondiali cristiane. Anche a loro invio i miei cordiali saluti e il mio incoraggiamento per gli sforzi volti a stringere i vincoli di fraternità e di cooperazione.

Prego affinché questo solenne evento ecumenico a Betlemme, alla vigilia dell'anniversario della nascita di Cristo, accresca la nostra consapevolezza del fatto che "Così come allora, anche oggi Cristo chiede che uno slancio nuovo ravvivi l'impegno di ciascuno per la comunione piena e visibile" (Ut unum sint UUS 100). Con questa fervente speranza vi saluto tutti nel Signore.

IOANNES PAULUS PP. II



AI PARTECIPANTI ALLA I ASSEMBLEA PLENARIA


DEL MOVIMENTO DI VITA CRISTIANA


Sala Clementina - Lunedì, 6 dicembre 1999

Cari fratelli e care sorelle,

membri del Movimento e del Sodalizio di Vita Cristiana,

vi saluto con affetto in questa visita che mi rendete in occasione della vostra Prima Assemblea Plenaria, che state celebrando a Roma per pregare e riflettere sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo. Volgete lo sguardo verso il mondo dal centro della cattolicità, meditando sul significato dell'universalità del Vangelo, che non può escludere nessuna cultura, nessuna regione della terra, nessun settore della società. Allo stesso tempo, rinnovate la vostra piena adesione al Successore di Pietro, incaricato da Cristo di confermare i suoi fratelli nella fede (cfr Lc 22,32).

Nato in terra peruviana nel 1985 con una prospettiva eminentemente evangelizzatrice, il Movimento di Vita Cristiana si è già diffuso in numerosi Paesi americani e ha anche varcato i confini del Continente, inglobando, oltre al Sodalizio, altri gruppi e associazioni impegnate, conformemente alle diverse vocazioni e condizioni di vita, a proclamare Cristo come Salvatore del genere umano.

Dinanzi all'imminenza del Grande Giubileo, vi incoraggio a preparare il vostro cuore per ricevere la misericordia di Dio e promuovere uno spirito di vita cristiana coerente e profonda nel vostro ambiente e nelle vostre attività apostoliche. Fate sì che nella formazione dei giovani lo spirito di iniziativa si armonizzi con la fedeltà al Vangelo, che la cultura si apra al senso della trascendenza e la povertà, in tutte le sue manifestazioni, riceva un raggio di speranza dalla carità e dalla solidarietà effettiva. In tal modo sarete veramente artigiani di riconciliazione nel mondo attuale.

Mentre affido alla Vergine Maria i frutti di questa prima Assemblea Plenaria, affinché vivifichino l'impegno cristiano e lo slancio evangelizzatore delle vostre comunità e dei vostri gruppi, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica, che estendo volentieri a tutti i membri del Movimento di Vita Cristiana.



LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II


ALL'ARCIVESCOVO PRELATO DI POMPEI, MONSIGNOR FRANCESCO SAVERIO TOPPI, DELEGATO PONTIFICIO DEL SANTUARIO, IN


OCCASIONE DEL 125° ANNIVERSARIO DELL'ARRIVO


DEL QUADRO DELLA MADONNA DEL ROSARIO




345 Al Venerato Fratello

FRANCESCO SAVERIO TOPPI

Arcivescovo Delegato Pontificio

1. La Chiesa che è in Pompei, nel corso del Grande Giubileo dell'Anno 2000, sarà allietata da un ulteriore dono di Grazia. Il prossimo 13 novembre ricorre, infatti, il 125° anniversario dell' arrivo del Quadro della Madonna del Rosario. Questa « visita » di Maria ha cambiato il volto spirituale e civile di Pompei, che dal 1875 si è andata sempre più trasformando in cittadella della preghiera, centro di azione del Vangelo, luogo di innumerevoli grazie e conversioni, caposaldo di pietà mariana, a cui si guarda da ogni parte del mondo.

Nell'unirmi spiritualmente alla Comunità ecclesiale pompeiana in tale felice circostanza, desidero ringraziare il Signore per i doni di cui l'ha arricchita, implorando, per l'intercessione della Vergine Santa, speciali favori celesti su di Lei, venerato Fratello, e su quanti sono affidati alle sue cure pastorali.

2. Il Grande Giubileo e questa speciale vostra ricorrenza si richiamano reciprocamente ed offrono particolari motivi di riflessione e di rendimento di grazie. L'Anno Santo pone al centro dell'attenzione dei credenti il mistero dell'incarnazione del Verbo e li invita a contemplare Colui che, « pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini ». Pompei è la terra del Santo Rosario, dove il fervoroso sgorgare dal cuore dei fedeli della preghiera dell'Ave Maria conduce a contemplare l'interiore disponibilità con cui la Vergine Santa accolse nella fede l'annuncio della nascita del Figlio di Dio nella carne umana.

Analogamente l'invito, che risuona nell'evento giubilare a porsi in amoroso ascolto della Parola di Dio ed a conformare la propria vita al Vangelo, trova eco felice nella pratica dei Quindici Sabati, che Bartolo Longo diffuse tra i fedeli, nell'intento di spingerli alla contemplazione di Cristo. Come poi non scorgere una sintonia eloquente tra la nascita umile e povera del Redentore nella stalla di Betlemme ed il contesto altrettanto semplice e dimesso nel quale arrivò a Pompei il Quadro della Madonna?

Anche la « mistica Corona », che a quanti si rivolgono a Lei, la Vergine offre come « Catena dolce che rannoda a Dio », si rivela strumento prezioso per meglio capire e vivere le grandi dimensioni del Giubileo. Il Rosario, che Bartolo Longo considera quasi un baluardo contro i nemici dell'anima, unisce agli Angeli, ed è « porto sicuro nel comune naufragio » (Supplica alla Regina del SS. Rosario di Pompei).

3. Il Giubileo, nel suo messaggio più profondo, è richiamo alla conversione e stimolo ad un autentico rinnovamento personale e sociale. Entrando nel nuovo millennio la comunità cristiana è invitata ad allargare il proprio sguardo di fede su orizzonti nuovi per l'annuncio del Regno di Dio. La consapevolezza, che essa ha maturato nel Vaticano II del proprio mistero e del compito apostolico affidatole dal suo Signore, la impegna a vivere nel mondo sapendo di dover essere « il fermento e quasi l'anima della società umana, destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio ».

I cristiani possono trovare nel Rosario un aiuto efficace nell'impegno di realizzare nella loro vita questi obiettivi del Giubileo. Invitando ad accogliere con lo stupore di Maria, di Giuseppe, dei Pastori, dei Magi e di tutti i poveri d'Israele l'annuncio della nascita del Figlio di Dio nella carne umana, i Misteri gaudiosi suscitano nei cristiani, già avvenne per il Fondatore del Santuario di Pompei e per tanti altri devoti della Vergine del Santo Rosario, il desiderio di recare agli uomini del nostro tempo con rinnovato ardore il lieto annuncio del Salvatore.

Attraverso la contemplazione dei Misteri dolorosi, il Rosario desta nei fedeli il dolore dei peccati e, invitando a confidare nell'aiuto di Colei che prega « per noi peccatori adesso e nell'ora della nostra morte », favorisce il desiderio di accostarsi al Sacramento della Riconciliazione per correggere le storture della propria vita. Per questa beato Bartolo Longo trovò la forza di riordinare la propria esistenza e divenne docile all'azione dello Spirito Santo, che solo trasforma i peccatori in santi

Attraverso la contemplazione di Cristo risorto e asceso al cielo i Misteri gloriosi introducono nell'oceano della vita trinitaria, comunicata dallo Spirito Paraclito a tutti i credenti e, in modo speciale, a nostra Madre e sorella. Guardando a Lei assunta in cielo e nella gloria dei Santi, i cristiani sono incoraggiati a rimirare e desiderare le cose « di lassù », ed anelando alla meta eterna prendono coscienza dei mezzi necessari per conseguirla, e cioè la fedeltà ai comandamenti divini, la frequenza ai Sacramenti della Chiesa e l'umile adesione alla volontà di Dio.

346 Anche l'impegno per l'unità dei credenti in Cristo e per la fraterna concordia tra le Nazioni, riproposto dal Grande Giubileo, trova motivo di speciale sintonia con l'anniversario che quest'anno celebra il Santuario di Pompei. Nel Giubileo del Novecento all'inizio di questo nostro ventesimo secolo, il beato Bartolo Longo volle realizzare come voto per la pace la facciata monumentale del Santuario, raccogliendo offerte e sottoscrizioni dei fedeli di ogni parte del mondo. La pace è pure ora, all'alba del terzo millennio, il voto ardente dell'umanità e per la pace occorre pregare con fiducia in tutti gli angoli della terra.

4. Venerato Fratello nell'Episcopato, formulo vivi auspici che, seguendo l'esempio del beato Bartolo Longo, codesta Comunità diocesana sappia cogliere in tali eventi di grazia un pressante stimolo ad annunciare con rinnovato fervore Gesù Cristo, Redentore dell'uomo. Al riguardo, quanto mai opportuno appare il piano pastorale elaborato per quest'anno giubilare. Esso si ispira alla trilogia « umiltà, semplicità, povertà »; una trilogia che ha caratterizzato la vita terrena di Gesù, lo stile di Maria ed anche il programma ascetico del beato Bartolo Longo. Come non ricordare che dal niente e con mezzi poveri e umili, guidato dallo Spirito, eresse a Pompei un Santuario che ha oggi un'irradiazione mondiale? Gli scritti del Beato, che già allora raggiungevano gente d'ogni lingua e nazione, continuano ad offrire utili stimoli per la riflessione e la vita spirituale.

Questa preziosa eredità, che costituisce per voi un singolare titolo di onore, sia da voi accolta e riproposta nell'odierna società, perché nel tempio di Pompei, dove la Madre continua a mostrare il Figlio suo divino come unico Salvatore del mondo, tanti uomini e donne in cerca di pace possano fare l'esperienza gioiosa della « visita » di Cristo, vissuta da Elisabetta e da Giovanni Battista, in occasione dell'incontro la Vergine.

Con tali auspici, invoco, per intercessione del beato Bartolo Longo, di Lei, Venerato Fratello, sui sacerdoti, sui religiosi e sulle religiose, sull'intera comunità diocesana, sui pellegrini e sui devoti, la materna protezione della Regina del Santo Rosario, e volentieri imparto a tutti una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 8 dicembre 1999, solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria.

IOANNES PAULUS PP. II




PREGHIERA DI GIOVANNI PAOLO II


A PIAZZA DI SPAGNA PER LA SOLENNITÀ


DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE


DELLA BEATA VERGINE MARIA


Martedì 8 dicembre 1999

1. Come ogni anno, in questa data tanto cara al popolo cristiano,

ci ritroviamo qui, nel cuore della Città,
per rinnovare il tradizionale omaggio floreale alla Vergine,
ai piedi della colonna che i Romani hanno eretto
in onore dell'Immacolata Concezione.
347 Alla vigilia ormai del Grande Giubileo,
l'odierna celebrazione costituisce una speciale preparazione
all'incontro con Cristo, che "ha vinto la morte
e ha fatto risplendere la vita e l'immortalità
per mezzo del vangelo" (
2Tm 1,10).
Così la Scrittura presenta la missione salvifica del Figlio di Dio.

2. La Vergine, che oggi contempliamo
nel mistero dell'Immacolata Concezione,
ci invita a volgere lo sguardo verso il Redentore,
nato nella povertà di Betlemme per la nostra salvezza.
Insieme a Lei, contempliamo il dono dell'incarnazione del Figlio di Dio,
348 venuto tra noi per dare senso alla storia degli uomini.
Risuonano nel nostro spirito le parole del profeta Isaia:
"Il popolo che camminava nelle tenebre
vide una grande luce" (9, 1).
Maria è l'alba radiosa di questo giorno di certa speranza,
Maria è Madre di Cristo, fatto uomo
per inaugurare i tempi nuovi preannunciati dai profeti.

3. Stiamo vivendo con Maria, "aurora della Redenzione",
l'Avvento, tempo di attesa gioiosa, di contemplazione e di speranza.
Come nel firmamento il sorgere del sole
viene preannunciato dalla stella mattutina,
349 così l'incarnazione del Figlio di Dio, "astro nascente dall'alto" (Lc 1,78),
è preceduta dalla concezione immacolata della Vergine Maria.
Sublime mistero di grazia,
che sentiamo ancora più profondo quest'anno,
al chiudersi di un millennio
e all'avvio ormai imminente del Anno giubilare.
Quest'oggi siamo accorsi con fiducia più profonda ai piedi della Vergine,
per domandarLe di aiutarci a varcare, con rinnovato impegno,
la soglia della Porta Santa,
che ci introdurrà nel Grande Giubileo dell'Anno Duemila.

4. Varcheremo consapevolmente questa soglia,
350 sorretti ed incoraggiati dal tuo aiuto, Vergine Immacolata.
Duemila anni fa, a Betlemme di Giuda,
nacque da Te il Trionfatore della morte e l'Autore della vita,
che per mezzo del Vangelo
ha fatto risplendere tutta la vita umana.
Cristo venne tra noi per ridare dignità piena
all'uomo creato ad immagine di Dio.
Sì, l'essere umano non può restare nelle tenebre;
egli anela alla Luce vera, che illumini i passi
del suo terreno pellegrinaggio.

5. L'uomo non ama la morte:
351 dotato d'una natura spirituale,
egli desidera l'immortalità di tutto il suo essere.
Gesù, annullato con il suo sangue il potere della morte,
ha reso realizzabile questo intimo desiderio del cuore dell'uomo.
Guardando a Te, Vergine prescelta e ripiena di Grazia,
noi, pellegrini sulla terra,
vediamo compiersi la promessa dell'immortalità
nella piena comunione con Dio.
In Te, Madre dei viventi,
si è realizzata, come primizia di gloria, la parola dell'Apostolo:
il Signore Gesù "ha vinto la morte
352 ed ha fatto risplendere la vita e l'immortalità".
Questo annuncio gioioso la Chiesa ripete
anche quest'anno, sulla soglia di un nuovo millennio.

6. Ecco perché, quest'oggi, siamo nuovamente ai tuoi piedi,
Immacolata piena di Grazia,
per invocarti, fatti voce dell'intero popolo cristiano,
d'accogliere il nostro omaggio,
espressione della nostra fede e della nostra devozione,
mentre, con intima gratitudine, trasmettiamo al prossimo millennio
la bella tradizione di questo devoto appuntamento con Te,
presso la colonna di Piazza di Spagna.
353 E Tu, Immacolata Vergine Maria, prega per noi!




AL PRESIDENTE DELLA FEDERAZIONE


LUTERANA MONDIALE


Giovedì, 9 dicembre 1999

Signor Presidente,


1. La saluto cordialmente qui, nel Palazzo Apostolico, insieme ai delegati della Federazione Luterana Mondiale. Sono trascorsi sette anni da quando ebbi la gioia di accogliere in Vaticano il Suo illustre predecessore, il Presidente Gottfried Brakemeier. Allora, potemmo festeggiare il XXV anno di esistenza del dialogo fra cattolici e luterani. Pieni di gratitudine abbiamo potuto osservare i numerosi e significativi frutti che i colloqui bilaterali hanno recato. A partire dal Concilio Vaticano II, i cattolici e i luterani si sono avvicinati sensibilmente: con l'aiuto di Dio siamo riusciti lentamente e con pazienza a eliminare le barriere che ci dividevano. Al contempo, si sono rafforzati anche i vincoli visibili di unità. Il rapporto ecumenico fra i cattolici e i luterani è cresciuto in maniera costante a livello sia internazionale sia nazionale. I segni di comunione nella fede sono diventati una buona consuetudine. La collaborazione in ambito caritativo e sociale è divenuta più stretta.

2. Un frutto particolare del dialogo teologico ci è stato donato poche settimane fa ad Augsburg, dove è stata firmata la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della Giustificazione per la Fede: un tema che per secoli è stato una specie di simbolo della divisione fra cattolici e protestanti. Ringraziamo Dio, che ci ha concesso di porre una pietra miliare sulla non facile strada della ricomposizione della piena unità fra i cristiani (cfr Angelus, 31 ottobre 1999).

Il Documento è senza dubbio un sicuro punto di partenza per ulteriori passi ecumenici. Esorta a condurre la ricerca teologica in ambito ecumenico e a eliminare gli ostacoli, che ancora si oppongono alla comunione così profondamente desiderata alla mensa del Signore. Per questo dobbiamo sforzarci, unendo le nostre forze, di tradurre il contenuto della dottrina, che abbiamo elaborato insieme, nella lingua e nella vita dei nostri contemporanei. Sono necessari buoni interpreti capaci di trasmettere la verità in fedeltà alla propria identità e per amore del proprio interlocutore.
3. Con lo sguardo rivolto al mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio, siamo giunti insieme alle soglie del terzo millennio. "Gesù è la vera novità che supera ogni attesa dell'umanità" (Incarnationis mysterium, n. 1).

Mi rallegro molto per il suo consenso a celebrare festosamente l'anno giubilare insieme qui, a Roma, e in tutto il mondo. Due punti della reciprocità ecumenica meritano una particolare considerazione. In primo luogo, ricordo la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, in occasione della quale aprirò la Porta Santa a San Paolo fuori le Mura. In secondo luogo, vorrei menzionare la commemorazione dei nuovi martiri cristiani.

Proprio in questo secolo afflitto dalla violenza e dal terrore la testimonianza dei martiri è diventata significativa per i cattolici e per i luterani allo stesso modo. Essa è "un segno perenne, ma oggi particolarmente eloquente, della verità dell'amore cristiano". I martiri sono coloro che "hanno annunciato il Vangelo dando la vita per amore" (Incarnationis mysterium, n. 13). In tal modo il martirio acquisisce un significato ecumenico, poiché coloro che credono in Cristo e che sono uniti nella lunga sequela dei martiri, non possono restare divisi (cfr Ut unum sint UUS 1).

4. La festa comune del Grande Giubileo è un'opportunità per approfondire la nostra testimonianza comune di fede. Proprio il mondo di oggi desidera che i cristiani si avvicinino fra loro.

Per questo motivo, il calendario dell'Anno Santo prevede diversi incontri a livello ecumenico. Perché dovremmo ancora percorrere strade separate se già ora ci troviamo sulla stessa strada?

354 L'anno giubilare, quale evento spirituale, offre ai cattolici e ai luterani varie possibilità da sfruttare insieme.

Il vespro ecumenico ce ne ha donato un'anticipazione, che abbiamo sperimentato in occasione dell'elevazione di santa Brigida di Svezia a compatrona d'Europa. Quando, in quell'occasione, abbiamo reso grazie a Dio con Inni e Salmi ho percepito lo "spazio spirituale", nel quale i cristiani stanno insieme al cospetto del loro Signore (cfr Ut unum sint
UUS 83). Lo spazio spirituale comune è più grande di alcune barriere confessionali che ci dividono alle soglie del terzo millennio. Se i cristiani, nonostante le loro divisioni, sapranno sempre di più unirsi in preghiera comune attorno a Cristo, crescerà la loro consapevolezza di quanto sia limitato ciò che li divide a paragone di ciò che li unisce (cfr Ut unum sint UUS 22).

Chi è consapevole di questo, non può considerare l'ecumenismo come una mera "appendice", che si aggiunge all'attività tradizionale della Chiesa (cfr Ut unum sint UUS 20). La piena unità è uno scopo per il quale vale la pena impegnarsi. È uno sprone per l'attività spirituale di tutta la Chiesa.
5. A proposito di queste considerazioni piene di speranza, sono convinto che i buoni rapporti che intercorrono fra la Chiesa cattolica e la Federazione Luterana Mondiale getteranno le basi sulle quali si potranno affrontare ulteriori dialoghi volti alla soluzione di questioni ancora aperte.

Come la preghiera è l'anima del rinnovamento ecumenico e dell'aspirazione all'unità (cfr Ut unum sint, UUS 28), così possa il nostro dialogo comune sulle questioni fondamentali della dottrina essere sorretto anche in futuro da una fervida preghiera nelle nostre comunità. La preghiera dei fedeli è, per così dire, il vento che sospinge il dialogo ecumenico.

Voglia Dio che possiamo acquisire subito quell'unità che è la volontà di Gesù! Questa preghiera verrà offerta dal nostro rendere grazie al Signore della Storia. Non dobbiamo solo guardare indietro ai 2000 anni dopo Cristo, ma, in vista dell'anno 2000, anche procedere con Cristo fiduciosi verso il futuro.

Per la solennità della nascita di Gesù Cristo, nostro Signore ieri, oggi e sempre, vi auguro la pace e la benedizione del Figlio di Dio incarnato!


AI RAPPRESENTANTI DELLA PONTIFICIA MISSIONE


PER LA PALESTINA IN OCCASIONE DEL


50° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE


Sala del Concistoro - Giovedì, 9 dicembre 1999

Eminenza,

Cari Fratelli Vescovi e Sacerdoti,
Signore e Signori,

355 1. Questa mattina, nella Basilica di San Pietro, con la liturgia eucaristica, e ora con la vostra udienza con il Successore di Pietro, le celebrazioni solenni in occasione del 50° anniversario della Pontificia Missione per la Palestina volgono al termine. Queste celebrazioni sono cominciate a New York, dove la Missione ha il suo quartier generale, sono continuate in Terra Santa, in Giordania, in Libia, trovando la giusta conclusione nella città nella quale gli Apostoli Pietro e Paolo hanno reso la loro eroica testimonianza di Gesù Cristo e della salvezza che Egli ha voluto per l'umanità.

Ringrazio il Cardinale Achille Silvestrini per le cordiali parole di saluto che mi ha rivolto a nome della Congregazione per le Chiese Orientali e della Pontificia Missione per la Palestina. Rivolgo un particolare apprezzamento al Cardinale John O'Connor, Arcivescovo di New York, a Monsignor Robert Stern, attuale Presidente della Pontificia Missione, e, in generale, alla comunità cattolica negli Stati Uniti d'America, che tanto generosamente sostiene l'opera della Pontificia Missione. Non posso non esprimere la mia gratitudine a quanti si impegnano nella Missione, a livello sia regionale sia centrale, e i cui sforzi permettono di soddisfare le necessità dei numerosi popoli che essa cerca di servire.

2. Sono state la sofferenza e l'indigenza tragiche dei popoli del Medio Oriente alla fine della Seconda Guerra Mondiale a suscitare nel mio predecessore, Papa Pio XII, il desiderio di creare un'organizzazione ecclesiale specifica per il Medio Oriente. Ha voluto un'agenzia che prestasse assistenza e offrisse sostegno in Terra Santa ai bambini, alle famiglie, ai feriti, ai malati, agli anziani e agli esiliati. La Pontificia Missione per la Palestina è stata fondata a questo scopo nel 1949 e oggi, cinquant'anni dopo, ha esteso la sua attività caritativa a Cipro, all'Iraq e alla Siria.

Negli ultimi cinquant'anni, il Medio Oriente non ha smesso di sperimentare momenti di grande tensione e conflitto, spesso sfociati in atti di violenza e guerre aperte. In tali circostanze, la Pontificia Missione ha intensificato gli sforzi volti ad aiutare le popolazioni locali a ricrearsi una vita: si è impegnata nella ricostruzione e in progetti di sviluppo, fornisce i servizi sanitari tanto necessari, ha contribuito alla ripresa delle attività artigianali, industriali ed agricole.

In tal modo, la Pontificia Missione è un'espressione eloquente di quella "nuova cultura di solidarietà e cooperazione internazionali" (Incarnationis mysterium, n. 12), che è tanto necessaria nel mondo moderno e che deve essere il tratto distintivo del nuovo millennio. Questa responsabilità condivisa per il benessere di tutti, in particolare dalle nazioni più ricche e dal settore privato, è parte del significato profondo del Grande Giubileo che stiamo per affrontare (cfr Ibidem).

3. Miei cari amici, è in grande misura grazie a voi e al sostegno che offrite alla Pontificia Missione per la Palestina, che la Chiesa è in grado di essere presente in modo attivo ed efficace in Terra Santa e in Medio Oriente. Prego affinché voi e coloro che collaborano all'opera della Missione siate rinnovati in fede e amore mentre cercate modi sempre migliori per aiutare quanti hanno bisogno non solo di sostegno materiale, ma anche e soprattutto di opportunità di crescita personale e sociale. Questo è il cammino più sicuro per creare una pace vera e duratura nella vita dei popoli del Medio Oriente.

Affidando voi, la vostra opera e tutti i benefattori della Pontificia Missione per la Palestina, e anche quanti essa cerca di aiutare, alla potente intercessione di Maria di Nazareth, Madre del Redentore, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica quale pegno di grazia e di pace nel nostro Signore Gesù Cristo.


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