GPII Omelie 1996-2005 10

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VIAGGIO APOSTOLICO IN GUATEMALA,

NICARAGUA, EL SALVADOR E VENEZUELA

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA

PER TUTTE LE FAMIGLIE DEL NICARAGUA


NEL "PARCO MALECÓN"




Managua (Nicaragua) - Mercoledì, 7 febbraio 1996

Cari fratelli nell’Episcopato,

Care famiglie del Nicaragua,

1. "Ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli" (Jn 2,1-2). Così leggiamo nel Vangelo di San Giovanni sul "primo dei suoi segni miracolosi" compiuto da Gesù di Nazareth in occasione di uno sposalizio.

Voglio soffermarmi ora su questo invito, poiché anch’io sono venuto in Nicaragua, invitato dalle supreme autorità del vostro Paese e dai Pastori della Chiesa cattolica. Si è trattato di un invito particolarmente caloroso e cordiale, per il quale ringrazio profondamente. Questa visita si sviluppa in circostanze molto diverse rispetto alla precedente. Coloro che ricordano la visita di tredici anni fa, sanno che il Papa venne in Nicaragua e celebrò la Santa Messa, anche se non riuscì a incontrare realmente la gente. Da allora molte cose sono cambiate in Nicaragua. Per questo, tanto la vostra Nazione quanto il Papa desideravano vivamente avere l’occasione di una nuova visita pastorale che costituisse un autentico incontro. Per esso hanno lavorato sia il Presidente della Repubblica che il Card. Miguel Obando Bravo, insieme all’intero episcopato del Nicaragua. Per questo, sono lieto di poter accettare oggi il vostro invito e di trovarmi tra di voi a celebrare questa Eucaristia in un clima positivamente cambiato.

2. Della mia visita precedente ricordo un motto molte volte ripetuto: "Vogliamo la pace!". Grazie alla Divina Provvidenza, la pace è tornata nel vostro Paese: sì, la pace è tornata in Nicaragua e in tutta l’America Centrale. Questo mi ha spinto a visitare nuovamente almeno alcuni Paesi di questa parte del Continente Americano, e in particolare il Nicaragua. La pace è tornata. Allo stesso tempo, hanno avuto luogo profonde trasformazioni in America Centrale, come in tutto il resto del mondo. Gli abitanti del Nicaragua possono ora beneficiare di un’autentica libertà religiosa. Al grido di allora: "Vogliamo la pace!" desidero oggi rispondere con questo nuovo grido: Maria, Regina della pace, ti rendiamo grazie per la pace e la libertà di cui godono i Paesi dell’America Centrale. Da qui, dalla capitale del vostro Paese, saluto tutti i Paesi di quest’area e auspico una pace duratura e un costante sviluppo per queste Nazioni, così come auguro alla Chiesa, che da secoli è presente in esse, di poter continuare a portare avanti più efficacemente la sua opera evangelizzatrice.

3. Oggi concludiamo il Secondo Congresso Eucaristico-Mariano Nazionale. In questa Celebrazione, il Signore, che è sempre fedele alla sua parola, rinnova il suo mistero, come fece un giorno per la giovane coppia, come ci racconta il Vangelo di oggi. "Oh Sacrum convivium in quo Christus sumitur". Desidero salutare la Signora Presidente della Repubblica che partecipa a questa Celebrazione. Ringrazio il Signor Cardinale Miguel Obando Bravo per le parole che mi ha rivolto. Saluto anche gli altri membri della Conferenza Episcopale del Nicaragua, come pure il Presidente del Celam, Mons. Oscar Rodríguez e gli altri Vescovi del Centroamerica presenti. A tutti i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i fedeli va il mio affetto nel Signore. Con ragione è stata vista nelle nozze di Cana una prefigurazione dell’istituzione dell’Eucaristia: l’amore degli sposi è un riflesso del supremo amore di Cristo che si dona per la salvezza di tutti; l’acqua trasformata in vino nel banchetto nuziale prefigura il vino che si trasformerà nel Sangue di Cristo nella Messa. Il testo ci mostra anche la preziosa intercessione della Vergine Maria in nostro favore.

Con tutta la Chiesa acclamiamo e adoriamo il Mistero eucaristico: "Oh sacro banchetto, in cui Cristo è nostro cibo; si celebra il memoriale della sua passione; l’anima è ricolma di grazia; ci viene donato il pegno della gloria futura!".

4. Ricordiamo che Gesù, sua Madre e i suoi discepoli furono invitati a Cana di Galilea in un giorno in cui si celebrava uno sposalizio. Questo fatto è in sé particolarmente eloquente: il Messia ha dato inizio ai suoi miracoli (cf. Gv Jn 2,11) nella gioia per la nascita di una nuova famiglia. Le altre Letture della liturgia odierna chiariscono più a fondo questo tema. Rivolgendosi alle famiglie, San Paolo ci dice nella sua Lettera ai Colossesi: "La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente" (3, 16). Che su questa parola di Dio si formi spiritualmente ogni famiglia che ha la sua origine nello sposalizio, nel sacramento del matrimonio! Che la parola di Dio, dimorando in ogni focolare domestico, consolidi la vita della fede di questa fondamentale comunità umana, di questa autentica famiglia! L’Apostolo afferma in proposito: "Rivestitevi dunque di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati(...) E siate riconoscenti!" (Col 3,12-15).

5. Ascoltiamo attentamente quello che l’Apostolo scrive ai destinatari della sua Lettera e quello che vuole dire oggi a noi, a tutte le famiglie del Nicaragua. L’Apostolo segnala la necessità di creare un clima di amore e di pace in cui gli uomini possano svilupparsi felicemente ed educare i loro figli.

La parola di Cristo è fonte di sapienza. A questo proposito raccomanda San Paolo: "Ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali. E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre" (Col 3,16-17). In effetti, la famiglia rappresenta il primo ambiente umano in cui si forma ogni persona. Questo ambiente educa l’uomo, lo modella secondo lo spirito della sua cultura. Il futuro delle nazioni e delle culture dipende innanzi tutto dalla famiglia.

6. Le letture della liturgia odierna rivelano anche il significato fondamentale del quarto comandamento: "Onora il padre e la madre!". Il padre e la madre sono coloro che, come gli sposi di Cana di Galilea, hanno contratto matrimonio e hanno fondato una famiglia. L’Apostolo si rivolge ai mariti e alle mogli. Ai mariti dice: "Amate le vostre mogli e non inaspritevi con esse" (Col 3,19); e alle mogli: "State sottomesse ai mariti, come si conviene nel Signore" (Col 3,18). Non si tratta qui, naturalmente, di una dipendenza unilaterale della moglie rispetto al marito, quanto piuttosto di una comune dipendenza dei coniugi rispetto a Cristo.

San Paolo esprime questo stesso pensiero anche nel noto passo della Lettera agli Efesini (cf. Ef Ep 5,21-33). Come genitori, gli sposi devono obbedire a Dio e ai suoi comandamenti per poter in tal modo esigere l’obbedienza da parte dei loro figli. L’autore della Lettera ai Colossesi scrive: "Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore" (3, 20). E aggiunge: "Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino" (3, 21). È il grande principio del quarto comandamento: i genitori non devono soltanto esigere l’obbedienza da parte dei loro figli, ma, in un certo senso, devono meritare questa obbedienza con il proprio comportamento.

7. La lettura del Libro del Siracide si riferisce precisamente al problema di questa obbedienza. In un certo senso, essa è pervasa dallo spirito del quarto comandamento."Chi onora il padre espia i peccati; chi onora la madre è come chi accumula tesori. Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli e sarà esaudito nel giorno della sua preghiera. Chi onora il padre vivrà a lungo; chi obbedisce al Signore dà consolazione alla madre" (3, 3-6). L’obbedienza che Dio esige dai figli e dalle figlie è espressione fondamentale di ringraziamento per la vita. Per questo, l’autore del Libro del Siracide aggiunge: "La pietà verso il padre non sarà dimenticata". Per contro, "Chi abbandona il padre è come un bestemmiatore, chi insulta la madre è maledetto dal Signore" (3,14,16). Tutte queste letture bibliche si riferiscono alla vita familiare.

Come ricorderete, in occasione dell’Anno della Famiglia celebrato nella Chiesa, ho pubblicato la Lettera alle Famiglie. Quello che sto dicendo oggi coincide in gran parte con il suo contenuto. Con questa Lettera ho voluto far comprendere la grandezza della vocazione della famiglia cristiana e la sua missione nella Chiesa e nel mondo.

Allo stesso tempo, prendendo in considerazione quello che la liturgia di oggi dice sulla famiglia, possiamo applicarlo, in senso ampio, alla Nazione. Desidero inoltre augurare alla vostra Patria e a tutte le Nazioni dell’America Centrale che "la parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente" (Col 3,16); voglio augurare che "la pace di Cristo regni nei vostri cuori" (Col 3,15); fate un riesame - come dice l’Apostolo - di tutto quello che promuove la pace, sopportandovi e perdonandovi a vicenda. È necessario che non solo ogni famiglia, ma tutta la vostra famiglia nazionale del Nicaragua riceva dalla liturgia odierna una luce per un comportamento adeguato in questa fase della sua storia.

8. Torniamo nuovamente a Cana di Galilea. Laggiù Cristo trasformò l’acqua in vino e, con questa mirabile trasformazione, sorprese in un certo senso i responsabili del banchetto nuziale e gli sposi stessi, come afferma san Giovanni: "Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui" (Jn 2,11).

Questo miracolo possiede anche un altro significato, al quale si riferisce la liturgia eucaristica nell’offertorio. Infatti il sacerdote, nel preparare i doni che verranno offerti, versa il vino nel calice e poi aggiunge alcune gocce d’acqua dicendo: "L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita divina di Colui che ha voluto assumere la nostra condizione umana". Quindi, l’azione liturgica di mescolare il vino con l’acqua è simbolo dell’unione in Cristo della natura divina con quella umana. Questa azione, che si realizza nell’offertorio della Messa, è preparazione al sacrificio eucaristico che, mediante il ministero sacerdotale, verrà offerto da Cristo, Dio-Uomo, per consentirci, per mezzo della comunione eucaristica, di partecipare alla vita divina.

Il primo miracolo a Cana di Galilea ci orienta in un certo modo verso questo "meraviglioso scambio" - admirabile commercium - verso questa elevazione dell’uomo alla dignità della filiazione divina, grazie al mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio. Colui che si immolò per noi nel sacrificio della croce era vero Dio e vero uomo. E la Chiesa ha ricevuto da Cristo l’Eucaristia come sacrificio del Figlio di Dio, in cui si verifica costantemente, in un certo modo, il medesimo miracolo della trasformazione dell’acqua in vino operata da Cristo a Cana. Ricevendo Cristo nell’Eucaristia noi diventiamo participi della vita di Dio.

La Chiesa realizza in tutto il mondo il santo Sacrificio della Messa. Che la Chiesa nel vostro Paese, ripetendo tale gesto ogni giorno, rimanga sempre fedele a questo mistero della nostra fede! Che tutti voi, come membri della comunità ecclesiale, prendiate parte in questo "meraviglioso scambio" e possiate così arrivare a partecipare alla vita divina, che supera i limiti della nostra esistenza terrena ed è per tutti noi pegno di immortalità! Così sia.

Amen.

Sia lodato Gesù Cristo.

Al termine della Santa Messa, prima della Benedizione conclusiva, Giovanni Paolo II si è così rivolto ai fedeli:

Tredici anni fa tu, Nicaragua, tu, America Centrale, eri solo un campo, un poligono delle superpotenze. Oggi si vede che sei il soggetto della tua sovranità umana, cristiana, nicaraguense. Ricordo la Celebrazione di tredici anni fa, si faceva al buio, in una grande notte oscura; oggi è stata fatta la stessa Celebrazione Eucaristica al sole; si vede che la Provvidenza divina sta attuando i suoi disegni nella storia delle Nazioni di tutta l’umanità.

Voglio annunciare anche che viene innalzata al rango di Basilica il vecchio tempio dell’Immacolata Concezione. Lì venererete con amore Maria, la Purissima Immacolata sia sempre Maria del Nicaragua. E pregate anche per il Papa. Molte grazie.
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VIAGGIO APOSTOLICO IN GUATEMALA,

NICARAGUA, EL SALVADOR E VENEZUELA

CELEBRAZIONE EUCARISTICA

PER I FEDELI SALVADOREGNI


SULLA SPIANATA "SIGLO XXI"




San Salvdor (El Salvador) - Giovedì, 8 febbraio 1996




"Nei suoi giorni fiorirà la giustizia e abbonderà la pace" (Ps 71,7).

Cari fratelli e sorelle,
figli del Dio della pace,
vi saluto tutti nel nome del Signore!

1. Con immensa gioia mi trovo di nuovo in mezzo a voi come pellegrino del Vangelo, per portarvi l’annuncio di Cristo, il Salvatore del mondo. Questo titolo divino di Gesù che ci parla di perdono, di redenzione e di vita, è il nome della vostra Nazione e della sua capitale; un nome che vi fa onore e vi impegna ad essere fedeli al Vangelo e al battesimo con cui siete stati consacrati e uniti alla sua Chiesa.

Le parole del Salmista sono la mia invocazione a Dio ed esprimono il mio desiderio più ardente per tutti voi, in questi momenti in cui celebriamo il Sacrificio Eucaristico, fonte del perdono e della pace: "Nei suoi giorni fiorirà la giustizia e abbonderà la pace" (Ps 71,7). Oggi posso constatare che il seme sparso nei momenti difficili, fecondato dalla sofferenza e dallo sforzo di un intero popolo, sta dando frutti di riconciliazione e di giustizia. Questo è il compito dei cristiani, l’impegno dei figli della Chiesa: "Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace" (Jc 3,18). Ogni giorno dobbiamo seminare il seme della pace evangelica, se vogliamo gioire per sempre dei frutti della giustizia.

Sono lieto di salutare il Signor Presidente della Repubblica e le autorità qui presenti. Ringrazio Monsignor Fernando Sáenz Lacalle, Arcivescovo di San Salvador, per le amabili parole con le quali ha voluto accogliermi. Con tutto il mio affetto saluto il Presidente e i membri della Conferenza Episcopale, così come altri Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, e tutti i fedeli che vi siete riuniti per pregare con il Papa. Saluto anche questa grande moltitudine che mi ha ricevuto durante il mio passaggio lungo le strade della Capitale, e la ringrazio molto.

2. Trascorsi gli anni più tristi della vostra storia recente, vale la pena di chiederci con le parole dell’Apostolo Giacomo: "Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi?" (Jc 4,1). Anche voi vi siete chiesti a volte: Che cosa è successo in questa terra benedetta, in questa nazione cristiana di El Salvador? Quali sono state la causa e la radice di tanti mali?

Nel vedere tante sofferenze, non possiamo escludere, come causa ultima, il peccato che è nel cuore dell’uomo né le responsabilità personali e sociali di quanti hanno contribuito al protrarsi di una situazione di conflitto e di odio. Per questo tutti insieme dobbiamo chiedere perdono al Signore. Ma è evidente anche che la vostra Nazione fa parte dei Paesi fratelli dell’America centrale. In questa area del Continente negli ultimi anni si è svolta una continua lotta, di vasti interessi strategici, per far prevalere, anche con sistemi violenti, ideologie politiche ed economiche opposte, come il marxismo e il capitalismo sfrenati, ideologie che essendo estranee al vostro carattere e alla vostra tradizione di valori umani e cristiani, hanno lacerato il tessuto della vostra società e hanno scatenato gli orrori dell’odio e della morte. Sono ideologie che nella loro espressione più radicale non rispettano la persona, nella quale è inscritta l’immagine del Creatore, e giungono a volte ad attentare violentemente al carattere sacro della vita umana.

3. Quanti lutti e quante lacrime, quante morti violente si sarebbero potute evitare se, rinunciando all’egoismo e senza cedere a tali ideologie e sistemi, tutti avessero intrapreso un cammino di giustizia, di autentica fraternità, di progresso sociale. Se guardiamo indietro è per implorare la misericordia divina sulle vittime della guerra e per invitare tutti, come hanno fatto i vostri Vescovi con la loro Lettera pastorale "Reconciliaos con Dios" (28.II.1992), a perseverare in questo atteggiamento fondamentale di riconciliazione, fonte di perdono e di solidarietà fraterna. Lo facciamo anche per ricordare coloro che hanno dato efficace impulso al processo di riconciliazione anche a prezzo del sacrificio della propria vita.

Con l’aiuto del Signore, sono ormai trascorsi gli anni infausti e tristi che hanno seminato odio e distruzione e inferto ferite dolorose, ancora aperte, nella convivenza sociale e nelle famiglie. Questo periodo ha ostacolato il progresso delle popolazioni più povere ed emarginate in cerca di una maggiore integrazione sociale e di prosperità. Inoltre ha distrutto molte famiglie, disperso molte popolazioni, sacrificato molte vite innocenti. Per questo non posso fare a meno di gridare: Mai più la guerra! Che la vera giustizia generi sempre la pace!

4. Grazie a Dio, le circostanze stanno cambiando. La vostra Nazione, come la maggior parte delle Nazioni sorelle dell’America Centrale superati in parte i contrasti tra queste opposte ideologie, beneficia ora di un clima più propizio alla convivenza. È il momento favorevole per rafforzare il processo di pace. Solo così si potrà edificare una società nuova con quello spirito cristiano che, quasi al limite dell’utopia umana, ma con la certezza che corrisponde alla volontà di Dio, chiamiamo la "civiltà dell’amore". Questa potrà trasformarsi in realtà se si svilupperà un’adeguata pedagogia del perdono, molto necessaria, essendo stati così forti i contrasti e tanto devastanti i loro effetti.

Proprio perché il male si annida ancora in molti cuori e il peccato è la causa ultima del disordine personale e sociale, di tutti gli egoismi e le oppressioni, delle violenze e delle vendette, è necessario che i cristiani si impegnino a promuovere il compito dell’educazione alla pace attraverso la pratica del perdono e si rendano degni in questo modo della beatitudine di Gesù: "Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9).

Le parole del Vangelo che abbiamo ascoltato sono esigenti, al di fuori della logica umana, capaci però di far diventare realtà questa rivoluzione dell’amore che incomincia con l’apertura del cuore al perdono e alla misericordia: "Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori" (Mt 5,43-44).

Queste parole ci invitano alla conversione. Se percepiamo una certa contrapposizione fra quello che il Vangelo ci propone e i nostri sentimenti è perché queste parole provengono dal cielo e non dalla terra. È Cristo che le proclama, che le ha compiute perfettamente con il suo esempio e che ci ha concesso il dono del suo Spirito per poter amare i nostri nemici, fare del bene a quelli che ci odiano, pregare per quelli che ci perseguitano e ci calunniano. In realtà, Cristo stesso, con il suo esempio, con la sua morte e risurrezione, è la misura del perdono che riceviamo da Dio affinché anche noi sappiamo perdonare completamente. È Lui che ci annuncia la Pace, la mattina di Pasqua, affinché la possiamo condividere in un mondo rinnovato dall’amore; ci colma del suo Spirito perché possiamo amare tutti. Il perdono dei nemici, come hanno fatto i martiri di tutti i tempi, è la prova decisiva e la manifestazione autentica della radicalità dell’amore cristiano. Dobbiamo perdonare perché Dio ci perdona e ci ha rinnovato in Cristo. Se non perdoniamo del tutto, non possiamo pretendere di essere perdonati. Invece, se i nostri cuori si aprono alla misericordia, se si suggella il perdono con un abbraccio fraterno e si stringono i vincoli della comunione, proclamiamo dinanzi al mondo la forza soprannaturale della redenzione di Cristo. Come costruttori della pace, siamo chiamati figli di Dio; siamo "figli del Padre... celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti" (Mt 5,45).

5. Da qui nasce anche la saggezza della pace. Lo abbiamo ascoltato nell’esortazione dell’apostolo Giacomo. Esiste una saggezza del mondo che egli chiama "terrena, carnale, diabolica" (Jc 3,15). È quella che deriva da instinti terreni e provoca la divisione dei cuori, che proviene sempre dal maligno al servizio di interessi personali. Tuttavia, la saggezza che proviene dall’alto è "pura . . . pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia" (Ib 3, 17). È come se Dio vi ponesse di fronte due vie per scegliere il futuro della vostra Nazione: il cammino della morte o il cammino della vita; una convivenza retta dalla vana saggezza del mondo che distrugge la concordia o dalla saggezza che proviene dall’alto e che edifica la civiltà dell’amore.

Costruite un futuro di speranza con la saggezza della pace! Lasciate ai giovani, ai bambini e alle famiglie salvadoregne un futuro luminoso e prospero di solidarietà e di giustizia. Volgiamo insieme lo sguardo a Dio, Padre di tutti, affinché ci indichi il cammino della riconciliazione. Ascoltiamo il pressante invito di Gesù a essere perfetti e misericordiosi come è perfetto il Padre celeste (Mt 5,48 cf. Lc Lc 6,36).

6. In questo nuovo orizzonte che guarda al futuro con speranza, risuona il messaggio della Parola di Dio che è stata proclamata: "Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce... un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio... ed è stato chiamato: Consigliere ammirabile... Principe della Pace" (Is 9,1 Is 9,5). Con queste parole ogni anno, la notte di Natale, si annuncia la pace agli uomini che il Signore ama (cf. Lc Lc 2,14). È questo anche il messaggio del Successore di Pietro. Come ai pastori nella luminosa notte di Betlemme, vi annuncio la gioia della presenza di Colui che è la nostra Pace: "Oggi vi è nato... un salvatore, che è il Cristo Signore" (Lc 2,11). Per costruire la pace nella giustizia, per edificare la fraternità e la riconciliazione, il Redentore ha percorso il cammino opposto alla violenza, alla superbia, all’egoismo, alla logica del potere, scegliendo la povertà e il servizio. Ha guarito le nostre ferite con la medicina dell’amore e dell’umiltà, poiché Cristo, il Salvatore, è nostra Pace.

Nell’avvicinarci alla celebrazione del Grande Giubileo dell’anno 2000, il bimillenario della nascita di Gesù, vi esorto ad offrirgli il proposito di costruire assieme un’era di pace nella vostra patria, fondando con Lui una società nuova, sostenuta e consolidata "con il diritto e la giustizia" (Is 9,6).

Con questa intenzione stiamo celebrando l’Eucaristia. Vogliamo suggellare con Dio, non con documenti né con semplici parole, ma con il sangue benedetto di Cristo versato sulla croce, un’alleanza di amore e di pace con Lui e fra di noi; per rinunciare all’odio e alla violenza, per intraprendere un cammino nuovo di fraternità e di progresso sociale ricercando il bene di tutti i salvadoregni.

Chiesa di El Salvador, figli tutti di questa Nazione! Chiediamo per intercessione della Vergine Maria, da voi invocata come Madre di Cristo e Regina della Pace: "Signore, fa che fiorisca la giustizia su questa terra di El Salvador; fa che in essa abbondi per sempre la pace!" (cf. Sal Ps 71,7).

Al termine della Santa Messa, prima di impartire la Benedizione finale il Papa si è così rivolto alla moltitudine dei fedeli:

Fratelli e Sorelle,

Desidero rinnovarvi i sensi della mia gioia per essere potuto tornare, dopo tredici anni, in questa bella Nazione, per aver trovato una atmosfera di pace. Non la perdete mai! Vi auguro un progresso spirituale e materiale dinamico, e, nel suo ambito, auguro a ciascuno di trovare il suo luogo per la costruzione della società nuova e per realizzarsi come persona e come figlio di Dio.

Vi ringrazio per questa presenza, per questa bella celebrazione, per la testimonianza della fede, per i canti, per le preghiere.

Portate il saluto del Papa nelle vostre case, a tutte le persone che non hanno potuto intervenire, soprattutto ai malati, agli anziani, ai bambini. Portate loro il mio saluto e la mia Benedizione. Molte grazie. Che Dio vi benedica.
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VIAGGIO APOSTOLICO IN GUATEMALA,

NICARAGUA, EL SALVADOR E VENEZUELA

SANTA MESSA PER L'INAUGURAZIONE

DEL NUOVO SANTUARIO DI NOSTRA SIGNORA DI COROMOTO




Spianata antistante il Santuario di Nostra Signora di Coromoto (Guanare)

Sabato, 10 febbraio 1996




"Tu splendido onore della nostra gente" (Jdt 15,9).

1. Nei numerosi santuari mariani che si ergono in tanti luoghi della terra, ripetiamo queste parole del Libro di Giuditta, per esprimere la nostra gioia perché la Madre di Dio ha stabilito la sua dimora in mezzo al suo popolo. Oggi, queste stesse parole sono pronunciate dagli abitanti del Venezuela, che proprio qui, a Coromoto, si riuniscono per venerarla come Patrona della loro Patria.

Esprimo anche la grande gioia concessami dalla Divina Provvidenza di poter inaugurare oggi questo Santuario Nazionale della Vergine di Coromoto, di cui ho incoronato l’immagine nel mio viaggio precedente, affidandole i figli e le figlie di questo nobile Paese, i quali le tributano una grande devozione grazie all’opera di tanti uomini e donne che l’hanno diffusa, tra i quali si distingue in particolare un religioso delle Scuole Cristiane, il Fratello Nectario María.

Dall’8 settembre 1652, Santa Maria di Coromoto accompagna la fede degli indios e dei bianchi, dei meticci e dei neri della terra venezuelana. A Lei, la Madre tanto amata, dico ancora una volta: "Tu che sei entrata così profondamente nel cuore dei fedeli attraverso il segno della tua presenza, vivi in questi cuori come nella tua casa, anche in futuro" (Omelia, 27.I.1979).

"D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata" (Lc 1,48), disse Maria facendo visita alla cugina Elisabetta. Sono proprio queste parole che si compiono in tanti e tanti luoghi della terra e anche qui, nella vostra Patria e in modo particolare in questo Santuario mariano.

Insieme con i Cardinali che mi accompagnano, mi è gradito salutare con reverenza il Signor Presidente della Repubblica e le altre Autorità presenti. Ringrazio il Vescovo Monsignor Alejandro Figueroa Medina per le parole di benvenuto che mi ha rivolto. Saluto il Presidente e i membri della Conferenza Episcopale, così come tutti i sacerdoti, religiosi, religiose, fedeli che sono giunti così numerosi a venerare con me, con amore e devozione, la Madre Vergine di Coromoto, Patrona del Venezuela.

2. Nella Lettera ai Galati, San Paolo parla della maternità di Maria: "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna" (Ga 4,4). La "pienezza del tempo" indica ciò che si esprime così intensamente durante l’Avvento, ossia, che la venuta del Figlio di Dio fu preceduta da un periodo di attesa e di preparazione.

Questo stesso tempo di attesa e di preparazione si compì qui, durante la prima semina del Vangelo ad opera dei missionari, il cui compito, per quanto duro e difficile, trovò un terreno fertile nel cuore degli uomini e delle donne assetati di trascendenza e di quei valori superiori che danno senso alla vita umana. In ogni momento, la figura vicina e materna di Maria è stata il miglior modello da imitare e da seguire. Così, man mano che in queste terre si realizzava il mandato di Cristo, man mano che con la grazia del battesimo si moltiplicavano ovunque i figli dell’adozione divina, appariva anche la Madre (cf. Omelia 27.I.1979).

3. Dio ha mandato suo Figlio nato da Donna. Ciò ebbe luogo la notte di Natale, come ci ricorda anche il Vangelo di Luca che abbiamo appena ascoltato. I pastori che custodivano il gregge nei dintorni di Betlemme, a mezzanotte videro una grande luce e udirono le parole dell’annuncio dell’Angelo che li invitava ad accorrere alla grotta. Vi si recarono e lì trovarono Maria con Giuseppe e il Bambino, che giaceva in una mangiatoia (cf. Lc Lc 2,8-17). È questa la breve descrizione dell’avvenimento fatta da Luca.

San Paolo, nella Lettera ai Galati, rivela la piena dimensione di questo avvenimento. "Dio mandò il suo Figlio, nato da donna,... per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!" (Ga 4,4-7). La piena dimensione di questo mistero non è solo di carattere storico. Ce lo dice San Giovanni nel Prologo al suo Vangelo: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi... A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio" (Jn 1,14). Per questo la Nascita del Signore è allo stesso tempo la più grande solennità mariana.Veneriamo la divina maternità della Madre di Dio, mediante la quale il Verbo eterno si è fatto uomo. La Sapienza di Dio ha "posto le radici in mezzo a un popolo glorioso" (Si 24,12) nel Popolo di Dio e, per mezzo suo, in tutte le nazioni che accolgono la Buona Novella della salvezza.

4. "Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,18).

Maria è una testimone singolare del mistero divino dell’Incarnazione e della Redenzione. Lo è come Madre. Una madre sperimenta in modo unico ed esclusivo che cos’è la nascita di un figlio. Poi segue anche molto da vicino tutta la vita del figlio, incominciando dagli anni dell’infanzia. Il Vangelo presenta, in modo sintetico ma molto trasparente, la testimonianza di questa esperienza materna di Maria che non comprende solo gli anni dell’infanzia, ma anche il periodo della sua vita pubblica, della sua attività messianica in Israele e, in seguito, la passione, la morte sulla croce e la risurrezione.

Se nel corso dei secoli, in tanti luoghi della terra, si sono moltiplicati i santuari mariani, se sono tanto numerosi in America Latina e anche qui in Venezuela, dove fra gli altri si distingue il Santuario di Coromoto in cui siamo riuniti oggi, è proprio perché per la Chiesa, per tutti noi, è molto importante la testimonianza materna di Maria su Cristo. Con la sua sollecitudine accompagna la diffusione del Vangelo in tutte le nazioni. Questa testimonianza di Maria riveste un’importanza particolare per la continua crescita ed espansione della Chiesa. Maria è Madre della Chiesa perché è la Madre di Cristo.

E quanto sono profonde le ragioni per cui la vostra Nazione cristiana può ripetere in questo Santuario: "Tu splendido onore della nostra gente"! (Jdt 15,9).

5. Maria è presente in mezzo al Popolo di Dio, convocato per volontà del Padre nella Chiesa. "Questa presenza di Maria - come ho scritto nell’Enciclica Redemptoris Mater - trova molteplici mezzi di espressione al giorno d’oggi come in tutta la storia della Chiesa. Possiede anche un multiforme raggio d’azione: mediante la fede e la pietà dei singoli fedeli, mediante le tradizioni delle famiglie cristiane, o "chiese domestiche", delle comunità parrocchiali e missionarie, degli istituti religiosi, delle diocesi, mediante la forza attrattiva e irradiante dei grandi santuari, nei quali non solo individui o gruppi locali, ma a volte intere nazioni e continenti cercano l’incontro con la Madre del Signore, con colei che è beata perché ha creduto" (n. 28).

Maria, Tempio della Nuova Alleanza e Dimora di Dio fra gli uomini, è presente! L’inaugurazione di questo Santuario Nazionale, luogo di incontro con Dio attraverso la Madre del Redentore, è un invito a ravvivare la fede, ad amare la Chiesa e l’umanità con lo stesso amore di Cristo, a portare a termine la nuova evangelizzazione sulla linea delle beatitudini, con spirito di povertà, mansuetudine, accettazione delle sofferenze e delle persecuzioni, operando per la giustizia e la pace, a impegnarsi nell’edificazione di una società più fraterna e solidale; in definitiva, è un invito alla santità, "un fondamentale presupposto e una condizione del tutto insostituibile per il compiersi della missione di salvezza nella Chiesa" (Christifideles laici CL 17).

6. Ai piedi della Vergine voglio deporre ancora una volta tutte queste suppliche:

Vergine e Madre nostra di Coromoto,
che da sempre hai preservato la fede del popolo venezuelano,
nelle tue mani depongo le sue gioie e le sue speranze,
le tristezze e le sofferenze di tutti i suoi figli.
Implora sui Vescovi e i presbiteri i doni dello Spirito
affinché, fedeli alle loro promesse sacerdotali,
siano instancabili messaggeri della Buona Novella,
soprattutto fra i più poveri e bisognosi.
Infondi nei religiosi e nelle religiose
l’esempio della tua totale consacrazione a Dio,
affinché nel servizio abnegato ai fratelli
li accompagnino nelle loro attività e nei loro bisogni.
Madre della Chiesa, incoraggia i fedeli laici,
impegnati nella nuova Evangelizzazione,
affinché, con la promozione umana e
l’evangelizzazione della cultura,
siano apostoli autentici nel Terzo Millennio.
Proteggi tutte le famiglie venezuelane
perché siano autentiche chiese domestiche,
dove si custodisca il tesoro della fede e della vita,
si insegni e si pratichi sempre la carità fraterna.
Aiuta i cattolici ad essere sale e luce per gli altri,
come autentici testimoni di Cristo,
presenza salvifica del Signore,
fonte di pace, di gioia e di speranza.
Regina e Madre Santa di Coromoto,
illumina coloro che reggono i destini del Venezuela,
perché operino per il progresso di tutti,
tutelando i valori morali e sociali cristiani.
Aiuta tutti e ognuno dei tuoi figli e delle tue figlie,
affinché con Cristo, nostro Signore e Fratello,
insieme camminino fino al Padre
nell’unità dello Spirito Santo.
Amen.
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GPII Omelie 1996-2005 10