GPII Omelie 1996-2005 45

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VIAGGIO APOSTOLICO IN UNGHERIA



Ipari Park di Gyor - Sabato, 7 settembre 1996




Venerati Fratelli nell’Episcopato,
Cari sacerdoti, religiose e religiosi,
Carissimi fedeli!

1. Abbiamo ascoltato la toccante parola di Gesù: “Io sono il buon Pastore. Il buon Pastore offre la vita per le pecore” (Jn 10,11).

La Chiesa, comunque la si consideri, è indissolubilmente legata all’immagine del buon Pastore. Il pastore si prende cura del gregge e, davanti ai pericoli e alle aggressioni dei lupi, non abbandona le sue pecore e non fugge. Non è un mercenario; per questo è disposto a difendere le pecore anche a rischio della sua vita (cf. Gv Jn 10,11-12).

Questa immagine, raccolta ed apprezzata fin dagli inizi, spinse la comunità cristiana verso una precisa coscienza della propria identità. La figura del buon Pastore, già presente durante le persecuzioni dei primi secoli, come si può notare dagli affreschi delle catacombe, continuò ad orientare l’azione della Chiesa anche quando le fu concessa la libertà, diventando per così dire il modello del suo nuovo rapporto con il mondo e del suo impegno missionario. La Chiesa sentì il dovere di radunare e di guidare le pecore che non appartenevano ancora al suo ovile e che erano alla ricerca della pace e della salvezza, affinché, secondo la volontà di Cristo, si costituisse “un solo gregge e un solo pastore” (Jn 10,16).

Così, passo dopo passo, nel corso del primo millennio, diverse Nazioni entrarono nell’ovile di Cristo: vi trovarono accoglienza anche i popoli dell’Europa centro-orientale e, nel decimo secolo, venne a farne parte la vostra stessa Nazione. Cari fratelli e sorelle, con il battesimo i vostri antenati acquisirono la coscienza di una nuova appartenenza, quella del gregge al proprio Pastore, da cui si sente difeso e protetto. Consapevoli di essere proprietà di Cristo, gli abitanti della Pannonia, l’odierna Ungheria, scoprirono una loro più profonda identità culturale, diventando Nazione in modo nuovo. Essi si resero conto che Qualcuno aveva dato la vita per loro e capirono di possedere un valore speciale, perché erano stati “liberati... con il sangue prezioso di Cristo” (1P 1,18-19). Tutto ciò portò ad un arricchimento della coscienza sia delle persone che della Nazione: un arricchimento ovviamente non materiale, ma di grande importanza per lo spirito di una società che si andava formando.

Il millenario dell’abbazia di Pannonhalma, che abbiamo festeggiato ieri, è parte integrante di questa eredità. Esso conferma che nel vostro Paese, da mille anni, è presente e opera una comunità di uomini per i quali la redenzione compiuta da Cristo costituisce una chiamata che permea tutta la vita. Queste persone considerano come fine principale della loro vita la testimonianza da rendere a Cristo e al suo Vangelo, al fine di annunciare la buona novella della redenzione del mondo e del rinnovamento dell’uomo in Cristo: “Il buon pastore offre la vita per le pecore” (Jn 10,11).

2. “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla” (Ps 23,1).

Le parole del Salmo responsoriale, cantato poco fa, esprimono bene la nuova coscienza che venne maturando nelle persone, tra le quali questa abbazia sviluppa da mille anni la sua provvidenziale attività. Il popolo comprese molto bene che la premura di Cristo, buon Pastore, si rifletteva nell’attività della Chiesa. Con il proprio ordinamento gerarchico, articolato in diocesi e parrocchie affidate a Vescovi e sacerdoti e riunite intorno al Primate di Esztergom, la Chiesa veniva promuovendo, come conseguenza della sua azione spirituale, anche una nuova forma di vita nazionale. Quale comunità sacerdotale, la Chiesa sapeva di essere mandata a celebrare l’Eucaristia, mediante la quale si edifica il popolo di Dio, chiamato ad assolvere il triplice compito sacerdotale, profetico e regale sotto la guida di coloro che erano partecipi della successione apostolica.

Da quando, dunque, Hungaria coepit habere episcopum, la vita del popolo cristiano fu storicamente strutturata in diocesi, fra le quali quella di Gyor, che oggi ho l’onore di visitare. Gli inizi della Chiesa in queste terre non furono, tuttavia, un evento solo spirituale; essi ebbero un influsso anche sull’aspetto civile, segnando l’inizio di un nuovo periodo della storia e della cultura della vostra Nazione. Nel corso dei secoli varie volte il vostro Paese ha dovuto ricominciare daccapo e con esso anche la Comunità cristiana.

Ultimamente questo si è verificato nel 1989. In questo contesto vorrei esprimere il mio apprezzamento ai Pastori della Chiesa in Ungheria per il lavoro svolto nel corso degli ultimi cinque anni. Voi, Venerati Fratelli nell’episcopato, avete conservato l’unità della Chiesa e promosso di nuovo, nelle condizioni di riconquistata libertà, l’azione missionaria in tutti i campi della vita cristiana. Avete incontrato difficoltà non piccole, ma non avete perso la speranza! Nella ricostruzione spirituale del Paese voi potete ora contare su Ordini e Congregazioni religiose che si stanno rinnovando, nonché su insegnanti cattolici e su laici impegnati.

3. Cari Fratelli e Sorelle! Non lasciatevi scoraggiare dalle difficoltà economiche e sociali, dalla disoccupazione, dall’impoverimento di molti, dalla caduta dei valori morali verificatasi nella generazione cresciuta senza la fede! La tentazione di lasciarsi andare, accettando passivamente la situazione, è grande. San Paolo descrive i pagani come “coloro che non hanno speranza!” (cf. 1Th 4,13). Noi cristiani, però, viviamo della presenza di Cristo. Cristo è la nostra speranza! Non siamo mai soli! Siamo le pecore di Cristo buon Pastore, che è sempre con noi.

Avete esempi luminosi a cui guardare anche quando s’addensano le nubi. Soprattutto i martiri e i testimoni della fede degli ultimi quarant’anni rendono testimonianza alla luce di Cristo. Penso al Vescovo Vilmos Apor, che in questa città ha offerto la sua vita per coloro che gli erano stati affidati; penso al Card. József Mindszenty e alla strenua resistenza che egli oppose alla dittatura con la conseguente lunga “via crucis” che dovette percorrere; penso al medico dei poveri, László Batthyány Strattman, vero eroe della carità; penso ai sacerdoti, alle religiose ed ai religiosi, come pure a tanti laici cristiani che hanno donato la vita per Gesù. Rendiamo omaggio a tutti coloro che, nei decenni passati, hanno sopportato persecuzioni pur di non rinnegare la fede!

4. “Io sono il buon Pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre” (Jn 10,14-15). Mostrare agli uomini il Padre, la sua misericordia e il suo amore: ecco quale fu per Gesù il compito più importante. Alla fine del ventesimo secolo, quanto grande è il bisogno della conoscenza di Cristo: della sua persona, della sua vita, del suo insegnamento! Numerose sono le ideologie e le correnti culturali che fanno propaganda per se stesse: promettono felicità, successo e libertà, ma non possono indicare lo scopo vero della vita.

Cristo soltanto è la Via, la Verità e la Vita. Egli non ha mostrato semplicemente la via della salvezza, ma ha detto: “. . . chi crede ha la vita eterna” (Jn 6,47). In lui si è rivelata la verità alla quale anelano tutti gli uomini nel profondo del loro cuore. Cristo, buon Pastore, è venuto “affinché noi abbiamo la vita e la abbiamo in pienezza”. L’Apostolo Giovanni scrive di lui: “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini” (Jn 1,4). Di nessuno nel corso della storia fu mai fatta una simile affermazione. Solo Cristo, la Vita, ha sconfitto la morte. Egli solo ha potuto proclamare: “Io sono la resurrezione e la Vita” (Jn 11,25).

5. Abbiamo udito poc’anzi san Paolo che esortava gli Efesini a comportarsi secondo l’insegnamento di Cristo: “Se proprio gli avete dato ascolto e in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, per la quale dovete deporre l’uomo vecchio..., l’uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici... Dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera” (Ep 4,21-24). Queste parole, rivolte a cristiani appena convertiti dal paganesimo, non hanno perso nulla della loro attualità; esse valgono anche per gli uomini di oggi. La vita cristiana consiste nel continuo impegno di spogliarsi dell’uomo vecchio, segnato dalla triplice concupiscenza, ereditata col peccato originale: “La concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita” (1Jn 2,16).

Non ci ricorda forse, l’esperienza quotidiana, che l’eredità del primo Adamo è presente in noi? Contemporaneamente sappiamo, però, che possiamo liberarci dal triplice peso ereditario, perché il potere di Cristo e la redenzione da Lui operata ci hanno messo in condizione di rivestirci dell’uomo nuovo, di rinnovarci nello spirito e di condurre un’esistenza autenticamente cristiana. Intere generazioni hanno operato per consolidare questa consapevolezza. Soprattutto grazie ai santi e ai beati, che sono una testimonianza viva del rinnovamento in Cristo di cui scrive l’Apostolo, la Chiesa semina il Vangelo nei cuori degli uomini e nella cultura dei popoli, generando in loro sempre nuovi frutti di santità e di civiltà. Il Vangelo ha fatto di voi, carissimi fedeli ungheresi, uomini nuovi, una nuova Nazione. “Rivestitevi dell’uomo nuovo!”, come fecero, mille anni fa, i vostri antenati convertendosi dal paganesimo sotto la guida di Santo Stefano!

Voi tutti conoscete la storia della vostra patria, sapete bene quanti pericoli essa ha dovuto superare nel corso della sua ormai lunga storia. Malgrado tutto, il nobile popolo ungherese è rimasto fedele perché, nei momenti decisivi, persino in mezzo alle più grandi tragedie, è riuscito a rinnovarsi nell’adesione alla fede e nella pratica della vita cristiana. Non sono mancate figure profetiche che, secondo l’insegnamento dell’apostolo Paolo, hanno aiutato i loro fratelli a “deporre l’uomo vecchio”.

Tra questi dobbiamo menzionare con affetto particolare coloro che, col sacrificio della loro vita, hanno reso testimonianza a Cristo e al suo Vangelo. Quale particolare grazia di Dio ci viene offerta oggi, 7 settembre, nel commemorare i tre martiri di Kassa, canonizzati un anno fa. Ne celebriamo la festa qui a Gyor, città in cui il Servo di Dio Mons. Vilmos Apor offrì la vita per coloro che gli erano affidati.

6. Di tutto cuore saluto il Signor Cardinale László Paskai, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, nonché tutti i Cardinali presenti. Con particolare cordialità saluto il pastore che guida la diocesi di Gyor, il caro Mons. Lajos Pápai, e tutti i Vescovi presenti. Rivolgo un particolare saluto anche ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, specialmente a coloro che a causa del Vangelo hanno sofferto lunghi anni di prigionia e di umiliazioni: molti di loro sono oggi qui con noi presso l’altare del Signore. Il mio saluto s’estende poi a tutti i fedeli qui convenuti, in special modo ai giovani che vedo particolarmente numerosi.

Carissimi, sono lieto di incontrarvi in questo giorno così significativo e, nell’esprimervi il mio apprezzamento per la freschezza del vostro entusiasmo e per il generoso apporto alla vita della Chiesa nella vostra Patria, vi do fin d’ora appuntamento per l’agosto del prossimo anno, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù a Parigi. Rivolgo, altresì, un saluto fraterno ai pastori e ai fedeli delle Chiese non cattoliche qui presenti. Voglia Dio che l’amore e l’alta stima reciproci affrettino il cammino verso la piena unità di cui Cristo ha arricchito la sua Chiesa.

Saluto cordialmente, poi, le personalità del Governo e della Città qui presenti, esprimendo viva gratitudine per l’accoglienza che mi è stata riservata. Saluto, infine, i fratelli e le sorelle provenienti dai Paesi confinanti, in particolare i pellegrini di Austria e Germania, della Croazia, della Repubblica Ceca, della Slovacchia e della Romania. Saluto molto cordialmente i pellegrini giunti qui dalla vicina Austria e dalla Repubblica Federale Tedesca. Carissimi Fratelli e Sorelle, vi auguro di rafforzare sempre più i vostri sentimenti di amicizia e di collaborazione con i cittadini dell’Ungheria, terra con la quale esistono profondi legami di cultura, oltre che di adesione al comune patrimonio di valori religiosi. Saluto di cuore i fedeli provenienti dalla Croazia o originari di quella terra. Carissimi Fratelli e Sorelle, voi avete per secoli condiviso le vicende del popolo ungherese e oggi desiderate partecipare alla sua gioia nell’adesione ai medesimi valori cristiani. Siate fieri di questo patrimonio secolare!

Sarà sulla sua base che il vostro popolo potrà, insieme con i popoli vicini, costruire un futuro di serena convivenza nella solidarietà e nel reciproco rispetto. Con particolare cordialità mi rivolgo ora ai fedeli venuti dalla Slovacchia per pregare assieme ai fratelli e alle sorelle d’Ungheria. Carissimi, la vostra storia è strettamente legata alla storia ungherese. Dalle vicende liete e tristi del passato sappiate trarre opportune indicazioni per le scelte da operare nel presente. Prego Dio perché la comune fede cristiana unisca entrambi i popoli nella ricerca della pace e della solidarietà.

7. Cari Fratelli e Sorelle, guardate con fiducia al vostro futuro! Le previsioni pessimistiche di alcuni non vi scoraggino, gli ostacoli frapposti da altri non vi frenino. Con l’aiuto di Dio e con l’impegno vostro le difficoltà saranno superate e gli obiettivi proposti raggiunti. A voi il compito di “deporre l’uomo vecchio con la condotta di prima”, per “rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera” (cf. Ef Ep 4,22-24). Ecco l’incessante programma del cristianesimo: rinnovarsi nello spirito e nella mente rivestendo l’uomo nuovo che vive di Cristo, il Signore risorto.

Desidero salutare ancora i miei connazionali qui presenti, in particolare i partecipanti al pellegrinaggio organizzato dalla Pastorale dei Lavoratori dell’Arcidiocesi di Varsavia, provenienti da tutta la Polonia.

La partecipazione all’odierna Liturgia Eucaristica possa rafforzare la vostra fedeltà a Cristo e ai suoi insegnamenti. Dio benedica voi, le vostre famiglie e i vostri cari. Preghiamo insieme affinché la Nazione ungherese, rinnovata dal Vangelo di Cristo alle soglie del nuovo millennio, possa ricostruirsi più salda e più felice. Vi aiuti Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo, per l’intercessione della “Magna Domina Hungarorum”! Amen!

Al termine della Concelebrazione Eucaristica il Papa ha detto:

Vorrei ringraziarvi per questo incontro eucaristico, per la partecipazione così numerosa da parte della Diocesi di Gyor. Vorrei ringraziarvi per la dignitosa preparazione, per i canti, per la preghiera, per tutto ciò che ci porta all’Eucaristia. Vogliamo ringraziare questo vento così forte. Sappiamo che quando è nata la Chiesa nel Cenacolo di Gerusalemme, tale evento è stato significato dal vento. Esso richiama lo Spirito Santo che soffia. Auguro alla vostra Patria, alla Chiesa che è in Ungheria questo forte soffio dello Spirito Santo.

Sia lodato Gesù Cristo!
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VIAGGIO APOSTOLICO IN FRANCIA

CELEBRAZIONE DEI VESPRI CON I RELIGIOSI E LE RELIGIOSE


DELLA REGIONE APOSTOLICA DELL'OVEST DELLA FRANCIA




Basilica di Saint-Laurent-sur-Sèvre

Giovedì, 19 settembre 1996




Cari Fratelli e care Sorelle,

1. In questo pellegrinaggio alle tombe di san Louis-Marie Grignion de Montfort e della beata Marie-Louise de Jésus, è una gioia per me celebrare l’ufficio liturgico della sera con voi, persone consacrate giunte da tutto l’Ovest della Francia. Ringrazio Monsignor François Garnier, Vescovo di Luçon, e i Superiori della famiglia monfortana per le parole che mi hanno rivolto a nome vostro e anche a nome della comunità diocesana qui rappresentata. Rivolgo a tutti il mio affettuoso saluto.

2. La lettura della Lettera ai Romani che abbiamo appena ascoltato ci parla della vocazione dell’umanità in Cristo. In Cristo siamo eternamente conosciuti e chiamati a diventare conformi all’immagine di Colui che è “il primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29).In Lui, vero Dio e vero Uomo, il Padre ci mostra il senso della nostra vocazione. Fra la conoscenza eterna dell’uomo che il Padre ha nel Verbo e l’appello che rivolge all’uomo nel tempo, esiste uno stretto legame. Cristo sa che la sua venuta nel mondo e, in particolare, la sua passione, la sua morte e la sua risurrezione devono rivelare agli uomini la loro vocazione, inscritta dal Padre nel mistero dell’Incarnazione di suo Figlio. Ecco perché Cristo, consapevole di ciò, al termine della sua missione terrena, rivolge agli Apostoli questa esortazione: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,19-20).

3. Secolo dopo secolo, i successori degli Apostoli e molti discepoli hanno operato per compiere questa missione affidata loro dal Signore. Nella vostra regione, san Louis-Marie Grignion de Montfort è stato uno dei più importanti. Sono lieto di iniziare il mio pellegrinaggio in terra di Francia sotto il segno di questa nobile figura. Come sapete, devo molto a questo santo e al suo Trattato della vera devozione a Maria Vergine. Oggi, dato che la mia visita pastorale è posta, in buona parte, sotto il segno del battesimo, vorrei innanzitutto sottolineare che, nello spirito di san Louis-Marie, tutta la vita spirituale proviene direttamente dal sacramento del santo battesimo, come dimostra un significativo passaggio dell’Atto di consacrazione a Gesù Cristo attraverso Maria, redatto proprio da Montfort. Al centro di questo atto, ci sono le seguenti parole: “Io - a questo punto si pronuncia il nome, ad esempio Louis-Marie o Gianpaolo o Carlo - peccatore infedele, rinnovo e ratifico oggi nelle tue mani (fra le mani di Maria) le promesse del mio battesimo: rinuncio per sempre a Satana, alle sue pompe e alle sue opere, mi dono interamente a Gesù Cristo, la Sapienza incarnata, per portare la mia croce seguendo il suo esempio tutti i giorni della mia vita . . .” (San Louis-Marie Grignion de Montfort, L’amore dell’Eterna Sg 225).

Il richiamo alle promesse del battesimo è evidente. Nel corso della liturgia battesimale è stato chiesto a ognuno di noi: “Rinunci a Satana, a tutte le sue opere e a tutte le sue seduzioni?”, e poi: “Credi?”. L’atto del battesimo va di pari passo con la scelta di Dio, la scelta di Cristo, la scelta di vivere nella grazia dello Spirito Santo. Questa scelta, in un certo senso, è la vittoria sul peccato originale. La grazia sacramentale del battesimo cancella il peccato originale. Tuttavia l’uomo che lo riceve deve rinunciare al peccato per corrispondere così alla grazia della giustificazione che gli viene concessa nella fede in Cristo. Nel sacramento del battesimo vi è un certo ritorno all’inizio, alle origini, quando bisognava scegliere il bene e non il male, la salvezza e non il rifiuto. Se Grignion de Montfort inserisce ciò nel contenuto della sua autentica devozione alla Madre di Dio, lo fa perché Maria, per volontà divina, fin dalla sua Immacolata Concezione, è stata inscritta nel piano di Dio per vincere il peccato attraverso la giustificazione ricevuta dalla grazia che proviene da Cristo. È un bene che all’inizio di questo pellegrinaggio che mi porterà anche a Reims per il quindicesimo centenario del battesimo di Clodoveo, possiamo considerare qui da un punto di vista mariano il significato essenziale del sacramento del battesimo.

4. Rivolgendomi a voi, uomini e donne impegnati nella vita consacrata, vorrei ribadire che “nella tradizione della Chiesa la professione religiosa viene considerata come un singolare e fecondo approfondimento della consacrazione battesimale in quanto, per suo mezzo, l’intima unione con Cristo ( . . .) si sviluppa” (Giovanni Paolo II, Vita consecrata VC 30). Siete chiamati ad andare oltre, grazie ad “uno specifico dono dello Spirito Santo” (Ivi), dato che scegliete di mettere in pratica in maniera radicale i consigli evangelici per seguire Cristo e prendete a modello la Vergine Maria, “esempio sublime di perfetta consacrazione, nella piena appartenenza e nella totale dedizione a Dio” (Ivi, 28).

L’esigenza del vostro impegno può apparire ai vostri contemporanei difficile da capire e quasi impossibile da vivere. Ciò non vi preoccupi! In verità, fedeli e umili, voi rendete una testimonianza di cui il mondo ha bisogno. La vostra libera scelta del celibato, della rinuncia ai beni materiali e dell’obbedienza costituisce una risposta agli interrogativi che molti si pongono sui valori autentici della vita. Pertanto la vostra pratica dei consigli evangelici non ha altro significato se non quello di professare, con cuore indiviso, l’amore infinito di Dio, ricchezza suprema dell’uomo, e la bellezza liberante di una dipendenza filiale e non servile (cf. Ivi, 21). Intendete essere segni viventi di Dio per il mondo, “all’immagine del Figlio suo” (Rm 8,29).

5. Voi che siete venuti a rappresentare i consacrati di tutto l’Ovest della Francia, offrite un’immagine della diversità dei carismi che ispirano il vostro impegno, nella vita contemplativa o apostolica, negli istituti secolari o nell’ordine delle vergini consacrate.

So che molti di voi provano inquietudine davanti all’attuale diminuzione del numero delle vocazioni e all’invecchiamento delle congregazioni. Vi viene così richiesta misteriosamente una forma di partecipazione alla Croce. Tuttavia la prova non è un termine. Tengo ad esprimere qui tutta l’ammirazione suscitata dalla fedeltà, dallo zelo, dalla creatività di religiosi e religiose persino in tarda età. L’opera svolta dalle numerose congregazioni fondate nella vostra regione è stata considerevole per la ricostruzione della Chiesa nel secolo scorso, per l’educazione, per la cura dei malati, per la partecipazione alla vita pastorale. Si dice giustamente quanto sia utile che il Vangelo venga annunciato “con l’accento del Paese”! Mettete oggi in pratica con entusiasmo i carismi dei vostri fondatori. Continuate a scrivere la storia viva delle vostre congregazioni!

Vorrei qui rendere omaggio anche al gran numero di missionari partiti dall’Ovest della Francia diretti in tutto il mondo e a quanti si trovano ancora in molti Paesi. Posso dirvi che c’è sempre un grande bisogno della presenza delle persone consacrate nelle giovani Chiese.

6. La vostra testimonianza e il vostro apostolato sono una ricchezza per le comunità locali. Abbiate l’audacia di far conoscere la qualità della vostra esperienza, il senso della vostra spiritualità e dei carismi delle vostre diverse fondazioni, la vostra gioia di servire. Sia per il clero diocesano che per i laici, la presenza dei consacrati rimane uno stimolo prezioso e spesso un elemento indispensabile per l’evangelizzazione. Attenti ai bisogni del nostro tempo e fedeli alle intuizioni originarie, i consacrati, ne sono convinto, permettono a dei giovani di udire la chiamata del Signore a servirlo nel dono totale di sé.

7. L’offerta della vostra vita possiede una misteriosa fecondità sia giorno dopo giorno che al momento della Croce. Penso al sacrificio di molti religiosi in nome del Vangelo e in fedeltà alla Chiesa, su questa terra o in terre lontane. Ripenso qui con emozione ai sette Frati trappisti di Notre-Dame de l’Atlas, ricordando che tre di loro erano stati monaci di Bellefontaine. Come altri religiosi e religiose apostolici, sono stati fino alla morte testimoni puri e disinteressati dell’amore di Cristo in mezzo a fratelli in umanità che non hanno desiderato altro che servire. Continuiamo a pregare affinché il loro sacrificio diventi sorgente di vita e affinché la loro presenza accanto al Signore sostenga oggi i loro fratelli e le loro sorelle.

Vorrei concludere ripetendo con le parole di Grignion de Montfort quanto la vostra vita trovi il suo significato nella persona di Cristo: “Dio non ha posto altro fondamento alla nostra salvezza, alla nostra perfezione a alla nostra gloria se non Gesù Cristo” (San Louis-Marie Grignion de Montfort, Trattato della vera devozione a Maria Vergine, n. 61). Pregando con lui, invochiamo il Signore con la Santa Vergine: “Signore, tu sei sempre con Maria e Maria è sempre con te” (Ivi, n. 63). Desidero ricordare che siamo uniti nella preghiera ai pellegrini de La Salette che festeggiano oggi il centocinquantesimo anniversario dell’apparizione di Nostra Signora in questo luogo.

Che la tenerezza materna di Nostra Signora vi guidi ogni giorno lungo il vostro cammino nella sequela di Gesù per rendere ogni onore e gloria al Padre in unità con lo Spirito Santo, per rendervi perfetti ed essere per il vostro prossimo un buon profumo di vita eterna (cf. Ivi, n. 61).


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VIAGGIO APOSTOLICO IN FRANCIA

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA PER I FEDELI DELLA BRETAGNA




Spianata «Ker Anna» di Sainte-Anne-d'Auray

Venerdì, 20 settembre 1996




1. Cristo risorto invia i suoi Apostoli in tutto il mondo. “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28,19-20). Questo inviare in missione possiede una forza divina. Viene dal Figlio consustanziale al Padre e, allo stesso tempo, viene da un Uomo crocifisso e risorto. L’evento pasquale ha confermato il suo potere in cielo e sulla terra. È ciò che dà a questo comandamento la sua forza per tutte le nazioni e per tutti i tempi: insegnate, annunciate il Vangelo, battezzate nell’acqua e nello Spirito Santo. Questa vita nuova donata da Cristo, inizio della nuova creazione, deve essere radicata dai discepoli in tutte le nazioni della terra. Questo seme divino conferirà un senso pieno all’esistenza dell’uomo che è chiamato a partecipare alla vita di Dio. Cristo è l’autore di questa chiamata, ne è il garante.

2. Se la parola di Dio deve radicarsi nel cuore dell’uomo, essa deve ricevere da parte sua una giusta risposta: questa risposta è la fede. La liturgia di oggi concede grande spazio a questa risposta per mezzo della fede. Nella Lettera agli Ebrei, l’Apostolo scrive: “La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono” (He 11,1). Per chiarire questa definizione, l’Apostolo fa ricorso alla testimonianza di Abramo, padre dei credenti (cf. Rm Rm 4,11-12 Rm 16-17), che ha obbedito alla chiamata di Dio. Egli partì in pellegrinaggio, dimostrando così che credere vuol dire mettersi in cammino verso la Terra Promessa. Non si trattava soltanto di lasciare la valle dell’Eufrate per arrivare in terra di Palestina: si trattava e si tratta sempre di un altro pellegrinaggio, di un cammino fondato sulla fiducia totale nella Parola, poiché Dio stesso indicava il significato delle azioni di Abramo e di Sara. Il cammino percorso fu il simbolo del pellegrinaggio della fede verso un’altra terra, verso un’altra città. “Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso” (He 11,10). Dio gli promise una discendenza numerosa benché la moglie Sara non avesse avuto figli: quella promessa di fecondità umana indica anche la fecondità spirituale della fede.

L’Apostolo aggiunge che Abramo e i suoi discendenti “morirono ( . . .) pur non avendo conseguito i beni promessi (qui sulla terra); ma avendoli solo veduti e salutati di lontano” (He 11,13). Essi avevano la certezza che la città costruita sulle fondamenta divine sarebbe stata loro per sempre. Hanno riposto la loro fiducia nel Dio dell’Alleanza.

3. “I cieli cantano le tue meraviglie, Signore, la tua fedeltà” (Ps 88,6). Questo versetto del salmo responsoriale della liturgia odierna, lo riprendiamo con la stirpe dei credenti incominciata da Abramo. Nel santuario di sant’Anna, vogliamo ricordare tutti coloro che sono venuti in mezzo a voi come testimoni di Cristo per annunciare il Vangelo dell’Alleanza e tutti coloro che, di generazione in generazione, hanno ereditato il loro messaggio di salvezza. Sulla vostra terra di Bretagna e dell’Ovest della Francia, la fede cristiana, arrivata qui tanti secoli fa, si è a poco a poco inculturata e fortificata. Innanzitutto, ci rivolgiamo a sant’Anna apparsa a Yves Nicolazic in questo villaggio dove, con la sua sposa Guillemette, formava una coppia cristiana stimata da tutti:

“Yves Nicolazic, non temere. Sono Anna, la madre di Maria.
Dio vuole che io sia onorata in questo luogo”.

È lunga la lista di quanti sono diventati intercessori presso Dio dopo i santi fondatori delle vostre Diocesi, i martiri, come il beato Pierre-René Rogue di cui la Diocesi di Vannes celebra quest’anno il bicentenario della morte, sacerdoti come sant’Yves, san Louis-Marie Grignion de Montfort, san Jean Eudes, religiose come santa Teresa del Bambino Gesù, la beata Jeanne Jugan o ancora, nel nostro secolo, laici come Marcel Callo che ho beatificato di recente. Tanti altri nel corso dei secoli hanno segnato con la loro testimonianza la storia della fede nella vostra regione.

4. In questa terra di Bretagna, conosciuta per la sua solida tradizione cristiana, sono lieto di salutarvi, pellegrini giunti da tutta la regione apostolica dell’Ovest per accogliere il Successore di Pietro, pellegrini di Sainte-Anne-d’Auray e di altri santuari dedicati alla madre della Vergine Maria, come quello di Apt che celebra il suo nono centenario. Saluto anche cordialmente i rappresentanti delle autorità civili che hanno voluto associarsi a questa celebrazione. Ringrazio Monsignor François-Mathurin Gourvès, Vescovo di Vannes, per le sue parole di benvenuto che testimoniano la vitalità della vostra fede e della vostra fedeltà alla Chiesa.

Questa fede che è la vostra comune eredità deve affrontare numerose sfide. Certo i motivi di inquietudine sono molteplici. Si sta assistendo oggi al diffondersi di un clima di indifferenza e di individualismo; alcuni non sanno accettare l’altro nella sua diversità, altri disperano di fronte al male del mondo. Troppo spesso la memoria cristiana s’indebolisce, in particolare nelle giovani generazioni, che hanno molta difficoltà ad appropriarsi della loro eredità religiosa. Si percepiscono tuttavia anche fra voi molti segni di vitalità. Lo Spirito Santo è all’opera nei cuori e suscita ammirevoli conversioni interiori, vocazioni inattese, un rinnovamento del significato della vita coniugale; un numero sempre più grande di laici si impegna nell’animazione della comunità cristiana e nelle strutture della vita pubblica e sociale. Oggi, sono venuto per invitarvi a far crescere la speranza dentro di voi e intorno a voi. Come i vostri padri nella fede, siate costruttori della Chiesa nelle nuove generazioni!

5. Vivete la speranza, riponete la vostra fiducia in questo Dio che ha stretto un’alleanza con gli uomini nella persona del suo figlio Gesù! Una rappresentazione tradizionale di sant’Anna ce la mostra mentre fa leggere la Bibbia alla figlia Maria. È un invito ad accogliere la parola di Dio, ad assimilarla per renderne testimonianza nelle realtà umane. Aprite i vostri cuori a Cristo: la sua parola vi indica il cammino per andare verso il Padre! Nell’umile fedeltà agli appelli rivolti da Dio nella vita quotidiana, ognuno dà la sua risposta di fede alla Parola. È quello che hanno fatto tante famiglie della vostra regione. Serbate così il ricordo esemplare di quegli sposi caritatevoli che furono Claude e Marguerite de la Garaye o anche Louis e Zélie Martin, i genitori di Santa Teresa di Lisieux. Fratelli e Sorelle, siete anche voi in pellegrinaggio verso la città di Dio. Lungo il vostro cammino, la vostra fede sia fermamente fondata sulla parola di Cristo trasmessa nella sua Chiesa! Sia gioiosa e radiosa! Mostri che la venuta di Cristo nella nostra umanità dà un senso alla vita degli uomini, di ogni uomo!

6. Oggi, Cristo vi chiama a trasmettere questo messaggio di speranza! Tutto il Popolo di Dio è un popolo missionario. Il Vangelo di questa messa sottolinea con forza l’urgenza di proseguire la missione di Cristo fra tutte le nazioni e tutte le culture. La Chiesa è inviata verso tutti gli uomini, nelle diverse società, per annunciare loro la salvezza offerta da Dio. I cristiani sono tutti responsabili di questa missione. Insieme, devono operare affinché venga il regno di Dio, che è la “comunione di tutti gli esseri umani tra di loro e con Dio” (Giovanni Paolo II, Redemptoris missio RMi 15), instaurando i legami della solidarietà che trasformano i rapporti fra gli uomini e creano nella società condizioni più giuste e più fraterne. “È del tutto necessario che ciascun fedele laico abbia sempre viva coscienza di essere un “membro della chiesa”, al quale è affidato un compito originale insostituibile e indelegabile, da svolgere per il bene di tutti” (Giovanni Paolo II, Christifideles laici CL 28). In comunione con i Pastori, vi incoraggio a conferire uno slancio vigoroso all’apostolato dei laici e a continuare la ricerca di nuove forme di presenza della Chiesa all’interno della società.

La vostra regione ha dato alla Chiesa numerosi apostoli. Da molti secoli, innumerevoli missionari, uomini e donne, si sono recati in tutti i continenti per annunciare Cristo. Vorrei salutare e incoraggiare i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i laici missionari che, in mezzo a voi e nel mondo, si dedicano con generosità all’annuncio del Vangelo, malgrado le difficoltà e spesso pagando con la propria vita.

Cari amici giovani, non abbiate paura di rispondere con generosità a Cristo che vi invita a seguirlo! Nella vocazione sacerdotale o religiosa troverete la ricchezza e la gioia del dono di voi stessi per servire Dio e i vostri fratelli. Le vostre Diocesi hanno una lunga tradizione missionaria. Non lasciate che si spenga. Tanti uomini e donne attendono dei testimoni della Luce e della Speranza!

7. Benediciamo il Dio dell’Alleanza poiché il vostro Paese deve molto al messaggio del Vangelo nella storia delle sue comunità e della sua cultura. Auspichiamo che la Chiesa in Francia, proseguendo il suo cammino sulle orme dei padri nella fede, fiera della sua tradizione millenaria, continui ad esercitare un’influenza salutare sulla storia dei popoli e delle nazioni. La testimonianza resa al Vangelo non è una conquista umana, ma è servizio di Dio e del prossimo. Esprimendo chiaramente ciò che è al centro dell’attività missionaria, santa Teresa di Lisieux scriveva: “Amare vuol dire dare tutto e dare se stessi”. Anche voi andate ad annunciare il Vangelo ai vostri fratelli e alle vostre sorelle! Con tutti gli uomini di buona volontà, costruite la civiltà dell’amore! Camminando senza esitazioni nella sequela di Cristo, il Salvatore del mondo, testimoniate l’amore di Dio donato a tutti gli uomini!

Al termine della Celebrazione Eucaristica Giovanni Paolo II ha salutato i numerosi fedeli presenti con le parole che pubblichiamo in una nostra traduzione italiana:

Sono lieto di aver pregato con voi tutti qui in Bretagna. Saluto con affetto i numerosi giovani presenti; questa presenza è una bella speranza per il prossimo anno a Parigi. In nome del Signore, dico a tutti voi: coraggio! Voi siete la gioia della Chiesa. Vi ringrazio ancora per la vostra numerosissima presenza, e soprattutto ringrazio le giovani coppie fidanzate e le giovani coppie sposate. Dio ci ha riunito nello stesso cammino e nello stesso amore. Grazie di avermi accompagnato in questo pellegrinaggio a Sainte-Anne-d’Auray. Vi incoraggio ad alimentare la speranza, e vi devo dire che molta speranza l’ho trovata qui.

Grazie a tutti!
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GPII Omelie 1996-2005 45