GPII Omelie 1996-2005 177

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GIOVANNI PAOLO II

OMELIA


NELLA SANTA MESSA


PER GLI UNIVERSITARI DI ROMA


IN PREPARAZIONE AL SANTO NATALE


15 dicembre 1998



1. "Il Signore è vicino a chi lo cerca".

Le parole del Salmo responsoriale richiamano il senso dell'Avvento e sottolineano l'atteggiamento che dobbiamo assumere per vivere pienamente questo tempo liturgico. L'annuncio risulta particolarmente significativo per coloro che sono portati dalla fede e dall'impegno professionale a fare della ricerca una dimensione importante della loro vita.

Oggi, questo annuncio è rivolto in modo speciale a voi, illustri e cari rappresentanti delle Università di Roma e d'Italia: Rettori, docenti e studenti, sempre più numerosi a questo tradizionale appuntamento d'Avvento in preparazione al santo Natale. A tutti rivolgo il mio cordiale benvenuto. Saluto il Ministro dell'Università e della Ricerca scientifica e le altre autorità accademiche; saluto la rappresentanza di Direttori amministrativi intervenuti per la prima volta a questo incontro. Ringrazio il Rettore e la studentessa che si sono fatti portavoce, in un certo senso, dell'intera comunità accademica romana e italiana.

2. Il nostro incontro si colloca nel tempo liturgico dell'Avvento, che offre messaggi suggestivi e profondi. Dinanzi al Signore ormai vicino - "Dominus prope!" (Ph 4,5) - ed al Re a cui dobbiamo adorazione - "Regem venturum, Dominum, venite adoremus" (Dal Breviario Romano) - non possiamo non lasciarci interpellare dalle grandi questioni della vita. Si tratta di domande sempre attuali, che riguardano l'origine ed il fine dell'uomo. Questi interrogativi ci accompagnano costantemente ed anzi si potrebbe dire che esistono insieme con noi. Chi sono? Da dove vengo e dove vado? Qual è il senso del mio esistere e del mio essere umana creatura? Perché è in me questa perenne "inquietudine", come amava chiamarla sant'Agostino? Per quali ragioni debbo rispondere costantemente alle esigenze della morale, distinguere il bene dal male, compiere il bene ed evitare e sconfiggere il male? Sono domande a cui nessuno può evadere. Ad esse offre risposte esaurienti la Sacra Scrittura, a cominciare dal Libro della Genesi. E queste risposte costituiscono, in qualche modo, il contenuto dell'Avvento della Chiesa, che attualizza il passato e ci proietta nel futuro.

"Il Signore è vicino a chi lo cerca" dice l'odierna Liturgia, aprendoci affascinanti prospettive. "Vicino" e "lontano" sono, in effetti, categorie legate alla distanza misurabile in ore, anni, secoli, millenni. Il contesto dell'Avvento, però, ci invita a considerare soprattutto la natura profonda di tale distanza, cioè il suo riferimento a Dio. Cos'è e come è possibile percepire la vicinanza o la lontananza di Dio? Non è forse nel "cuore inquieto" dell'uomo che la dimensione spirituale della distanza e della vicinanza di Dio trova il rilevatore più sensibile ed adeguato?

3. Ecco, l'uomo è tutto questo: visibilità e mistero, vicinanza e lontananza da Dio, fragile possesso e continua ricerca. Solo cogliendo queste intime coordinate dell'essere umano, possiamo comprendere l'Avvento come tempo di attesa del Messia.

Chi è il Messia, Redentore del mondo? Perché ed in cosa consiste la sua venuta? Ancora una volta, per addentrarci su questo cammino, dobbiamo far riferimento al Libro della Genesi. Esso ci rivela che è il peccato e il suo ingresso nella storia la causa della distanza tra l'uomo e Dio, di cui è simbolo eloquente la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre.

Dio stesso, in seguito, manifesta che l'allontanamento dell'uomo a causa del peccato non è irrevocabile. Anzi esorta l'umanità ad attendere l'Unto, Colui che verrà nella potenza dello Spirito Santo, per confrontarsi con il principe della menzogna. Il Libro della Genesi annuncia espressamente che questi è il Figlio della donna, ed invita ad attenderlo e a prepararsi per accoglierlo degnamente. Precisando ed ampliando tale annuncio, i libri successivi dell'Antica Alleanza parlano del Messia che nascerà all'interno di Israele, il popolo prescelto da Dio tra tutte le genti.

Man mano che si avvicina la "pienezza del tempo" (Ga 4,4), l'attesa si va compiendo e se ne comprendono sempre più il senso ed il valore. Con Giovanni Battista, essa diventa una domanda, quella che i discepoli del Precursore rivolgono a Cristo: "Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare un altro" (Lc 7,19)? Questa stessa domanda gli verrà posta molte volte; sappiamo che la risposta diventerà la causa della sua morte. In questo modo mirabile si compirà la promessa fatta all'umanità dopo il peccato originale.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle! Il tempo d'Avvento ci viene donato perché possiamo ancora una volta far nostro il contenuto di quella domanda. Non si tratta semplicemente di imitare i discepoli di Giovanni Battista o di riproporre il passato; occorre, al contrario, vivere intensamente gli interrogativi e le speranze dei nostri giorni.

L'esperienza quotidiana e gli eventi di ogni epoca dimostrano che l'umanità ed ogni singola persona sono in perenne attesa del Regno di Dio. Cristo avanza nella storia, ci viene incontro come l'atteso compimento delle vicende degli uomini. Solo in lui, colmato l'orizzonte caduco del tempo e delle realtà terrestri, talvolta pur meravigliose ed attraenti, troveremo la risposta definitiva alla domanda sull'avvento del Messia che fa vibrare lo spirito umano.

L'attesa di Cristo anche per voi, cari giovani studenti ed illustri docenti, deve tradursi in quotidiana ricerca della verità, che illumina i sentieri della vita in ogni sua espressione. La verità, poi, spinge alla carità, autentica testimonianza che trasforma l'esistenza della persona e le strutture stesse della società.

La rivelazione biblica pone in chiara evidenza il legame profondo ed intrinseco che esiste tra verità e carità, quando esorta a "fare la verità nella carità..." (Ep 4,15); e soprattutto quando Gesù, il rivelatore del Padre, afferma: "Io sono la via, la verità, la vita" (Jn 14,6).

Il vertice della conoscenza di Dio si raggiunge nell'amore, quell'amore che illumina e trasforma con la Verità di Cristo il cuore dell'uomo. L'uomo ha bisogno di amore, ha bisogno di verità, per non disperdere il fragile tesoro della libertà.

5. Nell'Università è posto un segno vivo di Vangelo: è la Cappella. Vedo con soddisfazione che esse si vanno moltiplicando nei vari centri universitari della Città. A tutte e a ciascuna consegnerò questa sera la croce della missione cittadina. Carissimi, amate le Cappellanie universitarie, date volentieri la vostra collaborazione per le opere pastorali, numerose e importanti, che vengono via via promosse.

Desidero qui esprimere il mio vivo apprezzamento a quanti tra i Docenti stanno dedicando tempo ed energie alla preparazione del Giubileo dei Docenti Universitari ed a coloro che attivamente vanno preparando la Giornata Mondiale della Gioventù del Duemila. Mi compiaccio, poi, per lo svilupparsi dei gruppi culturali nelle diverse Facoltà, ed auspico che essi siano al servizio della Parola che, seminata nei terreni delle più ardite ricerche, li rende fecondi di bene per l'uomo.

Ugualmente prego perché l'iniziativa delle catechesi in Università sul Padre Nostro, che andate intensificando in quest'anno di missione negli ambienti, aiuti ciascun credente ad approfondire la consapevolezza della chiamata ad essere fermento evangelico all'interno del mondo universitario.

6. "Regem venturum, Dominum, venite adoremus"!

Il tempo d'Avvento, e specialmente la Novena del Natale che domani inizieremo, ci stimola a volgere lo sguardo verso il Signore che viene. E' proprio nella certezza del suo ritorno glorioso che trova senso la nostra attesa e il nostro lavoro quotidiano. Guardando a lui con l'atteggiamento interiore di Maria, Vergine dell'ascolto, assume vigore il nostro impegno talora arduo e faticoso e diventa feconda la nostra operosa ricerca.

Il Signore è vicino a chi lo cerca! ci ripete la Liturgia in questi giorni. Volgiamo lo sguardo verso di lui e invochiamolo:

Vieni, Signore Gesù! Vieni, Redentore dell'uomo! Vieni a salvarci!
Dominus prope: il Signore è vicino!
Venite e adoriamolo!

Amen!
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GIOVANNI PAOLO II

OMELIA


24 Dicembre 1998



1. "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia... oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore che è Cristo Signore" (Lc 2,10-11).

In questa Notte Santa, la Liturgia ci invita a celebrare nella gioia il grande evento della nascita di Gesù a Betlemme. Come abbiamo ascoltato nel Vangelo di Luca, egli viene alla luce in una famiglia povera di mezzi materiali, ma ricca di gioia. Nasce in una stalla, perché per lui non c'è posto nell’albergo (cfr Lc 2,7); viene deposto nella mangiatoia, perché per lui non c’è una culla; viene al mondo nel pieno abbandono, all'insaputa di tutti e, allo stesso tempo, accolto e riconosciuto anzitutto dai pastori, che ricevono dall'angelo l'annuncio della sua nascita.

L’evento nasconde un mistero. Lo rivelano i cori dei messaggeri celesti che cantano la nascita di Gesù e proclamano gloria "a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14). La lode nel corso dei secoli si fa preghiera che sale dal cuore delle moltitudini che nella Notte Santa continuano ad accogliere il Figlio di Dio.

2. Mysterium: evento e mistero. Nasce un uomo, che è il Figlio eterno del Padre Onnipotente, Creatore del cielo e della terra: in questo straordinario avvenimento si rivela il mistero di Dio. Nel Verbo che si fa uomo si manifesta il prodigio del Dio incarnato. Il mistero illumina l’evento della nascita: un bimbo è adorato dai pastori nella capanna, a Betlemme. E' "il Salvatore del mondo", è "Cristo Signore" (cfr Lc 2,11). I loro occhi vedono un neonato avvolto in panni e deposto in una mangiatoia, e in quel «segno», grazie alla luce interiore della fede, riconoscono il Messia annunciato dai Profeti.

3. Ecco l'Emmanuele, il Dio-con-noi, che viene a riempire di grazia la terra. Viene al mondo per trasformare il creato. Si fa uomo tra gli uomini, perché in lui e per mezzo di lui ogni essere umano possa profondamente rinnovarsi. Con la sua nascita, egli ci introduce tutti nella dimensione della divinità, elargendo a chi nella fede si apre ad accogliere il suo dono la possibilità di partecipare alla sua stessa vita divina.

Questo è il significato della salvezza di cui odono parlare i pastori nella notte di Betlemme: "Vi è nato un Salvatore" (Lc 2,11). La venuta di Cristo fra noi è il centro della storia, che da allora acquista una nuova dimensione. In un certo senso, è Dio stesso che scrive la storia inserendosi al suo interno. L'evento dell'Incarnazione si dilata così ad abbracciare tutta l’ampiezza della storia umana, dalla creazione alla parusia. Ecco perché nella Liturgia tutta la creazione canta, esprimendo la propria gioia: plaudono i fiumi, esultano gli alberi della foresta, si allietano le isole tutte (cfr Ps 98,8 Ps 96,12 Ps 97,1).

Ogni essere creato sulla faccia della terra accoglie l'annuncio. Nel silenzio attonito dell'universo, rimbalza con eco cosmica ciò che la Liturgia pone sulle labbra della Chiesa: Christus natus est nobis. Venite, adoremus!

4. Cristo è nato per noi, venite ad adorarlo! Penso già al Natale del prossimo anno, quando, a Dio piacendo, darò inizio al Grande Giubileo con l'apertura della Porta Santa. Sarà un Anno Santo grande davvero, perché in modo del tutto singolare celebrerà la ricorrenza bimillenaria dell’evento-mistero dell'Incarnazione, in cui l’umanità ha raggiunto l’apice della sua vocazione. Dio s'è fatto Uomo per rendere l’uomo partecipe della propria divinità.

Ecco l'annuncio della salvezza; ecco il messaggio del Santo Natale! La Chiesa lo proclama, in questa notte, anche attraverso la mia bocca, perché lo odano i popoli e le nazioni di tutta la terra: Christus natus est nobis - Cristo è nato per noi. Venite, adoremus! - Venite ad adorarlo.



GIOVANNI PAOLO II


TE DEUM


31 Dicembre 1998



1. La Chiesa, a Roma e in ogni parte del mondo, si riunisce questa sera per cantare il Te Deum, mentre termina l'anno 1998.

Te Deum laudamus: te Dominum confitemur.
Te aeternum Patrem omnis terra veneratur.

Siamo ormai sulla soglia del 1999, l'anno che ci introdurrà nel Grande Giubileo: è dedicato al Padre celeste, secondo la scansione trinitaria, che contraddistingue questo triennio con cui si chiude il secolo ventesimo ed il secondo millennio. La scansione trinitaria, inscritta nella vita quotidiana del cristiano, echeggia nella formula conclusiva di ogni preghiera liturgica: "Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con Te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli".

Dio Padre, mistero ineffabile, si è rivelato a noi per mezzo del Figlio, Gesù Cristo, nato, morto e risorto per noi, e ci santifica nella potenza dello Spirito Santo. Alla Santissima Trinità acclamiamo solennemente nel Te Deum, con le parole venerande di una lunga tradizione:

Patrem immensae maiestatis;
venerandum tuum verum et unicum Filium;
Sanctum quoque Paraclitum Spiritum.

Padre della vita e della santità, Padre nostro, che sei nei cieli! Padre che "nessuno conosce... se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare" (Mt 11,27).

Padre di Gesù Cristo e Padre nostro.

2. Il testo biblico, che poc'anzi abbiamo ascoltato, ci ricorda che Dio, oltre ad inviarci "nella pienezza del tempo" il suo Figlio unigenito, ha pure "mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!" (Ga 4,4-7).

Abbà, Padre! In queste parole, che lo Spirito suscita nel cuore dei credenti, risuona l'eco dell'invocazione di Gesù, così come i discepoli l'avevano raccolta dalle sue stesse labbra. Facendola nostra, noi prendiamo viva coscienza della realtà della nostra adozione a figli in Cristo, Figlio eterno ed unigenito del Padre, fattosi uomo nel grembo di Maria.

Questa sera, mentre salutiamo il tramonto del 1998, ci presentiamo al Padre per ringraziarLo di tutto il bene che ci ha elargito lungo i dodici mesi trascorsi. Veniamo a Lui per chiedere perdono dei peccati nostri ed altrui e per proclamare con fidente abbandono: "Santo Dio, Santo forte, Santo immortale, abbi pietà di noi!". E gli diciamo:

"Benedetto sii Tu, Signore,
Padre che sei nei cieli,
perché nella Tua infinita misericordia
Ti sei chinato sulla miseria dell'uomo
e ci hai donato Gesù, Tuo figlio, nato da donna,
nostro salvatore e amico, fratello e redentore" (Preghiera per il terzo anno di preparazione al Grande Giubileo).

3. In quest'ora di preghiera, il mio pensiero va con particolare affetto agli abitanti della nostra Città. Li affido al Signore insieme alle loro famiglie, alle parrocchie, alle pubbliche istituzioni. Prego specialmente per quanti, oppressi da difficoltà e sofferenze, fanno fatica a guardare con speranza al nuovo anno. A tutti rivolgo il mio cordiale augurio di pace e di bene per il 1999 ormai alle porte.

Desidero, inoltre, salutare con affetto quanti sono presenti a questo tradizionale appuntamento spirituale di fine d'anno, cominciando dal Cardinale Vicario, dai Cardinali presenti, dai Vescovi Ausiliari di Roma e dagli altri Presuli che hanno voluto unirsi a noi per questa celebrazione. Uno speciale pensiero rivolgo al Padre Kolvenbach, Preposito Generale della Compagnia di Gesù, ed ai Padri Gesuiti, alla cui cura è affidato questo tempio, ricco di memorie di santità.

Al Sindaco di Roma e ai membri dell'Amministrazione Capitolina esprimo viva riconoscenza per la partecipazione e per il rinnovato omaggio del calice votivo, ricordando con intensa gioia la visita che il Signore mi ha dato di compiere in Campidoglio all'inizio del 1998. Estendo il mio pensiero al Prefetto di Roma, che da pochi giorni ha assunto questa importante responsabilità, al Presidente della Regione Lazio e a tutte le autorità civili, militari e religiose qui convenute.

4. Come ringraziare Iddio per i doni abbondanti che ci ha dispensato durante l'anno che volge al termine? Questa sera vorrei rendergli grazie, insieme con voi, specialmente per quanto ha operato nella nostra Comunità diocesana. Il mio pensiero corre alle visite alle parrocchie, occasioni preziose ed arricchenti di fruttuosi incontri pastorali. Nell'arco di questi vent'anni ne ho visitate ben duecentosettantotto, riscontrando in ognuna di esse fervore di fede e di opere, grazie all'azione di sacerdoti, religiosi, religiose e laici, romani o originari di altre parti d'Italia e del mondo.

Ringrazio poi il Signore per la Missione cittadina, che quest'anno è stata caratterizzata soprattutto dalle visite alle famiglie. Entrando nelle case, i missionari hanno ricevuto un'accoglienza nel complesso positiva, ed hanno riscontrato anche in quanti non frequentano regolarmente la Chiesa significative testimonianze di fede. Auspico che tali contatti pastorali con ogni nucleo familiare vengano proseguiti sia attraverso la benedizione delle case sia mediante altre opportune iniziative, già sperimentate con frutto in non poche parrocchie romane.

Stasera desidero rendere grazie al Signore in particolare per le migliaia di missionari che, all'opera ormai da due anni, costituiscono una provvidenziale risorsa per imprimere alla pastorale diocesana una crescente spinta apostolica, anche in vista del Grande Giubileo del Duemila.

Tra un anno saremo già nell'Anno Santo e cominceranno ad arrivare numerosi pellegrini da ogni angolo della terra. Mi auguro di cuore che ad accoglierli ci sia una Chiesa viva e ricca di fervore religioso; una Chiesa generosa e sensibile alle esigenze dei fratelli, specialmente dei più poveri e bisognosi.

5. Guardando all'anno trascorso, non posso non ricordare i disagi ed i problemi che, anche a Roma, hanno segnato l'esistenza di molti nostri fratelli e sorelle. Penso alle famiglie che stentano a far quadrare il bilancio quotidiano; ai minori in difficoltà ed ai giovani senza prospettive per l'avvenire; ai malati, agli anziani ed a quanti vivono nella solitudine; alle persone in stato d'abbandono, ai senza casa ed a chi si sente rifiutato dalla società. Possa l'anno nuovo recare loro serenità e speranza. Grazie ad un’ampia collaborazione e ad indirizzi sociali, economici e politici più aperti all’iniziativa e al cambiamento, nella città saranno promossi atteggiamenti sempre più fiduciosi e creativi.

In modo speciale vorrei nuovamente invitare i credenti a proseguire nello sforzo di riflessione e di progettazione, affinché Roma, "facendo leva sulla sua missione spirituale e civile e valorizzando il suo patrimonio di umanità, di cultura e di fede, possa promuovere il suo sviluppo civile ed economico anche in vista del bene dell'intera Nazione italiana" (Lettera dell'8 dicembre 1998, n.8). Formulo voti che la nostra Metropoli si presenti all'appuntamento del Giubileo profondamente rinnovata in tutte le dimensioni della vita sociale e spirituale.

6. Questo mio augurio si fa preghiera, perché il Signore renda fruttuoso lo sforzo di tutti. A lui affidiamo ogni nostro desiderio e progetto. A lui vada la nostra lode e la nostra filiale, fiduciosa preghiera:

"A Te, Padre della vita,
principio senza principio,
somma bontà ed eterna luce,
con il Figlio e con lo Spirito,
onore e gloria, lode e riconoscenza,
nei secoli senza fine. Amen" (Preghiera per il terzo anno di preparazione al Grande Giubileo).



























                                                                                  1999
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SOLENNITÀ DI MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO

E XXXII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE


Basilica Vaticana - Domenica, 1° Gennaio 1999

1. Christus heri et hodie, Principium et Finis, Alpha et Omega . . .

"Il Cristo è vivo, ieri e oggi:
egli è il Principio e la Fine,
è l'Alfa e l'Omega.
A Lui appartengono il tempo ed i secoli.
A Lui la gloria ed il potere
per tutti i secoli in eterno"
(Messale Romano, Preparazione del cero pasquale).

Ogni anno, durante la Veglia pasquale, la Chiesa rinnova questa solenne acclamazione a Cristo, Signore del tempo. Anche a Capodanno proclamiamo questa verità, nel passaggio fra lo "ieri" e l'"oggi": "ieri", quando abbiamo reso grazie a Dio al tramonto dell'anno vecchio; "oggi", mentre salutiamo l'anno nuovo che inizia. Heri et hodie. Celebriamo Cristo che, come dice la Scrittura, è "lo stesso ieri, oggi e sempre" (He 13,8). Egli è il Signore della storia, a Lui appartengono i secoli ed i millenni.

Mentre iniziamo il 1999, l'ultimo anno prima del Grande Giubileo, è come se il mistero della storia si svelasse con più intensa profondità davanti a noi. Proprio per questo la Chiesa ha voluto imprimere il segno trinitario della presenza del Dio vivente al triennio di immediata preparazione all'evento giubilare.

2. Il primo giorno del nuovo anno conclude l'Ottava del Natale del Signore ed è dedicato alla Santissima Vergine, venerata come Madre di Dio. Il Vangelo ci ricorda che Ella "serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19). Così fu a Betlemme, così sul Golgota ai piedi della croce, così nel giorno di Pentecoste, quando lo Spirito Santo discese nel Cenacolo.

E' così anche oggi. La Madre di Dio e degli uomini conserva e medita nel suo cuore tutti i problemi dell'umanità, grandi e difficili. L'Alma Redemptoris Mater cammina insieme con noi e ci guida, con tenerezza materna, verso il futuro. Essa aiuta così l'umanità a varcare tutte le "soglie" degli anni, dei secoli, dei millenni, sostenendone la speranza in Colui che è il Signore della storia.

3. Heri et hodie. Ieri e oggi. "Ieri" induce alla retrospezione. Quando volgiamo lo sguardo agli eventi di questo secolo che s'avvia alla conclusione, ci si presentano davanti agli occhi le due guerre mondiali: cimiteri, tombe dei caduti, famiglie distrutte, pianto e disperazione, miseria e sofferenza. Come dimenticare i campi di morte, i figli di Israele crudelmente sterminati, i santi martiri: Padre Massimiliano Kolbe, Suor Edith Stein e tanti altri?

Il nostro secolo è però anche il secolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, della quale si è celebrato recentemente il cinquantesimo anniversario. Proprio in considerazione di questa ricorrenza, nel tradizionale Messaggio per l'odierna Giornata Mondiale della Pace ho voluto ricordare che il segreto della pace vera sta nel rispetto dei diritti umani. "Il riconoscimento dell'innata dignità di tutti i membri della famiglia umana . . . è il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo" (Ivi, n. 3).

Il Concilio Vaticano II, il Concilio che ha preparato la Chiesa ad entrare nel terzo millennio, ha ribadito che il mondo, teatro della storia del genere umano, è liberato dalla schiavitù del peccato da Cristo crocifisso e risorto, ed è "destinato, secondo il proposito divino, a trasformarsi e a giungere al suo compimento" (Gaudium et spes GS 2). Ecco come i credenti guardano al mondo dei nostri giorni, mentre gradualmente avanzano verso la soglia dell'Anno Duemila.

4. Il Verbo eterno, facendosi Uomo, è entrato nel mondo e lo ha accolto per redimerlo. Il mondo non è, quindi, soltanto segnato dalla terribile eredità del peccato, ma è prima di tutto un mondo salvato da Cristo, il Figlio di Dio, crocifisso e risorto. Gesù è il Redentore del mondo, il Signore della storia. Eius sunt tempora et saecula: suoi sono gli anni ed i secoli. Per questo crediamo che, entrando nel terzo millennio insieme con Cristo, coopereremo a trasformare il mondo da Lui redento.

In vari modi, purtroppo, l'umanità cede all'influenza del male. Sollecitata tuttavia dalla grazia, essa continuamente si rialza e, guidata dalla forza della redenzione, cammina verso il bene. Cammina verso Cristo, secondo il progetto di Dio Padre.

"Gesù Cristo è il Principio e la Fine,
l'Alfa e l'Omega,
a Lui appartengono il tempo ed i secoli".

Iniziamo questo nuovo anno nel suo nome. Ci ottenga Maria di essere suoi fedeli discepoli, perché con le parole e con le opere rendiamo a Lui gloria ed onore per tutti i secoli in eterno:
Ipsi gloria et imperium per universa aeternitatis saecula.
Amen!


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CONFERIMENTO DELL'ORDINAZIONE EPISCOPALE

A NOVE PRESULI DI DIVERSE NAZIONI E CONTINENTI


Solennità dell'Epifania - Mercoledì, 6 gennaio 1999

1. "La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta" (Jn 1,5).

Tutta la Liturgia parla oggi della luce di Cristo, di quella luce che si è accesa nella Notte Santa. La stessa luce che condusse i pastori alla stalla di Betlemme indica la strada, nel giorno dell'Epifania, ai Magi venuti dall'Oriente per adorare il Re dei Giudei e rifulge per tutti gli uomini e per tutti i popoli che anelano ad incontrare Dio.

Nella sua ricerca spirituale, l'essere umano dispone già naturalmente di una luce che lo guida: è la ragione, grazie alla quale egli può orientarsi, se pur a tentoni (cfr Ac 17,27), verso il suo Creatore. Ma poiché è facile smarrire il cammino, Dio stesso gli è venuto in soccorso con la luce della rivelazione, che ha raggiunto la sua pienezza nell'incarnazione del Figlio, eterna Parola di verità.

L'Epifania celebra l'apparizione nel mondo di questa Luce divina con la quale Dio s'è fatto incontro alla fioca lucerna della ragione umana. Nell'odierna solennità si propone così l'intimo rapporto che intercorre tra ragione e fede, le due ali di cui dispone lo spirito umano per innalzarsi verso la contemplazione della verità, come ho ricordato nella recente Enciclica Fides et ratio.

2. Cristo non è solo luce che illumina il cammino dell'uomo. Egli s'è fatto anche strada per i suoi passi incerti verso Dio, sorgente della vita. Un giorno agli Apostoli egli dirà: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre; fin da ora lo conoscete e lo avete veduto" (Jn 14,6-7). E, di fronte all'obiezione di Filippo, aggiungerà: "Chi ha visto me, ha visto il Padre ... io sono nel Padre e il Padre è in me" (Jn 14,9 Jn 14,11). L'epifania del Figlio è l'epifania del Padre.

Non è forse questo, in definitiva, lo scopo della venuta di Cristo nel mondo? Egli stesso ha dichiarato di essere venuto per "far conoscere il Padre", per "spiegare" agli uomini chi è Dio, per rivelare il suo volto, il suo "nome" (Jn 17,6). Nell'incontro col Padre consiste la vita eterna (cfr Jn 17,3). Quanto opportuna è, pertanto, questa riflessione, specialmente nell'anno dedicato al Padre!

La Chiesa prolunga nei secoli la missione del suo Signore: suo impegno primario è di far conoscere a tutti gli uomini il volto del Padre, riflettendo la luce di Cristo, lumen gentium, luce d'amore, di verità, di pace. Per questo il divino Maestro ha mandato nel mondo gli Apostoli, e continuamente invia, nel medesimo Spirito, i Vescovi loro successori.

3. Secondo una significativa consuetudine, nella solennità dell'Epifania il Vescovo di Roma conferisce l'Ordinazione episcopale ad alcuni Presuli, ed oggi ho la gioia di consacrare voi, carissimi Fratelli, perché, nella pienezza del sacerdozio, diventiate ministri dell'epifania di Dio tra gli uomini. A ciascuno di voi sono affidate specifiche mansioni, differenti tra loro, ma tutte finalizzate a diffondere fra gli uomini l'unico Vangelo di salvezza.

Tu, Mons. Alessandro D'Errico, come Nunzio Apostolico in Pakistan; tu, Mons. Salvatore Pennacchio, come mio Rappresentante in Rwanda; e tu, Mons. Alain Lebeaupin, come Nunzio Apostolico in Ecuador, sarete testimoni dell'unità e della comunione fra le Chiese locali e la Sede Apostolica.

A te, Mons. Cesare Mazzolari, è affidata la Diocesi di Rumbek, in Sudan, una terra la cui popolazione, sottoposta da anni a logoranti sofferenze, attende una pace giusta, nel rispetto dei diritti umani di tutti, a cominciare dai più deboli; e tu, Mons. Pierre Tran Dinh Tu, sei a tua volta chiamato a farti messaggero di speranza nella diocesi di Phú Cuong, in Viêt Nam, tra fratelli e sorelle nella fede, provati da non poche difficoltà.

Tu, Mons. Diarmuid Martin, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace; e tu, Mons. José Luis Redrado Marchite, Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, continuerete il vostro apprezzato servizio nella Curia Romana, avendo davanti agli occhi il vasto orizzonte della Chiesa intera.

Missione ricca di attese è la tua, Mons. Rafael Cob García, Vicario Apostolico di Puyo, in Ecuador; e la tua, Mons. Mattew Moolakkattu, Ausiliare del Vescovo di Kottayam dei Siro-Malabaresi, in India: le vostre persone mi richiamano alla mente l'Asia e l'America, continenti per i quali abbiamo celebrato di recente due Assemblee speciali del Sinodo dei Vescovi.

Voglia il Signore che ciascuno di voi, nuovi Vescovi a cui ho imposto oggi le mani, rechi ovunque con le parole e le opere l'annuncio gioioso dell'Epifania, nella quale il Figlio ha rivelato al mondo il volto del Padre ricco di misericordia.

4. Il mondo, alle soglie del terzo millennio, ha quanto mai bisogno di sperimentare la bontà divina; di sentire l'amore di Dio per ogni persona.

Anche a questa nostra epoca si addice l'oracolo del profeta Isaia: "Le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te" (Is 60,2-3). Sul crinale, per così dire, fra il secondo e il terzo millennio, la Chiesa è chiamata a rivestirsi di luce (cfr Is 60,1), per brillare come città costruita sopra il monte: la Chiesa non può rimanere nascosta (cfr Mt 5,14), perché gli uomini hanno bisogno di raccoglierne il messaggio di luce e di speranza e rendere gloria al Padre che è nei cieli (cfr Mt 5,16).

Consapevoli di questo compito apostolico e missionario, che è di tutto il popolo cristiano, ma specialmente di quanti lo Spirito Santo ha posto come Vescovi a reggere la Chiesa di Dio (cfr Ac 20,28), ci rechiamo pellegrini a Betlemme per unirci ai Magi d'Oriente, mentre offrono doni al Re neonato.

Il vero dono è però lui: Gesù, il dono di Dio al mondo. E' lui che dobbiamo accogliere, per recarlo, a nostra volta, a quanti incontreremo nel nostro cammino. Per tutti egli è l'epifania, la manifestazione di Dio speranza dell'uomo, di Dio liberazione dell'uomo, di Dio salvezza dell'uomo.

Cristo a Betlemme è nato per noi.

Venite, adoriamo!
Amen. CONFERIMENTO DEL BATTESIMO A 19 NEONATI




Cappella Sistina - Domenica, 10 Gennaio 1999

Festa del Battesimo del Signore



1. "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto" (Mt 3,17).

Nell'odierna festa del Battesimo di Gesù, risuonano queste parole solenni. Esse ci invitano a rivivere il momento in cui Gesù, battezzato da Giovanni, esce dalle acque del fiume Giordano e Dio Padre lo presenta come il suo Figlio unigenito, l'Agnello che prende su di sé il peccato del mondo. Una voce si fa sentire dal cielo, mentre lo Spirito Santo in forma di colomba si posa su Gesù, che dà pubblico avvio alla sua missione di salvezza; missione caratterizzata dallo stile del servo umile e mite, pronto alla condivisione ed alla totale dedizione di sé: "Non griderà, né alzerà il tono . . . non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. Proclamerà il diritto con fermezza" (Is 42,2-3).

La Liturgia ci fa rivivere la suggestiva scena evangelica: tra la folla che avanza penitente verso Giovanni Battista per ricevere il battesimo vi è anche Gesù. Ecco, la promessa sta per realizzarsi e un'era nuova si apre per l'intera umanità. Quest'uomo, che all'apparenza non è diverso da tutti gli altri, in realtà è Dio venuto fra noi per dare a quanti l'accoglieranno il potere di "diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati" (Jn 1,12-13).

2. "Questi è il Figlio mio prediletto, ascoltatelo!" (Canto al Vangelo).

Oggi, quest'annuncio e quest'invito, ricchi di speranza per l'umanità, risuonano particolarmente per i bambini che, tra poco, mediante il sacramento del Battesimo, diventeranno nuove creature. Resi partecipi del mistero di morte e risurrezione di Cristo, saranno arricchiti col dono della fede e verranno incorporati nel popolo della Nuova e definitiva Alleanza, che è la Chiesa. Il Padre li renderà in Cristo suoi figli adottivi, svelando per loro un singolare progetto di vita: ascoltare come discepoli il suo Figlio, per essere chiamati ed essere realmente suoi figli.

Su ciascuno di loro scenderà lo Spirito Santo e, com'è avvenuto per noi nel giorno del nostro Battesimo, anch'essi godranno di quella vita che il Padre dona ai credenti attraverso Gesù, il Redentore dell'uomo. Da così immensa ricchezza di doni scaturirà per loro, come per ogni battezzato, un unico compito, che l'apostolo Paolo non si stanca di indicare ai primi cristiani con le parole: "Camminate secondo lo Spirito" (Ga 5,16), vivete cioè ed operate costantemente nell'amore di Dio.

Formulo l'augurio che il Battesimo, oggi ricevuto da questi piccoli, possa renderli nel corso dell'intera loro vita coraggiosi testimoni del Vangelo. Ciò sarà possibile grazie al loro costante impegno. Sarà, però, necessaria anche la vostra opera educativa, cari genitori, che oggi rendete grazie a Dio per i doni straordinari che egli accorda a questi vostri figli, come necessario sarà pure il sostegno dei padrini e delle madrine.

3. Raccogliete, carissimi Fratelli e Sorelle, l'invito che la Chiesa vi rivolge: siate i loro "educatori nella fede", perché si sviluppi in essi il germe della vita nuova e giunga alla sua piena maturità. Aiutateli con le vostre parole e soprattutto con il vostro esempio.

Da voi imparino presto ad amare Cristo, a pregarlo senza sosta, ad imitarlo con costante adesione alla sua chiamata. Voi avete ricevuto a nome loro, nel simbolo del cero, la fiamma della fede: abbiate cura che essa sia continuamente alimentata, perché ciascuno di loro, nella conoscenza e nell'amore di Gesù, operi sempre secondo la sapienza evangelica. Diventeranno in tal modo veri discepoli del Signore ed apostoli gioiosi del suo Vangelo.

Affido alla Vergine Maria ognuno di questi bambini e le rispettive famiglie. La Madonna aiuti tutti a percorrere con fedeltà il cammino inaugurato con il sacramento del Battesimo.



GPII Omelie 1996-2005 177