GPII Omelie 1996-2005 77

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VIAGGIO APOSTOLICO A SARAJEVO (12-13 APRILE 1997)

CELEBRAZIONE DEI VESPRI CON I SACERDOTI,


I RELIGIOSI, LE RELIGIOSE E I SEMINARISTI




Cattedrale di Sarajevo - Sabato, 12 aprile 1997



Signor Cardinale,
Venerati Vescovi della Bosnia ed Erzegovina,
Venerati Fratelli nell'Episcopato qui convenuti,
Carissimi Sacerdoti, Religiosi, Religiose e Seminaristi!

1. "Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa" (1P 2,9). Con queste parole dell'apostolo Pietro ai cristiani mi rivolgo a voi per porgervi il mio saluto cordiale: a voi che Dio "ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce", a voi cui spetta il compito di proclamare davanti al mondo le "opere meravigliose di lui" (Ibid.).

Quali "opere meravigliose"? Innumerevoli sono le "meraviglie" che Dio ha compiuto nella storia degli uomini! Ma "opera meravigliosa" fra tutte è sicuramente la risurrezione di Gesù Cristo, da cui ha tratto inizio quel Popolo nuovo a cui noi apparteniamo.

Nel mistero pasquale sono state superate le antiche inimicizie: quanti prima erano "non popolo", perché "esclusi dalla misericordia", sono ora diventati o chiamati ad essere l'unico "popolo di Dio", che nel sangue di Cristo ha "ottenuto misericordia" (1P 2,10).

E' questo il gioioso messaggio che la Chiesa rivive ed annuncia in questo tempo pasquale, elevando il canto della lode e della gratitudine a Cristo Gesù "messo a morte per i nostri peccati e risuscitato per la nostra giustificazione" (Rm 4,25).

2. Carissimi Fratelli e Sorelle, ringrazio dal profondo dell'animo il Signore che ha permesso la realizzazione di questo pellegrinaggio, da me a lungo desiderato ed atteso. Sono lieto di essere qui, in questa cattedrale, insieme a voi, per unirmi alla vostra preghiera a Colui che "è la nostra pace" (Ep 2,14).

Saluto con affetto tutti voi e, in particolare, il Signor Cardinale Vinko Puljic, a cui esprimo la mia gratitudine per i sentimenti espressi a nome di tutti i presenti. Il mio pensiero va in questo momento ai sacerdoti ed alle persone consacrate, che più hanno sofferto in questi anni difficili. Non dimentico coloro che sono scomparsi, come i sacerdoti Grgic e Matanovic, circa la cui sorte chiedo che sia fatta luce. Ricordo in special modo quanti hanno pagato col sangue la loro testimonianza di amore a Cristo ed ai fratelli. Possa il sangue da loro versato infondere rinnovato vigore alla Chiesa, che null'altro chiede se non di poter predicare liberamente in Bosnia ed Erzegovina il Vangelo dell'eterna salvezza, nel rispetto di ogni essere umano, di ogni cultura e di ogni religione.

Sono venuto a Sarajevo per ripetere in questa terra martoriata il messaggio dell'apostolo Paolo: "Cristo è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia" (Ep 2,14). Nell'alto "muro di separazione", davanti al quale il mondo si sentiva quasi impotente, si è finalmente aperta "la breccia della pace".

E' stata esaudita l'insistente ed accorata preghiera, di cui era simbolo la lampada accesa nella Basilica di san Pietro durante i giorni terribili della guerra. Essa viene ora consegnata a voi, perché continui ad alimentare da questa cattedrale la fiducia nel materno soccorso della Vergine Santissima, ricordando a ciascuno il dovere di operare instancabilmente a servizio della pace.

3. Qui, in questa "città martire", ed in tutta la Bosnia ed Erzegovina, segnate dall'accanimento di una folle "logica" di morte, di divisione e di annientamento, c'erano persone che lottavano per "abbattere il muro di separazione". C'eravate voi che, tra sofferenze e rischi di ogni genere, avete agito alacremente per aprire la via alla pace. Penso in modo speciale a voi, sacerdoti, che durante il triste periodo della guerra siete rimasti accanto ai vostri fedeli e avete sofferto con loro, continuando ad esercitare con coraggio e fedeltà il vostro ministero. Grazie per questo segno di amore a Cristo e alla sua Chiesa! Voi avete scritto in questi anni pagine di autentico eroismo, che non potranno essere dimenticate.

Oggi sono venuto per dirvi: coraggio, non stancatevi di far progredire la pace tanto a lungo sospirata! L'alba di Dio è già presente in mezzo a voi, la luce del nuovo giorno rischiara già il vostro cammino.

Carissimi, vi raccomando di rimanere, anche se a prezzo di gravi sacrifici, tra le pecorelle del gregge che vi è stato affidato, come portatori di speranza e limpidi testimoni della pace di Cristo. Nella vostra missione mantenete fermamente il senso della vostra vocazione e della vostra identità di sacerdoti di Cristo. Sia per voi motivo di fierezza poter ripetere con san Paolo: "In ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio, con molta fermezza nelle tribolazioni... con purezza, sapienza, pazienza, benevolenza, spirito di santità, amore sincero" (2Co 6,4-6).

4. Anche a voi, cari Religiosi e Religiose, voglio esprimere la gratitudine della Chiesa per l'opera preziosa che avete svolto e svolgete a servizio del popolo di Dio, rendendo testimonianza al Vangelo nella professione dei consigli evangelici e in molteplici forme di apostolato.

Sappiate ravvivare il genuino carisma affidatovi dai Fondatori e dalle Fondatrici, riscoprendone continuamente la ricchezza e vivendolo con sempre maggiore convinzione ed intensità.

Come non ricordare in questa cattedrale Mons. Josip Stadler, primo Arcivescovo della sede rinnovata dell'antica Vrhbosna, l'odierna Sarajevo, e fondatore della Congregazione delle Ancelle del Bambin Gesù, unica Congregazione sorta in Bosnia ed Erzegovina? Possa la viva memoria di questo grande Presule, fedelissimo alla Sede Apostolica e sempre pronto a servire i fratelli, incoraggiare e sostenere l'impegno missionario di tutte le persone consacrate operanti in questa regione a me tanto cara!

Una speciale parola voglio riservare a voi, cari Frati Minori, che saluto insieme col vostro Ministro Generale, presente stasera con noi. Lungo il corso dei secoli voi avete molto faticato per diffondere e preservare la fede cristiana in Bosnia ed Erzegovina, contribuendo efficacemente alla predicazione del Vangelo tra queste popolazioni. Il vostro glorioso passato vi impegna ad una generosità a tutta prova nel momento presente, sulle orme di san Francesco che, secondo il primo biografo, era tutto ripieno - "nel cuore, sulla labbra, nelle orecchie, negli occhi, nelle mani, in tutte le altre membra" - del ricordo appassionato di Gesù crocifisso (I Cel. 115), portandone le stigmate nel cuore prima ancora che nelle membra (II Cel. 11). Estremamente attuale è l'invito che egli rivolgeva ai suoi frati: "Consiglio, ammonisco ed esorto i miei frati nel Signore Gesù Cristo, che, quando vanno per il mondo, non litighino, ed evitino le dispute di parole, né giudichino gli altri; ma siano miti, pacifici e modesti, mansueti e umili, parlando onestamente con tutti, così come conviene" (Regola bollata, cap.III). Quale vantaggio trarranno l'unità della Chiesa, l'azione apostolica e la causa della pace da una simile testimonianza di francescana mitezza !

5. Una parola anche per voi, cari seminaristi, speranza della Chiesa in questa terra. Seguendo l'esempio del Servo di Dio Petar Barbaric, lasciatevi affascinare da Cristo! Scoprite la bellezza di donare a Lui la vostra vita, per portare ai fratelli il suo Vangelo di salvezza. La vocazione è un'avventura che vale la pena di vivere fino in fondo! Nella risposta generosa e perseverante alla chiamata del Signore sta il segreto di una vita pienamente realizzata.

A voi tutti, sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi, vorrei lasciare una duplice raccomandazione: Vivete tra voi quella solidarietà e "perfetta unione di pensiero e di intenti" (1Co 1,10) che è un segno inequivocabile della presenza operante di Cristo.

Coltivate con spirito di umiltà e di obbedienza la comunione e la fattiva collaborazione pastorale con i vostri Vescovi, secondo l'esortazione di sant'Ignazio di Antiochia: "Vi scongiuro, abbiate cura di fare ogni cosa nella concordia di Dio, sotto la guida del Vescovo" (Sant'Ignazio di Antiochia, Ad Magnesios, 6,1). E' questo, del resto, l'insegnamento che riecheggia il Concilio Vaticano II, il quale ammonisce: "I Vescovi reggono le Chiese particolari a loro affidate come vicari e legati di Cristo" (Lumen gentium LG 27). In conseguenza di tale compito, precisa il Concilio, "i Vescovi hanno il sacro diritto e davanti al Signore il dovere di dare leggi ai loro sudditi, di giudicare e di regolare tutto quanto appartiene al culto e all'apostolato" (Ibid.). I fedeli, perciò, conclude il Concilio, "devono aderire al Vescovo come la Chiesa a Gesù Cristo e come Gesù Cristo al Padre, affinché tutte le cose siano d'accordo nell'unità e crescano per la gloria di Dio" (Ibid.).

6. Carissimi, è venuto per tutti il tempo di un profondo esame di coscienza: è venuto il tempo di un deciso impegno per la riconciliazione e per la pace.

Come ministri dell'amore di Dio, voi siete inviati ad asciugare le lacrime di tante persone che piangono i propri congiunti assassinati, ad ascoltare il grido impotente di chi ha visto calpestati i propri diritti e distrutti i propri affetti. Come fratelli e sorelle di tutti, siate vicini ai profughi e agli sfollati, a chi è stato cacciato dalla sua casa e si è visto privato di ciò su cui intendeva costruire il suo domani. Sorreggete gli anziani, gli orfani, le vedove. Fate coraggio ai giovani, costretti spesso a rinunciare ad un sereno inserimento nella vita e obbligati dalle asprezze del conflitto a diventare adulti precocemente.

Occorre dire alto e forte: Mai più la guerra! Occorre rinnovare ogni giorno la fatica dell'incontro, interrogando la propria coscienza non solo sulle colpe, ma sulle energie che si è disposti ad investire per edificare la pace. Occorre riconoscere il primato dei valori etici, morali e spirituali, difendendo il diritto di ogni uomo a vivere nella serenità e nella concordia, condannando ogni forma di intolleranza e di persecuzione, radicata in ideologie che calpestano la persona nella sua inviolabile dignità.

7. Carissimi Fratelli e Sorelle! Il Successore di Pietro è qui tra voi come pellegrino di pace, di riconciliazione e di comunione. Egli è qui per ricordare a tutti che Dio perdona solo a chi ha il coraggio, a sua volta, di perdonare. E' necessario aprire la propria mente alla logica di Dio per entrare a far parte del suo popolo e poter proclamare "le opere meravigliose del suo amore" (cfr 1P 2,9). La forza del vostro esempio e della vostra preghiera otterrà dal Signore, per coloro che ancora non l'hanno trovato, il coraggio di chiedere e di donare il perdono.

Domandiamo a Maria, qui venerata in tanti santuari, di prenderci per mano e di insegnarci che è proprio il coraggio di chiedere e donare il perdono l'inizio della via verso la vera pace. Affidiamo a Lei l'impegno faticoso ma necessario per costruire con tenacia la "civiltà dell'amore".

Maria, Regina della pace, prega per noi!
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VIAGGIO APOSTOLICO A SARAJEVO (12-13 APRILE 1997)

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA




Stadio Koševo (Sarajevo) - Domenica, 13 aprile 1997



«Abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto» (1Jn 2,1).

1. Abbiamo un avvocato che parla a nome nostro. Chi è questo avvocato che si fa nostro portavoce? L'odierna liturgia offre una risposta esauriente: «Abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto» (1Jn 2,1).

Leggiamo negli Atti degli Apostoli: «Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù» (Ac 3,13). Egli è colui che è stato tradito e rinnegato dai suoi connazionali, persino quando Pilato voleva liberarlo. Essi chiesero che fosse graziato al suo posto un assassino, Barabba. In tal modo fu condannato alla morte l'autore della vita (cfr Ac 3,13-15).

Ma «Dio l'ha risuscitato dai morti» (Ac 3,15). Così parla Pietro che fu testimone diretto della passione, morte e risurrezione di Cristo. Come tale fu inviato ai figli di Israele e a tutte le nazioni del mondo. Nel rivolgersi ai propri connazionali, tuttavia, egli non soltanto accusa, ma anche scusa: «Fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, così come i vostri capi» (Ac 3,17).

Pietro è testimone consapevole della verità sul Messia che, sulla croce, ha portato a compimento le antiche profezie: Gesù Cristo è diventato avvocato presso il Padre, l'avvocato del popolo eletto e di tutta l'umanità.

Aggiunge san Giovanni: «Abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto. Egli infatti è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo» (1Jn 2,1-2). Questa verità viene oggi a ripetervi il Successore di Pietro, giunto finalmente in mezzo a voi. Popolo di Sarajevo e di tutta la Bosnia ed Erzegovina, io vengo oggi a dirti: Tu hai un avvocato presso Dio. Il suo nome è: Gesù Cristo giusto!

2. Pietro e Giovanni, come pure gli altri Apostoli, divennero testimoni di questa verità, poiché videro con i loro occhi il Cristo crocifisso e risorto. Si era presentato in mezzo a loro nel Cenacolo, mostrando le ferite della passione; aveva permesso loro di toccarlo, affinché potessero convincersi dal vivo che egli era quello stesso Gesù che avevano prima conosciuto come "il Maestro". E per confermare fino in fondo la verità sulla sua risurrezione, egli ha accettato il cibo che gli avevano offerto, mangiandolo con loro come aveva fatto tante volte prima di morire.

Gesù aveva conservato la propria identità, nonostante la straordinaria trasformazione operatasi in lui dopo la risurrezione. E quella identità conserva tutt'ora. Egli è lo stesso oggi come ieri e rimarrà il medesimo per i secoli (cfr He 13,8). Come tale, come vero Uomo, è, presso il Padre, l'avvocato di tutti gli uomini. Anzi, è avvocato di tutta la creazione da lui e in lui redenta.

Egli si presenta davanti al Padre come il testimone più esperto e più competente di quanto, mediante la croce e la risurrezione, si è compiuto nella storia dell'umanità e del mondo. Il suo è il linguaggio della redenzione, cioè della liberazione dalla schiavitù del peccato. Gesù si rivolge al Padre come Figlio consustanziale, ed insieme come vero uomo, parlando il linguaggio di tutte le generazioni umane e di tutta la storia umana: delle vittorie e delle sconfitte, di tutte le sofferenze e di tutti i dolori dei singoli uomini ed insieme dei singoli popoli e nazioni di tutta la terra.

Cristo parla con il vostro linguaggio, cari Fratelli e Sorelle della Bosnia ed Erzegovina, così a lungo e dolorosamente provata. Egli ha detto: "Sta scritto: il Cristo dovrà patire"; ma ha aggiunto: "Dovrà risorgere dai morti il terzo giorno . . . Di questo voi siete testimoni" (Lc 24,48-49). Abitanti di questa terra provata, coraggio! Voi avete un avvocato presso Dio. Il suo nome è: Gesù Cristo giusto!

3. Sarajevo: città divenuta un simbolo, in un certo senso il simbolo del ventesimo secolo. Nel 1914, al nome di Sarajevo venne a legarsi lo scoppio del primo conflitto mondiale. Al termine di questo stesso secolo, al nome di questa città si è unita la dolorosa esperienza della guerra che, nel corso di cinque lunghi anni, ha lasciato dietro di sé in questa regione una impressionante scia di morte e di devastazione.

Durante questo periodo, il nome di questa città non ha cessato di occupare le pagine della cronaca e di essere tema di interventi politici da parte di capi delle nazioni, di strateghi e di generali. Il mondo intero ha continuato a parlare di Sarajevo in termini storici, politici, militari. Anche il Papa non ha mancato di levare la sua voce su tale tragica guerra e più volte e in diverse circostanze ha avuto sulle labbra e sempre nel cuore il nome di questa città. Già da alcuni anni egli desiderava ardentemente di poter venire di persona tra voi.

Oggi finalmente il desiderio s'è avverato. Sia ringraziato il Signore! La parola con cui vi porgo il mio saluto affettuoso è la stessa che Cristo rivolse, dopo la risurrezione, ai discepoli: "Pace a voi" (Lc 24,26). Pace a voi, uomini e donne di Sarajevo! Pace a voi, abitanti della Bosnia ed Erzegovina! Pace a voi, Fratelli e Sorelle di questa amata terra!

Saluto il Signor Cardinale Vinko Puljic, Pastore solerte di questa Chiesa, e lo ringrazio per le parole di benvenuto e di comunione che mi ha rivolto anche a nome dell'Ausiliare, Mons. Pero Sudar, e di tutti i presenti. Saluto il venerato e coraggioso Vescovo Mons. Franjo Komarica, con i suoi fedeli della diocesi di Banja Luka, come pure il venerato e zelante Vescovo Mons. Ratko Peric, con i suoi fedeli delle diocesi di Mostar-Duvno e di Trebinje-Mrkan.

Saluto i Cardinali ed i Vescovi presenti e voi tutti, sacerdoti, persone consacrate, fedeli laici. Il mio pensiero deferente si estende alle Autorità civili e diplomatiche qui radunate, come pure ai rappresentanti di altre Confessioni religiose che hanno voluto onorarci con la loro presenza.

La pace che Gesù dona ai suoi discepoli non è quella imposta dai vincitori ai vinti, dai più forti ai più deboli. Essa non trova la sua legittimazione sulla punta delle armi, ma, al contrario, nasce dall'amore. Amore di Dio per l'uomo e amore dell'uomo per l'uomo. Risuona forte oggi il comando di Dio: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore . . . amerai il prossimo tuo come te stesso" (Dt 6,5 Lv 19,18). Su questi saldi presupposti si può consolidare ed edificare la pace raggiunta. E "beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9).

Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina, hai un avvocato presso Dio, Gesù Cristo giusto!

4. Come servitore del Vangelo, il Papa, in unione con i Pastori della Bosnia ed Erzegovina e con tutta la Chiesa, vuole svelare una dimensione ancora più profonda che si cela nella realtà della vita di questa regione, della quale il mondo intero si occupa da anni.

Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina, la tua storia, le tue sofferenze, le esperienze dei trascorsi anni di guerra, che speriamo non tornino mai più, hanno un avvocato presso Dio: Gesù Cristo, il solo Giusto. In Lui, hanno un avvocato presso Dio i tanti morti, le cui tombe si sono moltiplicate su questa terra; coloro che sono rimpianti dalle madri, dalle vedove, dai figli rimasti orfani. Chi altro può essere, presso Dio, avvocato di tutte queste sofferenze e di tutte queste prove? Chi altro può leggere fino in fondo questa pagina della tua storia, Sarajevo? Chi può leggere fino in fondo questa pagina della vostra storia, nazioni balcaniche, e della tua storia, Europa?

Non si può dimenticare che Sarajevo è diventata simbolo della sofferenza di tutta l'Europa in questo secolo. Essa lo è stata all'inizio del Novecento, quando la prima guerra mondiale ebbe qui il suo inizio; lo è stata in un modo differente la seconda volta, quando il conflitto si è consumato totalmente in questa regione. L'Europa vi ha preso parte come testimone. Ma dobbiamo domandarci: testimone sempre pienamente responsabile? Non si può eludere questa domanda. Occorre che gli statisti, i politici, i militari, gli studiosi e gli uomini della cultura cerchino di darvi una risposta. L'auspicio di tutti gli uomini di buona volontà è che quanto Sarajevo simboleggia rimanga confinato nell'ambito del ventesimo secolo, e non abbiano a ripetersi le sue tragedie nel millennio ormai alle porte.

5. Per questo volgiamo lo sguardo con fiducia alla divina Provvidenza. Preghiamo il Principe della Pace, per intercessione di Maria sua Madre, così amata dai popoli dell'intera regione, perché Sarajevo diventi per tutta l'Europa un modello di convivenza e di pacifica collaborazione fra popoli di etnie e religioni diverse.

Riuniti nella celebrazione del sacrificio di Cristo, non cessiamo di ringraziare te, Città così provata, e voi, Fratelli e Sorelle che abitate questa terra di Bosnia ed Erzegovina, perché in qualche modo, con il vostro sacrificio, vi siete assunti il peso di questa tremenda esperienza, nella quale tutti hanno la loro parte. A voi ripeto: Abbiamo un avvocato presso Dio, è Cristo, il solo Giusto.

Davanti a te, Cristo crocifisso e risorto, si presentano oggi Sarajevo e tutta la Bosnia ed Erzegovina, con il pesante bilancio della sua storia. Tu sei il nostro grande avvocato. Questa umanità Ti invoca affinché Tu permei la dolorosa storia qui vissuta con la potenza della tua redenzione. Tu, Figlio di Dio incarnato, come Uomo cammini attraverso le vicende degli uomini e delle nazioni. Cammina attraverso la storia di questa gente e di questi popoli più strettamente legati al nome di Sarajevo, al nome della Bosnia ed Erzegovina.

6. Carissimi Fratelli e Sorelle! Quando nel 1994 desideravo intensamente venire qui tra voi, facevo riferimento ad un pensiero che s'era rivelato straordinariamente significativo in un momento cruciale della storia europea: «Perdoniamo e domandiamo perdono». Si disse allora che non era quello il tempo. Forse che quel tempo non è ormai giunto?

Ritorno oggi dunque a questo pensiero e a queste parole, che voglio qui ripetere, affinché possano discendere nella coscienza di quanti sono uniti dalla dolorosa esperienza della vostra città e della vostra terra, di tutti i popoli e le nazioni dilaniate dalla guerra: «Perdoniamo e domandiamo perdono». Se Cristo deve essere il nostro avvocato presso il Padre, non possiamo non pronunciare queste parole.Non possiamo non intraprendere il difficile, ma necessario pellegrinaggio del perdono, che porta ad una profonda riconciliazione.

«Offri il perdono, ricevi la pace», ho ricordato nel Messaggio di quest'anno per la Giornata Mondiale della Pace; ed aggiungevo: «Il perdono, nella sua forma più vera e più alta, è un atto d'amore gratuito» (cfr Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata mondiale della Pace, 8 dic. 1996: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIX, 2 (1996) 933), come lo fu la riconciliazione offerta da Dio all'uomo mediante la croce e la morte del suo Figlio incarnato, il solo Giusto. Certo, «il perdono, lungi dall'escludere la ricerca della verità, la esige», perché «presupposto essenziale del perdono e della riconciliazione è la giustizia» (Ibid.). Ma resta sempre vero che «chiedere e donare perdono è una via profondamente degna dell'uomo» (Ibid., 4).

7. Mentre oggi appare chiaramente la luce di questa verità,
i miei pensieri si rivolgono a Te, Madre di Cristo crocifisso e risorto,
a Te che sei venerata e amata in tanti santuari di questa terra provata.
Impetra per tutti i credenti il dono di un cuore nuovo!
Fa' che il perdono, parola centrale del Vangelo, divenga qui realtà.
Saldamente aggrappata alla croce di Cristo,
la Chiesa riunita oggi a Sarajevo Ti chiede questo,
o Clemente, o Pia,
Madre di Dio e Madre nostra,
o dolce Vergine Maria!
Amen.
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SANTA MESSA CON ORDINAZIONI PRESBITERALI



XXXIV Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni

IV Domenica di Pasqua, 20 aprile 1997

1. "Io sono il buon pastore" (Jn 10,11).

Oggi, quarta Domenica di Pasqua, "Domenica del Buon Pastore", ho la gioia di ordinare in questa Basilica 31 nuovi presbiteri formati nei Seminari della Diocesi di Roma. Si tratta di una felice consuetudine, che ben si colloca nel contesto liturgico e spirituale di questa giornata, dedicata alla preghiera per le vocazioni. Mentre rendo grazie al Signore per il dono del Sacerdozio, vorrei soffermarmi a considerare insieme con voi, carissimi Fratelli e Sorelle, le parole di Cristo a proposito del buon pastore.

"Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore" (Ivi). Come non scorgere in queste espressioni un implicito riferimento al mistero della morte e risurrezione del Signore? "Io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo" (Jn 10,17-18). Cristo ha offerto liberamente se stesso sulla Croce ed è risorto in virtù della propria divina potenza. L'allegoria del buon pastore riveste, pertanto, un forte carattere pasquale e per questo la Chiesa la propone alla nostra riflessione durante questo Tempo di Pasqua.

"Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre" (Jn 10,14-15). Dal mistero dell'eterna conoscenza di Dio, dall'intimità dell'amore trinitario scaturiscono il sacerdozio e la missione pastorale di Cristo, il quale afferma: "Offro la vita per le pecore. Ed ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore" (Jn 10,15-16). La missione pastorale di Cristo è missione universale, che non si limita ai figli e alle figlie di Israele ma, in virtù del sacrificio della Croce, abbraccia tutti gli uomini e tutti i popoli.

2. Leggendo attentamente questa pagina evangelica, scopriamo che essa costituisce una sintesi suggestiva della teologia del sacerdozio di Cristo e del sacerdozio ministeriale che voi, carissimi Diaconi, vi apprestate a ricevere. Voi siete chiamati, come il buon pastore, a dare la vita guidando il popolo cristiano verso la salvezza. Dovete imitare Cristo, diventando suoi testimoni coraggiosi, ministri infaticabili del suo Vangelo.

Cari ordinandi, vi saluto con affetto; saluto quanti vi hanno guidato nell'itinerario formativo nei vari Seminari di Roma; saluto le vostre famiglie e le comunità cristiane nelle quali è germinata la vostra vocazione, come pure i vostri amici, che condividono oggi con voi la gioia della vostra Ordinazione presbiterale.

La vocazione sacerdotale è chiamata al ministero pastorale, cioè al servizio del gregge di Cristo; un servizio che voi state per intraprendere nella Diocesi di Roma e in altre Chiese particolari. La Comunità cristiana oggi prega per voi, affinché il "pastore grande delle pecore" (He 13,20) vi comunichi quell'amore totale che è indispensabile ai pastori della Chiesa.

Ciò che abbiamo udito nel Vangelo riguardo a Cristo buon pastore diventa in questo momento un'invocazione corale al Padre celeste perché infonda in voi l'amore e la generosa dedizione di Cristo. "Il buon pastore offre la vita per le pecore" (Jn 10,11).

3. Carissimi Diaconi, dovrete tradurre queste parole in esperienza vissuta, in ogni mansione e circostanza della vostra vita sacerdotale. Bisognerà che da esse attingiate luce e forza indispensabili per il vostro ministero pastorale.

Vi accompagna la preghiera della Comunità cristiana particolarmente intensa in questa Liturgia. Preghiera che si unisce alla vostra implorazione fiduciosa, espressa dal commovente rito della prostrazione sul pavimento durante il canto delle Litanie dei Santi. La Chiesa chiede per voi non soltanto la grazia del sacramento del sacerdozio, ma anche la santificazione, affinché, a vostra volta, voi possiate santificare gli altri. Questo è un momento decisivo della vostra esistenza, che vi rimarrà per sempre impresso nella mente e nel cuore, come avviene per ogni sacerdote.

Anch'io conservo un ricordo vivo ed emozionante di questa grande preghiera di impetrazione che precede l'attimo culminante dell'Ordinazione, quando il Vescovo impone le mani all'ordinando, pronuncia la preghiera di consacrazione e gli trasmette, mediante questo antico gesto liturgico che risale agli Apostoli, il potere sacramentale del sacerdozio, introducendolo nel "presbyterium" della Chiesa. Accompagna questo solenne momento il canto del Veni creator, col quale si invoca lo Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, perché venga e trasfiguri con la sua luce e la sua potenza quanto compiamo nella nostra umana debolezza.

"Veni creator Spiritus, / Mentes tuorum visita,
Imple superna gratia, / Quae tu creasti pectora".

"Vieni, o Spirito creatore, / visita le nostre menti,
riempi della tua grazia / i cuori che hai creato".

4. "Benedetto colui che viene nel nome del Signore" (Ps 117,26). Attraverso le parole del Salmo responsoriale, poc'anzi cantato, la Liturgia dell'odierna Domenica insiste nel mostrarci il mistero del Cristo risorto. E' un inno di rendimento di grazie; lodiamo e ringraziamo Dio perché Egli è buono: eterna è la sua misericordia (cfr Ps 117,1). Rendiamo grazie perché egli ha esaudito le nostre suppliche e si è fatto nostra salvezza (cfr Ps 117,21). Lo esaltiamo soprattutto per Cristo, il quale nella sua morte e risurrezione è divenuto la pietra angolare della costruzione divina (cfr Ps 117,22). Su di Lui è edificata la Chiesa ed è fondato il sacerdozio regale di ogni battezzato ed ancor più il sacerdozio ministeriale dei presbiteri.

Le parole di questo Salmo ci introducono nel mistero eucaristico, che da questo momento e per tutti i giorni della vostra vita sarà la vostra particolare porzione ed il vostro dono spirituale.

"Benedetto colui che viene nel nome del Signore"! Tutti noi, Vescovi e presbiteri, celebrando il divin Sacrificio, al momento del "Sanctus" e subito prima della consacrazione, ripetiamo questa invocazione. Accogliamo così Cristo che quotidianamente si rende presente sull'altare, come entrò a Gerusalemme nella Domenica delle Palme, per offrire il sacrificio della redenzione. Quando noi in nome suo, in persona Christi Capitis, pronunciamo le parole della consacrazione da lui proferite nel Cenacolo, è sempre lo stesso Cristo che, attraverso il nostro ministero, rende presente il sacrificio della Croce.

Sacerdos alter Christus! Pensa, ministro dell'altare, pensa, sacerdote di Cristo, quale grande mistero diventa la tua parte e la tua eredità! Quale grande misericordia ti è stata elargita! Chiedi a Dio di saper rispondere con un amore totale a questo suo amore infinito.

La Vergine Maria, che sotto la Croce si è unita al sacrificio del Figlio e ci è stata da lui donata come Madre, ti assista e ti protegga con la sua intercessione, affinché tu possa essere in mezzo ai tuoi fratelli l'immagine fedele del Buon Pastore.

Amen!.


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VIAGGIO APOSTOLICO DI NELLA REPUBBLICA CECA (25-27 APRILE 1997)

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA PER I GIOVANI




Piazza Grande di Hradec Králové - Sabato, 26 aprile 1997



1. Veni Creator Spiritus! Le Letture che abbiamo ascoltato, carissimi giovani, parlano della effusione dello Spirito Santo. Essa, secondo il Vangelo di Giovanni, ebbe luogo anzitutto nel giorno stesso della Risurrezione. Cristo appare nel Cenacolo, dove sono rinchiusi i discepoli e, dopo essersi fatto riconoscere, parla loro così: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Jn 20,22-23).

Quello che avverrà a Pentecoste, cinquanta giorni dopo la Risurrezione, sarà la conferma e la manifestazione pubblica di questa effusione della sera di Pasqua. Gli Apostoli insieme alla Madre di Gesù attendono questo momento raccolti in preghiera, come ci ha ricordato la prima lettura (cfr Ac 1,13-14). Essi sanno che quell'evento porterà una svolta nella loro vita e nella loro missione. E, in effetti l'esperienza di Pentecoste segna l'inizio della missione della Chiesa, che da quel momento si manifesta in pubblico e incomincia ad annunciare il Vangelo.

La Chiesa sa di essere nata per opera dello Spirito Santo: come Cristo è nato da Maria Vergine per la potenza dello Spirito Santo, così anche la Chiesa ha al suo inizio la forza vivificante dello Spirito. Ed è per questo che essa non cessa di invocare: "Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra" (cfr Ps 103,30).

2. Dal giorno di Pentecoste, l'opera della salvezza compiuta da Cristo ha trovato,per mezzo della Chiesa, vie sempre nuove per diffondersi nel mondo. Nel secolo nono, il Vangelo, annunziato dai santi Fratelli di Salonicco, Cirillo e Metodio, è giunto nella vostra terra, la Grande Moravia, ed anche nelle vicine nazioni slave, trovandovi un terreno propizio. I vostri avi hanno accolto il cristianesimo dagli "apostoli degli Slavi" e sono diventati a loro volta apostoli. Così, per esempio, il battesimo della Polonia è legato all'azione apostolica dei vicini Cechi.

Dalla Boemia proviene anche sant'Adalberto, della grande stirpe boema di Slavnik, la cui culla si trovava qui, nel territorio della diocesi di Hradec Králové, in cui ci incontriamo. Con l'odierna Celebrazione rendiamo grazie a Dio, nel millennio di sant'Adalberto, per la sua missione e per la testimonianza da lui resa a Cristo fino al sacrificio della vita.

3. Carissimi giovani e ragazze delle diocesi della Repubblica Ceca! Giovani amici venuti da altri Paesi d'Europa! Venerati Fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio, che li avete qui accompagnati! Religiosi e religiose, e voi tutti, carissimi fedeli qui presenti! Vi saluto cordialmente in questa stupenda piazza, su cui si erge la Cattedrale, l'unica dedicata allo Spirito Santo, come ama ricordare il carissimo Mons. Karel Otcenášek, Vescovo di questa diocesi, che ringrazio con l'antica amicizia, a lui ben nota, per le cordiali parole che mi ha rivolto.

Un ringraziamento particolare desidero rivolgere anche ai cittadini di Hradec Králové per il vivo senso di ospitalità che hanno saputo dimostrare anche in questa circostanza, cedendo i loro posti sulla parte centrale della piazza ai giovani delle varie parti del Paese, qui convenuti per l'incontro a loro dedicato. A tutti i fedeli della Diocesi devo, poi, una parola di speciale apprezzamento per la generosità con cui hanno contribuito, spesso a prezzo di notevoli sacrifici, alla costruzione del "Centro di nuova evangelizzazione ed inculturazione" promosso dal Vescovo. Sono certo che essi sapranno continuare a sostenerne anche il conveniente funzionamento.

Ma torniamo a voi, giovani. Nell'ambito delle celebrazioni santadalbertiane, questa è la vostra giornata, cari giovani e ragazze, e mi fa piacere vedervi qui in così grande numero. Due anni fa, nel mese di maggio 1995, sono stato con molti di voi a Svatý Kopecek. Ricordo sempre con gioia quell'incontro, nel quale commentai il "Padre nostro": uno dei più bei raduni di giovani ai quali abbia mai partecipato. Qualche mese dopo ha avuto luogo il pellegrinaggio dei giovani a Loreto, dove siete venuti numerosi con i vostri Vescovi. Vostri rappresentanti hanno preso parte anche agli incontri mondiali di Denver e di Manila.

Vi saluto tutti con affetto. Un pensiero speciale rivolgo a quanti non hanno potuto trovarsi qui con noi. In particolare a voi, ragazzi e giovani malati, che offrite le vostre sofferenze per il prossimo; e a voi, giovani suore di clausura, che avete scelto la vita contemplativa e pregate tanto per i vostri coetanei.

4. "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21). Adalberto sentì queste parole come rivolte a se stesso. Primo Vescovo di Praga di sangue boemo, fu, alla fine del primo millennio, erede delle tradizioni di santità dei martiri che l'avevano preceduto, specialmente di Ludmila e Venceslao. Al tempo stesso guardò al futuro: fece ogni sforzo per la rinascita spirituale di Praga e della Patria, sostenuto da un'ardente fede in Cristo.

Lottò per la verità. Non accettò che lo spirito del tempo la soffocasse. Visse per questo, deciso a non indietreggiare davanti a nessuna pressione della società del suo tempo. Alle soglie del terzo millennio, di cui voi, giovani e ragazze, sarete i primi protagonisti, sant'Adalberto vi si presenta come testimone intrepido della fede. Guardando a lui, voi potete trovare ispirazione e luce per raccogliere con coraggio le sfide del momento presente.

Egli vi insegna l'apertura agli altri nel generoso dono di voi stessi. Voi avete una grande aspirazione alla libertà ed alla pienezza di vita: tutto ciò non si può raggiungere mediante la ricerca egoistica dei propri vantaggi, ma solo nell'apertura dell'amore. La vocazione all'amore è la vostra vocazione fondamentale. Gesù vi chiama a questo cammino: rispondetegli "sì", come ha fatto sant'Adalberto. Superando i confini soffocanti dell'egoismo con la forza dell'amore di Cristo sarete i costruttori della nuova Europa e del mondo di domani.

5. "Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra". Dalla prima comunità cristiana raccolta nel Cenacolo abbiamo ricevuto questa invocazione ispirata dal Salmo, e oggi ho la gioia di ripeterla con voi, giovani, alle soglie del terzo millennio. Voi vivete in una situazione che, sotto certi aspetti, è analoga a quella dei primi cristiani. Il mondo intorno non conosceva il Vangelo. Ma essi non si smarrirono. Ricevuto il dono dello Spirito, si strinsero intorno agli Apostoli, amandosi tra loro fraternamente. Sapevano di essere il nuovo fermento, di cui il mondo romano al tramonto aveva bisogno. Così uniti nell'amore superarono ogni resistenza.

Siate anche voi come loro! Siate Chiesa, per recare al mondo di oggi l'annuncio gioioso del Vangelo. Sant'Adalberto fu un appassionato servitore della Chiesa. Siatelo anche voi! La Chiesa ha bisogno di voi! Dopo quarant'anni di tentativi di imbavagliarla, essa vive, qui da voi, una stupenda ripresa, pur in mezzo a tante difficoltà. Essa conta sulle vostre fresche energie, sul contributo della vostra intelligenza e del vostro entusiasmo. Abbiate fiducia nella Chiesa, come essa ha fiducia in voi!

6. "Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra". La Chiesa, che ha ricevuto lo Spirito Santo nella Pentecoste, lo porta all'uomo di ogni tempo. Lo porta anche a voi mediante i suoi sacramenti. Essi richiamano le tappe fondamentali della vostra vita: siete stati battezzati nell'acqua e nello Spirito e molti di voi hanno già ricevuto la Cresima, il sacramento nel quale lo Spirito vi abilita e vi impegna ad essere testimoni di Cristo.

Pregate lo Spirito Santo, perché manifesti la sua presenza nella vostra vita. A me, l'esperienza dell'azione dello Spirito Santo è stata trasmessa in modo particolare da mio padre, quando avevo proprio la vostra età. Se mi trovavo in qualche difficoltà, egli mi raccomandava di pregare lo Spirito Santo; e questo suo insegnamento mi ha indicato il cammino che ho seguito fino ad oggi. Vi parlo di questo perché voi siete giovani, come lo ero io allora. E ve ne parlo sulla base di molti anni di vita, trascorsi in tempi anche difficili.

7. Ritorniamo al Cenacolo. Gesù alita sugli Apostoli e dice loro: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Jn 20,21-23). Desidero, cari giovani e ragazze, che specialmente queste parole rimangano in voi: nella vostra mente e nel vostro cuore. Lo Spirito Santo viene dato come fonte di forza per vincere il peccato. Solo Dio ha il potere di rimettere i peccati, perché Lui soltanto scruta fino in fondo l'essere umano e può misurarne appieno la responsabilità. Il peccato resta, nella sua profondità psicologica, un segreto in cui Dio soltanto ha il potere di entrare per dire all'uomo con parola efficace: "Ti sono rimessi i tuoi peccati, sei perdonato" (cfr Mt 9,2 Mt 9,5 Mc 2,5 Mc 2,9 Lc 5,20 Lc 5,23).

Voglio, cari amici, che ve lo ricordiate. Ci sono, lo sappiamo, i cosiddetti "peccati sociali", ma, in definitiva, ogni peccato dipende dalla responsabilità di un uomo concreto. Quest'uomo concreto lotta con il peccato, lo vince oppure ne viene sconfitto. L'uomo concreto, se è sconfitto dal peccato, soffre. Sì, i rimorsi di coscienza sono una sofferenza. Non si possono eliminare. Prima o poi bisogna cercare il perdono. Se il male che abbiamo commesso riguarda altri uomini, occorre chiedere anche il loro perdono; ma perché la colpa sia realmente rimessa, sempre bisogna ottenere il perdono di Dio.

Nel sacramento della Riconciliazione, Cristo ci ha fatto un grande dono. Se lo sappiamo vivere con fedeltà, esso diventa una fonte inesauribile di vita nuova. Non dimenticatelo! Sappiate attingere con gioia a questa sorgente la grazia, la guarigione, la gioia, la pace, per partecipare alla vita stessa di Cristo, che è vita del Padre comunicata nello Spirito Santo.

8. Cari amici! A voi affido il compito di contribuire in modo determinante all'evangelizzazione del vostro Paese. Portate Cristo nel terzo millennio. Fidatevi di Lui! La sua promessa attraversa i secoli: "Chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà" (Mc 8,35). Non abbiate paura! La vita con Cristo è un'avventura stupenda. Lui solo può dar senso pieno alla vita, Lui solo è il centro della storia. Vivete di Lui! Con Maria! Con i vostri Santi!

Chiedete a Cristo il dono dello Spirito. E' infatti proprio Lui, lo Spirito, la Persona divina che ha il compito di sanare, purificare, santificare le coscienze degli uomini e così rinnovare il volto della terra. Desidero di tutto cuore che questo avvenga per voi, per la vostra Nazione, per tutti coloro che fanno parte della millenaria eredità di sant'Adalberto, e per gli uomini del mondo intero. Possano compiersi in voi le parole annunciate con tanta forza dalla Chiesa nella Liturgia odierna: Veni Sancte Spiritus, Vieni, Spirito Santo!

In Te è la fonte della luce e della vita;
in Te la fiamma dell'amore perenne;
in Te il segreto della speranza che non delude.

Vieni, Spirito Santo! Amen.



GPII Omelie 1996-2005 77