GPII Omelie 1996-2005 95

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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (31 MAGGIO - 10 GIUGNO 1997)

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA DAVANTI


AL SANTUARIO DI SAN GIUSEPPE




Kalisz - Mercoledì, 4 Giugno 1997


Cari Fratelli e Sorelle!

1. Rendo grazie alla divina Provvidenza perchè mi viene dato oggi di visitare la vostra città, questa Kalisz che le antichissime cronache segnano sulle loro carte geografiche molto prima delle origini dello Stato polacco. Sono stato qui già alcune volte. Ho nella memoria quegli incontri e gli uomini che vi prendevano parte. Saluto cordialmente tutti voi qui riuniti. Saluto la vostra giovane Diocesi e il suo primo Vescovo ordinario, il Vescovo ausiliare, il clero, le persone consacrate e tutto il popolo di Dio della terra di Kalisz. Ti saluto, terra di Kalisz, con tutta la tua ricchezza racchiusa nel passato e nel presente. Desidero che tutto questo si ravvivi in qualche modo nell'odierna Eucaristia.

"O uomo felice, san Giuseppe!". Come sono lieto di celebrare questo Sacrificio eucaristico nel Santuario di san Giuseppe! Esso, infatti, ha un posto particolare nella storia della Chiesa e della Nazione. Mentre ascoltiamo il Vangelo, che ci ricorda la fuga in Egitto, vengono in mente le parole contenute nella preparazione liturgica per la santa Messa: "O uomo felice, san Giuseppe, a cui è stato dato non soltanto di vedere e udire Dio, che molti re volevano vedere e non videro, udire e non udirono (cfr Mt 13,17), ma di portarlo in braccio, baciarlo, vestirlo e custodirlo!". In questa preghiera san Giuseppe appare come il protettore del Figlio di Dio. Essa continua con la seguente domanda: "Dio, tu che ci hai concesso il sacerdozio regale, fa, ti preghiamo, che, come san Giuseppe, il quale meritò di toccare e con rispetto portare nelle sue braccia il tuo Figlio unigenito, nato da Maria Vergine, possiamo ottenere la grazia di servire presso i tuoi altari nella purezza del cuore e nell'innocenza delle opere, per ricevere oggi degnamente il sacratissimo Corpo e Sangue del tuo Figlio e meritare l'eterno premio nel mondo futuro".

E' una bella preghiera! La recito ogni giorno prima della santa Messa e certamente lo fanno molti sacerdoti nel mondo. Giuseppe, sposo di Maria Vergine, padre adottivo del Figlio di Dio, non era un sacerdote, ma ebbe parte al sacerdozio comune dei fedeli. E poiché come padre e protettore di Gesù poté tenerlo e portarlo nelle sue braccia, i sacerdoti si rivolgono a san Giuseppe con l'ardente domanda di poter celebrare il Sacrificio eucaristico con la stessa venerazione e con lo stesso amore con cui egli adempiva la sua missione di padre putativo del Figlio di Dio. Queste parole sono molto eloquenti. Le mani del sacerdote che toccano il Corpo eucaristico di Cristo vogliono impetrare da san Giuseppe la grazia di una castità e di una venerazione pari a quella che il santo falegname di Nazaret dimostrava nei riguardi del suo Figlio adottivo. E perciò è una cosa giusta che, nell'itinerario del pellegrinaggio unito al Congresso Eucaristico di Wroclaw, si trovi anche la visita al Santuario di san Giuseppe di Kalisz.

2. "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto" (Mt 2,13).

Giuseppe udì queste parole nel sonno. L'angelo l'aveva avvertito di fuggire con il Bambino, perchè era minacciato da un pericolo mortale. Dal Vangelo appena letto veniamo a sapere di coloro che attentavano alla vita del Bambino. In primo luogo Erode, ma poi anche tutti i suoi seguaci. In questo modo la liturgia della parola guida il nostro pensiero verso il problema della vita e della sua difesa. Giuseppe di Nazaret, che salvò Gesù dalla crudeltà di Erode, ci si presenta in questo istante come un grande sostenitore della causa della difesa della vita umana, dal primo istante del concepimento sino alla morte naturale. Vogliamo, dunque, in questo luogo raccomandare alla divina Provvidenza e a san Giuseppe la vita umana, specialmente quella dei bambini non ancora nati, nella nostra Patria e nel mondo intero. La vita ha un valore intoccabile e una dignità irripetibile, specialmente perchè - come leggiamo oggi nella liturgia - ogni uomo è chiamato a partecipare alla vita di Dio. San Giovanni scrive: "Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!" (1Jn 3,1).

Con lo sguardo della fede possiamo rilevare con una particolare chiarezza l'infinito valore di ogni essere umano. Il Vangelo, annunziando la buona novella di Gesù, reca anche la buona novella dell'uomo, della sua grande dignità, insegna la sensibilità nei riguardi dell'uomo. Di ogni uomo che, in quanto dotato di un'anima spirituale, è "capace di Dio". La Chiesa difendendo il diritto alla vita si richiama ad un livello più ampio, ad un livello universale che obbliga tutti gli uomini. Il diritto alla vita non è una questione di ideologia, non è solo un diritto religioso; è un diritto dell'uomo. Il più fondamentale diritto dell'uomo! Dio dice: "Non uccidere"! (Ex 20,13). Questo comandamento è al contempo un fondamentale principio e una norma del codice morale, iscritto nella coscienza di ogni uomo.

La misura della civiltà, una misura universale, perenne, comprendente tutte le culture, è il suo rapporto con la vita. Una civiltà che rifiutasse gli indifesi, meriterebbe il nome di civiltà barbara, anche se riportasse grandi successi nel campo dell'economia, della tecnica, dell'arte e della scienza. La Chiesa, fedele alla missione ricevuta da Cristo, nonostante le debolezze e le infedeltà di molti suoi figli e di molte sue figlie, ha portato con coerenza nella storia dell'umanità la grande verità sull'amore del prossimo, ha attenuato le divisioni sociali, ha superato le differenze etniche e razziali, si è chinata sugli infermi e sugli orfani, sugli anziani, sugli handicappati e sui senza casa. Ha insegnato con le parole e con i fatti che nessuno può essere escluso dalla grande famiglia umana, che nessuno può essere spinto al margine della società. Se la Chiesa difende la vita non nata è perchè essa guarda anche con amore e sollecitudine ogni donna che deve partorire.

Qui, a Kalisz, dove san Giuseppe, questo grande difensore e premuroso protettore della vita di Gesù, è venerato in modo particolare, voglio ricordarvi le parole che Madre Teresa di Calcutta rivolse ai partecipanti alla Conferenza Internazionale su "Popolazione e Sviluppo", convocata dall'Organizzazione delle Nazioni Unite al Cairo nel 1994: "Vi parlo dal profondo del cuore, parlo ad ogni uomo in tutti i paesi del mondo . . . alle madri, ai padri e ai figli nelle città, nelle cittadine e nei villaggi. Ognuno di noi oggi è qui grazie all'amore di Dio che ci ha creati, e ai nostri genitori, che ci hanno accolti e hanno voluto darci la vita. La vita è il più grande dono di Dio. E' per questo che è penoso vedere cosa accade oggi in tante parti del mondo: la vita viene deliberatamente distrutta dalla guerra, dalla violenza, dall'aborto. E noi siamo stati creati da Dio per cose più grandi: amare ed essere amati. Ho spesso affermato, e io ne sono sicura, che il più grande distruttore di pace nel mondo di oggi è l'aborto. Se una madre può uccidere il suo proprio figlio, che cosa potrà fermare te e me dall'ucciderci reciprocamente? Il solo che ha il diritto di togliere la vita è Colui che l'ha creata. Nessun altro ha quel diritto; né la madre, né il padre, né il dottore, né un'agenzia, né una conferenza, né un governo . . . Mi terrorizza il pensiero di tutti coloro che uccidono la propria coscienza, per poter compiere l'aborto. Dopo la morte ci troveremo faccia a faccia con Dio, Datore della vita. Chi si assumerà la responsabilità davanti a Dio per milioni e milioni di bambini ai quali non è stata data la possibilità di vivere, di amare e di essere amati? . . . Un bambino è il dono più grande per la famiglia. Per la nazione. Non rifiutiamo mai questo dono di Dio". Questa lunga citazione appartiene a Madre Teresa di Calcutta. Sono contento che Madre Teresa abbia potuto parlare a Kalisz.

3. Cari Fratelli e Sorelle, siate solidali con la vita. Rivolgo questo appello a tutti i miei connazionali, indipendentemente dalle convinzioni religiose di ciascuno. Lo rivolgo a tutti gli uomini, senza escluderne alcuno. Da questo luogo, ripeto ancora una volta quanto ho detto nell'ottobre dello scorso anno: "Una nazione che uccide i propri figli è una nazione senza futuro". Dovete credere che non mi è stato facile dire queste cose pensando alla mia Nazione, ma io desidero per essa un futuro, un futuro meraviglioso. E' necessaria, dunque, una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico, per mettere in atto la grande strategia della difesa della vita. Oggi il mondo è diventato l'arena della lotta per la vita. Continua la lotta tra la civiltà della vita e la civiltà della morte. Perciò è così importante l'edificazione della "cultura della vita": la creazione di opere e di modelli culturali, che sottolineino la grandezza e la dignità della vita umana; la fondazione di istituzioni scientifiche ed educative che promuovano una giusta visione della persona umana, della vita coniugale e familiare: la creazione di ambienti che incarnino nella pratica della vita quotidiana l'amore misericordioso che Dio elargisce ad ogni uomo, specialmente all'uomo che soffre, che è debole e povero non nato.

So che in Polonia si fa molto per la questione della difesa della vita. Sono molto grato a tutti coloro che, in varie forme, si prodigano in quest'opera di edificazione della "cultura della vita". In modo particolare esprimo la mia gratitudine e il mio apprezzamento a quanti nella nostra Patria, con grande senso di responsabilità davanti a Dio, davanti alla propria coscienza e alla nazione, difendono la vita umana e sostengono la dignità del matrimonio e della famiglia. Ringrazio di tutto cuore la Federazione dei Movimenti per la Difesa della Vita, le Associazioni delle Famiglie Cattoliche e tutte le altre organizzazioni ed istituzioni, sorte molto numerose negli ultimi anni nel nostro Paese. Ringrazio i medici, le infermiere e le persone che difendono la vita dei non nati. E chiedo a tutti: vegliate sulla vita! Continuate a difendere la vita! Questo è il vostro grande contributo alla costruzione della civiltà dell'amore. Possano le schiere dei difensori della vita aumentare progressivamente! Non vi perdete d'animo! Questa è una grande missione affidatavi dalla Provvidenza.

Vi benedica Dio da cui prende origine ogni vita. Fin dai tempi in cui ero Pastore, Vescovo, Cardinale, in Polonia sono in debito nei confronti di alcune persone che hanno collaborato con me con generosità e con coraggio nella difesa della vita. Oggi desidero di nuovo ringraziarli di cuore per tutto ciò. Dio ve ne renda merito!

4. Il dovere del servizio grava su tutti e su ciascuno, ma tale responsabilità grava in modo particolare sulla famiglia che è una "comunità di vita e d'amore" (Gaudium et spes, GS 48).

Fratelli e Sorelle, non dimenticate neanche per un istante quale grande valore costituisca in se stessa la famiglia. Grazie alla presenza sacramentale di Cristo, grazie al patto liberamente stipulato, con cui i coniugi si donano reciprocamente, la famiglia è una comunità sacra. E' una comunione di persone unite dall'amore, di cui san Paolo scrive così: "L'amore si compiace della verità. Tutto copre tutto crede, tutto spera, tutto sopporta e non avrà mai fine" (cfr 1Co 13,6-8). Ogni famiglia può costruire un tale amore. Ma esso è raggiungibile nel matrimonio soltanto ed esclusivamente se i coniugi diventano "un dono sincero di sé" (Gaudium et spes GS 24), incondizionatamente e per sempre, senza porre alcun limite. Quest'amore coniugale e familiare viene costantemente nobilitato, perfezionato da comuni preoccupazioni e gioie, dal sostenersi nei momenti difficili. Ciascuno dimentica se stesso per il bene dell'amato. Un vero amore non si estingue mai. Diventa fonte di forza e di fedeltà coniugale. La famiglia cristiana, fedele alla sua alleanza sacramentale, diventa un autentico segno del gratuito e universale amore di Dio per gli uomini. Quest'amore di Dio costituisce il centro spirituale della famiglia e il suo fondamento. Attraverso questo amore la famiglia nasce, si sviluppa, matura ed è fonte di pace e di felicità per i genitori e per i figli. E' un vero nido di vita e di unità.

Cari Fratelli e Sorelle, coniugi e genitori, il sacramento che vi unisce tra voi, vi unisce in Cristo! Vi unisce con Cristo! "Questo mistero è grande"! (Ep 5,32). Dio "vi ha donato il suo amore". Egli viene da voi ed è presente in mezzo a voi e dimora nelle vostre anime. Nelle vostre famiglie! Nelle vostre case! Lo sapeva bene san Giuseppe. Per questo non esitò ad affidare a Dio se stesso e la sua Famiglia. In virtù di tale abbandono compì fino in fondo la sua missione, affidatagli da Dio nei riguardi di Maria e del suo Figlio. Sostenuti dall'esempio e dalla protezione di san Giuseppe, offrite una costante testimonianza di dedizione e di generosità. Proteggete e circondate di premura la vita di ogni vostro figlio, di ogni persona, specialmente dei malati, dei deboli e degli handicappati. Date testimonianza dell'amore per la vita e condividetela con generosità.

Scrive san Giovanni: "Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente" (1Jn 3,1). L'uomo adottato in Cristo come figlio di Dio, è veramente partecipe della figliolanza del Figlio di Dio. E perciò san Giovanni, sviluppando il suo pensiero, continua così: "Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perchè lo vedremo così come egli è" (1Jn 3,2). Ecco l'uomo! Ecco la sua piena, indicibile dignità! L'uomo è chiamato ad essere partecipe della vita di Dio; a conoscere, illuminato dalla fede, e ad amare il suo Creatore e Padre, prima mediante tutte le sue creature qui sulla terra, e poi nella beatifica visione della sua divinità nei secoli.

Ecco l'uomo! Nell'itinerario del Congresso Eucaristico quest'uomo si rivela ad ogni passo.

L'uomo nella comunità della famiglia e della nazione!

L'uomo, partecipe della vita di Dio!

Il saluto di Giovanni Paolo II al termine della Celebrazione Eucaristica dinanzi al santuario di san Giuseppe, a Kalisz

Cari fratelli e sorelle,

Al termine di quest' Eucaristia desidero esprimere la mia gratitudine a Dio per avermi permesso di visitare la Chiesa e la Diocesi di Kalisz.

Ringrazio la Provvidenza anche per aver potuto pregare insieme a voi nel Santuario di san Giuseppe. Esso è conosciuto in tutta la Polonia e viene visitato da folle di pellegrini. Esso possiede anche un altro significato, particolare, legato agli ultimi cinquant' anni della nostra storia. Questo Santuario era ed è spesso visitato da sacerdoti ex prigionieri del campo di concentramento di Dachau. Il loro numero diminuisce di anno in anno. Voglio salutare in modo speciale coloro che sono ancora vivi, così come facevo nel passato quando ero Metropolita di Cracovia.

Saluto soprattutto Mons. Adam Kozlowiecki, Mons. Kazimierz Majdanski e Mons. Ignacy Jezl - gli ultimi Vescovi ex prigionieri di Dachau viventi. Desidero ringraziarli per quell'iniziativa, nata durante la seconda guerra mondiale, nei giorni terribili della prigionia, quando la dignità umana veniva calpestata e disprezzata, quando la nostra società era resa schiava dai soldati di Hitler. A nome mio e a nome di tutti i presenti desidero ringraziare i sacerdoti ex prigionieri di Dachau qui riuniti per aver stabilito il contatto con il santuario di san Giuseppe a Kalisz e per aver affidato le loro sofferenze, il loro sacrificio e il loro destino di prigionieri di Dachau a colui che è il custode della Chiesa di Dio. Li ringraziamo anche perchè dopo essere stati liberati dal campo di Dachau, continuano a rendere grazie con perseveranza recandosi ogni anno in pellegrinaggio al santuario di san Giuseppe a Kalisz per pregare per i loro persecutori, senza dimenticare i loro fratelli che non sono sopravvissuti all' esperienza del campo di concentramento e non hanno potuto vedere la patria liberata.

Il mio pensiero ed il mio cuore abbracciano tutti i fratelli e le sorelle a cui è toccata la stessa sorte nei campi di sterminio sparsi in tutta la Polonia e fuori dai suoi confini. Sono luoghi di terribile supplizio dove sono morti milioni di esseri umani. C'erano tra di loro tantissimi ebrei che hanno subito l' orrore dello sterminio. "Il passato degli uomini non scompare completamente. Così la storia polacco-ebrea ( . . .) è sempre realmente presente nella vita sia degli ebrei come dei polacchi ( . . .)

Il popolo che ha vissuto con noi per molte generazioni è rimasto con noi dopo questa terribile morte di milioni dei suoi figli e figlie" (Giovanni Paolo II, Agli esponenti delle comunità ebraiche, Varsavia, 9 giugno 1991: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIV, 1 (1991) 1617). Di questo passato comune parlano anche i cimiteri ebraici, così numerosi in terra polacca.

Un tale cimitero si trova anche qui a Kalisz. Sono luoghi sacri dal profondo significato spirituale, direi escatologico e storico. Possano questi luoghi unire i polacchi e gli ebrei, perchè "insieme aspettiamo il giorno del Giudizio e della Risurrezione" (Ciclo "Jasna Góra", 26 settembre 1990).

Miei cari, ringraziamo san Giuseppe per aver scelto Kalisz come luogo della sua speciale presenza. La diocesi di Kalisz è fortunata ad avere un patrono così potente. San Giuseppe ottenga che la vostra diocesi e tutta la Chiesa in Polonia siano sempre pronte a servire fedelmente la volontà salvifica di Dio e che, grazie al suo esempio e alla sua intercessione esse sappiano camminare fedelmente sulle vie della santità e della giustizia. Desidero ricordare la preghiera a san Giuseppe composta dal Papa Leone XIII " Oratio ad Sanctum Josephum " «Allontana da noi, amatissimo Padre, ogni errore e ogni corruzione ( . . .) dacci il tuo celeste aiuto nella lotta con le potenze dell' oscurità ( . . .) e così come una volta hai salvato Gesù Bambino dal pericolo che minacciava la sua vita, ora difendi la Chiesa di Dio dalle insidie dei suoi nemici e da ogni avversità». Recitiamo spesso questa preghiera. Oggi sono venuti da san Giuseppe molti pellegrini. Ho già nominato i Movimenti dei difensori della vita e gli Istituti per la Famiglia.

Affido alla protezione di san Giuseppe tutta la nostra nazione, e in modo particolare le nostre famiglie, i giovani, i bambini, i malati e i sofferenti. Che san Giuseppe con la sua intercessione ottenga da Gesù Salvatore le grazie necessarie alla Polonia. A tutti voi dico: Dio vi ricompensi per la partecipazione a quest' Eucaristia. Ora impartendo la mia benedizione raccomando alla protezione di Dio la vostra città e la vostra Chiesa.
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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (31 MAGGIO - 10 GIUGNO 1997)

LITURGIA DELLA PAROLA




Pendici dell'altura di Jasna Góra - Mercoledì, 4 giugno 1997


1. Ave, Gesù, Figlio di Maria!

Il Congresso Eucaristico Internazionale, che ha avuto luogo a Wroclaw , si ripercuote ora con una vasta eco in tutta la Polonia. Qui, a Czestochowa, a Jasna Góra, il Congresso viene accompagnato proprio da questo canto eucaristico ed insieme mariano:

"Ti salutiamo, Ostia viva,
in cui Gesù Cristo cela la divinità.
Ave, Gesù, Figlio di Maria,
nella santa Ostia sei il vero Dio".

Canto spesso questo inno, medito le sue parole, perchè contengono una grande ricchezza teologica. Ci sono strofe successive, vogliamo tuttavia soffermarci su questa prima, che si ricollega in modo particolare alla pagina di Vangelo letta nel nostro odierno incontro. Conosciamo bene questo passo, - uno dei testi più spesso usati nella liturgia: il frammento in cui l'evangelista Luca descrive le fasi salienti dell'annunciazione. L'arcangelo Gabriele inviato da Dio a Nazaret, alla Vergine Maria, la saluta con le parole che costituiranno l'inizio della preghiera forse più frequentemente recitata, l'Ave Maria: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te . . ." (Lc 1,28). L'angelo poi continua: "Hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù" (Lc 1,30-31). E quando Maria domanda: "Come avverrà questo? Non conosco uomo" (Lc 1,34), l'angelo le risponde: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35). La risposta di Maria: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38).

In questo modo l'eterno Verbo si fece carne. Il Figlio unigenito di Dio si fece uomo assumendo la nostra natura nel seno dell'Immacolata Vergine di Nazaret. Maria accogliendo con fede il dono di Dio, il dono del Verbo Incarnato si trova con ciò stesso all'inizio, alle fonti dell'Eucaristia. La fede della Madre di Dio introduce tutta la Chiesa nel mistero della Presenza eucaristica del Figlio. Nella liturgia della Chiesa, sia dell'Occidente che dell'Oriente, la Madre di Dio conduce sempre i fedeli verso l'Eucaristia. E' stata dunque una cosa buona che un anno prima del Congresso Eucaristico di Wroclaw qui, a Jasna Góra, abbia svolto i suoi lavori il Congresso Mariano, che trattava il tema: "Maria e l'Eucaristia". Perfino in questa sequenza di eventi si mette in evidenza in modo simbolico la verità su Maria che conduce al Figlio, sulla Madre della Chiesa che conduce i suoi figli verso l'Eucaristia. Infatti per noi, credenti in Gesù Cristo, Maria è la più perfetta Maestra di quell'amore che permette di unirsi nel modo più completo al Redentore nel mistero del suo Sacrificio eucaristico e della sua presenza eucaristica.

2. Jasna Góra è il luogo dove la nostra Nazione nel corso dei secoli si è raccolta per dare testimonianza della propria fede e dell'attaccamento alla comunità della Chiesa di Cristo. Molte volte venivamo qui, chiedendo a Maria l'aiuto nella lotta per conservare la fedeltà a Dio, alla Croce, al Vangelo, alla santa Chiesa e ai suoi Pastori. Qui ci assumevamo i compiti della vita cristiana. Ai piedi della Signora di Jasna Góra trovavamo la forza per restare fedeli alla Chiesa, quando era perseguitata, quando doveva osservare il silenzio e soffrire. Dicevamo sempre "sì" alla Chiesa e questo atteggiamento cristiano è stato un atto di grande amore per essa. La Chiesa è, infatti, la nostra madre spirituale. Dobbiamo ad essa se "siamo chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente" (1Jn 3,1). Possiamo cantare: "Abba, Padre" come hanno cantato qui i giovani durante la giornata Mondiale della Gioventù nel 1991 e come fate voi oggi. La Chiesa si è inscritta per sempre nella storia della nostra Nazione, vigilando con premura sulla sorte dei suoi figli, specialmente nei momenti di umiliazione, di guerre, di persecuzioni o di perdita dell'indipendenza.

Qui, ai piedi di Maria, sempre nuovamente "impariamo la Chiesa", affidata da Cristo agli Apostoli e a noi tutti. Il mistero di Maria è unito indissolubilmente al mistero della Chiesa, dal momento dell?Immacolata Concezione, attraverso l'Annunciazione, la Visitazione, Betlemme, Nazaret, fino al Calvario. Maria insieme agli Apostoli rimase in preghiera nel Cenacolo, attendendo, dopo l'Ascensione al cielo del Figlio, il compimento della promessa. Attendeva insieme con loro la venuta dello Spirito Santo, che avrebbe pubblicamente manifestato la nascita della Chiesa, e dopo vigilava sullo sviluppo della primitiva comunità cristiana.

San Paolo dice che "la Chiesa è corpo di Cristo" (cfr 1Co 12,27). Ciò significa che è stata formata secondo il disegno di Cristo come una comunità di salvezza. La Chiesa è opera sua, si edifica incessantemente in Cristo, poiché Lui continua a vivere e ad operare in essa. La Chiesa appartiene a Lui e rimarrà sua per sempre. Dobbiamo essere figli fedeli della Chiesa che noi stessi formiamo. Se con la nostra fede e con la nostra vita diciamo "sì" a Cristo, non possiamo non dirlo anche alla Chiesa. Cristo disse agli Apostoli e ai loro successori: "Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato" (Lc 10,16). E' vero che la Chiesa è una realtà anche umana, che porta in sè tutti i limiti e le imperfezioni degli esseri umani che la compongono, esseri peccatori e deboli. Non è stato Cristo stesso a volere che la nostra fede nella Chiesa si confrontasse con questa difficoltà? Cerchiamo sempre con magnanimità e in spirito di fiducia di accettare ciò che la Chiesa ci annuncia e ci insegna. Il cammino che ci viene indicato da Cristo, vivente nella Chiesa, ci conduce al bene, alla verità, alla vita eterna. E' Cristo, infatti, che parla, che perdona e che santifica. Un "no" detto alla Chiesa sarebbe allo stesso tempo un "no" detto a Cristo.

A questo punto voglio riportare le parole del mio Predecessore sulla Sede di Pietro, Paolo VI, il Papa che amava la Polonia e voleva partecipare alle cerimonie del Millennio a Jasna Góra, il 3 maggio 1966, al quale però le autorità di allora non lo concessero. Ecco le sue parole: "Amate la Chiesa! E' venuta l'ora di amare la Chiesa con cuore forte e nuovo . . . i difetti e i malanni stessi degli uomini della Chiesa dovrebbero rendere più forte e più sollecita la carità di chi della Chiesa vuol essere membro vivo, sano e paziente. Così fanno i figli buoni, così i Santi . . . Amarla [la Chiesa] significa stimarla ed essere felici d'appartenervi, significa essere strenuamente fedeli; significa obbedirle e servirla, aiutarla con sacrificio e con gioia nella sua ardua missione" ( Paolo VI, Udienza Generale, 18 settembre 1968).

"Ave, Gesù, Figlio di Maria . . . ", cantiamo oggi a Jasna Góra e poi aggiungiamo: "Nella santa Ostia sei il vero Dio". Confessiamo di credere che, ricevendo nell'Eucaristia Cristo sotto le specie del pane e del vino, riceviamo il vero Dio. E' lui a diventare il nutrimento soprannaturale delle nostre anime, quando ci uniamo a Lui nella santa Comunione. Rendiamo grazie a Cristo per la Chiesa da Lui istituita, che vive del suo sacrificio redentore, reso presente sugli altari del mondo intero. Rendiamo grazie a Cristo, perchè condivide con noi la sua vita divina, che è la vita eterna.

3. E' bene che nell'itinerario della mia visita in Polonia si trovi, anche questa volta, Jasna Góra. Voglio salutare cordialmente tutta l'Arcidiocesi di Czestochowa, insieme con il suo Pastore, Monsignor Stanislaw e il suo Ausiliare. Saluto i cari Monaci di san Paolo, primo Eremita, con il loro Priore Generale. Ho ripetuto più volte che Jasna Góra è il santuario della Nazione, il confessionale e l'altare. E' il luogo della trasformazione spirituale della conversione e del rinnovamento della vita dei Polacchi. Rimanga esso così per sempre. Voglio ripetere le parole che dissi qui durante il mio primo pellegrinaggio in Patria: "Tante volte siamo venuti qui, in questo santo luogo, in vigile ascolto pastorale, per udir battere il cuore della Chiesa e quello della Patria nel cuore della Madre . . . Questo cuore, infatti, pulsa come sappiamo con tutti gli appuntamenti della storia, con tutte le vicende della vita . . . Tuttavia, se vogliamo sapere come il cuore dei Polacchi interpreta questa storia, bisogna venire qui, bisogna porgere l'orecchio a questo Santuario, bisogna percepire l'eco della vita dell'intera Nazione nel Cuore della sua Madre e Regina! E se questo cuore batte con sussulti di inquietudine, se risuonano in esso la sollecitudine e il grido per la conversione e per il rafforzamento delle coscienze, bisogna accogliere questo invito. Esso nasce dall'amore materno, che a suo modo forma i processi storici nella terra polacca" (Giovanni Paolo II, Jasna Góra, 4 giugno 1979 : Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 1 (1979) 1413). Questo forse è anche il posto più adatto, per ricordare il più antico canto polacco:

"O Madre Divina,
O Vergine da Dio glorificata,
Madre eletta, a noi manda
Il Tuo Figlio Salvatore.
O Figliolo di Dio, pel Tuo Battista,
Odi le nostre voci,
Compi i pensieri umani".

Quanti significati contengono queste brevi parole.

Così pregavano i nostri avi e così fanno oggi i pellegrini che vengono a Jasna Góra: "Odi le nostre voci, compi i pensieri umani". Anch'io chiedo questo durante il pellegrinaggio che compio in occasione del millennio di sant'Adalberto. Trovandomi oggi in questo itinerario del millennio, non posso fare a meno di ricordare un altro uomo di Dio, che la Provvidenza diede alla Chiesa in Polonia al termine del secondo millennio, un uomo che ha preparato questa Chiesa per le celebrazioni del millennio del Battesimo e che viene comunemente chiamato il Primate del Millennio. Quanto spesso soggiornava qui il Servo di Dio, il Cardinale Stefan Wyszynski, grande devoto della Madre di Dio, quante grazie otteneva inginocchiato immobile davanti all'immagine di Jasna Góra. Fu proprio qui, il 3 maggio 1966, che il Cardinale Primate pronunciò l'Atto di Jasna Góra di totale servitù alla Madre di Dio, Madre della Chiesa, per la libertà della Chiesa di Cristo nel mondo e in Polonia. C'è molto da pensare ricordando quell'Atto. Tornando con la memoria a quell'atto storico, desidero oggi affidare nuovamente alla Regina di Jasna Góra tutte le preghiere dei Connazionali ed insieme tutte le necessità e le intenzioni della Chiesa universale e di tutti gli uomini del mondo - da me conosciuti e sconosciuti, specialmente dei malati, dei sofferenti e di coloro che sono privi di speranza. Qui anche, ai piedi di Maria, voglio ringraziare per tutte le grazie del Congresso Eucaristico di quest'anno - per tutto il bene che esso ha generato nella anime degli uomini e nella vita della Nazione e della Chiesa.

Madre della Chiesa di Jasna Góra, prega per tutti noi. Amen.

Vi prego di cantare: "Da secoli tu sei la Regina della Polonia". Questo potrebbe essere l' "O Madre Divina" dei nostri tempi.

Prima di lasciare Jasna Góra, Giovanni Paolo II ha rivolto ai presenti alcune parole di saluto. Eccone una nostra traduzione:

Al termine, desidero salutare in modo particolare tutte le persone consacrate. Oggi vi rappresenta a Jasna Góra la Consulta dei Superiori Maggiori degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica. Vi ho portato uno speciale messaggio sul quale potrete riflettere nelle vostre case religiose e nelle vostre comunità.


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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (31 MAGGIO - 10 GIUGNO 1997)

BEATIFICAZIONE DELLE MADRI MARIA


BERNARDINA JABLONSKA E MARIA KARLOWSKA




Arena «Wielka Krokiew» (Zakopane) - Venerdì, 6 giugno 1997



1. Ci incontriamo oggi in questa grande assemblea liturgica ai piedi della croce sul monte Giewont, nella solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù. Rendo grazie alla Divina Provvidenza perchè mi è dato di celebrare in Patria questa solennità, insieme a voi - sotto la "Krokiew", nella terra di Podhale - a voi, che conservate fedelmente nella vostra religiosità la venerazione per il mistero del Cuore di Gesù. La Chiesa in Polonia ha portato un grande contributo all'introduzione nel calendario liturgico della solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù. Era espressione di un profondo desiderio, affinché i magnifici frutti prodotti da tale devozione si moltiplicassero nella vita dei fedeli in tutta la Chiesa. E così è avvenuto. Come dovremmo essere grati a Dio per tutte le grazie, che sperimentiamo per merito del Cuore del suo Figlio! Come siamo grati per questo incontro odierno! L'abbiamo atteso per lungo tempo. E' già da tanto tempo che invitavate il Papa, e ciò in varie occasioni, specialmente durante i vostri frequenti pellegrinaggi nella Città Eterna. Ricordate certamente come allora dicevo che occorre essere pazienti, che bisogna lasciare alla Divina Provvidenza la visita a Zakopane. Durante il mio pellegrinaggio in Slovacchia, a Levoca, leggevo la scritta che avevate preparato: "Zakopane attende! Zakopane ti dà il benvenuto!". E oggi possiamo dire che Zakopane ce l'ha fatta e che io ce l'ho fatta. Dio ha disposto così, la Madonna di Levoca ha condotto il Papa a Zakopane.

Vi saluto tutti, specialmente voi abitanti di Zakopane. Saluto i montanari di Podhale così cari al mio cuore. Rivolgo parole di particolare saluto al Signor Cardinale Franciszek, e al Vescovo di Torun, il quale oggi gioisce qui della Beatificazione della sua diocesana e a tutti i Vescovi polacchi con a capo il Cardinale Primate e a tutti i Vescovi stranieri che partecipano a questa Celebrazione. Saluto il clero, le religiose, e specialmente le Suore Albertine e le Suore Pastorelle, per le quali questo giorno ha un'eloquenza particolare. Rivolgo parole di saluto al Sindaco di Zakopane e alle Autorità locali di Podhale. Ringrazio per questo eloquente omaggio di Podhale, sempre fedele alla Chiesa e alla Patria. Su voi si può sempre contare! Rendiamo grazie a Dio per questo giorno, che Egli ha fatto per noi. In spirito di gratitudine voglio, insieme a voi - cari Fratelli e Sorelle - meditare sul grande mistero del Sacratissimo Cuore di Gesù. E' bene che possiamo farlo nell'itinerario del mio pellegrinaggio in occasione del Congresso Eucaristico di Wroclaw . Infatti tutta la devozione al Cuore di Gesù e tutte le sue manifestazioni sono profondamente eucaristiche.

2. "Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto" (Jn 19,37). Ecco le parole che abbiamo appena udito. Con questa citazione profetica san Giovanni termina la sua descrizione della passione e della morte di Cristo in croce. Sappiamo da essa che il Venerdì Santo, prima della festa della Parasceve, gli Ebrei chiesero a Pilato che fossero spezzate le gambe e fossero portati via i loro corpi (cfr Jn 19,31). Così fecero i soldati riguardo ad entrambi i malfattori crocifissi con Gesù. "Venuti (però) da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua" (Jn 19,33-34). Era la prova della morte. I soldati potevano assicurare Pilato che Gesù di Nazaret aveva cessato di vivere. San Giovanni Evangelista invece vede a questo punto la necessità di una particolare autentificazione. Scrive così: "Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera". E allo stesso tempo egli afferma che in questo trafiggere il costato di Cristo si è adempiuta la Scrittura. Essa infatti dice: "Non gli sarà spezzato alcun osso", e altrove: "Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto" (Jn 19,35-37).

Questo passo evangelico sta alla base di tutta la tradizione della devozione al Cuore Divino. Essa si sviluppò in modo particolare sin dal XVII secolo, in relazione alle rivelazioni a santa Margherita Maria Alacoque mistica francese. Il nostro secolo è testimone di un intenso sviluppo della devozione al Cuore di Gesù, della quale danno testimonianza le magnifiche "Litanie del Sacro Cuore" ed unito ad esse l'"Atto di Consacrazione del Genere Umano al Cuore Divino" con l'aggiunto "Atto di Riparazione al Sacratissimo Cuore". Tutto questo ha pervaso profondamente la nostra pietà polacca, è divenuto la parte di molti fedeli che sentono il bisogno della riparazione al Cuore di Gesù per i peccati dell'umanità ed anche delle singole nazioni, delle famiglie e delle persone.

3. "Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto" - queste parole guidano il nostro sguardo verso la santa Croce, verso l'albero della Croce su cui fu appesa la Salvezza del mondo. "La parola della croce infatti è stoltezza per il mondo, per noi è potenza di Dio" (cfr 1Co 1,18). Lo comprendevano bene gli abitanti di Podhale. E mentre stava per finire il secolo XIX, ed iniziava il nuovo, i vostri padri posero sulla cima di Giewont una Croce. Essa sta lì e vi rimane. E' un muto ma eloquente testimone del nostro tempo. Si può dire che questa Croce giubilare guardi nella direzione di Zakopane e di Cracovia, ed oltre: nella direzione di Varsavia e di Danzica. Abbraccia tutta la nostra terra dai Tatra sino al Baltico. I vostri padri volevano che la Croce di Cristo regnasse in modo particolare in questo bell'angolo della Polonia. E così accadde. Questa vostra città si è estesa, si può dire, ai piedi della Croce, vive e si sviluppa nel suo raggio sia Zakopane che Podhale. Lo dicono lungo le strade le cappelline molto belle, scolpite e curate con cura. Questo Cristo vi accompagna nel lavoro quotidiano oppure sui percorsi delle passeggiate per le montagne. Ne parlano le chiese di questa città, quelle antiche, monumentali, che nascondono in sé tutto il mistero della fede e della pietà umana, ed anche quelle recenti, sorte grazie alla vostra generosità come ad esempio la chiesa parrocchiale della Santa Croce nella parrocchia della Madonna di Fatima che ci ospita.

Cari Fratelli e Sorelle, non vi vergognate di questa Croce. Cercate ogni giorno di accettarla e di corrispondere all'amore di Cristo. Difendete la Croce, non permettete che il Nome di Dio venga offeso nei vostri cuori, nella vita familiare o sociale. Rendiamo grazie alla divina Provvidenza, perchè il crocifisso è tornato nelle scuole, negli uffici pubblici e negli ospedali. Che esso rimanga lì! Che esso ci ricordi la nostra dignità cristiana ed anche l'identità nazionale, ciò che siamo e dove andiamo e dove sono le nostre radici. Che esso ci ricordi l'amore di Dio per l'uomo, che nella Croce trovò la sua più profonda espressione.

L'amore sempre si associa al cuore. L'Apostolo l'ha associato proprio a quel Cuore che sul Golgota è stato trafitto dalla lancia del centurione. In questo gesto si è rivelato fino in fondo l'amore con cui il Padre ha amato il mondo. L'ha amato così intensamente "da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16). In questo Cuore trafitto ha trovato la sua espressione esterna quella dimensione dell'amore che è più grande di qualsiasi amore creato. In esso si è manifestato l'amore salvifico e redentore. Il Padre ha dato "il suo Figlio . . . perchè chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16). E perciò Paolo scrive: "Piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome" (Ep 3,14), le piego per esprimere la gratitudine che provo di fronte alla rivelazione che il Padre ha fatto del suo amore nella morte redentrice del Figlio. Allo stesso tempo piego le ginocchia, perchè Dio "vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell'uomo interiore" (Ep 3,16). Il cuore è proprio "l'uomo interiore". Il Cuore del Figlio di Dio diventa, per l'Apostolo, fonte di forza per tutti i cuori umani. Tutto questo è stato reso magnificamente in molte invocazioni delle Litanie del Sacro Cuore di Gesù.

4. Il Cuore di Gesù divenne fonte di forza per le due donne che la Chiesa eleva oggi alla gloria degli altari. Grazie a tale forza raggiunsero le vette della santità. Maria Bernardina Jablonska - figlia spirituale di sant'Alberto Chmielowski, la collaboratrice e continuatrice della sua opera di misericordia, - vivendo nella povertà si consacrò al servizio dei poverissimi. La Chiesa ci pone oggi dinanzi come esempio questa pia religiosa, il cui motto di vita erano le parole: "Donare, eternamente donare". Con lo sguardo fisso su Cristo lo seguiva fedelmente, imitandolo nell'amore. Voleva soddisfare ogni richiesta da parte del suo prossimo, asciugare ogni lagrima, consolare almeno con la parola ogni anima sofferente. Voleva essere buona sempre con tutti, ma più buona con i più provati dalla sorte. Era solita dire: "Il dolore del prossimo è il mio dolore". Insieme a sant'Alberto fondava ospizi per i malati e i senzatetto a causa della guerra.

Questo grande, eroico amore maturava nella preghiera, nel silenzio del vicino eremo di Kalatáwki, dove soggiornò per un certo tempo. Nei momenti più difficili della vita - in sintonia con le raccomandazioni di colui che aveva cura della sua anima - si raccomandava al Sacratissimo Cuore di Gesù. A lui offriva tutto ciò che possedeva, e specialmente le sofferenze interiori e i tormenti fisici. Tutto per amore di Cristo! Come Superiora generale della Congregazione delle Suore Serve dei Poveri del Terz'Ordine di S. Francesco - le Albertine, dava incessantemente alle sue suore l'esempio di quell'amore che scaturisce dall'unione del cuore umano con il Sacratissimo Cuore del Salvatore. Il Cuore di Gesù era il suo conforto nell'eroico servizio dei più bisognosi.E' bene che sia beatificata a Zakopane, perchè è una santa di Zakopane. Anche se non è nata da queste parti, è qui che si è sviluppata spiritualmente per raggiungere la santità attraverso l'esperienza dell'eremo di fra Adalberto ai Kalatáwki.

Allo stesso tempo, nei territori sotto l'occupazione prussiana, un'altra donna, Maria Karlowska, svolgeva un'attività di autentica samaritana tra le donne provate da grande miseria materiale e morale. Il suo santo zelo presto attirò dietro di sé un gruppo di discepole di Cristo, con le quali fondò la Congregazione delle Suore Pastorelle della divina Provvidenza. Per se stessa e per le sue suore stabiliva il seguente fine: "Dobbiamo annunziare il Cuore di Gesù, cioè così vivere di lui e in lui e per lui, da diventare simili a lui e affinché nella nostra vita egli sia più visibile di noi stesse". La sua dedizione al Sacratissimo Cuore del Salvatore fruttificò un grande amore per gli uomini. Sentiva un'insaziabile fame d'amore. Un amore di questo genere, secondo la beata Maria Karlowska, mai dirà basta, mai si fermerà per la strada. Proprio questo accadeva a lei, che era come trasportata dalla corrente dell'amore del divino Paraclito. Grazie a questo amore restituì a molte anime la luce di Cristo e le aiutò a riacquistare la dignità perduta.E' bene che anche lei sia beatificata a Zakopane perchè la croce di Giewont guarda tutta la Polonia, guarda verso il nord, verso la Pomerania e la città di Plock, verso tutti i luoghi dove vivono i frutti della sua santità, le sue suore e il loro servizio ai bisognosi.

Cari Fratelli e Sorelle, entrambe queste eroiche religiose, portando avanti le loro sante opere, in condizioni estremamente difficili, hanno manifestato in tutta pienezza la dignità della donna e la grandezza della sua vocazione. Hanno manifestato quel "genio femminile", che si rivela in una profonda sensibilità verso la sofferenza umana, nella delicatezza, nell'apertura e nella disponibilità a portare aiuto, e in altre qualità proprie del cuore femminile. Spesso esso si manifesta senza clamore, e perciò a volte viene sottovalutato. Quanto ha bisogno di esso il mondo di oggi, la nostra generazione! Quanto c'è bisogno di questa sensibilità femminile nelle cose di Dio e degli uomini, affinché le nostre famiglie e tutta la società siano colme di cordiale calore, di benevolenza, di pace e di gioia! Quanto c'è bisogno di questo "genio femminile", perchè il mondo di oggi apprezzi il valore della vita, della responsabilità, della fedeltà; perchè conservi il rispetto per l'umana dignità! Dio infatti, nel suo eterno disegno, ha stabilito un tale posto per la donna, creando l'essere umano "uomo e donna" a propria "immagine e somiglianza".

5. Nella Lettera agli Efesini san Paolo fa quasi una confessione personale. Scrive: "A me, che sono l'infimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia di annunziare ai Gentili le imperscrutabili ricchezze di Cristo, e di far risplendere agli occhi di tutti qual è l'adempimento del mistero nascosto da secoli nella mente di Dio, creatore dell'universo" (Ep 3,8-9). Così dunque, per mezzo del Cuore di Gesù crocifisso e risorto, leggiamo l'eterno piano di Dio per la salvezza del mondo. Il Cuore Divino diventa, in un certo senso, il centro di questo piano, che è misterioso e che dà la vita. In esso questo piano si compie. Come scrive l'Apostolo: "sia manifestata . . . per mezzo della Chiesa . . . la multiforme sapienza di Dio, secondo il disegno eterno che [Dio] ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, il quale ci dà il coraggio di avvicinarci in piena fiducia a Dio per la fede in lui" (Ep 3,10-12).

Tutto è contenuto qui. Cristo è il compimento del disegno divino dell'amore redentore. In virtù di questo piano l'uomo ha accesso a Dio, non soltanto come creatura al proprio Creatore, ma come figlio al Padre. Cristianesimo significa dunque una nuova creazione, una nuova vita è la vita in Cristo mediante il quale l'uomo può dire a Dio: Abbà - Padre mio, Padre nostro. La solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù è dunque in un certo senso un magnifico completamento dell'Eucaristia e perciò la Chiesa guidata da un profondo intuito di fede, celebra questa festa del Cuore Divino all'indomani del termine dell'ottava del Corpus Domini.

Ti lodiamo, Cristo nostro Salvatore, che dal tuo Cuore infiammato d'amore riversi su di noi le sorgenti delle grazie. Ti ringraziamo per queste grazie mediante le quali le schiere dei santi e dei beati hanno potuto portare al mondo la testimonianza del tuo amore. Ti ringraziamo per le Beate suore - Maria Bernardina e Maria - che nel tuo Cuore amoroso hanno trovato la fonte della loro santità.

Sacratissimo Cuore di Gesù, abbi pietà di noi!

Cuore di Gesù,
figlio del Padre eterno,
Cuore di Gesù,
generato nel seno della Vergine Madre,
per opera dello Spirito Santo,
Cuore di Gesù,
unito alla persona divina del Verbo,
Cuore di Gesù che custodisce
tutti i tesori della sapienza e
della conoscenza,
abbi pietà di noi!

Al termine della Santa Messa, dopo la Benedizione Apostolica, il Papa ha salutato i fedeli presenti con le parole che pubblichiamo in una nostra traduzione italiana:

Oggi ho ringraziato Dio per la croce che i vostri padri hanno innalzato sul Monte Giewont. Questa croce guarda tutta la Polonia dai monti Tatra fino al Baltico dicendo: Sursum corda! " in alto i cuori! " affinché tutta la Polonia, guardando verso la croce sul Giewont dal Baltico ai monti Tatra, possa sentire e ripetere: Sursum corda! " in alto i cuori!"

Amen!



GPII Omelie 1996-2005 95