GPII Omelie 1996-2005 110

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VIAGGIO APOSTOLICO A RIO DE JANEIRO, IN OCCASIONE DEL

II INCONTRO MONDIALE CON LE FAMIGLIE (2-6 OTTOBRE 1997)

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA A CONCLUSIONE

DEL II INCONTRO MONDIALE CON LE FAMIGLIE




«Aterro do Flamengo» (Rio de Janeiro) - Domenica, 5 ottobre 1997

Sia lodato nostro Signore Gesù Cristo!


1. «Ci benedica il Signore, tutti i giorni della nostra vita» (Salmo resp.).

Rendo grazie a Dio per avermi permesso di incontrare nuovamente voi, famiglie di tutto il mondo, per riaffermare solennemente che siete «la speranza dell'umanità»!

Il Primo Incontro Mondiale con le Famiglie ha avuto luogo a Roma nel 1994. Il secondo si conclude oggi a Rio de Janeiro. Ringrazio cordialmente il Cardinale, Eugênio de Araújo Sales, per avermi invitato e ringrazio anche tutti i Vescovi e le Autorità brasiliane che hanno contribuito al successo di questo grande evento. Ringrazio anche di cuore il Cardinale López Trujillo e tutti i suoi collaboratori del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Siamo convenuti qui da diversi Paesi e da varie Chiese, non solo del Brasile e dell'America Latina, ma di tutti i continenti per elevare insieme questa preghiera a Dio: «Ci benedica il Signore, tutti i giorni della nostra vita»!

Infatti, la famiglia è la particolare e, allo stesso tempo fondamentale comunità di amore e di vita, sulla quale si fondano tutte le altre comunità e società. Perciò, invocando le benedizioni dell'Altissimo per le famiglie, preghiamo insieme per tutte le grandi società che qui rappresentiamo. Preghiamo per il futuro delle nazioni e degli Stati, come pure per quello della Chiesa e del mondo.

Di fatto, attraverso la famiglia, tutta l'esistenza umana è orientata al futuro. In essa l'uomo viene al mondo, cresce e matura. In essa diventa un cittadino sempre più responsabile del suo Paese e un membro sempre più consapevole della Chiesa. La famiglia è anche il primo e fondamentale ambiente dove ogni uomo individua e realizza la propria vocazione umana e cristiana. Infine, la famiglia costituisce una comunità che non può essere sostituita da nessun'altra. È questo che si intravede nelle letture della liturgia odierna.

2. Davanti al Messia si presentano i rappresentanti dell'ortodossia ebraica, i farisei, che gli domandano se è lecito che il marito ripudi la moglie. Cristo, a sua volta, domanda cosa Mosè ha ordinato; essi rispondono che Mosè consente di scrivere un atto di ripudio e di mandarla via. Cristo però dice loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma all'inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una sola carne. L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto» (Mc 10,5-9).

Cristo fa riferimento all'inizio. Questo inizio è contenuto nel Libro della Genesi, dove troviamo la descrizione della creazione dell'uomo. Come leggiamo nel primo capitolo di questo Libro, Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza, maschio e femmina li creò (cfr Gn 1,27), e disse: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela» (Gn 1,28). Nella seconda descrizione della creazione, proposta dalla prima lettura dell'odierna liturgia, leggiamo che la donna fu tratta dall'uomo. Così riferisce la Scrittura: «Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. Allora l'uomo disse: «Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna, perché dall'uomo è stata tolta». Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne» (Gn 2,21-24).

3. Il linguaggio utilizza le categorie antropologiche del mondo antico, ma è di una straordinaria profondità: esprime in maniera veramente splendida le verità essenziali. Tutto quel che è stato scoperto posteriormente dalla riflessione umana e dalla conoscenza scientifica non ha fatto altro che confermare ciò che era già presente in quel testo.

Il Libro della Genesi mostra, innanzitutto, la dimensione cosmica del creato. La comparsa dell'uomo si verifica nell'immenso orizzonte della creazione dell'intero cosmo: non è un caso che questo accada nell'ultimo giorno della creazione del mondo. L'uomo è entrato nell'opera del Creatore, nel momento in cui vi erano tutte le condizioni perché potesse esistere. L'uomo è una delle creature visibili; tuttavia, nella Sacra Scrittura si dice, allo stesso tempo, che solo lui fu fatto «a immagine e somiglianza di Dio». Questa mirabile unione del corpo e dello spirito costituisce un'innovazione decisiva nel processo della creazione. Con l'essere umano, tutta la grandezza del creato visibile si apre alla dimensione spirituale. L'intelletto e la volontà, la conoscenza e l'amore: tutto questo entra nel cosmo visibile nel momento stesso della creazione dell'uomo. Vi entra proprio manifestando fin dall'inizio la compenetrazione della vita corporale con quella spirituale. Così l'uomo lascia suo padre e sua madre e si unisce a sua moglie, diventando una sola carne; tuttavia, questa unione coniugale si radica contemporaneamente nella conoscenza e nell'amore, ossia, nella dimensione spirituale.

Il Libro della Genesi parla di tutto ciò con un linguaggio che gli è proprio e che, allo stesso tempo, è mirabilmente semplice ed esauriente. L'uomo e la donna, chiamati a vivere nel processo della creazione cosmica, si presentano alla soglia della propria vocazione portando con sé la capacità di procreare in collaborazione con Dio, che direttamente crea l'anima di ogni nuovo essere umano. Mediante la conoscenza reciproca e l'amore, come pure attraverso l'unione corporale, chiameranno alla vita esseri simili a loro e, come loro, creati «a immagine e somiglianza di Dio». Daranno la vita ai propri figli, così come l'hanno ricevuta dai loro genitori. È questa la verità, semplice e insieme grande, sulla famiglia, così come viene presentata nelle pagine del Libro della Genesi e del Vangelo: nel disegno di Dio, il matrimonio - il matrimonio indissolubile - è il fondamento di una famiglia sana e responsabile.

4. Con tratti brevi ma incisivi, Cristo descrive nel Vangelo il disegno originale di Dio Creatore. Tale disegno è presente anche nella Lettera agli Ebrei, proclamata nella seconda Lettura: «Era ben giusto che colui, per il quale e dal quale sono tutte le cose, volendo portare molti figli alla gloria, rendesse perfetto mediante la sofferenza il capo che guida alla salvezza. Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da uno solo» (He 2,10-11). La creazione dell'uomo ha il suo fondamento nel Verbo eterno di Dio. Dio ha chiamato ogni cosa alla vita attraverso l'azione del Verbo, il Figlio eterno per mezzo del quale tutto è stato creato. Anche l'uomo è stato creato attraverso il Verbo, ed è stato creato maschio e femmina. L'alleanza coniugale ha origine nel Verbo eterno di Dio. In Lui è stata creata la famiglia. In Lui la famiglia è eternamente pensata, immaginata e realizzata da Dio. Mediante Cristo, essa acquista il suo carattere sacramentale, la sua santità.

Il testo della Lettera agli Ebrei ricorda che la santità del matrimonio, come quella di qualsiasi altra realtà umana, è stata realizzata da Cristo al prezzo della sua passione e della croce. Egli si manifesta qui come il nuovo Adamo. Come nell'ordine naturale, discendiamo tutti da Adamo, così nell'ordine della grazia e della santificazione procediamo tutti da Cristo. La santificazione della famiglia ha la sua fonte nel carattere sacramentale del matrimonio.

Colui che santifica - ossia Cristo - e tutti coloro che devono essere santificati - voi, padri e madri, voi, famiglie - vi presentate insieme davanti a Dio-Padre per chiedere ardentemente che Egli benedica ciò che ha realizzato in voi mediante il sacramento del matrimonio. Questa preghiera include tutte le coppie e le famiglie che vivono sulla terra. Dio, unico Creatore dell'universo, è infatti la fonte della vita e della santità.

5. Genitori e famiglie del mondo intero, lasciate che vi dica: Dio vi chiama alla santità! Lui stesso vi ha scelti «prima della creazione del mondo - ci dice S. Paolo - per esseri santi e immacolati al suo cospetto ( . . .) per opera di Gesù Cristo» (Ep 1,4). Egli vi ama enormemente; Egli desidera la vostra felicità, ma vuole che sappiate coniugare sempre la fedeltà con la felicità, perché l'una non può esistere senza l'altra. Non lasciate che la mentalità edonistica, l'ambizione e l'egoismo entrino nei vostri focolari. Siate generosi con Dio. Non posso non ricordare, ancora una volta, che la famiglia è «al servizio della Chiesa e della società nel suo essere ed agire, in quanto intima comunità di vita e di amore» (Familiaris consortio FC 50). Il reciproco dono di sé, benedetto da Dio e permeato di fede, di speranza e di carità, consentirà di raggiungere la perfezione e la santificazione di entrambi i coniugi. In altre parole, servirà da nucleo santificatore della stessa famiglia e da strumento di diffusione dell'opera di evangelizzazione in ogni focolare cristiano.

Carissimi fratelli e sorelle, quale grande compito avete davanti a voi! Siate portatori di pace e di gioia in seno alla famiglia; la grazia eleva e perfeziona l'amore e con esso vi concede le indispensabili virtù familiari dell'umiltà, dello spirito di servizio e di sacrificio, dell'affetto paterno, materno e filiale, del rispetto e della reciproca comprensione. E poiché il bene è di per sé contagioso, auspico anche che la vostra adesione alla pastorale familiare sia, per quanto è possibile, un incentivo a diffondere generosamente il dono che è in voi, innanzitutto tra i vostri figli e poi fra quelle coppie - forse parenti e amici - che sono lontane da Dio o attraversano momenti di incomprensione o di sfiducia. Nel cammino verso il Giubileo del 2000, invito tutti coloro che mi ascoltano, a rinvigorire la fede e la testimonianza cristiana, perché con la grazia di Dio si realizzino una autentica conversione e il rinnovamento personale in seno alle famiglie di tutto il mondo (cfr Giovanni Paolo II, Tertio Millennio adveniente, n. 42). Che lo spirito della Sacra Famiglia di Nazaret regni in tutti i focolari cristiani!

Famiglie del Brasile, dell'America Latina e del mondo intero, il Papa e la Chiesa confidano in voi. Abbiate fiducia: Dio è con noi!
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CAPPELLA PAPALE PER LA BEATIFICAZIONE DI CINQUE SERVI DI DIO:

ELÍAS DEL SOCORRO NIEVES, GIOVANNI BATTISTA PIAMARTA,

DOMENICO LENTINI, MARIA DI GESÙ ÉMILIE D'OUTREMONT

E MARIA TERESA FASCE


Domenica, 12 ottobre 1997

1."Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?" (Mc 10,17).

Questa domanda, che nell'odierno testo evangelico viene posta da un giovane, nel corso dei secoli è stata rivolta a Cristo da innumerevoli generazioni di uomini e donne, giovani e anziani, chierici e laici.

"Che cosa devo fare per avere la vita eterna?". E' l'interrogativo fondamentale di ogni cristiano. Conosciamo bene la risposta di Cristo. Egli ricorda al suo interlocutore innanzitutto l'osservanza dei Comandamenti: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre" (Mc 10,19 cfr Ex 20,12-16). Il giovane replica con entusiasmo: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza" (Mc 10,20). A quel punto, sottolinea il Vangelo, il Signore lo guarda con amore ed aggiunge: "Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri ed avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi". Il giovane, però, leggiamo nel seguito del racconto, "rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni" (Mc 10,21-22).

2. I nuovi Beati, oggi elevati alla gloria degli altari, hanno invece accolto con prontezza ed entusiasmo l'invito di Cristo: "Vieni e seguimi!" e l'hanno seguito sino alla fine. Si è così rivelata in loro la potenza della grazia di Dio e nella loro esistenza terrena sono giunti a compiere persino quanto umanamente sembrava impossibile. Avendo riposto ogni fiducia in Dio, tutto per loro è divenuto possibile. Ecco perché sono oggi lieto di presentarli come esempi della fedele sequela di Cristo. Essi sono: Elias del Soccorso Neves, Martire, Sacerdote professo dell'Ordine di sant'Agostino; Giovanni Battista Piamarta, Sacerdote della Diocesi di Brescia; Domenico Lentini, Sacerdote della Diocesi di Tursi-Lagonegro; Maria di Gesù, al secolo Émilie d'Hooghvorst, Fondatrice dell'Istituto delle Suore di Maria Riparatrice; Maria Teresa Fasce, Monaca professa dell'Ordine di sant'Agostino.

3. "Allora Gesù, fissatolo, lo amò" (Mc 10,21). Queste parole del testo evangelico evocano l'esperienza spirituale ed apostolica del sacerdote Giovanni Piamarta, Fondatore della Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth, che oggi contempliamo nella gloria celeste. Anch'egli, seguendo l'esempio di Cristo, seppe portare tanti fanciulli e giovani ad incontrare lo sguardo amoroso ed esigente del Signore. Quanti, grazie alla sua opera pastorale, poterono avviarsi con gioia nella vita avendo appreso un mestiere e soprattutto avendo potuto incontrare Gesù ed il suo messaggio di salvezza! L'opera apostolica del novello Beato è poliedrica ed abbraccia molti campi del vivere sociale: dal mondo del lavoro a quello agricolo, dall'educazione scolastica al settore dell'editoria. Egli ha lasciato una grande impronta di sé nella Diocesi di Brescia e nell'intera Chiesa.

Dove questo straordinario uomo di Dio attingeva l'energia sufficiente per la sua molteplice attività? La risposta è chiara: la preghiera assidua e fervorosa era la sorgente dell'ardore apostolico instancabile e dell'attrattiva benefica che esercitava su tutti coloro che avvicinava. Egli stesso affermava, come ricordano le testimonianze dei contemporanei: "Con la preghiera si diviene forti della medesima fortezza di Dio . . . Omnia possum". Tutto è possibile con Dio, per Lui e con Lui.

4. "Sia su di noi la bontà del Signore, nostro Dio" (Salmo resp.). La consapevolezza profonda della bontà del Signore animava il Beato Domenico Lentini, il quale nella sua predicazione itinerante non si stancava di proporre l'invito alla conversione e al ritorno a Dio. Per questo la sua attività apostolica era accompagnata dall'assiduo ministero del confessionale. Sapeva bene, infatti, che nella celebrazione del sacramento della Penitenza il sacerdote diviene dispensatore della misericordia divina e testimone della nuova vita che nasce grazie al pentimento del penitente ed al perdono del Signore.

Sacerdote dal cuore indiviso, seppe coniugare la fedeltà a Dio con la fedeltà all'uomo. Con ardente carità si rivolse in particolare ai giovani, che educava ad essere saldi nella fede, ed ai poveri, ai quali offriva tutto ciò di cui disponeva con un'assoluta fiducia nella divina Provvidenza. La totale dedizione al ministero fece di lui, secondo l'espressione del mio venerato Predecessore il Papa Pio XI, "un prete ricco solo del suo sacerdozio".

5. Nella seconda Lettura della liturgia, abbiamo ascoltato: «la parola di Dio è viva... essa penetra fino al punto di divisione dell'anima» (He 4,12). Émilie d'Hooghvorst ha accolto questa parola nel più profondo di se stessa. Imparando a sottomettersi alla volontà di Dio, compie innanzitutto la missione di ogni coppia cristiana: fare del propria famiglia «il santuario domestico della Chiesa» (Apostolicam actuositatem AA 11). Divenuta vedova e animata dal desiderio di partecipare al mistero pasquale, Madre Maria di Gesù fonda la Società di Maria Riparatrice. Attraverso la sua vita di preghiera, ci ricorda che è nell'adorazione eucaristica che attingiamo alla sorgente della vita che è Cristo e troviamo la forza per la missione quotidiana. Che ognuno di noi, qualsiasi sia la sua condizione di vita, sappia «ascoltare la voce di Cristo», «che deve essere la regola della nostra esistenza», come lei amava dire!

Questa beatificazione è anche per le religiose di Maria Riparatrice un incoraggiamento a proseguire il loro apostolato, con un'attenzione rinnovata agli uomini del nostro tempo. Conformemente al loro carisma, esse risponderanno alla loro missione: risvegliare la fede nei nostri contemporanei e aiutarli nella loro crescita spirituale, partecipando così attivamente all'edificazione della Chiesa.

6. Gesù avverte i discepoli, meravigliati dinanzi alle difficoltà ad entrare nel Regno: «Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio. Perché tutto è possibile presso Dio» (Mc 10,27). Accolse questo messaggio Padre Elías del Socorro Nieves, sacerdote agostiniano, che oggi viene elevato agli onori degli altari come martire della fede. La totale fiducia in Dio e nella Vergine del Soccorso, alla quale era molto devoto, caratterizzò tutta la sua vita e il suo ministero sacerdotale, esercitato con abnegazione e spirito di servizio, senza lasciarsi scoraggiare dagli ostacoli, dai sacrifici e dai pericoli. Questo fedele religioso agostiniano seppe trasmettere la speranza in Cristo e nella Provvidenza divina.

La vita e il martirio di Padre Nieves, che, nonostante il rischio che correva, non volle abbandonare i suoi fedeli, sono di per sé un invito a rinnovare la fede in Dio che tutto può. Affrontò la morte con integrità, benedicendo i suoi carnefici e rendendo testimonianza della sua fede in Cristo. La Chiesa in Messico può oggi contare su un nuovo modello di vita e su un potente intercessore che l'aiuterà a rinnovare la sua vita cristiana; i suoi fratelli agostiniani hanno ora un altro esempio da imitare nella loro costante ricerca di Dio, nella fratellanza e nel servizio al Popolo di Dio. Per tutta la Chiesa è un segno eloquente dei frutti di santità che la potenza della grazia di Dio produce in seno ad essa.

7. La prima Lettura, tratta dal Libro della Sapienza, ci ricorda che la sapienza e la prudenza scaturiscono dalla preghiera: "Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito della sapienza" (Sg 7,7). Queste parole ben si applicano alla vicenda terrena di un'altra novella Beata, Maria Teresa Fasce, la quale visse nella costante contemplazione del mistero di Cristo. La Chiesa la indica oggi come fulgido esempio di sintesi vivente tra vita contemplativa e umile testimonianza di solidarietà verso gli uomini, specialmente verso i più poveri, umili, abbandonati, sofferenti.

La Famiglia agostiniana vive oggi una giornata straordinaria, perché vede uniti nella gloria degli altari i rappresentanti dei due rami dell'Ordine, quello apostolico con il Beato Elias del Soccorso Neves e quello contemplativo con la Beata Maria Teresa Fasce. Il loro esempio costituisce per i religiosi e le religiose agostiniani motivo di letizia e di legittima soddisfazione. Possa questo giorno essere anche provvidenziale occasione per un rinnovato impegno nella totale e fedele consacrazione a Dio e nel generoso servizio ai fratelli.

8. "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo" (Mc 10,12). Ciascuno di questi nuovi Beati ha udito questa essenziale puntualizzazione di Cristo ed ha capito dove cercare l'originaria fonte della santità. Dio è la pienezza del bene che tende per se stesso a diffondersi: "Bonum est diffusivum sui" (San Tommaso d'Aquino, Summa Theol., I, q.5, a.4. ad 2). Il sommo Bene vuole donare se stesso e rendere a sé somiglianti quanti lo cercano con cuore sincero. Egli desidera santificare coloro che sono disposti a lasciare ogni cosa per seguire il Figlio suo incarnato.

Il primo scopo di questa celebrazione è dunque quello di lodare Dio, fonte di ogni santità. Rendiamo gloria al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo, poiché i nuovi Beati, battezzati nel nome della Santissima Trinità, hanno collaborato con perseverante eroismo con la grazia di Dio. Divenuti pienamente partecipi della vita divina, essi contemplano ora la gloria del Signore faccia a faccia, godendo i frutti delle beatitudini proclamate da Gesù nel "Discorso della montagna": "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli" (Mt 5,3). Sì, il Regno dei cieli appartiene a questi fedeli servi di Dio, che hanno seguito Cristo sino alla fine, fissando lo sguardo su di Lui. Con la loro esistenza essi hanno reso testimonianza a Colui che per loro e per tutti è morto in Croce ed è risorto.

Gioisce la Chiesa tutta intera, madre dei santi e dei beati, grande famiglia spirituale degli uomini chiamati a partecipare alla vita divina.

Insieme con Maria, Madre di Cristo e Regina de Santi, insieme con i nuovi Beati proclamiamo la santità di Dio: "Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'universo. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli".

Amen!


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CAPPELLA PAPALE PER LA PROCLAMAZIONE A "DOTTORE DELLA CHIESA"

DI SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO E DEL SANTO VOLTO


Piazza San Pietro - Domenica 19 ottobre 1997

1. "Cammineranno i popoli alla tua luce" ( Is Is 60,3).

Nelle parole del profeta Isaia già risuona, come fervida attesa e luminosa speranza, l'eco dell'Epifania. Proprio il collegamento con questa solennità ci permette di meglio percepire il carattere missionario dell'odierna domenica.La profezia di Isaia, infatti, allarga all'intera umanità la prospettiva della salvezza, e in tal modo anticipa il gesto profetico dei Magi dell'Oriente che, recandosi ad adorare il Bimbo divino nato a Betlemme (cfr Mt 2,1-12), annunciano ed inaugurano l'adesione dei popoli al messaggio di Cristo.

Tutti gli uomini sono chiamati ad accogliere nella fede il Vangelo che salva. A tutti i popoli, a tutte le terre e le culture, la Chiesa è inviata: "Andate... e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20). Queste parole, pronunciate da Cristo prima di salire al cielo, unitamente alla promessa fatta agli Apostoli ed ai successori di essere con loro sino alla fine del mondo (cfr Mt 28,20), costituiscono l'essenza del mandato missionario: nella persona dei suoi ministri è Cristo stesso ad andare ad gentes, verso quanti non hanno ancora ricevuto l'annuncio della fede.

2. Teresa Martin, Carmelitana scalza di Lisieux, desiderava ardentemente di essere missionaria. E lo è stata, al punto da poter essere proclamata Patrona delle Missioni. Gesù stesso le mostrò in quale modo avrebbe potuto vivere tale vocazione: praticando in pienezza il comandamento dell'amore, si sarebbe immersa nel cuore stesso della missione della Chiesa, sostenendo con la forza misteriosa della preghiera e della comunione gli annunciatori del Vangelo. Ella realizzava così quanto è sottolineato dal Concilio Vaticano II, allorché insegna che la Chiesa è, per sua natura, missionaria (cfr Ad gentes AGD 2). Non solo coloro che scelgono la vita missionaria, ma tutti i battezzati, sono in qualche modo inviati ad gentes.

Per questo ho voluto scegliere l'odierna domenica missionaria per proclamare Dottore della Chiesa universale Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo: una donna, una giovane, una contemplativa.

3. A nessuno sfugge, pertanto, che oggi si sta realizzando qualcosa di sorprendente. Santa Teresa di Lisieux non ha potuto frequentare una Università e neppure studi sistematici. Morì in giovane età: e tuttavia da oggi in poi sarà onorata come Dottore della Chiesa, qualificato riconoscimento che la innalza nella considerazione dell'intera comunità cristiana ben al di là di quanto possa farlo un "titolo accademico".

Quando, infatti, il Magistero proclama qualcuno Dottore della Chiesa, intende segnalare a tutti i fedeli, e in modo speciale a quanti rendono nella Chiesa il fondamentale servizio della predicazione o svolgono il delicato compito della ricerca e dell'insegnamento teologico, che la dottrina professata e proclamata da una certa persona può essere un punto di riferimento, non solo perché conforme alla verità rivelata, ma anche perché porta nuova luce sui misteri della fede, una più profonda comprensione del mistero di Cristo. Il Concilio ci ha ricordato che, sotto l'assistenza dello Spirito Santo, cresce continuamente nella Chiesa la comprensione del "depositum fidei", e a tale processo di crescita contribuisce non solo lo studio ricco di contemplazione cui sono chiamati i teologi, né solo il Magistero dei Pastori, dotati del "carisma certo di verità", ma anche quella "profonda intelligenza delle cose spirituali" che è data per via di esperienza, con ricchezza e diversità di doni, a quanti si lasciano guidare docilmente dallo Spirito di Dio (cfr Dei Verbum DV 8). La Lumen gentium, da parte sua, insegna che nei Santi "Dio stesso ci parla" (Lumen Gentium LG 50). E' per questo che, al fine dell'approfondimento dei divini misteri, che rimangono sempre più grandi dei nostri pensieri, va attribuito speciale valore all'esperienza spirituale dei Santi, e non a caso la Chiesa sceglie unicamente tra essi quanti intende insignire del titolo di "Dottore".

4. Tra i "Dottori della Chiesa" Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo è la più giovane, ma il suo cammino spirituale è così maturo ed ardito, le intuizioni di fede presenti nei suoi scritti sono così vaste e profonde, da meritarle un posto tra i grandi maestri dello spirito.

Nella Lettera Apostolica che ho approntato per l'occasione ho additato alcuni aspetti salienti della sua dottrina. Ma come non ricordare, in questo momento, quello che se ne può considerare il vertice, alla luce del racconto dell'emozionante scoperta che ella fece della propria particolare vocazione nella Chiesa? "La Carità - ella scrive - mi diede la chiave della mia vocazione. Capii che se la Chiesa aveva un corpo, composto da diverse membra, il più necessario, il più nobile di tutti non le mancava: capii che la Chiesa aveva un cuore e che questo cuore era acceso d'Amore. Capii che solo l'Amore faceva agire le membra della Chiesa: che se l'Amore si dovesse spegnere, gli Apostoli non annuncerebbero più il Vangelo, i Martiri rifiuterebbero di versare il loro sangue . . . Capii che l'Amore racchiudeva tutte le vocazioni [. . .] Allora, nell'eccesso della mia gioia delirante ho esclamato: O Gesù mio Amore . . . la mia vocazione l'ho trovata finalmente! La mia vocazione è l'Amore" (Teresa di Gesù Bambino, Ms B, 3v·, in Opere complete, p. 223). E' una pagina stupenda, che basta da sola ad illustrare quanto si possa applicare a Santa Teresa la pagina evangelica che abbiamo ascoltato nella Liturgia della Parola: "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11,25).

5. Teresa di Lisieux non solo intuì e descrisse la profonda verità dell'Amore quale centro e cuore della Chiesa, ma la visse intensamente nella sua pur breve esistenza. Proprio questa convergenza tra dottrina ed esperienza concreta, tra verità e vita, tra insegnamento e prassi, risplende con particolare evidenza in questa Santa, rendendola un modello avvincente specialmente per i giovani e per quanti sono alla ricerca del senso autentico da dare all'esistenza.

Di fronte al vuoto di tante parole, Teresa indica come alternativa l'unica Parola di salvezza che, compresa e vissuta nel silenzio, diventa sorgente di vita rinnovata. Ad una cultura razionalistica e troppo spesso permeata di materialismo pratico, ella contrappone con semplicità disarmante la "piccola via" che, rifacendosi all'essenziale delle cose, conduce al segreto di ogni esistenza: la divina Carità che avvolge e permea ogni umana vicenda. In un'epoca, come la nostra, segnata in tanti suoi aspetti dalla cultura dell'effimero e dell'edonismo, questo nuovo Dottore della Chiesa appare dotato di singolare efficacia nell'illuminare la mente ed il cuore di chi è assetato di verità e di amore.

6. Santa Teresa è presentata come Dottore della Chiesa nel giorno in cui celebriamo la Giornata Missionaria Mondiale. Ella nutrì un desiderio ardente di dedicarsi all'annuncio del Vangelo e avrebbe voluto coronare la propria testimonianza col supremo sacrificio del martirio (cfr Ms B, 3r·, in Opere complete, p. 222). E' nota, inoltre, l'intensa partecipazione personale con cui sostenne il lavoro apostolico dei Padri Maurice Bellière ed Adolphe Roulland, missionari rispettivamente in Africa ed in Cina. In questo slancio di amore per l'evangelizzazione Teresa aveva un solo ideale, come lei stessa afferma: "Quel che gli chiediamo è di lavorare per la sua gloria, è di amarlo e di farlo amare" (Lettera 220, in Opere complete, 559).

La strada da lei percorsa per raggiungere questo ideale di vita non è quella delle grandi imprese riservate a pochi, ma è invece una via alla portata di tutti, la "piccola via", strada della confidenza e del totale affidamento alla grazia del Signore. Non è via da banalizzare, come se fosse meno impegnativa. Essa è in realtà esigente, come lo è sempre il Vangelo. Ma è via permeata di quel senso di fiducioso abbandono alla divina misericordia, che rende leggero anche il più arduo impegno dello spirito.

Per questa sua via, in cui tutto è sentito come "grazia", per la centralità che assume in lei il rapporto con Cristo e la scelta dell'amore, per lo spazio che ella dà anche agli affetti e ai sentimenti nel cammino spirituale, Teresa di Lisieux è una santa che resta giovane, nonostante il passare degli anni, e si propone come singolare modello e guida nel cammino cristiano per questo nostro tempo che si affaccia sul terzo millennio.

7. Grande è perciò la gioia della Chiesa, in questa giornata che corona le attese e le preghiere di tanti che hanno intuito, con la richiesta del Dottorato, questo speciale dono di Dio e ne hanno favorito il riconoscimento e l'accoglienza. Desideriamo renderne grazie al Signore tutti insieme, e particolarmente con i professori e gli studenti delle Università ecclesiastiche romane, che proprio in questi giorni hanno iniziato il nuovo Anno Accademico.

Sì, o Padre, ti benediciamo, insieme con Gesù (cfr Mt 11,25), perché hai nascosto i tuoi segreti "ai sapienti e agli intelligenti", e li hai rivelati a questa "piccola", che oggi nuovamente proponi alla nostra attenzione e alla nostra imitazione.

Grazie per la sapienza che le hai donato, facendone per tutta la Chiesa una singolare testimone e maestra di vita!

Grazie per l'amore che hai riversato in lei, e che continua ad illuminare e riscaldare i cuori, spingendoli alla santità!

Il desiderio che Teresa espresse di "passare il suo Cielo a far del bene sulla terra" (Opere Complete, p. 1050), continua a compiersi in modo meraviglioso.

Grazie, o Padre, perché oggi a nuovo titolo ce la rendi vicina, a lode e gloria del tuo nome nei secoli. Amen!


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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DEI SANTI ELISABETTA E ZACCARIA


Domenica, 26 ottobre 1997




1. "Grandi cose ha fatto il Signore per noi" (Ps 125,3).

Il ritornello del Salmo responsoriale ben sintetizza il contenuto della Parola di Dio che ci propone l'odierna liturgia.

Come abbiamo ascoltato nel Vangelo, Gesù ha operato grandi cose per Bartimeo, il cieco di Gerico, che grazie al suo intervento taumaturgico riacquistò la vista (cfr Mc 10,52). Iddio ha operato grandi cose per la discendenza di Giacobbe, liberandola dalla schiavitù d'Egitto e facendola entrare nella terra promessa. E quando sopraggiunse per il popolo eletto una nuova schiavitù, a motivo dell'infedeltà, Dio liberò Israele dall'esilio babilonese e lo ricondusse nella terra dei suoi padri.

Facendo riferimento ai grandi eventi della storia salvifica, il Salmo responsoriale proclama:

"Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si aprì al sorriso,
la nostra lingua si sciolse in canti di gioia" (Ps 125,1-2).

I magnalia Dei dell'Antica Alleanza costituiscono una prefigurazione del mistero dell'Incarnazione, sommo intervento di Dio non solo nei confronti di Israele, ma di tutti gli uomini. "Dio infatti - scrive san Giovanni - ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16). L'unigenito Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre, si è incarnato per opera dello Spirito Santo. Ha assunto la nostra natura umana da Maria, l'eletta Figlia di Sion, ed ha operato la redenzione dell'intera umanità.

2. "Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchisedek" (He 5,6). Gesù è il Sacerdote Sommo della nuova ed eterna Alleanza. L'antico sacerdozio, tramandato dai discendenti di Aronne, fratello di Mosè, cede il posto al vero e perfetto sacerdozio di Cristo. Leggiamo nella Lettera agli Ebrei: "Ogni sommo sacerdote, scelto fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati" (He 5,1).

L'intera vita di Cristo ha valore sacerdotale. Il suo sacerdozio si manifesta, però, in pienezza nel mistero pasquale. Sul Golgota egli offre se stesso al Padre mediante un sacrificio cruento, unico e perfetto. Così egli portò a definitivo compimento la profezia rivolta a Melchisedek: "ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso" (He 7,27). Alla vigilia della sua morte, egli anticipò il memoriale di tale sacrificio, sotto le specie del pane e del vino consacrati. Il suo gesto di immolazione divenne così il sacramento della Nuova Alleanza, l'Eucaristia della Chiesa. Ogni volta che celebriamo o partecipiamo alla Santa Messa, dobbiamo proclamare con gratitudine le parole dell'odierno Salmo: "Grandi cose ha fatto il Signore per noi"!

3. Ripetiamo insieme questo canto oggi, carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia dei santi Elisabetta e Zaccaria!

Sono venuto per far visita alla vostra giovane Comunità e sono lieto di celebrare insieme a voi il giorno del Signore. Saluto tutti cordialmente e vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza. Saluto, in particolare, il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il vostro parroco, Don Giorgio Cara, che merita un applauso. Ha detto tante cose buone su di voi. Si vede che ama la sua gente, tutte le famiglie, ama i tanti bambini che si vedono nella Parrocchia, ama tutti senza nessuna eccezione. Saluto anche i sacerdoti collaboratori che vengono dall'Africa. Saluto anche le persone consacrate ed i laici, giovani ed adulti, che cooperano alla vita parrocchiale. Il mio affettuoso pensiero si estende agli abitanti dell'intero quartiere di Prima Porta.

La vostra è una Parrocchia di recente fondazione, essendo stata costituita nel 1985, anche se gli inizi risalgono a dieci anni prima, quando in questa zona vennero ad insediarsi molte famiglie provenienti da altre parti. Grazie anche alla generosa collaborazione delle Suore dell'Immacolata, prolungatasi fino al 1993, la vostra Comunità, dopo un timido avvio, è cresciuta notevolmente fino a contare attualmente circa novemila anime.

Essa si è gradualmente organizzata ed ha conosciuto un rapido sviluppo specialmente negli ambiti della catechesi e della formazione dei catechisti, della liturgia e dell'attività missionaria con significative esperienze di gruppi di preghiera familiare.

Rendo grazie a Dio insieme con voi per questi incoraggianti frutti, e di vero cuore auspico che possiate presto avere una vostra bella chiesa parrocchiale, come è vostro desiderio, quale centro spirituale di questo quartiere sempre più in crescita.

La missione cittadina, che nella Quaresima del 1998 toccherà tutte le parrocchie, costituirà un ulteriore stimolo per alimentare in voi il fervore apostolico e missionario. So, a tal proposito, che alcuni giovani, durante l'estate scorsa, hanno vissuto una fruttuosa esperienza missionaria nel Salvador e nel Nordest del Brasile. Me ne compiaccio ed auspico che cresca in tutti l'impegno per annunciare e testimoniare in ogni ambiente il Signore morto e risorto.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle, nell'ambito della missione cittadina, domenica 30 novembre prossimo avrò la gioia di consegnare il crocifisso ed affidare il mandato missionario ad oltre tredicimila fedeli, che si stanno preparando per questa impresa apostolica. Lo farò, a Dio piacendo, nel corso della celebrazione eucaristica che aprirà il secondo anno di immediata preparazione al Grande Giubileo dell'Anno Duemila. Per un efficace svolgimento di questa importante azione ecclesiale che coinvolge l'intera Comunità diocesana, conto sul generoso contributo di tutti e, particolarmente, su quello dei giovani, chiamati ad essere gli apostoli di Cristo tra i loro coetanei.La Visita pastorale dei Vescovi Ausiliari alle comunità giovanili, che già da alcune settimane è in corso, ha precisamente lo scopo di porre in evidenza quanto sia importante il loro apporto e la loro testimonianza.

Accanto ai giovani è necessario che operino anche le famiglie cristiane.Per questo la Diocesi di Roma dedica, durante quest'anno, grande attenzione alla pastorale familiare. Le famiglie in difficoltà sono, purtroppo, tante, ma è confortante vedere come a Roma ed in Italia tale istituzione rimane al primo posto nella scala dei valori. La famiglia cristiana, quindi, può e deve sostenere un ruolo importante per aiutare le famiglie che, per vari motivi, attraversano momenti difficili. Per svolgere tale compito, essa è chiamata a prendere sempre più coscienza della sua vocazione e della sua missione: come Chiesa domestica, la famiglia è il luogo da cui si irradia il Vangelo. La famiglia che vive il Vangelo, come ricordava il mio venerato Predecessore il Papa Paolo VI, diventa evangelizzatrice di molte famiglie e dell'ambiente nel quale si trova inserita. In altre parole, diviene autenticamente missionaria (cfr Evangelii nuntiandi EN 71).

Cari giovani, care famiglie, siate apostoli di questa nostra Città. Siate seminatori della verità e dell'amore di Cristo con la vostra coerente testimonianza evangelica e con l'attiva partecipazione alla missione cittadina.

5. Il Salmo responsoriale ci ricorda che "chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo" (Ps 125,5). Può sembrare arduo l'impegno che Gesù ci chiede, ma Egli ci assicura il suo aiuto ed il suo sostegno. Egli è con noi ed agisce per noi.

Consapevoli del suo amore, possiamo rivolgerci a Lui con fiducia. Come al contadino, che dopo il tempo della semina assapora la gioia del raccolto, Iddio concederà a tutti noi di tornare con giubilo, portando i frutti del nostro lavoro missionario (cfr Ps 125,6). Egli è Padre che colma i suoi figli di gioia.

Guardando ai doni della sua grazia, possiamo ripetere con animo riconoscente: "Grandi cose ha fatto il Signore per noi". Sì, il Signore non cessa di compiere meraviglie per noi. Sempre!

Benedetto il suo santo Nome, ora e nei secoli eterni. Amen!



GPII Omelie 1996-2005 110