GPII Omelie 1996-2005 123

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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SAN BARTOLOMEO APOSTOLO


Domenica, 21 dicembre 1997




1."Beata colei che ha creduto" (Lc 1,45).

La prima beatitudine riportata nei Vangeli è riservata alla Vergine Maria. Ella è proclamata beata per il suo atteggiamento di totale affidamento a Dio e di piena adesione alla sua volontà, che si manifesta col "sì" pronunciato al momento dell'Annunciazione.

Proclamandosi "la serva del Signore" (Canto al Vangelo; cfr Lc 1,38), Maria esprime la fede di Israele. In Lei giunge a compimento il lungo cammino dell'attesa della salvezza che, partendo dal giardino dell'Eden, passa attraverso i Patriarchi e la storia di Israele, per approdare a quella "città della Galilea chiamata Nazaret" (Lc 1,26). Grazie alla fede di Abramo, comincia a manifestarsi la grande opera della salvezza; grazie alla fede di Maria, si inaugurano i tempi nuovi della Redenzione.

Nell'odierno brano evangelico abbiamo ascoltato il racconto della visita della Madre di Dio alla sua anziana parente Elisabetta. Attraverso il saluto delle rispettive madri avviene il primo incontro tra Giovanni Battista e Gesù. San Luca ricorda che Maria "raggiunse in fretta" (cfr Lc 1,39) Elisabetta. Questa premura nel recarsi presso la cugina indica la volontà di esserle di aiuto nella gravidanza, ma soprattutto il desiderio di condividere con lei la gioia per il sopraggiungere dei tempi della salvezza. Alla presenza di Maria e del Verbo incarnato, Giovanni ha un sussulto di gioia ed Elisabetta è colmata di Spirito Santo (cfr Lc 1,41).

2. Nella Visitazione di Maria troviamo riflesse le speranze e le attese della gente umile e timorata di Dio, che aspettava la realizzazione delle promesse profetiche. La prima Lettura, tratta dal Libro del profeta Michea, annuncia la venuta di un nuovo re secondo il cuore di Dio. Re che non cercherà manifestazioni di grandezza e di potenza, ma sorgerà da umili origini come Davide e, come lui, sarà saggio e fedele al Signore. "E tu Betlemme . . . così piccola . . . da te uscirà colui che deve essere il dominatore" (Mi 5,1). Questo re promesso custodirà il suo popolo con la forza stessa di Dio e porterà pace e sicurezza fino agli estremi confini della terra (cfr Mi 5,3). Nel Bimbo di Betlemme si compiranno tutte queste antiche promesse.

3. Carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia di san Bartolomeo Apostolo! Sono lieto di celebrare insieme con voi l'Eucaristia in questa quarta domenica d'Avvento, mentre ci troviamo ormai in prossimità del Santo Natale. Vi saluto tutti con affetto. Saluto il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il vostro Parroco, Don Alfonso Carlos Urréchua Líbano, ed i suoi più diretti collaboratori. Rivolgo un particolare pensiero ai Membri dell'Istituto dei Missionari e delle Missionarie Identes, a cui il Parroco appartiene.

Come ricordavo poc'anzi, l'odierno Vangelo ci presenta l'episodio "missionario" della visita di Maria ad Elisabetta. Accogliendo la divina volontà, Maria ha offerto la propria attiva collaborazione, affinché Dio potesse farsi uomo nel suo grembo materno. Ella ha portato il Verbo divino in Lei, recandosi dall'anziana cugina che, a sua volta, attendeva la nascita del Battista. In questo gesto di umana solidarietà, Maria ha testimoniato quell'autentica carità che cresce in noi quando è presente Cristo.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle, tutta l'azione della vostra comunità si ispiri sempre a questo messaggio evangelico! So bene con quanto impegno voi cercate di diffondere il Vangelo nel vostro quartiere e mi sono note le sfide e le difficoltà che incontrate. Sono sfide spirituali, ma non mancano quelle sociali ed economiche. Penso, in particolare, al flagello della droga che, purtroppo, insidia non pochi giovani di questo quartiere, come del resto di altre zone della Città. Penso alla mancanza di centri capaci di offrire sano svago ed occasioni di crescita culturale agli adolescenti ed agli adulti. Penso alla situazione di isolamento, a volte anche fisico, che molti qui vivono.

Dinanzi a tali situazioni, voi non restate inattivi. Anzi, animata da zelo apostolico e missionario, la vostra comunità non cessa di testimoniare la speranza che il Vangelo apporta a chi lo accoglie e ne fa legge della sua esistenza. Vi incoraggio, carissimi, a proseguire su questo cammino. Chi partecipa attivamente alla vita parrocchiale non può non sentire la chiamata battesimale a farsi prossimo di chi è nel disagio e nella sofferenza. Recate a ciascuno l'annuncio tipico del Natale: Non abbiate paura, Cristo è nato per noi! Quest'annuncio spandetelo dappertutto in questo tempo, che vi vede impegnati per la Missione cittadina. Andate dove la gente vive e siate pronti, come potete, ad aiutarla ad uscire da ogni forma di isolamento. A tutti ed a ciascuno annunciate e testimoniate Cristo e la gioia del Vangelo.

Questa missione è per voi, care famiglie: la Chiesa vi chiama a mobilitarvi nel trasmettere la fede; e soprattutto a viverla intensamente voi stesse. Spetta a voi, in primo luogo, di costruire una nuova solidarietà, che faciliti la prevenzione ed il recupero di quanti sfortunatamente cadono nelle maglie della tossicodipendenza. Alle famiglie toccate da questo triste fenomeno desidero assicurare che la Chiesa è loro vicina e le invita a non subire passivamente, ma a reagire con coraggio e decisione, contando sull'aiuto divino e sul sostegno attivo dei fratelli, contro questa piaga del nostro tempo, che non cessa di rovinare il corpo e l'animo di tanti ragazzi e ragazze. Persuasa tuttavia che non bastano interventi di tipo sociale e medico, la Chiesa invita ad una testimonianza sempre più convinta dei valori umani e cristiani nella società e ad una autentica solidarietà nei confronti dei singoli, specialmente se deboli e soli.

Possa l'odierna celebrazione, nella prospettiva del Natale, suscitare in ogni persona l'entusiasmo ad amare la vita, a difenderla e promuoverla con ogni mezzo legittimo. E' questo il modo migliore di celebrare il Natale, condividendo con ogni persona di buona volontà la gioia della salvezza, che il Verbo incarnato ha portato nel mondo.

Auspico, inoltre, che il tempo natalizio e l'inizio del nuovo anno rinnovino in ciascuno un forte slancio missionario. Che rinasca in questa Comunità, come nell'intera Diocesi, il fervore delle origini dell'antica Comunità cristiana di Roma descritto negli Atti degli Apostoli (cfr Ac 28,15 Ac 28,30).

5. "Ecco, io vengo . . . per fare, o Dio, la tua volontà" (He 10,7). Presentando il mistero dell'Incarnazione, la Lettera agli Ebrei descrive le disposizioni con cui il Verbo divino entra nel mondo: "Non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato" (He 10,5). Il vero e perfetto sacrificio, offerto da Gesù al Padre, è quello della piena adesione al piano salvifico. La totale obbedienza al Padre, che fin dal primo istante caratterizza la vicenda terrena di Gesù, troverà il definitivo compimento nel mistero della Pasqua. Ecco, dunque, che già nel Natale è presente la prospettiva pasquale. E' qui l'inizio di quella redenzione di Gesù, che si compirà totalmente con la sua morte e risurrezione.

Maria, modello di fede per tutti i credenti, ci aiuti a prepararci ad accogliere degnamente il Signore che viene. Insieme con santa Elisabetta riconosciamo le grandi cose che il Signore ha compiuto in lei. "Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo!" (Lc 1,42). Gesù, frutto benedetto del seno della Vergine Maria, benedica le vostre famiglie, i giovani, gli anziani, gli ammalati, le persone sole. Egli, che si è fatto bambino per salvare l'umanità, porti a tutti luce, speranza e gioia.

Amen!


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CELEBRAZIONE EUCARISTICA DELLA NOTTE SANTA DI NATALE



Basilica Vaticana - Mercoledì, 24 dicembre 1997

1. "Ecco, vi annuncio una grande gioia . . . : oggi vi è nato . . . un salvatore, che è il Cristo Signore" (Lc 2,10-11).

Oggi! Questo "oggi", che risuona nella liturgia, non si riferisce soltanto all'evento che ebbe luogo ormai quasi duemila anni fa e che cambiò la storia del mondo. Esso riguarda anche questa Notte Santa, nella quale siamo raccolti qui, nella Basilica di San Pietro, in spirituale comunione con quanti, in ogni angolo della terra, celebrano la solennità del Natale. Anche nei luoghi più sperduti dei cinque Continenti risuonano, in questa notte, le parole angeliche udite dai pastori di Betlemme: "Ecco, vi annunzio una grande gioia . . . : oggi vi è nato . . . un salvatore, che è il Cristo Signore" (Lc 2,10-11).

Gesù nacque in una stalla, come racconta il Vangelo di Luca, "perché non c'era posto per loro nell'albergo" (Lc 2,7). Maria, sua Madre, e Giuseppe non avevano trovato accoglienza in nessuna casa di Betlemme. Maria dovette deporre il Salvatore del mondo in una mangiatoia, unica culla disponibile per il Figlio di Dio fatto uomo. Questa è la realtà del Natale del Signore. Ad essa ogni anno ritorniamo: così la riscopriamo, così la viviamo ogni volta con immutato stupore.

2. La nascita del Messia! E' l'evento centrale nella storia dell'umanità. L'attendeva con oscuro presentimento l'intero genere umano; l'attendeva con esplicita consapevolezza il Popolo eletto.

Testimone privilegiato di questa attesa, lungo tutto il periodo liturgico dell'Avvento ed anche in questa solenne veglia, è il profeta Isaia, il quale, dalla lontananza dei secoli, punta lo sguardo ispirato su quest'unica, futura notte di Betlemme. Egli, vissuto molti secoli prima, parla di questo evento e del suo mistero come se ne fosse testimone oculare: "Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un Figlio" - "Puer natus est nobis, Filius datus est nobis" (Is 9,5).

Ecco l'evento storico intriso di mistero: nasce un tenero bambino pienamente umano, ma che è allo stesso tempo il Figlio unigenito del Padre. E' il Figlio non creato, ma eternamente generato, Figlio della stessa sostanza del Padre. "Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero". E' il Verbo, "per mezzo del quale tutte le cose sono state create".

Queste verità proclameremo tra poco nel Credo ed aggiungeremo: "Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo". Professando con tutta la Chiesa la nostra fede, anche questa notte riconosceremo la grazia sorprendente che la misericordia del Signore ci concede.

Israele, il Popolo di Dio dell'antica Alleanza, è stato eletto per portare al mondo, come "germoglio della stirpe di Davide", il Messia, il Salvatore e Redentore dell'intera umanità. Insieme con un insigne esponente di quel Popolo, il profeta Isaia, volgiamoci, dunque, verso Betlemme con lo sguardo dell'attesa messianica. Nella luce divina, possiamo intravedere come si stia compiendo l'antica Alleanza e come, con la nascita di Cristo, si riveli un'Alleanza nuova ed eterna.

3. Di questa Alleanza nuova parla san Paolo nella Lettera a Tito, che abbiamo poc'anzi ascoltato: "E' apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini" (Tt 2,11). Proprio questa grazia permette all'umanità di vivere "nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo", il quale "ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone" (Tt 2,14).

A noi, carissimi Fratelli e Sorelle, è rivolto oggi questo messaggio di grazia! Ascoltate, dunque! A tutti coloro "che Dio ama", a quanti accolgono l'invito a pregare e vegliare in questa Santa Notte di Natale, ripeto con gioia: Si è rivelato l'amore di Dio per noi! Il suo amore è grazia e fedeltà, misericordia e verità. E' Lui che, liberandoci dalle tenebre del peccato e della morte, è diventato saldo ed incrollabile fondamento della speranza d'ogni essere umano.

Il canto liturgico lo ripete con gioiosa insistenza: Venite, adoriamo! Venite da ogni parte del mondo a contemplare quanto è accaduto nella grotta di Betlemme. E' nato per noi il Redentore e questo è oggi, per noi e per tutti, dono di salvezza.

4. Insondabile è la profondità del mistero dell'Incarnazione! Assai ricca è, di riflesso, la liturgia del Natale del Signore: nelle Messe di mezzanotte, dell'aurora e del giorno vari testi liturgici gettano fasci successivi di luce su questo grande avvenimento che il Signore vuol far conoscere a quanti lo attendono e lo cercano (cfr Lc 2,15).

Nel mistero del Natale si manifesta in pienezza la verità del suo disegno di salvezza sull'uomo e sul mondo. Non è soltanto l'uomo ad essere salvato, ma tutta la creazione, la quale è invitata a cantare al Signore un canto nuovo, a gioire e ad esultare insieme con tutte le nazioni della terra (cfr Ps 95 [96]).

Proprio questo cantico di lode è risuonato con solenne magnificenza sulla povera stalla di Betlemme. Leggiamo in san Luca che le schiere celesti lodavano Dio dicendo: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14).

In Dio è la pienezza della gloria. In questa notte la gloria di Dio diventa patrimonio di tutta la creazione e, in modo particolare, dell'uomo. Sì, il Figlio eterno, Colui che è l'eterno compiacimento del Padre si è fatto Uomo, e la sua nascita terrena, nella notte di Betlemme, testimonia una volta per sempre che in Lui ogni uomo è compreso nel mistero della divina predilezione, che è fonte della pace definitiva.

"Pace agli uomini che egli ama". Sì, pace all'umanità! E' questo il mio augurio natalizio. Carissimi Fratelli e Sorelle, durante questa notte ed in tutta l'Ottava di Natale, imploriamo dal Signore questa grazia tanto necessaria. Preghiamo perché l'intera umanità sappia riconoscere nel Figlio di Maria, nato a Betlemme, il Redentore del mondo, che reca in dono l'amore e la Pace.

Amen!
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CELEBRAZIONE DEI PRIMI VESPRI IN ONORE

DI MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO


Chiesa di Sant'Ignazio in Campo Marzio - Mercoledì, 31 dicembre 1997

1. "Ubi venit plenitudo temporis, misit Deus Filium suum . . .". "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli"(Ga 4,4).

L'espressione latina plenitudo temporis sta ad indicare che il mistero dell'Incarnazione segna la pienezza del tempo. Il Figlio di Dio, facendosi uomo, è entrato nella dimensione temporale, e con la sua presenza l'ha introdotta nell'eternità. Gesù Cristo, il Verbo, il Figlio della stessa sostanza del Padre, Dio da Dio, appartiene di per sé alla dimensione divina dell'eternità ma, diventando uomo, ha accolto in sé quella del tempo. La nascita del Redentore a Betlemme ha dato così inizio ad un nuovo modo di contare gli anni: si usa, infatti, dire "prima" e "dopo" Cristo.

2. Christus heri et hodie, Principium et Finis, Alpha et Omega. Ipsius sunt tempora et saecula. Ipsi gloria et imperium per universa aeternitatis saecula. La liturgia fa proclamare queste parole nel corso della Veglia pasquale, mentre si incidono le cifre dell'anno sul Cero pasquale, simbolo di Cristo risorto. Il tempo appartiene a Cristo. Il Figlio di Dio, facendosi uomo, ha accettato come misura della sua esistenza terrena il tempo, che ha sottomesso a sé. Per opera sua la storia dell'uomo e la salvezza s'incontrano e si fondono.

Quest'oggi, ultimo giorno dell'anno, vogliamo guardare ai giorni, alle settimane, ai mesi trascorsi, come ad un ulteriore frammento della storia della salvezza, che tutti ci concerne. Nell'atmosfera spirituale che caratterizza questo tempo natalizio, la Diocesi di Roma, in comunione con l'intera cristianità diffusa in ogni parte del mondo, si sofferma questa sera a riflettere sul 1997, un altro anno solare che tra poco ci lasceremo alle spalle.

3. Carissimi Fratelli e Sorelle, l'anno che oggi si conclude, per quanto concerne la nostra comunità diocesana, è legato in maniera preminente alla Missione cittadina che, dopo un periodo di preparazione, è andata coinvolgendo sempre più le parrocchie e tutte le realtà ecclesiali. Si tratta di un cantiere di evangelizzazione comunitario e permanente che si dimostra, con la grazia di Dio, una via singolarmente efficace per annunciare il Vangelo agli abitanti della nostra Metropoli.

Durante la scorsa Quaresima circa dodicimila missionari, in massima parte laici, hanno visitato le famiglie della Città per offrire in dono il Vangelo di Marco. Il gesto di entrare con il Vangelo nelle case e la buona accoglienza che in genere è stata riservata ai missionari sono di per sé altamente significativi: i Romani, anche coloro che non frequentano o frequentano poco la Chiesa, attendono di incontrare il Signore. Ciò è confermato, altresì, dal notevole interesse e dalla vasta partecipazione che hanno suscitato gli incontri sul tema della fede e della ricerca di Dio, che si sono tenuti nella Basilica cattedrale di san Giovanni in Laterano. Attraverso di essi si è intessuto un dialogo sincero tra chi annuncia Cristo e chi è in cerca di risposte esaurienti agli interrogativi di fondo della vita.

La Missione ci invita a guardare al futuro, a preparare il terreno per l'evangelizzazione di questa nostra Città in vista del terzo millennio. A tale scopo, nell'ultima parte dell'anno abbiamo riservato speciale attenzione ai giovani, ai quali io stesso mi sono diretto l'8 settembre, festa della Natività di Maria, con un'apposita lettera, esortandoli ad essere protagonisti nell'annuncio e nella testimonianza di Cristo ai loro coetanei. Mi auguro che la passione per il Vangelo si faccia sempre più strada nell'animo di molti giovani romani.

4. Mentre, nel corso di questa celebrazione, abbracciamo nella preghiera l'intera comunità cittadina, vorrei rivolgere un cordiale saluto al caro Cardinale Ruini con i suoi Vescovi Ausiliari ed al Padre Kolvenbach, Preposito Generale della Compagnia di Gesù, ai cui Religiosi è affidata la chiesa che ci ospita. Il saluto si allarga poi a tutti gli abitanti della Città. In primo luogo al Sindaco, che anche quest'anno ha voluto essere presente a questo rito per offrire, a nome dell'Amministrazione, il tradizionale calice votivo. Saluto, insieme a lui, i membri della Giunta e del Consiglio Comunale, che avrò la gioia di incontrare il 15 gennaio prossimo, nel corso della visita in Campidoglio. Saluto gli operatori sociali a servizio della popolazione e i volontari impegnati in molteplici attività. Un ricordo particolare va a quanti sono in difficoltà e trascorrono fra disagi e sofferenze questi giorni di festa. A tutti ed a ciascuno assicuro il mio affettuoso pensiero, avvalorato da costante preghiera.

Nel concludere il 1997, sorge spontanea una fiduciosa richiesta al Signore, affinché doni il suo Spirito di sapienza e di fortezza agli annunciatori del Vangelo ed apra il cuore, la coscienza e la vita di ciascuno ad accogliere senza timore il Cristo che viene.

Guardando all'anno trascorso, vorrei poi ringraziare Iddio che mi ha concesso di visitare altre comunità parrocchiali, raggiungendo così il numero complessivo di 265 parrocchie dall'inizio del mio ministero episcopale in Roma. Pur nella varietà delle condizioni sociali, ho trovato dappertutto comunità vive, desiderose di crescere nella fede e nella testimonianza operosa della carità cristiana.

Questa rete di parrocchie, che ricopre l'intero territorio della Diocesi e che si va completando anche nelle sue strutture in vista del grande Giubileo, rappresenta per la stessa città di Roma una risorsa di inestimabile valore. Favorisce, infatti, il consolidarsi di rapporti sociali improntati alla conoscenza reciproca, all'amicizia ed alla solidarietà.

Contribuisce grandemente all'educazione dei ragazzi e dei giovani come alla tenuta morale delle famiglie, all'accoglienza degli emarginati, alla cura delle persone sole e sofferenti.

Ciascuna comunità parrocchiale, come ogni forma specifica di pastorale diocesana, ha bisogno per ben funzionare del servizio generoso e fedele dei sacerdoti. Ringrazio, pertanto, il Signore di aver potuto ordinare, domenica 20 aprile scorso, trenta nuovi sacerdoti per la nostra Diocesi.

Il Seminario Romano, insieme agli altri Seminari nei quali viene preparato il clero della nostra Diocesi, offre, per grazia del Signore, un qualificato itinerario formativo nel quale alla serietà degli studi si accompagnano un'intensa vita di preghiera e l'impegno di un'autentica comunione fraterna. Mentre incoraggio i responsabili della formazione a continuare nella loro meritoria fatica, il mio pensiero va innanzitutto al Cardinale Ugo Poletti, che il Signore ha chiamato a sé il 25 febbraio di quest'anno. Lo ricordiamo oggi, rinnovando la nostra gratitudine a Dio per il bene che attraverso di lui ha compiuto in questa Chiesa ed in questa Città. E con il Cardinale Poletti affidiamo al Signore gli altri sacerdoti defunti nel corso dell'anno, tra i quali il carissimo Monsignor Luigi Di Liegro. La testimonianza e l'opera di sacerdoti che hanno dedicato la vita a Dio ed ai fratelli rappresentano un'eredità ed un esempio prezioso per il clero e per l'intera comunità diocesana.

Un altro motivo di profonda gratitudine verso il Signore è la sensibile ripresa delle vocazioni sacerdotali, che lascia ben sperare per il futuro della nostra comunità. Esprimo, qui, l'auspicio che anche per le vocazioni alla vita consacrata, e specialmente per quelle religiose femminili, si possa registrare un analogo aumento, ricco di promettenti frutti apostolici per tutti. E questo avverrà, ne sono certo, se sacerdoti e comunità parrocchiali affiancheranno generosamente l'opera che in questo senso vanno svolgendo gli Istituti di Vita Consacrata.

5. Carissimi Fratelli e Sorelle! Ci siamo soffermati a considerare alcuni aspetti di ciò che Iddio ha operato quest'anno nella nostra Diocesi. Volgendo lo sguardo ai mesi trascorsi, sgorga naturale il desiderio di chiedere perdono e di rendere grazie a Dio: chiedere perdono per le colpe commesse e le mancanze e carenze registrate, confidando tutto alla misericordia divina; e, poi, rendere grazie per quanto Dio ogni giorno ci ha donato.

Per questo cantiamo il Te Deum: lodiamo Dio e Gli diciamo grazie per il bene che ci ha elargito e che ha segnato i vari momenti dell'anno ormai al suo termine:

Salvum fac populum tuum, Domine,
et benedic hereditati tuae . . .
Per singulos dies benedicimus te;
et laudamus nomen tuum in saeculum,
et in saeculum saeculi.

Amen!











                                                                                    1998
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GIOVANNI PAOLO II

OMELIA


1° gennaio 1998



1. "Quando venne la pienezza del tempo..." (cfr Ga 4,4). Queste parole della Lettera di san Paolo ai Galati corrispondono molto bene al carattere dell'odierna celebrazione. Siamo all'inizio del nuovo Anno. Secondo il calendario civile, oggi è il primo giorno del 1998; secondo quello liturgico, celebriamo la solennità di Maria Santissima, Madre di Dio.

A partire dalla tradizione cristiana, si è diffuso nel mondo l'uso di contare gli anni a partire dalla nascita di Cristo. Dunque, in questo giorno la dimensione laica e quella ecclesiale s'incontrano per fare festa. Mentre la Chiesa celebra l'Ottava del Natale del Signore, il mondo civile festeggia il primo giorno di un nuovo anno solare. Proprio in questo modo, di anno in anno, si manifesta gradualmente quella "pienezza del tempo" di cui parla l'Apostolo: è una sequenza che avanza nei secoli e nei millenni in modo progressivo e che avrà il suo definitivo compimento alla fine del mondo.

2. Celebriamo l'Ottava del Natale del Signore. Durante otto giorni abbiamo rivissuto nella liturgia il grande evento della nascita di Gesù, seguendo il racconto che ci viene offerto dai Vangeli. Quest'oggi san Luca ci ripropone la scena del Natale a Betlemme nei suoi tratti essenziali. L'odierna narrazione è, infatti, più sintetica rispetto a quella proclamata nella notte di Natale. Essa viene a confermare e, in un certo senso, a completare il testo della Lettera ai Galati. Scrive l'Apostolo: "... quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna..., perché ricevessimo l'adozione a figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; se poi figlio, sei anche erede per volontà di Dio" (Ga 4,4-7).

Questo stupendo testo di san Paolo esprime perfettamente quella che si può definire "la teologia del Natale del Signore". E' una teologia simile a quella proposta dall'evangelista Giovanni, il quale nel Prologo al quarto Vangelo scrive: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi... A quanti... l'hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio" (Jn 1,14 Jn 1,12). San Paolo esprime la stessa verità ma, possiamo dire, in un certo senso la completa. Questo è il grande annuncio che risuona nell'odierna liturgia: l'uomo diventa figlio adottivo di Dio grazie alla nascita dello stesso Figlio di Dio. L'uomo riceve tale figliolanza per opera dello Spirito Santo - lo Spirito del Figlio -, che Dio ha mandato nei nostri cuori. E' grazie al dono dello Spirito Santo che possiamo dire: Abbà, Padre! Così san Paolo cerca di spiegare in che cosa consista e come si esprima la nostra figliolanza adottiva nei confronti di Dio.

3. Aiutati nella nostra riflessione teologica sul Natale del Signore da san Paolo e dall'apostolo Giovanni, comprendiamo meglio perché noi siamo soliti contare gli anni in riferimento alla nascita di Cristo. La storia si articola in secoli e millenni "prima" e "dopo" Cristo, poiché l'evento di Betlemme rappresenta la fondamentale misura del tempo umano. E' la nascita di Gesù il centro del tempo. La Notte Santa è diventata il punto di riferimento essenziale per gli anni, i secoli e i millenni nei quali si sviluppa l'azione salvifica di Dio.

La venuta di Cristo nel mondo è importante dal punto di vista della storia dell'uomo, ma è ancor più importante dal punto di vista della salvezza dell'uomo. Gesù di Nazaret ha accettato di sottomettersi al limite del tempo e lo ha aperto una volta per sempre alla prospettiva dell'eternità. Attraverso la sua vita, e specialmente con la sua morte e la sua risurrezione, Cristo ha rivelato in modo inequivocabile che l'uomo non è un'esistenza "orientata verso la morte" e destinata ad esaurirsi in essa. L'uomo esiste non "per la morte", ma "per l'immortalità". Grazie all'odierna liturgia, questa fondamentale verità sull'eterno destino dell'uomo viene riproposta all'inizio di ogni nuovo Anno. Vengono in tal modo posti in luce il valore e la giusta dimensione di ogni epoca, come pure del tempo che scorre inesorabile.

4. In questa prospettiva del valore e del senso del tempo umano, su cui si proietta la luce della fede, la Chiesa pone l'inizio del nuovo Anno sotto il segno della preghiera per la pace. Mentre auguro che l'intera umanità possa camminare in modo più deciso e concorde sulle vie della giustizia e della riconciliazione, sono lieto di salutare gli illustri Signori Ambasciatori presso la Santa Sede presenti a questa solenne celebrazione. Rivolgo un cordiale pensiero al caro Cardinale Roger Etchegaray, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ed a tutti i Collaboratori di tale Dicastero, a cui è affidato il compito specifico di testimoniare la preoccupazione del Papa e della Sede Apostolica per le varie situazioni di tensione e di guerra, nonché la costante sollecitudine che la Chiesa nutre per la costruzione di un mondo più giusto e fraterno.

Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest'anno ho voluto soffermarmi su un tema che mi sta particolarmente a cuore: lo stretto legame che unisce la promozione della giustizia e la costruzione della pace. In realtà - come recita il tema scelto per questa giornata - "Dalla giustizia di ciascuno nasce la pace per tutti". Rivolgendomi ai Capi di Stato ed a tutte le persone di buona volontà, ho sottolineato come la ricerca della pace non possa prescindere dall'impegno per l'attuazione della giustizia. E' una responsabilità a cui nessuno può sottrarsi. "Giustizia e pace non sono concetti astratti o ideali lontani; sono valori insiti, come patrimonio comune, nel cuore di ogni persona. Individui, famiglie, comunità, nazioni, tutti sono chiamati a vivere nella giustizia e ad operare per la pace. Nessuno può dispensarsi da questa responsabilità" (n. 1).

La Vergine Santissima, che in questo primo giorno dell'anno invochiamo col titolo di "Madre di Dio", rivolga il suo sguardo di amore sul mondo intero. Grazie alla sua materna intercessione, possano gli uomini di tutti i Continenti sentirsi più fratelli e disporre il cuore ad accogliere il suo Figlio Gesù. E' Cristo l'autentica pace che riconcilia l'uomo con l'uomo e l'intera umanità con Dio.

5. "Dio ci benedica con la luce del suo volto" (Sal. resp.). La storia della salvezza è scandita dalla benedizione di Dio sul creato, sull'umanità, sul popolo dei credenti. Questa benedizione viene continuamente ripresa e confermata nello sviluppo degli eventi salvifici. Fin dal Libro della Genesi vediamo come Dio, via via che si susseguono i giorni della creazione, benedica tutto ciò che ha creato. In modo particolare, Egli benedice l'uomo fatto a propria immagine e somiglianza (cfr Gn 1,1-2,4).

Quest'oggi, primo giorno dell'anno, la liturgia rinnova, in un certo senso, la benedizione del Creatore che segna fin dall'inizio la storia dell'uomo, riprendendo le parole di Mosè: "Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace" (Nb 6,24-26).

E' una benedizione per l'anno che sta iniziando e per noi, che ci avviamo a vivere un'ulteriore frazione di tempo, dono prezioso di Dio. La Chiesa, quasi immedesimandosi con la mano provvidente di Dio Padre, inaugura questo nuovo Anno con una speciale benedizione, diretta ad ogni persona. Essa dice: Il Signore ti benedica e ti custodisca!

Sì, riempia Iddio i nostri giorni di frutti di bene. Conceda al mondo intero di vivere nella giustizia e nella pace!

Amen!


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CAPPELLA PAPALE PER L’ORDINAZIONE DEI VESCOVI

NELLA SOLENNITÀ DELL’EPIFANIA DEL SIGNORE


6 gennaio 1998



1. "Surge, illuminare Ierusalem, quia venit lumen tuum" (Is 60,1).

Gerusalemme, accogli la Luce! Accogli Colui che è la Luce: "Dio da Dio, Luce da Luce..., generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo" (Credo). Gerusalemme, accogli questa Luce!

Questa "luce splende nelle tenebre" (Jn 1,5) e gli uomini la vedono già da lontano. Ecco, sono partiti per un viaggio. Seguendo la stella, vanno verso questa Luce, che si è manifestata in Cristo. Camminano, cercano la strada, domandano. Capitano alla corte di Erode. Chiedono dove sia nato il re dei Giudei: "Abbiamo visto... la sua stella e siamo venuti per adorarlo" (Mt 2,2).

2. Gerusalemme, proteggi la tua Luce! Colui che è nato a Betlemme si trova in pericolo. Erode, avendo udito che è nato un re, pensa immediatamente a come eliminare colui che ritiene un concorrente al trono. Ma Gesù viene salvato da questa minaccia e con la famiglia fugge in Egitto, lontano dalla mano omicida del re. Farà poi ritorno a Nazaret, ed a trent'anni comincerà ad insegnare. Allora tutti conosceranno che la Luce è venuta nel mondo e si vedrà anche che "i suoi non l'hanno accolto" (Jn 1,11).

Gerusalemme, non hai difeso la Luce del mondo. Hai preparato per Cristo una morte ignominiosa. E' stato crocifisso, e poi tolto dalla croce e deposto nella tomba. Dopo il tramonto è rimasto sul Golgota il patibulum crucis. Gerusalemme, non hai difeso la tua Luce. "La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta" (Jn 1,5). Ecco, però! Il terzo giorno Cristo è risorto. Le tenebre della morte non l'hanno trattenuto.

Surge, illuminare Ierusalem. Gerusalemme, sorgi insieme a Colui che è tornato dal sepolcro. Accogli il Re risorto, che è venuto ad annunziare il regno di Dio e l'ha fondato sulla terra in modo mirabile!

3. Gerusalemme, condividi la tua Luce! Condividi con tutti gli uomini questa Luce che splende nelle tenebre. Rivolgi a tutti l'invito; sii per l'intera umanità la stella che le indica la strada verso un nuovo millennio cristiano, come un tempo guidò i tre Magi d'Oriente alla capanna di Betlemme. Invita tutti, affinché camminino "i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere" (Is 60,3). Condividi la Luce! Questa Luce che brillò in te, condividila con tutti gli uomini, con tutte le nazioni della terra.

In questa prospettiva mi rivolgo a voi, carissimi Fratelli, che oggi ricevete l'Ordinazione episcopale: siate fedeli ministri della nuova evangelizzazione, che diffonde nel mondo la luce di Cristo.

Tu, Mons. Mario Francesco Pompedda, che da tanti anni sei al servizio della Santa Sede, continua a svolgere con quella competenza che ti è propria il compito di Decano del Tribunale della Rota Romana, dedicandoti con spirito pastorale all'applicazione della giustizia canonica.

Tu, Mons. Marco Dino Brogi, assumi con fiducia i tuoi nuovi compiti di Nunzio Apostolico e di Delegato Apostolico rispettivamente in Sudan ed in Somalia e sii testimone della sollecitudine del Papa verso quelle Chiese che, non senza difficoltà ed angustie, annunciano Cristo ed il suo Vangelo.

A te, Mons. Peter Kwaku Atuahene, è affidata la missione di recare la luce di Cristo nella Diocesi ghanese di Goaso, di cui sei primo Vescovo.

Tu, Mons. Filippo Strofaldi, la porterai invece nella Diocesi italiana di Ischia.

E tu, Mons. Wiktor Skworc, la diffonderai in quella di Tarnów, in Polonia.

La Chiesa chiama te, Mons. Franco Dalla Valle, a diffondere la luce del Vangelo quale primo Vescovo di Juína, in Brasile.

Essa invia te, Mons. Angelito R. Lampon, a realizzare la tua vocazione missionaria a Jolo, nelle Filippine, come successore del tuo confratello, il compianto Mons. Benjamin de Jesus, barbaramente assassinato, undici mesi fa, nei pressi della cattedrale.

Tu, Mons. Tomislav Koljatic Maroevic, collaborerai alla missione pastorale dell'Arcivescovo di Concepción, in Cile, come suo Ausiliare.

E tu, Mons. Francesco Saverio Salerno, quale Segretario della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, proseguirai nel tuo lavoro a servizio della Sede Apostolica nel campo amministrativo.

A ciascuno di voi, carissimi, il mio caloroso abbraccio, con l'assicurazione del ricordo nella preghiera e con una speciale benedizione, che sempre vi accompagni nel vostro servizio ecclesiale.

4. Gerusalemme, ecco il giorno della tua epifania! I Magi d'Oriente, che per primi hanno riconosciuto la tua Luce, offrono a Te, Redentore del mondo, i loro doni. Li presentano a Te che sei Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; a Te, per mezzo del quale tutte le cose sono state create; a Te, che ti sei fatto uomo per opera dello Spirito Santo, assumendo il corpo da Maria Vergine.

Gli occhi dei Magi hanno visto proprio Te. Te ancora vedono oggi i nostri occhi, mentre fissano il misterium della santa Epifania.

"Surge, illuminare Ierusalem, quia venit lumen tuum" (Is 60,1).

Amen!



GPII Omelie 1996-2005 123