GPII Omelie 1996-2005 156


GIOVANNI PAOLO II

OMELIA


Solennità del Corpus Domini, 11 giugno 1998



1. "Tu cammini attraverso i secoli" (da un canto eucaristico polacco).

L'odierna solennità del "Corpus Domini" invita a meditare sul singolare cammino che è l'itinerarium salvificum di Cristo attraverso la storia, una storia scritta sin dalle origini, in modo contestuale, da Dio e dall'uomo. Attraverso le vicende umane, la mano divina traccia la storia della salvezza.

E' un cammino che inizia nell'Eden, quando, a seguito del peccato del primo uomo, Adamo, Dio interviene per orientare la storia verso la venuta del "secondo" Adamo. Nel Libro della Genesi è presente il primitivo annunzio del Messia e da allora, lungo il susseguirsi delle generazioni, come viene narrato nelle pagine dell'Antico Testamento, si snoda il cammino degli uomini verso Cristo.

Quando poi, nella pienezza dei tempi, il Figlio di Dio incarnato versa sulla croce il sangue per la nostra salvezza e risuscita dai morti, la storia entra, per così dire, in una dimensione nuova e definitiva: si realizza allora la nuova ed eterna alleanza, di cui Cristo crocifisso e risorto è principio e compimento. Sul Calvario il cammino dell'umanità, secondo i disegni divini, conosce la sua svolta decisiva: Cristo si pone a capo del nuovo Popolo per guidarlo verso la meta definitiva. L'Eucaristia, sacramento della morte e della risurrezione del Signore, costituisce il cuore di questo itinerarium spirituale escatologico.

2. "Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno" (Jn 6,51).

Queste parole sono state proclamate poc'anzi in questa solenne Liturgia. Gesù le pronunciò dopo la moltiplicazione miracolosa dei pani presso il lago di Galilea. Esse, secondo l'evangelista Giovanni, preannunciano il dono salvifico dell'Eucaristia. Non mancano nell'Antica Alleanza significative prefigurazioni dell'Eucaristia, tra le quali, assai eloquente è quella riferita al sacerdote Melchisedek, di cui l'odierna Liturgia evoca la misteriosa figura ed il singolare sacerdozio. Il discorso di Cristo nella sinagoga di Cafarnao rappresenta il culmine delle profezie antico-testamentarie e, al tempo stesso, ne preannunzia il compimento, che si realizzerà nell'Ultima Cena. Sappiamo come in quella circostanza le parole del Signore costituirono per coloro che le udirono, e per gli stessi Apostoli, un'ardua prova di fede.

Ma come dimenticare la chiara e ardente professione di fede di Simon Pietro che proclamò: "Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio" (Jn 6,68-69)!

Gli stessi sentimenti animano tutti noi quest'oggi mentre, raccolti attorno all'Eucaristia, ritorniamo idealmente nel Cenacolo dove il Giovedì Santo la Chiesa si raccoglie spiritualmente per commemorare l'istituzione dell'Eucaristia.

3. "In supremae nocte cenae, recumbens cum fratribus...".

"Nella notte della Cena coi fratelli si trovò.
Del pasquale sacro rito ogni regola compì
e agli Apostoli ammirati come cibo si donò".

Con queste parole san Tommaso d'Aquino riassume l'evento straordinario dell'Ultima Cena, dinanzi al quale la Chiesa resta in contemplazione silenziosa, in certo qual modo essa s'immerge nel silenzio del Giardino degli Ulivi e del Golgota.

Esorta il Dottore Angelico: "Pange, lingua, gloriosi Corporis mysterium...".

"Genti tutte, proclamate il mistero del Signore,
del suo Corpo e del suo Sangue che la Vergine donò
e fu sparso in sacrificio per salvar l'umanità".

Il profondo silenzio del Giovedì Santo avvolge il sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo. Il canto dei fedeli sembra quasi non potersi dispiegare in tutta la sua intensità, né, a maggior ragione, le altre pubbliche manifestazioni della pietà eucaristica popolare.

4. Per questo la Chiesa ha sentito il bisogno di un'apposita festa, nella quale fosse possibile esprimere più intensamente la gioia per l'istituzione dell'Eucaristia: è nata così, oltre sette secoli fa, la solennità del "Corpus Domini", segnata da grandi processioni eucaristiche, che pongono in evidenza l'"itinerarium" del Redentore del mondo nel tempo: "Tu cammini attraverso i secoli".

Anche la processione che oggi compiremo al termine della Santa Messa evoca con eloquenza il cammino di Cristo solidale con la storia degli uomini.

Significativamente Roma è chiamata "Città eterna", perché in essa si rispecchiano mirabilmente diverse epoche della storia. In modo speciale, essa custodisce le vestigia di duemila anni di cristianesimo. Alla processione, che ci condurrà da questa Piazza alla Basilica di Santa Maria Maggiore, sarà idealmente presente l'intera Comunità cristiana di Roma stretta attorno al suo Pastore, con i Vescovi collaboratori, i sacerdoti, i religiosi e le religiose e le varie rappresentanze delle parrocchie, dei movimenti, delle associazioni e delle confraternite. A tutti rivolgo un cordiale saluto. Un pensiero singolare vorrei riservare ai Vescovi Cubani che, presenti a Roma da alcuni giorni, hanno voluto unirsi a noi, quest'oggi, per rendere grazie al Signore ancora una volta del dono della mia recente Visita e per implorare la luce ed il sostegno dello Spirito per il cammino della nuova evangelizzazione. Li accompagniamo con il nostro affetto e con la nostra fraterna comunione.

5. Celebrando quest'oggi la festa del Corpo e del Sangue del Signore, il pensiero va poi al 18 giugno dell'anno Duemila, quando qui, presso questa Basilica, si aprirà il quarantasettesimo Congresso Eucaristico Internazionale. Il giovedì successivo, 22 giugno, solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, partirà da questa Piazza la grande processione eucaristica. Raccolti poi in assemblea liturgica per la "Statio Orbis", domenica 25 celebreremo la solenne Eucaristia uniti ai numerosi pellegrini che, accompagnati dai loro Pastori, converranno a Roma da ogni Continente per il Congresso e per venerare le tombe degli Apostoli.

Nei due anni che ci separano dal Grande Giubileo, prepariamoci, sia singolarmente sia comunitariamente, ad approfondire il grande dono del Pane spezzato per noi nella celebrazione eucaristica. Viviamo in spirito e verità il mistero profondo della permanenza di Cristo nei nostri tabernacoli: il Signore rimane tra noi per confortare gli ammalati, per essere viatico dei morenti, per fare assaporare la sua dolcezza ad ogni anima che lo cerca nell'adorazione, nella lode e nella preghiera. Cristo, che ci nutre del suo Corpo e del suo Sangue, ci conceda di entrare nel terzo millennio con rinnovato entusiasmo spirituale e missionario.

6. Gesù è con noi, cammina con noi e sostiene la nostra speranza.

"Tu cammini attraverso i secoli", gli diciamo, richiamando alla memoria ed abbracciando nella preghiera quanti lo seguono con fedeltà e fiducia. Al tramonto ormai di questo secolo, attendendo l'alba del nuovo millennio, anche noi vogliamo unirci a questo immenso corteo di credenti.

Con trasporto ed intima fede proclamiamo:

"Tantum ergo Sacramentum veneremur cernui...".

"Adoriamo il Sacramento che Dio Padre ci donò.
Nuovo patto, nuovo rito nella fede si compì.
Al mistero è fondamento la parola di Gesù".

"Genitori Genitoque Laus et iubilatio...".

"Gloria al Padre onnipotente, gloria al Figlio Redentore,
lode grande, sommo onore all'eterna Carità.
Gloria immensa, eterno amore alla Santa Trinità"!
Amen.
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GIOVANNI PAOLO II

OMELIA


ESEQUIE PER S. EM. CARD. AGOSTINO CASAROLI


Venerdì, 12 giugno 1998



1. "Ego resuscitabo eum in novissimo die" (Jn 6,54) - "Io lo risusciterò nell'ultimo giorno".

Queste parole del Signore Gesù risuonano con singolare eloquenza oggi, nella Basilica di san Pietro, che ci vede raccolti, in dolore e speranza, per le esequie del venerato Fratello Cardinale Agostino Casaroli, chiamato dal Padre nel cuore della notte di martedì scorso.

La divina Provvidenza ha voluto che le esequie avvengano all'indomani della solennità del Corpus Domini, nella quale la Chiesa adora il grande mistero dell'Eucaristia, sacramento del Cristo morto e risorto, pane di vita immortale. Luminosa come un faro in quest'ora di lutto, si è aperta per noi la pagina giovannea del "pane di vita". "Io sono il pane della vita... e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo... Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno" (Jn 6,48 Jn 6,51 Jn 6,54).

Quale intimo sollievo ci viene oggi da queste parole, mentre posiamo lo sguardo sulla bara del caro Segretario di Stato emerito: quale intima consolazione, al pensiero che egli è stato, e rimane per sempre, sacerdote di Cristo, ministro del pane della vita! Quotidianamente egli si è nutrito del Sacramento, al quale il Signore ha legato il pegno della risurrezione. E quotidianamente, per oltre sessant'anni, lo ha distribuito al popolo di Dio. La carne di Cristo è donata per la vita del mondo, ci ricorda l'evangelista Giovanni (cfr 6, 51), e questo richiama la missione del sacerdote che è "nella Chiesa per il mondo", come recita il titolo del volume che raccoglie omelie e discorsi pronunciati dal compianto Cardinale Casaroli nel corso della sua lunga e benemerita attività di pastore zelante e di illustre diplomatico.

2. "Rogate, quae ad pacem sunt Ierusalem" - "Domandate pace per Gerusalemme / ... Per i miei fratelli e i miei amici / io dirò: «Su di te sia pace!»". "Pax in te!" (Sal 121[122],6.8).

L'opera della pace! Mi è caro, in questo momento, ricordare il nostro Fratello scomparso come sapiente servitore di quella pace che è espressione storica del dono escatologico lasciato da Cristo alla sua Chiesa. Come non riconoscere e non additare in lui un autentico "operatore di pace", un esempio luminoso di quegli artigiani dell'"opus iustitiae" che Gesù chiama "beati... perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9)?

In occasione del settantesimo genetliaco, egli volle aprire il suo animo e confidare le linee orientatrici del servizio ecclesiale da lui compiuto nel cuore della Santa Sede. Tra esse, annovera il "profondo amore alla causa della pace e della cooperazione tra le Nazioni e all'interno di esse, sostenuto dalla convinzione che si tratta di imperativi morali e di una necessità, oggi soprattutto, per la stessa sopravvivenza dell'umanità" (Agostino Casaroli, Nella Chiesa per il mondo, Milano 1987, p. 494).

Questa pace - come dice il Salmo - egli l'ha sempre domandata anzitutto "per Gerusalemme", cioè per la Chiesa. Innumerevoli sono i colloqui e gli incontri che il Cardinale Casaroli ha avuto con rappresentanti di Stati e di organismi nazionali ed internazionali, in veste di Sotto-Segretario, poi di Segretario della Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari, divenuta successivamente Sezione per i Rapporti con gli Stati, ed infine in qualità di Segretario di Stato. Sua costante preoccupazione fu la difesa della libertà della Chiesa nell'adempimento della missione affidatale dal Redentore. In questa luce devono essere interpretati i contatti da lui intrattenuti in tempi difficili con i regimi del mondo comunista, nell'intento di assicurare la permanenza in quei Paesi delle legittime strutture ecclesiali. Il fine supremo a cui sempre ispirò la sua azione fu il bene delle anime, in particolare del grande numero di cattolici rimasti fedeli alla Chiesa, ma in grave pericolo di progressiva scristianizzazione.

In queste delicate mansioni, egli ebbe modo di dimostrarsi fattivo e creativo realizzatore di quel principio del dialogo tanto caro al Servo di Dio, il Papa Paolo VI, di cui fu stretto collaboratore, dopo aver lavorato fedelmente con i venerati Pontefici, i Servi di Dio Pio XII e Giovanni XXIII. "Dialogo - afferma ancora egli stesso - quale via maestra e metodo sovrano, non solo per servire la pace, ma anche per favorire l'efficacia e i risultati dell'azione diplomatica"; dialogo autentico, cioè "fermo nell'affermazione della verità e nella difesa del diritto, rispettoso verso le persone" (ibid.).

Con tale servizio, sempre animato da squisito spirito ecclesiale, egli ha apportato un contributo rilevante, da tutti riconosciuto, alla causa della verità e della libertà in tempi difficili per la Chiesa e per l'umanità. Ha avuto la gioia di veder coronare i suoi saggi e pazienti sforzi con l'avvento della nuova fase storica, segnata dagli eventi del 1989.

3. A pochi mesi dall'inizio del mio Pontificato, chiamai Mons. Agostino Casaroli al mio fianco come Segretario di Stato e poco dopo lo creai Cardinale. Per lunghi anni, sino al compiersi del suo mandato nel dicembre del 1990, ho avuto modo di constatare con ammirazione, beneficiandone per primo, la sua fedeltà e le sue molteplici doti umane, pastorali e diplomatiche.

In occasione della mia visita alla diocesi di Piacenza, dieci anni or sono, volli recarmi a Castel San Giovanni, suo paese natale, ed entrare nella chiesa parrocchiale dove egli fu battezzato, cresimato e ordinato sacerdote. In questo momento il mio pensiero di profondo cordoglio va spontaneamente ai suoi familiari ed ai tanti amici e conoscenti della sua terra d'origine. Ma soprattutto, come feci in quella lieta circostanza (cfr Insegnamenti XI, 2 [1988], 1809), vorrei elevare un rendimento di grazie allo Spirito Santo per averlo donato alla Chiesa al diretto servizio della Sede Apostolica.

Mi piace, inoltre, menzionare un altro aspetto, meno noto ma assai edificante, della sua personalità. Pur occupato in questioni di grande rilevanza per la Chiesa e per le relazioni internazionali, egli dal 1943 non cessò di svolgere un servizio pastorale nel Centro di rieducazione per minorenni di Casal del Marmo in Roma. Aveva stretto con quei giovani e le loro famiglie un legame di reciproca fiducia: lo chiamavano familiarmente "don Agostino". Univa così al lavoro impegnativo del pastore e del diplomatico il contatto concreto con le persone, specialmente con questi "suoi" ragazzi, che per l'ultima volta hanno avuto modo di incontrarlo circa dieci giorni or sono.

"Sia pace a coloro che ti amano" (Ps 121,6): è consolante -come auspica il Salmo responsoriale - pensare che la preghiera di tanti, che dal suo sacerdozio hanno attinto conforto e speranza, si unisce oggi alla nostra, e sale gradita al Padre celeste in suffragio della sua anima.

4. Noi confidiamo che Dio, infinitamente buono e misericordioso, voglia accogliere nella sua pace il nostro venerato Fratello, che ci lascia la testimonianza delle sue virtù umane, cristiane, sacerdotali, grazie alle quali egli resta per noi indimenticabile.

Colui che, secondo le parole dell'apostolo Pietro poc'anzi ascoltate, "ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce" (1P 1,3-4), non mancherà di introdurlo in quel Regno per il quale egli ha speso tutta la sua vita.

Di tale speranza ci è dato un segno sicuro in Maria Santissima, associata al mistero del Redentore e assunta nella gloria. A Lei, Madre e Regina degli Apostoli, affidiamo l'anima del Cardinale Agostino Casaroli, perché consegua in pienezza di gaudio e di pace la meta della sua fede (cfr 1P 1,9).

A tutti noi, che salutiamo per l'ultima volta questo nostro indimenticabile Fratello, l'invito a volgere lo sguardo verso l'alto, a rinnovare la fede nella resurrezione. Echeggiano nel nostro spirito le parole di Dio nel libro del profeta Ezechiele: "Ecce ego aperiam tumulos vestros et educam vos de sepulcris vestris... Et dabo spiritum meum in vobis, et vivetis, et collocabo vos super humum vestram, et scietis quia ego Dominus. Locutus sum et facio, ait Dominus Deus" (Ez 37,12 Ez 37,14).

Amen!
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SANTA MESSA NEI GIARDINI VATICANI

PER IL SEMINARIO ROMANO




Domenica, 14 giugno 1998



Carissimi!

1. Nel febbraio scorso, in occasione dell'annuale festa della Madonna della Fiducia, Patrona del Seminario Romano Maggiore, non mi è stato possibile venire, come avrei tanto desiderato, a visitare la vostra comunità. Perciò sono particolarmente lieto di accogliervi oggi per questa celebrazione eucaristica in una così singolare cornice, accanto alla Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani, che evoca la spirituale presenza della Vergine Immacolata.

Saluto il Cardinale Vicario, che ha voluto essere presente, il Rettore, Mons. Pierino Fragnelli, i Superiori e tutti voi, cari alunni del Seminario.

Celebriamo insieme l'Eucaristia, in questa undicesima domenica del tempo ordinario. Il sacrificio eucaristico è la fonte e il culmine della vita della Chiesa e del nostro personale cammino di santificazione (cfr Cost. Lumen gentium LG 11). Giovedì scorso, solennità del Corpus Domini, l'Eucaristia ci ha radunati presso la Basilica di San Giovanni in Laterano, ed insieme abbiamo accompagnato il Santissimo Sacramento nella tradizionale processione fino a Santa Maria Maggiore. Oggi celebriamo questo stesso Mistero sotto lo sguardo premuroso della Madre dei sacerdoti.

2. La Vergine, carissimi, vuole condurre tutti gli uomini a Cristo; sa che per questo è necessario il generoso servizio di santi ministri dell'Eucaristia. Per questo Maria vi indica l'altare, che, dal giorno dell'Ordinazione, diventa il luogo culminante del quotidiano incontro del sacerdote con il suo Signore. E' anzitutto nella santa Messa, infatti, che il sacerdote percorre l'itinerario della conformazione a Cristo.

"Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Ga 2,20). Le parole dell'apostolo Paolo ai Galati, ascoltate poc'anzi nella seconda Lettura, esprimono sinteticamente il frutto esistenziale della comunione eucaristica: l'inabitazione di Cristo nell'anima, per opera dello Spirito Santo. Chi più del sacerdote è chiamato a fare proprie queste parole e a proporsele come programma di vita? Chi più di lui vive integralmente del Pane di vita eterna, che Cristo ha dato per la salvezza del mondo?

3. La Messa è davvero il centro della vita del sacerdote, il centro di ogni sua giornata. Questa centralità è pertanto obiettivo prioritario del progetto formativo del Seminario, e chiede l'adesione consapevole e totale di ciascun candidato al sacerdozio. Il seminarista è anzitutto un appassionato dell'Eucaristia: egli riconosce che la sua vocazione lo orienta verso la partecipazione assidua e sempre più interiore e coinvolgente al Sacrificio della Messa, partecipazione che ad un certo punto assume il significato di una chiamata personalissima. Il "fate questo in memoria di me" parla al suo cuore con intima eloquenza. Egli riconosce nell'Eucaristia il sacramento vivo della grazia di Cristo e per questo sente di non avere altro da offrire in cambio che se stesso.

Quando in un giovane matura questa risposta di fede e d'amore, gioisce il cuore della Chiesa; gioisce il cuore di Maria, la cui materna sollecitudine previene ed accompagna lo sbocciare di ogni singola vocazione. Ella, invocata sotto il titolo di Madonna della Fiducia, veglia in particolare su ciascuno di voi, carissimi Alunni del Seminario Romano Maggiore. In questa Messa prego per voi, perché possiate diventare santi sacerdoti. Prego per i vostri Superiori e Professori, che vi guidano in questo cammino. Prego anche per i vostri familiari, che seguono trepidanti i vostri passi con la discreta attenzione di Maria nei confronti del Figlio Gesù.

4. Vi ottenga l'Immacolata di nutrire sempre uno spiccato senso di Dio, del suo amore gratuito e preveniente, della sua iniziativa di grazia che merita una risposta generosa, come quella della donna peccatrice, di cui parla oggi il Vangelo, la quale non si vergogna di manifestare il suo amore riconoscente per Gesù, suo Salvatore. Così sarete sempre testimoni convinti dell'amore misericordioso di Dio, fonte inesauribile di conversione e di perdono, e, una volta sacerdoti, ministri zelanti del sacramento della Riconciliazione.

Lo Spirito Santo compia tutto questo, operando nell'intimo dei vostri cuori. Come plasmò il Cuore sacerdotale di Cristo, dal grembo di Maria fino all'estrema oblazione sulla croce ed alla pienezza di vita della risurrezione, così Egli formi i vostri cuori secondo la misura della piena maturità di Cristo Buon Pastore, per la salvezza delle anime e la gloria di Dio.

Amen!
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VIAGGIO APOSTOLICO

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN AUSTRIA (19-21 GIUGNO 1998)

SANTA MESSA NELLA CATTEDRALE DI SALZBURG

Venerdì, 19 giugno 1998



"Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla" (Ps 23,1).

1. Le parole, con le quali il Salmista si riferisce al Dio dell'Antica Alleanza, le possiamo rivolgere oggi al Verbo di Dio incarnato, nostro Pastore: "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla". Con gratitudine contempliamo i molteplici frutti della fede, che si è sviluppata in questa regione come albero possente ed ha fatto storia: "Rallegrati, Juvavum, perché sulla riva delle tue acque il Signore ha piantato alberi che non finiranno mai di portare frutto" (1ª Ant. dell'Ufficio delle Letture per la festa dei Santi Ruperto e Virgilio).

Qui la luce della fede cominciò a brillare per la prima volta verso la fine del quinto secolo, quando giunse in questa regione il noto missionario Severino, mentre le antiche province romane già stavano sfasciandosi. Dovevano passare più di due secoli prima che un altro buon Pastore, proveniente dalla città di Worms sul Reno, trovasse la strada che conduceva alla piccola città sul fiume Salzach in gran parte distrutta: quel Vescovo itinerante si chiamava Ruperto. Egli costruì chiese e centri strategici di spiritualità. Il primo tempio fu dedicato all'apostolo Pietro.

Nell'anno 739 San Bonifacio come Legato del Papa per la Germania eresse quattro diocesi: Ratisbona, Passau, Frisinga e Salisburgo. Sono oggi presenti con noi i Pastori di queste antichissime Chiese. Rivolgo, pertanto, uno speciale saluto all'Arcivescovo Georg Eder che fa gli onori di casa, al Cardinale Friedrich Wetter di Monaco e Frisinga, al Vescovo di Ratisbona, Mons. Manfred Müller, ed al Vescovo di Passau, Mons. Franz Xaver Eder.

Antica ed illustre è questa Chiesa di Salisburgo! Come sapete, dopo che il santo Vescovo Virgilio, proveniente dall'Irlanda, ebbe consacrato la prima cattedrale, essa venne elevata 1200 anni or sono da Papa Leone III a Sede Metropolitana. I momenti salienti del passato ci inducono oggi, solennità del Sacro Cuore di Gesù, ad intonare giustamente il Te Deum lodando il Signore buon Pastore, che ha portato Salisburgo attraverso i secoli sulle sue spalle: "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla".

2. La giornata odierna, nella quale al Successore di Pietro è concesso di visitare per la seconda volta "la Roma germanica", non è solamente dedicata a rievocare la memoria di un grande passato. Essa intende suscitare in ciascuno l'impegno di un sincero rinnovamento nella fede e di un generoso coordinamento delle proprie energie con quelle degli altri credenti in vista della nuova evangelizzazione.

Nel dire questo il mio sguardo si allarga all'intero territorio della regione di Salisburgo. Saluto il Presidente della Repubblica di Austria, il Signor Thomas Klestil. Un cordiale benvenuto rivolgo anche ai numerosi fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio qui convenuti dall'Austria e dalle Nazioni confinanti, come pure all'Arcivescovo di Vienna, Cardinale Christoph Schönborn, ed al Presidente della Conferenza Episcopale Austriaca, il Vescovo di Graz-Seckau, Mons. Johann Weber.

Alla luce dell'attività missionaria di quanti ci hanno preceduto, noi prendiamo rinnovata coscienza del fatto che la fede non può essere confinata nelle chiese. La dobbiamo portare nel nostro mondo piccolo e grande. L'impegno missionario ha una lunga tradizione in questa Sede metropolitana. Come buoni Pastori, i Vescovi di Salisburgo si spinsero lontano verso l'est portando il messaggio evangelico in Boemia, in Moravia e in Ungheria ed inviarono i loro collaboratori come missionari fino a Maribor sulla Drava, a Bressanone, al Lech e al Danubio.

Oggi la Diocesi madre è stata alquanto ridotta dal punto di vista geografico. Ma nelle pietre di questa venerabile cattedrale e nell'antica fortezza resta scolpito ciò che Salisburgo fu nella storia e ciò che dovrà continuare ad essere anche in futuro: un centro missionario, che irradia il suo influsso oltre i confini della Diocesi e del Paese.

Tu Salisburgo, città costruita sul monte, porti il sale nel tuo nome: possano i tuoi abitanti continuare a far proprio nella fede il sale del Vangelo, confermandolo con la loro testimonianza. Ricordati della consegna a te trasmessa dalla storia: diffondere il sale del messaggio salvifico in tutta la regione circostante.

Tu, sede del "Primas Germaniae", hai ricevuto dalla storia una sorta di primato missionario: che i tuoi fedeli siano sempre consapevoli della responsabilità che un simile privilegio comporta.

Tu hai una missione da compiere nei confronti degli uomini e delle donne che cercano la via capace di condurli "ad acque tranquille". Possano essi incontrare, attraverso la testimonianza dei tuoi fedeli, Colui che sa guidarli per il giusto cammino fino a "riposare su pascoli erbosi", e trovare ristoro (cfr Ps 23,2-3): "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla".

3. "Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male" (Ps 23,4). Siamo consapevoli dei pericoli presenti nelle valli profonde ed oscure. L'immagine geografica rispecchia plasticamente certe situazioni dello spirito. Anche l'anima è esposta al rischio di abissi pieni di insidie. Conosciamo le tenebre oscure delle delusioni, delle sciagure, dei dubbi nella fede. Coloro che ripongono la loro fiducia in Dio trovano tutela e sicurezza nella protezione del Buon Pastore: "Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza".

Come non intravedere in questa parola della Scrittura l'allusione alla funzione magisteriale affidata da Cristo ai Pastori della sua Chiesa? Il Magistero non è invenzione umana per esercitare un predominio sulle anime. Cristo stesso ci ha affidato questo compito affinché la sua parola divina possa essere riproposta da labbra umane e divenire per l'uomo "bastone e vincastro", orientamento e sostegno.

Cari Fratelli e Sorelle! Mosso dalla consapevolezza dei compiti connessi con l'ufficio di Successore di Pietro, sono venuto da voi in Austria per portarvi la mia parola di incoraggiamento e di esortazione. Vi ringrazio per la vostra presenza, nella quale vedo testimoniata la vostra adesione a Cristo. A somiglianza del Pastore della parabola evangelica, che porta la pecorella sulle spalle, nei mesi passati vi ho portato con particolare affetto nel mio cuore.

Il cuore del Vescovo di Roma batte per tutti voi!

Non abbandonate il gregge di Cristo, buon Pastore!

Non uscite dalla Chiesa! Entrate piuttosto in essa, per recare il lieto annuncio, capace di illuminare anche le tenebre della nostra vita: "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla".

4. Colgo volentieri questa occasione per esprimere la mia stima a tutti coloro che si impegnano instancabilmente a ravvivare le comunità parrocchiali. Infatti, esse costituiscono "la Chiesa che vive in mezzo ai focolari dei suoi figli e delle sue figlie" (Lett. Ap. Christifideles laici, 26). È veramente lodevole che dopo il Concilio Vaticano II sia emersa una moltitudine di servizi ai quali si dedicano generosamente numerosi laici, assumendosi con grande impegno di tempo la corresponsabilità che spetta loro in virtù del Battesimo e della Confermazione.

La diversità dei ruoli rende qualche volta difficile trovare la strada giusta per il dialogo e la cooperazione. L'eguaglianza di dignità non significa nel gregge del buon Pastore eguaglianza d'ufficio e di attività. I compiti particolari del ministero episcopale e sacerdotale non possono semplicemente passare ai laici. Viceversa, i Pastori sono tenuti a rispettare il ruolo specifico dei laici. Quindi non deve succedere che i laici deleghino i loro compiti ai sacerdoti, ai diaconi oppure alle persone chiamate a collaborare. Solo assumendosi ciascuno il ruolo specifico che gli spetta, il comune cammino del pastore con il suo gregge potrà avanzare verso la mèta.

Mi preme molto esprimervi, cari Fratelli e Sorelle laici, la mia profonda stima. Il vostro impegno non ha un prezzo risarcibile in denaro. Senza di voi le comunità parrocchiali non sarebbero soltanto più povere, ma mancherebbe loro l'essenziale. Vi prego, pertanto, di continuare ad esercitare generosamente il vostro apostolato come lettori o come dispensatori dell'Eucaristia, come membri del Coro e dei gruppi di preghiera, oppure come catechisti che preparano i fanciulli e gli adolescenti alla Prima Comunione e alla Cresima. Desidero incoraggiare esplicitamente i laici alla stretta cooperazione con i loro sacerdoti.

Vorrei anche sottolineare l'importanza dei Consigli parrocchiali, nei quali si studiano e si risolvono "in consiglio comune" i problemi pastorali (cfr Apostolicam actuositatem AA 10). Abbiate l'audacia del dialogo nei vostri organismi!

Non posso far a meno di menzionare i numerosi uomini e specialmente le numerose donne che si sacrificano senza dire tante parole, ma con grande spirito di dedizione nel campo caritativo. Essi si occupano delle persone anziane, malate e sole. In questo modo fanno sì che proprio le persone sfortunate nella vita possano comprendere che cosa significa: "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla".

5. "Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici" (Ps 23,5). Anche quando mancano persecuzioni violente, il compito di testimonianza dei cristiani non è mai facile. Spesso essi incontrano, non meno pesante dell'ostilità, l'indifferenza della massa. Accade così che il sacerdote ed i suoi collaboratori preparino con zelo la mensa della Parola e dell'Eucarestia, ma abbiano poi la delusione di constatare che il numero degli invitati che accettano l'invito è sempre più ristretto. La mensa del benessere e del consumismo sembra essere più attraente. Per questo sono molti coloro che oggi vivono come se Dio non esistesse. Restano forme diffuse di religiosità popolare, alle quali tuttavia manca il fondamento di una convinzione riflessa. Esse pertanto sono minacciate di inaridimento nel confronto con la crescente secolarizzazione. L'indifferenza rispetto all'eredità cristiana è pericolosa quanto l'odio aperto.

Solamente una nuova evangelizzazione potrà assicurare l'approfondimento di una fede autentica, capace di trasformare in forze liberatrici le tradizioni tramandate.

Disponiamo ancora di risorse sufficienti per poterne vivere? Dove sono le sorgenti alle quali possiamo attingere? Voi, cristiani d'Austria, sapete dove si trovano queste sorgenti!

La vecchia Europa, che vuole diventare una famiglia di nazioni, sembra essersi inaridita. Il Continente si avvia a dimenticare il messaggio che gli è giunto fin dai primi secoli della nuova era. In molti Paesi dell'Europa centrale ed orientale per più di cinquant'anni non è stato permesso l'annuncio del Vangelo. Sotto regimi atei e dittatoriali il lume nei tabernacoli si è spento. Le chiese sono diventate monumenti di tempi ormai superati.

Oggi tuttavia noi possiamo constatare che quei regimi sono tramontati, mentre continuano a zampillare le antiche sorgenti, le quali mantengono tutta la loro freschezza: la Sacra Scrittura con la sua inesauribile vena di verità; i sacramenti della Chiesa, nei quali Cristo ci dona il dinamismo della sua presenza; la preghiera, mediante la quale l'anima può respirare l'ossigeno rigeneratore della grazia di Dio.

6. Queste sorgenti sono a disposizione di tutti. Sono a disposizione in particolare di voi, giovani, che potete ad esse attingere. Sappiate che il Papa conta su di voi. Anche se vi sentite qualche volta un piccolo gregge, non perdetevi d'animo: voi siete il capitale del buon Pastore.

All'inizio dodici uomini affrontarono il mondo. Il Papa confida su di voi, giovani, per dare nuovamente un volto cristiano alla vecchia Europa. Impegnatevi con la vostra testimonianza personale. Voi siete "una lettera di Cristo" (2Co 3,3), il suo biglietto da visita! Chi incontra voi deve essere certo di aver trovato l'indirizzo giusto.

Compiendo il mio ministero pastorale nelle diverse regioni della terra, ho sperimentato sempre meglio la verità di quanto ho scritto nell'Enciclica Redemptoris missio: "L'uomo del nostro tempo confida più nei testimoni che nei maestri, più nell'esperienza che nell'insegnamento, più nella vita e nelle azioni che nelle teorie" (n. 42). Frequentandovi, i vostri coetanei devono poter intuire che c'è in voi qualcosa di cui non sanno darsi la spiegazione, qualcosa che voi ben conoscete, qualcosa che il Salmo esprime molto bene: "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla".

7. Alle sorgenti inesauribili della grazia hanno attinto i Santi. Per questo essi sono veri missionari (cfr Redemptoris missio RMi 2). La storia della vostra patria è perciò anche la storia dei vostri Santi: è una storia che perdura fino ai nostri tempi.

Alcuni mesi fa a Roma sono stati beatificati i sacerdoti Otto Neururer e Jakob Gapp. Domenica prossima a Vienna eleverò agli onori degli altari Suor Restituta Kafka insieme ad altri due Servi di Dio. Nelle loro figure si manifesta ciò che costituisce l'apice di ogni esistenza pastorale: "Il buon pastore offre la vita per le pecore" (Jn 10,11). Rievocando i capitoli bui della storia, la Chiesa non vuole riaprire le vecchie ferite, ma solo purificare la memoria. Gli autori della violenza hanno lasciato il palcoscenico; sono arrivati gli eroi della carità. Essi hanno testimoniato che proprio negli anni tristi del nostro secolo, quando anche la vostra Terra era squassata dal turbine del male, si è avverata la parabola del Buon Pastore. Nella loro vita e nella loro morte risplende la speranza: "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla".

8. Cari Fratelli e Sorelle! Il vostro Pastore diocesano, l'Arcivescovo Eder, mi ha pregato di incoronare la statua di Nostra Signora di Fatima e di affidare la ormai dodici volte centenaria arcidiocesi di Salisburgo alla protezione della Madre di Dio. Ho corrisposto volentieri a questa richiesta. Questa vostra antica ed illustre Chiesa ha sempre tributato un culto sincero e profondo alla Madonna. Sono certo che Maria Santissima non respinge il vostro desiderio di averla quale patrona e guida nel vostro cammino.

A Lei affido la vostra Arcidiocesi e ciascuno di voi. Vi accolga Maria sotto il suo manto materno: "Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova...".

Sotto la protezione del tuo manto, o Maria, le nostre ansie e preoccupazioni si acquetano e noi ritroviamo fiducia e coraggio. Guardando a Te, noi impariamo ad affidarci a Dio con rinnovato abbandono confidente e totale: "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla". Amen!
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GPII Omelie 1996-2005 156