GPII Omelie 1996-2005 160

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VIAGGIO APOSTOLICO

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN AUSTRIA (19-21 GIUGNO 1998)


Sabato, 20 giugno 1998



"Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione" (Lc 4,18).

1. Tutta la vita di Gesù è sotto l'influsso dello Spirito Santo. All'inizio, è Lui che adombra la Vergine Maria nel mistero dell'Incarnazione. Al Giordano è ancora lo Spirito a discendere su Gesù, mentre il Padre rende testimonianza al Figlio prediletto. E' poi lo Spirito a condurre Gesù nel deserto. Nella sinagoga di Nazaret Gesù afferma di se stesso: "Lo Spirito del Signore è sopra di me" (Lc 4,18).

Cristo promette agli Apostoli questo Spirito come garante perpetuo della sua presenza in mezzo a loro. Sulla croce il Figlio restituisce lo Spirito al Padre (cfr. Gv Jn 19,30). In questo modo egli imprime il sigillo alla Nuova Alleanza che nasce dalla sua Pasqua. Nel giorno di Pentecoste, infine, Cristo effonde lo Spirito Santo sulla prima comunità per confermarla nella fede e per mandare gli Apostoli come testimoni vivi e coraggiosi sulle strade del mondo.

2. Da allora fino ad oggi il Corpo mistico di Cristo, la sua Chiesa, nel cammino attraverso i tempi viene sospinta dal soffio dello stesso Spirito. La Chiesa illumina la storia con il fuoco ardente della parola di Dio e purifica i cuori umani con l'acqua che da essa scaturisce (cfr. Ez Ez 36,25). Così essa diventa "il popolo unito in virtù della comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (Cipriano, De Dom. Orat., 23).

In questa comunione con il Dio Uno e Trino ciascun battezzato ha la possibilità di vivere sotto "la legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù" (Rm 8,2). Guidato dallo Spirito, il cristiano entra nello "spazio spirituale" nel quale si svolge il dialogo con Dio. Le domande che l'uomo si pone sono in verità gli interrogativi che Dio stesso suscita nel suo animo: Da dove vengo? Chi sono io? Dove devo andare?

Cari Fratelli e Sorelle! Voi siete gli interlocutori di Dio! Da quando avete aderito a Cristo nel Battesimo, Dio vi ha adottato in Cristo come suoi figli e figlie. Siate coscienti della vostra alta dignità! Non sciupate questo grande privilegio!

Dio ha un progetto specifico per ciascuno di voi. I suoi occhi si posano affettuosamente su ciascuno. Egli ascolta sempre tutti. Come un padre premuroso e sensibile, Egli vi è vicino. Vi dona ciò che vi è necessario per la nuova vita: il suo Santo Spirito.

3. Con la vostra incorporazione alla Chiesa non avete assunto soltanto il nome di "cristiani", cioè di "unti", ma avete ricevuto anche l'unzione dello Spirito Santo. Perciò non vi dovete soltanto chiamare cristiani, ma lo dovete veramente essere. Lo Spirito di Dio è sopra di voi; per questo vi ha consacrati con l'unzione (cfr. Lc Lc 4,18).

Nella nuova vita che scaturisce dal Battesimo e si sviluppa attraverso la Parola ed i Sacramenti, i carismi, i ministeri e le varie forme di vita consacrata trovano la loro sorgente. L'apostolo Paolo scrivendo alla comunità di Corinto afferma: "Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito" (1Co 12,4).

Anche oggi si verificano nuove chiamate da parte dello Spirito. Occorre creare un ambiente favorevole al loro ascolto. Grande importanza, a questo riguardo, hanno le comunità parrocchiali. Quando in esse si vive un atteggiamento di vera fedeltà verso il Signore, in un'atmosfera di intensa religiosità e di sincera disposizione alla testimonianza, è più facile che chi è chiamato risponda positivamente. La vitalità della comunità parrocchiale non si misura soltanto con la molteplicità delle sue iniziative, ma con la profondità della sua vita di preghiera. L'ascolto della Parola di Dio, da una parte, la celebrazione e l'adorazione dell'Eucaristia, dall'altra, sono le due colonne essenziali che sostengono e consolidano la comunità parrocchiale.

Non serve lamentarsi della mancanza di vocazioni sacerdotali e religiose. Le vocazioni non si possono "costruire" umanamente. Le vocazioni si ottengono da Dio con la preghiera. Vi invito a chiedere al Padrone della messe con fervore e costanza nuove vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.

4. Quando Gesù sulla croce restituì il suo Spirito al Padre, egli fece di tutti i suoi discepoli "un regno di sacerdoti, una nazione santa" (Ex 19,6). Li costituì in "edificio spirituale", per un sacerdozio santo, onde offrire vittime spirituali, gradite a Dio" (1 Ptr 2,5). E' questo il sacerdozio comune, per il cui servizio egli chiamò i Dodici affinché "stessero con Lui" (Mc 3,14), per poi essere mandati ad operare in suo nome ed al posto suo.

Attraverso il sacerdozio ministeriale Cristo continua ininterottamente fino ai nostri giorni la sua missione salvifica. Per questo Egli ha istituito i Vescovi ed i sacerdoti, che "sono nella Chiesa e per la Chiesa una ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo, Capo e Pastore, ne proclamano autorevolmente la parola, ne ripetono i gesti di perdono e di offerta della salvezza" (Lettera Apostolica Pastores dabo vobis PDV 15). Essi sono mandati per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi (cfr. Lc Lc 4,18). Nella Chiesa il ministero non è quindi una conquista umana, ma una istituzione divina.

Con tutto il rispetto e la stima per i preziosi servizi dei laici nelle comunità parrocchiali, non si deve dimenticare che, nell'ambito sacramentale, il laico non può mai rimpiazzare ciò che è tipico del sacerdote. Solo un sacerdote può sostituire un altro sacerdote.

5. Vorrei adesso salutare il Vescovo Mons. Kurt Krenn, che insieme con il suo Ausiliare Mons. Heinrich Fasching non ha soltanto preparato con cura l'odierna festa di fede, ma non sta risparmiando sforzi per poter mandare anche in futuro sacerdoti ai fedeli delle numerose parrocchie della Diocesi di Sankt Pölten a lui affidata. Saluto tutti i Fratelli nell'Episcopato, specialmente il Metropolita, Cardinale Christoph Schönborn, e il Presidente della Conferenza Episcopale Austriaca, Mons. Johann Weber.

Ho il piacere di salutare anche il Presidente Federale Signor Thomas Klestil, che prende parte a questa celebrazione. Con lui saluto i rappresentanti della vita politica e pubblica, che ci onorano della loro presenza.

Rivolgendomi ai sacerdoti ed ai diaconi, vorrei esprimere loro il mio apprezzamento e la mia gratitudine. Sono sentimenti che estendo a tutti i sacri ministri operanti nelle varie diocesi di questo Paese. Come a Sankt Pölten, anche nelle altre parti dell'Austria sono molti coloro che si prodigano nella cura delle anime con dedizione instancabile e che non s'arrendono neppure di fronte alla malattia o all'età avanzata. Penso pure con ammirazione a quei sacerdoti che, oltre alla parrocchia loro affidata, accettano di prendersi cura anche di comunità limitrofe, perché non manchino ai fedeli i mezzi della salvezza. Anche molti religiosi sono lodevolmente impegnati nella pastorale. Né vorrei dimenticare i sacerdoti provenienti da altri Paesi - alcuni anche dalla mia patria - che recano il loro valido contributo all'attività pastorale.

Carissimi sacerdoti, i giovani vi guardano. Possano essi constatare come, pur carichi di lavoro, voi siate gioiosi servitori del Vangelo e nell'adesione alla vostra forma di vita troviate appagante soddisfazione! Nella vostra testimonianza possano i giovani vedere che il sacerdozio non è un modello di vita tramontato, ma una vocazione promettente per il futuro!

6. Come non ricordare con gratitudine verso lo Spirito Santo le numerose comunità di vita consacrata, che proprio nella storia di questa Diocesi hanno una funzione così importante nella cura delle anime? Fratelli e Sorelle, di tutto cuore vi saluto! Vivendo secondo i consigli evangelici, voi vi sforzate di indicare con il vostro comportamento la via per il Regno dei cieli. La vita consacrata rappresenta nel cuore della Chiesa un elemento essenziale per l'adempimento della sua missione. Essa esprime l'indole della vocazione cristiana e la tensione della Chiesa intera che, quale sposa, anela a potersi unire con il suo unico Sposo.

7. Non posso non menzionare gli sposi cristiani. Anche la vostra forma di vita è una vocazione! Vi lodo e vi incoraggio in tutti gli sforzi che fate per vivere la grazia del sacramento del matrimonio. Le vostre famiglie siano "chiese domestiche", dove i figli imparano a vivere e a celebrare la fede.

Voi padri e madri di famiglia siete la prima scuola per i vostri figli. Cercate di coltivare in casa la concordia, lo spirito di fede, di speranza e di carità, la partecipazione assidua alla vita ecclesiale, la serenità e la fortezza in mezzo alle difficoltà quotidiane. Chiedete al Signore che i vostri figli sappiano un giorno scegliere la loro strada secondo il progetto di Dio su di loro! Lasciateli liberi, se essi sentono la chiamata del Signore a mettersi alla sequela radicale di Gesù Cristo. I figli non sono vostra proprietà. Vi sono affidati da Dio per un certo lasso di tempo. La vostra missione è di farli crescere in quella libertà che è richiesta per poter assumere responsabilmente i propri impegni.

8. Nelle famiglie si decide anche il futuro della Chiesa e della società. Oltre alle tante iniziative e aiuti pastorali a servizio della famiglia, vorrei menzionare in particolare l'Istituto Internazionale di Studi su Matrimonio e Famiglia, che è stato posto come un seme a Gaming e che viene sostenuto anche dai Vescovi austriaci. Voglia Dio farlo crescere fino ad essere un albero forte, capace di portare molti frutti a vantaggio del matrimonio e della famiglia.

9. Cari Fratelli e Sorelle!

"Amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio!" (1Jn 4,7). Molti nostri contemporanei hanno perduto Dio Padre. Perciò ignorano la lingua madre della fede. Cerchiamo di insegnar loro l'alfabeto della fede. La dedizione, il servizio e la carità fanno parte del vocabolario fondamentale che tutti comprendono. Su questo si può edificare una "grammatica della vita", che aiuta l'uomo a decifrare nello Spirito Santo il piano di Dio per lui.

Vivete concretamente ciò che insegnate con le parole. Dimostrate che frutto dello Spirito è anche la gioia. Alla soglia del terzo millennio è necessario ravvivare questa consapevolezza: Dio, come ha un progetto per ciascuno, così ha anche una missione per tutti. Non siete soltanto amministratori dell'eredità del passato; siete anche precursori di un futuro verso il quale lo Spirito Santo conduce la Chiesa!

Il vostro Patrono, San Leopoldo, vi sia modello e avvocato. Egli non fu solamente un padre di famiglia, ma anche un padre della patria. La sua lapide, che ho benedetto durante la mia precedente Visita pastorale in Austria, si trova oggi in questo nuovo quartiere governativo. Sia essa motivo di ispirazione e di incoraggiamento per tutti voi.

Guardiamo alla Santissima Vergine Maria, la cui vita è stata un cammino nello Spirito Santo.

Maria, Magna Mater Austriae, a Te affidiamo la cura delle vocazioni sacerdotali e religiose.

Maria, Madre di Dio, intercedi presso il tuo Figlio per la Chiesa in Austria. Ottienile numerosi giovani disposti a scegliere la sequela di Cristo e ad offrire se stessi per il Regno di Dio.

Maria, Madre della Chiesa, prega per noi! Amen.


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VIAGGIO APOSTOLICO

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN AUSTRIA (19-21 GIUGNO 1998)

SANTA MESSA CON BEATIFICAZIONI DEI SERVI DI DIO:

JAKOB KERN, RESTITUTA KAFKA E ANTON MARIA SCHWARTZ


21 Giugno 1998



1. "Chi sono io secondo la gente?" (Lc 9,18).

Questa domanda Gesù la pose un giorno ai suoi discepoli in cammino con lui. Anche ai cristiani in cammino sulle strade del nostro tempo Gesù pone la stessa domanda: "Chi sono io secondo la gente?".

Come avvenne duemila anni or sono in un luogo appartato del mondo conosciuto di allora, anche oggi di fronte a Gesù le opinioni umane sono divise. Alcuni gli attribuiscono la qualifica di profeta. Altri lo ritengono una personalità straordinaria, un idolo che attira la gente. Altri ancora lo credono persino capace di aprire una nuova era.

"Ma voi chi dite che io sia?" (Lc 9,20). La domanda è tale da non consentire una risposta "neutrale". E' una domanda che esige una scelta di campo ed è domanda che coinvolge tutti. Anche oggi Cristo chiede: voi cattolici dell'Austria, voi cristiani di questo Paese, voi cittadini, uomini e donne, chi dite che io sia?

La domanda sgorga dal cuore stesso di Gesù. Colui che apre il proprio cuore vuole che la persona che gli è davanti non risponda solo con la mente. La domanda proveniente dal cuore di Gesù deve toccare i nostri cuori! Chi sono io per voi? Che cosa rappresento io per voi? Mi conoscete veramente? Siete i miei testimoni? Mi amate?

2. Allora Pietro, portavoce dei discepoli, rispose: Noi crediamo che tu sei "il Cristo di Dio" (Lc 9,20). L'evangelista Matteo riferisce la professione di Pietro più dettagliatamente: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!" (Mt 16,16). Oggi il Papa, quale successore per volontà divina dell'Apostolo Pietro, professa a nome vostro e assieme a voi: Tu sei il Messia di Dio, tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente.

3. Nel corso dei secoli la giusta professione di fede è stata ripetutamente oggetto di affannosa ricerca. Sia ringraziato Pietro le cui parole sono divenute normative.

Con esse si devono misurare gli sforzi della Chiesa che cerca di esprimere nel tempo che cosa rappresenta Cristo per essa. Infatti, non basta solo la professione con le labbra. La conoscenza della Scrittura e della Tradizione è importante, lo studio del Catechismo è prezioso: ma a che cosa serve tutto questo se alla fede cognitiva mancano i fatti?

La professione di fede in Cristo chiama alla sequela di Cristo. La giusta professione di fede deve essere accompagnata da una giusta condotta di vita. L'ortodossia richiede l'ortoprassi. Fin dall'inizio Gesù non ha mai nascosto ai suoi discepoli questa esigente verità. Infatti, Pietro ha appena pronunciato una straordinaria professione di fede, e subito, lui e gli altri discepoli si sentono dire da Gesù ciò che il Maestro si aspetta da loro: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua" (Lc 9,23).

Com'è stato all'inizio, così continua ad essere ora: Gesù non cerca solo delle persone che l'acclamino. Egli cerca persone che lo seguano.

4. Cari Fratelli e Sorelle! Chi riflette sulla storia della Chiesa con gli occhi dell'amore, scorge con gratitudine che, malgrado tutti i difetti e tutte le ombre, ci sono stati e ci sono tuttora e dappertutto uomini e donne la cui esistenza mette in luce la credibilità del Vangelo.

Oggi mi è data la gioia di poter annoverare nel libro dei Beati tre cristiani della vostra Terra. Ciascuno di essi ha confermato la professione di fede nel Messia mediante la testimonianza personale resa nel proprio ambiente. Tutti e tre i Beati ci dimostrano che col titolo di "Messia" non si riconosce solamente un attributo a Cristo, ma ci si impegna anche a cooperare con l'opera messianica: i grandi diventano piccoli, i deboli diventano protagonisti.

Non gli eroi del mondo hanno la parola oggi qui sulla Heldenplatz, ma gli eroi della Chiesa, i tre nuovi Beati. Dal balcone che si affaccia su questa piazza, sessant'anni or sono, un uomo ha proclamato in se stesso la salvezza. I nuovi Beati portano un altro annuncio: la salvezza non si trova nell'uomo, ma in Cristo, Re e Salvatore!

5. Jakob Kern proveniva da una modesta famiglia viennese di operai. La prima guerra mondiale lo strappò bruscamente dagli studi nel Seminario Minore di Hollabrunn. Una grave ferita di guerra rese la sua breve esistenza terrena nel Seminario Maggiore e nel Monastero di Geras - come lui stesso diceva - un Calvario. Per amore di Cristo egli non si aggrappò alla vita, ma la offrì consapevolmente per gli altri. In un primo momento voleva diventare sacerdote diocesano. Ma un evento gli fece cambiare strada. Quando un religioso premonstratense abbandonò il convento, seguendo la Chiesa nazionale ceca formatasi a seguito della separazione da Roma avvenuta da poco, Jakob Kern scoprì in questo triste evento la sua vocazione. Egli volle riparare l'azione di quel religioso. Jakob Kern entrò al posto suo nel Monastero di Geras e il Signore accettò l'offerta del "sostituto". Il Beato Jakob Kern si presenta a noi come testimone della fedeltà al sacerdozio. All'inizio era un desiderio d'infanzia, che s'esprimeva nell'imitare il sacerdote all'altare. Successivamente il desiderio maturò. Attraverso la purificazione del dolore, apparve il profondo significato della sua vocazione sacerdotale: unire la propria vita al sacrificio di Cristo sulla Croce e offrirla in sostituzione per la salvezza degli altri.

Possa il Beato Jakob Kern, che era uno studente vivace e impegnato, incoraggiare molti giovani ad accogliere generosamente la chiamata al sacerdozio per seguire Cristo. Le sue parole di allora sono rivolte a noi: "Oggi più che mai c'è bisogno di sacerdoti autentici e santi. Tutte le preghiere, tutti i sacrifici, tutti gli sforzi e tutte le sofferenze unite alla retta intenzione diventano seme divino che prima o poi porterà il suo frutto".

6. Padre Anton Maria Schwartz a Vienna, cento anni or sono, si preoccupò delle condizioni degli operai, dedicandosi in primo luogo ai giovani apprendisti in fase di formazione professionale. Tenendo sempre presenti le proprie umili origini, si sentì specialmente unito ai poveri operai. Per la loro assistenza fondò, adottando la regola di San Giuseppe Calasanzio, la Congregazione dei Pii Operai, tuttora fiorente. Il suo grande desiderio fu quello di convertire la società a Cristo e di restaurarla in Lui. Egli fu sensibile ai bisogni degli apprendisti e degli operai, che spesso mancavano di sostegno e di orientamento. Padre Schwartz si dedicava a loro con amore e creatività trovando mezzi e vie per costruire la prima "Chiesa per gli operai di Vienna". Questo tempio umile e nascosto dalle case popolari assomiglia all'opera del suo fondatore, che l'ha vivificata per ben quarant'anni.

Di fronte all'"apostolo operaio" di Vienna le opinioni erano divise. Molti trovavano il suo impegno esagerato. Altri lo ritenevano degno della più alta considerazione. Padre Schwartz rimase fedele a se stesso e intraprese anche passi coraggiosi. Con le sue petizioni per posti di formazione professionale per i giovani e per il riposo domenicale egli arrivò fino al "Reichstag", al Parlamento.

Egli lascia a noi un messaggio: Fate tutto il possibile per salvaguardare la Domenica! Dimostrate che questa giornata non può essere lavorativa, perché viene celebrata come giorno del Signore! Sostenete soprattutto i giovani privi del lavoro! Chi procura ai giovani di oggi la possibilità di guadagnarsi il pane contribuisce a far sì che gli adulti di domani possano trasmettere ai loro figli il senso della vita. So bene che non ci sono soluzioni facili. Per cui ripeto l'esortazione sotto la quale il Beato Padre Schwartz ha posto tutti i suoi sforzi molteplici: "Dobbiamo pregare di più!"

7. Suor Restituta Kafka non era ancora maggiorenne, quando espresse la sua intenzione di entrare in convento. I genitori si opposero, ma la giovane restò fedele al suo obiettivo di farsi suora "per amore di Dio e degli uomini". Voleva servire il Signore specialmente nei poveri e nei malati. Ella trovò accoglienza presso le Suore Francescane della Carità per realizzare la sua vocazione nel quotidiano impegno ospedaliero, spesso duro e monotono. Autentica infermiera, diventò presto a Mödling un'istituzione. La sua competenza infermieristica, la sua risolutezza e la sua cordialità fecero sì che molti la chiamassero suor Resoluta e non suor Restituta.

Per il suo coraggio e il suo animo deciso essa non volle tacere neanche di fronte al regime nazionalsocialista. Sfidando i divieti dell'autorità politica, suor Restituta fece appendere in tutte le stanze dell'ospedale dei Crocifissi. Il mercoledì delle Ceneri del 1942 venne portata via dalla Gestapo. In prigione cominciò per lei un "Calvario" che durò più di un anno, per concludersi alla fine sul patibolo. Le sue ultime parole a noi trasmesse furono: "Ho vissuto per Cristo, voglio morire per Cristo!"

Guardando alla Beata suor Restituta, possiamo intravedere a quali vette di maturità interiore una persona può essere condotta dalla mano divina. Essa rischiò la vita con la sua testimonianza per il Crocifisso. E il Crocifisso conservò nel suo cuore testimoniandolo di nuovo poco prima di essere condotta all'esecuzione capitale, quando chiese al cappellano carcerario di farle "il segno della croce sulla fronte".

Tante cose possono essere tolte a noi cristiani. Ma la croce come segno di salvezza non ce la faremo togliere. Non permetteremo che essa venga esclusa dalla vita pubblica! Ascolteremo la voce della coscienza che dice: "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini!" (Ac 5,29).

8. Cari Fratelli e Sorelle! L'odierna celebrazione possiede una sua particolare connotazione europea. Accanto all'illustre Presidente della Repubblica Austriaca, il Signor Thomas Klestil, ci onorano della loro presenza anche responsabili della vita politica sia dall'interno che dall'estero. Li saluto cordialmente e, attraverso le loro persone, saluto anche i popoli che essi rappresentano.

Nella gioia per il dono che oggi ci viene fatto di tre nuovi Beati, mi rivolgo a tutti i fratelli e sorelle del Popolo di Dio che sono qui raccolti o sono collegati con noi per radio o televisione. Saluto, in particolare, il Pastore dell'Arcidiocesi di Vienna, il Signor Cardinale Christoph Schönborn, e il Presidente della Conferenza Episcopale Austriaca, Mons. Johann Weber, come pure i Fratelli nell'episcopato che da vicino e da lontano sono convenuti sulla Heldenplatz. Non posso poi dimenticare i numerosi sacerdoti e diaconi, i religiosi, le religiose e i collaboratori pastorali nelle parrocchie e nelle comunità.

Cari giovani! Un saluto particolare rivolgo oggi a voi. La vostra presenza così numerosa è motivo di grande gioia per me. Molti di voi sono venuti da lontano, e non soltanto in senso geografico... Ora però siete qui: il dono della giovinezza che ha davanti a sé la vita! I tre eroi della Chiesa appena iscritti nell'albo dei Beati vi possono sostenere nel vostro cammino: il giovane Jakob Kern, che proprio attraverso la sua malattia conquistò la fiducia dei giovani; Padre Anton Maria Schwartz che seppe toccare i cuori degli apprendisti; suor Restituta Kafka, pronta a pagare pur di non venir meno alla propria convinzione.

Essi non furono "cristiani fotocopiati", ma ognuno fu in se stesso autentico, irripetibile, unico. Hanno cominciato come voi: da giovani, pieni di ideali, cercando di dare un senso alla loro vita.

Un'altra cosa rende i tre Beati così attraenti: le loro biografie ci dimostrano che le loro personalità conobbero una maturazione progressiva. Così anche la vostra vita deve ancora diventare un frutto maturo. Perciò è importante che voi coltiviate la vita in modo che possa fiorire e maturare. Alimentatela con la linfa del Vangelo! Offritela a Cristo, a Lui che è il sole della salvezza! Piantate nella vostra vita la croce di Cristo! E' la croce il vero albero della vita.

9. Cari Fratelli e Sorelle! "Ma voi chi dite che io sia?"

Fra poco professeremo la nostra fede. A questa professione che ci colloca nella comunità degli apostoli e nella tradizione della Chiesa, così come nella schiera dei Santi e dei Beati, dobbiamo aggiungere anche la nostra risposta personale. L'incisività sociale del messaggio dipende anche dalla credibilità dei suoi messaggeri. Infatti, la nuova evangelizzazione prende l'inizio da noi, dal nostro stile di vita.

La Chiesa di oggi non ha bisogno di cattolici part-time ma di cristiani a tempo pieno. Tali sono stati i tre nuovi Beati! Da loro possiamo prendere le misure.

Grazie, Beato Jakob Kern, per la tua fedeltà sacerdotale!

Grazie, Beato Anton Maria Schwartz, per il tuo impegno per gli operai!

Grazie, suor Restituta Kafka, per la tua resistenza alla moda del momento!

Voi tutti Santi e Beati, pregate per noi. Amen.
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GIOVANNI PAOLO II

OMELIA


Lunedì, 29 giugno 1998

Solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo



1. La solenne memoria degli apostoli Pietro e Paolo ci invita, ancora una volta, a recarci in spirituale pellegrinaggio al Cenacolo di Gerusalemme, il giorno della risurrezione di Cristo. Le porte "erano chiuse... per timore dei Giudei" (Jn 20,19); gli Apostoli presenti, già intimamente provati dalla passione e morte del Maestro, erano turbati dalle notizie sulla tomba vuota, che per tutto quel giorno si erano succedute. E, all'improvviso, malgrado la porta fosse chiusa, ecco apparire Gesù: "«Pace a voi! - Egli dice -. Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi»... «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi»" (Jn 20,21-23).

Egli afferma questo con una potenza che non lascia adito a dubbi. E gli Apostoli gli credono perché lo riconoscono: Egli è lo stesso che avevano conosciuto; è lo stesso che avevano ascoltato; è lo stesso che tre giorni prima era stato crocifisso sul Golgota e sepolto non molto lontano. Egli è lo stesso: è vivo. Per assicurarli che è proprio lui, mostra le ferite nelle mani, nei piedi e nel costato. Sono le sue ferite a costituire la prova principale di ciò che ha appena detto e della missione che affida loro.

I discepoli sperimentano così in pienezza l'identità del loro Maestro ed allo stesso tempo comprendono a fondo da dove gli viene il potere di rimettere i peccati; potere che appartiene solamente a Dio. Una volta, Gesù aveva detto ad un paralitico: "Ti sono rimessi i tuoi peccati", e davanti ai farisei indignati, come segno del proprio potere, lo aveva guarito (cfr Lc 5,17-26). Ora ritorna tra gli Apostoli dopo aver realizzato il più grande miracolo: la sua risurrezione, nella quale in modo singolare ed eloquente è iscritto il potere di rimettere i peccati. Sì, è vero! Soltanto Dio può rimettere i peccati, ma Dio ha voluto compiere quest'opera mediante il Figlio crocifisso e risorto, affinché ogni uomo, nel momento in cui riceve il perdono delle colpe sappia con chiarezza che in questo modo passa dalla morte alla vita.

2. Se ci soffermiamo a riflettere sulla pericope evangelica poc'anzi proclamata, torniamo ancora più indietro nella vita di Cristo, per meditare su un episodio altamente significativo, svoltosi nei pressi di Cesarea di Filippo, quando Egli interroga i discepoli: "La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?... voi chi dite che io sia?" (Mt 16,13-15). A nome di tutti risponde Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16). A questa confessione di fede fanno seguito le note parole di Gesù, destinate a segnare per sempre il futuro di Pietro e della Chiesa: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" (Mt 16,17-19).

Il potere delle chiavi. L'Apostolo diventa depositario delle chiavi di un tesoro inestimabile: il tesoro della redenzione. Tesoro che trascende di gran lunga la dimensione temporale. E' il tesoro della vita divina, della vita eterna. Dopo la risurrezione esso è stato affidato definitivamente a Pietro e agli Apostoli: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Jn 20,22-23). Chi possiede le chiavi ha la facoltà e la responsabilità di chiudere e di aprire. Gesù abilita Pietro e gli Apostoli a dispensare la grazia della remissione dei peccati e ad aprire definitivamente le porte del Regno dei cieli. Dopo la sua morte e la sua risurrezione, essi ben comprendono il compito loro affidato e con tale consapevolezza si rivolgono al mondo, spinti dall'amore del loro Maestro. Vanno dappertutto come suoi ambasciatori (cfr 2Co 5,14 2Co 5,20), poiché il tempo del Regno è divenuto ormai la loro eredità.

3. Oggi la Chiesa, in particolare quella che è in Roma, celebra la memoria dei santi Pietro e Paolo. Roma, cuore della Comunità cattolica sparsa nel mondo; Roma, luogo che la Provvidenza ha disposto come sede della testimonianza definitiva offerta a Cristo da questi due Apostoli.

O Roma felix! Nella tua lunghissima storia il giorno del loro martirio è sicuramente di gran lunga il più importante. Quel giorno, mediante la testimonianza di Pietro e Paolo morti per amore di Cristo, i disegni di Dio si sono inscritti nel tuo ricco patrimonio di eventi. La Chiesa, avvicinandosi all'inizio del terzo millennio - tertio millennio adveniente - non cessa di annunziare tali disegni all'intera umanità.

4. In questo giorno così solenne, a Roma convengono, secondo una significativa tradizione, gli Arcivescovi Metropoliti nominati nel corso dell'ultimo anno. Sono giunti da varie parti del mondo, per ricevere dal Successore di Pietro il Sacro Pallio, segno di comunione con lui e con la Chiesa universale.

Con grande gioia vi accolgo, venerati Fratelli nell'Episcopato, e vi abbraccio nel Signore! Esprimo viva riconoscenza a ciascuno di voi per la vostra presenza, che manifesta in modo singolare tre delle note essenziali della Chiesa: che essa, cioè, è una, cattolica ed apostolica; quanto alla sua santità, essa risalta in piena luce nella testimonianza delle "colonne" Pietro e Paolo.

Nel celebrare con voi l'Eucaristia, prego in modo particolare per le Comunità ecclesiali affidate alle vostre cure pastorali: invoco abbondante su di esse l'effusione dello Spirito Santo, che le guidi a varcare, ricolme di fede, speranza ed amore, la soglia del terzo millennio cristiano.

5. E' motivo, inoltre, di particolare letizia e di conforto la presenza all'odierna celebrazione dei venerati Fratelli della Chiesa Ortodossa, delegati del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli. Li ringrazio di cuore per questo rinnovato segno di omaggio alla memoria dei santi apostoli Pietro e Paolo, e ricordo con emozione che tre anni or sono, in questa solenne ricorrenza, Sua Santità Bartholomaios I volle venire ad incontrarmi a Roma: insieme avemmo allora la gioia di professare la fede presso la tomba di Pietro e di benedire i fedeli.

Tali segni di reciproca vicinanza spirituale sono provvidenziali, specialmente in questo tempo di preparazione immediata al Grande Giubileo del Duemila: tutti i cristiani, e in modo speciale i Pastori, sono invitati a porre gesti di carità che, nel rispetto della verità, manifestino l'impegno evangelico per la piena unità e al tempo stesso la promuovano, secondo la volontà dell'unico Signore Gesù. La fede ci dice che l'itinerario ecumenico sta saldo nelle mani di Dio, ma chiede la sollecita cooperazione degli uomini. Ne affidiamo oggi le sorti all'intercessione dei santi Pietro e Paolo, che per la Chiesa hanno versato il loro sangue.

6. Gerusalemme e Roma, i due poli della vita di Pietro e di Paolo. I due poli della Chiesa, che l'odierna Liturgia ci ha fatto evocare: dal Cenacolo di Gerusalemme al "cenacolo" di questa Basilica Vaticana. La testimonianza di Pietro e di Paolo ha avuto inizio a Gerusalemme e si è compiuta a Roma. Così ha voluto la Provvidenza divina, che li ha liberati da precedenti pericoli di morte, ma ha lasciato che terminassero a Roma la loro corsa (cfr 2Tm 4,7) e qui ricevessero la corona del martirio.

Gerusalemme e Roma sono anche i due poli del Grande Giubileo del Duemila, verso il quale la presente celebrazione ci fa avanzare con intimo slancio di fede. Possa la testimonianza dei santi Apostoli richiamare a tutto il Popolo di Dio il vero senso di questo traguardo, che è storico, certamente, ma che trascende la storia e la trasforma con il dinamismo spirituale proprio del Regno di Dio.

In questa prospettiva, la Chiesa fa proprie le parole dell'Apostolo delle genti: "Il Signore mi libererà da ogni male e mi salverà per il suo regno eterno; a lui la gloria nei secoli. Amen" (2Tm 4,18).



GPII Omelie 1996-2005 160