GPII Omelie 1996-2005 12110

CAPPELLA PAPALE IN SUFFRAGIO DEI CARDINALI E DEI VESCOVI DEFUNTI NEL CORSO DELL'ANNO

Martedì, 14 Novembre 2000

14110
"Io so che il mio Redentore è vivo" (cfr
Jb 19,25)

1. Le parole dell'autore sacro ci introducono nel clima di fede dell'odierna celebrazione, che ci vede riuniti nel commosso ricordo dei Cardinali, degli Arcivescovi e dei Vescovi defunti lungo l'anno che volge al suo termine. Il nostro è un gesto di doveroso suffragio e di spirituale solidarietà verso questi nostri fratelli, che hanno fatto del servizio al Vangelo e alla Chiesa la misura della propria esistenza. Per loro quest'oggi risuona ancora una volta la consolante promessa del Signore: "Se uno mi serve, il Padre lo onorerà" (Jn 12,26). Chi fedelmente si è dedicato alla causa del Vangelo troverà in Dio eterna ricompensa. Nella logica di Cristo, il servizio alla comunità dei redenti diviene così motivo di gloria e di vita senza fine. Chi, durante il pellegrinaggio terreno, ha speso ogni energia per il Regno di Dio, sarà accolto da Lui, il Vivente, che ha vinto la morte ed ora siede alla destra del Padre.

2. Mentre uniti ci stringiamo attorno all'Altare, su cui si rende presente il Sacrificio che proclama la vittoria della Vita sulla morte, della grazia sul peccato, del Paradiso sull'inferno, il pensiero si rivolge con gratitudine a Dio per averci donato questi fratelli, che Egli ha ora chiamato a sé. Penso in particolare ai Membri del Collegio Cardinalizio, morti negli scorsi mesi: i Cardinali Paolo Dezza, Ignatius Kung Pin-Mei, Antony Padiyara, Bernardino Echeverría Ruiz, John Joseph O'Connor, Vincentas Sladkevicius, Paul Zoungrana, Augusto Vargas Alzamora, Vincenzo Fagiolo, Paul Gouyon, Egano Righi-Lambertini e Pietro Palazzini. Il loro ricordo, unitamente a quello di tutti gli Arcivescovi e Vescovi defunti, s'affaccia alla nostra memoria: durante la loro esistenza, essi hanno annunciato il Vangelo, hanno edificato la Chiesa, hanno elargito i doni di grazia dei sacramenti, hanno compiuto del bene. Ora, con cuore riconoscente, li affidiamo alla generosa ricompensa del Signore per le opere buone e per gli esempi positivi che ci hanno lasciato. Li affidiamo, altresì, alla sua infinita misericordia, implorandolo per loro la giustificazione da ogni residuo di umana debolezza.

Questi nostri fratelli hanno fermamente creduto in Cristo e di tale fede hanno fatto il fondamento dell'intera loro esistenza. La vita dell'uomo non può, da sé stessa, approdare alla visione beatifica, che è un dono riservato a chi crede. Ecco perché il fedele proclama con fiducia certa: "Io so che il mio Redentore è vivo" (cfr Jb 12,27). Noi sappiamo che, alla fine, Cristo, nostro Salvatore, verrà ad accoglierci e per sempre saremo con Lui.

3. Carissimi Fratelli e Sorelle! La nostra fede di cristiani si fonda sulla parola di Cristo, che, nel Vangelo appena proclamato, afferma: "Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna" (Jn 5,24). Questa parola la Chiesa instancabilmente annuncia ad ogni persona, perché tutti possano aprirsi alla fede ed avere in eredità la beatitudine eterna.

Quale importanza assume, in questa prospettiva, il nostro pellegrinaggio nel mondo! E' un tempo, più o meno lungo, che ci viene offerto per conoscere Cristo e per crescere nella comunione con Lui. Chi crede nel Figlio di Dio incarnato vivrà in eterno; chi lo ama non deve temere difficoltà; non può arrestarsi davanti a nessun ostacolo chi s'appoggia a Lui. E' Cristo lo scopo fondamentale della sua esistenza. Crede, si fida e si affida a Lui: entra così nel segreto del suo amore, che salva e riempie il cuore di gioia.

Quale tesoro è la fede e quanto urgente è il compito di annunciarla a quanti ancora ne sono privi! Occorre che all'uomo, assetato di verità e d'amore, giunga la parola che spiega, che rassicura, che indica la via. La parola che risana. Questa parola è il Verbo eterno che è uscito dal seno del Padre per portarci la vita. E' Cristo, nostro Redentore, che durante il Grande Giubileo costantemente contempliamo. Quanti ascolteranno la sua parola "vivranno" (cfr Jn 5,25). Beati coloro che l'annunciano! Beati coloro che la servono, e su di essa costruiscono la propria vita!

4. Carissimi Fratelli e Sorelle, la certezza che Cristo è il nostro Salvatore e che per noi è morto e risorto ci conforta e ci sostiene, mentre proseguiamo il nostro pellegrinaggio verso la Patria celeste. Nel trascorrere dei giorni e delle stagioni risuona la parola di Dio: "Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!" (He 13,8). Questa verità ci ha accompagnato lungo tutto l'anno giubilare scandendo il nostro incedere nella speranza. E' la fede della Chiesa. E' la nostra fede.

Questa fede noi vogliamo riaffermare, mentre eleviamo la nostra preghiera di suffragio per i Pastori che oggi commemoriamo. E' un ricordo intriso di affetto e di gratitudine, che si apre alla rasserenante consapevolezza che un giorno ci ritroveremo insieme a loro per lodare in eterno il Signore della misericordia e della vita.

Mentre affidiamo al Supremo Pastore questi nostri fratelli nel sacerdozio, che Egli ha chiamato a sé, rinnoviamo la nostra adesione a Cristo, nella speranza che un giorno sia dato anche a noi di udirne la voce consolante: Vieni, servo buono e fedele, prendi parte alla gioia del tuo Signore (cfr Mt 25,21).

A Maria, Madre della Speranza, affidiamo questi suoi figli devoti, perché li introduca nel Regno dell'eterna beatitudine.

In Cristo, requiescant in pace! Amen.

GIUBILEO DEI MILITARI E DELLE FORZE DI POLIZIA

Domenica, 19 Novembre 2000

19110
1. "Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria" (
Mc 13,26).

In questa penultima domenica del tempo ordinario, la Liturgia ci parla della seconda venuta di Cristo. Il Signore apparirà sulle nubi rivestito di gloria e di potenza. E' lo stesso Figlio dell'uomo, misericordioso e compassionevole, che i discepoli hanno conosciuto nel suo itinerario terreno. Quando sarà il momento della sua manifestazione gloriosa, Egli verrà a dare compimento definitivo alla storia umana.

Attraverso il simbolismo di sconvolgimenti cosmologici, l'evangelista Marco ricorda che Dio pronuncerà, nel Figlio, il suo giudizio sulle vicende degli uomini, ponendo fine ad un universo corrotto dalla menzogna e dilaniato dalla violenza e dall'ingiustizia.

2. Chi meglio di voi, carissimi militari e membri delle Forze di Polizia, ragazzi e ragazze, può rendere testimonianza circa la violenza e le forze disgregatrici del male presenti nel mondo? Voi lottate ogni giorno contro di esse: siete infatti chiamati a difendere i deboli, a tutelare gli onesti, a favorire la pacifica convivenza dei popoli. A ciascuno di voi si addice il ruolo di sentinella, che guarda lontano per scongiurare il pericolo e promuovere dappertutto la giustizia e la pace.

Vi saluto tutti con grande affetto, carissimi Fratelli e Sorelle, giunti a Roma da tante parti della terra per celebrare il vostro speciale Giubileo. Siete i rappresentanti di eserciti che si sono fronteggiati lungo il corso della storia. Oggi vi date appuntamento presso la Tomba dell'apostolo Pietro per celebrare Cristo "nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia" (Ep 2,14). A Lui, misteriosamente e realmente presente nell'Eucaristia, siete venuti ad offrire i vostri propositi ed il vostro quotidiano impegno di costruttori di pace.

A ciascuno di voi esprimo il più vivo apprezzamento per la dedizione e il generoso impegno. Rivolgo con fraterna stima il mio pensiero anzitutto a Mons. José Manuel Estepa Llaurens, che si è fatto interprete del vostri comuni sentimenti. Il mio saluto s'estende ai carissimi Arcivescovi e Vescovi Ordinari Militari, con i quali mi congratulo per la dedizione con cui provvedono alla vostra cura pastorale. Insieme con loro, saluto i Cappellani Militari, che generosamente condividono gli ideali e la fatica della vostra ardua attività quotidiana. Il mio rispettoso pensiero va, altresì, agli Ufficiali delle Forze Armate, ai Dirigenti delle Forze di Polizia, ai Responsabili dei vari Organismi di sicurezza, come pure alle Autorità civili, che hanno voluto condividere la gioia e la grazia di questa solenne celebrazione giubilare.

3. La vostra quotidiana esperienza vi porta ad affrontare situazioni difficili e talora drammatiche, che pongono a repentaglio le sicurezze umane. Il Vangelo, però, ci conforta presentando la figura vittoriosa di Cristo giudice della storia. Egli con la sua presenza illumina il buio e persino la disperazione dell'uomo, ed offre a chi confida in Lui la consolante certezza della sua costante assistenza.

Nel Vangelo, poc'anzi proclamato, abbiamo ascoltato un significativo riferimento all'albero del fico, i cui rami, con lo spuntare delle prime gemme, annunciano il tempo primaverile ormai vicino. Con queste sue parole, Gesù incoraggia gli apostoli a non arrendersi di fronte alle difficoltà ed alle incertezze del tempo presente. Li esorta piuttosto a saper attendere e a prepararsi ad accoglierlo quando tornerà. Anche voi quest'oggi, carissimi Fratelli e Sorelle, siete invitati dalla Liturgia a saper scrutare i "segni dei tempi", secondo un'espressione cara al mio venerato predecessore, il Papa Giovanni XXIII, recentemente proclamato Beato.

Per quanto le situazioni siano complesse e problematiche, non perdete la fiducia. Nel cuore dell'uomo non deve mai morire il germe della speranza.Anzi, siate sempre attenti a scorgere e ad incoraggiare ogni segno positivo di rinnovamento personale e sociale. Siate pronti a favorire con ogni mezzo la coraggiosa costruzione della giustizia e della pace.

4. La pace è un fondamentale diritto di ogni uomo, che va continuamente promosso, tenendo conto che "gli uomini in quanto peccatori sono e saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino alla venuta del Cristo" (Gaudium et spes GS 78). Talora questo compito, come l'esperienza anche recente ha dimostrato, comporta iniziative concrete per disarmare l'aggressore. Intendo qui riferirmi alla cosiddetta "ingerenza umanitaria", che rappresenta, dopo il fallimento degli sforzi della politica e degli strumenti di difesa non violenti, l'estremo tentativo a cui ricorrere per arrestare la mano dell'ingiusto aggressore.

Grazie, carissimi, per la vostra coraggiosa opera di pacificazione in Paesi devastati da guerre assurde; grazie per il soccorso che prestate, incuranti dei rischi, a popolazioni colpite da calamità naturali. Quanto numerose sono le missioni umanitarie nelle quali vi siete impegnati in questi ultimi anni! Espletando il vostro difficile dovere, non di rado vi trovate esposti a pericoli ed a gravosi sacrifici. Fate in modo che ogni vostro intervento ponga sempre in luce la vostra autentica vocazione di "ministri della sicurezza e della libertà dei popoli", che "concorrono... alla stabilità della pace", secondo la felice espressione del Concilio Vaticano II (Gaudium et spes GS 79).

Siate uomini e donne di pace. E per poterlo essere pienamente, accogliete nel vostro cuore Cristo, autore e garante della pace vera. Egli vi renderà capaci di quella fortezza evangelica che fa vincere le fascinose tentazioni della violenza. Vi aiuterà a porre la forza a servizio dei grandi valori della vita, della giustizia, del perdono e della libertà.

5. Vorrei qui rendere omaggio a tanti vostri amici che hanno pagato con la vita la fedeltà alla loro missione. Dimenticando se stessi, sprezzanti del pericolo, hanno reso alla comunità un impagabile servizio. Ed oggi, nel corso della celebrazione eucaristica, li affidiamo al Signore con gratitudine e ammirazione.

Ma dove essi hanno attinto il vigore necessario per espletare sino in fondo il loro compito, se non nella totale adesione agli ideali professati? Molti tra loro hanno creduto in Cristo e la sua parola ha illuminato la loro esistenza e ha dato valore esemplare al loro sacrificio. Essi hanno fatto del Vangelo il codice dei loro comportamenti. Vi sia di incoraggiamento l'esempio di questi vostri colleghi che, compiendo fedelmente il loro dovere, hanno raggiunto le vette dell'eroismo e forse della santità.

Come loro, anche voi guardate a Cristo che chiama pure voi "alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità". Vi chiama ad essere santi. E per poter realizzare questa vostra vocazione, secondo la nota espressione dell'apostolo Paolo, "Prendete... l'armatura di Dio... State ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede... prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio" (Ep 6,13-17). Soprattutto "pregate incessantemente" (Ep 6,18).

Vi sostenga e vi aiuti nella vostra non facile attività Maria, la Virgo Fidelis. Non si turbi mai il vostro cuore; resti piuttosto pronto, vigilante e saldamente ancorato alla promessa di Gesù, che nel Vangelo di oggi ci ha assicurato del suo aiuto e della sua protezione: "il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno" (Mc 13,31).

Invocando Cristo, continuate a svolgere con generosità il vostro dovere. Innumerevoli persone guardano a voi e in voi confidano nella speranza di poter godere di un'esistenza nella serenità, nell'ordine, nella pace.


CELEBRAZIONE EUCARISTICA IN OCCASIONE DEL CONGRESSO MONDIALE DEL LAICATO CATTOLICO

Domenica, 26 novembre 2000 - Solennità di NSGS, Re dell'Universo

26110

1. "Tu lo dici: io sono re" (
Jn 18,37).

Così rispose Gesù a Pilato in un drammatico dialogo, che il Vangelo ci fa riascoltare nell'odierna solennità di Cristo Re dell'Universo. In questa ricorrenza, posta alla conclusione dell'anno liturgico, Gesù, Verbo eterno del Padre, è presentato come principio e fine di tutto il creato, come Redentore dell'uomo e Signore della storia. Nella prima Lettura il profeta Daniele afferma: "Il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto" (7,14).

Sì, o Cristo, tu sei Re! La tua regalità si manifesta paradossalmente sulla croce, nell'obbedienza al disegno del Padre, "che - come scrive l'apostolo Paolo - ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati" (Col 1,13-14). Primogenito di coloro che risuscitano dai morti, Tu, Gesù, sei il Re dell'umanità nuova, restituita alla sua dignità originaria.

Tu sei Re! Il tuo regno però non è di questo mondo (cfr Jn 18,36); non è il frutto di conquiste belliche, di dominazioni politiche, di imperi economici, di egemonie culturali. Il tuo è un "regno di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, di amore e di pace" (cfr Prefazio di Cristo Re), che si manifesterà nella sua pienezza alla fine dei tempi, quando Dio sarà tutto in tutti (cfr 1Co 15,28). La Chiesa, che già sulla terra può gustare le primizie del futuro compimento, non cessa di ripetere: "Venga il tuo regno" (Mt 6,10).

2. Venga il tuo regno! Pregano così, in ogni parte del mondo, i fedeli che si raccolgono quest'oggi attorno ai loro Pastori per il Giubileo dell'Apostolato dei Laici. Ed io mi unisco con gioia a questo universale coro di lode e di preghiera, celebrando insieme con voi, cari fedeli, la Santa Messa presso la Tomba dell'apostolo Pietro.

Ringrazio il Cardinale James Francis Stafford, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, e i due vostri rappresentanti, che all'inizio della Santa Messa si è fatto interprete dei comuni sentimenti. Saluto i venerati Fratelli nell'Episcopato, come pure i sacerdoti, i religiosi e le religiose presenti. Estendo il mio saluto in particolare a voi, laici, attivamente dediti alla causa del Vangelo: guardando a voi, penso anche a tutti i membri di comunità, associazioni e movimenti di azione apostolica; penso ai padri ed alle madri che con generosità e spirito di sacrificio attendono all'educazione dei loro figli nella pratica delle virtù umane e cristiane; penso a quanti offrono all'evangelizzazione il contributo delle loro sofferenze, accolte e vissute in unione con Cristo.

3. Saluto in modo speciale voi, cari partecipanti al Congresso del Laicato cattolico, che ben si inserisce nel contesto del Giubileo dell'Apostolato dei Laici. Il vostro incontro ha come tema "Testimoni di Cristo nel nuovo millennio". Esso riprende la tradizione dei convegni mondiali dell'Apostolato dei laici, iniziata cinquant'anni fa sotto l'impulso fecondo della più viva consapevolezza che la Chiesa aveva acquisito sia della propria natura di mistero di comunione che della propria intrinseca responsabilità missionaria nel mondo.

Nella maturazione di questa consapevolezza, il Concilio Ecumenico Vaticano II ha segnato una svolta decisiva. Con il Concilio, nella Chiesa è veramente scoccata l'ora del laicato e tanti fedeli laici, uomini e donne, hanno compreso con maggior chiarezza la propria vocazione cristiana, che, per sua stessa natura, è vocazione all'apostolato (cfr Apostolicam actuositatem AA 2). A 35 anni dalla sua conclusione, io dico: bisogna ritornare al Concilio. Bisogna riprendere in mano i documenti del Vaticano II per riscoprirne la grande ricchezza di stimoli dottrinali e pastorali.

In particolare, dovete riprendere in mano quei documenti voi laici, ai quali il Concilio ha aperto straordinarie prospettive di coinvolgimento e di impegno nella missione della Chiesa. Non vi ha forse ricordato il Concilio la vostra partecipazione alla funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo? A voi i Padri conciliari hanno affidato, in special modo, la missione di "cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e orientandole secondo Dio" (Lumen gentium LG 31).

Da allora è fiorita una vivace stagione aggregativa, nella quale accanto all'associazionismo tradizionale sono sorti nuovi movimenti, sodalizi e comunità (cfr Christifideles laici CL 29). Oggi più che mai, carissimi Fratelli e Sorelle, il vostro apostolato è indispensabile perché il Vangelo sia luce, sale e lievito di una nuova umanità.

4. Ma cosa comporta questa missione? Che significa essere cristiani oggi, qui, ora?

Essere cristiani non è mai stato facile e non lo è neppure oggi. Seguire Cristo esige il coraggio di scelte radicali, spesso controcorrente. "Noi siamo Cristo!", esclamava sant'Agostino. I martiri e i testimoni della fede di ieri e di oggi, tra i quali tanti fedeli laici, dimostrano che, se è necessario, non si deve esitare per Gesù Cristo neppure a dare la vita.

A questo proposito, il Giubileo invita tutti a un serio esame di coscienza e ad un perdurante rinnovamento spirituale per una sempre più incisiva azione missionaria. Vorrei qui riprendere quanto, 25 anni or sono, quasi a conclusione dell'Anno Santo del 1975, il mio venerato predecessore, il Papa Paolo VI, scriveva nell'Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi: "L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri... o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni" (n. 41).

Sono parole ancor valide quest'oggi dinanzi ad una umanità ricca di potenzialità e di attese, minacciata però da molteplici insidie e pericoli. Basti pensare, tra l'altro, alle conquiste sociali e alla rivoluzione in campo genetico; al progresso economico e al sottosviluppo esistente in vaste aree del pianeta; al dramma della fame nel mondo ed alle difficoltà esistenti per tutelare la pace; alla rete capillare delle comunicazioni ed ai drammi della solitudine e della violenza che registra la cronaca quotidiana. Carissimi fedeli laici, quali testimoni di Cristo, siete chiamati specialmente voi a recare la luce del Vangelo nei gangli vitali della società. Siete chiamati ad essere profeti della speranza cristiana e apostoli di "Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente!" (Ap 1,4).

5. "La santità si addice alla tua casa!" (Ps 92,5). Con queste parole ci siamo rivolti a Dio nel Salmo responsoriale. La santità continua a essere per i credenti la sfida più grande. Dobbiamo essere grati al Concilio Vaticano II, che ci ha ricordato come tutti i cristiani siano chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità.

Cari Fratelli e Sorelle, non abbiate paura di accettare questa sfida: essere uomini e donne santi! Non dimenticate che i frutti dell'apostolato dipendono dalla profondità della vita spirituale, dall'intensità della preghiera, da una formazione costante e da un'adesione sincera alle direttive della Chiesa. A voi ripeto quest'oggi, come ai giovani durante la recente Giornata Mondiale della Gioventù, che se sarete quello che dovete essere - se vivrete cioè il cristianesimo senza compromessi - potrete incendiare il mondo.

Vi attendono compiti e traguardi che possono apparire sproporzionati alle forze umane. Non scoraggiatevi! "Colui che ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento" (Ph 1,6). Conservate sempre fisso lo sguardo su Gesù. Fate di Lui il cuore del mondo.

E Tu, Maria, Madre del Redentore, sua prima e perfetta discepola, aiutaci a essere i suoi testimoni nel nuovo millennio. Fa' che il tuo Figlio, Re dell'universo e della storia, regni nella nostra vita, nelle nostre comunità e nel mondo intero!

"Lode e onore a Te, o Cristo!". Con la tua Croce hai redento il mondo. A Te affidiamo, all'inizio di un nuovo millennio, il nostro impegno a servizio di questo mondo che Tu ami e che noi pure amiamo. Sostienici con la forza della tua grazia! Amen.



GIUBILEO DELLA COMUNITÀ CON I DISABILI

Domenica, 3 Dicembre 2000

31200

1. "Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina" (
Lc 21,28).

San Luca, nel testo evangelico offerto alla nostra meditazione in questa prima domenica d'Avvento, mette in luce la paura che atterrisce gli uomini di fronte agli sconvolgimenti finali. Per contrasto, però, l'evangelista presenta con risalto ben maggiore la prospettiva gioiosa dell'attesa cristiana: "Allora - dice - vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande" (Lc 21,27). Ecco l'annuncio che dà speranza al cuore del credente: il Signore verrà "con potenza e gloria grande". Per questo i discepoli sono invitati a non avere paura, ma ad alzarsi ed a levare il capo, "perché la vostra liberazione è vicina" (Lc 21,28).

Ogni anno la Liturgia ci fa riascoltare, all'inizio dell'Avvento, questa "buona notizia", che risuona con straordinaria eloquenza nella Chiesa. E' la notizia della nostra salvezza; è l'annuncio che il Signore è vicino. Anzi, che Egli è già con noi.

2. Carissimi Fratelli e Sorelle! Sento vibrare nello spirito quest'invito alla serenità e alla speranza soprattutto quest'oggi, celebrando insieme con voi il Giubileo delle persone disabili. Lo celebriamo nel giorno a voi dedicato dalle Nazioni Unite, che proprio 25 anni fa pubblicarono la "Dichiarazione sui diritti della persona disabile".

Vi saluto con affetto, cari amici, che portate una o più forme di disabilità, e che avete voluto venire a Roma per questo incontro di fede e di fraternità. Ringrazio i vostri rappresentanti e il Direttore della Caritas Italiana per le parole che mi hanno rivolto all'inizio della Santa Messa. Estendo il mio cordiale pensiero a tutti i disabili, ai loro familiari e ai volontari che, in questo stesso giorno, celebrano con i loro Pastori, nelle varie Chiese locali, il loro Giubileo.

Nel vostro corpo e nella vostra vita, carissimi Fratelli e Sorelle, voi siete portatori di un'acuta speranza di liberazione. Non vi è in ciò un'implicita attesa della "liberazione" che Cristo ci ha acquistato con la sua morte e risurrezione? In effetti, ogni persona segnata da una difficoltà fisica o psichica vive una sorta di "avvento" esistenziale, l'attesa di una "liberazione" che si manifesterà pienamente, per essa come per tutti, soltanto alla fine dei tempi. Senza la fede, questa attesa può assumere i toni della delusione e dello sconforto; sorretta dalla parola di Cristo, essa si trasforma in speranza vivente ed operosa.

3. "Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere e di comparire davanti al Figlio dell'uomo" (Lc 21,36). L'odierna Liturgia ci parla della "seconda venuta" del Signore; parla cioè del ritorno glorioso di Cristo che coinciderà con quella che, in termini semplici, si chiama "la fine del mondo". Si tratta di un evento misterioso che, nel linguaggio apocalittico, presenta per lo più l'aspetto di un immenso cataclisma. Come la fine del singolo, cioè la morte, la fine dell'universo suscita l'angoscia dell'ignoto, il timore della sofferenza, insieme con interrogativi pieni di trepidazione sull'"aldilà".

Il tempo d'Avvento, che proprio oggi inizia, ci sprona a prepararci per accogliere il Signore che verrà. Ma come prepararci? La significativa celebrazione che stiamo compiendo pone in luce che un modo concreto per disporci a quell'incontro è la prossimità e la condivisione con chi, per qualunque motivo, si trova in difficoltà. Riconoscendo Cristo nel fratello, ci si dispone ad essere da Lui riconosciuti al suo ritorno definitivo. E' così che la Comunità cristiana si prepara alla seconda venuta del Signore: mettendo al centro le persone che Gesù stesso ha privilegiato, quelle persone che spesso la società emargina e non considera.

4. E' quanto abbiamo fatto oggi, raccogliendoci in questa Basilica per vivere la grazia e la gioia del Giubileo insieme con voi, che vi trovate in condizione di disabilità, e con le vostre famiglie. Con questo gesto intendiamo fare nostre le vostre ansie e le vostre attese, i vostri doni ed i vostri problemi.

In nome di Cristo, la Chiesa si impegna a farsi per voi sempre più "casa accogliente". Sappiamo che il disabile - persona unica e irripetibile nella sua eguale e inviolabile dignità - richiede non solo cura, ma anzitutto amore che si faccia riconoscimento, rispetto e integrazione: dalla nascita all'adolescenza, fino all'età adulta e al momento delicato, vissuto con trepidazione da tanti genitori, del distacco dai propri figli, il momento del "dopo di noi". Carissimi, vogliamo sentirci partecipi delle vostre fatiche e degli inevitabili momenti di sconforto, per illuminarli con la luce della fede e con la speranza della solidarietà e dell'amore.

5. Con la vostra presenza, carissimi Fratelli e Sorelle, voi riaffermate che la disabilità non è soltanto bisogno, è anche e soprattutto stimolo e sollecitazione. Certo, essa è domanda di aiuto, ma è prima ancora provocazione nei confronti degli egoismi individuali e collettivi; è invito a forme sempre nuove di fraternità. Con la vostra realtà, voi mettete in crisi le concezioni della vita legate soltanto all'appagamento, all'apparire, alla fretta, all'efficienza.

Anche la Comunità ecclesiale si pone in ascolto rispettoso; essa sente il bisogno di lasciarsi interrogare dalla fatica di tante vostre esistenze segnate misteriosamente dalla sofferenza e dal disagio di eventi lesivi, congeniti o acquisiti. Vuole farsi più vicina a voi e alle vostre famiglie, consapevole che la disattenzione acuisce sofferenza e solitudine, mentre la fede testimoniata nell'amore e nella gratuità dona forza e senso alla vita.

A quanti hanno responsabilità politiche a tutti i livelli, vorrei chiedere, in questa solenne circostanza, di operare affinché siano assicurate condizioni di vita e opportunità tali per cui la vostra dignità, cari Fratelli e Sorelle disabili, sia effettivamente riconosciuta e tutelata. In una società ricca di conoscenze scientifiche e tecniche, è possibile e doveroso fare di più, nei vari modi che la convivenza civile richiede: dalla ricerca biomedica per prevenire la disabilità, alla cura, all'assistenza, alla riabilitazione, alla nuova integrazione sociale.

Se i vostri diritti civili, sociali e spirituali vanno tutelati, è però ancor più importante salvaguardare le relazioni umane: relazioni di aiuto, di amicizia e di condivisione. Ecco perché vanno promosse forme di cura e di riabilitazione che tengano conto della visione integrale della persona umana.

6. "Il Signore vi faccia crescere e abbondare nell'amore vicendevole e verso tutti" (1Th 3,12).

San Paolo ci indica quest'oggi la via della carità come strada maestra per andare incontro al Signore che verrà. Egli sottolinea che solo amando in modo sincero e disinteressato potremo trovarci pronti "al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi" (1Th 3,13). Ancora una volta l'amore è il criterio decisivo, oggi e sempre.

Sulla croce, offrendo se stesso in riscatto per noi, Gesù ha realizzato il giudizio della salvezza, rivelando il disegno di misericordia del Padre. Questo giudizio Egli l'anticipa nel presente: identificandosi con "il più piccolo dei fratelli", Gesù ci chiede di accoglierlo e di servirlo con amore. Nell'ultimo giorno ci dirà: Ho avuto fame, mi hai dato da mangiare... (cfr Mt 25,35), e ci domanderà se avremo annunciato, vissuto e testimoniato il Vangelo della carità e della vita.

7. Quanto eloquenti sono oggi per noi queste tue parole, Signore della vita e della speranza! In Te ogni limite umano è riscattato e redento. Grazie a Te, la disabilità non è l'ultima parola dell'esistenza. E' l'amore la parola ultima, è il tuo amore che dà senso alla vita.

Aiutaci a orientare il cuore verso di Te; aiutaci a riconoscere il tuo volto che rifulge in ogni umana creatura per quanto provata dalla fatica, dalla difficoltà e dalla sofferenza.

Facci comprendere che "la gloria di Dio è l'uomo vivente" (Ireneo di Lione, Adv. haer., 4, 20, 7), e fa che un giorno possiamo gustare, nella visione divina, insieme a Maria Madre dell'umanità, la pienezza della vita da Te redenta. Amen!


271

CELEBRAZIONE DELL’INNO AKATHISTOS

NELLA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE

OMELIA DEL SANTO PADRE

8 dicembre 2000


1. Maria "è icona della Chiesa, simbolo e anticipo dell’umanità trasfigurata dalla grazia, modello e sicura speranza per quanti muovono i loro passi verso la Gerusalemme del cielo" (Lett. ap. Orientale lumen, 6).

Carissimi Fratelli e Sorelle! Eccoci raccolti nella Basilica che il popolo romano, all'indomani del Concilio di Efeso, ha dedicato con devoto fervore alla Santa Vergine Maria. Questa sera la tradizione liturgica bizantina celebra i primi Vespri della Concezione di sant'Anna, mentre la liturgia latina rende lode all'Immacolata Concezione della Madre di Dio.

Esprimo il mio vivo compiacimento per la partecipazione di una corona di Fratelli e Sorelle, che sono qui con noi questa sera in rappresentanza delle Chiese orientali cattoliche. Rivolgo il mio cordiale saluto a tutti i Vescovi di rito bizantino presenti in questa Basilica insieme con i loro fedeli.

2. Questa sera siamo tutti pervasi d'intima gioia: la gioia di rendere lode a Maria con l'Inno Acatisto, tanto caro alla tradizione orientale. E' un cantico tutto centrato su Cristo, contemplato nella luce della sua Vergine Madre. Per ben 144 volte esso ci invita a rinnovare a Maria il saluto dell'Arcangelo Gabriele: Ave Maria!

Abbiamo ripercorso le tappe della sua esistenza e reso lode per i prodigi in Lei compiuti dall'Onnipotente: dalla concezione verginale, inizio e principio della nuova creazione, alla sua divina maternità, alla condivisione della missione del suo Figlio, specialmente nei momenti della sua passione, morte e risurrezione.

Madre del Signore risorto e Madre della Chiesa, Maria ci precede e ci conduce all'autentica conoscenza di Dio e all'incontro con il Redentore. Ella ci indica la via e ci mostra il Figlio suo. Nel celebrarla con gioia e gratitudine, noi onoriamo la santità di Dio, la cui misericordia ha fatto meraviglie nella sua umile ancella. La salutiamo con il titolo di Piena di grazia ed imploriamo la sua intercessione per tutti i figli della Chiesa che, con quest'Inno Acatisto, celebra la sua gloria.

Ella ci guidi a contemplare, nel prossimo Natale, il mistero di Dio fatto uomo per la nostra salvezza!



GIUBILEO DEI CATECHISTI


E DEI DOCENTI DI RELIGIONE


OMELIA DEL SANTO PADRE


Domenica, 10 dicembre 2000

1. "Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!" (Lc 3,4). Con queste parole si rivolge a noi oggi Giovanni il Battista. La sua ascetica figura incarna, in un certo senso, il significato di questo tempo di attesa e di preparazione della venuta del Signore. Nel deserto di Giuda, egli proclama che è giunto ormai il compimento delle promesse ed il Regno di Dio è vicino: occorre per questo con urgenza abbandonare le vie del peccato e credere al Vangelo (cfr Mc 1,15).

Quale figura poteva essere più adatta di Giovanni Battista per questo vostro Giubileo, carissimi catechisti e insegnanti di religione cattolica? A tutti voi, qui convenuti da diversi Paesi, in rappresentanza di numerose Chiese particolari, rivolgo il mio affettuoso saluto. Ringrazio il Signor Cardinale Darío Castrillón Hoyos, Prefetto della Congregazione per il Clero, ed i vostri due rappresentanti, per le gentili parole che, all'inizio di questa celebrazione, mi hanno rivolto a nome di tutti voi.

2. Nel Battista, voi ritrovate oggi i tratti fondamentali del vostro servizio ecclesiale. Confrontandovi con lui, siete incoraggiati a compiere una verifica della missione che la Chiesa vi affida. Chi è Giovanni Battista? E' anzitutto un credente impegnato in prima persona in un esigente cammino spirituale, fatto di ascolto attento e costante della Parola di salvezza.Egli, inoltre, testimonia uno stile di vita distaccato e povero; dimostra grande coraggio nel proclamare a tutti la volontà di Dio, fino alle estreme conseguenze. Non cede alla facile tentazione di assumere un ruolo di primo piano, ma con umiltà abbassa se stesso per esaltare Gesù.

Come Giovanni Battista, anche il catechista è chiamato ad indicare in Gesù il Messia atteso, il Cristo. Suo compito è di invitare a fissare lo sguardo su Gesù e a seguirLo, perché solo Lui è il Maestro, il Signore, il Salvatore. Come il Precursore, il catechista non deve porre in risalto se stesso, ma Cristo. Tutto va orientato a Lui: alla sua venuta, alla sua presenza, al suo mistero.

Il catechista deve essere voce che rimanda alla Parola, amico che conduce allo Sposo. E tuttavia, come Giovanni, anch'egli è in un certo senso indispensabile, perché l'esperienza della fede ha sempre bisogno di un mediatore, che sia al tempo stesso testimone. Chi di noi non ringrazia il Signore per un valido catechista - sacerdote, religioso, religiosa, laico - al quale si sente debitore della prima esposizione organica e coinvolgente del mistero cristiano?

3. La vostra opera, cari catechisti ed insegnanti di religione, è quanto mai necessaria e richiede da parte vostra costante fedeltà a Cristo ed alla Chiesa. Tutti i fedeli, infatti, hanno diritto di ricevere da coloro che, per ufficio o per mandato, sono responsabili della catechesi e della predicazione, risposte non soggettive, ma rispondenti al Magistero costante della Chiesa, alla fede da sempre insegnata autorevolmente da quanti sono costituiti Maestri e vissuta in modo esemplare dai Santi.

A questo proposito, vorrei qui ricordare l'importante Esortazione Apostolica Quinque iam anni, che il Servo di Dio Papa Paolo VI indirizzò all'Episcopato cattolico cinque anni dopo il Concilio Vaticano II, vale a dire trent'anni fa, esattamente l'8 dicembre del 1970. Egli denunciava la pericolosa tendenza a ricostruire, su basi psicologiche e sociologiche, un cristianesimo avulso dalla Tradizione ininterrotta che si ricollega alla fede degli Apostoli (cfr Insegnamenti di Paolo VI, VIII [1970], 1420). Anche a voi, carissimi, spetta collaborare con i Vescovi affinché il necessario sforzo per far comprendere il messaggio agli uomini e alle donne del nostro tempo non tradisca mai la verità e la continuità della dottrina della fede (cfr ivi, 1422).

Ma non basta la conoscenza intellettuale di Cristo e del suo Vangelo. Credere in Lui, infatti, significa seguirLo. Per questo dobbiamo andare alla scuola degli Apostoli, dei Confessori della fede, dei Santi e delle Sante di ogni tempo, che hanno contribuito a diffondere e a fare amare il nome di Cristo, mediante la testimonianza di una vita spesa generosamente e gioiosamente per Lui e per i fratelli.

4. A questo riguardo, l'odierna pagina evangelica ci invita ad un accurato esame di coscienza. San Luca parla di "sentieri da raddrizzare", di "burroni da riempire", di "monti" e di "colli da abbassare", perché ogni uomo possa vedere la salvezza di Dio (cfr Lc 3,4-6). Questi "burroni da riempire" fanno pensare al distacco, che si constata in alcuni, tra la fede che professano e la vita quotidiana che conducono: il Concilio ha annoverato questo distacco "tra i più gravi errori del nostro tempo" (Gaudium et spes GS 43).

I "sentieri da raddrizzare" richiamano, inoltre, la condizione di taluni credenti che, dal patrimonio integrale ed immutabile della fede, ritagliano elementi soggettivamente scelti, magari alla luce della mentalità dominante, e si allontanano dalla strada diritta della spiritualità evangelica per far riferimento a vaghi valori ispirati ad un moralismo convenzionale e irenistico. In realtà, pur vivendo in una società multietnica e multireligiosa, il cristiano non può non avvertire l'urgenza del mandato missionario che induceva san Paolo ad esclamare: "Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1Co 9,16). In ogni circostanza, in ogni ambiente, favorevole o meno, va proposto con coraggio il Vangelo di Cristo, annuncio di felicità per ogni persona di qualunque età, categoria, cultura e nazione.

5. Consapevole di ciò, la Chiesa ha posto, negli ultimi decenni, un impegno ancora più grande nel rinnovamento della catechesi secondo gli insegnamenti e lo spirito del Concilio Vaticano II. Basti qui far cenno ad alcune importanti iniziative ecclesiali, tra cui le Assemblee del Sinodo dei Vescovi, in particolare quella del 1974 dedicata all'evangelizzazione; come pure ai vari documenti della Santa Sede e degli Episcopati, editi in questi decenni. Un posto speciale occupa, naturalmente, il Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato nel 1992, cui ha fatto seguito, tre anni fa, una nuova redazione del Direttorio Generale per la Catechesi. Quest'abbondanza di eventi e di documenti sta a testimoniare la sollecitudine della Chiesa che, introducendosi nel terzo millennio, si sente spinta dal Signore ad impegnarsi con slancio rinnovato nell'annuncio del messaggio evangelico.

6. La missione catechistica della Chiesa ha davanti a sé importanti traguardi. Gli Episcopati stanno approntando i catechismi nazionali, che, alla luce del Catechismo della Chiesa Cattolica, presenteranno la sintesi organica della fede in modo adeguato alle "differenze di cultura, di età, di vita spirituale e di situazione ecclesiale di coloro cui la catechesi è rivolta" (CEC 24). Un augurio sale dal cuore e diventa preghiera: possa il messaggio cristiano, integro e universale, permeare tutti gli ambiti e i livelli di cultura e di responsabilità sociale! Possa, in particolare, secondo una gloriosa tradizione, tradursi nel linguaggio dell'arte e della comunicazione sociale, così da raggiungere i più diversi ambienti umani!

Con grande affetto, in questo momento solenne, incoraggio voi, impegnati nelle diverse modalità catechistiche: dalla catechesi parrocchiale, che in un certo senso è fermento di tutte le altre, alla catechesi familiare, a quella nelle scuole cattoliche, nelle associazioni, nei movimenti, nella nuove comunità ecclesiali. L'esperienza insegna che la qualità dell'azione catechistica dipende in larga misura dalla presenza pastoralmente sollecita e affettuosa dei sacerdoti. Cari presbiteri, in particolare voi, cari parroci, non fate mancare la vostra diligente laboriosità negli itinerari di iniziazione cristiana e nella formazione dei catechisti. Siate loro vicini, accompagnateli. E' un importante servizio che la Chiesa vi domanda.

7. "Prego sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera, a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo" (Ph 1,4-5). Carissimi Fratelli e Sorelle, faccio volentieri mie le parole dell'apostolo Paolo, riproposte dall'odierna liturgia, e vi dico: voi, catechisti di ogni età e condizione, siete sempre presenti nelle mie preghiere, e il pensiero di voi, impegnati a diffondere il Vangelo in ogni parte del mondo e in ogni situazione sociale, è per me motivo di conforto e di speranza. Con voi, desidero oggi rendere omaggio ai numerosi vostri colleghi che hanno pagato con ogni genere di sofferenze e spesso anche con la vita la loro fedeltà al Vangelo e alle comunità cui erano inviati. Il loro esempio sia stimolo e incoraggiamento per ciascuno di voi.

"Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!" (Lc 3,6), così diceva nel deserto Giovanni il Battista, preannunciando la pienezza dei tempi. Facciamo nostro questo grido di speranza, celebrando il Giubileo bimillenario dell'Incarnazione. Ogni uomo possa, in Cristo, vedere la salvezza di Dio! Per questo egli deve incontrarLo, conoscerLo, seguirLo. Questa, carissimi, è la missione della Chiesa; questa è la vostra missione! Il Papa vi dice: Andate! Come il Battista, preparate la via al Signore che viene.

Vi guidi e vi assista Maria Santissima, la Vergine dell'Avvento, la Stella della nuova evangelizzazione. Siate docili come Lei alla divina Parola ed il suo Magnificat vi sproni alla lode e al coraggio profetico. Così, anche grazie a voi, si realizzeranno le parole del Vangelo: ogni uomo vedrà la salvezza di Dio! Amen!



GIUBILEO DEL MONDO DELLO SPETTACOLO


OMELIA DEL SANTO PADRE


Domenica, 17 Dicembre 2000

1. "Rallegratevi ... il Signore è vicino!" (Ph 4,4 Ph 4,5).

L'odierna terza domenica di Avvento è caratterizzata dalla gioia: la gioia di chi attende Colui che "è vicino", il Dio-con-noi, preannunciato dai profeti. E' la "grande gioia" del Natale che oggi pregustiamo; una gioia che "sarà di tutto il popolo", perché il Salvatore è venuto e verrà di nuovo a visitarci dall'alto, come sole che sorge (cfr Lc 1,78).

E' la gioia dei cristiani, pellegrini nel mondo, che attendono con speranza il ritorno glorioso di Colui che, per venire in nostro aiuto, si è spogliato della sua gloria divina. E' la gioia di questo Anno Santo, che commemora i due millenni da quando il Figlio di Dio, Luce da Luce, ha rischiarato con il fulgore della sua presenza la storia dell'umanità.

Assumono pertanto singolare eloquenza, in tale prospettiva, le parole del profeta Sofonia, che abbiamo ascoltato nella prima Lettura: "Gioisci, figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico" (So 3,14-15): ecco l'"anno di grazia del Signore", che ci risana dal peccato e dalle sue ferite!

2. Risuona con forte intensità nella nostra assemblea questo consolante annuncio profetico: "Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente. Esulterà di gioia per te, ti rinnoverà con il suo amore" (So 3,17).

E' Lui che è venuto ed è Lui che attendiamo. Su di Lui ci invita a tenere fisso lo sguardo l'Anno giubilare, soprattutto in questo avvento del Duemila. Il "Salvatore potente" viene oggi additato anche a voi, carissimi Fratelli e Sorelle, che in vari modi operate nel mondo dello spettacolo. In suo nome vi accolgo e cordialmente vi saluto. Ringrazio con affetto per le parole gentili che mi sono state rivolte da Mons. John Patrick Foley, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, e da due vostri rappresentanti. Estendo il mio saluto ai vostri colleghi ed amici che non hanno potuto essere presenti.

3. Il Vangelo di Luca, domenica scorsa, ci ha presentato Giovanni Battista, che sulle rive del Giordano proclamava l'imminente venuta del Messia. Oggi la liturgia ci fa ascoltare la continuazione di quel testo evangelico: il Battista indica alle folle come preparare concretamente la via del Signore. Alle diverse categorie di persone, che gli domandano: "E noi, che cosa dobbiamo fare?" (Lc 3,10 Lc 3,12 Lc 3,14), Egli indica quel che è necessario compiere per prepararsi ad accogliere il Messia.

Questa pagina evangelica fa pensare, in un certo senso, agli incontri giubilari per le svariate categorie sociali o professionali. Fa pensare pure a voi, cari Fratelli e Sorelle: con il vostro pellegrinaggio giubilare è come se foste venuti anche voi a chiedere: "Che cosa dobbiamo fare?". La prima risposta che vi offre la parola di Dio è un invito a ritrovare la gioia. Il Giubileo - termine che si collega con "giubilo" - non è forse l'esortazione ad essere pieni di gioia, perché il Signore è venuto ad abitare in mezzo a noi e ci ha donato il suo amore?

Questa gioia che scaturisce dalla grazia divina, però, non è un'allegria superficiale ed effimera. E' una gioia profonda, radicata nel cuore e capace di pervadere l'intera esistenza del credente. Una gioia che può convivere con le difficoltà, con le prove, addirittura - per quanto ciò possa sembrare paradossale - con il dolore e la morte. E' la gioia del Natale e della Pasqua, dono del Figlio di Dio incarnato, morto e risorto; una gioia che nessuno può togliere a quanti sono uniti a Lui nella fede e nelle opere (cfr Jn 16,22-23).

Molti di voi, carissimi, lavorano per l'intrattenimento del pubblico, nell'ideazione e nella realizzazione di spettacoli, che intendono offrire occasione di sana distensione e di svago. Se la gioia cristiana si pone in senso proprio su di un piano più direttamente spirituale, essa abbraccia però anche il sano divertimento che fa bene al corpo e allo spirito. La società, pertanto, dev'essere grata a chi produce e realizza trasmissioni e programmi intelligenti e distensivi, divertenti senza essere alienanti, umoristici ma non volgari. Diffondere autentica allegria può essere una forma genuina di carità sociale.

4. La Chiesa, poi, come Giovanni Battista, ha oggi un messaggio specifico per voi, cari operatori del mondo dello spettacolo. Un messaggio che si potrebbe articolare in questi termini: nel vostro lavoro, abbiate sempre presenti le persone dei vostri destinatari, i loro diritti e le loro legittime attese, tanto più quando si tratta di soggetti in formazione. Non lasciatevi condizionare dal mero interesse economico o ideologico. E' questo il principio fondamentale dell'etica delle comunicazioni sociali, che ciascuno di voi è chiamato ad applicare nel proprio ambito di attività. Su ciò il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali ha pubblicato nel giugno scorso uno specifico documento: Etica nelle Comunicazioni Sociali, sul quale vi invito a riflettere.

Soprattutto coloro, tra voi, che sono maggiormente noti al pubblico, devono essere costantemente consapevoli della loro responsabilità. A voi, cari amici, guarda con simpatia ed interesse la gente. Siate sempre per loro modelli positivi e coerenti, capaci di infondere fiducia, ottimismo e speranza.

Per poter realizzare quest'impegnativa vostra missione, vi viene in aiuto il Signore, al quale potete ricorrere mediante l'ascolto della sua parola e la preghiera. Sì, carissimi, voi che lavorate con le immagini, i gesti, i suoni; in altre parole, lavorate con l'esteriorità. Proprio per questo, voi dovete essere uomini e donne di forte interiorità, capaci di raccoglimento. In noi abita Dio, più intimo a noi di noi stessi, come rilevava Agostino. Se saprete dialogare con Lui, potrete meglio comunicare con il prossimo. Se avrete viva sensibilità per il bene, il vero e il bello, i prodotti della vostra creatività, anche i più semplici, saranno di buona qualità estetica e morale.

5. La Chiesa vi è vicina e conta su di voi! Essa attende che nel cinema, nella televisione, nella radio, nel teatro, nel circo e in ogni forma di intrattenimento trasfondiate quel "lievito" evangelico grazie al quale ogni realtà umana sviluppa al massimo le sue potenzialità positive.

Non è pensabile una nuova evangelizzazione che non coinvolga il vostro mondo, il mondo dello spettacolo, così importante per la formazione delle mentalità e dei costumi. Penso qui alle tante iniziative che ripropongono il messaggio biblico e il ricchissimo patrimonio della tradizione cristiana nel linguaggio delle forme, dei suoni, delle immagini mediante il teatro, il cinema, la televisione. Penso pure a quelle opere e a quei programmi non esplicitamente religiosi, che sono, tuttavia, capaci di parlare al cuore delle persone, suscitando in esse stupore, domande, riflessioni.

6. Carissimi Fratelli e Sorelle! La Provvidenza ha voluto che questo vostro Giubileo si celebrasse a pochi giorni dal Natale, la festa senza dubbio più rappresentata nel vostro campo di lavoro, a tutti i livelli, dai mass-media ai presepi viventi. L'odierno incontro ci aiuta così ad entrare in sintonia con l'autentico spirito natalizio, ben diverso da quello mondano che ne fa un'occasione di commercio.

Lasciate che a guidarvi nell'itinerario di preparazione a questa solennità sia Maria, la Madre del Verbo incarnato. Ella attende in silenzio il compimento delle promesse divine e ci insegna che per portare al mondo la pace e la gioia occorre prima accogliere nel cuore il Principe della Pace e la sorgente della gioia, Gesù Cristo. Perché questo avvenga, è necessario convertirsi al suo amore, essere disponibili a compiere la sua volontà.

Il mio augurio è che possiate pure voi, carissimi amici del mondo dello spettacolo, fare questa consolante esperienza. Con i linguaggi più diversi, sarete allora portatori di gioia, di quella gioia che Cristo nel Natale dona all'intera umanità.



SANTA MESSA DI MEZZANOTTE


OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


Domenica, 24 dicembre 2000

1. "Oggi è nato per noi il Salvatore" (Rit. Salmo resp.).

Risuona in questa notte, antico e sempre nuovo, l'annuncio del Natale del Signore. Risuona per chi veglia, come i pastori di Betlemme duemila anni or sono; risuona per chi ha seguito il richiamo dell'Avvento e, vigilante nell'attesa, è pronto ad accogliere il lieto messaggio, che nella liturgia si fa canto: "Oggi è nato per noi il Salvatore".

Veglia il popolo cristiano; veglia il mondo intero, in questa notte di Natale che si riallaccia a quella memorabile di un anno fa, quando fu aperta la Porta Santa del Grande Giubileo, Porta della grazia spalancata per tutti.

2. In ogni giorno dell'Anno giubilare è come se la Chiesa non avesse mai cessato di ripetere: "Oggi è nato per noi il Salvatore". Quest'annuncio, che possiede un'inesauribile carica di rinnovamento, riecheggia in questa notte santa con forza singolare: è il Natale del Grande Giubileo, memoria viva dei duemila anni di Cristo, della sua nascita prodigiosa, che ha segnato il nuovo inizio della storia. Oggi "il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14).

"Oggi". In questa notte, il tempo si apre all'eterno, perché Tu, o Cristo, sei nato tra noi sorgendo dall'alto. Sei venuto alla luce dal grembo di una Donna tra tutte benedetta, Tu, il "Figlio dell'Altissimo". La tua santità ha santificato una volta per sempre il nostro tempo: i giorni, i secoli, i millenni. Con la tua nascita hai fatto del tempo un "oggi" di salvezza.

3. "Oggi è nato per noi il Salvatore".

Celebriamo in questa notte il mistero di Betlemme, il mistero di una notte singolare che sta, in un certo senso, nel tempo e oltre il tempo. Nel grembo della Vergine è nato un Bambino, una mangiatoia è stata culla per la Vita immortale.

Natale è la festa della vita, perché Tu, Gesù, venendo alla luce come ognuno di noi, hai benedetto l'ora della nascita: un'ora che simbolicamente rappresenta il mistero dell'umana esistenza, unendo il travaglio alla speranza, il dolore alla gioia. Tutto questo è avvenuto a Betlemme: una Madre ha partorito; "è venuto al mondo un uomo" (Jn 16,21), il Figlio dell'uomo. Mistero di Betlemme!

4. Con interiore commozione ripenso ai giorni del mio pellegrinaggio giubilare in Terra Santa. Torno con la mente a quella grotta nella quale mi è stata concessa la grazia di sostare in preghiera. Bacio nello spirito quella terra benedetta in cui è sbocciata per il mondo la gioia imperitura.

Penso con apprensione ai Luoghi santi e, in modo speciale, alla città di Betlemme, dove, purtroppo, a causa della difficile situazione politica, non potranno svolgersi con la consueta solennità i suggestivi riti del Santo Natale. Vorrei che in questa notte quelle comunità cristiane sentissero la piena solidarietà di tutta la Chiesa.

Vi siamo vicini, carissimi Fratelli e Sorelle, con una preghiera particolarmente intensa. Insieme con voi trepidiamo per le sorti dell'intera regione medio-orientale. Voglia il Signore ascoltare la nostra invocazione! Da questa Piazza, centro del mondo cattolico, risuoni ancora una volta con rinnovato vigore l'annuncio degli angeli ai pastori: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14).

Non può vacillare la nostra fiducia, come non può venir meno la meraviglia per quanto stiamo commemorando. Nasce oggi Colui che dona al mondo la pace.

5. "Oggi è nato per noi il Salvatore".

Il Verbo vagisce in una mangiatoia. Si chiama Gesù, che significa "Dio salva", perché "salverà il suo popolo dai suoi peccati" (Mt 1,21).

Non è una reggia quella in cui nasce il Redentore, destinato ad instaurare il Regno eterno e universale. Nasce in una stalla e, venendo fra noi, accende nel mondo il fuoco dell'amore di Dio (cfr Lc 12,49). Questo fuoco non si spegnerà mai più.

Possa questo fuoco ardere nei cuori come fiamma di carità fattiva, che diventi accoglienza e sostegno per tanti fratelli provati dal bisogno e dalla sofferenza!

6. Signore Gesù, che contempliamo nella povertà di Betlemme, rendici testimoni del tuo amore, di quell'amore che Ti ha spinto a spogliarTi della gloria divina, per venire a nascere fra gli uomini e a morire per noi.

Mentre il Grande Giubileo entra nella sua fase finale, infondi in noi il tuo Spirito, perché la grazia dell'Incarnazione susciti in ogni credente l'impegno di una più generosa corrispondenza alla vita nuova ricevuta nel Battesimo.

Fa' che la luce di questa notte più splendente del giorno si proietti sul futuro ed orienti i passi dell'umanità sulla via della pace.

Tu, Principe della pace, Tu Salvatore nato oggi per noi, cammina con la tua Chiesa sulla strada che le si apre dinanzi nel nuovo millennio!



                                                Omelie 2001

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO


E NELLA XXXIV GIORNATA MONDIALE DELLA PACE


OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


1° gennaio 2001

1. "I Pastori andarono senza indugio e trovarono Maria, Giuseppe e il Bambino, che giaceva nella mangiatoia" (Lc 2,19).

Oggi, Ottava del Natale, la liturgia ci sollecita con queste parole a camminare, con nuovo e consapevole fervore, verso Betlemme per adorare il divino Bambino, nato per noi. Ci invita a seguire i passi dei pastori che, entrati nella grotta, riconoscono in quel piccolo essere umano, "nato da donna, nato sotto la legge" (Ga 4,4), l'Onnipotente che si è fatto uno di noi. Accanto a Lui, Giuseppe e Maria sono silenziosi testimoni del prodigio del Natale. Ecco il mistero che anche noi, oggi, stupiti contempliamo: è nato per noi il Signore. Maria ha dato "alla luce il Re che governa il cielo e la terra per i secoli in eterno" (cfr Sedulio).

Restiamo estasiati dinanzi alla scena che l'Evangelista ci racconta. Fermiamoci, in modo particolare, a contemplare i pastori. Modelli semplici e gioiosi della ricerca umana, essi, specialmente nel contesto del Grande Giubileo, pongono in evidenza quali devono essere le condizioni interiori per incontrare Gesù.

La disarmante tenerezza del Bambino, la sorprendente povertà in cui Egli si trova, l'umile semplicità di Maria e Giuseppe, trasformano la vita dei pastori: essi diventano così messaggeri di salvezza, evangelisti ante litteram.Scrive san Luca: "I pastori poi se ne tornarono glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro" (Lc 2,20). Partirono felici ed arricchiti da un evento che aveva cambiato la loro esistenza. C'è, nelle loro parole, l'eco d'una gioia interiore che si fa canto: "Se ne tornarono glorificando e lodando Dio".

2. Anche noi, in quest'Anno giubilare, ci siamo messi in cammino per incontrare Cristo, il Redentore dell'uomo. Varcando la Porta Santa, abbiamo sperimentato la sua misteriosa presenza, grazie alla quale è data all'uomo la possibilità di passare dal peccato alla grazia, dalla morte alla vita. Il Figlio di Dio, che si è fatto carne per noi, ci ha fatto sentire il possente richiamo alla conversione e all'amore.

Quanti doni, quante occasioni straordinarie ha offerto ai credenti il Grande Giubileo! Nell'esperienza del perdono ricevuto e donato, nel ricordo dei martiri, nell'ascolto del grido dei poveri del mondo e nelle testimonianze colme di fede tramandateci dai nostri fratelli credenti di tutti i tempi, anche noi abbiamo scorto la presenza salvifica di Dio nella storia. Abbiamo come toccato con mano il suo amore che rinnova la faccia della terra. Tra qualche giorno si concluderà questo speciale tempo di grazia. Come ai pastori accorsi ad adorarlo, Cristo chiede ai credenti, ai quali ha offerto la gioia di incontrarlo, una coraggiosa disponibilità a ripartire per annunciare il suo Vangelo antico e sempre nuovo. Li invia a vivificare la storia e le culture degli uomini con il suo messaggio salvifico.

3. "I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio" (Lc 2,30). Anche noi, incoraggiati ed arricchiti dalla grazia giubilare, iniziamo questo nuovo anno che il Signore ci dona. Ci siano di conforto le parole della prima Lettura, che rinnovano la benedizione del Creatore: "Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace" (Nb 6,24-25). Ci doni il Signore la sua pace, la pace non frutto di compromessi umani, ma sorprendente effetto del suo sguardo benevolo su di noi. Ecco la pace che invochiamo quest'oggi, celebrando la trentaquattresima Giornata Mondiale della Pace.

Con grande affetto, saluto gli illustri Signori Ambasciatori del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, presenti a questa solenne liturgia. Saluto, in modo particolare, il caro Monsignor François Xavier Nguyên Van Thuân, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e con lui i Collaboratori del Dicastero che ha il compito specifico di rappresentare la sollecitudine del Papa e della Sede Apostolica per la promozione di un mondo più giusto e concorde. Saluto le Autorità e quanti hanno voluto intervenire a quest'incontro di preghiera per la pace. A tutti vorrei idealmente riproporre il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest'anno, nel quale ho affrontato un argomento particolarmente attuale, il "Dialogo tra le culture per una civiltà dell'amore e della pace".

4. Rinnovo oggi, in questa suggestiva cornice liturgica, ad ogni persona di buona volontà l'invito accorato a percorrere con fiducia e tenacia la via privilegiata del dialogo. Solo così le ricchezze specifiche, che caratterizzano la storia e la vita degli uomini e dei popoli, non andranno disperse, ma, al contrario, potranno concorrere a costruire un'era nuova di fraterna solidarietà. Sia sforzo di tutti promuovere un'autentica cultura della solidarietà e della giustizia, strettamente "collegata con il valore della pace, obiettivo primario di ogni società e della convivenza nazionale e internazionale" (Messaggio per la Giornata mondiale della Pace, 18).

Ciò è ancor più necessario nell'attuale contesto mondiale, reso complesso dalla diffusa mobilità umana, dalla comunicazione globale e dall'incontro non sempre facile tra culture diverse. Al tempo stesso, va con vigore ribadita l'urgenza di difendere la vita, fondamentale bene dell'umanità, giacché "non si può invocare la pace e disprezzare la vita" (Ibid., 19).

Rivolgiamo al Signore la nostra preghiera, perché il rispetto di questi valori di fondo, patrimonio d'ogni cultura, contribuisca alla costruzione dell'auspicata civiltà dell'amore e della pace. Questo ci ottenga Cristo, Principe della Pace, che contempliamo nella povertà del presepe.

5. "Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19).

Quest'oggi la Chiesa celebra la Solennità di Maria, Madre di Dio. Dopo averla presentata come Colei che offre il Bambino alla sollecita ricerca dei pastori, l'evangelista Luca ci dona un'icona di Maria, semplice e maestosa insieme. Maria è la donna di fede, che ha fatto posto a Dio nel suo cuore, nei suoi progetti, nel suo corpo, nella sua esperienza di sposa e di madre. E' la credente capace di cogliere nell'inconsueta vicenda del Figlio l'avvento di quella "pienezza del tempo" (Ga 4,4), nella quale Dio, scegliendo le semplici vie dell'esistenza umana, ha deciso di coinvolgersi personalmente nell'opera della salvezza.

La fede porta la Vergine Santissima a percorrere strade sconosciute ed imprevedibili, continuando a serbare tutto nel suo cuore, cioè nell'intimità del suo spirito, per rispondere con rinnovata adesione a Dio e al suo disegno di amore.

6. A Lei rivolgiamo, all'inizio di questo nuovo anno, la nostra preghiera.

Aiuta anche noi, o Maria, a ripensare sempre con spirito di fede la nostra esistenza. Aiutaci a saper salvaguardare spazi di silenzio e di contemplazione nella frenetica vita quotidiana. Fa' che siamo sempre protesi verso le esigenze della pace vera, dono del Natale di Cristo.

A Te, in questo primo giorno del 2001, affidiamo le attese e le speranze dell'intera umanità: "Sotto la tua protezione troviamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta!" (Dalla Liturgia delle Ore).

Vergine Madre di Dio, intercedi per noi presso il tuo Figlio, perché il suo volto risplenda sul cammino del nuovo millennio ed ogni uomo possa vivere nella giustizia e nella pace!

Amen!



CAPPELLA PAPALE PER LA CHIUSURA DELLA PORTA SANTA


A CONCLUSIONE DEL GRANDE GIUBILEO DELL’ANNO 2000


OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


Solennità dell'Epifania del Signore, 6 gennaio 2001

1. "Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra!". Questa acclamazione, or ora ripetuta nel Salmo responsoriale, esprime molto bene il significato della Solennità dell'Epifania che oggi celebriamo. Insieme essa getta luce anche sull'odierno rito di chiusura della Porta Santa.

"Ti adoreranno, Signore...": è una visione che ci parla di futuro, ci fa guardare lontano. Viene evocata l'antica profezia messianica, che si realizzerà pienamente quando Cristo Signore tornerà glorioso alla fine della storia. Essa tuttavia ha avuto una prima realizzazione, storica e insieme profetica, quando i Magi vennero a Betlemme portando i loro doni. Fu l'inizio della manifestazione di Cristo – appunto la sua "epifania" – ai rappresentanti dei popoli del mondo.

E' una profezia che si va gradatamente attuando nel corso del tempo, a mano a mano che l'annuncio evangelico si espande nei cuori degli uomini e si radica in tutte le regioni della terra. Il Grande Giubileo non è stato forse una sorta di "epifania"? Venendo qui a Roma, o recandosi in pellegrinaggio anche altrove nelle tante Chiese giubilari, innumerevoli persone si sono poste in qualche modo sulle orme dei Magi, alla ricerca di Cristo. La Porta Santa non è che il simbolo di questo incontro con Lui. E' Cristo la vera "Porta Santa", che ci apre l'accesso alla casa del Padre e ci introduce nell'intimità della vita divina.

2. "Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra!". Qui soprattutto, nel centro della cattolicità, l'imponente afflusso di pellegrini provenienti da tutti i continenti ha offerto quest'anno un'immagine eloquente del cammino dei popoli verso Cristo. Si è trattato di persone delle più svariate categorie, venute col desiderio di contemplare il volto di Cristo e di ottenerne la misericordia.

"Il Cristo ieri e oggi / Principio e Fine / Alfa e Omega. / A Lui appartengono il tempo / e i secoli. / A Lui la gloria e il potere / per tutti i secoli in eterno" (Liturgia della Veglia pasquale). Sì, è quest'inno che il Giubileo, nell'orizzonte suggestivo del passaggio ad un nuovo millennio, ha voluto innalzare a Cristo, Signore della storia, a duemila anni dalla sua nascita. Oggi si conclude ufficialmente quest'anno straordinario, ma restano i doni spirituali che in esso sono stati effusi; continua quel grande "anno di grazia" che Cristo inaugurò nella sinagoga di Nazaret (cfr Lc 4,18-19) e che durerà fino alla fine dei tempi.

Mentre oggi si chiude, con la Porta Santa, un "simbolo" di Cristo, resta più che mai aperto il Cuore di Cristo. Egli continua a dire all'umanità bisognosa di speranza e di senso: "Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, ed io vi ristorerò" (Mt 11,28). Al di là delle numerose celebrazioni ed iniziative che lo hanno contraddistinto, è l'esperienza viva e consolante dell'"incontro con Cristo" la grande eredità che il Giubileo ci lascia.

3. Desideriamo quest'oggi farci voce del grazie e della lode di tutta la Chiesa. Per questo, al termine di questa celebrazione, canteremo un solenne Te Deum di ringraziamento. Il Signore ha compiuto meraviglie per noi, ci ha colmati di misericordia. Dobbiamo oggi far nostro il sentimento di letizia provato dai Magi, nel loro cammino verso Cristo: "Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia". Soprattutto dobbiamo imitarli mentre depongono ai piedi del Bimbo divino non solo i loro doni, ma la loro vita.

In quest'Anno giubilare la Chiesa ha cercato di svolgere con più grande impegno, per i suoi figli e per l'umanità, la funzione della stella che orientò i passi dei Magi. La Chiesa non vive per se stessa, ma per Cristo. Intende essere la "stella" che fa da punto di riferimento, aiutando a trovare il cammino che porta a Lui.

Nella teologia patristica si amava parlare della Chiesa come del "mysterium lunae", per sottolineare che essa, come la luna, non brilla di luce propria, ma riflette Cristo, il suo Sole. Mi piace ricordare che proprio con questo pensiero si apre la Costituzione dogmatica sulla Chiesa del Concilio Vaticano II: "Cristo è la luce delle genti", "lumen gentium"! E i Padri conciliari continuavano esprimendo il loro ardente desiderio di "illuminare tutti gli uomini con la luce di Cristo che si riflette sul volto della Chiesa" (n. 1).

Mysterium lunae: il Grande Giubileo ha fatto vivere alla Chiesa un'esperienza intensa di questa sua vocazione. E' Cristo che essa ha additato in quest'anno di grazia, riecheggiando ancora una volta le parole di Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna!" (Jn 6,68).

4. "Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra!". Questa universalità della chiamata dei popoli a Cristo si è quest'anno manifestata in modo più vistoso. Persone di ogni continente e di ogni lingua si sono date convegno in questa Piazza. Tante voci si sono qui levate nel canto, come sinfonia di lode e annuncio di fraternità.

Non potrei certo in questo momento ricordare gli svariati incontri che abbiamo vissuto. Mi vengono in mente i bambini che hanno inaugurato il Giubileo con la loro irrefrenabile festosità, e i giovani che hanno conquistato Roma con il loro entusiasmo e la serietà della loro testimonianza. Penso alle famiglie, che hanno proposto un messaggio di fedeltà e di comunione così necessario al nostro mondo, e agli anziani, agli ammalati e ai disabili, che hanno saputo offrire un'eloquente testimonianza della speranza cristiana. Ho davanti agli occhi il Giubileo di coloro che, nel mondo della cultura e della scienza, con dedizione quotidiana attendono alla ricerca della verità.

Il pellegrinaggio che duemila anni fa vide i Magi venire dall'Oriente fino a Betlemme, alla ricerca di Cristo appena nato, è stato quest'anno ripetuto da milioni e milioni di discepoli di Cristo, qui venuti non con "oro, incenso e mirra", ma portando il proprio cuore ricco di fede e bisognoso di misericordia.

5. Per questo la Chiesa oggi gode, vibrando all'appello di Isaia: "Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce... Cammineranno i popoli alla tua luce" (Is 60,1 Is 60,3). Non v'è, in questo sentimento di gioia, nessun vuoto trionfalismo. E come potremmo cadere in questa tentazione, proprio al temine di un anno così intensamente penitenziale? Il Grande Giubileo ci ha offerto un'occasione provvidenziale per compiere la "purificazione della memoria", chiedendo perdono a Dio per le infedeltà compiute, in questi duemila anni, dai figli della Chiesa.

Davanti a Cristo crocifisso, abbiamo ricordato che, a fronte della grazia sovrabbondante che rende la Chiesa "santa", noi figli suoi siamo largamente segnati dal peccato, e gettiamo ombra sul volto della Sposa di Cristo: nessuna auto-esaltazione, dunque, ma grande coscienza dei nostri limiti e delle nostre debolezze. Non possiamo, tuttavia, non vibrare di gioia, di quella gioia interiore a cui il profeta ci invita, ricca di gratitudine e di lode, perché fondata sulla coscienza dei doni ricevuti e sulla certezza dell'amore perenne di Cristo.

6. Ora è tempo di guardare avanti, e il racconto dei Magi può in certo senso indicarci una rotta spirituale. Essi ci dicono innanzitutto che, quando si è incontrato Cristo, occorre saper sostare e vivere profondamente la gioia dell'intimità con Lui. "Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua Madre, e prostratisi lo adorarono": la loro vita era ormai per sempre consegnata a quel Bimbo per il quale avevano affrontato le asprezze del viaggio e le insidie degli uomini. Il cristianesimo nasce, e continuamente si rigenera, a partire da questa contemplazione della gloria di Dio che rifulge sul volto di Cristo.

Un volto da contemplare, quasi intravedendo nei suoi occhi i "lineamenti" del Padre e lasciandosi avvolgere dall'amore dello Spirito. Il grande pellegrinaggio giubilare ci ha ricordato questa fondamentale dimensione trinitaria della vita cristiana: in Cristo incontriamo anche il Padre e lo Spirito. La Trinità è l'origine e il compimento. Tutto parte dalla Trinità, tutto torna alla Trinità.

E tuttavia, come avvenne per i Magi, questa immersione nella contemplazione del mistero non ci impedisce di camminare, anzi ci obbliga a ripartire per un nuovo tratto di cammino nel quale ci facciamo annunciatori e testimoni. "Per un'altra strada fecero ritorno al loro paese". I Magi furono in qualche modo i primi missionari. L'incontro con Cristo non li bloccò a Betlemme, ma li spinse nuovamente per le strade del mondo. Occorre ripartire da Cristo, e per ciò stesso, ripartire dalla Trinità

7. Proprio questo ci viene chiesto, carissimi Fratelli e Sorelle, come frutto del Giubileo che oggi si chiude.

In funzione di questo impegno che ci attende, firmerò tra poco la Lettera Apostolica "Novo millennio ineunte", nella quale propongo alcune linee di riflessione che possono aiutare tutta la comunità cristiana a "ripartire" con rinnovato slancio dopo l'impegno giubilare. Certo, non si tratta di organizzare, nel breve periodo, altre iniziative di grandi proporzioni. Si torna nell'impegno ordinario, ma questo è tutt'altro che un riposo. Occorre anzi trarre dall'esperienza giubilare gli insegnamenti utili per dare al nuovo impegno un'ispirazione e un orientamento efficaci.

8. Consegno queste linee di riflessione alle Chiese particolari, quasi come "eredità" del Grande Giubileo, perché le valorizzino all'interno della loro programmazione pastorale. C'è urgente bisogno innanzitutto di tesoreggiare l'impulso alla contemplazione di Cristo, che l'esperienza di quest'anno ci ha dato. Dentro il volto umano del Figlio di Maria riconosciamo il Verbo fatto carne, nella pienezza della sua divinità e della sua umanità. I più insigni artisti – in Oriente e Occidente - si sono cimentati col mistero di quel Volto. Ma esso è soprattutto il Volto che lo Spirito, divino "iconografo", disegna nei cuori di quanti lo contemplano e lo amano. Occorre "ripartire da Cristo", con lo slancio della Pentecoste, con entusiasmo rinnovato. Ripartire da Lui innanzitutto nell'impegno quotidiano della santità, ponendoci in atteggiamento di preghiera e in ascolto della sua parola. Ripartire poi da Lui per testimoniarne l'Amore, attraverso una pratica della vita cristiana segnata dalla comunione, dalla carità, dalla testimonianza nel mondo. E' questo il programma che consegno nella presente Lettera Apostolica. Esso si potrebbe ridurre ad una sola parola: "Gesù Cristo!".

All'inizio del mio Pontificato, e poi ancora tante volte, ho gridato ai figli della Chiesa e al mondo: "Aprite, spalancate le porte a Cristo". Desidero gridarlo ancora, al termine di questo Giubileo, all'inizio di questo nuovo millennio.

9. "Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra!". Questa profezia si realizza già nella Gerusalemme celeste, dove tutti i giusti del mondo, e specialmente tanti Testimoni della fede, sono misteriosamente raccolti in quella santa città in cui non vi è più sole, perché il suo sole è l'Agnello. Lassù angeli e santi uniscono la loro voce per cantare le lodi di Dio.

La Chiesa pellegrina sulla terra, nella sua liturgia, nel suo annuncio del Vangelo, nella sua testimonianza, si fa eco ogni giorno di quel canto celeste. Voglia il Signore che essa, nel nuovo millennio, cresca sempre più nella santità, per essere nella storia vera "epifania" del volto misericordioso e glorioso di Cristo Signore. Così sia!



TE DEUM


6 gennaio 2001

Solennità dell'Epifania del Signore


Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Con il canto solenne del Te Deum, eleveremo tra poco il nostro ringraziamento a Dio per il dono inestimabile che l'Anno Santo è stato per la Chiesa e per l'umanità.

Si uniscono a noi nel rendimento di grazie le Diocesi del mondo intero, che hanno vissuto con intensità questo Giubileo in costante comunione con la Chiesa di Roma. Né si può dimenticare la cordiale partecipazione di cristiani di altre Chiese e Comunità ecclesiali, come pure l'adesione da parte di seguaci di altre Religioni alla gioia dei cristiani per questo straordinario evento.

2. Sento il bisogno di esprimere, in questo momento, sentimenti di viva riconoscenza alle istituzioni e ai responsabili del Governo italiano, della Regione Lazio, della Provincia e del Comune di Roma, per l'impegno profuso per la riuscita del Giubileo.

Ringrazio il Comitato Centrale del Grande Giubileo e coloro che hanno collaborato nelle diverse sue commissioni e articolazioni. Ringrazio chi ha curato le sacre liturgie ed i tempi di preghiera; chi ha reso ai pellegrini il prezioso servizio dell'ascolto e delle confessioni.

Un grazie caloroso alle Forze dell'Ordine, agli operatori dei servizi di accoglienza, di informazione, sanitari; all'Agenzia romana per il Giubileo e ai circa settantamila volontari, di ogni età e provenienza, che si sono avvicendati senza interruzione lungo l'arco dell'Anno giubilare; alle famiglie che hanno accolto nelle loro case pellegrini, specialmente i giovani. Sono veramente tanti quelli che hanno dato il loro apporto: nessuno di loro si senta escluso da questo mio cordiale, profondo ringraziamento.

Inoltre, non posso non ringraziare chi ha contribuito spiritualmente alla riuscita del Giubileo: penso alle monache e ai monaci di clausura, come pure alle tante persone, specialmente anziane, e ai malati, che hanno incessantemente pregato e offerto le loro sofferenze per il Giubileo. In modo particolare, vorrei ringraziare i malati che ogni mese si sono dati appuntamento nella Basilica di Santa Maria Maggiore, e quanti a loro si sono uniti da ogni parte d'Italia.

A tutti grazie di cuore!

Chers pèlerins de langue française, je vous adresse un salut cordial. Au terme du grand Jubilé, je souhaite que vos démarches jubilaires portent des fruits de grâce, pour vous-mêmes, pour vos familles et pour vos communautés diocésaines. J'ai confiance que tout ce que vous avez réalisé fera grandir la foi dans vos pays et contribuera à une vie meilleure. Je vous accorde à tous une affectueuse Bénédiction apostolique.

I am pleased to greet the English-speaking people taking part in this final act of the Great Jubilee: may the abundant graces and blessings of this Holy Year continue to touch your lives and truly fill your homes, your families and friends, and the entire world with the lasting fruits of faith, hope and love!

Herzlich grüße ich die Pilger aus den Ländern deutscher Sprache. Heute hat sich die Heilige Pforte geschlossen. Doch der Zugang zum lebendigen Christus bleibt immer offen. So ist der Schluß des Großen Jubiläums zugleich ein wichtiger Anfang: Christus wünscht sich einen neuen Aufbruch. Dazu begleite euch Gottes treuer Segen.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española. Que el encuentro especial con Cristo que ha supuesto este Gran Jubileo y las gracias obtenidas a lo largo del mismo inspiren toda vuestra vida en los años venideros, haciendo de cada uno un testigo del amor y de la misericordia de Dios.

Amados Irmãos e Irmãs, o Jubileu foi realmente um Ano de Graça no Senhor. Levai para os vossos lares a certeza da paz e da misericórdia de Cristo, nossa Páscoa, e vivei com a firme esperança no Ressuscitado, pois Ele vos espera na Casa do Pai. Que Deus vos abençoe!

Zycze wszystkim moim Rodakom aby duchowe dary udzielone nam w czasie Wielkiego Jubileuszu nadal trwaly i przynosily owoce w zyciu osobistym, rodzinnym i spolecznym. Niech Chrystus "jedyny Zbawiciel Swiata" ubogaci wszystkich swoim blogoslawienstwem i prowadzi po drogach nowego tysiaclecia.

Traduzione italiana:

Auguro a tutti i miei connazionali che i doni spirituali concessici durante il Grande Giubileo perdurino e portino abbondanti frutti nella vita personale, familiare e sociale. Che Cristo, "unico Salvatore del mondo", arricchisca tutti con la sua benedizione e li conduca sulle vie del nuovo millennio.



GPII Omelie 1996-2005 12110