GPII Omelie 1996-2005 284

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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SAN DOMENICO DI GUZMAN


Domenica, 25 marzo 2001

1. "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2Co 5,20). Oggi, quarta Domenica di Quaresima, risuonano con singolare eloquenza queste parole dell'apostolo Paolo. Esse costituiscono un forte richiamo alla conversione e alla riconciliazione con Dio. Sono invito a intraprendere un cammino di autentico rinnovamento spirituale. Facendo esperienza dell'amore misericordioso del Padre celeste, il credente diventa a sua volta annunciatore e testimone di questo dono straordinario offerto all'intera umanità in Cristo crocifisso e risorto.

Ricorda, in proposito, l'Apostolo: "Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo" (ibid., 5, 18). E aggiunge che Iddio continua ad esortare per mezzo nostro, "affidando a noi la parola della riconciliazione" (ibid., 5,19). La missione di proclamare la riconciliazione compete anzitutto agli apostoli e ai loro successori; coinvolge inoltre ogni cristiano secondo le responsabilità e le modalità tipiche del suo stato. Tutti, pertanto, siamo chiamati ad essere "missionari di riconciliazione" con la parola e con la vita.

2. "Lasciatevi riconciliare con Dio!". Facendo mia l'esortazione di Paolo, sono lieto di salutare tutti voi, carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia di san Domenico di Guzman, e gli abitanti della borgata Cinquina! Proseguendo il mio pellegrinaggio pastorale nelle comunità parrocchiali romane, oggi ho la gioia di essere in mezzo a voi. Saluto con affetto il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il vostro zelante Parroco, Don Paolo Corsi, il vicario parrocchiale e gli altri sacerdoti. Saluto i religiosi, le religiose e quanti attivamente cooperano nelle diverse attività pastorali. Saluto le famiglie, gli anziani, gli ammalati e quanti non hanno potuto essere con noi, ma sono a noi uniti spiritualmente. Ringrazio coloro che, a nome dell'intera famiglia parrocchiale, mi hanno rivolto cortesi parole di benvenuto all'inizio della Santa Messa.

Uno speciale pensiero va a voi, carissimi giovani, che offrite alla comunità parrocchiale un significativo contributo con la freschezza del vostro entusiasmo. Permettete che profitti di questa circostanza per ricordarvi l'importante appuntamento di giovedì cinque aprile in Piazza San Pietro, alle ore diciassette. Insieme con gli altri vostri coetanei di Roma ci incontreremo per pregare e prepararci alla sedicesima Giornata Mondiale della Gioventù che, come sapete, quest'anno si celebra nelle singole Diocesi, la domenica delle Palme.

3. La liturgia odierna, ricca di richiami al perdono e alla riconciliazione, ci offre utili stimoli per una revisione di vita personale e comunitaria. Quale opportuna occasione anche per la vostra Parrocchia di riflettere sulla sua storia passata, sul suo impegno presente e sulle sue prospettive future!

Nei quasi ventisette anni dalla sua fondazione, essa ha compiuto sforzi notevoli per offrire ai numerosi nuclei familiari, qui venuti ad abitare, un'adeguata accoglienza. Ora si rende necessario compiere un deciso passo in avanti, privilegiando in ogni modo l'evangelizzazione, mediante appropriati percorsi di formazione cristiana. La vostra comunità parrocchiale ha già intrapreso questo itinerario pastorale, partecipando attivamente alla Missione cittadina e alla celebrazione del Grande Giubileo. Un'altra provvidenziale tappa di tale cammino sarà il Convegno diocesano, che avrà luogo nel prossimo mese di giugno, e al quale vi invito a prepararvi con cura e soprattutto pregando.

La sfida che avete davanti è impegnativa. E' necessario, come voi stessi osservate, giungere ad articolare un vero e proprio percorso di formazione alla fede, che coinvolga quanti si accostano ai sacramenti dell'iniziazione cristiana e prosegua nell'età dell'adolescenza e della giovinezza, interessando poi i fidanzati e le famiglie. A tal fine, potrete valorizzare le diverse modalità esistenti, che spaziano dalla catechesi alle interessanti attività giovanili, quali gli incontri per i ragazzi del «dopo-Cresima», i campi scuola estivi, il laboratorio teatrale e le iniziative dell'oratorio, comprese quelle destinate ai più piccoli. Va, inoltre, favorita una sempre più attiva presenza dei laici negli organismi di partecipazione pastorale. E' ugualmente importante incentivare la collaborazione dei fedeli alla vita della Parrocchia attraverso l'adesione ad associazioni, gruppi e movimenti ecclesiali e alle proposte della Caritas e del Volontariato vincenziano.

4. Per portare a compimento un così vasto programma apostolico, è necessario in primo luogo dedicarsi alla preghiera e all'ascolto della Parola di Dio. So che in Parrocchia ci sono vari incontri di preghiera e si tiene l'adorazione eucaristica settimanale: me ne compiaccio con voi. Il cuore di ogni progetto e piano missionario, cari Fratelli e Sorelle, sia la Santa Messa, vissuta con fede e con gioia soprattutto la domenica, "Giorno del Signore".

Contemplando il volto di Cristo morto e risorto per noi, e celebrando la sua presenza eucaristica, potrete con più fedeltà e coraggio proseguire nella grande impresa della «nuova evangelizzazione». E' un impegno urgente. Nel vostro quartiere, infatti, non è assente la sfida delle sette. Non posso non dire a voi di adoperarvi perché ai vostri fanciulli e a tutte le persone di buona volontà sia annunciato il Vangelo così come da duemila anni lo annuncia la Chiesa. Proponete con chiarezza le verità della fede cristiana, accompagnandole sempre con il linguaggio comprensibile a tutti dell'amore e della fraternità.

5. "Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove" (2Co 5,17). E' proprio così: in Cristo tutto si rinnova, e rinasce costantemente la speranza, anche dopo esperienze amare e tristi. La parabola del "figliol prodigo", meglio definita come la parabola del "Padre misericordioso", oggi proclamata nella nostra assemblea, ci assicura che l'amore misericordioso del Padre celeste può cambiare radicalmente l'atteggiamento di ogni figlio prodigo: può renderlo nuova creatura.

Colui che, avendo peccato contro il Cielo era perduto ed era morto, adesso è realmente perdonato e torna in vita. Prodigio straordinario della misericordia di Dio! La Chiesa ha come missione quella di annunciare e condividere con tutti gli uomini il grande tesoro del "Vangelo della misericordia".

E' qui la sorgente della gioia che permea la liturgia dell'odierna domenica, chiamata appunto "Domenica laetare", dalle prime parole latine dell'Antifona all'ingresso. E' la gioia dell'antico popolo d'Israele che, dopo quarant'anni di cammino nel deserto, poté celebrare la prima Pasqua e godere dei frutti della Terra Promessa. E' anche la gioia di tutti noi che, percorsi i quaranta giorni della Quaresima, rivivremo il Mistero pasquale.

Ci accompagni in quest'itinerario Maria, che con il "fiat" dell'Annunciazione, ha dischiuso le porte dell'umanità al dono della salvezza. Ci ottenga di pronunciare ogni giorno il nostro "" a Cristo, per essere sempre più totalmente "riconciliati con Dio". Amen.


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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI NOSTRA SIGNORA DEL SUFFRAGIO

E SANT’AGOSTINO DI CANTERBURY


Domenica, 1° aprile 2001

1. "Grandi cose ha fatto il Signore per noi" (cfr Ps 125 [126], 3). Queste parole, che abbiamo ripetuto come ritornello al Salmo responsoriale, costituiscono una bella sintesi dei temi biblici proposti dall'odierna quinta Domenica di Quaresima. Già nella prima Lettura, tratta dal cosiddetto "Secondo Isaia", l'anonimo Profeta dell'esilio babilonese annuncia la salvezza da Dio preparata per il suo popolo. L'uscita da Babilonia e il ritorno in patria saranno come un nuovo e più grande Esodo.

Allora Dio aveva liberato gli ebrei dalla schiavitù d'Egitto, superando l'ostacolo del mare; ora Egli riporta il suo popolo nella terra promessa, tracciando nel deserto una strada sicura. "Ecco faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa" (Is 43,18-19).

«Una cosa nuova»: noi cristiani sappiamo che, quando nell'Antico Testamento si parla di «realtà nuove», il riferimento ultimo è alla vera grande «novità» della storia: Cristo, venuto nel mondo a liberare l'umanità dalla schiavitù del peccato, del male e della morte.

2. "Donna... nessuno ti ha condannato? ... neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più" (Jn 8,10-11). Gesù è novità di vita per chi gli apre il cuore e, riconoscendo il proprio peccato, accoglie la sua misericordia che salva. Nell'odierna pagina evangelica, il Signore offre questo suo dono d'amore all'adultera, perdonata e ricondotta alla sua piena dignità umana e spirituale. Lo offre anche ai suoi accusatori, ma il loro spirito resta chiuso e impermeabile.

C'è qui un invito a meditare sul paradossale rifiuto del suo amore misericordioso. E' come se già iniziasse il processo contro Gesù, che rivivremo tra pochi giorni negli eventi della Passione: esso sfocerà nella sua ingiusta condanna a morte sulla croce. Da una parte, l'amore redentore di Cristo, gratuitamente offerto a tutti; dall'altra, la chiusura di chi, mosso dall'invidia, cerca una ragione per ucciderlo. Accusato addirittura di porsi contro la Legge, Gesù è «messo alla prova»: se assolve la donna sorpresa in flagrante adulterio, si dirà che ha trasgredito i precetti di Mosè; se la condanna, si dirà che è stato incoerente col messaggio di misericordia verso i peccatori.

Ma Gesù non cade nel tranello. Col suo silenzio, invita ciascuno a riflettere su se stesso. Da una parte, invita la donna a riconoscere la colpa commessa; dall'altra, invita i suoi accusatori a non sottrarsi all'esame di coscienza: "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei" (Jn 8,7).

Grave è certo la situazione della donna. Ma proprio da questo scaturisce il messaggio: qualunque sia la condizione in cui uno può venirsi a trovare, gli è sempre possibile aprirsi alla conversione e ricevere il perdono dei peccati. "Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più" (Jn 8,10-11). Sul Calvario, con il sacrificio supremo della vita, il Messia suggellerà per ogni uomo e ogni donna il dono infinito del perdono e della misericordia di Dio.

3. Carissimi Fratelli e Sorelle! Sono lieto di essere oggi qui con voi, in questa vostra Parrocchia di recente fondazione. Sorta dalla fusione delle Parrocchie di "Nostra Signora del Suffragio" e di "Sant'Agostino di Canterbury", essa è stata consacrata un anno fa dal Cardinale Vicario, che saluto con affetto. Saluto insieme a lui Mons. Vicegerente, il vostro caro Parroco, Don Giulio Ramiccia, e i sacerdoti collaboratori. Un grazie cordiale esprimo a quanti mi hanno dato il benvenuto a nome vostro, all'inizio della Santa Messa.

Un pensiero riconoscente va alle Religiose che vivono e operano in questo territorio: le Suore Minime di Nostra Signora del Suffragio, le Suore Figlie del Sacro Cuore, le Suore della Congregazione della Madre del Carmelo, le Suore Ospedaliere della Misericordia e la Comunità Adsis. Abbraccio con affetto quanti sono ospitati nei luoghi di cura presenti nell'ambito parrocchiale e chi è al loro quotidiano servizio. Saluto i membri del Consiglio Pastorale e di quello per gli Affari Economici, come pure i componenti dei vari gruppi e associazioni della vostra comunità. Saluto voi, bambini, ragazzi, ragazze e tutti i presenti, estendendo il mio ricordo agli abitanti dell'intero quartiere di Torre Maura.

4. Vengo tra voi nella Domenica che la nostra Diocesi dedica in modo particolare alla testimonianza della carità. Anche nella vostra Parrocchia, come in altre zone periferiche della Città, non mancano situazioni di disagio: dal fenomeno della tossicodipendenza all'usura, dalla prostituzione al disagio giovanile, dalla disoccupazione alla non sempre facile integrazione degli immigrati.

Su questi fronti la vostra comunità è assai attiva e cerca di dare risposte concrete a chi vive in gravi difficoltà. Intensificate, carissimi, in questo tempo di Quaresima, l'attenzione per chi è nel bisogno. Insieme al digiuno e alla preghiera, la carità è uno degli elementi caratteristici dell'itinerario quaresimale. Diffondete, pertanto, sempre più il bene e fate dell'attenzione per gli «ultimi» uno dei cardini della vostra azione pastorale.

Con ogni mezzo aiutate, poi, gli abitanti della vostra zona a scoprire che Cristo e il suo Vangelo rispondono ai reali bisogni dell'uomo e della famiglia. Da questo spirito sia animata l'iniziativa delle visite alle famiglie, cominciata in occasione della Missione cittadina e che ora state opportunamente proseguendo.

Penso adesso con speciale affetto a voi, cari giovani, che siete stati protagonisti della passata Giornata Mondiale della Gioventù, nel cuore del Grande Giubileo. So che avete accolto, nell'ambito della parrocchia, circa 1500 giovani provenienti da varie parti del mondo. Mi congratulo con voi per quanto avete compiuto con spirito di abnegazione, dando anche agli adulti una testimonianza di buona volontà. Continuate a incidere nella comunità con la vostra fedeltà evangelica, perché molti vostri coetanei, grazie a voi, possano incontrare Gesù. Vi aspetto giovedì prossimo, insieme a tutti i giovani di Roma, in Piazza San Pietro, per prepararci a celebrare la Giornata Mondiale della Gioventù che, come voi sapete, sarà domenica prossima, Domenica delle Palme.

5. "Tutto io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore" (Ph 3,8). Conoscere Cristo! In questo ultimo tratto dell'itinerario quaresimale siamo ancor più stimolati dalla liturgia ad approfondire la nostra conoscenza di Gesù, a contemplare il suo volto dolente e misericordioso, preparandoci a sperimentare il fulgore della sua risurrezione. Non possiamo restare in superficie. E' necessario fare esperienza personale e profonda della ricchezza dell'amore di Cristo. Solo così, come afferma l'Apostolo, arriveremo a "conoscere Lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conformi nella morte, con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti" (Ph 3,10).

Come Paolo, ogni cristiano è in cammino; la Chiesa è in cammino. Non fermiamoci, Fratelli e Sorelle, né rallentiamo il passo. Al contrario, protendiamoci con tutte le forze verso la meta a cui Dio ci chiama. Corriamo verso la Pasqua ormai vicina. Ci guidi e ci accompagni, con la sua protezione, Maria, la Vergine del Cammino. Sia Lei, la Madonna che qui venerate come "Nostra Signora del Suffragio", a intercedere per noi, ora e nell'ora del nostro incontro supremo con Cristo. Amen!



XVI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ


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DOMENICA DELLA PALME

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


8 aprile 2001




1. «Osanna!», «Crocifiggilo!». Si potrebbe riassumere in queste due parole, gridate probabilmente dalla medesima folla a pochi giorni di distanza, il significato dei due avvenimenti che ricordiamo in questa liturgia domenicale.

Con l'acclamazione «Benedetto colui che viene!», in un impeto di entusiasmo, la gente di Gerusalemme, agitando rami di palme, accoglie Gesù che entra in città a dorso di un asino. Con il «Crocifiggilo!», gridato due volte in un crescendo di furore, la moltitudine reclama dal governatore romano la condanna dell'imputato che, in silenzio, sta in piedi nel Pretorio.

La nostra celebrazione inizia perciò con un «Osanna!» e si conclude con un «Crocifiggilo!». La palma del trionfo e la croce della Passione: non è un controsenso; è piuttosto il cuore del mistero che vogliamo proclamare. Gesù si è consegnato volontariamente alla Passione, non si è trovato schiacciato da forze più grandi di Lui. Ha affrontato liberamente la morte di croce e nella morte ha trionfato.

Scrutando la volontà del Padre, Egli ha compreso che era venuta l'«ora» e l'ha accolta con l'obbedienza libera del Figlio e con infinito amore per gli uomini: "Sapendo che era venuta l'ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Jn 13,1).

2. Oggi guardiamo a Gesù che si avvicina al termine della sua vita e si presenta come Messia atteso dal popolo, mandato da Dio e venuto in suo nome a portare la pace e la salvezza, anche se in una modalità diversa da come l'attendevano i suoi contemporanei. L'opera di salvezza e di liberazione compiuta da Gesù continua nei secoli. Per questo la Chiesa, che fermamente lo crede presente anche se invisibile, non si stanca di acclamare a Lui nella lode e nell'adorazione. Ancora una volta, pertanto, la nostra assemblea proclama: "Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!".

3. La lettura della pagina evangelica ha posto davanti ai nostri occhi le scene terribili della passione di Gesù: la sua sofferenza fisica e morale, il bacio di Giuda, l'abbandono da parte dei discepoli, il processo davanti a Pilato, gli insulti e gli scherni, la condanna, la via dolorosa, la crocifissione. Infine, la sofferenza più misteriosa: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". Un forte grido, e poi la morte.

Perché tutto questo? L'inizio della preghiera eucaristica ci darà la risposta: "Egli, che era senza peccato, accettò la passione per noi peccatori e, consegnandosi a un'ingiusta condanna, portò il peso dei nostri peccati. Con la sua morte lavò le nostre colpe e con la sua risurrezione ci acquistò la salvezza" (Prefazio).

La nostra celebrazione dice dunque riconoscenza e amore a Colui che si è sacrificato per noi, al Servo di Dio che, come aveva detto il profeta, non ha opposto resistenza, non si è tirato indietro, ha presentato il dorso ai flagellatori, non ha sottratto la faccia agli insulti e agli sputi (cfr Is 50,4-7).

4. La Chiesa, però, leggendo il racconto della Passione non si limita a considerare unicamente le sofferenze di Gesù; si accosta trepidante e fiduciosa a questo mistero, sapendo che il suo Signore è risorto. La luce della Pasqua fa scoprire il grande insegnamento contenuto nella Passione: la vita si afferma attraverso il dono sincero di sé fino ad affrontare la morte per gli altri, per l'Altro.

Gesù non ha inteso la propria esistenza terrena come ricerca del potere, come corsa al successo e alla carriera, come volontà di dominio sugli altri. Al contrario, Egli ha rinunciato ai privilegi della sua uguaglianza con Dio, ha assunto la condizione di servo divenendo simile agli uomini, ha obbedito al progetto del Padre fino alla morte sulla croce. E così ha lasciato ai suoi discepoli e alla Chiesa un insegnamento prezioso: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Jn 12,24).

5. La Domenica delle Palme è divenuta, ormai da anni, anche la Giornata Mondiale della Gioventù, la vostra Giornata, carissimi giovani, qui convenuti dalle varie parrocchie della diocesi di Roma e da altre parti del mondo: insieme con voi saluto con affetto e speranza anche i vostri coetanei che nelle diverse Chiese locali celebrano oggi la XVI Giornata Mondiale della Gioventù, la prima del nuovo millennio.

Saluto in particolare i giovani della Delegazione canadese, guidata dall'Arcivescovo di Toronto Card. Ambrozic, che sono qui tra noi per accogliere la Croce intorno alla quale si raccoglieranno i giovani d'ogni continente nella prossima Giornata Mondiale del Duemiladue. A tutti e a ciascuno indico ancora una volta con forza nella Croce di Cristo il cammino di vita e di salvezza, la via per giungere alla palma del trionfo nel giorno della risurrezione.

Che cosa vediamo sulla Croce che s'eleva davanti a noi e che, da duemila anni, il mondo non cessa di interrogare e la Chiesa di contemplare? Vediamo Gesù, il Figlio Dio che s'è fatto uomo per restituire l'uomo a Dio. Lui, senza peccato, sta ora davanti a noi crocifisso. Egli è libero, pur essendo inchiodato al legno. E' innocente, pur sotto l'iscrizione che annuncia il motivo della sua condanna. Nessun osso gli è stato spezzato (cfr Ps 34,21), perché è la colonna portante di un mondo nuovo. La sua tunica non è stata stracciata (cfr Jn 19,24), perché Egli è venuto per radunare tutti i figli di Dio che il peccato aveva disperso (cfr Jn 11,52). Il suo corpo non sarà gettato in terra ma deposto in una roccia (cfr Lc 23,53), perché non può subire la corruzione il corpo del Signore della vita, che ha vinto la morte.

6. Carissimi giovani, Gesù è morto ed è risorto, Egli ora vive per sempre! Ha dato la sua vita. Ma nessuno gliel'ha tolta; l'ha data «per noi» (Jn 10,18). Per mezzo della sua croce è venuta a noi la vita. Grazie alla sua morte ed alla sua risurrezione, il Vangelo ha trionfato, ed è nata la Chiesa.

Mentre entriamo fiduciosi nel nuovo secolo e nel nuovo millennio, cari giovani, il Papa vi ripete le parole dell'apostolo Paolo: "Se moriamo con Gesù, vivremo anche con lui; se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo" (2Tm 2,11). Perché solo Gesù è la Via, la Verità, la Vita (cfr Jn 14,6).

Chi ci separerà allora dall'amore di Cristo? La risposta l'ha data l'Apostolo anche per noi: "Io sono persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rm 8,38-39).

Gloria e lode a Te, o Cristo, Verbo di Dio, salvatore del mondo!



SANTA MESSA DEL CRISMA NELLA BASILICA VATICANA


OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


Giovedì, 12 aprile 2001



1. "Spiritus Domini super me, eo quod unxerit Dominus me - Lo spirito del Signore è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione" (Is 61,1).

In questi versetti, tratti dal Libro di Isaia, è contenuto il tema conduttore della Messa del Crisma. La nostra attenzione si concentra sull'unzione, dal momento che tra poco verranno benedetti l'Olio dei catecumeni, l'Olio degli infermi e il Crisma.

Viviamo stamane una singolare festa nel segno dell'"olio di letizia" (Ps 44,8). E' festa del popolo di Dio, il quale fissa quest'oggi lo sguardo sul mistero dell'unzione, che segna la vita di ogni cristiano, a partire dal giorno del Battesimo.

E' festa, in modo speciale, di tutti noi, carissimi e venerati Fratelli nel Sacerdozio, ordinati presbiteri per il servizio del popolo cristiano. Vi ringrazio cordialmente per la vostra numerosa presenza: intorno all'altare della Confessione di san Pietro. Voi rappresentate il presbiterio romano e, in un certo senso, il presbiterio del mondo.

Celebriamo la Messa crismale alle soglie del Triduo pasquale, centro e culmine dell'Anno liturgico. Questo rito suggestivo prende luce, per così dire, dal Cenacolo, dal mistero cioè di Cristo Sacerdote, che nell'Ultima Cena consacra se stesso, anticipando il sacrificio cruento del Golgota. E' dalla Mensa eucaristica che discende la sacra unzione. Lo Spirito divino diffonde il suo mistico profumo in tutta la casa (cfr Jn 12,3), cioè nella Chiesa, e rende specialmente i sacerdoti partecipi della stessa consacrazione di Gesù (cfr Colletta).

2. "Misericordias Domini in aeternum cantabo - Canterò in eterno le misericordie del Signore" (Rit. Salmo resp.).

Intimamente rinnovati dall'esperienza giubilare, da poco conclusa, siamo entrati nel terzo millennio portando nel cuore e sulle labbra le parole del Salmo: "Canterò in eterno le misericordie del Signore". Ogni battezzato è chiamato a render lode e testimonianza all'amore misericordioso di Dio con la santità della vita, e così pure ogni comunità cristiana. "Questa è la volontà di Dio - scrive l'apostolo Paolo - la vostra santificazione" (1Th 4,3). E il Concilio Vaticano II precisa: "Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità" (Lumen gentium LG 40).

Questa fondamentale verità, che va tradotta in priorità pastorale, concerne anzitutto noi Vescovi e voi, carissimi sacerdoti. Prima che il nostro «agire», interpella il nostro «essere». "Siate santi - dice il Signore - perché io sono santo" (Lv 19,2); ma si potrebbe aggiungere: siate santi, affinché il popolo che Dio vi ha affidato sia santo. La santità del gregge non deriva certo da quella del Pastore, ma senza dubbio viene da essa favorita, incentivata e alimentata.

Ho scritto nella Lettera, che come ogni anno indirizzo ai sacerdoti in occasione del Giovedì Santo: questa "giornata speciale della nostra vocazione, ci chiama a riflettere soprattutto sul nostro «essere», e in particolare sul nostro cammino di santità. E' da questo che scaturisce, poi, anche lo slancio apostolico" (n. 6).

Ho voluto porre l'accento sul fatto che la vocazione sacerdotale è «mistero di misericordia» (ivi, 7). Come Pietro e Paolo sappiamo di essere indegni di un dono così grande. Per questo dinanzi a Dio non cessiamo di provare stupore e riconoscenza per la gratuità con cui ci ha scelti, per la fiducia che ripone in noi, per il perdono che mai ci rifiuta (cfr ivi, 6).

3. Con questo spirito, carissimi Fratelli, rinnoveremo tra poco le promesse sacerdotali. E' un rito che acquista pienezza di valore e di significato proprio come espressione del cammino di santità, al quale il Signore ci ha chiamato sulla via del sacerdozio. E' un cammino che ciascuno percorre in maniera personalissima, nota a Dio solo, il quale scruta e conosce i cuori. Tuttavia, nell'odierna liturgia, la Chiesa ci offre la consolante opportunità di unirci, di sostenerci gli uni gli altri nel momento in cui ripetiamo ad una sola voce: "Sì, lo voglio".

Questa fraterna solidarietà non può non farsi impegno concreto a portare i pesi gli uni degli altri, nelle circostanze ordinarie della vita e del ministero. Se è vero, infatti, che nessuno può diventare santo al posto di un altro, è altrettanto vero che ognuno può e deve diventarlo con e per gli altri, sul modello di Cristo.

La santità personale non si nutre forse di quella spiritualità di comunione, che deve sempre precedere e accompagnare le concrete iniziative di carità? (cfr Novo millennio ineunte, NM 43). Per educare ad essa i fedeli, a noi Pastori è chiesto di darne coerente testimonianza. In tal senso, la Messa crismale assume una straordinaria eloquenza. In effetti, tra le celebrazioni dell'Anno liturgico, questa manifesta maggiormente il vincolo di comunione esistente tra il Vescovo e i presbiteri e dei presbiteri tra loro: è un segno che il popolo cristiano attende ed apprezza con fede e affetto.

4. "Vos autem sacerdotes Domini vocabimini, ministri Dei nostri, dicetur vobis - Voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio sarete detti" (Is 61,6).

Così il profeta Isaia si rivolge agli Israeliti, profetizzando i tempi messianici, in cui tutti i membri del popolo di Dio avrebbero ricevuto la dignità sacerdotale, profetica e regale per opera dello Spirito Santo. Tutto ciò si è realizzato in Cristo con la nuova Alleanza. Gesù trasmette ai suoi discepoli l'unzione ricevuta dal Padre, cioè il "battesimo nello Spirito Santo" che lo costituisce Messia e Signore. Comunica ad essi il medesimo Spirito; il suo mistero di salvezza estende così la sua efficacia sino ai confini della terra.

Oggi, carissimi Fratelli nel Sacerdozio, facciamo grata memoria dell'unzione sacramentale che abbiamo ricevuto, e al tempo stesso rinnoviamo l'impegno a diffondere sempre e in ogni luogo il buon profumo di Cristo (cfr Orazione dopo la Comunione).

Ci sostenga la Madre di Cristo, Madre dei sacerdoti, alla quale le Litanie si rivolgono con il titolo di "Vas spirituale". Maria ottenga per noi, fragili vasi di creta, di essere ricolmi della divina unzione. Ci aiuti a non dimenticare mai che lo Spirito del Signore ci "ha mandato per annunciare ai popoli il lieto messaggio". Docili allo Spirito di Cristo, saremo ministri fedeli del suo Vangelo. Sempre. Amen!



SANTA MESSA NELLA CENA DEL SIGNORE


OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


Giovedì Santo, 12 aprile 2001

1. "In supremae nocte Cenae / recumbens cum fratribus... - La notte dell'ultima Cena, / sedendo a mensa coi suoi..., / con le proprie mani / dà se stesso in cibo ai Dodici".

Con queste parole il suggestivo inno del "Pange lingua" presenta l'Ultima Cena, nella quale Gesù ci ha lasciato il mirabile Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. Le letture appena proclamate ne illustrano il senso profondo. Esse compongono quasi un trittico: presentano l'istituzione dell'Eucaristia, la sua prefigurazione nell'Agnello pasquale, la sua traduzione esistenziale nell'amore e nel servizio fraterno.

E' stato l'apostolo Paolo, nella prima Lettera ai Corinzi, a ricordarci quanto Gesù ha fatto "nella notte in cui veniva tradito". Al racconto del fatto storico, Paolo ha aggiunto un proprio commento: "Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga" (1Co 11,26). Il messaggio dell'Apostolo è chiaro: la comunità che celebra la Cena del Signore attualizza la Pasqua. L'Eucaristia non è la semplice memoria di un rito passato, ma la viva ripresentazione del gesto supremo del Salvatore. Da questa esperienza la comunità cristiana non può non sentirsi spinta a farsi profezia del mondo nuovo, inaugurato nella Pasqua. Contemplando stasera il mistero d'amore che l'Ultima Cena ci ripropone, restiamo anche noi in commossa e silenziosa adorazione.

2. "Verbum caro, / panem verum verbo carnem efficit... Il Verbo incarnato / con la sua parola trasforma / il vero pane nella sua carne...".

E' il prodigio che noi sacerdoti tocchiamo ogni giorno con le nostre mani nella santa Messa! La Chiesa continua a ripetere le parole di Gesù, e sa di essere impegnata a farlo fino alla fine del mondo. In virtù di quelle parole si realizza un mirabile cambiamento: restano le specie eucaristiche, ma il pane e il vino diventano, secondo la felice espressione del Concilio di Trento, "veramente, realmente e sostanzialmente" il Corpo e il Sangue del Signore.

La mente si sente smarrita di fronte a così sublime mistero. Tanti interrogativi s'affacciano al cuore del credente, che tuttavia trova pace nella parola di Cristo. "Et si sensus deficit / ad firmandum cor sincerum sola fides sufficit - Se il senso si smarrisce, / la fede sola basta a un cuore sincero". Sorretti da questa fede, da questa luce che illumina i nostri passi anche nella notte del dubbio e della difficoltà, noi possiamo proclamare: "Tantum ergo Sacramentum / veneremur cernui - Così grande Sacramento / veneriam, dunque, prostrati".

3. L'istituzione dell'Eucaristia si riallaccia al rito pasquale della prima Alleanza, che ci è stato descritto nella pagina dell'Esodo poc'anzi proclamata: vi si parla dell'agnello "senza difetto, maschio, nato nell'anno" (Ex 12,6), il cui sacrificio avrebbe liberato il popolo dallo sterminio: "Il sangue sulle vostre case sarà il segno che voi siete dentro: io vedrò il sangue e passerò oltre, non vi sarà per voi flagello di sterminio" (12,13).

L'inno di san Tommaso commenta: "Et antiquum documentum / novo cedat ritui - ceda ormai la vecchia Legge / al Sacrificio nuovo". Giustamente, perciò, i testi biblici della Liturgia di questa sera orientano il nostro sguardo verso il nuovo Agnello, che con il sangue liberamente versato sulla Croce ha stabilito una nuova e definitiva Alleanza. Ecco l'Eucaristia, sacramentale presenza della carne immolata e del sangue versato del nuovo Agnello. In essa vengono offerti a tutta l'umanità la salvezza e l'amore. Come non essere affascinati da questo Mistero? Facciamo nostre le parole di san Tommaso d'Aquino: "Praestet fides supplementum sensuum defectui - Supplisca la fede al difetto dei sensi". Sì, la fede ci conduce allo stupore e all'adorazione!

4. E' a questo punto che il nostro sguardo si allarga sul terzo elemento del trittico che compone l'odierna liturgia. Lo dobbiamo al racconto dell'evangelista Giovanni, il quale ci presenta l'icona sconvolgente della lavanda dei piedi. Con quel gesto Gesù ricorda ai discepoli di tutti i tempi che l'Eucaristia chiede di essere testimoniata nel servizio d'amore verso i fratelli. Abbiamo ascoltato le parole del Maestro divino: "Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri" (Jn 13,14). E' un nuovo stile di vita che discende dal gesto di Gesù: "Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi" (Jn 13,15).

La lavanda dei piedi si propone come un atto paradigmatico, che nella morte in croce e nella resurrezione di Cristo trova la sua chiave di lettura e la sua massima esplicitazione. In quest'atto di servizio umile la fede della Chiesa vede l'esito naturale di ogni celebrazione eucaristica. L'autentica partecipazione alla Messa non può non generare l'amore fraterno sia nel singolo credente che nell'intera comunità ecclesiale.

5. "Li amò sino alla fine" (Jn 13,1). L'Eucarestia costituisce il segno perenne dell'amore di Dio, amore che sostiene il nostro cammino verso la piena comunione con il Padre, attraverso il Figlio, nello Spirito.

E' un amore che supera il cuore dell'uomo. Sostando questa sera ad adorare il Santissimo Sacramento, e meditando il mistero dell'Ultima Cena, ci sentiamo immersi nell'oceano d'amore che sgorga dal cuore di Dio. Facciamo nostro con animo grato l'inno di grazie del popolo dei redenti:

"Genitori Genitoque / laus et iubilatio... - Al Padre e al Figlio / lode e giubilo, / salute, potenza, benedizione: / a Colui che procede da ambedue, / pari gloria e onore sia!" Amen!



VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA


OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


Sabato, 14 aprile 2001



1. "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato" (Lc 24,5-6).

Queste parole di due uomini "in vesti sfolgoranti" riaccendono la fiducia nelle donne accorse al sepolcro, sul far del mattino. Avevano vissuto gli eventi tragici culminati nella crocifissione di Cristo sul Calvario; avevano sperimentato la tristezza e lo smarrimento. Non avevano abbandonato, però, nell'ora della prova il loro Signore.

Vanno di nascosto nel luogo dove Gesù era stato sepolto per rivederlo ancora e abbracciarlo l'ultima volta. Le spinge l'amore; quello stesso amore che le aveva portate a seguirlo per le strade della Galilea e della Giudea sino al Calvario.

Donne fortunate! Non sapevano ancora che quella era l'alba del giorno più importante della storia. Non potevano sapere che loro, proprio loro, sarebbero state le prime testimoni della risurrezione di Gesù.

2. "Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro" (Lc 24,2).

Così narra l'evangelista Luca, e aggiunge che, "entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù" (24, 3). In un sol colpo tutto cambia. Gesù "non è qui, è risuscitato". Quest'annuncio, che ha trasformato la tristezza di queste pie donne in gioia, risuona con immutata eloquenza nella Chiesa, nel corso di questa Veglia pasquale.

Singolare Veglia di una notte singolare. Veglia, madre di tutte le Veglie, durante la quale la Chiesa intera resta in attesa presso la tomba del Messia, sacrificato sulla Croce. La Chiesa attende e prega, riascoltando le Scritture che ripercorrono l'intera storia della salvezza.

Ma questa notte non sono le tenebre a dominare, bensì il fulgore d'una luce improvvisa, che irrompe con l'annuncio sconvolgente della risurrezione del Signore. L'attesa e la preghiera diventano allora un canto di gioia: "Exultet iam angelica turba caelorum... Esulti il coro degli Angeli!".

Si ribalta totalmente la prospettiva della storia: la morte cede il passo alla vita. Vita che non muore più. Nel Prefazio canteremo tra poco che Cristo "morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita". Ecco la verità che noi proclamiamo con le parole, ma soprattutto con la nostra esistenza. Colui che le donne credevano morto è vivo. La loro esperienza diventa la nostra.

3. O Veglia permeata di speranza, che esprimi in pienezza il senso del mistero! O Veglia ricca di simboli, che manifesti il cuore stesso della nostra esistenza cristiana! Questa notte tutto si riassume prodigiosamente in un nome, nel nome di Cristo risorto.

O Cristo, come non ringraziarTi per il dono ineffabile che in questa notte ci elargisci? Il mistero della tua morte e della tua risurrezione si trasfonde nell'acqua battesimale che accoglie l'uomo antico e carnale e lo rende puro della stessa giovinezza divina.

Nel tuo mistero di morte e di risurrezione ci immergeremo tra poco, rinnovando le promesse battesimali; in esso saranno immersi specialmente i sei catecumeni, che riceveranno il Battesimo, la Cresima e l'Eucaristia.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle catecumeni, vi saluto con grande cordialità, e a nome della Comunità ecclesiale vi accolgo con fraterno affetto. Voi provenite da diverse nazioni: dal Giappone, dall'Italia, dalla Cina, dall'Albania, dagli Stati Uniti d'America e dal Perù.

La vostra presenza in questa Piazza esprime la molteplicità delle culture e dei popoli che hanno aperto il loro cuore al Vangelo. Anche per voi, come per ogni battezzato, questa notte la morte cede il passo alla vita. Il peccato è cancellato e inizia un'esistenza tutta nuova. Perseverate sino alla fine nella fedeltà e nell'amore. E non temete dinanzi alle prove, perché "Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui" (Rm 6,9).

5. Sì, Fratelli e Sorelle carissimi, Gesù è vivo e noi viviamo in Lui. Per sempre. Ecco il dono di questa notte, che ha definitivamente svelato al mondo la potenza di Cristo, Figlio della Vergine Maria, a noi data per Madre ai piedi della Croce.

Questa Veglia ci introduce in un giorno che non conosce tramonto. Giorno della Pasqua di Cristo, che inaugura per l'umanità una rinnovata primavera di speranza.

"Haec dies quam fecit Dominus: exsultemus et laetamur in ea - Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo di gioia". Alleluja!



GPII Omelie 1996-2005 284