GPII Omelie 1996-2005 20599

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"Cantiamo al Signore un canto nuovo!".


1. L'invito dell'antifona d'ingresso ben esprime la gioia di tanti fedeli, che da tempo attendono l'elevazione agli onori degli altari di Padre Pio da Pietrelcina. Questo umile frate cappuccino ha stupito il mondo con la sua vita tutta dedita alla preghiera e all'ascolto dei fratelli.

Innumerevoli persone si sono recate ad incontrarlo nel convento di san Giovanni Rotondo ed il pellegrinaggio, anche dopo la sua morte, non è cessato. Quando ero studente qui a Roma, ebbi io stesso occasione di conoscerlo personalmente e ringrazio Iddio che mi dà oggi la possibilità di iscriverlo nell'albo dei Beati.

Ripercorriamo, questa mattina, i tratti salienti della sua esperienza spirituale guidati dai testi della Liturgia di questa quinta domenica di Pasqua, all'interno della quale si colloca il rito della sua beatificazione.

2. "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me" (
Jn 14,1). Nella pagina evangelica, poc'anzi proclamata, abbiamo ascoltato queste parole di Gesù ai suoi discepoli, bisognosi di un incoraggiamento. L'accenno, infatti, alla sua prossima dipartita li aveva gettati nello sconforto. Temevano di essere abbandonati, di restare soli ed il Signore li solleva con una precisa promessa: "Vado a prepararvi un posto", e poi "Ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io" (Jn 14,2-3).

A quest'assicurazione gli Apostoli replicano per bocca di Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?" (Jn 14,5). L'osservazione è pertinente e Gesù non sfugge alla domanda che vi è implicita. La risposta che egli dà resterà nei secoli come limpida luce per le generazioni che verranno: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Jn 14,6).

Il "posto" che Gesù va a preparare è nella "casa del Padre"; là il discepolo potrà essere eternamente con il Maestro e partecipare alla sua stessa gioia. Per raggiungere la meta, tuttavia, unica è la strada: Cristo, al quale il discepolo si deve progressivamente conformare. La santità consiste precisamente in questo: non è più il cristiano che vive, ma Cristo stesso vive in lui (cfr Ga 2,20). Traguardo esaltante, a cui s'accompagna una promessa altrettanto consolante: "Chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre" (Jn 14,12).

3. Noi ascoltiamo queste parole di Cristo e il pensiero va all'umile frate cappuccino del Gargano. Con quale evidenza esse si sono realizzate nel Beato Pio da Pietrelcina!

"Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede . . .". Che cosa è stata la vita di questo umile figlio di san Francesco, se non un costante esercizio di fede, corroborato dalla speranza del Cielo, ove poter essere con Cristo?

"Vado a prepararvi un posto . . . perché siate anche voi dove sono io". Quale altro scopo ha avuto la durissima ascesi a cui Padre Pio si è sottoposto fin dalla prima giovinezza, se non la progressiva identificazione col divin Maestro, per essere "là dove egli era"?

Chi si recava a san Giovanni Rotondo per partecipare alla sua Messa, per chiedergli consiglio o confessarsi, scorgeva in lui un'immagine viva del Cristo sofferente e risorto. Sul volto di Padre Pio risplendeva la luce della risurrezione. Il suo corpo, segnato dalle "stimmate", mostrava l'intima connessione tra morte e risurrezione, che caratterizza il mistero pasquale. Per il Beato di Pietrelcina la condivisione della Passione ebbe toni di speciale intensità: i singolari doni che gli furono concessi e le sofferenze interiori e mistiche che li accompagnavano gli consentirono di vivere un'esperienza coinvolgente e costante dei patimenti del Signore, nella immutabile consapevolezza che "il Calvario è il monte dei Santi".

4. Non meno dolorose, e umanamente forse ancor più cocenti, furono le prove che dovette sopportare in conseguenza, si direbbe, dei suoi singolari carismi. Nella storia della santità talvolta accade che l'eletto, per una speciale permissione di Dio, sia oggetto di incomprensioni. Quando ciò si verifica, l'obbedienza diventa per lui crogiuolo di purificazione, sentiero di progressiva assimilazione a Cristo, rinvigorimento dell'autentica santità. A tal proposito, il nuovo Beato scriveva ad un suo superiore: "Opero solamente per ubbidirvi, avendomi fatto conoscere il buon Dio l'unica cosa a lui più accetta e per me unico mezzo di sperar salute e cantar vittoria" (Epist. 1 p. 807).

Quando su di lui si è abbattuta la "bufera", egli ha fatto regola della sua esistenza l'esortazione della prima Lettera di san Pietro, che poco fa abbiamo ascoltato: Stringetevi a Cristo, pietra viva (cfr 1P 2,4). In questo modo, è diventato anche lui "pietra viva", per la costruzione dell'edificio spirituale che è la Chiesa. E di questo oggi rendiamo grazie al Signore.

5. "Anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione d'un edificio spirituale" (1P 2,5). Quanto pertinenti appaiono queste parole applicate alla straordinaria esperienza ecclesiale cresciuta intorno al nuovo Beato! Tanti, incontrandolo direttamente o indirettamente, hanno ritrovato la fede; alla sua scuola, si sono moltiplicati in ogni angolo del mondo i "gruppi di preghiera". A coloro che a lui accorrevano proponeva la santità, ripetendo loro: "Sembra che Gesù non abbia altra cura per le mani se non quella di santificare l'anima vostra" (Epist. II, p. 155).

Se la Provvidenza divina ha voluto che egli agisse senza mai spostarsi dal suo convento, quasi "piantato" ai piedi della Croce, ciò non è senza significato. Il divin Maestro ebbe un giorno a consolarlo, in un momento di particolari prove, dicendogli che "sotto la Croce s'impara ad amare" (Epist. 1 p. 339).

Sì, la Croce di Cristo è l'insigne scuola dell'amore; anzi la "sorgente" stessa dell'amore. Purificato dal dolore, l'amore di questo fedele discepolo attraeva i cuori a Cristo e al suo esigente Vangelo di salvezza.

6. Al tempo stesso, la sua carità si riversava come balsamo sulle debolezze e sofferenze dei fratelli. Padre Pio unì così allo zelo per le anime l'attenzione per il dolore umano, facendosi promotore a san Giovanni Rotondo di una struttura ospedaliera, da lui chiamata "Casa Sollievo della sofferenza". Egli la volle come un ospedale di prim'ordine, ma soprattutto si preoccupò che in esso si praticasse una medicina veramente "umanizzata", in cui il rapporto con il malato fosse improntato alla più calda premura ed alla più cordiale accoglienza. Sapeva bene che, chi è malato e sofferente, ha bisogno non solo di una corretta applicazione dei mezzi terapeutici, ma anche e soprattutto di un clima umano e spirituale che gli consenta di ritrovare se stesso nell'incontro con l'amore di Dio e la tenerezza dei fratelli.

Con la "Casa Sollievo della sofferenza" egli ha voluto mostrare che i "miracoli ordinari" di Dio passano attraverso la nostra carità. Occorre rendersi disponibili alla condivisione ed al servizio generoso dei fratelli, avvalendosi di ogni risorsa della scienza medica e della tecnica.

7. L'eco che questa beatificazione ha suscitato in Italia e nel mondo è segno che la fama di Padre Pio, figlio dell'Italia e di Francesco d'Assisi, ha raggiunto un orizzonte che abbraccia tutti i Continenti. Sono lieto di salutare quanti sono qui convenuti, incominciando dalle alte Autorità italiane, che hanno voluto essere presenti: il Signor Presidente della Repubblica, il Signor Presidente del Senato, il Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, che guida la Delegazione ufficiale, numerosi Ministri e Personalità. L'Italia è davvero degnamente rappresentata! Ma anche numerosi fedeli di altre Nazioni sono qui convenuti per rendere omaggio a Padre Pio.

A quanti vengono da vicino e da lontano va il mio saluto affettuoso, insieme con uno speciale pensiero per i Padri Cappuccini. A tutti un grazie cordiale!

8. Vorrei concludere con le parole del Vangelo di questa Messa: "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio". A questa esortazione di Cristo fa eco il consiglio che il nuovo Beato soleva ripetere: "... Abbandonatevi pienamente sul cuore divino di Gesù, come un bimbo tra le braccia della madre". Possa quest'invito penetrare anche nel nostro spirito come fonte di pace, di serenità e di gioia. Perché avere paura, se Cristo è per noi la Via, la Verità e la Vita? Perché non fidarci di Dio che è Padre, Padre nostro?

"Santa Maria delle Grazie", che l'umile cappuccino di Pietrelcina ha invocato con costante e tenera devozione, ci aiuti a tenere fissi gli occhi su Dio. Ella ci prenda per mano e ci spinga a ricercare con ogni sforzo quella soprannaturale carità che sgorga dal costato trafitto del Crocifisso.

E tu, Beato Padre Pio, volgi dal Cielo il tuo sguardo a noi riuniti in questa Piazza ed a quanti sono raccolti in preghiera in Piazza San Giovanni in Laterano ed a San Giovanni Rotondo. Intercedi per tutti coloro che, in ogni parte del mondo, si uniscono spiritualmente a questo evento elevando a te le loro suppliche. Vieni in soccorso di ciascuno e dona pace e conforto ad ogni cuore. Amen!




VIAGGIO APOSTOLICO IN ROMANIA (7-9 MAGGIO 1999)


DIVINA LITURGIA BIZANTINA CON I VESCOVI, IL CLERO E I RELIGIOSI - Cattedrale di san Giuseppe (Bucarest) - Sabato, 8 maggio 1999

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1. "Mettiti la cintura e legati i sandali" (
Ac 12,8). Queste parole dice l'angelo all'apostolo Pietro, che la prima Lettura ci ha presentato rinchiuso in prigione. Guidato dall'angelo, Pietro può uscire dal carcere e ricuperare la libertà.

Anche il Signore Gesù ci ha parlato di libertà nel brano evangelico appena proclamato: "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Jn 8,32). Quelli che lo ascoltano non comprendono: "Da quale schiavitù dobbiamo essere liberati?", si chiedono. E Gesù spiega che la schiavitù più subdola e più soffocante è quella del peccato (cfr Jn 8,34). Da questa schiavitù solo Lui ci può liberare.

Ecco l'annuncio che la Chiesa reca al mondo: Cristo è la nostra libertà, perché Lui è la verità. Non una verità astratta, cercata come a tastoni dalla ragione sempre irrequieta dell'uomo. La verità è per noi la persona del Cristo. Lui ce lo ha detto: "Io sono la Via, la Verità e la Vita" (Jn 14,6). Se le tenebre del peccato sono sconfitte dalla luce della vita, allora non c'è schiavitù che possa soffocare la libertà.

2. Tu conosci bene questa verità, diletto fratello Alexandru Todea, Cardinale di Santa Romana Chiesa, e tu, Arcivescovo Gheorghe Gutiu, perché davanti a voi, come davanti a Pietro, si è aperta da sé la pesante porta della schiavitù e siete stati restituiti alle vostre Chiese, insieme con tanti altri fratelli e sorelle, alcuni dei quali abbiamo la gioia e il privilegio di salutare e baciare spiritualmente qui, in questa Divina Liturgia bizantina. Altri sono stati invece accolti nell'abbraccio del Padre durante i giorni della persecuzione, senza poter vedere il ripristino nella loro patria delle libertà fondamentali, compresa quella religiosa. Amati Fratelli, le vostre catene, le catene della vostra gente sono la gloria, la fierezza della Chiesa: la verità vi ha resi liberi! Hanno tentato di far tacere la vostra libertà, di soffocarla, ma non ci sono riusciti. Voi siete restati interiormente liberi, anche se in catene; liberi, anche se nel pianto e nella privazione; liberi, anche se le vostre comunità erano violate e percosse. Ma "una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa" (Ac 12,5) per voi, per loro, per quanti, credenti in Cristo, la menzogna voleva stroncare. Non c'è figlio della tenebra che possa tollerare il canto della libertà, perché gli rinfaccia il suo errore e il suo peccato.

Sono venuto in questi giorni a rendere omaggio al Popolo romeno, che nella storia è segno dell'irradiarsi della civiltà romana in questa parte d'Europa, ove ha perpetuato il ricordo, la lingua e la cultura. Sono venuto a rendere omaggio a fratelli e sorelle che hanno consacrato questa terra con la testimonianza della loro fede, facendovi fiorire una civiltà ispirata al Vangelo di Cristo; a un popolo cristiano fiero della sua identità, difesa spesso a caro prezzo, nei travagli e nelle vicissitudini che ne hanno segnato l'esistenza.

Oggi sono qui per rendere omaggio a voi, figli della Chiesa Greco-cattolica, che da tre secoli testimoniate, con sacrifici a volte inauditi, la vostra fede nell'unità. Vengo a voi per dar voce alla riconoscenza della Chiesa cattolica e non di essa soltanto: all'intera ecumene cristiana, a tutti gli uomini di buona volontà voi avete offerto la testimonianza della verità che rende liberi.

Da questa Cattedrale il mio pensiero non può non correre a Blaj. Spiritualmente bacio quella terra di martirio e faccio mie le commosse parole del grande poeta Mihai Eminescu, che ad essa si riferiscono: "Ti ringrazio, o Dio, per avermi aiutato affinché la potessi vedere". Al carissimo fratello Lucian Muresan, Metropolita della vostra Chiesa Greco-cattolica romena, ai Vescovi, ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e ai fedeli tutti va in questa santa celebrazione il mio saluto affettuoso.

3. Nel corso della vostra storia, varie anime del cristianesimo - quella latina, la costantinopolitana e la slava - si sono unite al genio originale del vostro popolo. Questa preziosa eredità religiosa è stata salvaguardata dalle vostre comunità orientali, insieme con i fratelli della Chiesa Ortodossa romena.

I vostri Padri vollero ristabilire l'unione visibile con la Chiesa di Roma. Nella Clausula unionis affermarono tra l'altro: "Ci siamo uniti noi soprascritti con tutta la nostra tradizione: i riti ecclesiastici, la Divina Liturgia, i digiuni e il nostro Calendario si conservino intatti". Di quell'unione si stanno compiendo i 300 anni: considero provvidenziale e pregno di significato che le celebrazioni del terzo centenario coincidano con il Grande Giubileo dell'anno 2000.

Quell'unione portava con sé l'eco di secoli di storia e di cultura del Popolo romeno. A tale storia e cultura proprio quell'unione arrecò un apporto di grande significato, come mostra la scuola sorta in quella Blaj, che lo stesso Eminescu salutò non a caso come "piccola Roma". Vostro impegno, carissimi Fratelli e Sorelle della Chiesa Greco- cattolica, è quello della fedeltà alla vostra storia e tradizione. Figure come Teofilo Szeremi e Anghel Atanasio Popa, i quali hanno difeso strenuamente la propria identità culturale da chiunque tentasse di insidiarla, mostrano come cattolicità e cultura nazionale possano non solo convivere, ma fecondarsi reciprocamente, aprendosi altresì ad una universalità che allarga gli orizzonti e favorisce il superamento di chiusure e ripiegamenti in se stessi. Ai piedi della splendida iconostasi della vostra cattedrale hanno trovato finalmente riposo le spoglie del venerato Vescovo Inochentie Micu Klein, altra figura che amò e difese con generosità e coraggio la sua cattolicità, strettamente unita alla sua identità di romeno. Di tale feconda sintesi è una prova il fatto che nella vostra Chiesa il bell'idioma romeno entrò nella liturgia e che i Romeni greco-cattolici molto operarono per il rinnovamento intellettuale e il rinforzarsi della stessa identità nazionale.

4. Tale patrimonio traeva vivo nutrimento anche dalle ricchezze della liturgia e della tradizione bizantina, che voi avete in comune con i fratelli della Chiesa Ortodossa. Voi siete chiamati a far rivivere questo patrimonio, a ripristinarlo dove necessario, ispirandovi alla sensibilità di quanti vollero l'unione con Roma e a ciò che la Chiesa cattolica si attende da voi. La fedeltà alla vostra tradizione, così ricca e composita, va continuamente rinnovata oggi, che nuovi spazi di libertà vi sono dati, perché la vostra Chiesa, nel ritorno alle proprie radici e nell'apertura alla chiamata dello Spirito, possa essere sempre più se stessa e, proprio per questa molteplice identità, contribuire alla crescita della Chiesa universale.

Vi aspetta un compito appassionante: ravvivare la speranza nei cuori dei fedeli della vostra Chiesa che risorge. Date spazio ed attenzione ai laici, ed in particolare ai giovani, che sono l'avvenire della Chiesa: insegnate loro a incontrare Cristo nella preghiera liturgica, restituita a bellezza e solennità dopo le costrizioni della clandestinità, nella meditazione assidua della Scrittura Santa, nell'accostamento ai Padri, teologi e mistici. Educate i giovani a mete ardue, quali si addicono a figli di martiri. Insegnate loro a rifiutare le facili illusioni del consumismo; a rimanere nella loro terra per costruire insieme un avvenire di prosperità e di pace; ad aprirsi all'Europa e al mondo; a servire i poveri, che sono l'icona di Cristo; a prepararsi all'impegno professionale da cristiani, per animare la società civile nell'onestà e nella solidarietà; a non diffidare della politica, ma a farvisi presenti con quello spirito di servizio, del quale essa ha particolare necessità.

Operate per una qualificazione dell'insegnamento teologico, ben sapendo che i futuri sacerdoti sono le guide che introdurranno le comunità nel nuovo millennio. Unite gli sforzi, qualificate i docenti e gli educatori, radicandoli ad un tempo nella vostra identità particolare e nell'universale respiro della Chiesa. Curate la vita religiosa ed operate per la rinascita del monachesimo, così strettamente legato all'essenza stessa delle Chiese orientali.

5. "Al di sopra di tutto - vi dico con san Paolo - vi sia la carità" (Col 3,14). Prima ancora che per la privazione del pur inestimabile dono della libertà e della stessa vita, voi avete sofferto per non esservi sentiti amati, per essere stati costretti alla clandestinità, con un penoso isolamento dalla vita nazionale e internazionale. Soprattutto una ferita dolorosa è stata inflitta nei rapporti con i fratelli e le sorelle della Chiesa ortodossa, nonostante che con molti di essi avete condiviso le sofferenze della testimonianza a Cristo nella persecuzione. Se la comunione fra Ortodossi e Cattolici non è ancora piena, "ritengo che essa sia già perfetta in ciò che tutti noi consideriamo l'apice della vita di grazia, la martyria fino alla morte, la comunione più vera che ci sia con Cristo che effonde il suo sangue e, in questo sacrificio, fa diventare vicini coloro che un tempo erano lontani (cfr Ep 2,13)" (Lett. Enc. Ut unum sint, UUS 84).

Per i cristiani questi sono i giorni del perdono e della riconciliazione. Senza questa testimonianza il mondo non crederà: come possiamo parlare in modo credibile di Dio che è Amore, se non c'è tregua alla contrapposizione? Guarite le piaghe del passato con l'amore. La comune sofferenza non generi separazione, ma susciti il miracolo della riconciliazione. Non è questo il prodigio che il mondo si aspetta dai credenti? Anche voi, cari Fratelli e Sorelle, siete chiamati ad offrire il vostro prezioso contributo al dialogo ecumenico nella verità e nella carità, secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II e del magistero della Chiesa.

6. Vengo ora dal cimitero cattolico di questa città: sulle tombe dei pochi martiri noti e dei molti, le cui spoglie mortali non hanno neppure l'onore di una cristiana sepoltura, ho pregato per tutti voi, ed ho invocato i vostri martiri e i confessori della fede, perché intercedano per voi presso il Padre che sta nei cieli. Ho invocato in particolare i Vescovi, perché continuino ad essere vostri Pastori dal cielo: Vasile Aftenie e Ioan Balan, Valeriu Traian Frentiu, Ioan Suciu, Tit Liviu Chinezu, Alexandru Rusu. Il vostro martirologio si apre con l'ideale concelebrazione di questi vescovi che hanno mescolato il loro sangue con quello del sacrificio eucaristico che quotidianamente avevano celebrato. Ho invocato anche il Cardinale Iuliu Hossu, che preferì restare con i suoi fino alla morte, rinunciando a trasferirsi a Roma per ricevere dal Papa la berretta cardinalizia, perché questo avrebbe significato lasciare la sua amata terra.

Nel vostro cammino verso Cristo, fonte di libertà vera, essi vi accompagnino con Maria, la Santa Madre di Dio. A Lei vi affido, con le parole che nella persecuzione Le cantavate con fidente abbandono: "Non lasciarci, o Madre, sfiniti sulla via, perché noi siamo i figli delle tue lacrime".


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VIAGGIO APOSTOLICO IN ROMANIA (7-9 MAGGIO 1999)

CELEBRAZIONE EUCARISTICA ALLA


PRESENZA DEL PATRIARCA TEOCTIST




Parco Podul Izvor (Bucarest) - Domenica, 9maggio 1999

1. "Grandi sono le opere del Signore!".

Il Salmo responsoriale dell’odierna Liturgia è un cantico di gloria al Signore per le opere che Egli ha compiuto. E' una lode e un ringraziamento anzitutto per il creato, capolavoro della bontà divina, e per i prodigi che il Signore ha realizzato a favore del suo popolo, liberandolo dalla schiavitù dell'Egitto e facendogli attraversare il Mar Rosso.

Che dire poi dell'opera ancor più straordinaria dell'incarnazione del Verbo, che ha portato a compimento il disegno originario dell'umana salvezza? Il progetto del Padre celeste si compie, infatti, con la morte e la risurrezione di Gesù e concerne gli uomini di ogni razza e di ogni tempo. Cristo - ricorda san Pietro nella seconda Lettura - "è morto... per i peccati, giusto per gli ingiusti... Messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito" (1P 3,18).

Cristo crocifisso è risorto! Ecco il grande annuncio pasquale che ogni credente è chiamato a proclamare ed a testimoniare con coraggio.

Prima di lasciare questa terra, il Redentore annunzia ai discepoli la venuta del Paraclito: "Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché Egli dimora presso di voi e sarà in voi" (Jn 14,16-17). Da allora lo Spirito anima la Chiesa e la rende segno e strumento di salvezza per l'intera umanità. Egli agisce nel cuore dei cristiani e li rende consapevoli del dono e della missione loro affidata dal Signore risorto. Lo Spirito ha spinto gli apostoli a percorrere tutte le strade del mondo allora conosciuto per proclamare il Vangelo. In questo modo, il messaggio evangelico è giunto e si è diffuso anche qui, in Romania, grazie alla testimonianza eroica di confessori della fede e di martiri, di ieri e del nostro secolo.

Veramente, considerando la storia della Chiesa in terra romena, possiamo ripetere, con il cuore pieno di riconoscenza: "Grandi sono le opere del Signore!".

2. "Grandi sono le opere del Signore!". L'esclamazione del Salmista mi sorge spontanea nel cuore durante questa visita, che mi offre l'occasione di vedere con i miei occhi i prodigi che Iddio ha operato tra voi nel corso dei secoli e specialmente in questi anni.

Sino a non molto tempo fa, era impensabile che il Vescovo di Roma potesse far visita ai fratelli ed alle sorelle nella fede dimoranti in Romania. Oggi, dopo un lungo inverno di sofferenza e di persecuzione, possiamo finalmente scambiarci l'abbraccio della pace ed insieme lodare il Signore. Vi saluto tutti con grande affetto, carissimi Fratelli e Sorelle. Saluto con deferenza e cordialità Sua Beatitudine, che con apprezzato gesto di carità ha voluto pregare con noi in questa Celebrazione eucaristica. La sua presenza e la sua fraternità mi toccano profondamente. Gli esprimo la mia riconoscenza, mentre rendo grazie di tutto al Nostro Signore Gesù Cristo.

Saluto con rinnovata gioia voi, carissimi e venerati Fratelli nell'Episcopato, rivolgendo un particolare pensiero al Pastore di questa Arcidiocesi, Mons. Ioan Robu, ed al Metropolita di Fagaras e Alba Julia, Mons. Lucian Muresan. Li ringrazio di cuore per le parole che mi hanno rivolto all'inizio della Messa, facendosi interpreti dei comuni sentimenti. Abbraccio spiritualmente tutti e singoli i cattolici di rito latino e quelli di rito bizantino-romeno, ugualmente cari al mio cuore. Saluto i sacerdoti, i religiosi, le religiose ed i laici che si dedicano all'apostolato. Saluto i giovani e le famiglie, gli ammalati e quanti sono provati dalla sofferenza fisica e spirituale.

Da questa Capitale intendo abbracciare l'intera Romania in tutte le sue componenti: a tutti, vicini e lontani, assicuro il mio affetto e la mia preghiera. E' per me una grande gioia spirituale essere in terra romena e con voi rendere grazie a Dio per le opere meravigliose da Lui compiute e che la Liturgia del tempo pasquale ci invita a ricordare con gioia e gratitudine.

3. Mentre si chiude questo secolo e già si intravede l'alba del terzo millennio, lo sguardo si volge agli anni trascorsi, per riconoscere in essi i segni della divina misericordia, che sempre accompagnano i passi di coloro che confidano in Dio.

Come non ricordare il Concilio Ecumenico Vaticano II, che ha aperto un'epoca nuova nella storia della Chiesa, imprimendo ad essa rinnovato slancio? Grazie alla Costituzione Lumen gentium, la Chiesa ha preso più profonda consapevolezza d'essere popolo di Dio in cammino verso il compimento del Regno. Avvertiamo il mistero della Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica e percepiamo il valore della sua missione in modo particolare qui, in terra romena, dove vivono uno accanto all'altro cristiani appartenenti alla tradizione orientale ed a quella occidentale. Essi vivono protesi verso l'unità, preoccupati di rispondere al comando di Cristo e per questo desiderosi di dialogare, di comprendersi reciprocamente e mutuamente aiutarsi. Quest'anelito di fraterna cooperazione, sostenuto dalla preghiera ed animato da stima e reciproco rispetto, va sempre più favorito e promosso perché solo la pace edifica, mentre la discordia distrugge.

Nel nome di questa grande ispirazione ecumenica, mi rivolgo a tutti i credenti in Cristo che vivono in Romania. Sono qui tra voi spinto unicamente dal desiderio dell'autentica unità e dalla volontà di compiere il ministero petrino che il Signore mi ha affidato tra fratelli e sorelle nella fede. Rendo grazie a Dio, perché mi viene dato di compiere questo ministero. Auspico vivamente e prego affinché quanto prima si possa pervenire alla piena comunione fraterna tra tutti i credenti in Cristo in Occidente ed in Oriente. Per questa unità, vivificata dall'amore, il divin Maestro ha pregato nel Cenacolo, alla vigilia della sua passione e morte.

4. Quest'unità dei cristiani è anzitutto opera dello Spirito Santo da invocare incessantemente. Il giorno della Pentecoste, gli Apostoli, che fino a quel momento erano impacciati e timorosi, divennero pieni di coraggio e di zelo apostolico. Non temettero di annunziare Cristo crocifisso e risorto; non ebbero paura di testimoniare con le parole e con la vita la loro fedeltà al Vangelo, anche quando questo comportava persecuzione e persino la morte. Molti, in effetti, pagarono con il martirio questa loro fedeltà. La Chiesa, guidata dallo Spirito, si è così diffusa in ogni regione del mondo.

Se talora si sono verificate delle incomprensioni e, purtroppo, delle dolorose fratture all'interno dell'unico ed indiviso Corpo mistico di Cristo, più forte di ogni divisione è però rimasta la consapevolezza di ciò che unisce tutti i credenti e della comune chiamata all'unità. Al termine del secondo millennio, i sentieri che si erano separati cominciano ad avvicinarsi ed assistiamo all'intensificarsi del movimento ecumenico proteso a raggiungere la piena unità dei credenti. I segni di questo incessante cammino verso l'unità sono presenti anche nella vostra terra di Romania, Paese che nella cultura, nella lingua e nella storia porta vive le tracce della tradizione latina e di quella orientale. Il mio più vivo auspicio è che la preghiera di Gesù nel Cenacolo: "Padre, fa che siano una cosa sola" (cfr Jn 17,21) dimori sempre sulle vostre labbra e mai cessi di pulsare nei vostri cuori.

5. "Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui" (Jn 14,21).

Queste parole di Gesù, affidate ai discepoli alla vigilia della sua passione, risuonano per noi quest'oggi come un invito pressante a proseguire su questo cammino di fedeltà e di amore. Amare Cristo! Ecco il fine ultimo della nostra esistenza: amarlo nelle concrete situazioni della vita, perché si manifesti al mondo l'amore del Padre; amarlo con tutte le forze, perché si realizzi il suo progetto di salvezza e i credenti giungano in Lui alla piena comunione. Mai si spenga nel cuore questo ardente desiderio!

Carissimi Cattolici di Romania, so bene quanto avete sofferto negli anni del duro regime comunista; so anche con quanto coraggio avete perseverato nella vostra fedeltà a Cristo ed al suo Vangelo. Ora, alle soglie ormai del terzo millennio, non abbiate paura: spalancate le porte del vostro cuore a Cristo Salvatore. Egli vi ama e vi è vicino; Egli vi chiama ad un rinnovato impegno di evangelizzazione. La fede è dono di Dio e patrimonio di incomparabile valore da conservare e diffondere. Nella tutela e nella promozione dei comuni valori, siate sempre aperti ad una fattiva collaborazione con tutti i gruppi etnico-sociali e religiosi, che compongono il vostro Paese. Ogni vostra decisione sia sempre animata dalla speranza e dall'amore.

Maria, Madre del Redentore, vi accompagni e vi protegga, perché possiate scrivere nuove pagine di santità e di generosa testimonianza cristiana nella storia della Romania.

Amen!


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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA CON I TESTIMONI DELLA CARITÀ



Piazza San Pietro - Domenica, 16 maggio 1999

1. "Vedrò la bontà del Signore nella terra dei viventi" (Sal. resp.).

Queste parole del Salmo responsoriale fanno eco alle toccanti testimonianze che hanno preceduto la celebrazione eucaristica, illustrando con la forza dell'esperienza vissuta il tema che guida questo incontro mondiale: "riconciliazione nella carità". In ogni situazione, anche la più drammatica, il cristiano fa sue le invocazioni del Salmista: "Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?. . . Di te ha detto il mio cuore: «Cercate il suo volto; il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto»" (Ps 26,1 Ps 26,8-9). Esse infondono coraggio, alimentano la speranza e spingono a spendere ogni energia per far sì che il volto del Signore brilli come luce nella nostra esistenza. Cercare il volto di Dio è, pertanto, anelare alla piena comunione con Lui; è amarlo al di sopra di tutto e con tutte le forze. La strada, però, più concreta per incontrarlo è amare l'uomo, nel cui volto brilla quello del Creatore.

Poc'anzi in questa Piazza sono state rese alcune testimonianze, dalle quali sono apparsi i prodigi che Dio compie attraverso il generoso servizio di tanti uomini e donne, che fanno della loro esistenza un dono d'amore agli altri, un dono che non s'arresta neppure di fronte a chi non lo accoglie. Questi nostri fratelli e sorelle, insieme a molti altri volontari in ogni angolo della terra, testimoniano con il loro esempio che amare il prossimo è la via per raggiungere Dio e per farne riconoscere la presenza anche in questo nostro mondo così distratto e indifferente.

2. "Vedrò la bontà del Signore nella terra dei viventi".

Sorretta dalla Parola di Dio, la Chiesa non cessa di proclamare la bontà del Signore. Dove c'è odio annuncia l'amore e il perdono; dove c'è guerra, la riconciliazione e la pace; dove c'è solitudine, l'accoglienza e la solidarietà. Essa prolunga in ogni angolo della terra la preghiera di Cristo, che riecheggia nell'odierno Vangelo: "Che conoscano te, l'unico vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo" (Jn 17,3). L'uomo, oggi più che mai, ha bisogno di conoscere Dio per affidare a Lui, in atteggiamento di fiducioso abbandono, la debolezza della sua natura ferita. Egli avverte, talora persino inconsapevolmente, la necessità di sperimentare l'amore divino che fa rinascere a vita nuova.

Ogni comunità ecclesiale, mediante diverse forme di apostolato che la pongono a contatto con antiche e nuove povertà sia spirituali che materiali, è chiamata a favorire quest'incontro con "l'unico vero Dio" e con Colui che egli ha inviato, Gesù Cristo. La muove e sospinge la consapevolezza che aiutare gli altri non è offrire semplicemente un sostegno ed un soccorso materiale, ma è soprattutto condurli, mediante la testimonianza della propria disponibilità, a fare l'esperienza della bontà divina, che si rivela con speciale forza nella mediazione umana della carità fraterna.

3. Sono molto lieto, quest'oggi, di accogliervi numerosi, carissimi Fratelli e Sorelle, in occasione della Giornata della Carità, promossa dal Pontificio Consiglio Cor Unum. Molto volentieri celebro l'Eucaristia con voi e per voi, ricordando tutti i "testimoni della carità", che in ogni parte del mondo si impegnano a sconfiggere l'ingiustizia e la miseria, purtroppo ancora presenti in tante forme palesi e nascoste. Penso qui agli innumerevoli volti del volontariato, che ispira la sua azione al Vangelo: Istituti religiosi ed Associazioni di cristiana carità, organizzazioni di promozione umana e di servizio missionario, gruppi d'impegno civile e organizzazioni di azione sociale, educativa e culturale. Le vostre attività abbracciano ogni campo dell'umana esistenza ed i vostri interventi raggiungono innumerevoli persone in difficoltà. A ciascuno di voi esprimo la mia stima ed il mio incoraggiamento.

Ringrazio Mons. Paul Josef Cordes ed i Collaboratori del Pontificio Consiglio Cor Unum, che si sono fatti promotori di quest'incontro. Esso si colloca nel contesto dell'anno di immediata preparazione al Grande Giubileo del Duemila, anno dedicato al Padre celeste, ricco di bontà e di misericordia. Ringrazio quanti hanno esposto le loro testimonianze e tutti coloro che hanno voluto prendere parte a questa assemblea così significativa.

Desidero, inoltre, incoraggiare ognuno di voi a proseguire in questa nobile missione che vi vede impegnati in quanto figli della Chiesa là dove l'uomo soffre e vive in situazioni di disagio. A quanti incontrate, recate il conforto della solidarietà cristiana; proclamate e testimoniate con vigore Cristo, Redentore dell'uomo. Egli è la speranza che illumina il cammino dell'umanità. Vi sproni e vi sostenga la testimonianza dei Santi, in particolare quella di San Vincenzo de' Paoli, patrono di tutte le associazioni caritative.

4. E' consolante constatare come nella nostra epoca si moltiplichino gli interventi di volontariato, che accomunano in azioni umanitarie persone di origini diverse, di culture e religioni differenti. Sorge spontaneo nel cuore il desiderio di rendere grazie al Signore per questo crescente movimento di attenzione all'uomo, di generosa filantropia e di condivisa solidarietà. A questa vasta azione umanitaria il cristiano è chiamato ad offrire il suo specifico apporto. Egli sa che nella Sacra Scrittura il richiamo all'amore del prossimo è legato al comando di amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze (cfr Mc 12,29-31).

Come non sottolineare questa fonte divina del servizio ai fratelli? Sì, l'amore al prossimo corrisponde al mandato e all'esempio di Cristo solo se si riallaccia all'amore verso Dio. Gesù che dona la vita per i peccatori è segno vivo della bontà di Dio; allo stesso modo, il cristiano, attraverso la sua generosa dedizione, fa sperimentare ai fratelli con i quali viene in contatto l'amore misericordioso e provvidente del Padre celeste.

Somma manifestazione della divina carità è certamente il perdono, che nasce dall'amore verso il proprio nemico. Gesù dice in proposito che non costituisce un particolare merito l'amare chi ci è amico e ci fa del bene (cfr Mt 5,46-47). Vero merito ha chi ama il proprio nemico. Ma chi avrebbe la forza di giungere a così sublime vetta, se non fosse sorretto dall'amore di Dio? Dinanzi ai nostri occhi si stagliano in questo momento le nobili figure di eroici servitori dell'amore, che in questo nostro secolo hanno offerto la vita ai fratelli morendo in adempimento del massimo comandamento di Cristo. Mentre accogliamo il loro insegnamento, siamo invitati a seguirne le orme, consapevoli che il cristiano esprime il suo amore verso Gesù nel dono di sé all'altro, perché quanto fa al più piccolo dei fratelli lo fa al suo stesso Signore (cfr Mt 25,31-46).

5. "Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la Madre di Gesù . . ." (Ac 1,14).

Icona del volontario è certamente quella del Buon Samaritano, che si china con prontezza sulle piaghe dello sconosciuto viandante, incappato nei briganti mentre scendeva da Gerusalemme a Gerico (cfr Lc 10,30-37). Accanto a quest'immagine, che sempre dobbiamo contemplare, quest'oggi la Liturgia ce ne offre un'altra: nel Cenacolo, gli Apostoli e Maria sostano in comune orazione in attesa di ricevere lo Spirito Santo.

L'azione presuppone la contemplazione: da essa scaturisce e di essa si alimenta. Non si può donare amore ai fratelli se prima non lo si attinge alla fonte autentica della carità divina, e questo avviene solo in una sosta prolungata di preghiera, di ascolto della Parola di Dio, di adorazione dell'Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana. Preghiera ed impegno attivo costituiscono un binomio vitale, inscindibile e fecondo.

Carissimi Fratelli e Sorelle, possano queste due "icone dell'amore" ispirare ogni vostra azione e l'intera vostra vita. Maria, Vergine dell'ascolto, ottenga per ciascuno dallo Spirito Santo il dono della carità. Renda tutti artefici della cultura della solidarietà e costruttori della civiltà dell'amore. Amen!



GPII Omelie 1996-2005 20599