GPII Omelie 1996-2005 220

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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (5-17 GIUGNO 1999)

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA




Spianata davanti la Chiesa del Buon Pastore (Lowicz)

Lunedì, 14 giugno 1999



1. «Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo» (Ga 1,3).

Con le parole dell'apostolo Paolo saluto cordialmente quanti sono qui riuniti per questa Eucaristia. Queste parole ci vengono consegnate anche da questo antichissimo tempio di Leczyca, che fu testimone della vita della Chiesa su questa terra dei Piast, di molti Sinodi e di molti documenti legislativi, che dimostravano la saggezza dei Vescovi, Pastori del Popolo di Dio di questa terra dei Piast. Sono grato alla Divina Provvidenza per la grazia di questo incontro. Trovandomi presso questo altare, in mezzo a voi, desidero unirmi con tutti coloro che sono giunti qui, ed anche con coloro che ogni giorno si radunano nelle chiese intorno ai loro sacerdoti, testimoniando la fede, la speranza e la carità. Nell'Eucaristia Cristo ha rivelato nel modo più perfetto l'infinito amore di Dio per l'uomo: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Jn 15,13).

Sullo sfondo di questo tempio saluto la giovane Chiesa di Lowicz, insieme al suo Pastore, il Vescovo Alojzy, e il Vescovo Ausiliare Józef. Saluto tutti gli ospiti: i Cardinali, gli Arcivescovi e i Vescovi, e allo stesso tempo il clero diocesano e religioso, i fratelli e le sorelle religiosi e tutti i fedeli di questa diocesi, e in modo particolare i numerosi bambini e i giovani qui riuniti. Saluto i pellegrini venuti per questo incontro dalle arcidiocesi confinanti di Warszawa e di Lódz, come pure dalla diocesi di Plock e di Wloclawek, insieme ai loro Pastori, ed anche i pellegrini venuti dalle altre parti della Polonia e dall’estero, e dall'estero.

Ti saluto, terra di Lowicz, con la tua ricca storia. Fu infatti qui, nella città di Lowicz, che per secoli ebbero la loro sede gli Arcivescovi di Gniezno - Primati di Polonia. Molti di loro trovarono il luogo dell'eterno riposo nella cripta dell'antica collegiata di Lowicz, oggi Cattedrale.

Ti saluto, terra della beata Maria Franciszka Siedliska, fondatrice della Congregazione della Sacra Famiglia di Nazaret; terra della beata Boleslawa Lament, fondatrice della Congregazione delle Suore della Sacra Famiglia. Qui, per opera di don Stanislaw Konarski, si attuò la riforma delle scuole degli Scolopi. Dalla storia sappiamo quale grande importanza essa ebbe nel periodo dell'Illuminismo polacco e quali grandi frutti di tale riforma raccolsero le generazioni dei Polacchi viventi sotto le spartizioni.

Ti saluto, terra così abbondantemente ricca della tradizione cristiana e della fede del tuo popolo, che nonostante le tempeste della storia ha sempre perseverato, senza mutamenti, accanto a Cristo e alla sua Chiesa.

2. «Vi esorto dunque io, prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto».

San Paolo scrive così nella Lettera agli Efesini (4, 1). Le stesse parole potrebbe rivolgere a noi, come ai suoi connazionali, il Vescovo Michal Kozal, prigioniero nel campo di concentramento di Dachau. Oggi cade la memoria liturgica di questo fedele testimone di Cristo. La grazia «a lui concessa da Dio non è stata vana» (cfr 1Co 15,10) e porta frutto fino ad oggi. Il beato Vescovo Kozal ci esorta a comportarci in modo degno della nostra vocazione umana e cristiana, come figli e figlie di questa terra, di questa patria, di cui egli fu figlio. San Paolo indica la grandezza di questa vocazione. Siamo membri del Corpo di Cristo, cioè della Chiesa, che Egli ha istituito e di cui è il Capo. In questa Chiesa lo Spirito Santo distribuisce continuamente i doni necessari per vari servizi e compiti. Essi costituiscono la grande ricchezza della Chiesa e servono al bene di tutti.

Ricordando queste parole, penso specialmente a voi, cari genitori. Dio vi ha donato una vocazione particolare. Per conservare la vita umana sulla terra, ha istituito la società familiare. Siete voi i primi custodi e protettori della vita ancora non venuta alla luce, ma già concepita. Accettate il dono della vita come la più grande grazia di Dio, come la sua benedizione per la famiglia, per la nazione e per la Chiesa. Qui, da questo luogo, grido a tutti i padri e a tutte le madri della mia Patria e del mondo intero, a tutti gli uomini, senza alcuna eccezione: ogni uomo concepito nel grembo della madre ha diritto alla vita! Ripeto una volta ancora, quanto ho detto già molte volte: «La vita umana è sacra. Nessuno in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere direttamente un essere umano innocente. Dio è Signore assoluto della vita dell'uomo, plasmato a sua immagine e somiglianza (cfr Gn 1,26-28). La vita umana presenta, pertanto, un carattere sacro ed inviolabile, in cui si rispecchia l'inviolabilità stessa del Creatore» (cfr Evangelium vitae EV 53). Dio protegge la vita con il fermo divieto pronunciato sul Sinai: «Non uccidere» (Ex 20,13). Conservate la fedeltà a questo comandamento. Il Cardinale Stefan Wyszylski, il Primate del Millennio, disse: «Vogliamo essere una nazione di vivi, e non di morti».

La famiglia è chiamata anche all'educazione dei suoi figli. Il primo luogo dove inizia il processo educativo di un giovane è la casa paterna. Ogni bambino ha il naturale, inalienabile diritto di avere la propria famiglia, genitori, fratelli e sorelle, in mezzo ai quali riconoscere di essere una persona bisognosa d'amore e capace di donare lo stesso sentimento ad altri, ai suoi cari. L'esempio per voi sia sempre la Sacra Famiglia di Nazaret, nella quale cresceva Cristo con la Madre Maria e il padre putativo Giuseppe. Poiché i genitori danno la vita ai propri figli, spetta a loro il diritto di essere riconosciuti i primi e principali educatori. Essi anche hanno il dovere di creare un'atmosfera familiare, pervasa dall'amore e dal rispetto per Dio e per gli uomini, favorendo l'educazione personale e sociale dei figli. Quale grande compito ha la madre! Grazie al legame particolarmente profondo che la unisce al figlio, può avvicinarlo efficacemente a Cristo e alla Chiesa. Però attende sempre l'aiuto del suo marito - padre di famiglia.

Cari genitori, sapete bene che non è facile ai tempi di oggi creare le condizioni cristiane necessarie all'educazione dei figli. Dovete fare di tutto affinché Dio sia presente e onorato nelle vostre famiglie. Non dimenticate la preghiera quotidiana comune, specialmente quella serale; la santificazione della domenica e la partecipazione alla Santa Messa domenicale. Per i vostri figli siete i primi maestri di preghiera e di virtù cristiane e nessuno vi può sostituire in questo. Osservate le usanze religiose e coltivate la tradizione cristiana, insegnate ai figli il rispetto per ogni uomo. Il vostro più grande desiderio sia educare la giovane generazione in unione con Cristo e con la Chiesa. Soltanto in questo modo sarete fedeli alla vostra vocazione di genitori e provvederete alle necessità spirituali dei vostri figli.

3. In questo responsabile dovere d'educazione, la famiglia non può essere lasciata sola. Ha bisogno di aiuto e lo attende da parte della Chiesa e dello Stato. Non si tratta qui di sostituire la famiglia nei suoi doveri, ma di unire armoniosamente tutti in questo grande compito.

Mi rivolgo dunque a voi, Fratelli sacerdoti e a tutti coloro che sono impegnati nella catechesi: spalancate le porte della Chiesa affinché tutti, e in modo particolare i giovani, possano attingere abbondantemente e trarre profitto dal suo enorme tesoro spirituale. Oggi nel nostro paese la Chiesa può senza ostacoli svolgere l'insegnamento della religione nelle scuole. Sono passati i tempi delle lotte per la libertà della catechesi. Molti di noi sanno quanti sacrifici e quanto coraggio ciò è costato alla società cattolica della Polonia. È stato riparato uno dei torti, fatto ai credenti nei tempi del sistema totalitario.

Il grande bene che è l'insegnamento della religione nella scuola richiede un impegno sincero e responsabile. Dovremmo far il miglior uso possibile di tale bene. Grazie alla catechesi, la Chiesa può svolgere la propria attività evangelizzatrice con efficacia ancor maggiore e allargare in questo modo l'ambito della sua missione.

Mi rivolgo anche a voi, cari docenti ed educatori. Vi siete assunti il grande compito della trasmissione della scienza e dell'educazione ai bambini ed ai giovani a voi affidati. Vi trovate di fronte ad una chiamata difficile e seria. I giovani hanno bisogno di voi. Cercano dei modelli come punti di riferimento. Attendono delle risposte a molte domande esistenziali, che assillano le loro menti e i loro cuori, e soprattutto esigono da voi un esempio di vita. Occorre che siate loro amici, fedeli compagni e alleati nella lotta giovanile. Aiutateli a costruire le fondamenta per il loro futuro.

Mi rallegra il fatto che in Polonia sorgono sempre più numerose le scuole cattoliche. È segno che la Chiesa è presente in modo concreto nel campo dell'istruzione. Queste scuole vanno sostenute e bisogna creare condizioni tali che esse, in collaborazione con tutto il mondo scolastico in Polonia, possano contribuire al bene comune della società. Un esempio di una tale attività ci è stato dato da don Stanislaw Konarski.

C'è bisogno di una particolare sensibilità da parte di tutti coloro che sono impegnati nella scuola, per creare il clima di un dialogo amichevole e aperto. Domini in tutte le scuole lo spirito di familiarità e di reciproco rispetto, ciò che era ed è caratteristico della scuola polacca. La scuola dovrebbe essere la fucina delle virtù sociali, di cui la nostra nazione ha tanto bisogno. Bisogna che un tale clima contribuisca a far sì che i bambini e i giovani possano apertamente dichiarare le loro convinzioni religiose e comportarsi conformemente ad esse. Cerchiamo di sviluppare e di approfondire nei cuori dei bambini e dei giovani i sentimenti patriottici e il legame con la Patria. Cerchiamo di sensibilizzarli al bene comune della nazione ed insegnar loro la responsabilità per il futuro. L'educazione della giovane generazione nello spirito dell'amor di Patria ha una grande importanza per il futuro della nazione. Non è possibile infatti servire bene la nazione, senza conoscere la sua storia, la sua ricca tradizione e la sua cultura. La Polonia ha bisogno di uomini aperti al mondo, che amano il proprio paese.

Cari docenti ed educatori, voglio dirvi il mio apprezzamento per la vostra fatica nell'educazione della giovane generazione. Vi ringrazio cordialmente per questo vostro lavoro particolarmente importante e difficile. Vi ringrazio per il vostro servizio alla patria. Io stesso ho il mio personale debito di gratitudine nei riguardi della scuola polacca, dei docenti e degli educatori, che ricordo fino ad oggi e per i quali prego ogni giorno. Quanto ricevetti negli anni di scuola, fino ad oggi fruttifica nella mia vita.

Il bene della giovane generazione sia la premura della vostra vita e del vostro lavoro educativo. San Paolo dice: «Vi esorto (. . .) a comportarvi in maniera degna della vocazione (...) al fine di edificare il corpo di Cristo» (Ep 4,1 Ep 4,12). Può esservi una vocazione più grande di quella che Dio vi ha elargito?

4. «A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo» (Ep 4,7) - ci insegna oggi san Paolo e ci fa presente allo stesso tempo che la grazia è il dono per mezzo del quale Dio ci dona la sua vita facendoci suoi figli e partecipi della sua natura. Sorge dunque la domanda: come devo vivere, affinché si manifesti in me nel modo più pieno possibile la potenza della grazia di Dio, come si rivela la misteriosa potenza di un seme di grano che produce il centuplo?

Cari ragazzi e ragazze, allievi delle scuole elementari e delle medie della diocesi di Lowicz e delle diocesi vicine, ed anche da altre parti della Polonia. È bene che siate qui presenti oggi. Sono molto lieto di questo incontro. Ciò che avete appena udito, riguarda in modo speciale voi e la vostra educazione. Vi voglio assicurare: il Papa vi ama tanto e il vostro futuro gli sta molto a cuore, il vostro futuro sta molto a cuore a tutti, affinché vi prepariate bene ai compiti che vi attendono.

Sapete bene che ci stiamo avvicinando al Grande Giubileo dell'Anno 2000. A questo proposito può darsi che molti di voi si pongano la domanda: come sarà il nuovo Terzo millennio che sta per arrivare? Sarà migliore di questo che sta per terminare? Porterà dei cambiamenti importanti, positivi nel mondo, oppure tutto rimarrà come prima? Vi voglio dire che in grande misura il futuro del mondo, della Polonia e della Chiesa dipende da voi. Sarete voi a formarlo, su di voi grava il grande compito di costruire i tempi che verranno. Ora comprendete perché prima ho parlato tanto dell'educazione dei giovani.

Non abbiate paura di prendere la strada della vostra vocazione, non temete di cercare la verità su voi stessi e sul mondo che vi circonda. Vorrei tanto che tutti aveste nelle vostre case un'atmosfera di autentico amore. Dio vi ha dato i genitori e di questo grande dono lo dovreste ringraziare spesso. Rispettate e amate i vostri genitori. Vi hanno generato e vi stanno educando. Essi per voi fanno le veci di Dio creatore e Padre. Sono anche, dovrebbero essere per voi gli amici più cari, da cui dovreste cercare aiuto e consiglio nei problemi della vostra vita. In questo istante penso con dolore e con grande preoccupazione a tutti quei vostri coetanei che non hanno una casa paterna, che sono privi dell'amore e del calore dei genitori. Dite loro che il Papa li ricorda nelle sue preghiere e che vuole loro tanto bene.

La vostra età è la più proficua stagione della vita per seminare e per preparare il terreno per le future raccolte. Quanto più vivo sarà l'impegno con cui vi assumete i vostri doveri, tanto maggiore sarà l'efficacia con cui attuerete la vostra missione nel futuro. Con grande slancio impegnatevi nello studio. Imparate a conoscere materie nuove. Il sapere infatti apre gli orizzonti e favorisce lo sviluppo spirituale dell'uomo. Veramente grande è quell'uomo che sempre vuole imparare ancora qualcosa.

La giovinezza cerca modelli e esempi. Vi viene in aiuto Cristo stesso che ha dedicato tutta la sua vita al bene altrui. Volgete a Lui il vostro sguardo. Sia presente nei vostri pensieri, durante i vostri giochi e nelle vostre conversazioni. Dovreste vivere sempre in amicizia con Lui. Il Signore Gesù vi vuole aiutare. Vuole essere il vostro sostegno e corroborarvi nelle lotte giovanili per conquistare le virtù come la fede, l'amore, l'onestà, la purezza e la generosità. Quando dovrete affrontare qualcosa di difficile, quando sperimenterete nella vostra vita qualche insuccesso o delusione, il vostro pensiero corra da Cristo, che vi ama, che è un compagno di viaggio fedele e che vi aiuta a superare ogni difficoltà. Sappiate di non essere soli. Vi accompagna qualcuno che mai vi deluderà. Cristo comprende i più segreti desideri del vostro cuore. Egli attende il vostro amore e la vostra testimonianza.

5. «Uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8).

Cari Fratelli e Sorelle, volgiamo i nostri cuori verso Cristo, «vera luce che illumina ogni uomo» (cfr Jn 1,9). Lui è il Maestro, il Risorto che ha in sé la vita e che rimane sempre presente nella Chiesa e nel mondo. È lui a rivelarci la volontà del Padre e ad insegnarci come realizzare la vocazione ricevuta da Dio per opera dello Spirito Santo. Affidiamo a Cristo la grande opera dell'educazione. Solo lui conosce massimamente l'uomo e sa cosa si nasconde nell'intimo del suo cuore. Oggi Cristo ci dice: «Senza di me non potete far nulla» (Jn 15,5) - io, il vostro Maestro, voglio essere per voi la via e la luce, la vita e la verità «tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Amen.
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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (5-17 GIUGNO 1999)

CELEBRAZIONE DELLA LITURGIA DELLA PAROLA




Spianata di Sosnowiec - Lunedì, 14 giugno 1999



1. Diletti Fratelli e Sorelle! Rendo grazie alla Divina Provvidenza perché lungo il percorso del mio pellegrinaggio attraverso la terra patria c’è la giovane diocesi di Sosnowiec. Desideravo visitare questa terra. Desideravo molto incontrare il Popolo di Dio di Zaglebie, e oggi questo desiderio si compie. Ringrazio il vescovo Adam e il vescovo ausiliare Piotr e tutta comunità locale della Chiesa per l’invito e per la calorosa accoglienza. Saluto cordialmente i vescovi ospiti, i sacerdoti, le persone consacrate, i rappresentanti delle autorità locali e tutti i fedeli qui riuniti e coloro che ci accompagnano spiritualmente.

L’odierno incontro richiama alla mia mente il ricordo delle celebrazioni che vivemmo qui, a Sosnowiec, nel maggio del 1967. Nella chiesa dell’Assunzione della Beata Vergine Maria - l’attuale cattedrale - con la partecipazione del Primate del Millennio e di altri vescovi polacchi, celebrammo allora il millennio. Erano tempi difficili. Difficili in modo particolare per coloro che volevano professare apertamente la propria fede e la loro appartenenza alla Chiesa. Mi ricordo quale grande significato aveva allora l’insegnamento del Concilio Vaticano II, appena terminato. Ricordo quanta speranza e quanta forza portava con sé in modo particolare l’insegnamento conciliare sulla dignità della persona umana e sui suoi inalienabili diritti. Scendeva profondamente nelle anime preparate al millennio tramite la grande novena. Oggi i tempi sono mutati. E’ un grande dono della Divina Provvidenza. Dobbiamo la nostra gratitudine a Dio per quanto si è operato nella nostra Patria. Che la gratitudine non manchi mai nei cuori dei credenti in Polonia!

2. “Lodate il Signore, popoli tutti,
voi tutte, nazioni, dategli gloria;
perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura in eterno” (Sal 116[117] 1-2).

Con queste parole il Salmista esorta tutte la nazioni a lodare Dio. Un motivo particolare per tale lode ebbe il Popolo eletto. Mosè dice: “Il Signore tuo Dio ti ha benedetto in ogni lavoro delle tue mani, ti ha seguito nel tuo viaggio attraverso questo grande deserto; (...) è stato con te in questi quaranta anni e non ti è mancato nulla” (Dt 2,7). In questa peregrinazione di Israele partecipano in un certo senso tutti i popoli e tutte le nazioni della terra. Benché soltanto alcuni periodi della storia venissero chiamati “tempo dei grandi esodi dei popoli” in considerazione dei singolari spostamenti che ebbero luogo, specialmente nel continente Europeo, di fatto finanche in condizioni di un’esistenza stabilizzata l’uomo non cessa di essere un pellegrino e le nazioni non cessano di peregrinare nello spazio e nel tempo.

Il pellegrinaggio della storia di ogni nazione lascia dietro di sé i frutti del lavoro umano. All’inizio della storia Dio affidò la terra agli uomini, perché la soggiogassero (cfr Gn 1,28). L’uomo trovò la terra come un terreno da sistemare creativamente. Gradualmente la trasformava dandole un nuovo volto. Cominciò a coltivarla, a costruire su di essa, creando insediamenti, villaggi, città. In questo modo l’uomo si confermava come un essere a somiglianza di Dio, a cui era stata elargita la capacità non soltanto di conoscere la verità, ma anche quella di creare la bellezza.

Mentre ci avviciniamo all’anno duemila, volgiamo lo sguardo indietro su tutti i percorsi di questo cammino, fatto lungo i secoli dai nostri avi. Lasciarono a noi la grande eredità di un lavoro creativo che oggi desta in noi ammirazione e gratitudine. La fatica del lavoro e le opere delle generazioni passate costituiscono per noi una sfida, quella di continuare a soggiogare questa terra, dal Creatore dataci in possesso e come compito.

Accogliendo l’invito da parte dei secoli, non possiamo dimenticare la divina prospettiva di partecipare all’opera della creazione, che ad ogni sforzo umano conferisce il giusto senso e la dignità. Senza di essa il lavoro facilmente può essere privato della sua dimensione soggettiva. In tal caso l’uomo che lo esegue cessa di essere importante, e conta solamente il valore materiale di ciò che fa. L’uomo non viene più trattato come artefice, come colui che crea, ma come uno strumento di produzione.

Sembra che nel periodo di necessarie trasformazioni economiche nel nostro paese, si possano notare sintomi di tale pericolo. Due anni fa parlai di questo a Legnica. Un po' dappertutto, pertanto, nel nome delle leggi del mercato vengono dimenticati i diritti dell’uomo. Ciò accade, per esempio, quando si ritiene che il profitto economico giustifichi la perdita del lavoro per qualcuno che insieme al lavoro perde anche ogni prospettiva di mantenere se stesso e la famiglia. Ciò avviene anche quando, per aumentare la produzione, al lavoratore viene negato il diritto al riposo, alla cura della famiglia, alla libertà di programmare la propria quotidianità. Così è sempre quando il valore del lavoro viene definito non secondo lo sforzo dell’uomo, ma secondo il prezzo del prodotto - il che provoca il fatto che la rimunerazione non corrisponde alla fatica.

Bisogna tuttavia aggiungere che questo non riguarda solo i datori di lavoro, ma anche i dipendenti. Anche colui che intraprende un lavoro può cedere alla tentazione di trattarlo come oggetto, soltanto come fonte di un arricchimento materiale. Il lavoro può dominare la vita dell’uomo fino al punto che questi cessa di avvertire il bisogno di aver cura della propria salute, dello sviluppo della propria personalità, della felicità dei suoi cari o infine del suo rapporto con Dio.

Se oggi parlo di questo lo faccio per sensibilizzare le coscienze. Benché infatti le strutture statali o economiche non rimangano senza un influsso sull’atteggiamento nei riguardi del lavoro, tuttavia la dignità di esso dipende dall’umana coscienza. In essa si compie definitivamente la sua valutazione. Nella coscienza infatti si fa sentire incessantemente la voce del Creatore, che indica ciò che è un autentico bene dell’uomo e del mondo a lui affidato. Colui che ha perso il retto giudizio della coscienza, può trasformare in maledizione la benedizione del lavoro.

Occorre la sapienza, per riscoprire sempre quella dimensione soprannaturale del lavoro, data all’uomo come compito dal Creatore. Occorre una retta coscienza, per discernere giustamente il valore definitivo del proprio operato. Occorre lo spirito di sacrificio, per non offrire sull’altare del benessere la propria umanità e la felicità altrui.

3. “Vivrai del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai ogni bene” (Sal 127[128], 2). Prego Dio con tutto il cuore perché queste parole del Salmo diventino oggi e per sempre un messaggio di speranza per tutti coloro che nel Zaglebie, in Polonia e su tutto l’orbe terrestre si assumono la quotidiana fatica di soggiogare la terra. Prego ancor più intensamente affinché queste parole generino la speranza nei cuori di coloro che desiderano ardentemente di lavorare, e hanno la sfortuna di essere disoccupati. Prego Dio affinché lo sviluppo economico del nostro paese e di altri paesi nel mondo, proceda in modo che tutti gli uomini - come dice San Paolo - mangino “il proprio pane lavorando in pace” (2Th 3,12). Ne parlo a voce alta perché voglio che conosciate - che ogni lavoratore di questo paese sappia - che i vostri problemi interessano il Papa e la Chiesa.

4. “Il Signore tuo Dio ti ha benedetto in ogni lavoro delle tue mani, ti ha seguito nel tuo viaggio attraverso questo grande deserto” (Dt 2,7) - la Chiesa da secoli porta queste parole del Libro del Deuteronomio, come messaggio di speranza. Se l'uomo saprà ravvisare nelle opere delle sue mani il segno della benedizione divina, non dubiterà, che questo stesso Dio è - è vicino - e costantemente avrà cura del cammino dell’uomo, specialmente quando questi attraverserà il grande deserto dei quotidiani problemi e delle assillanti preoccupazioni. Oggi non può mancare il servizio della speranza, finora svolto efficacemente dalla Chiesa in Polonia. L’uomo ha bisogno della testimonianza della presenza di Dio! Oggi l’uomo, in modo particolare il lavoratore, ha bisogno di una Chiesa che attesti ciò con una forza nuova. I tempi cambiano, cambiano gli uomini e le circostanze, nascono nuovi problemi. La Chiesa non può ignorare tali cambiamenti, non può non accettare le sfide, che appaiono insieme ad esse. L’uomo è la prima e fondamentale via della Chiesa, la via della sua vita quotidiana e della sua esperienza, della sua missione e delle sue fatiche. Perciò la Chiesa della nostra epoca deve essere consapevole di tutto ciò che sembra opporsi a questo, affinché “la vita umana divenga sempre più umana, perché tutto ciò che compone questa vita risponda alla vera dignità dell’uomo. In una parola, dev’essere consapevole di tutto ciò che è contrario a questo processo” (cfr. Redemptor hominis RH 14).

5. Cari Fratelli e Sorelle!

Impariamo questa sensibilità verso l’uomo e i suoi problemi fissando lo sguardo sulla vita e sul servizio del patrono della vostra diocesi, Sant’Albert Chmielowski e della Serva di Dio Madre Teresa Kierocinska, chiamata Madre di Zaglebie. Essi con sensibilità scoprivano la sofferenza e l’amarezza di coloro che non sapevano trovare il proprio posto nelle strutture sociali ed economiche di allora e portavano aiuto ai più bisognosi. Il programma che tracciarono è sempre attuale. Anche al termine del ventesimo secolo ci insegnano che non si possono chiudere gli occhi alla miseria e alla sofferenza di coloro che non sanno o non possono ritrovarsi nella nuova realtà, spesso complicata. Ogni parrocchia diventi una comunità di persone sensibili alla sorte di chi si trova in una situazione difficile. Cercate forme sempre nuove per questa sfida. Siano di incoraggiamento per tutti le parole della Sacra Scrittura: “Dagli [al bisognoso] generosamente e, quando gli darai, il tuo cuore non si rattristi; perché proprio per questo il Signore Dio tuo ti benedirà in ogni lavoro e in ogni cosa a cui avrai messo mano” (cfr Dt 15,10).

Il messaggio sulla presenza di Dio nella storia dell’uomo va portato specialmente ai giovani. Hanno bisogno di tale certezza. Soltanto grazie ad essa potranno scoprire nuove prospettive per una realizzazione creativa del proprio essere uomini in un’epoca di trasformazioni. Sono lieto che la Chiesa in Polonia si assuma in varie dimensioni l’opera educativa. Che questo creare per i giovani le possibilità di perfezionare le qualificazioni produca i suoi frutti! Su un tale fondamento si sviluppi l’ingegnosità e nascano nuove e buone iniziative in ogni settore della vita.

La testimonianza della Chiesa attraverso le opere di misericordia e l’istruzione non può tuttavia sostituire l’operato degli uomini e delle istituzioni responsabili della forma del mondo del lavoro. Perciò uno dei più importanti compiti della Chiesa in questo campo è la formazione delle coscienze umane, una formazione piena di delicatezza e di discrezione, al fine di destare in tutti la sensibilità verso questi problemi. Soltanto quando nella coscienza di ognuno sarà viva questa verità fondamentale, che cioè l’uomo è soggetto e creatore, e il lavoro deve servire al bene della persona e della società, si potranno evitare i pericoli, portati dal materialismo pratico. Il mondo del lavoro ha bisogno di uomini di retta coscienza. Il mondo del lavoro attende dalla Chiesa il servizio della coscienza.

6. Tra poco incoroneremo la famosa immagine della Madonna del Perpetuo Soccorso di Jaworzno, dall’Osiedle Stale. Tale atto ha una particolare eloquenza. Da un lato è segno della fede del popolo operaio del Zaglebie. Grazie alla devozione a Maria, grazie ad un incessante affidamento a Lei dell’oggi e del domani della Chiesa, questa fede si è conservata nei cuori dei lavoratori, nonostante numerose prove da essi attraversate specialmente nell’arco dell’ultima metà del secolo. D’altra parte, l’atto dell’incoronazione è la conferma del fatto che la comunità dei credenti di Jaworze e di tutto lo Zaglebie, veramente sperimenta questa particolare presenza di Maria, grazie alla quale i desideri umani raggiungono Dio, e le divine grazie scendono sugli uomini.

Che la Madonna del Perpetuo Soccorso sia per voi guida sulle vie del nuovo millennio! Vi aiuti senza mai cessare, nel pellegrinaggio verso la casa del Padre nei cieli.

E l’amore di Dio Padre, Dio Creatore e Signore, trasformi i cuori e le menti di tutti coloro che con il loro lavoro soggiogano la terra. Amen.
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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (5-17 GIUGNO 1999)

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA IN OCCASIONE


DEL MILLENARIO DELL'ARCIDIOCESI DI KRAKÓW




Spianata di Blonie (Kraków) - Martedì, 15 giugno 1999



1. Te Deum laudamus: te Dominum confitemur.
Te aeternum Patrem, omnis terra veneratur.
“Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre, tutta la terra ti adora”.

Quanto grande è il dono della Divina Provvidenza di poter oggi, insieme alla Chiesa che è a Kraków, inserirmi in questo inno, che il cielo e la terra innalzano da secoli per la gloria del loro Creatore, Signore e Padre!

Te per orbem terrarum sancta confitetur Ecclesia,
Patrem immensae maiestatis;
“La santa Chiesa proclama la tua gloria,
Padre di immensa maestà”.

E’ un grande dono il fatto che, mentre la Chiesa in tutta la terra rende grazie a Dio per i duemila anni della sua esistenza, nello stesso tempo questa Chiesa di Kraków ringrazia per il proprio millennio! Come non cantare il solenne Te Deum, che oggi acquista un particolare contenuto - esprime la gratitudine di intere generazioni di abitanti per tutto ciò che la comunità dei credenti ha portato nella vita della terra di Kraków. Come non ringraziare per quel soffio dello Spirito di Cristo che dal cenacolo si diffuse su tutta la terra e raggiunse le sponde della Vistola, e continuamente rinnova il volto della terra - di questa terra di Kraków! Noi ti lodiamo, Dio!

Saluto cordialmente tutti gli abitanti. Saluto il caro Cardinale Franciszek, i Vescovi Ausiliari Jan e Kazimierz, come anche i Vescovi emeriti Stanislaw e Albin. Abbraccio col cuore tutti i sacerdoti, le persone consacrate, gli studenti dei Seminari maggiori, i catechisti e le catechiste laici. Rivolgo il mio saluto anche alle autorità provinciali e a quelle cittadine. Vi saluto cordialmente, sorelle e fratelli, che vi siete riuniti nel Blonia Krakowskie, per celebrare con il Papa questa Eucaristia del millennio. Saluto tutti coloro che si uniscono a noi tramite la radio e la televisione. Parole di particolare gratitudine rivolgo ai malati. L’offerta della vostra sofferenza, che in unione con Cristo presentate ogni giorno per tutti gli uomini, per la Chiesa e per il Papa, possiede un grande valore agli occhi di Dio. Alla soglia del terzo millennio sia il completamento della nostra lode, della richiesta di perdono e di impetrazione.

2. Te gloriosus Apostolorum chorus,
te prophetarum laudabilis numerus,
te martyrum candidatus laudat exercitus.
“Ti acclama il coro degli apostoli
e la candida schiera dei martiri;
le voci dei profeti si uniscono nella tua lode”.

Gli apostoli, i profeti e i martiri rendono oggi lode a Dio. Al tramonto del primo millennio giunsero sulle rive della Vistola e sparsero il seme del Vangelo. In seguito al battesimo di Mieszko nel 966, vennero nella terra dei Piast numerosi testimoni, tra i quali grandissima fama si conquistò Adalberto, Vescovo di Praga. Secondo la tradizione, prima di arrivare sul Baltico, per subire lì la morte per martirio, si fermò a Kraków e qui annunziò la Buona Novella. Sembra che predicasse sul posto dove, dopo la sua morte, fu costruito un tempio a lui intitolato, che esiste fino ad oggi. L’attività apostolica e la morte per martirio di Adalberto è legata agli inizi della Chiesa di Kraków ancora in un’altra dimensione. Presso la sua tomba, infatti, nacque la Metropoli di Gniezno, comprendente le sedi episcopali di Kolobrzeg, di Wroclaw e di Kraków. Se a Gdansk abbiamo reso grazie a Dio in modo particolare per la vita e per l’opera di questo grande patrono della Polonia, è giusto che anche a Kraków riandiamo con grata memoria alla millenaria irradiazione della sua testimonianza e del suo martirio.

Infine, agli albori della storia di questa Chiesa si accende la fiamma del ministero pastorale e dell’eroica morte di Santo Stanislao. Mentre nell’odierna liturgia udiamo le parole di Cristo: “Io sono il buon pastore” (Jn 10,11), sappiamo che per opera di questo Santo esse si legarono molto strettamente con la storia della Chiesa di Kraków. La sua eroica sollecitudine per il gregge del Signore, per le pecore smarrite in cerca di aiuto, divenne il modello a cui la Chiesa di questa città per secoli si è fedelmente ispirata. Di generazione in generazione è stata trasmessa la tradizione di irremovibile perseveranza nel rispetto della legge divina e, allo stesso tempo, di grande amore per l’uomo - questa tradizione nacque presso la tomba di Santo Stanislao Vescovo, di Szczepanowo.

Se oggi torniamo agli inizi e a queste figure lo facciamo per rinnovare in noi la consapevolezza che le radici della Chiesa in terra di Kraków sono fissate profondamente nella tradizione apostolica, nella missione profetica e nella testimonianza del martirio. A questa tradizione, alla missione e al martirio si richiamarono intere generazioni e su essi edificarono la loro fede nel corso di un millennio. Grazie ad un tale riferimento la Chiesa di Kraków è rimasta sempre in stretta unità con la Chiesa universale, e contemporaneamente s'è formata una sua propria personalità storica, ha scritto la propria storia come un’unica ed irripetibile comunità di uomini che partecipano alla missione salvifica di Cristo.

3. Rimanendo nella corrente della Chiesa universale, e al contempo conservando la propria irripetibilità, questa comunità conferì una forma alla storia e alla cultura della città di Kraków, della regione e, è lecito dire, di tutta la Polonia. Che cosa potrebbe testimoniarlo in modo più eloquente della Cattedrale di Wawel? Oggi, mentre la voce della campana di Zygmunt sembra rivolgerci l’invito a visitare questa madre dei templi di Kraków, questo tesoro della storia della Chiesa e della Nazione, rechiamoci là in pellegrinaggio spirituale. Presentiamoci in mezzo ai suoi costruttori e domandiamo loro quale è stato il fondamento da essi posto sotto questa costruzione, grazie al quale essa è riuscita a sopravvivere ai tempi buoni e a quelli cattivi, offrendo asilo a santi e ad eroi, a pastori e a sovrani, a uomini di Stato, a creatori della cultura e a intere generazioni di abitanti di questa città. Cristo morto e risorto, non è lui quella pietra angolare? Inginocchiamoci davanti al tabernacolo nella cappella di Batory, davanti al Crocifisso nero di Edvige, presso la confessione di Santo Stanislao, scendiamo nella cripta di San Leonardo e riscopriamo l’irripetibile storia della Chiesa di Cracovia, che si è congiunta con quella della città e di questo paese. E ogni chiesa, ogni cappella religiosa sembra fare il medesimo discorso: è grazie alla presenza millenaria della Chiesa che il seme del Vangelo qui sparso ha dato frutti abbondanti nella storia di questa città, ai piedi di Wawel.

Non lo ribadisce forse l’Alma Mater di Kraków? Non fu forse per amore di Cristo e per obbedienza alla sua chiamata ad annunziare il Vangelo alle nazioni che nel cuore di Santa Edvige Regina nacque il desiderio di fondare la Facoltà di Teologia e di elevare l’Accademia di Kraków al rango di università? La fama di questa Università fu per secoli un motivo di vanto della Chiesa di Kraków. Da qui uscirono studiosi del calibro di San Jan Kanty, Piotr Wysz, Pawel Wlodkowic ed altri, che esercitarono non poca influenza sullo sviluppo del pensiero teologico nella Chiesa universale. Come non menzionare poi Nicolò Copernico, Stanislao di Skalbmierz, Jan Kochanowski e tutte le schiere di coloro che crebbero nella sapienza, e avendo amato la verità, il bene e la bellezza, in vari modi testimoniarono di aver trovato in Dio il loro compimento definitivo? Cosa sarebbe Kraków senza questo frutto della fede e della sapienza di santa Edvige?

L’innesto della Chiesa nella storia di questa città si operò non soltanto nei templi, nei palazzi reali e nelle aule universitarie, ma dovunque la fedeltà al Vangelo richiedeva la testimonianza del servizio ai bisognosi. Gli antichi annali e le cronache moderne parlano molto delle scuole parrocchiali e religiose, degli ospedali, degli orfanotrofi; parlano molto delle piccole e grandi opere di misericordia, che gli abitanti di Kraków realizzavano, trascinati dallo slancio della predicazione di Don Piotr Skarga, dall’umile esempio di San Fra’ Alberto, o di tanti altri testimoni dell’amore concreto; parlano molto della grande sollecitudine della Chiesa per la vita, per la libertà, per la dignità di ogni uomo, che occorreva dimostrare, senza risparmiare sacrifici, nella storia lontana ma anche nei tempi vicini alla nostra generazione, nei tempi della guerra, del tormento postbellico e nell’epoca delle trasformazioni.

Se oggi elenchiamo i frutti di dieci secoli dell’esistenza della Chiesa di Kraków, lo facciamo per infiammare i nostri cuori di gratitudine verso Dio, che nel corso di questa storia ha riversato sul suo popolo molteplici grazie. Bisogna che ci ricordiamo di questo bene e che esclamiamo con uno slancio tanto maggiore: “Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome da’ gloria, per la tua fedeltà, per la tua grazia” (Sal 115[113 B], 1), che hai manifestato per opera della Chiesa in questa terra.

4. Tu rex gloriae, Christe.
Tu Patris sempiternus es Filius.
“O Cristo, re della gloria,
eterno Figlio del Padre”.

Rendiamo oggi gloria a Cristo. E’ a Lui dovuto il nostro canto di lode. Quale valore infatti avrebbero i frutti dell’esistenza della Chiesa se non fossero la rivelazione dell’opera salvifica del Figlio di Dio? Quando abbiamo udito proclamare nell’odierna liturgia della parola: “Io sono il buon pastore” (Jn 10,11), in un certo senso abbiamo scoperto il più essenziale motivo del nostro rendimento di grazie.

“Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore” (Jn 10,14-15). Cristo parla così di se stesso. Questo buon pastore è proprio lui. San Paolo, nella Lettera agli Efesini ci aiuta in un certo senso ad approfondire il contenuto di questa descrizione. L’Apostolo scrive che Dio nel suo Figlio “ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto; nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia” (1, 4-7).

Se Cristo è il Buon Pastore,l’unico Buon Pastore, e come tale il Re di tutti i pastori nella Chiesa, ciò avviene perché in Lui dimora l’amore che lo unisce al Padre. Tramite quest’amore si realizza l’elezione divina, attuata dal Padre nei riguardi dell’uomo prima della creazione del mondo. L’eterno ed unigenito Figlio di Dio, facendosi uomo proprio nel nome di questo amore, si preoccupa di una cosa sola: di moltiplicare tra gli uomini i figli adottivi, che rispondano all’eterna elezione da parte del Padre. Proprio per questo è il Buon Pastore. Offre la propria vita per difendere gli uomini dalla morte, per moltiplicare in essi la vita. Questa vita è in Lui. Facendosi Uomo l’ha portata con sé al mondo, come dono del Padre. Il desiderio di Cristo come Buon Pastore è di condividere questa vita, di elargirla all’uomo, perché soltanto in questo modo - partecipando alla vita di Dio - l’uomo, essere mortale, può liberarsi dalla morte spirituale. La liturgia dell’odierna celebrazione ci mostra in un certo senso le profondissime radici di ciò che da mille anni la Chiesa di Kraków è in terra polacca. E’ l’unica ed irripetibile realizzazione dell’eterno disegno del Padre, il quale per mezzo di Gesù Cristo in virtù dello Spirito Santo ha colmato questa comunità del Popolo di Dio con una molteplice benedizione spirituale.

Perciò, mentre udiamo oggi la parabola di Cristo, del Buon Pastore, ci rendiamo conto che queste parole costituiscono una misura che va applicata alla storia della Chiesa. Cristo è il Re dei pastori, e nel corso dei secoli, vari pastori da Lui chiamati hanno lavorato alla realizzazione del suo regno. Così dunque attraverso la parabola del Buon Pastore si svela a noi la storia millenaria della Chiesa di Kraków. Vediamo tutti coloro che mediante questa Chiesa parteciparono alla missione profetica, sacerdotale e regale di Cristo - tutto il Popolo di Dio, che durante questo millennio costituiva la Chiesa di Kraków.

Prima vediamo coloro che, in forza di uno speciale mandato di Cristo, furono pastori di questo Popolo: i Vescovi e i sacerdoti. Si presentano dinanzi a noi Santo Stanislao, il beato Wincenty Kadlubek, Iwo Odrowaz, Piotr Wysz, Zbigniew Olesnicki, Bernard Maciejowski e Adam Stefan Sapieha; si presentano tra noi Jan Dlugosz, San Jan Kanty e il beato Piotr Dankowski, e tanti altri vescovi e presbiteri, rimasti non solo nella memoria della Chiesa, ma iscritti anche in tutta la storia della nazione e nella cultura. Come non nominare qui anche gli Ordini religiosi! Già ai tempi di Santo Stanislao si stabilirono qui i benedettini, un po’ più tardi i cistercensi, e dopo di essi vennero altri ordini e altre congregazioni, che diedero apostoli e pastori come Piotr Skarga, San Girolamo Odrowaz, il beato Stanislao Kazimierczyk, San Massimiliano, San Raffaele Kalinowski.

Se oggi abbracciamo col pensiero e col cuore tutti coloro che come pastori hanno attuato in questa Chiesa per il regno di Cristo, nella prospettiva storica vediamo non solo i sacerdoti, ma anche innumerevoli schiere di laici. Davanti ai nostri occhi si presentano i sovrani e gli uomini di Stato, guidati da Santa Edvige e da San Casimiro, ed insieme a loro una semplice domestica - la beata Aniela Salawa e il docente del Politecnico - il Servo di Dio Jerzy Ciesielski, ed anche intere generazioni di genitori, di educatori, di professori e di studenti, di medici e di infermiere, di commercianti e di impiegati, di artigiani e di agricoltori - uomini di vari stati e di varie professioni. Vediamo anche uomini e donne, che negli Ordini religiosi offrirono la vita a Dio e agli uomini. Mentre oggi guardiamo le immagini di San Fra’ Alberto e della beata Suor Faustina, sappiamo che, in un certo senso, essi rappresentano tutti coloro che in qualche modo riflettevano la parabola del Buon Pastore.

Tutti questi uomini di Chiesa, conosciuti per nome o anonimi, con la loro vita, con la loro santità, con il lavoro ordinario e con la sofferenza testimoniavano a questa terra che Dio è amore, che con questo amore egli abbraccia ciascuno e lo conduce sulle strade di questo mondo verso una nuova vita. Non esiste una ragione maggiore di questa per rendere grazie della storia millenaria della Chiesa in terra di Kraków. Non c’è un bene maggiore della santificazione, che questa terra riceve da dieci secoli dalle mani della Chiesa. “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo” (Ep 1,3).

Oggi mi sento chiamato in modo particolare a ringraziare questa comunità millenaria di pastori di Cristo, chierici e laici, perché grazie alla testimonianza della loro santità, grazie a questo ambiente di fede, che per dieci secoli essi formarono e formano a Kraków, è diventato possibile che al termine di questo millennio, proprio sulle rive della Vistola, ai piedi della Cattedrale di Wawel cadesse l’esortazione di Cristo: "Pietro, pasci i miei agnelli” (Jn 21,15). E' diventato possibile che la debolezza dell’uomo si poggiasse sulla potenza dell’eterna fede, speranza e carità di questa terra, e desse la risposta: “Nell’obbedienza della fede davanti a Cristo mio Signore, affidandomi alla Madre di Cristo e della Chiesa - consapevole della grandi difficoltà - accetto”.

5. Salvum fac populum tuum, Domine, et benedic hereditati tuae.
Et rege eos, et extolle illos usque in aeternum.
“Salva il tuo popolo, Signore, e benedici la tua eredità,
guida e sostieni i tuoi figli fino all'eternità".

Nella sua storia la Chiesa di Kraków è sopravvissuta a molte tempeste e a molte prove. Per soffermarci soltanto al nostro secolo, sappiamo, che prima ha resistito alla forza distruttiva della guerra e dell’occupazione, e nonostante le dolorose perdite ha conservato la propria dignità, soprattutto grazie all’inflessibile atteggiamento del principe Cardinale Adam Sapieha. Nel mezzo secolo del dopoguerra la Chiesa ha accolto le nuove sfide, che aveva portato con sé il totalitarismo comunista insieme all’ideologia atea. Ha superato il periodo delle persecuzioni senza mai perdere la forza della testimonianza. La profonda unità delle parrocchie, dei pastori e dei fedeli, la grande opera dell’educazione religiosa dei giovani e il servizio della misericordia si dimostrarono allora potenti pilastri, poggiati sul fondamento di una fede profonda. Non è possibile non ricordare qui il mio predecessore sulla sede di Santo Stanislao, l’arcivescovo Eugeniusz Baziak.

Un fattore particolare nel rinnovamento della Chiesa di Kraków furono i lavori del Sinodo Pastorale dell’Arcidiocesi negli anni 1972-1979. Ricordo quell’inaudito impegno da parte dei fedeli nei gruppi sinodali, nei lavori delle singole commissioni e quella profonda riflessione su se stessa da parte della Chiesa di Kraków. Fu una grande diagnosi del passato e del presente, ma con un simultaneo sguardo verso il futuro.

Ora, mentre rendiamo grazie per il passato splendore di questa Chiesa, nello stesso spirito dovremmo guardare all’oggi e al domani. Dobbiamo porci la domanda: Che cosa ha fatto la nostra generazione con questa grande eredità? Il Popolo di Dio di questa Chiesa continua a vivere della tradizione degli apostoli, della missione dei profeti e del sangue dei martiri?

Dobbiamo dare la risposta a questi interrogativi. Secondo questa risposta bisogna impostare il futuro, perché si dimostri che il tesoro della fede, della speranza e della carità, che i nostri padri custodirono nelle lotte e trasmisero a noi, non venga perduto da questa generazione addormentata, ormai non come nell’opera di Wyspianski: “Le nozze”, dal sogno della libertà, ma dalla libertà stessa. Grava su di noi una grande responsabilità per lo sviluppo della fede, per la salvezza dell’uomo di oggi e per le sorti della Chiesa nel nuovo millennio.

Perciò, con San Paolo vi prego, fratelli e sorelle: prendete come modello i sani principi, nella fede e nell’amore in Cristo Gesù. Custodite il buon deposito con l’aiuto dello Spirito Santo che abita in voi (cfr 2Tm 1,13-14). Portatelo nel terzo millennio del cristianesimo con la fierezza e con l’umiltà dei testimoni. Trasmettete alle future generazioni il messaggio della divina Misericordia, che si compiacque di scegliere questa città per manifestarsi al mondo. Al termine del ventesimo secolo il mondo sembra più che mai aver bisogno di tale messaggio. Portatelo nei tempi nuovi come germoglio di speranza e pegno di salvezza.

Dio misericordioso, sostieni con la tua grazia il popolo di questa terra. Rendi i figli di questa Chiesa una generazione di testimoni per i secoli futuri. Fa sì che in virtù dello Spirito Santo la Chiesa in Kraków e in tutta la Patria continui l’opera di santificazione, che le hai affidato mille anni fa.

Fiat misericordia tua, Domine, super nos,
quemadmodum speravimus in te.
In te, Domine, speravi: non confundar in aeternum.
“Sia sempre con noi la tua misericordia: in te abbiamo sperato.
Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno”.
Non saremo confusi. Amen.
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GPII Omelie 1996-2005 220