GPII Omelie 1996-2005 223

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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (5-17 GIUGNO 1999)

CELEBRAZIONE DEI VESPRI DEL SACRO CUORE DI GESÙ




Gliwice - Martedì, 15 giugno 1999



1. “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente” (1Jn 3,1).

L’odierno incontro ci introduce direttamente nelle profondità del mistero dell’amore di Dio. Stiamo infatti partecipando ai Vespri in onore del Sacratissimo Cuore di Gesù, che ci permettono di vivere e di sperimentare che cosa sia l’amore che Dio dona all’uomo. “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Jn 3,16). Il mondo è amato da Dio e sarà amato fino alla fine. Il Cuore del Figlio di Dio trafitto sulla croce e aperto, testimonia in modo profondo e definitivo l’amore di Dio. Scriverà San Bonaventura: “Per divina disposizione è stato permesso che un soldato trafiggesse e aprisse quel sacro costato. Ne uscì sangue ed acqua, prezzo della nostra salvezza” (Liturgia delle Ore, vol. III, p. 601).

Ci presentiamo con il cuore trepidante e in umiltà davanti al grande mistero di Dio, che è amore. Oggi qui, a Gliwice, vogliamo esprimerGli la nostra lode ed insieme una immensa gratitudine.

E’ con grande gioia che vengo da voi, poiché mi siete cari. Tutto il popolo della Slesia è caro al mio cuore. Come metropolita di Kraków ogni anno andavo in pellegrinaggio alla Madonna di Piekary e là ci incontravamo per la comune preghiera. Apprezzavo molto ogni invito. Era sempre per me un’esperienza profonda. Però nella diocesi di Gliwice mi trovo per la prima volta, perché è una diocesi giovane istituita alcuni anni fa. Ricevete perciò il mio cordiale saluto, che rivolgo prima al vostro vescovo Jan e al vescovo ausiliare Gerard. Saluto anche il clero, le famiglie religiose, tutte le persone consacrate e il popolo fedele di questa diocesi. Sono lieto perché sul percorso del mio pellegrinaggio in Patria c’è anche Gliwice, una città che ho visitato più volte, alla quale mi legano speciali ricordi. Con grande gioia visito questa terra di uomini abituati al duro lavoro: è la terra del minatore polacco, la terra delle acciaierie, delle miniere e dei forni delle fabbriche, ma anche la terra che possiede una ricca tradizione religiosa. I miei pensieri e il mio cuore oggi si aprono a voi qui presenti, a tutti gli uomini dell’Alta Slesia e di tutta la terra di Slesia. Vi saluto tutti nel nome di Dio uno e trino.

2. "Dio è amore" (1Jn 4,16). Queste parole di San Giovanni evangelista costituiscono il tema guida del pellegrinaggio del Papa in Polonia. Alla vigilia del Grande Giubileo dell’Anno 2000 bisogna che sia di nuovo trasmessa al mondo questa gioiosa e impressionante notizia su un Dio che ama. Dio è una realtà che sfugge alla nostra capacità di esauriente comprensione. Perché è Dio, non saremo in grado di comprendere con la nostra ragione la sua infinità, né di chiuderla nelle strette dimensioni umane. E’ Lui che ci valuta, che ci governa, ci guida e ci comprende, anche quando non ne siamo consapevoli. Però questo Dio, irraggiungibile nella sua essenza, si è fatto vicino all’uomo mediante il suo amore paterno. La verità su Dio che è amore costituisce quasi una sintesi e al contempo il culmine di tutto ciò che Dio ci ha rivelato su se stesso, di ciò che ci ha detto per mezzo dei Profeti e per mezzo di Cristo su ciò che egli è.

Dio ha rivelato questo amore in vari modi. Prima, nel mistero della creazione. La creazione è opera dell’onnipotenza di Dio, guidata dalla sapienza e dall’amore. “Ti ho amato di amore eterno, per questo ti conservo ancora pietà” - dirà Dio ad Israele per bocca del profeta Geremia (31, 3). Dio ha amato il mondo che ha creato, e in esso sopra ogni cosa ha amato l’uomo. E perfino quando l’uomo prevaricò contro questo amore originale, Dio non cessò di amarlo e lo alzò dalla caduta, poiché è Padre, poiché è Amore. Nel modo più perfetto e definitivo Dio ha rivelato il suo amore in Cristo - nella sua croce e nella sua risurrezione. San Paolo dirà: “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo” (Ep 2,4-5). Ho scritto nel messaggio di quest’anno per i giovani: “Il Padre vi ama”. Questa magnifica notizia è stata depositata nel cuore dell’uomo che crede, il quale come il discepolo prediletto di Gesù, poggia il capo sul petto del Maestro ed ascolta le sue confidenze: “Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Jn 14,21).

“Il Padre vi ama” - queste parole del Signore Gesù costituiscono il centro stesso del Vangelo. Allo stesso tempo nessuno mette in risalto quanto Cristo il fatto che tale amore è esigente: “facendosi obbediente fino alla morte” (Ph 2,8) ha insegnato nel modo più perfetto che l’amore attende la risposta da parte dell’uomo. Esige la fedeltà ai comandamenti e alla vocazione che l’uomo ha ricevuto da Dio.

3. “Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi” (1Jn 4,16).

Mediante la grazia, l’uomo è chiamato all’alleanza con il suo Creatore, a dare la risposta di fede e di amore che nessun’altro può dare al posto suo. Tale risposta non è mancata qui, nella Slesia. L’avete data a Dio per secoli interi con la vostra vita cristiana. Nella storia sempre siete stati uniti alla Chiesa e ai suoi Pastori, fortemente attaccati alla tradizione religiosa dei vostri avi. In modo particolare il lungo periodo del dopoguerra, fino ai cambiamenti, avvenuti nel nostro paese nel 1989, era tempo anche per voi di una grande prova di fede. Avete fedelmente perseverato presso Dio, resistendo all’ateizzazione e alla laicizzazione della nazione e alla lotta contro la religione. Mi ricordo come migliaia di operai della Slesia ripetevano con fermezza, nel Santuario di Piekary, il motto: “La Domenica è di Dio e nostra”. Sempre avete avvertito il bisogno della preghiera e dei luoghi da cui essa può meglio innalzarsi. Perciò non vi è mancata la volontà di spirito e la generosità per adoperarvi nella costruzione di nuove chiese e di luoghi di culto, che sono sorti numerosi in quel tempo nelle città e nei villaggi dell’Alta Slesia. Vi stava a cuore anche il bene della famiglia. Per questo reclamavate i diritti ad essa dovuti, specialmente quello della libera educazione nella fede dei vostri figli e dei giovani. Spesso vi radunavate nei santuari e in molti altri luoghi cari al vostro cuore, per esprimere l’attaccamento a Dio e per rendergli testimonianza. Invitavate anche me a queste comuni celebrazioni nella Slesia. Tanto volentieri vi annunciavo la parola di Dio, perché avevate bisogno di essere confortati nel difficile periodo di lotte per la conservazione dell’identità cristiana, per avere la forza di obbedire “a Dio piuttosto che agli uomini” (cfr Ac 5,29).

Guardando al passato, oggi rendiamo grazie alla Provvidenza per questo esame sulla fedeltà a Dio e al Vangelo, alla Chiesa e ai suoi Pastori. Questo era anche un esame sulla responsabilità per la nazione, per la Patria cristiana e per il suo millenario patrimonio, che nonostante tutte le grandi prove non subì la distruzione o l’oblio. Accadde così perché “avete riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi” e avete voluto rispondere sempre con amore a Dio.

4. “Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi, ma si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte” (cfr Ps 1,1-2).

Abbiamo ascoltato queste parole del Salmista nella breve lettura durante i Vespri di oggi. Rimanete fedeli all’esperienza delle generazioni, che vissero in questa terra con Dio nel cuore e con la preghiera sulle labbra. Nella Slesia vinca sempre la fede e la sana moralità, il vero spirito cristiano e il rispetto dei comandamenti divini. Conservate ciò che era fonte di forza spirituale per i vostri padri come il più grande tesoro. Essi sapevano includere Dio nella loro vita e in Lui sconfiggere tutte le manifestazioni del male. Eloquente simbolo di ciò è il saluto “Dio ti sia propizio!” che è proprio dei minatori. Sappiate conservare il cuore sempre aperto ai valori annunziati dal Vangelo, custoditeli; essi decidono della vostra identità.

Cari Fratelli e Sorelle, volevo anche dirvi che conosco le vostre difficoltà, i timori e le sofferenze che ora state vivendo; i timori e le sofferenze che sperimenta il mondo del lavoro in questa diocesi e in tutta la Slesia. Mi rendo conto dei pericoli uniti a questo stato di cose specialmente per molte famiglie e per tutta la vita sociale. E' necessaria un’attenta considerazione sia delle cause di tali pericoli che delle possibili soluzioni. Ho già parlato di ciò durante questo pellegrinaggio a Sosnowiec. Oggi mi rivolgo un’altra volta a tutti i miei connazionali nella Patria. Costruite il futuro della nazione sull’amore di Dio e degli uomini, sul rispetto dei comandamenti di Dio e sulla vita di grazia. E’ felice infatti l’uomo, è felice la nazione, che si compiace della legge del Signore.

La consapevolezza che Dio ci ama, dovrebbe sollecitare all’amore per gli uomini, di tutti gli uomini senza alcuna eccezione e senza alcuna divisione in amici e nemici. L’amore per l’uomo consiste nel desiderare per ognuno il vero bene. Consiste anche nella premura per garantire questo bene e respingere ogni forma di male e di ingiustizia. Bisogna sempre e con perseveranza cercare le vie di un giusto sviluppo per tutti, per "rendere - come dice il Concilio - più umana la vita dell’uomo” (cfr Gaudium et spes GS 38). Abbondino nel nostro paese l’amore e la giustizia, producendo ogni giorno frutti nella vita della società. Soltanto grazie ad esse questa terra può diventare una casa felice. Senza un grande ed autentico amore non c’è casa per l’uomo. Pur raggiungendo grandi successi nel campo dello sviluppo materiale, senza di esso sarebbe condannato ad una vita priva di vero senso.

“L’uomo è la sola creatura sulla terra che Dio abbia voluto per se stesso” (cfr Gaudium et spes GS 24). E’ stato chiamato a partecipare alla vita di Dio, è stato chiamato alla pienezza di grazia e di verità. La propria grandezza, il valore e la dignità della propria umanità egli la trova proprio in questa vocazione.

Dio che è amore, sia la luce della vostra vita per oggi e per i tempi che verranno. Sia la luce per tutta la nostra Patria. Costruite un futuro degno dell’uomo e della sua vocazione.

Depongo voi tutti, le vostre famiglie e i vostri problemi ai piedi della Madre Santissima, che è venerata in molti santuari di questa diocesi e in tutta la Slesia. Essa insegni l’amore di Dio e dell’uomo, come lo ha praticato Lei nella sua vita.

A tutti “Dio vi sia propizio”!


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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (5-17 GIUGNO 1999)

RITO DI CANONIZZAZIONE DI SUOR KINGA


Spianata davanti al Monastero delle Clarisse (Stary Sacz)

Mercoledì, 16 giugno 1999



1. "I Santi non passano. I Santi vivono dei Santi e hanno sete di santità".

Diletti Fratelli e Sorelle!

Quasi trentatré anni fa pronunciai queste parole a Stary Sacz, durante le celebrazioni del Millennio. Lo feci ricollegandomi ad una circostanza particolare. Ecco, nonostante il maltempo, giunsero in quella città gli abitanti della Terra di Sacz e dei dintorni, e tutta quella grande assemblea del Popolo di Dio sotto la presidenza del Cardinale Primate Stefan Wyszynski e del Vescovo di Tarnów, Jerzy Ablewicz, pregava Dio per la canonizzazione della beata Kinga. Come, dunque, non ripetere queste parole il giorno in cui, per disposizione della Divina Provvidenza, mi viene dato di procedere alla sua canonizzazione, come due anni fa mi fu dato di proclamare santa la Regina Edvige, Signora di Wawel? L'una e l'altra giunsero da noi dall'Ungheria, entrarono nella nostra storia e rimasero nella memoria della Nazione. Come Edvige così Kinga ha resistito alla legge inesorabile del tempo che tutto cancella. Sono passati i secoli, e lo splendore della sua santità non soltanto non si spegne, ma brilla ancor più per le generazioni che si susseguono. Non hanno dimenticato questa figlia del re ungherese, la Principessa di Malopolska, Fondatrice e Monaca del convento di Sacz. E questo giorno della sua canonizzazione ne è la più magnifica prova. Sia lodato Dio nei suoi santi!

2. Prima di percorrere spiritualmente le vie della santità della Principessa Kinga, per rendere grazie a Dio per l'opera della sua grazia, voglio salutare tutti coloro che sono qui riuniti e tutta la Chiesa della bella Terra di Tarnów, insieme al Vescovo Wiktor e ai Vescovi Ausiliari Wladyslaw e Jan, ed il caro Vescovo emerito Piotr. Saluto i Vescovi ungheresi con il Primate, Cardinale Laszlo Paskai, come anche il Presidente della Repubblica di Ungheria Signor Arpad Göncz e le persone al suo seguito. Saluto il Signor Presidente d'Ungheria e le persone al suo seguito. Saluto tutti i sacerdoti, i religiosi e le religiose, e in modo particolare le Suore Clarisse. Rivolgo un cordiale saluto ai nostri padroni di casa - gli abitanti di Stary Sacz. So che questa città è famosa per il suo attaccamento a santa Kinga. Tutta la vostra città sembra essere il suo santuario. Saluto anche Nowy Sacz, una città che sempre mi ha affascinato con la sua bellezza e con il suo buon funzionamento. Abbraccio col cuore tutta la comunità diocesana, ogni famiglia e le persone sole, tutti i malati, come anche coloro che partecipano a questa liturgia per mezzo della radio e della televisione. Sia con voi ogni grazia di Colui che è fonte e fine di tutta la nostra santità!

3. «I Santi vivono dei Santi».

Nella prima Lettura abbiamo udito un annuncio profetico: «Come luce splendida brillerai sino ai confini della terra; numerose nazioni verranno a te da lontano; gli abitanti di tutti i confini della terra verranno verso la dimora del tuo santo nome» (Tb 13,13). Queste parole del Profeta si riferiscono anzitutto a Gerusalemme, la città segnata dalla particolare presenza di Dio nel suo tempio. Sappiamo tuttavia che da quando, mediante la morte e la risurrezione «Cristo (...) non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo figura di quello vero [tempio], ma nel cielo stesso, allo scopo di presentarsi, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore» (Rm 9,24), questa profezia si compie su tutti coloro che seguono Cristo sulla stessa via verso il Padre. D'ora in poi non più la luce del tempio di Gerusalemme, ma lo splendore di Cristo, che illumina i testimoni della sua resurrezione, attira al santo nome di Dio le numerose nazioni e gli abitanti di tutti i confini della terra.

Santa Kinga sin dalla nascita aveva sperimentato, in modo mirabile, questo salvifico irradiamento della santità. Venne, infatti, al mondo nella famiglia reale ungherese di Bela IV, della dinastia degli Arpadi. Questa stirpe regale con grande fervore coltivava la vita di fede e diede grandi santi. Da essa proviene santo Stefano, il Patrono principale dell'Ungheria, ed il figlio sant'Emerico. Un posto particolare tra i santi della famiglia degli Arpadi occupano le donne: santa Ladislaa, santa Elisabetta di Turingia, santa Edvige di Slesia, sant'Agnese di Praga e, infine, le sorelle di Kinga - santa Margherita e la beata Jolanda. Non è ovvio che la luce della santità della famiglia ha condotto Kinga al santo nome di Dio? Poteva rimanere senza alcuna orma nella sua anima l'esempio dei santi genitori, dei fratelli e delle sorelle e dei parenti?

Il seme di santità sparso nel cuore di Kinga nella casa paterna trovò in Polonia un buon terreno per svilupparsi. Quando, nel 1239, giunse prima a Wojnicz, e poi a Sandomierz, stabilì un cordiale legame con la madre del suo futuro sposo, Grzymislawa, e con sua figlia Salomea. Entrambe si distinsero per una profonda religiosità, per una vita ascetica e per l'amore all'orazione, per la lettura della Sacra Scrittura e delle vite dei santi. La loro cordiale compagnia, specialmente nei primi difficili anni del soggiorno in Polonia, ebbe un grande influsso su Kinga. L'ideale della santità maturò sempre più nel suo cuore. Cercando modelli da imitare, rispondenti al suo rango, scelse come speciale patrona la sua santa parente - la principessa Edvige di Slesia. Volle altresì indicare alla Polonia un santo che potrebbe diventare per tutti gli stati e per tutte le regioni un maestro d'amor di Patria e della Chiesa. Per questo, insieme col Vescovo di Kraków, Prandota di Bialaczew, si impegnò con intensi sforzi per la canonizzazione del martire di Kraków, il Vescovo Stanislao di Szczepanów. Indubbiamente una grande influenza sulla sua spiritualità esercitarono san Giacinto, vissuto in quel tempo, il beato Sadok, la beata Bronislawa, la beata Salomea, la beata Jolanda, sorella di Kinga, e tutti coloro che formarono un particolare ambiente di fede nella Kraków di allora.

4. Se oggi stiamo parlando della santità, del desiderio di e del conseguimento della santità, bisognerebbe domandarsi in quale modo formare ambienti che ne favoriscano l'aspirazione. Che cosa fare affinché la famiglia, la scuola, l'ambiente di lavoro, l'ufficio, i villaggi e le città, ed infine il paese intero diventino una dimora di santi, che influiscano mediante la loro bontà, la fedeltà all'insegnamento di Cristo, la testimonianza della vita quotidiana, alimentando la crescita spirituale di ogni uomo? Santa Kinga e tutti i santi e i beati del XIII secolo rispondono: occorre la testimonianza. Occorre il coraggio, per non mettere la propria fede sotto il moggio. Occorre, infine, che nei cuori dei credenti dimori quel desiderio di santità, che forma non soltanto la vita privata, ma influisce sull'intera società.

Nella Lettera alle Famiglie ho scritto che «attraverso la famiglia fluisce la storia dell'uomo, la storia della salvezza dell'umanità. La famiglia si trova al centro del grande combattimento tra il bene e il male, tra la vita e la morte, tra l'amore e quanto all'amore si oppone. Alla famiglia è affidato il compito di lottare prima di tutto per liberare le forze del bene, la cui fonte si trova in Cristo Redentore dell'uomo. Occorre far sì che tali forze siano fatte proprie da ogni nucleo familiare, affinché, come è stato detto in occasione del millennio polacco del cristianesimo, la famiglia sia "forte di Dio"» (n. 23). Oggi, basandomi sull'esperienza perenne di santa Kinga, ripeto queste parole qui, tra gli abitanti della Terra di Sacz, i quali per i secoli, spesso a costo di rinunzie e di sacrifici, dettero prove di sollecitudine per la famiglia e di grande amore per la vita familiare. Insieme alla Patrona di questa terra, chiedo a tutti i miei Connazionali: che la famiglia polacca mantenga la fede a Cristo! Perseverate con fermezza accanto a Cristo, perché Lui rimanga in voi! Non permettete che nei vostri cuori, nei cuori dei padri e delle madri, dei figli e delle figlie, si spenga la luce della santità! Che lo splendore di essa formi le future generazioni di santi, per la gloria del nome di Dio! Tertio Millennio adveniente.

Fratelli e Sorelle, non abbiate paura di aspirare alla santità! Non abbiate paura di essere santi! Del secolo che volge al suo termine e del nuovo millennio fate un'era di uomini santi!

5. «I Santi hanno sete di santità». Questa sete fu viva nel cuore di Kinga. Con questo desiderio, meditava le parole di san Paolo che abbiamo udito oggi: «Quanto alle vergini, non ho alcun comando dal Signore, ma do un consiglio, come uno che ha ottenuto misericordia e merita fiducia. Penso dunque che sia bene per l'uomo, a causa della presente necessità, di rimanere così» (1Co 7,25-26). Ispirata da tale indicazione, volle consacrarsi a Dio con tutto il cuore mediante il voto di verginità. Perciò quando in considerazione delle circostanze storiche dovette sposare il principe Boleslao, lo convinse alla vita verginale per la gloria di Dio e dopo una prova di due anni gli sposi fecero il voto di perpetua castità nelle mani del Vescovo Prandota.

Questo modo di vita, oggi forse difficile da comprendere, ma radicato profondamente nella tradizione della Chiesa primitiva, diede a santa Kinga questa libertà interiore, grazie alla quale con tutta la dedizione poté preoccuparsi prima di tutto delle cose del Signore, conducendo una profonda vita religiosa. Oggi rileggiamo questa grande testimonianza. Santa Kinga insegna che sia il matrimonio che la verginità vissuta in unione con Cristo possono diventare una via di santità. Oggi santa Kinga si pone a salvaguardia di questi valori. Ricorda che in nessuna circostanza il valore del matrimonio, questa indissolubile unione d'amore di due persone, può essere messa in dubbio. Qualunque difficoltà nasca, non si può rinunciare alla difesa di questo amore originale, che ha unito due persone e che viene incessantemente benedetta da Dio. Il matrimonio è la via della santità, perfino quando diventa la via della croce.

Le mura del convento di Stary Sacz, a cui santa Kinga diede inizio e nel quale terminò la sua vita, sembrano oggi testimoniare quanto essa apprezzasse la castità e la verginità, vedendo giustamente in un tale stato un dono straordinario, grazie al quale l'uomo sperimenta in un modo speciale la propria libertà. E di questa libertà interiore può fare luogo d'incontro con Cristo e con l'uomo sul cammino della santità. Ai piedi di questo convento, insieme con santa Kinga chiedo in modo particolare a voi, giovani: difendete la vostra libertà interiore! Che una falsa vergogna non vi distolga dal coltivare la castità! E i ragazzi e le ragazze chiamati da Cristo a conservare la verginità per tutta la vita, sappiano che questo è uno stato privilegiato, attraverso il quale si manifesta nel modo più chiaro l'azione della potenza dello Spirito Santo.

C'è ancora un'altra caratteristica dello spirito di santa Kinga, unita al suo desiderio di santità. Come principessa seppe occuparsi delle cose del Padre anche in questo mondo. A fianco del marito partecipò al governo, dimostrando fermezza e coraggio, generosità e sollecitudine per il bene del paese e dei sudditi. Durante le turbolenze all'interno dello stato, durante la lotta per il potere in un regno diviso in regioni, durante le devastanti invasioni dei Tartari, santa Kinga seppe far fronte alle necessità del momento. Con zelo si adoperò per l'unità dell'eredità dei Piast, e per rialzare il paese dalle rovine non esitò a donare quanto aveva ricevuto in dote dal proprio padre. Al suo nome sono legate le miniere di salgemma di Wieliczka e di Bochnia nei pressi di Kraków. Soprattutto però tenne in considerazione i bisogni dei suoi sudditi. Lo confermano le sue antiche biografie testimoniando che il popolo la chiamava: «consolatrice», «medico», «nutrice», «santa madre». Avendo rinunciato alla maternità naturale, divenne vera madre di tanti.

Curò anche lo sviluppo culturale della nazione. Alla sua persona e al locale convento è unita la nascita di veri monumenti della letteratura, come il primo libro scritto in lingua polacca: Zoltarz Dawidów - Salterio di Davide.

Tutto ciò si inscrive nella sua santità. E mentre oggi domandiamo: come apprendere ad essere santi e come attuare la santità, santa Kinga sembra rispondere: bisogna occuparsi delle cose del Signore in questo mondo. Testimonia che la realizzazione di tale compito consiste in un incessante adoperarsi per conservare l'armonia tra la fede professata e la vita. Il mondo di oggi ha bisogno della santità dei cristiani, che nelle ordinarie condizioni di vita familiare e professionale assumono i propri doveri quotidiani; e che avendo il desiderio di compiere la volontà del Creatore e servire ogni giorno gli uomini, rispondono al suo eterno amore. Ciò riguarda i vari settori della vita come la politica, l'attività economica, sociale e legislativa (cfr Christifideles laici CL 42). Non manchi in questi campi lo spirito di servizio, l'onestà, la verità, la premura per il bene comune anche a prezzo di una magnanima abnegazione al proprio, sull'esempio della santa Principessa di queste terre! Che anche in questi settori non manchi la sete di santità, conseguita mediante il servizio svolto con competenza in spirito d'amore di Dio e del prossimo!

6. «I Santi non passano». Mentre fissiamo lo sguardo sulla figura di Kinga, sorge un interrogativo essenziale: Che cosa fece di lei una figura che, in un certo senso, non passa? Che cosa le permise di sopravvivere nella memoria dei Polacchi e, in modo particolare, in quella della Chiesa? Quale è il nome di quella forza che resiste alla legge inesorabile del «tutto passa»? Il nome di questa forza è l'amore. L'odierno Vangelo, concernente le dieci vergini sagge, parla proprio dell'amore. Kinga fu certamente una di loro. Come loro andò incontro allo Sposo divino. Come loro, vegliò con la lampada d'amore accesa, per non perdere il momento della venuta dello Sposo. Come loro, lo incontrò mentre egli stava venendo e fu invitata a partecipare al banchetto di nozze. L'amore del divino Sposo nella vita della principessa Kinga si espresse con tanti atti d'amore del prossimo. Fu proprio quell'amore a far sì che il passare, a cui è soggetto ogni uomo sulla terra, non ha cancellato la sua memoria. Dopo tanti secoli, oggi lo esprime la Chiesa in terra polacca.

«I Santi vivono dei Santi e hanno sete di santità». Ripeto ancora una volta queste parole qui, in terra di Sacz. Kinga la ricevette in dono in cambio della dote che destinò al soccorso del paese e questa terra non ha mai cessato di essere sua particolare proprietà. Essa ha sempre cura del popolo fedele che vive qui. Come non ringraziarla per la protezione sulle famiglie, specialmente sulle tante famiglie di qui con numerosa prole, che guardiamo con ammirazione e con rispetto? Come non ringraziarla perché essa impetra per questa comunità ecclesiale la grazia di così numerose vocazioni sacerdotali e religiose? Come non ringraziarla perché oggi ci ha radunati qui, unendo nella comune preghiera fratelli e sorelle dell'Ungheria, della Repubblica Ceca, della Slovacchia, dell'Ucraina, ridestando la tradizione dell'unità spirituale, che lei stessa ha formato con tanta dedizione?

Colmi di gratitudine lodiamo Dio per il dono della santità della Signora di questa terra e lo preghiamo affinché lo splendore di questa santità continui in tutti noi. Nel nuovo millennio, questa magnifica luce irradi su tutti i confini della terra, affinché vengano da lontano al santo nome di Dio (cfr Tb 13,13) e vedano la sua gloria.

«I Santi non passano».
I Santi invocano la santità.
Santa Kinga,
Signora di questa terra,
impetraci la grazia della santità!

Che la famiglia polacca mantenga la fede a Cristo! Perseverate con fermezza accanto a Cristo, perché Lui rimanga in voi! Non permettete che nei vostri cuori si spenga la luce della santità! Non abbiate paura di aspirare alla santità! Non abbiate paura di essere santi! Del secolo che volge al suo termine e del nuovo millennio fate un'era di uomini santi!

Santa Kinga insegna che sia il matrimonio che la verginità vissuta in unione con Cristo possono diventare una via di santità. Oggi santa Kinga si pone a salvaguardia di questi valori. Ricorda che in nessuna circostanza il valore del matrimonio, questa indissolubile unione d'amore di due persone, può essere messa in dubbio

Insieme con santa Kinga chiedo in modo particolare a voi giovani: difendete la vostra libertà interiore! Il mondo di oggi ha bisogno della santità di cristiani che nelle ordinarie condizioni di vita familiare e professionale assumono i propri doveri quotidiani
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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (5-17 GIUGNO 1999)

CELEBRAZIONE DELLA PAROLA




Piazzale davanti la Chiesa parrocchiale (Wadowice)

Mercoledì, 16 giugno 1999


Diletti Fratelli e Sorelle!

1. Un'altra volta ancora, durante il mio servizio alla Chiesa universale sulla Sede di San Pietro, giungo nella mia città natale di Wadowice. Con grande commozione guardo questa città dei miei anni d'infanzia, testimone dei miei primi passi, delle mie prime parole e di quei - come dice Norwid - "primi inchini", che sono "come l'eterna professione di Cristo: «Sii lodato!»" (cfr. Moja piosenka -Il mio canto). La città della mia infanzia, la casa paterna, la chiesa del mio santo battesimo . . . Voglio varcare in queste soglie ospitali, inchinarmi davanti alla terra natia e ai suoi abitanti, e dire le parole con cui si salutano i familiari al ritorno da un viaggio lontano: "Sia lodato Gesù Cristo!"

Con queste parole saluto tutti gli abitanti di Wadowice, cominciando dai più anziani, con i quali mi uniscono i legami della mia infanzia e della mia adolescenza, fino ai più piccoli, che per la prima volta, vedono il Papa che è venuto da loro. Saluto il caro Cardinal Franciszek e ringrazio perché come pastore dell'arcidiocesi, ha una costante cura della mia città natale. Saluto i cari vescovi ausiliari e i vescovi seniores. Ringrazio i vescovi ospiti che mi accompagnano con perseveranza sul percorso del pellegrinaggio. Saluti cordialissimi rivolgo a tutti i sacerdoti, specialmente a quelli di entrambe le prefetture di Wadowice, e tra essi il parroco di questa parrocchia. Raccomando a Dio il defunto Don Tadeusz Zacher e tutti i sacerdoti defunti, che svolsero il loro ministero pastorale in questa città. Abbraccio col cuore tutte le famiglie religiose, che svolgono il loro servizio in terra di Wadowice.

In modo particolare voglio salutare i padri carmelitani scalzi di Górka di Wadowice. Ci incontriamo infatti in una circostanza eccezionale: quest'anno, il 27 agosto, cade il centenario della consacrazione della chiesa di San Giuseppe, presso il convento fondato da San Raffaele Kalinowski. Come nella mia giovinezza, mi reco in spirito a quel luogo di particolare culto della Beata Vergine del Monte Carmelo, che esercitava un'influenza così grande sulla spiritualità della Terra di Wadowice. Io stesso ricevetti in quel luogo numerose grazie, di cui oggi esprimo riconoscenza al Signore. Sono lieto perché mi è stato dato di beatificare, insieme a cento e otto martiri, anche il beato Padre Alfons Maria Mazurek, alunno, e più tardi benemerito educatore del seminario minore annesso al convento. Ebbi occasione di incontrarmi personalmente con questo testimone di Cristo, che nel 1944, come priore del convento di Czerna, suggellò la sua fedeltà a Dio con la morte per martirio. Mi inginocchio con venerazione presso le sue reliquie, che riposano proprio nella chiesa di San Giuseppe e rendo grazie a Dio per il dono della vita, del martirio e della santità di questo grande religioso.

2. Gerusalemme, "per la casa del Signore nostro Dio, chiederò per te il bene" (Sal 121[122], 9). Oggi faccio mie queste parole del Salmista e le riferisco a questa città. Wadowice, la città della mia infanzia, per la casa - per la casa paterna e per la casa del Signore - chiederò per te il bene! Come non esprimere questa promessa, mentre la Provvidenza mi ha concesso oggi di trovarmi quasi su un ponte che unisce queste due case: la casa paterna e la casa di Dio? E' una straordinaria, ed insieme la più naturale congiunzione di luoghi che - come nessun altro - lasciano un profondo segno nel cuore dell'uomo.

Con affetto filiale bacio la soglia della mia casa natale, esprimendo alla Divina Provvidenza la gratitudine per il dono della vita trasmessomi dai miei cari Genitori, per il calore del nido di famiglia, per l'amore dei miei cari, che mi dava un senso di sicurezza e di forza, perfino quando si dovevano affrontare l'esperienza della morte e le fatiche della vita quotidiana in tempi inquieti.

Con profonda venerazione bacio anche la soglia della casa di Dio - della chiesa parrocchiale di Wadowice, e in essa il battistero, presso il quale sono stato innestato in Cristo ed accolto nella comunità della sua Chiesa. In questo tempio mi accostai alla prima confessione e alla S. Comunione. Qui fui chierichetto. Qui resi grazie a Dio per il dono del sacerdozio e - già come arcivescovo di Kraków - qui vissi il mio giubileo del 25° di sacerdozio. Quanto bene, quante grazie portai via da questo tempio e da questa comunità parrocchiale, lo sa soltanto colui che è Datore di ogni grazia. A Lui, Dio uno e trino, rendo oggi gloria sulla soglia di questa chiesa.

Infine, con la fiducia di un bambino dirigo i miei passi alla Cappella della Santa Croce, per guardare nuovamente il volto della Madonna del Perpetuo Soccorso nella sua Effige di Wadowice. Lo faccio con una gioia tanto maggiore, perché oggi mi è data la possibilità di adornare questa effige con le corone, in segno del nostro amore per la Madre del Salvatore e per il suo Figlio divino. Ed è un segno tanto più eloquente perché - come mi è stato detto - queste corone sono state eseguite con i vostri doni, spesso molto preziosi, che portano in sé un particolare contenuto di ricordi, di sorti umane, di prove oppure di nobilissimi sentimenti familiari, di coniugi e di fidanzati. E a questo dono materiale avete aggiunto il grande dono dello spirito - la preghiera di affidamento alla Madre di Cristo che ha visitato le vostre case. Siate sicuri che il vostro ardente amore per Maria mai rimane senza una risposta. Proprio questo reciproco legame d'amore è in un certo senso portatore di grazie e pegno di un incessante aiuto, che per opera di Maria, riceviamo dal suo divin Figlio.

3. "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna" (Ga 4,4) - queste parole di San Paolo, che abbiamo udito oggi, ci introducono in un certo senso nel cuore stesso di questo mistero. Il tempo si è compiuto quando si è compiuto il mistero dell'incarnazione dell'eterno Verbo. Ecco, il Figlio di Dio venne al mondo, per realizzare il piano salvifico del Padre, per attuare la redenzione dell'uomo e restituirgli la figliolanza perduta. In questo mistero Maria occupa un posto particolare. Dio la chiamò affinché diventasse la Donna, per mezzo della quale sarebbe stata cancellata la colpa originale della prima donna. Dio aveva bisogno di questa mediazione di Maria. Aveva bisogno del suo libero consenso, della sua obbedienza e della sua dedizione, per rivelare pienamente il suo eterno amore per l'uomo.

In seguito l'Apostolo delle Nazioni scrive: "E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, che grida: Abbà, Padre!" (Ga 4,6). Sappiamo anche che questo evento si è compiuto alla presenza di Maria. Come era presente agli inizi dell'opera della redenzione di Cristo, così anche, nel giorno di Pentecoste, era presente agli inizi della Chiesa. Colei che il giorno dell'annunciazione fu colmata di Spirito Santo, il giorno della Pentecoste fu testimone particolare della sua presenza. Colei, che all' azione misteriosa dello Spirito doveva la propria maternità, più di chiunque altro seppe apprezzare il significato della discesa del Consolatore. Maria, come nessun altro, ha riconosciuto l'istante in cui iniziò la vita della Chiesa - di quella comunità di uomini, che inseriti in Cristo possono rivolgersi a Dio chiamandolo: Padre! Nel mondo non c'è un essere umano che sia stato introdotto nell'esperienza dell'amore trinitario del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, nello stesso grado che fu proprio di Maria, Madre del Verbo incarnato.

Perciò mentre ci stiamo preparando a vivere il Grande Giubileo della redenzione, ci rivolgiamo in modo particolare a Colei che è l'insostituibile guida sulle vie della salvezza. Se il Giubileo ci deve, in un certo senso, rendere presente quanto si compì grazie all'incarnazione del Figlio di Dio, non possiamo non basarci sull'esperienza di fede, di speranza e di carità della Madre di Cristo. Tale ricorso non può mancare. Da Maria infatti apprendiamo questa docilità allo Spirito Santo, grazie alla quale possiamo usufruire più pienamente dei frutti della morte e della resurrezione di Cristo.

Ai nostri avi fu sempre cara la convinzione dell'insostituibile ruolo della Madre di Dio nella vita della Chiesa e di ogni cristiano. Nel corso degli ultimi cento anni gli abitanti di Wadowice lo esprimevano in modo particolare, quando si riunivano con venerazione davanti all'immagine della Madonna del Perpetuo Soccorso e la eleggevano Patrona della vita personale, di quella familiare e di quella sociale. Don Leonard Prochownik, pastore locale, così scriveva nel 1935: "La Madonna del Perpetuo Soccorso viene da noi venerata. Ha la sua cappella, dove è collocata la sua effige miracolosa e là molti hanno sperimentato e sperimentano personalmente quanto nelle necessità temporali e spirituali Ella dimostri la sua bontà e si affretti in aiuto". E così era. Posso testimoniarlo personalmente. E credo che così sia stato fino al giorno di oggi. Sia così anche in futuro!

4. Durante il mio primo soggiorno a Wadowice vi avevo chiesto di circondarmi con un'incessante preghiera dinanzi all'immagine di questa Madre. Vedo che la mia richiesta è stata scolpita sulla pietra. Credo che ciò sia un segno che questa mia domanda è rimasta profondamente impressa anche nei vostri cuori. Per questo oggi cordialmente vi ringrazio di questa preghiera. Sento costantemente la sua azione e vi chiedo di continuare a pregare. Ho tanto bisogno della vostra preghiera. Ha tanto bisogno di essa la Chiesa. Ha bisogno di essa il mondo intero.

C'è una cosa ancora per la quale voglio ringraziare. So che la Chiesa di Kraków insieme al suo Arcipastore ha costruito a Wadowice un particolare votum di gratitudine alla Madre di Dio. Poco distante da qui è stata edificata la Casa della Madre Sola. Vi trovano asilo e aiuto le donne, che nonostante i sacrifici e le contrarietà, vogliono custodire il frutto della loro maternità. Sono grato di questo grande dono del vostro amore per l'uomo e della vostra sollecitudine per la vita. La mia gratitudine è tanto maggiore perché questa Casa è intitolata a mia madre Emilia. Credo che colei che mi mise al mondo e circondò d'amore la mia infanzia, avrà cura anche di questa opera. A voi invece chiedo di continuare a sostenere questa Casa con la vostra bontà.

5. Sub tuum praesidium . . .

Sotto la tua protezione, Maria, cerchiamo rifugio.
Alla tua protezione affidiamo la storia di questa città,
della Chiesa di Kraków e di tutta la Patria.
Al tuo amore materno
affidiamo le sorti di ciascuno di noi,
delle nostre famiglie e di tutta la società.
Non disprezzare la supplica di noi che siamo nella prova
e liberaci sempre da ogni pericolo.
Maria, impetraci la grazia della fede, della speranza e della carità,
affinché sul tuo esempio e sotto la tua guida,
portiamo nel nuovo millennio la testimonianza dell'amore del Padre,
della morte redentrice e della resurrezione del Figlio
e l'azione santificatrice dello Spirito Santo.
Sii con noi in ogni tempo!
Vergine gloriosa e benedetta,
Nostra Signora,
nostra Avvocata,
nostra Mediatrice,
nostra Consolatrice.
Nostra Madre! Amen.



GPII Omelie 1996-2005 223