GPII Omelie 1996-2005 238

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VIAGGIO APOSTOLICO A NEW DELHI E IN GEORGIA (5-9 NOVEMBRE 1999)

CELEBRAZIONE EUCARISTICA PER LA CONCLUSIONE


DELL'ASSEMBLEA SPECIALE PER L'ASIA DEL SINODO DEI VESCOVI




«Jawaharlal Nehru Stadium» (New Delhi) - Domenica, 7 novembre 1999




"Comportatevi perciò come i figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità" (Ep 5,8-9).

Cari Fratelli e Sorelle,

1. In questo vasto Paese oggi molti celebrano la Festa delle Luci. Gioiamo con loro e, in questa Eucaristia, qui a New Delhi in India, nel continente asiatico, anche noi esultiamo nella luce e rendiamo testimonianza a Colui che è "la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Jn 1,9).
Dio, Padre di misericordia, mi ha dato la gioia di poter venire tra voi a promulgare l'Esortazione Apostolica Post-sinodale "Ecclesia in Asia", frutto delle fatiche dell'Assemblea Speciale per l'Asia del Sinodo dei Vescovi, svoltosi lo scorso anno a Roma. Che cosa è stato questo Sinodo per l'Asia? È stato una riunione di Vescovi rappresentanti la Chiesa in questo continente. Che cosa hanno fatto i Vescovi? Prima di tutto hanno ascoltato in preghiera lo Spirito, hanno riflettuto sul cammino finora percorso dalla Chiesa tra i popoli dell'Asia, hanno riconosciuto la grazia dell'"ora" che la Chiesa sta attualmente vivendo in questo continente, hanno impegnato l'intero Popolo di Dio in una fedeltà sempre maggiore al Signore e nel compito evangelico che Egli ha affidato a tutti i battezzati per il bene della famiglia umana.

2. Oggi, cari fratelli e sorelle, voi rappresentate la comunità cattolica non solo dell'India, ma dell'intero continente asiatico e pongo nelle vostre mani l'Esortazione Apostolica Post-sinodale come guida per la vita spirituale e pastorale della Chiesa in questo continente mentre ci accingiamo ad entrare in un nuovo secolo e in un nuovo Millennio Cristiano.

È bene che questo documento sia stato firmato e promulgato in India, dimora di molte antiche culture, religioni e tradizioni spirituali asiatiche. Queste antiche civiltà asiatiche hanno forgiato la vita dei popoli di questo continente e hanno lasciato un segno indelebile nella storia della razza umana.

Oggi sono presenti gli illustri rappresentanti di diverse comunità cristiane e delle grandi religioni dell'India. Li saluto tutti con stima e amicizia ed esprimo loro la mia speranza e il mio desiderio che il prossimo secolo sia un tempo di dialogo fecondo, che porti a un nuovo rapporto di comprensione e solidarietà tra i seguaci di tutte le religioni.

3. Desidero ringraziare l'Arcivescovo Alan de Lastic, Pastore dell'Arcidiocesi che ospita questa assemblea Eucaristica, per le cordiali parole di benvenuto che mi ha rivolto. Saluto tutti i miei Fratelli nell'Episcopato della Chiesa Latina, della Chiesa Siro-Malabarese e della Chiesa Siro-Malankarese. Abbraccio i Cardinali e i Vescovi che sono venuti qui da altri Paesi per partecipare alla gioia di questo evento.

Sono grato ai numerosi sacerdoti presenti, che partecipano all'unico sacerdozio di Gesù Cristo insieme ai Vescovi e ai sacerdoti dell'Asia e del mondo. Cari fratelli nel sacerdozio, adottate come regola di vita le parole della Liturgia dell'Ordinazione: "Ricevi il Vangelo di Cristo di cui sei servo, medita sulla Legge di Dio, credi in ciò che leggi, predica ciò in cui credi e pratica ciò che predichi".

Con grande affetto nel Signore, saluto i religiosi e le religiose. Sia che vi dedichiate alla contemplazione sia che operiate nell'apostolato attivo, la vostra testimonianza della supremazia dello spirito vi pone al centro della vita e della missione della Chiesa in Asia. Per questo vi ringrazio e vi incoraggio.

In modo particolare affido i frutti del Sinodo ai membri del laicato, poiché siete soprattutto voi a essere chiamati a trasformare la società infondendo il "pensiero di Cristo" nella mentalità, nei costumi, nelle leggi e nelle strutture del mondo in cui vivete (cfr Ecclesia in Asia, n. 22). Una delle principali sfide che dovrete affrontare sarà quella di far sì che la luce del Vangelo influisca sulla famiglia e sulla difesa della vita e della dignità umane. Rendete testimonianza alla vostra fede in un mondo di contrasti. Da un lato vi sono stati enormi progressi economici e tecnologici, dall'altro esistono tuttora situazioni di estrema povertà e ingiustizia. Il Sinodo ha ripetuto le richieste degli antichi profeti, la richiesta di giustizia, di un giusto ordine della società umana, senza le quali non può esservi un'autentica adorazione di Dio (cfr Is 1,10-17 Am 5,21-24 Ecclesia in Asia Am 41). La Chiesa guarda ai laici e alle laiche dell'Asia affinché riflettano la luce di Cristo ovunque le tenebre del peccato, della divisione e della discriminazione alterino l'immagine di Dio nei suoi figli.

4. "La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta" (Jn 1,5).
Queste parole di san Giovanni nel Vangelo letto oggi ci parlano di Gesù Cristo stesso. La sua vita e la sua opera sono la luce che illumina il nostro cammino verso il destino trascendente. La Buona Novella dell'Incarnazione del Salvatore e della sua Morte e Risurrezione per la nostra salvezza illumina il cammino della Chiesa che peregrina nella storia verso la pienezza della Redenzione.

Il Sinodo che concludiamo oggi si è rallegrato al pensiero della nascita di Gesù avvenuta in terra d'Asia. Il Verbo Eterno si è incarnato come asiatico! Ed è stato in questo continente che la Chiesa, predicando il Vangelo con la forza dello Spirito Santo, ha continuato a diffondere la Buona Novella. Insieme ai cristiani di tutto il mondo, la Chiesa in Asia varcherà la soglia del nuovo millennio, rendendo grazie per tutto ciò che Dio ha operato dagli inizi sino ad oggi. Come il primo millennio ha visto la Croce saldamente piantata sul suolo europeo, e il secondo su quello americano e africano, così possa il Terzo Millennio Cristiano assistere una grande messe di fede in questo continente vasto e vitale (cfr Ecclesia in Asia, n. 1).

5. Alle soglie del Grande Giubileo che celebrerà il bimillenario della nascita di Gesù Cristo, la comunità dei suoi discepoli è chiamata a rimediare al grande rifiuto menzionato nel prologo del Vangelo di san Giovanni: "il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto" (1, 10-11). "Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Ibidem 1, 9), il Verbo Eterno. Tuttavia, invece di diffondersi liberamente, questa luce è spesso ostacolata e oscurata dalle tenebre. Nel cuore del peccatore essa viene respinta. I peccati degli individui si fondono e si consolidano in strutture sociali d'ingiustizia, in squilibri economici e culturali che discriminano le persone e le relegano ai margini della società. Il segno che stiamo veramente celebrando il Giubileo come anno di misericordia del Signore (cfr Is 61,2) sarà la nostra conversione alla luce e il nostro impegno a ripristinare l'uguaglianza e a promuovere la giustizia a ogni livello della società.

6. "A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio" (Jn 1,12).

Nell'Eucaristia rendiamo grazie a Dio Padre per i suoi numerosi doni, e in particolare per quello del suo amato Figlio e nostro Salvatore Gesù Cristo. Gesù Cristo è il testimone fedele e verace (cfr Ap 3,14).

Il Sinodo ricorda ai cristiani dell'Asia che "la vita perfettamente umana di Gesù, dedicata interamente all'amore e al servizio del Padre dell'umanità, rivela che la vocazione di ogni essere umano è quella di ricevere e donare amore" (Ecclesia in Asia, n. 13). Nei Santi ammiriamo l'inesauribile capacità del cuore umano di amare Dio e gli uomini, anche se ciò comporta grandi sofferenze. L'eredità di tanti saggi maestri in India e in altre parti dell'Asia non va nella stessa direzione? Questo insegnamento è valido ancora oggi. Inoltre, è più che mai necessario! Il mondo sarà trasformato solo se gli uomini e le donne di buona volontà e tutte le nazioni accetteranno veramente che l'unico cammino degno della famiglia umana è il cammino della pace, del rispetto reciproco, della comprensione e dell'amore e della solidarietà con i bisognosi.

Cari fratelli e sorelle, che cosa chiede la Chiesa ai suoi membri all'alba di un nuovo millennio? Prima di tutto che siate testimoni convincenti perché esprimete con la vostra vita il messaggio che proclamate. Come ci ricorda l'Ecclesia in Asia: un fuoco non può essere acceso che mediante qualcosa che sia esso stesso infiammato. Il Vangelo può essere predicato soltanto se i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i laici sono essi stessi accesi di amore per Cristo e ardenti di zelo per farlo conoscere, amare e seguire (cfr Ecclesia in Asia, n. 23).

È questo il messaggio del Sinodo: un messaggio di amore e speranza per i popoli di questo continente. Possa la Chiesa in Asia accogliere questo messaggio affinché tutti "abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10). Per Cristo nostro Signore. Amen.


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VIAGGIO APOSTOLICO A NEW DELHI E IN GEORGIA (5-9 NOVEMBRE 1999)

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA




Palazzo dello Sport (Tbilisi) - Martedì, 9 novembre 1999

1. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16).

Carissimi Fratelli e Sorelle della Georgia, vengo a voi con questo annuncio di speranza: Dio vi ama! Il Padre che è nei cieli ha dato il suo Figlio unigenito anche per voi, figli amati di questa terra ricca di storia. In quest'ultimo anno del secolo e del millennio, anno dedicato a Dio Padre, tutta la Chiesa si è, per così dire, immersa nel mistero dell'amore di Dio, per giungere rinnovata dalla divina misericordia a varcare la Porta Santa del Grande Giubileo.

Senza Dio l'uomo non può trovare pienamente se stesso e la vera felicità. Senza Dio l'uomo finisce, anzi, per andare contro se stesso, non potendo edificare un ordinamento sociale adeguatamente rispettoso dei diritti fondamentali della persona e della civile convivenza.

Chiesa di Dio che abiti in questa terra dei Kartveli, vengo a te pellegrino dalla sede di Roma, onorata dal sangue dei santi Pietro e Paolo, e ti ripeto le parole dell'Apostolo delle genti: "Voi siete il campo di Dio, l'edificio di Dio . . . Santo è il tempio di Dio, che siete voi" (1Co 3,9 1Co 3,17).

2. Grande è la mia commozione e profonda la gioia che provo nel rendervi visita, Fratelli e Sorelle del nobile Popolo georgiano. Saluto innanzitutto il Presidente della Georgia, il Signor Shevardnadze, e lo ringrazio per aver voluto onorare con la sua presenza questo incontro. Abbraccio con sincero affetto l'intera Comunità cattolica di rito latino, che vive in questo Paese, ed il suo Amministratore Apostolico, Mons. Giuseppe Pasotto; quella di rito armeno-cattolico, il cui Ordinario, l'Arcivescovo Nerses Der Nersessian, è ricoverato in ospedale: a lui va un affettuoso pensiero augurale; abbraccio pure la Comunità assiro-caldea, con il proprio parroco. Saluto in special modo tutti i sacerdoti e le persone consacrate.

Estendo il mio pensiero a quanti si uniscono a noi spiritualmente, in particolare ai malati ed ai più anziani, come pure a quanti sono venuti da altri Paesi. La Georgia è sempre stata nel mio cuore negli anni difficili e tristi della persecuzione e ora sono lieto di essere qui a pregare con voi e a ringraziare Dio per la ricuperata libertà.

3. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16). Ecco la "buona novella", nella quale sta la sorgente della speranza per ogni uomo! Questo è il seme evangelico che Cristo, dopo la risurrezione, ha affidato alla sua Chiesa, perché lo seminasse nei solchi della storia: "Dio è amore" (1Jn 4,8 1Jn 4,16) e abbraccia con la sua provvidenza ogni creatura. Segno supremo di questo amore è il sacrificio del Figlio unigenito e il dono dello Spirito Santo, che rinnova i cuori degli uomini e la faccia della terra.

La Chiesa si accinge a celebrare con il Grande Giubileo, il bimillenario della nascita di Cristo, che coinciderà con il terzo millenario della Nazione georgiana. Vengo in mezzo a voi, carissimi fedeli, proprio alla vigilia del grande evento giubilare, e vi invito ad accogliere in pienezza il grande dono di questo "anno di grazia del Signore" (Lc 4,19).

Questo annuncio non lo rivolgo soltanto a voi, Fratelli e Sorelle della Georgia, ma da questa Terra a me cara lo proclamo anche al mondo cristiano europeo, del quale voi siete stati un avamposto. La Georgia, protesa da sempre con la sua cultura, la sua storia e la sua fede verso l’Occidente, ha dato un proprio contributo all’Europa cristiana. Al cuore di ogni uomo e di ogni donna vorrei ripetere che Dio "ha dato il suo Figlio unigenito" per ciascuno e per tutti. Con la sua Incarnazione, il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo (cfr Gaudium et spes GS 22).

4. "Dio è per noi rifugio e forza" (Ps 45,2). In questa invocazione, riecheggiata nel Salmo responsoriale, odo la vostra voce, Fratelli e Sorelle della Georgia! Sento risuonare la voce dei vostri padri, che lungo i secoli hanno difeso con amore e sacrificio la fede cristiana, affrontando talora dure e pesanti persecuzioni. I cattolici hanno contribuito, a fianco degli altri fratelli cristiani, alla cultura e alla civiltà della Georgia. Essi hanno fatto conoscere ed apprezzare, anche al di fuori dei confini del paese e spesso in tempi molto difficili, i valori e gli uomini illustri della loro patria.

Continuate a vivere nell'amore di Cristo, che chiama i suoi discepoli ad essere misericordiosi e comprensivi gli uni verso gli altri. Questo amore domanda ai cristiani di camminare con impegno verso la piena unità, per la quale Cristo ha pregato il Padre poco prima della sua passione: " . . . perché tutti siano una cosa sola!" (Jn 17,21).

La Georgia, inoltre, è stata sempre terra di singolare ospitalità ed accoglienza, proponendosi come modello di rispetto e di tolleranza anche verso i seguaci di altre religioni. Un segno eloquente di questa vostra consolidata capacità di convivenza e di collaborazione con tutte le persone di buona volontà è costituito dal fatto che, poco lontano da qui, si trovano, vicini gli uni agli altri, i principali luoghi di culto dei cristiani, degli ebrei e dei musulmani.

5. Il Popolo georgiano, formato fin dall'antichità nei valori cristiani, ha un vivo senso della sacralità della famiglia. Siate sempre custodi di questo grande patrimonio: difendete e promuovete la famiglia in ambito sociale e politico, ma prima di tutto siate voi stessi testimoni di fedeltà coniugale e di responsabilità nell'educazione dei figli.

I coniugi cristiani e le loro famiglie siano protagonisti nell'annunciare all'intera società il Vangelo dell'amore con l'esempio di una vita semplice, laboriosa, ospitale, attenta ai poveri, sul modello della Santa Famiglia di Nazaret. Benedico oggi con grande affetto tutte le vostre famiglie, i vostri bambini, i giovani, gli anziani. Portate nelle vostre case il saluto del Papa!

6. Fratelli e Sorelle, impegnatevi affinché l'intera società diventi una grande famiglia, improntata ad autentica solidarietà e pace. So che questo non è facile, in conseguenza anche del lungo periodo di dominazione atea, un periodo che tutti i credenti hanno pagato a caro prezzo. La comunità cattolica in quei lunghi anni ha visto ridotta al minimo la propria presenza. Sacerdoti intrepidi, veri esempi di pastori, hanno compiuto spesso sforzi immani per nutrire la fede, per quanto era possibile.

Vi trovate oggi in una situazione fortemente frammentata, afflitta da una parte dalla povertà e già tentata, dall'altra, dal secolarismo consumista. Non perdetevi d'animo! La luce e la forza del Vangelo sostengano i vostri passi.

Siate sempre generosi con chi tra voi è bisognoso, come già fate avvalendovi delle iniziative della Caritas e di altre lodevoli forme di condivisione. So quanto il popolo georgiano apprezzi l'opera instancabile di questi ministri della carità, che hanno operato al servizio di tutti, senza distinzione, ma guardando soltanto al reale bisogno. Con l'aiuto della dottrina sociale cristiana, formate persone oneste e competenti disposte ad impegnarsi nel campo sociale e politico, al servizio del bene comune.

7. Chiesa di Dio che sei in Georgia, lasciati largamente irrigare dall'acqua viva dello Spirito Santo! Aiuta i tuoi figli a non conformarsi alla mentalità di questo mondo, ma a rimanere in ascolto dello Spirito di Cristo Redentore, per discernere ciò che è buono e perfetto agli occhi di Dio (cfr Rm 12,2). Allora sarai come città posta sul monte, la cui luce non resta nascosta, ma è per tutti testimonianza di verità e di libertà, di amore e di pace.

Ti protegga e ti accompagni Maria santissima, icona vivente dell'amore di Dio. Alla sua materna assistenza ed a quella dei tuoi Santi Patroni affido te e il tuo ingresso nel terzo millennio cristiano.

Popolo di Dio in cammino su questa amata terra di Georgia, avanza fiducioso: Dio ti ha tanto amato! Il suo amore sia la tua forza oggi e sempre!

Amen.
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CAPPELLA PAPALE IN SUFFRAGIO DEI CARDINALI

E DEI VESCOVI DEFUNTI NEL CORSO DELL'ANNO




Basilica Vaticana - Venerdì, 12 novembre 1999




1. "Vivremo alla sua presenza" (Os 6,2)

Verso il grande mistero della morte e della vita eterna ci hanno orientato nei giorni scorsi le celebrazioni liturgiche della solennità di Tutti i Santi e della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti. E' in questo clima spirituale che ci ritroviamo oggi nella Basilica di San Pietro per offrire il Sacrificio Eucaristico in suffragio dei Cardinali e dei Vescovi che hanno raggiunto la casa del Padre nel corso di quest'ultimo anno.

Mi è caro ricordare, in particolare, i venerati Cardinali Carlos Oviedo Cavada, Raúl Silva Henriquez e George Basil Hume. Ad essi, come agli Arcivescovi e Vescovi deceduti nel corso dell'anno, va il nostro pensiero commosso e riconoscente. Nella loro azione apostolica, fondata sulla fede, e nel loro attento servizio pastorale, hanno rivolto lo sguardo ben al di là dei confini terreni sperando nel Signore, annunciandone il nome ai fratelli e lodandoLo in mezzo all'assemblea dei credenti. Possano ora riposare nella casa del Padre celeste, dimora di pace per i figli di Dio!

2. "Tutti quelli, infatti, che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio" (Rm 8,14).

Quante volte questi Fratelli, che oggi commemoriamo, hanno fatto riferimento, nella loro vita e nell'esercizio del loro ministero, alla fondamentale verità enunciata dall'Apostolo! Quante volte hanno invocato il divino Paraclito e Lo hanno pregato perché effondesse la sua grazia sul Popolo cristiano!

Il loro esempio ci invita a confermare la fede nella persona del nostro Salvatore e nella forza vivificante del suo Spirito. La fede ci infonde la consolante certezza che la morte è un passaggio verso la vita eterna. Ce lo ricorda il prefazio dei defunti: "Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta ma trasformata e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno viene preparata un'abitazione eterna nel cielo".

3. "Il Figlio dà a tutti la vita eterna" (cfr Jn 17,2).

Nel Vangelo abbiamo ascoltato l'inizio della grande preghiera di Gesù al Padre, prima della Passione. Essa ha come sfondo la croce, ma lascia intravedere la gioia della risurrezione.

Fissando lo sguardo sul Crocifisso, comprendiamo che proprio in quell'estremo donarsi del Figlio, il Padre ha effuso in pienezza sul mondo lo Spirito Santo. Il Buon Pastore, venuto perché gli uomini "abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10), porta così a compimento la sua missione e dona lo Spirito Santo per la salvezza dell'intera umanità.

4. Alla luce di così confortanti verità, ci rivolgiamo al Dio della vita, perché accolga questi nostri fratelli defunti, per lunghi anni generosi operai nella sua vigna. Ora che il Signore li ha chiamati a sé, possano sperimentare la consolante verità della promessa di Cristo: "Il Figlio dà a tutti la vita eterna".

Pensando a loro e pregando per loro, proseguiamo con fiducia nel cammino verso la Patria celeste. Ci sostenga ogni giorno Maria Santissima, che Gesù sulla croce ci ha dato come madre. A Lei volgiamo lo sguardo fiduciosi, cercando rifugio sotto la sua protezione. Ella, Vergine gloriosa e benedetta, ci liberi da ogni pericolo e ci accompagni all'incontro con Dio.

Amen!


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CELEBRAZIONE ECUMENICA IN MEMORIA DI SANTA BRIGIDA DI SVEZIA,

COMPATRONA D'EUROPA


Sabato, 13 novembre 1999



1. "Ecco, io faccio nuove tutte le cose . . . queste parole sono certe e veraci" (Ap 21,5).

Cristo fa nuove tutte le cose. Santa Brigida, illustre figlia della terra di Svezia, credette molto e con profondo amore in Cristo. Abbellì con il suo canto di fede e con le sue buone opere la Chiesa, nella quale riconosceva la comunità dei credenti, abitata dalla Spirito di Dio.

Oggi ricordiamo questa singolare figura di Santa e sono particolarmente lieto che in questa celebrazione siano accanto a me i più alti rappresentanti delle Chiese luterane di Svezia e di Finlandia, assieme ai miei venerati Fratelli nell'Episcopato di Stoccolma e di Copenaghen. Li saluto tutti e ciascuno con grande affetto.

Con deferenza saluto poi il Re e la Regina di Svezia, che hanno voluto onorare questa celebrazione con la loro presenza. Il mio saluto si estende inoltre alle Personalità politiche, che sono qui con noi. Saluto infine tutte voi, care Suore del Santissimo Salvatore di santa Brigida, qui guidate dalla vostra Superiora Generale.

2. Siamo riuniti ancora una volta per rinnovare davanti al Signore l'impegno per l'unità della fede e della Chiesa che santa Brigida fece proprio con convinzione in tempi difficili. La passione per l'unità dei cristiani è stata il nutrimento della sua intera esistenza. E questo impegno, grazie alla sua testimonianza ed a quella di Madre Elisabetta Hesselblad, è giunto fino a noi, attraverso la corrente misteriosa della Grazia che valica i confini del tempo e dello spazio.

L'odierna celebrazione ci spinge a meditare sul messaggio di santa Brigida, che ho voluto recentemente proclamare compatrona d'Europa, insieme a santa Caterina da Siena e santa Teresa Benedetta della Croce. Il suo amore attivo per la Chiesa di Cristo e la testimonianza che ha reso alla Croce costituiscono un emblema ed un'aspirazione per tutti noi, che ci apprestiamo a varcare le soglie di un nuovo millennio.

Sono molto lieto di inaugurare e benedire questa sera, al termine della presente celebrazione, una statua che renderà più viva, qui in Vaticano, la memoria di questa grande testimone della fede. Posta all'esterno di questa Basilica e proprio accanto alla Porta detta "della preghiera", l'effigie marmorea di santa Brigida costituirà per tutti un costante invito a pregare e ad operare sempre per l'unità dei cristiani.

3. Il mio pensiero va ora al 5 ottobre del 1991, quando, in questa stessa Basilica, ebbe luogo una solenne celebrazione ecumenica nel quarto centenario della canonizzazione di santa Brigida. In quella circostanza ebbi a dire: "Da ormai venticinque anni luterani e cattolici si adoperano per ritrovare la via comune . . . Il dialogo teologico ha riportato in luce il vasto patrimonio di fede che ci unisce... Nessuno ignora che dalla dottrina della giustificazione ha preso avvio la Riforma protestante e che essa ha infranto l'unità dei cristiani d'Occidente. Una sua comune comprensione... ci aiuterà, ne siamo certi, a risolvere le altre controversie che direttamente o indirettamente ad essa sono collegate".

Quella "comune comprensione" che io auspicavo nove anni fa, oggi, grazie al Signore, è diventata incoraggiante realtà. Il 31 ottobre scorso, nella città di Augusta, è stata firmata solennemente una Dichiarazione congiunta, nella quale luterani e cattolici hanno maturato un consenso su verità fondamentali della dottrina della giustificazione. Questa acquisizione del dialogo ecumenico, pietra miliare nel cammino verso l'unità piena e visibile, è il risultato di un intenso lavoro di ricerca, di incontri e di preghiera.

Resta, tuttavia, dinanzi a noi un lungo cammino da percorrere: "grandis restat nobis via". Dobbiamo fare ancora di più, coscienti delle responsabilità che su tutti noi incombono alle soglie di un nuovo millennio. Dobbiamo continuare a camminare insieme, sostenuti da Cristo, che nel Cenacolo, alla vigilia della sua morte, ha pregato il Padre perché i suoi discepoli "tutti siano una cosa sola" (Jn 17,21).

4. Nel testo della Dichiarazione congiunta è scritto quanto mai opportunamente che il consenso raggiunto dai cattolici e dai luterani "su verità fondamentali della dottrina della giustificazione deve avere degli effetti e trovare un riscontro nella vita e nell'insegnamento delle Chiese" (n. 43).

Ci affidiamo, in questa via, all'azione incessante dello Spirito Santo. Confidiamo, inoltre, anche in chi, prima di noi, ha tanto amato Cristo e la sua Croce e ha pregato, come santa Brigida, per la caratteristica irrinunciabile della Chiesa, quella della sua unità.

Non conosciamo il giorno dell'incontro con il Signore. Per questo il Vangelo ci chiama a vegliare, tenendo accese le nostre lampade, perché quando lo Sposo giungerà possiamo essere pronti ad accoglierlo. In questa vigile attesa, risuona nel cuore di ogni credente l'invocazione del divino Maestro: "Ut unum sint".

Santa Brigida ci sia di esempio ed interceda per noi. A voi, carissime sue figlie spirituali dell'Ordine del Santissimo Salvatore, chiedo in modo speciale di proseguire fedelmente nel vostro prezioso apostolato al servizio dell'unità.

Il nuovo millennio è ormai alle porte: "Cristo ieri, oggi, sempre" sia il centro e la meta d'ogni nostra aspirazione. E' Lui che fa nuove tutte le cose e traccia per i suoi fedeli un itinerario di gioiosa speranza. Preghiamo senza sosta perché Egli ci conceda la saggezza e la forza del suo Spirito; invochiamolo perché tutti i cristiani raggiungano quanto prima l'unità. Nulla è impossibile a Dio!



SANTA MESSA A CONCLUSIONE DEI LAVORI DI RESTAURO


DELLA CAPPELLA «REDEMPTORIS MATER»




Domenica, 14 novembre 1999



1. L'angelo "mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio" (Ap 21,10).

La pagina del Libro dell'Apocalisse, ora ascoltata, ci invita a levare lo sguardo verso la Gerusalemme celeste, colma di luce, splendida come gemma preziosa, quasi pietra di diaspro cristallino. Nelle raffigurazioni di questa cappella, che oggi inauguriamo, si riflettono le visioni che Giovanni ebbe nell'isola di Patmos, ove si trovava "a causa della parola di Dio e della testimonianza resa a Gesù" (Ap 1,9).

Vediamo stagliarsi, sulla parete di fronte, la città santa "cinta da un grande e alto muro con dodici porte" (Ap 21,12). Su di essa rifulge la gloria della Trinità, che si riversa sulla moltitudine dei beati, posti più sotto tre a tre, quasi icone viventi del grande Mistero. Scorrendo poi sulle altre pareti, l'occhio può seguire, attraverso immagini e simboli, una sintesi grandiosa dell'intera "economia" della salvezza.

2. L'immagine della Redemptoris Mater, che campeggia nella parete centrale, pone davanti ai nostri occhi il mistero dell'amore di Dio, che si è fatto uomo per dare a noi, esseri umani, la capacità di diventare figli di Dio (cfr S. Agostino, Sermo 128: PL 39, 1997).

Sulla soglia ormai del terzo millennio, vorrei sottolineare questo messaggio di salvezza e di gioia, che Cristo, nato da Maria, ha portato all'umanità.

Contemplando l'immagine della Vergine Madre, sentiamo echeggiare nell'animo l'invito che abbiamo ascoltato nella prima Lettura, tratta dal Libro di Neemia: "Non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza" (8, 10).

3. Sono lieto di consacrare l'altare e di inaugurare la cappella rinnovata, nei cui mosaici rivive la ricchezza della tradizione orientale riletta con la consapevolezza di chi conosce anche quella occidentale. Qui l'Oriente e l'Occidente, lungi dal contrapporsi tra loro, si scambiano i doni nell'intento di esprimere meglio le insondabili ricchezze di Cristo.

Ringrazio quanti hanno lavorato con dedizione ed amore nella realizzazione di quest'opera, che si propone come espressione di quella teologia a due polmoni dalla quale può attingere nuova vitalità la Chiesa del terzo millennio.

Ringrazio, in particolare, i Signori Cardinali che hanno voluto ricordare con questo dono il cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio: è per me motivo di gioia che tale ricorrenza resti collegata con la Redemptoris Mater, sotto la cui protezione ho vissuto in tutti questi anni il mio servizio alla Chiesa ed alla cui intercessione affido il tempo che il Signore vorrà ancora concedermi.

4. Il brano evangelico che abbiamo ascoltato ci ha portato nella regione di Cesarea di Filippo, là dove Cristo pose ai suoi discepoli la domanda cruciale: "Voi chi dite che io sia ?" (Mt 16,15). Percorrendo il messaggio che si sviluppa nei mosaici delle pareti, è possibile leggere la risposta che la Chiesa continua a dare anche oggi alla richiesta del suo Signore. E' la stessa risposta che formulò Pietro quel giorno: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16).

Con umile confidenza facciamo nostra quella professione di fede, ben sapendo che essa non viene "né dalla carne né dal sangue", ma dal Padre "che sta nei cieli" (cfr Mt 16,17).

"Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente"; lo stesso, "ieri, oggi e sempre".

Amen!


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CERIMONIA DI CANONIZZAZIONE DEI BEATI:

CIRILO BERTRÁN E OTTO COMPAGNI, INOCENCIO DE LA INMACULADA,

BENEDETTO MENNI, TOMMASO DA CORI


Basilica Vaticana - Domenica, 21 novembre 1999



1. "Si siederà sul trono della sua gloria" (Mt 25,31).

L'odierna solennità liturgica è dominata da Cristo, Re dell'universo, Pantocràtor, quale risplende nell'abside delle antiche basiliche cristiane. Contempliamo questa maestosa immagine nell'odierna ultima domenica dell'anno liturgico.

La regalità di Gesù Cristo è, secondo i criteri del mondo, paradossale: è il trionfo dell'amore, che si realizza nel mistero dell'incarnazione, passione, morte e risurrezione del Figlio di Dio. Questa regalità salvifica si rivela pienamente nel sacrificio della Croce, supremo atto di misericordia, in cui si compie al tempo stesso la salvezza del mondo e il suo giudizio.

Ogni cristiano partecipa della regalità di Cristo. Nel Battesimo egli riceve con la grazia l'interiore spinta a fare della sua esistenza un dono gratuito e generoso a Dio ed ai fratelli. Ciò appare con grande eloquenza nella testimonianza dei Santi e delle Sante, che sono modelli di umanità rinnovata dall'amore divino. Tra essi, con gioia, annoveriamo da oggi Cirilo Bertrán con otto suoi Compagni, Inocencio de la Inmaculada, Benedetto Menni e Tommaso da Cori.

2. "Cristo tiene que reinar" hemos escuchado de san Pablo en la segunda lectura. El reinado de Cristo se va construyendo ya en esta tierra mediante el servicio al prójimo, luchando contra el mal, el sufrimiento y las miserias humanas hasta aniquilar la muerte. La fe en Cristo resucitado hace posible el compromiso y la entrega de tantos hombres y mujeres en la transformación del mundo, para devolverlo al Padre: "Así Dios será todo para todos".

Este mismo compromiso es el que animó al Hermano Cirilo Bertrán y a sus siete compañeros, Hermanos de las Escuelas Cristianas del Colegio "Nuestra Señora de Covadonga", que habiendo nacido en tierras españolas y uno de ellos en Argentina, coronaron sus vidas con el martirio en Turón (Asturias) en mil novecientos treinta y cuatro, junto con el Padre Pasionista Inocencio de la Inmaculada. No temiendo derramar su sangre por Cristo, vencieron a la muerte y participan ahora de la gloria en el Reino de Dios. Por eso, hoy tengo la alegría de inscribirlos en el catálogo de los Santos, proponiéndolos a la Iglesia universal como modelos de vida cristiana e intercesores nuestros ante Dios.

(in lingua catalana)

Al grup dels màrtirs de Turón si agrega el Germà Jaume Hilari, de la mateixa Congregaciò religiosa, i que fou assassinat a Tarragona tres anys més tard. Mentre perdonava els qui el mataven, exclamà: "Amics, morir per Crist és regnar".

Todos ellos, como cuentan los testigos, se prepararon a la muerte como habían vivido: con la oración perseverante, en espíritu de fraternidad, sin disimular su condición de religiosos, con la firmeza propia de quien se sabe ciudadano del cielo. No son héroes de una guerra humana en la que no participaron, sino que fueron educadores de la juventud. Por su condición de consagrados y maestros afrontaron su trágico destino como auténtico testimonio de fe, dando con su martirio la última lección de su vida. ¡Que su ejemplo y su intercesión lleguen a toda la familia lasaliana y a la Iglesia entera!

3. "Venid vosotros, benditos de mi Padre; heredad el Reino preparado para vosotros desde la creación del mundo, . . . porque estuve enfermo y me visitasteis" (Mt 25,34 Mt 25,36). Estas palabras del Evangelio proclamado hoy le serán sin duda familiares a Benito Menni, sacerdote de la Orden de San Juan de Dios. Su dedicación a los enfermos, vivida según el carisma hospitalario, guió su existencia.

Su espiritualidad surge de la propia experiencia del amor que Dios le tiene. Gran devoto del Corazón de Jesús, Rey de cielos y tierra, y de la Virgen María, encuentra en ellos la fuerza para su dedicación caritativa a los demás, sobre todo a los que sufren: ancianos, niños escrofulosos y poliomielíticos y enfermos mentales. Su servicio a la Orden y a la sociedad lo realizó con humildad desde la hospitalidad, con una integridad intachable que lo convierte en modelo para muchos. Promovió diversas iniciativas orientando a algunas jóvenes que formarían el primer núcleo del nuevo instituto religioso, fundando en Ciempozuelos (Madrid) las Hermanas Hospitalarias de Sagrado Corazón de Jesús. Su espíritu de oración le llevó a profundizar en el misterio pascual de Cristo, fuente de comprensión del sufrimiento humano y camino para la resurrección. En este día de Cristo Rey, San Benito Menni ilumina con el ejemplo de su vida a quienes quieren seguir las huellas del Maestro por los caminos de la acogida y la hospitalidad.

4. "Io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura" (Ez 34,11). Tommaso da Cori, sacerdote dell'Ordine dei Frati Minori, è stato immagine vivente del Buon Pastore. Come guida amorevole, ha saputo condurre i fratelli affidati alle sue cure verso i pascoli della fede, animato sempre dall'ideale francescano.

Nel Convento dimostrava il suo spirito di carità, rendendosi disponibile a qualsiasi esigenza, anche la più umile. Visse la regalità dell'amore e del servizio, secondo la logica di Cristo che, come canta la Liturgia odierna, "ha sacrificato se stesso immacolata vittima di pace sull'altare della croce, operando il mistero dell'umana redenzione" (Prefazio di Cristo Re).

Da autentico discepolo del Poverello d'Assisi, san Tommaso da Cori fu obbediente a Cristo, Re dell'universo. Meditò ed incarnò nella sua esistenza l'esigenza evangelica della povertà e del dono di sé a Dio ed al prossimo. Tutta la sua vita appare così segno del Vangelo, testimonianza dell'amore del Padre celeste, rivelato in Cristo e operante nello Spirito Santo, per la salvezza dell'uomo.

5. Rendiamo grazie a Dio che, lungo i sentieri del tempo, non cessa di suscitare luminosi testimoni del suo Regno di giustizia e di pace. I dodici nuovi Santi, che oggi ho la gioia di proporre alla venerazione del Popolo di Dio, ci indicano il cammino da percorrere per giungere preparati al Grande Giubileo del Duemila. Non è, infatti, difficile riconoscere nella loro esemplarità alcuni elementi che caratterizzano l'evento giubilare. Penso, in particolare, al martirio ed alla carità (cfr Incarnationis Mysterium, 12-13). Più in generale, l'odierna celebrazione richiama il grande mistero della comunione dei santi, fondamento dell'altro elemento qualificante del Giubileo che è l'indulgenza (cfr Ivi, 9-10).

I Santi ci mostrano la via del Regno dei cieli, la via del Vangelo accolto radicalmente. Sostengono, al tempo stesso, la nostra serena certezza che ogni realtà creata trova in Cristo il suo compimento e che, grazie a Lui, l'universo sarà consegnato a Dio Padre pienamente rinnovato e riconciliato nell'amore.

Ci aiutino San Cirilo Bertrán con gli otto Compagni, San Inocencio de la Inmaculada, San Benedetto Menni e San Tommaso da Copri a percorrere anche noi questo cammino di perfezione spirituale. Ci sostenga e protegga sempre Maria, Regina di tutti i Santi, che proprio oggi contempliamo nella sua presentazione al Tempio. Sul suo esempio, possiamo anche noi collaborare fedelmente al mistero della Redenzione. Amen!
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GPII Omelie 1996-2005 238