GPII Omelie 1996-2005 262

262

VIAGGIO APOSTOLICO

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

A FÁTIMA (12-13 MAGGIO 2000)


BEATIFICAZIONE DEI VENERABILI GIACINTA E FRANCESCO,

PASTORELLI DI FÁTIMA,

AL SANTUARIO DI NOSTRA SIGNORA DEL ROSARIO DI FÁTIMA

Sabato, 13 Maggio 2000

1. "Ti benedico, o Padre, (...) perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11,25).

Con queste parole, cari fratelli e sorelle, Gesù loda il Padre celeste per i suoi disegni; Egli sa che nessuno può venire a Lui se non lo attira il Padre (cfr Jn 6,44), perciò loda questo suo disegno e vi aderisce filialmente: "Sì, o Padre, perché così è piaciuto a Te" (Mt 11,26). Ti è piaciuto di aprire il Regno ai piccoli.

Secondo il disegno divino, è venuta dal Cielo su questa terra, alla ricerca dei piccoli privilegiati dal Padre, "una Donna vestita di sole" (Ap 12,1). Essa parla loro con voce e cuore di mamma: li invita ad offrirsi come vittime di riparazione, dicendosi pronta a condurli, sicuri, fino a Dio. Ed ecco, essi vedono uscire dalle sue mani materne una luce che penetra nel loro intimo, così che si sentono immersi in Dio come quando una persona – essi stessi spiegano - si contempla allo specchio.

Più tardi Francesco, uno dei tre privilegiati, osservava: "Noi stavamo ardendo in quella luce che è Dio e non ci bruciavamo. Com’è Dio! Non si può dire. Questo sì, che noi non lo potremo mai dire". Dio: una luce che arde, però non brucia. Fu la medesima percezione che ebbe Mosè, quando vide Dio nel roveto ardente; in quell'occasione Dio gli parlò, dicendosi preoccupato per la schiavitù del suo popolo e deciso a liberarlo per mezzo di lui: "Io sarò con te" (cfr Ex 3,2-12). Quanti accolgono questa presenza diventano dimora e, conseguentemente, "roveto ardente" dell'Altissimo.

2. Ciò che più meravigliava il beato Francesco e lo compenetrava era Dio in quella luce immensa che li aveva raggiunti tutti e tre nel loro intimo. Soltanto a lui, però, Dio si fece conoscere "tanto triste", come egli diceva. Una notte, suo padre lo sentì singhiozzare e gli domandò perché piangesse; il figlio rispose: "Pensavo a Gesù che è tanto triste a causa dei peccati che si fanno contro di Lui". Un unico desiderio - così espressivo del modo di pensare dei bambini - muove ormai Francesco ed è quello di "consolare e far contento Gesù".

Nella sua vita si opera una trasformazione che si potrebbe dire radicale; una trasformazione sicuramente non comune per bambini della sua età. Egli si impegna in una intensa vita spirituale, con una preghiera così assidua e fervente da raggiungere una vera forma di unione mistica col Signore. Proprio questo lo spinge ad una crescente purificazione dello spirito, mediante tante rinunce a quello che gli piace e persino ai giochi innocenti dei bambini.

Francesco sopportò le grandi sofferenze causate dalla malattia, della quale poi morì, senza alcun lamento. Tutto gli sembrava poco per consolare Gesù; morì con il sorriso sulle labbra. Grande era, nel piccolo, il desiderio di riparare per le offese dei peccatori, offrendo a tale scopo lo sforzo di essere buono; i sacrifici, la preghiera. Anche Giacinta, la sorella più giovane di lui di quasi due anni, viveva animata dai medesimi sentimenti.

3. "Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago" (Ap 12,3).

Queste parole che abbiamo ascoltate nella prima lettura della Messa ci portano a pensare alla grande lotta tra il bene e il male, nonché a costatare come l'uomo, mettendo Dio da parte, non possa raggiungere la felicità, anzi finisca per distruggere se stesso.

Quante vittime nel corso dell'ultimo secolo del secondo millennio! Il pensiero va agli orrori delle due "grandi guerre" e quelli delle altre guerre in tante parti del mondo, ai campi di concentramento e di sterminio, ai gulag, alle pulizie etniche e alle persecuzioni, al terrorismo, ai rapimenti di persone, alla droga, agli attentati contro la vita non nata e la famiglia.

Il messaggio di Fatima è un richiamo alla conversione, facendo appello all'umanità affinché non stia al gioco del "drago", il quale con la "coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra" (Ap 12,4). L'ultima meta dell'uomo è il Cielo, sua vera casa dove il Padre celeste, nel suo amore misericordioso, é in attesa di tutti.

Dio vuole che nessuno si perda; per questo, duemila anni fa, ha inviato sulla terra il suo Figlio a "cercare e salvare quel che era perduto" (Lc 19,10). Egli ci ha salvati con la sua morte sulla croce. Nessuno renda vana quella Croce! Gesù è morto e risorto per essere "il primogenito di molti fratelli" (Rm 8,29).

Nella sua sollecitudine materna, la Santissima Vergine è venuta qui, a Fatima, per chiedere agli uomini di "non offendere più Dio, Nostro Signore, che è già molto offeso". È il dolore di mamma che l'obbliga a parlare; è in palio la sorte dei suoi figli. Per questo Ella chiede ai pastorelli: "Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori; tante anime finiscono nell'inferno perché non c'è chi preghi e si sacrifichi per loro".

4. La piccola Giacinta ha condiviso e vissuto quest'afflizione della Madonna, offrendosi eroicamente come vittima per i peccatori. Un giorno, quando essa e Francesco avevano ormai contratto la malattia che li costringeva al letto, la Vergine Maria venne a visitarli in casa, come racconta Giacinta: "La Madonna è venuta a vederci e ha detto che molto presto verrà a prendere Francesco per portarlo in Cielo. A me ha chiesto se volevo ancora convertire più peccatori. Le ho detto di sì". E, quando si avvicina il momento della dipartita di Francesco, la piccola gli raccomanda: "Da parte mia porta tanti saluti a Nostro Signore e alla Madonna e dì loro che sono disposta a sopportare tutto quanto vorranno per convertire i peccatori". Giacinta era rimasta così colpita dalla visione dell'inferno, avvenuta nell'apparizione di luglio, che tutte le mortificazioni e penitenze le sembravano poca cosa per salvare i peccatori.

Giacinta potrebbe benissimo esclamare con San Paolo: "Mi rallegro di soffrire per voi, completando in me stessa quello che manca alle tribolazioni di Cristo a vantaggio del suo Corpo, che è la Chiesa" (Col 1,24). Domenica scorsa, presso il Colosseo a Roma, abbiamo fatto memoria i moltissimi testimoni della fede del secolo XX, ricordando, attraverso le incisive testimonianze lasciateci, le tribolazioni che hanno patito. Una nube innumerevole di coraggiosi testimoni della fede ci ha lasciato un preziosa eredità, che dovrà restare viva nel terzo millennio. Qui a Fatima, dove sono stati preannunciati questi tempi di tribolazione e la Madonna ha chiesto preghiera e penitenza per abbreviarli, voglio oggi render grazie al Cielo per la forza della testimonianza che si è manifestata in tutte quelle vite. E desidero una volta di più celebrare la bontà del Signore verso di me, quando, duramente colpito in quel 13 maggio 1981, fui salvato dalla morte. Esprimo la mia riconoscenza anche alla beata Giacinta per i sacrifici e le preghiere fatte per il Santo Padre, che ella aveva visto tanto soffrire.

5. "Ti benedico, o Padre, perché hai rivelato queste cose ai piccoli". La lode di Gesù prende oggi la solenne forma della beatificazione dei pastorelli Francesco e Giacinta. La Chiesa vuole, con questo rito, mettere sul lucerniere queste due fiammelle che Dio ha acceso per illuminare l'umanità nelle sue ore buie e inquiete. Risplendano dunque queste luci sul cammino di questa moltitudine immensa di pellegrini e di quanti altri ci accompagnano tramite la radio e la televisione. Siano Francesco e Giacinta una luce amica che illumina il Portogallo intero e, in modo speciale, questa diocesi di Leiria-Fátima.

Ringrazio Monsignore Serafim, Vescovo di questa illustre Chiesa particolare, per le sue parole di benvenuto e con grande gioia saluto tutto l'Episcopato portoghese e le rispettive comunità ecclesiali che amo di cuore ed esorto ad imitare i loro Santi. Un fraterno saluto ai Cardinali e Vescovi presenti, con menzione particolare per i Pastori delle Comunità dei Paesi di lingua portoghese: la Vergine Maria ottenga la riconciliazione al popolo angolano; porti conforto agli alluvionati del Mozambico; vegli sui passi di Timor Lorosae, della Guinea Bissau, di Capo Verde, di São Tomé e Príncipe; e custodisca nell'unità della fede i suoi figli e figlie del Brasile.

Il mio deferente saluto va al Signor Primo Ministro e alle Autorità che hanno voluto partecipare a questa Celebrazione. Profitto dell'occasione per esprimere, nella persona del Capo del Governo, la mia riconoscenza a tutti per la collaborazione con cui hanno reso possibile questo mio pellegrinaggio. Un abbraccio cordiale ed una particolare benedizione alla parrocchia e alla città di Fatima, le quali oggi si rallegrano per i loro figli elevati agli onori degli altari.

6. La mia ultima parola è per i bambini: Cari bambini e bambine, vedo tanti di voi con addosso vestiti simili a quelli usati da Francesco e Giacinta. Vi stanno molto bene! Il guaio è che, questa sera o forse domani, toglierete questi abiti e... i pastorelli spariranno. Non vi pare che non dovrebbero scomparire?! La Madonna ha bisogno di tutti voi per consolare Gesù, triste per i torti che gli si fanno; ha bisogno delle vostre preghiere e dei vostri sacrifici per i peccatori.

Chiedete ai vostri genitori ed ai vostri maestri di inscrivervi alla "scuola" della Madonna, affinché vi insegni a diventare come i pastorelli, i quali cercavano di far quanto Ella chiedeva loro. Vi dico che "si progredisce più in poco tempo di sottomissione e dipendenza da Maria che durante anni interi di iniziative personali, appoggiati soltanto su se stessi" (San Luigi Maria Grignion di Montfort, Trattato della vera devozione alla Santissima Vergine, n. 155). E’ stato così che i pastorelli sono diventati rapidamente santi. Una donna che aveva accolto Giacinta a Lisbona, nel sentire i consigli tanto belli e saggi che la piccola dava, le domandò chi era stato ad insegnarglieli. "È stata la Madonna" - rispose. Lasciandosi guidare, con totale generosità, da una Maestra così buona, Giacinta e Francesco hanno raggiunto in poco tempo le vette della perfezione.

7. "Ti benedico, o Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli".

Ti benedico, o Padre, per tutti i tuoi piccoli, a cominciare dalla Vergine Maria, l'umile tua Serva, e fino ai pastorelli Francesco e Giacinta.

Il messaggio delle loro vite resti sempre vivo ad illuminare il cammino dell'umanità!



SANTA MESSA CON ORDINAZIONI PRESBITERALI


OMELIA DEL SANTO PADRE


Domenica, 14 maggio 2000

37ma Giornata Mondiale delle vocazioni




1. "Io sono il buon pastore" (Jn 10,11 Jn 10,14).

Risuona oggi in tutta la Chiesa questa parola di Cristo. Egli, il Signore, è il Pastore che dà la vita per il suo gregge. In Lui si realizza la promessa fatta dal Dio d'Israele per bocca dei profeti: "Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura" (Ez 34,11).

In questa Domenica, comunemente chiamata "Domenica del Buon Pastore", la Chiesa celebra la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni. E sono lieto di ordinare, proprio in questo giorno, ventisei nuovi presbiteri della Diocesi di Roma. Sono i presbiteri dell'Anno Duemila, prescelti per annunciare il Vangelo nella nostra Diocesi. A voi, carissimi Candidati, rivolgo il mio saluto più cordiale, estendendolo a quanti, familiari, educatori ed amici, vi fanno corona in questo indimenticabile momento della vostra esistenza.

2. "Il Buon Pastore offre la vita per le pecore" (Jn 10,11). Cristo pasce il Popolo di Dio con la forza dell'amore, offrendo se stesso in sacrificio. Compie la sua missione di Pastore facendosi Agnello immolato. Sacerdos et hostia. Nessuno però lo costringe: è lui stesso che offre la propria vita, in assoluta libertà, per riprenderla di nuovo (cfr Jn 10,17) e vincere così, "per noi", là dove noi eravamo condannati alla sconfitta. "Agnus redemit oves".

Egli è "la pietra che, scartata dai costruttori, è diventata testata d'angolo" (cfr Ps 117,22 Ac 4,11). Questa è l'opera meravigliosa di Dio, che ha esaltato il suo Figlio conferendogli "il nome che è al di sopra di ogni altro nome": l'unico nel quale è stabilito che possiamo essere salvati (cfr Ac 4,12).

Nel nome di Gesù Cristo, Buon Pastore, voi, carissimi Diaconi, oggi venite consacrati presbiteri.

3. "Celebrate il Signore, perché è buono:
perché eterna è la sua misericordia" (Ps 117,1 Ps 117,29).

Carissimi Ordinandi, voi diventate sacerdoti durante il Grande Giubileo, nell'"anno di misericordia del Signore" (Is 61,2). La grazia inesauribile del Sacramento vi trasformerà interiormente, perché la vostra vita, congiunta per sempre a quella di Cristo Sacerdote, diventi un canto all'amore di Dio: "Misericordias Domini in aeternum cantabo" (Ps 88,2).

Il mistero dell'amore divino, creatore e redentore, rivelatosi nell'incarnazione del Verbo e compiutosi nel suo sacrificio pasquale, è tanto grande da riempire in modo sovrabbondante ogni vostro giorno ed ogni momento del vostro ministero. Attingete incessantemente da questo mistero, soprattutto nella celebrazione della santa Messa, l'energia spirituale per adempiere fedelmente la vostra missione. Per mezzo delle vostre mani, il Buon Pastore continuerà ad offrire sacramentalmente la sua vita per la salvezza del mondo, attirando tutti a Sé e tutti invitando ad accogliere l'abbraccio dell'unico Padre. Siate sempre consapevoli e grati di questo dono che oggi la Provvidenza vi elargisce.

Tra poco, la Chiesa così ammonirà ciascuno di voi: "Renditi conto di ciò che farai, / imita ciò che celebrerai, / conforma la tua vita / al mistero della croce di Cristo Signore" (Rito). Conformate la vostra vita al mistero della Croce di Cristo!

E' Cristo che salva e santifica, e voi avrete parte diretta alla sua opera, nella misura dell'intensità della vostra unione con Lui. Se rimarrete in Lui, porterete molto frutto; senza di Lui, invece, non potrete far nulla (cfr Jn 15,5). Egli vi ha scelto, ed oggi vi "costituisce", perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga (cfr Jn 15,16).

4. Cari Diaconi, voi appartenete alla Diocesi di Roma, ed avete compiuto la vostra formazione nei Seminari di questa Chiesa: il Seminario Romano Maggiore, l'Almo Collegio Capranica, il "Redemptoris Mater" e quello degli Oblati del Divino Amore. Desidero ringraziare quanti vi hanno accompagnato e guidato nel cammino che vi ha condotti sin qui. Penso ai vostri genitori ed ai sacerdoti che con l'esempio ed il consiglio vi hanno aiutato nella scelta vocazionale. Penso ai responsabili della vostra preparazione teologica, spirituale e pastorale, i Superiori dei Seminari romani, che di cuore incoraggio a proseguire con generoso impegno nel loro servizio, perché la Chiesa di Roma sia arricchita di presbiteri numerosi e ben formati. La gioia di vedervi sacerdoti sempre fedeli alla vostra missione sarà per tutti la più grande ricompensa.

Il vostro esempio incoraggi, inoltre, altri giovani a seguire Cristo con eguale disponibilità. Per questo preghiamo nell'odierna Giornata dedicata alle Vocazioni: il "Padrone della messe" continui a chiamare operai per il servizio del suo Regno, perché "la messe è molta" (Mt 9,37).

5. Cari Ordinandi, sulla vostra vocazione veglia Maria Santissima, modello di ogni chiamata di speciale consacrazione nella Chiesa. In questo momento, Cristo vi affida nuovamente a Lei, ripetendo a ciascuno di voi le parole che, dall'alto della Croce, rivolse all'apostolo Giovanni: "Ecco la tua madre!" (Jn 19,27).

Alla Salus Populi Romani affido voi e il vostro ministero. Ella saprà guidarvi, giorno per giorno, a diventare una cosa sola col Buon Pastore, specialmente nella quotidiana celebrazione dell'Eucaristia.

E Tu, "Buon Pastore, vero Pane, nutrici e difendici" per un servizio sempre più generoso alla tua Chiesa, che opera nel mondo per la salvezza dell'umanità. Amen.





263

SANTA MESSA IN OCCASIONE DEL GIUBILEO DEI PRESBITERI E

DELL’80° GENETLIACO DEL SANTO PADRE

Giovedì, 18 Maggio 2000

1. "Ecce Sacerdos magnus, qui in diebus suis placuit Deo".

Il grande Sacerdote, anzi il Sommo Sacerdote, è Gesù Cristo. Egli - come afferma la Lettera agli Ebrei - con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci una redenzione eterna (cfr He 9,12). Cristo, Sacerdote e Vittima: Egli "è lo stesso ieri, oggi e sempre!" (He 13,8). Ci raccogliamo questa mattina per riflettere sul suo sacerdozio, noi che, come presbiteri, siamo stati chiamati a parteciparne in modo specifico.

Il sacerdozio ministeriale! Di esso ci parla l'odierna liturgia, facendoci ritornare spiritualmente nel Cenacolo, all'Ultima Cena, quando Cristo lavò i piedi agli Apostoli. Ne dà testimonianza l'evangelista Giovanni. Anche Luca, però, nel brano poc'anzi proclamato, ci offre la giusta interpretazione del gesto emblematico di Cristo, il quale dice di sé: "Io sono in mezzo a voi come colui che serve" (Lc 22,27). Il Maestro lascia ai suoi amici il comando di amarsi come lui li ha amati, ponendosi al servizio gli uni degli altri (cfr Jn 13,14): "Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi" (Jn 13,15).

2. Il sacerdozio ministeriale! Ad esso ci rimanda soprattutto l'Eucaristia, nella quale Cristo ha istituito il nuovo rito della Pasqua cristiana, introducendo, al tempo stesso, nella Chiesa il ministero sacerdotale.

Durante l'Ultima Cena, Cristo prese il pane nelle sue mani, lo spezzò e lo distribuì agli Apostoli dicendo: "Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi" (Rito della Messa, cfr Lc 22,19). Prese poi il calice colmo di vino e lo diede agli Apostoli dicendo: "Questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me" (Rito della Messa).

Ogni volta che ripetete questo rito - spiega l'apostolo Paolo - "voi annunziate la morte del Signore finché egli venga" (1Co 11,26).

Carissimi sacerdoti, in questo modo, nelle nostre mani Cristo ha posto, sotto le specie del pane e del vino, il vivo memoriale del Sacrificio che Egli ha offerto al Padre sulla Croce. Lo ha affidato alla sua Chiesa, perché lo celebrasse fino alla fine del mondo. Nella Chiesa - lo sappiamo - è Lui stesso che, come Sommo ed Eterno Sacerdote della Nuova Alleanza, agisce per mezzo nostro, per mezzo dei ministri ordinati, lungo il corso dei secoli.

"Fate questo in memoria di me": ogni volta che lo farete, voi annunzierete la mia morte, fino alla mia ultima venuta.

3. Il sacerdozio ministeriale! Noi tutti ne siamo partecipi, ed oggi vogliamo elevare a Dio un corale rendimento di grazie per questo suo straordinario dono. Dono per tutti i tempi e per gli uomini di ogni razza e cultura. Dono che si rinnova nella Chiesa grazie all'immutabile misericordia divina e alla generosa e fedele risposta di tanti fragili uomini. Dono che non cessa di stupire chi lo riceve.

Dopo oltre cinquant'anni di vita sacerdotale, sento vivo in me il bisogno di lodare e ringraziare Iddio per la sua immensa bontà. Il mio pensiero torna, in questo momento, al Cenacolo di Gerusalemme dove, nel corso del recente pellegrinaggio in Terra Santa, ho potuto celebrare la Santa Messa. In quel luogo è scaturito il mio e il vostro sacerdozio dalla mente e dal cuore di Cristo. Ecco perché proprio da quella "stanza al piano superiore" ho voluto indirizzare la Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo, che quest'oggi idealmente ripropongo.

Nel Cenacolo, alla vigilia della sua Passione, Gesù ha voluto renderci partecipi della vocazione e missione a Lui affidata dal Padre celeste, quella cioè di introdurre gli uomini nel suo universale mistero di salvezza.

4. Vi abbraccio con grande affetto, cari sacerdoti del mondo intero! E' un abbraccio che non ha confini e si estende ai presbiteri di ogni Chiesa particolare, raggiungendo specialmente voi, cari sacerdoti malati, soli o provati da varie difficoltà.

Penso anche a quei sacerdoti che, per diverse circostanze, non esercitano più il sacro ministero, pur continuando a recare in sé la speciale configurazione a Cristo insita nel carattere indelebile dell'Ordine sacro. Prego molto anche per loro ed invito tutti a ricordarli nella preghiera, perché, grazie anche alla dispensa regolarmente ottenuta, mantengano vivo in sé l'impegno della coerenza cristiana e della comunione ecclesiale.

5. Cari presbiteri di ogni Paese e di ogni cultura, questa è una giornata tutta dedicata al nostro sacerdozio, al sacerdozio ministeriale.

Con grande affetto saluto e ringrazio il Cardinale Darío Castrillón Hoyos, Prefetto della Congregazione per il Clero, che all'inizio della celebrazione mi ha rivolto, anche a nome vostro, cordiali espressioni augurali in questo giorno per me molto significativo. Saluto i Signori Cardinali, gli Arcivescovi ed i Vescovi presenti. Saluto tutti voi, cari Fratelli nel sacerdozio, che avete voluto essere oggi qui con me, venendo anche da lontano a prezzo di non piccoli sacrifici. Tutti vi stringo al mio cuore.

Siamo stati consacrati nella Chiesa per questo specifico ministero. Siamo chiamati, in vari modi, a contribuire, là dove la Provvidenza ci colloca, alla formazione della comunità del Popolo di Dio. Il nostro compito - ce lo ha ricordato l'apostolo Pietro - è pascere il gregge di Dio che ci è affidato, non per forza ma di buon animo, non atteggiandoci a padroni, ma offrendo una testimonianza esemplare (cfr 1P 5,2-3); una testimonianza che può giungere, se necessario, sino allo spargimento di sangue, come è stato per non pochi nostri confratelli nel corso del secolo appena concluso.

E' questa per noi la via della santità, che conduce all'incontro definitivo col "pastore supremo", nelle cui mani è "la corona della gloria" (1P 5,4). E' questa la nostra missione al servizio del popolo cristiano. Ci aiuti Maria, Madre del nostro sacerdozio. Ci aiutino i tanti santi presbiteri che ci hanno preceduto in questa missione sublime e carica di responsabilità.

Prega per noi anche tu, caro popolo cristiano, che oggi ti stringi attorno a noi nella fede e nella gioia. Tu sei popolo regale, stirpe sacerdotale, assemblea santa. Tu sei il popolo di Dio che, in ogni parte della terra, partecipi del sacerdozio di Cristo. Accetta il dono che noi oggi rinnoviamo al servizio di questa tua singolare dignità. Tu, popolo sacerdotale, rendi grazie con noi a Dio per il nostro ministero e canta con noi al tuo e nostro Signore: Lode a Te, o Cristo, per il dono del sacerdozio! Fa' che la Chiesa del nuovo millennio possa contare sull'opera generosa di numerosi e santi sacerdoti!

Amen.

Saluti nelle diverse lingue rivolti ai sacerdoti presenti:

Je salue cordialement les prêtres de langue française qui ont participé à cette célébration et je les remercie d’avoir prié avec moi. Je souhaite que leur présence à Rome affermisse leur foi et leur sens de l’Église universelle. De grand coeur je leur donne une affectueuse Bénédiction apostolique.

I greet the English-speaking priests taking part in today’s Jubilee celebration, especially those marking their Silver or Golden Anniversaries of Priestly Ordination and those who, like me, are celebrating their Eightieth Birthday. Let us pray for one another that our lives will be ever more fully conformed to Jesus Christ, the Eternal High Priest, and marked by that pastoral charity which has its source in his Sacred Heart.

Saludo a los sacerdotes de lengua española que participáis en esta celebración jubilar. Os animo a continuar con vuestra entrega generosa y alegre al ministerio recibido, sabiendo que el Señor, que comenzó la obra buena, Él mismo la llevará a término.

Einen herzlichen Gruß entbiete ich den Pilgern deutscher Sprache. Besonders freue ich mich über die große Anzahl von Priestern, die mit mir zusammen in die Danksagung der Eucharistie eingestimmt haben. Liebe Mitbrüder! Danken wir gemeinsam Gott, dem Schöpfer des Lebens, daß er uns geschaffen hat. Danken wir ihm besonders für die Gnade des Priestertums, das wir täglich leben dürfen.

A Cristo, Sumo e Eterno Sacerdote, elevo minhas preces por todos os sacerdotes de língua portuguesa aqui presentes. Peço a Deus que vos abençoe nesta festa jubilar e a todos agradeço pelas demonstrações de afeto e de solidariedade cristã, pela passagem do Meu aniversário natalício.

Saluto in lingua polacca:

Pozdrawiam kaplanów z Polski, którzy sprawowali wraz ze mna te Ofiare Eucharystyczna tu, na Placu Swietego Piotra z okazji Wielkiego Jubileuszu Roku 2000.

Dziekuje wszystkim kaplanom w Polsce za wiernosc powolaniu i Kosciolowi. Kosciól liczy na was i na powolania do kaplanstwa. Niech Bóg blogoslawi waszej sluzbie Ludowi Bozemu.

Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Saluto i sacerdoti dalla Polonia che hanno celebrato insieme con me l'Eucaristia qui sulla Piazza di San Pietro in occasione del Grande Giubileo dell'Anno 2000.

Ringrazio tutti i loro Confratelli in Polonia per la fedeltà alla vocazione e alla Chiesa. La Chiesa conta su di voi e su nuove vocazioni al sacerdozio.

Che Dio benedica il vostro servizio al Popolo di Dio!





264

CANONIZZAZIONE DI 27 NUOVI SANTI

Domenica, 21 maggio 2000

1. "Non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità" (1Jn 3,18). Questa esortazione, presa dall'Apostolo Giovanni nel testo della seconda lettura di questa celebrazione, ci invita a imitare Cristo, vivendo al contempo in stretta unione con Lui. Gesù stesso ce lo ha detto nel Vangelo appena proclamato: "Come il tralcio non può fare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me" (Jn 15,4).

Attraverso l'unione profonda con Cristo, iniziata nel Battesimo e alimentata dalla preghiera, dai sacramenti e dalla pratica delle virtù evangeliche, uomini e donne di tutti i tempi, quali figli della Chiesa, hanno raggiunto la meta della santità. Sono santi perché hanno posto Dio al centro della loro vita e hanno fatto della ricerca e della diffusione del suo Regno la ragione della loro esistenza; santi perché le loro opere continuano a parlare del loro amore totale per il Signore e i fratelli, recando copiosi frutti, grazie alla loro fede viva in Gesù Cristo e al loro impegno ad amare, anche i nemici, come Lui ci ha amato.

2. All'interno del pellegrinaggio giubilare dei messicani, la Chiesa è lieta di proclamare santi questi figli del Messico: Cristóbal Magallanes e 24 compagni martiri, sacerdoti e laici; José María de Yermo y Parres, sacerdote fondatore delle Religiose Serve del Sacro Cuore di Gesù, e María de Jesús Sacramentado Venegas, fondatrice delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù.

Per partecipare a questa solenne celebrazione, onorando così la memoria di questi illustri figli della Chiesa e della vostra Patria, voi pellegrini messicani siete venuti in gran numero, accompagnati da un nutrito gruppo di Vescovi. Vi saluto tutti con grande affetto. La Chiesa in Messico si rallegra di poter contare su questi intercessori nel cielo, modelli di carità suprema, avendo seguito le orme di Gesù Cristo. Tutti donarono la propria vita a Dio e ai fratelli, attraverso il martirio o il cammino dell'offerta generosa al servizio dei bisognosi. La fermezza della loro fede e la speranza li sostennero nelle diverse prove alle quali furono sottoposti. Sono una preziosa eredità, frutto della fede radicata nelle terre messicane, la quale, agli albori del terzo millennio del cristianesimo, deve essere conservata e rivitalizzata affinché continuiate ad essere fedeli a Cristo e alla sua Chiesa come avete fatto nel passato. Messico sempre fedele!

3. Nella prima lettura abbiamo ascoltato come Paolo si muoveva a Gerusalemme: "parlando apertamente nel nome del Signore e parlava e discuteva con gli Ebrei di lingua greca; ma questi tentarono di ucciderlo" (Ac 9,28-29). Con la missione di Paolo si prepara l'opera di propagazione della Chiesa, portando il messaggio evangelico in ogni luogo. In questa opera non sono mai mancate le persecuzioni e le violenze contro gli annunciatori della Buona Novella. Tuttavia, al di sopra delle avversità umane, la Chiesa può contare sulla promessa dell'assistenza divina. Perciò abbiamo udito che "la Chiesa era dunque in pace... essa cresceva e camminava nel timore del Signore, colma del conforto dello Spirito Santo" (Ac 9,31).

Possiamo applicare questo passo degli Atti degli Apostoli alla situazione che dovettero vivere Cristóbal Magallanes e i suoi 24 compagni, martiri nel primo trentennio del XX secolo. La maggior parte apparteneva al clero secolare e tre di essi erano laici seriamente impegnati ad aiutare i sacerdoti. Non abbandonarono il coraggioso esercizio del loro ministero quando la persecuzione religiosa aumentò nell'amata terra messicana, scatenando un odio per la religione cattolica. Tutti accettarono liberamente e serenamente il martirio come testimonianza della propria fede, perdonando in modo esplicito i loro persecutori. Fedeli a Dio e alla fede cattolica tanto radicata nelle comunità ecclesiali che servivano, promuovendo anche il loro benessere materiale, sono oggi un esempio per tutta la Chiesa e per la società messicana in particolare.

Dopo le dure prove che la Chiesa sostenne in Messico in quegli anni convulsi, oggi i cristiani messicani, incoraggiati dalla testimonianza di questi testimoni della fede, possono vivere in pace e in armonia, apportando alla società la ricchezza dei valori evangelici. La Chiesa cresce e progredisce, essendo il crogiolo dove nascono abbondanti vocazioni sacerdotali e religiose, dove si formano famiglie secondo il piano di Dio e dove i giovani, parte considerevole del popolo messicano, possono crescere con la speranza in un futuro migliore. Che il luminoso esempio di Cristóbal Magallanes e dei suoi compagni martiri vi spinga a un rinnovato impegno di fedeltà a Dio, capace di continuare a trasformare la società messicana affinché in essa regnino la giustizia, la fraternità e l'armonia fra tutti!

4. "Questo è il mio comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato" (1Jn 3,23). Il mandato per eccellenza che Gesù ha dato ai suoi è di amarsi fraternamente come egli ci ha amato (cfr Jn 15,12). Nella seconda lettura che abbiamo ascoltato, il comandamento ha un duplice aspetto: credere nella persona di Gesù Cristo, Figlio di Dio, professandolo in ogni momento, e amarci gli uni gli altri perché Cristo stesso ce lo ha prescritto. Questo comandamento è così importante per la vita del credente da trasformarsi nel presupposto necessario affinché abbia luogo la inabitazione divina. La fede, la speranza e l'amore portano ad accogliere esistenzialmente Dio come cammino sicuro verso la santità.

Si può dire che fu questo il cammino intrapreso da José María de Yermo y Parres, che visse il suo dono sacerdotale a Cristo aderendo a Lui con tutte le sue forze, e al contempo distinguendosi per il suo atteggiamento fondamentalmente orante e contemplativo. Nel Cuore di Cristo trovò la guida per la sua spiritualità, e considerando il suo amore infinito per gli uomini, volle imitarlo facendo della carità la regola della sua vita.

Il nuovo Santo fondò le religiose Serve del Sacro Cuore di Gesù e dei Poveri, denominazione che riunisce i suoi due grandi amori, che esprimono nella Chiesa lo spirito e il carisma del nuovo santo.

Care Figlie di San José María de Yermo y Parres: vivete con generosità la ricca eredità del vostro fondatore, cominciando dalla comunione fraterna in comunità e prolungandola nell'amore misericordioso per il fratello, con umiltà, semplicità ed efficacia, e, al di sopra di tutto, in perfetta unione con Dio.

5. "Rimanete in me e io in voi... Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla" (Jn 15,4-5). Nel Vangelo che abbiamo ascoltato, Gesù ci ha esortato a rimanere in Lui, per unire a sé tutti gli uomini. Questo invito esige di portare a termine il nostro impegno battesimale, di vivere nel suo amore, d'ispirarsi alla sua Parola, di alimentarsi con l'Eucaristia, di ricevere il suo perdono e, quand'è necessario, di portare con Lui la croce. La separazione da Dio è la tragedia più grande che l'uomo possa vivere. La linfa che giunge al tralcio lo fa crescere; la grazia che proviene da Cristo ci rende adulti e maturi affinché rechiamo frutti di vita eterna.

Santa María de Jesús Sacramentado Venegas, prima messicana canonizzata, seppe rimanere unita a Cristo nella sua lunga esistenza terrena e per questo recò frutti abbondanti di vita eterna. La sua spiritualità fu caratterizzata da una singolare pietà eucaristica, poiché è chiaro che cammino eccellente per l'unione con il Signore è cercarlo, adorarlo, amarlo nel santissimo mistero della sua presenza reale nel Sacramento dell'Altare.

Volle prolungare la sua opera con la fondazione delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù, che proseguono oggi nella Chiesa il suo carisma della carità verso i poveri e i malati. Di fatto, l'amore di Dio è universale, intende giungere a tutti gli uomini; perciò la nuova Santa comprese che il suo dovere era di diffonderlo, prodigandosi in attenzioni verso tutti fino alla fine dei suoi giorni, anche quando l'energia fisica diminuì e le dure prove attraversate nel corso dell'esistenza ridussero le sue forze. Fedelissima nell'osservanza delle costituzioni, rispettosa verso i Vescovi e i sacerdoti, sollecita con i seminaristi, Santa María de Jesús Sacramentado è un'eloquente testimonianza di consacrazione assoluta al servizio di Dio e dell'umanità dolente.

6. Questa solenne celebrazione ci ricorda che la fede comporta una relazione profonda con il Signore. I nuovi santi ci insegnano che i veri seguaci e discepoli di Gesù sono coloro che compiono la volontà di Dio e che sono uniti a Lui mediante la fede e la grazia.

Ascoltare la parola di Dio, rendere armoniosa la propria esistenza, mettendo al primo posto Cristo, fa sì che la vita dell'essere umano si configuri a Lui. Il "rimanete in me e io in voi" continua ad essere l'invito di Gesù che deve risuonare continuamente in ognuno di noi e nel nostro ambiente. San Paolo, accogliendo questa stessa chiamata, poté esclamare: "non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Ga 2,20). Che la Parola di Dio proclamata in questa liturgia faccia sì che la nostra vita sia autentica rimanendo esistenzialmente uniti al Signore, amando non solo a parole ma con i fatti e nella verità (cfr 1Jn 3,18)! Così la nostra vita sarà realmente "per Cristo, con Cristo ed in Cristo".

Stiamo vivendo il Grande Giubileo dell'Anno 2000. Fra i suoi obiettivi vi è quello di "suscitare in ogni fedele un vero anelito alla santità" (Tertio Millennio adveniente, n. 42). Che l'esempio di questi nuovi Santi, dono della Chiesa in Messico alla Chiesa universale, spinga i fedeli, con tutti i mezzi a loro disposizione e soprattutto con l'aiuto della grazia di Dio, a ricercare con coraggio e decisione la santità!

Che la Vergine di Guadalupe, invocata dai martiri nel momento supremo del loro dono di sé, alla quale San José María de Yermo e Santa María de Jesús Sacramentado Venegas professarono una così tenera devozione, accompagni con la sua materna protezione i buoni propositi di quanto onorano oggi i nuovi Santi e aiuti coloro che seguono il loro esempio, guidi e protegga anche la Chiesa affinché, con la sua azione evangelizzatrice e la testimonianza cristiana di tutti i suoi figli, illumini il cammino dell'umanità nel terzo millennio cristiano! Amen.





GIUBILEO DELLA DIOCESI DI ROMA


Domenica, 28 maggio 2000

1. "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore". (Jn 15,9). Cristo, alla vigilia della sua morte, apre il suo cuore ai discepoli raccolti nel Cenacolo. Lascia loro il suo testamento spirituale. Nel periodo pasquale la Chiesa torna con lo spirito costantemente nel Cenacolo per riascoltare con riverenza le parole del Signore e trarne luce e conforto per il suo cammino sulle strade del mondo.

Torna oggi nel Cenacolo con cuore trepido la nostra Chiesa di Roma, che celebra il suo Giubileo. Vi torna per lasciarsi interpellare dal Maestro divino, per meditare sulle sue parole e scoprire la risposta più adeguata alle richieste che Egli le rivolge.

La parola che la nostra Chiesa oggi ascolta dalle labbra del suo Signore è forte e chiara: "Rimanete nel mio amore! ... Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato" (Jn 15,9 Jn 15,12). Come non sentire particolarmente "nostra" questa parola di Gesù? Non ha forse la Chiesa di Roma il compito specifico di "presiedere alla carità" nell'intera ecumene cristiana? (cfr S. Ignazio, Ad Rom, inscr.). Sì, il comandamento dell'amore impegna la nostra Chiesa di Roma con una forza ed un'urgenza speciale.

E l'amore è esigente. Cristo dice: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13). L'amore condurrà Gesù sulla croce. Ogni discepolo deve ricordarlo. L'amore viene dal Cenacolo ed al Cenacolo riconduce. In effetti, dopo la risurrezione, sarà ancora nel Cenacolo che gli Apostoli con la mente riandranno alle parole pronunciate da Gesù il Giovedì Santo e prenderanno consapevolezza del contenuto salvifico che esse rivestono. In forza dell'amore di Cristo, accolto e ricambiato, essi sono ormai suoi amici: "Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; vi ho chiamati amici perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi" (Jn 15,15).

Raccolti nel Cenacolo dopo la risurrezione e l'ascensione al Cielo del Maestro divino, gli Apostoli capiranno appieno il senso delle sue parole: "Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (Jn 15,16). Sotto l'azione dello Spirito Santo, queste parole faranno di essi la comunità salvifica che è la Chiesa. Gli Apostoli capiranno di essere stati eletti per una speciale missione, quella di testimoniare l'amore: "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore".

Questa consegna passa oggi a noi: in quanto cristiani, noi siamo chiamati ad essere testimoni dell'amore. E' questo il "frutto" che siamo chiamati a portare, e questo frutto "rimane" nel tempo e per l'eternità!

2. La seconda lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, parla della missione apostolica che scaturisce da quest'amore. Pietro, convocato dal centurione romano Cornelio, si reca da lui a Cesarea e lì assiste alla sua conversione, la conversione di un pagano. Lo stesso Apostolo commenta quell'importante evento: "Sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto" (Ac 10,34-35). Quando poi lo Spirito Santo scende su quel gruppo di credenti provenienti dal paganesimo, Pietro commenta: "Forse che si può proibire che siano battezzati con acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di noi?" (Ac 10,47). Illuminato dall'Alto, Pietro comprende ed attesta che tutti sono chiamati dall'amore di Cristo.

Siamo dinanzi ad una svolta decisiva nella vita della Chiesa; una svolta a cui il Libro degli Atti attribuisce grande rilievo. Gli Apostoli infatti, e in particolare Pietro, non avevano ancora percepito chiaramente che la loro missione non si limitava soltanto ai figli d'Israele. Quanto accadde nella casa di Cornelio li persuase che non era così. Da allora prese inizio lo sviluppo del cristianesimo fuori di Israele e venne a consolidarsi una coscienza sempre più profonda dell'universalità della Chiesa: ogni uomo e ogni donna è chiamato, senza distinzione di razza e cultura, ad accogliere il Vangelo. L'amore di Cristo è per tutti ed il cristiano è testimone di quest'amore divino ed universale.

3. Fortemente persuaso di questa verità, Pietro si diresse prima ad Antiochia e, infine, a Roma. La Chiesa di Roma deve a lui il suo inizio. L'odierno incontro della comunità ecclesiale di Roma, nel cuore del Grande Giubileo dell'Anno Duemila, ravviva in tutti noi la memoria di questa origine apostolica, la memoria di Pietro, primo Pastore della nostra Città. Sulla sua tomba stanno giungendo, in questi mesi, numerosi pellegrini da ogni parte della terra per celebrare il Giubileo dell'incarnazione del Signore e professare la stessa fede di Pietro in Cristo, Figlio del Dio Vivente.

Si manifesta così, ancora una volta, la particolare vocazione che la divina Provvidenza ha riservato a Roma: quella di essere punto di riferimento per la comunione e l'unità di tutta la Chiesa e per la ripresa spirituale dell'intera umanità.

4. Carissimi fedeli di questa amata Chiesa di Roma, sono lieto di rivolgervi il mio affettuoso saluto in questa circostanza, che ci vede riuniti per celebrare il Giubileo diocesano. Saluto il Cardinale Vicario, il Vicegerente ed i Vescovi Ausiliari, i sacerdoti e i diaconi, i religiosi e le religiose e tutti voi, laici attivamente impegnati nelle parrocchie, nei movimenti, nei gruppi, nei vari ambienti di lavoro e di vita della Città. Saluto pure il Sindaco e le Autorità presenti.

Questo giorno costituisce il vertice ideale di un intenso cammino preparatorio. Dal Sinodo diocesano alla Missione cittadina, la nostra Chiesa di Roma, nelle sue varie componenti, ha mostrato in questi anni grande vitalità pastorale e ardente slancio evangelizzatore. Di questo oggi vogliamo ringraziare il Signore. Attraverso opportune iniziative pastorali, l'intera Città ha potuto riascoltare l'annuncio del Vangelo nelle case e nei luoghi di lavoro. E' così apparso chiaro quanto la Chiesa sia radicata nel tessuto della gente e quanto sia vicina alle persone più povere ed emarginate.

A conclusione della Missione cittadina, la sera della Veglia di Pentecoste dello scorso anno, ebbi a dirvi: non dobbiamo disperdere i frutti di questa stagione, ricca di doni del Signore. Ecco perché l'odierno incontro è, sì, punto d'arrivo, ma anche indispensabile punto di partenza. E' necessario che da ora in poi si avvii un generale sforzo che faccia penetrare lo "spirito della Missione cittadina" sempre più nella pastorale ordinaria e quotidiana delle parrocchie e delle realtà ecclesiali. Occorre che questo sia considerato da tutti un "impegno permanente" e coinvolga l'intero popolo di Dio, a cominciare dai "missionari", sacerdoti, religiosi e laici, che hanno sperimentato dal vivo la bellezza e la gioia dell'evangelizzazione. E proprio in vista di questo necessario rilancio presso le famiglie e negli ambienti della Città, è quanto mai opportuno che nel prossimo anno pastorale si proceda ad un attento discernimento sui frutti del cammino sinora percorso.

5. Rendiamo grazie a Dio per tutto ciò che la Diocesi sta vivendo; rendiamo grazie soprattutto per gli eventi che via via si celebrano nel corso di questo Anno Giubilare. Siamo ormai alla vigilia di grandi ed impegnativi appuntamenti, che richiedono la più ampia e generosa collaborazione. Penso, in primo luogo, al Congresso Eucaristico Internazionale, il "cuore del Giubileo", che celebra la presenza viva in mezzo a noi e per noi del Verbo fatto carne, "pane di vita per il mondo".

E poi, la quindicesima Giornata Mondiale della Gioventù. Essa vedrà, nel mese di agosto, radunarsi a Roma una moltitudine di giovani provenienti da ogni parte del mondo, che attendono di essere accolti con gioia e simpatia dai loro coetanei romani e di essere ospitati dalle famiglie e dall'intera comunità cristiana e cittadina.

Nel mese di ottobre, inoltre, celebreremo il Giubileo delle Famiglie, che esigerà una cura singolare da parte della Diocesi e delle famiglie cristiane. Prepariamoci a questi eventi con intima partecipazione.

6. Chiesa di Roma, sii consapevole di quanto singolare è la tua missione anche in ordine al Giubileo! Non scoraggiarti per le difficoltà che incontri nel tuo quotidiano cammino. Ti sorregge la testimonianza degli Apostoli Pietro e Paolo, che hanno consacrato i tuoi inizi con il loro sangue; ti incoraggia l'esempio dei santi e dei martiri, che ti hanno consegnato la fiaccola di un'invitta dedizione al Vangelo. Non temere! Grazie all'impegno dei tuoi figli, l'amore di Cristo giunga a tutti gli abitanti della Città; si diffonda in ogni ambiente, per portare ovunque gioia e speranza.

E Tu, Maria, Salus populi romani, Madonna del Divino Amore, aiutaci. A Te fiduciosi ci affidiamo. Attraverso la tua materna intercessione, si rinnovi sulla Chiesa di Roma la discesa dello Spirito Santo, principio della sua unità e forza per la sua missione. Amen!





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GPII Omelie 1996-2005 262