GPII Omelie 1996-2005 304

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SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Venerdì 29 giugno 2001




1. "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16).

Quante volte abbiamo ripetuto questa professione di fede, pronunciata un giorno da Simone, figlio di Giona, nei pressi di Cesarea di Filippo! Quante volte io stesso ho trovato in queste parole un sostegno interiore per proseguire nella missione che la Provvidenza mi ha affidato!

Tu sei il Cristo! L'intero Anno Santo ci ha portati a fissare lo sguardo su "Gesù Cristo unico salvatore, ieri, oggi e sempre". Ogni celebrazione giubilare è stata un'incessante professione di fede in Cristo, rinnovata in modo corale a duemila anni dall'Incarnazione. Alla domanda, sempre attuale, di Gesù ai suoi discepoli: "Voi chi dite che io sia?" (Mt 16,15), i cristiani del Duemila hanno risposto ancora una volta unendo le loro voci a quella di Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente".

2. "Beato te, Simone, figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16,17).

Dopo due millenni, la "roccia" su cui è fondata la Chiesa resta sempre la stessa: è la fede di Pietro. "Su questa pietra" (Mt 16,18) Cristo ha costruito la sua Chiesa, edificio spirituale che ha resistito all'usura dei secoli. Certamente, su basi semplicemente umane e storiche non avrebbe potuto reggere all'assalto di tanti nemici!

Nel corso dei secoli, lo Spirito Santo ha illuminato uomini e donne, di ogni età, vocazione e condizione sociale, per farne "pietre vive" (1P 2,5) di questa costruzione. Sono i santi, che Dio suscita con inesauribile fantasia, ben più numerosi di quanti ne additi solennemente la Chiesa ad esempio per tutti. Una sola fede; una sola "roccia"; una sola pietra angolare: Cristo, Redentore dell'uomo.

"Beato te, Simone figlio di Giona"! La beatitudine di Simone è la stessa di Maria santissima, alla quale Elisabetta disse: "Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45). E' la beatitudine riservata anche alla comunità dei credenti di oggi, alla quale Gesù ripete: Beata te, Chiesa del Duemila, che custodisci intatto il Vangelo e continui a proporlo con rinnovato entusiasmo agli uomini dell'inizio di un nuovo millennio!

Nella fede, frutto del misterioso incontro tra la grazia divina e l'umiltà umana che ad essa si affida, sta il segreto di quella pace interiore e di quella gioia del cuore che anticipano in qualche misura la beatitudine del Cielo.

3. "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede" (2Tm 4,7).

La fede si "conserva" donandola (cfr Enc. Redemptoris missio RMi 2). E' questo l'insegnamento dell'apostolo Paolo. Ciò è avvenuto da quando i discepoli, il giorno di Pentecoste, usciti dal Cenacolo e sospinti dallo Spirito Santo, si mossero in ogni direzione. Questa missione evangelizzatrice prosegue nel tempo ed è la maniera normale con cui la Chiesa amministra il tesoro della fede. Di questo suo dinamismo tutti dobbiamo essere attivamente partecipi.

Con tali sentimenti rivolgo il mio più cordiale saluto a voi, cari e venerati Fratelli, che oggi mi fate corona. In modo speciale saluto voi, cari Arcivescovi Metropoliti, nominati nel corso dell'ultimo anno e venuti a Roma per il tradizionale rito dell'imposizione del Pallio. Voi provenite da ventuno Paesi dei cinque continenti. Nei vostri volti contemplo il volto delle vostre Comunità: un'immensa ricchezza di fede e di storia, che nel Popolo di Dio si compone e si armonizza come in una sinfonia.

Saluto anche i novelli Vescovi, ordinati nel corso di quest’anno. Anche voi provenite da varie parti del mondo. Nelle diverse membra del corpo ecclesiale, che voi qui rappresentate, ci sono speranze e gioie, ma non mancano certo le ferite. Penso alla povertà, ai conflitti, talora persino alle persecuzioni. Penso alla tentazione del secolarismo, dell'indifferenza e del materialismo pratico, che mina il vigore della testimonianza evangelica. Tutto ciò non deve affievolire, ma intensificare in noi, venerati Fratelli nell’Episcopato, l'ansia di recare la Buona Novella dell'amore di Dio ad ogni essere umano.

Preghiamo perché la fede di Pietro e di Paolo sostenga la nostra comune testimonianza e ci renda disponibili, se necessario, a giungere sino al martirio.

4. Fu proprio il martirio il suggello della testimonianza resa a Cristo dai due grandi Apostoli che oggi celebriamo. A distanza di qualche anno l'uno dall'altro, versarono il loro sangue qui a Roma, consacrandola una volta per sempre a Cristo. Il martirio di Pietro ha segnato la vocazione di Roma come sede dei suoi successori in quel primato che Cristo gli conferì a servizio della Chiesa: servizio alla fede, servizio all'unità, servizio alla missione (cfr Enc. Ut unum sint UUS 88).

E' pressante quest'anelito alla totale fedeltà al Signore; si fa sempre più intenso il desiderio della piena unità di tutti i credenti. Mi rendo conto che, "dopo secoli di aspre polemiche, le altre Chiese e Comunità ecclesiali sempre più scrutano con uno sguardo nuovo tale ministero di unità" (ivi, 89). Ciò vale in modo particolare per le Chiese Ortodosse, come ho potuto notare anche nei giorni passati, nel corso della mia visita in Ucraina.Quanto vorrei che s'affrettassero i tempi della riconciliazione e della reciproca comunione!

In tale spirito, sono lieto di rivolgere il mio cordiale saluto alla Delegazione del Patriarcato di Costantinopoli, guidata da Sua Eminenza Jeremias, Metropolita di Francia ed Esarca di Spagna, che il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I ha inviato per la celebrazione dei santi Pietro e Paolo. La loro presenza aggiunge una particolare nota di gioia alla nostra festa. Intercedano per noi i Santi Apostoli, affinché il nostro impegno congiunto possa sollecitare e preparare la ricomposizione di quell'unità, piena ed armonica, che dovrà caratterizzare la Comunità cristiana nel mondo. Quando questo avverrà, sarà più facile al mondo riconoscere il volto autentico di Cristo.

5. "Ho conservato la fede"! (2Tm 4,7). Così afferma l'apostolo Paolo facendo il bilancio della sua vita. E sappiamo in quale modo la conservò: donandola, diffondendola, facendola fruttificare il più possibile. Sino alla morte.

Allo stesso modo, la Chiesa è chiamata a conservare il "deposito" della fede, comunicandolo a tutti gli uomini e a tutto l'uomo. Per questo il Signore l'ha inviata nel mondo, dicendo agli Apostoli: "Andate, e fate discepole tutte le nazioni" (Mt 28,19). Questo mandato missionario è più che mai valido ora, all'inizio del terzo millennio. Anzi, di fronte alla vastità del nuovo orizzonte, esso deve ritrovare la freschezza degli inizi (cfr Enc. Redemptoris missio RMi 1).

Se san Paolo vivesse oggi, come esprimerebbe l’anelito missionario che ha contrassegnato la sua azione a servizio del Vangelo? E san Pietro non mancherebbe certo di incoraggiarlo in questo generoso slancio apostolico, dandogli la sua destra in segno di comunione (cfr Ga 2,9).

Affidiamo, pertanto, all'intercessione di questi due Santi Apostoli il cammino della Chiesa all'inizio del nuovo millennio. Invochiamo Maria, la Regina degli Apostoli, perché ovunque il popolo cristiano cresca nella comunione fraterna e nello slancio missionario.

Possa quanto prima l'intera comunità dei credenti proclamare con un cuor solo e un'anima sola: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!". Tu sei il nostro Redentore, il nostro unico Redentore! Ieri, oggi e sempre. Amen.


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CELEBRAZIONE EUCARISTICA CON I SACERDOTI DELLA DIOCESI DI AOSTA



Venerdì, 20 luglio 2001




1. "Che cosa renderò al Signore / per quanto mi ha dato?
Alzerò il calice della salvezza / e invocherò il nome del Signore" (Salmo resp.).

Le parole del Salmo responsoriale, che poc'anzi abbiamo ascoltato, ben si adattano a questa liturgia eucaristica, che ho la gioia di celebrare insieme con voi, carissimi Sacerdoti della diocesi di Aosta. A ciascuno di voi rivolgo un cordiale saluto, ringraziandovi di essere venuti qui a Les Combes, dove sto per concludere questo mio benefico soggiorno fra i monti valdostani. Saluto, in particolare, il vostro Vescovo e lo ringrazio di cuore per la sua premurosa vicinanza, che molto ho apprezzato. Saluto la Comunità Salesiana, che con generosità mi ospita in questa casa. Rinnovo la mia gratitudine a tutti coloro che in questi giorni, in vario modo, hanno contribuito a rendere serena la mia permanenza. Per ciascuno offro al Signore questa Celebrazione eucaristica.

2. "A te offrirò sacrifici di lode" (ibid.).

Sacrificium laudis per eccellenza è l'Eucaristia. Ogni volta che la celebriamo, offriamo al Padre attraverso il Figlio nello Spirito Santo il sacrificio a Lui gradito, per la salvezza del mondo.

La vita e la missione del sacerdote sono strettamente legate al compimento di questo Sacrificio eucaristico. Si può dire, anzi, che il presbitero è chiamato a diventare un tutt'uno con esso, a diventare in se stesso sacrificium laudis. Penso in questo momento alla schiera di santi preti, che si sono immolati insieme con Cristo al servizio del popolo cristiano. Penso a quelli che hanno diffuso il buon profumo di Cristo in questa vostra terra, servendo la Chiesa di Sant'Anselmo, a cui voi appartenete. Essi "hanno adempiuto i [loro] voti al Signore, davanti a tutto il suo popolo" (ibid.).

3. Il Vangelo di oggi, tratto da San Matteo, ci aiuta ad approfondire questa verità, quando riferisce la celebre espressione che il Signore rivolse ai farisei: "Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio" (Mt 12,7).

In realtà, nell'Eucaristia si rende presente tutto il mistero della divina Misericordia, che si è rivelato e compiuto nella passione, morte e risurrezione del Figlio di Dio. Il suo Sacrificio, quello che Lui, Sacerdote della nuova ed eterna Alleanza, ha offerto al Padre e ha comandato di perpetuare nel memoriale eucaristico, non si compie secondo l'antica legge, ma secondo lo Spirito, e opera la redenzione dell'umanità perché realizza il disegno misericordioso di Dio su di essa.

In questa linea, in questo medesimo mistero, si colloca - per bontà del Signore che ci ha chiamati - anche il nostro servizio sacerdotale e tutta intera la nostra esistenza. Ministro di Cristo, del suo Sacrificio e della sua misericordia: questo è il Sacerdote così come Gesù stesso ha voluto, legandolo indissolubilmente ai due Sacramenti dell'Eucaristia e della Riconciliazione.

4. Carissimi Fratelli, riconsegnandovi idealmente la Lettera che ho scritto ai Sacerdoti del mondo intero per il Giovedì Santo di quest'anno, prego in particolare per voi e per quanti operano in questa Diocesi. L'esperienza della divina misericordia vi santifichi e vi renda generosi ministri del perdono e della riconciliazione.

Tutto è grazia! In modo singolare lo è la vita del Sacerdote, ministro della grazia divina, e per questo chiamato a "vivere con senso di infinita gratitudine il dono del ministero" (Lettera ai Sacerdoti, Giovedì Santo 2001, 10).

Carissimi, non temete di dedicare tempo ed energie al Sacramento della Riconciliazione. Il Popolo di Dio ha più che mai bisogno di riscoprirlo, nella sua sobria dignità liturgica, quale via ordinaria per la remissione dei peccati gravi e anche nella sua benefica funzione "umanizzante" (cfr ivi, 12- 13). Vi sia modello e guida il santo Curato d'Ars.

Vegli su di voi e sul vostro ministero la Madonna santissima, Madre della Misericordia. A Lei affido voi tutti e le vostre comunità. Da parte mia, vi assicuro un costante ricordo nella preghiera, perché ogni giorno possiate ripetere con animo grato: "Che cosa renderò al Signore / per quanto mi ha dato? / Alzerò il calice della salvezza / e invocherò il nome del Signore".

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SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ

DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

OMELIA DEL SANTO PADRE

Mercoledì, 15 agosto 2001




1. "L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte" (1Co 15,27)

Le parole di Paolo, risuonate poc'anzi nella seconda lettura, ci aiutano a comprendere il significato della solennità che quest'oggi celebriamo. In Maria, assunta in cielo al termine della sua vita terrena, risplende la vittoria definitiva di Cristo sulla morte, entrata nel mondo a causa del peccato di Adamo. È stato Cristo, il "nuovo" Adamo, a sconfiggere la morte, offrendosi in sacrificio sul Calvario, in atteggiamento di amore obbediente al Padre. Egli ci ha così riscattati dalla schiavitù del peccato e del male. Nel trionfo della Vergine, la Chiesa contempla Colei che il Padre ha scelto come vera Madre del suo Figlio unigenito, associandola intimamente al disegno salvifico della Redenzione.

È per questo che Maria, come ben evidenzia la liturgia, è segno consolante della nostra speranza. Guardando a Lei, rapita nell'esultanza delle schiere degli angeli, l'intera vicenda umana, frammista di luci e di ombre, si apre alla prospettiva dell'eterna beatitudine. Se l'esperienza quotidiana ci fa toccare con mano quanto il pellegrinaggio terreno sia sotto il segno della incertezza e della lotta, la Vergine assunta nella gloria del Paradiso ci assicura che mai ci verrà meno il soccorso divino.

2. "Nel cielo apparve per noi un segno grandioso: una donna vestita di sole" (Ap 12,1). Guardiamo a Maria, carissimi Fratelli e Sorelle, qui convenuti in un giorno tanto caro alla devozione del popolo cristiano. Vi saluto con grande affetto. Saluto in modo particolare il Signor Cardinale Angelo Sodano, mio primo collaboratore, e il Vescovo di Albano con il suo Ausiliare, ringraziandoli per la loro cortese presenza. Saluto inoltre il parroco con i sacerdoti che lo coadiuvano, i religiosi e le religiose e tutti i fedeli presenti, in speciale modo i consacrati salesiani, la Comunità di Castel Gandolfo e quella delle Ville Pontificie. Estendo il mio pensiero ai pellegrini di lingue diverse che hanno voluto unirsi alla nostra celebrazione. A ciascuno auguro di vivere con gioia l'odierna solennità, ricca di spunti di meditazione.

Un grande segno appare per noi nel cielo quest'oggi: la Vergine Madre! Ce ne parla con linguaggio profetico l'autore sacro del libro dell'Apocalisse nella prima lettura. Quale straordinario prodigio è dinanzi ai nostri occhi attoniti! Abituati a fissare le realtà della terra, siamo invitati a volgere lo sguardo verso l'Alto: verso il cielo, che è la nostra Patria definitiva, dove la Vergine Santissima ci attende.

L'uomo moderno, forse più che nel passato, è preso da interessi e preoccupazioni materiali. Cerca sicurezza e non di rado sperimenta solitudine e angoscia. E che dire poi dell'enigma della morte? L'Assunzione di Maria è un evento che ci interessa da vicino proprio perché ogni uomo è destinato a morire. Ma la morte non è l'ultima parola. Essa - ci assicura il mistero dell'Assunzione della Vergine - è transito verso la vita incontro all'Amore. È passaggio verso la beatitudine celeste riservata a quanti operano per la verità e la giustizia e si sforzano di seguire Cristo.

3. "D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata" (Lc 1,48). Così esclama la Madre di Cristo nell'incontro con l'anziana parente Elisabetta. Il Vangelo poco fa ci ha riproposto il Magnificat, che la Chiesa canta ogni giorno. È la risposta della Madonna alle parole profetiche di sant'Elisabetta: "Beata Colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45).

In Maria la promessa si fa realtà: Beata è la Madre e beati saremo noi suoi figli se, come Lei, ascolteremo e metteremo in pratica la parola del Signore.

Possa l'odierna solennità aprire il nostro cuore a questa superiore prospettiva dell'esistenza. Possa la Vergine, che oggi contempliamo risplendente alla destra del Figlio, aiutare l'uomo di oggi a vivere, credendo "nel compimento della Parola del Signore".

4. "Oggi i figli della Chiesa sulla terra celebrano con giubilo il transito della Vergine alla città superna, la Gerusalemme celeste" (Laudes et hymni, VI). Così canta la liturgia armena quest'oggi. Faccio mie queste parole, pensando al pellegrinaggio apostolico in Kazakhstan ed Armenia, che tra poco più di un mese, a Dio piacendo, compirò. Affido a Te, Maria, l'esito di questa nuova tappa del mio servizio alla Chiesa e al mondo. A Te chiedo di aiutare i credenti ad essere sentinelle della speranza che non delude, e a proclamare senza sosta che Cristo è il vincitore del male e della morte. Illumina Tu, Donna fedele, l'umanità del nostro tempo, perché comprenda che la vita di ogni uomo non si estingue in un pugno di polvere, ma è chiamata a un destino di eterna felicità.

Maria, "che sei la gioia del cielo e della terra", vigila e prega per noi e per il mondo intero, ora e sempre. Amen!


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CELEBRAZIONE EUCARISTICA

NEL PIAZZALE VIENNA DEL QUARTIERE COVONI A FROSINONE


Domenica, 16 settembre 2001




1. "Dacci, Padre, la gioia del perdono" (cfr Salmo resp.).

La gioia del perdono: ecco la "buona notizia" che oggi la liturgia fa risuonare con vigore fra noi. Il perdono è gioia di Dio, prima ancora che gioia dell'uomo. Dio gioisce nell'accogliere il peccatore pentito; anzi, Egli stesso, che è Padre di infinita misericordia, "dives in misericordia", suscita nel cuore umano la speranza del perdono e la gioia della riconciliazione.

Con questo annuncio di consolazione e di pace vengo a voi, carissimi Fratelli e Sorelle della cara Chiesa di Frosinone-Veroli-Ferentino, per ricambiare la visita che, il 2 dicembre scorso, mi avete reso in Piazza San Pietro, in occasione del vostro pellegrinaggio giubilare. Ringrazio la Provvidenza divina che mi ha condotto tra voi.

Sono grato al vostro Vescovo, il caro Monsignor Salvatore Boccaccio, per i fervidi sentimenti manifestati a nome di tutti. Conceda il Signore frutti abbondanti al suo zelo pastorale! Sono lieto di salutare, con lui, il Vescovo emerito, Monsignor Angelo Cella, come pure i Sacerdoti concelebranti, mentre assicuro una preghiera speciale per quelli più anziani o malati, che si uniscono a noi spiritualmente. Saluto i Rappresentanti del Governo Italiano e le Autorità Regionali, Provinciali e Comunali, con speciale gratitudine per il Sindaco e l'Amministrazione di Frosinone. A ciascuno di voi, Fratelli e Sorelle qui convenuti, giunga il mio cordiale saluto e il mio grazie sincero per la calorosa accoglienza.

2. "Dio è più grande del nostro cuore". Così abbiamo cantato nell'acclamazione al Vangelo. Se, nella prima Lettura, Mosè dà prova di conoscere il cuore di Dio, invocandone il perdono per il popolo infedele (cfr Ex 32,11-13), è però l'odierna pagina evangelica a introdurci appieno nel mistero della misericordia di Dio: Gesù svela a noi tutti il volto di Dio, facendoci penetrare nel suo cuore di Padre, pronto a gioire per il ritorno del figlio perduto.

Testimone privilegiato della divina misericordia è anche l'apostolo Paolo che, come è stato proclamato nella seconda Lettura, scrivendo al fidato collaboratore Timoteo, porta la propria conversione quale prova del fatto che Cristo è venuto nel mondo per salvare i peccatori (cfr 1Tm 1,15-16).

Questa è la verità che la Chiesa non si stanca di proclamare: Dio ci ama di un amore infinito. Egli ha dato all'umanità il proprio Figlio unigenito, morto sulla Croce per la remissione dei nostri peccati. Credere in Gesù significa allora riconoscere in Lui il Salvatore, a cui possiamo dire dal profondo del cuore: "Tu sei la mia speranza" e, insieme con tutti i fratelli, "Tu sei la nostra speranza".

3. "Gesù nostra speranza!". Carissimi, so che questa espressione vi è ormai familiare. E', infatti, il tema del progetto pastorale che la vostra Diocesi si è dato per i prossimi anni. Come vorrei che la mia visita contribuisse a imprimere ancor più questa certezza nei vostri cuori! L'impegno, le iniziative, il lavoro di ciascuno e di ogni comunità devono diventare testimonianza evangelica, radicata nell'esperienza gioiosa dell'amore e del perdono di Dio.

Il perdono di Dio! Quest'annuncio di gioia, di cui il mondo oggi ha particolarmente bisogno, sia in modo speciale al centro della vostra vita, cari sacerdoti, chiamati ad essere ministri della divina misericordia, che in modo sommo si manifesta nel perdono dei peccati. Ho voluto dedicare la Lettera ai sacerdoti dello scorso Giovedì Santo proprio al sacramento della Riconciliazione. E per questo oggi idealmente vi riconsegno, cari fratelli nel Sacerdozio, questo messaggio, invocando per ciascuno di voi e per l'intero presbiterio quella sovrabbondanza di grazia di cui ci ha parlato l'apostolo Paolo (cfr 1Tm 1,14).

E voi, religiosi e religiose, irradiate col vostro esempio la gioia di chi ha sperimentato il mistero dell'amore di Dio, ben espresso dal canto al Vangelo: "Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi" (cfr 1Jn 4,16).

4. È urgente, in questo nostro tempo, proclamare Cristo, Redentore dell'uomo, perché il suo amore sia conosciuto da tutti e si espanda in ogni direzione. Di questo annuncio il Grande Giubileo dell'Anno 2000 è stato provvidenziale veicolo. Ma occorre continuare a percorrere questa strada. Ecco perché alla chiusura dell'Anno Santo ho rilanciato alla Chiesa e al mondo l'invito di Cristo a Pietro: "Duc in altum - Prendi il largo" (Lc 5,4).

Quest'invito rinnovo a te, cara Diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino, perché ti sia guida in un coraggioso rinnovamento spirituale, tradotto in concreta progettazione pastorale. Costruisci il tuo presente e il tuo futuro tenendo fisso lo sguardo su Gesù. Egli è tutto: tutto per la Chiesa, tutto per la salvezza dell'uomo. La Chiesa universale si è posta, con il Giubileo, alla ricerca del volto di Cristo. Ora essa deve avvertire sempre più l'esigenza, la passione di contemplare la luce che da quel Volto promana per rifletterla nel suo cammino di ogni giorno: Gesù-Figlio di Dio; Gesù-Eucaristia; Gesù-carità. Gesù nostra speranza! Gesù tutto per noi.

Si moltiplichino nelle comunità parrocchiali i momenti forti di studio e di riflessione sulla Parola di Dio. Meditare, approfondire e amare la Sacra Scrittura vuol dire mettersi in umile e attento ascolto del Signore, perché la comunità cresca attorno alla tavola di questa Parola: essa illumina gli orientamenti e le scelte, fa emergere i traguardi da raggiungere, ma anzitutto fa ardere negli animi la fede, alimenta la speranza, da vigore al desiderio di annunciare a tutti la Buona Notizia. E' questa la nuova evangelizzazione, per la quale la vostra Comunità diocesana ha istituito un apposito "Centro pastorale".

5. Carissimi Fratelli e Sorelle! Il cuore e la guida del vostro itinerario spirituale e apostolico sia l'Eucaristia. La vita sacramentale è, infatti, fonte di grazia e di salvezza per la Chiesa. Tutto parte da Cristo-Eucaristia, e tutto torna a Cristo vivo, cuore del mondo, cuore della comunità diocesana e parrocchiale. Se riuscirete, come vi auguro, a porre Cristo al centro della vostra vita, scoprirete che Egli non chiede solo di essere accolto da ciascuno personalmente, ma di essere offerto, dato, dispensato, comunicato agli altri. Vi farete così, in suo nome, "buoni Samaritani" accanto ai bisognosi, ai poveri, agli ultimi e ai tanti immigrati venuti in questa regione da Paesi lontani. Sperimenterete che l'intera attività pastorale dei Centri diocesani "per il Culto e la Santificazione" e "per la Ministerialità e la Testimonianza della Carità" scaturisce dalla fonte sovrabbondante di santità che è il mistero eucaristico e tutti chiama a tendere alla santità.

Sulla scia dei Santi e delle Sante di questa terra di Ciociaria, anche voi ponete come vostro obiettivo fondamentale quello di diventare santi, come Santo è il Padre celeste, come Santo è il Figlio Gesù Cristo e come Santo è lo Spirito che abita nei nostri cuori. E santi si diventa con la preghiera, con la partecipazione all'Eucaristia, con le opere di carità, con la testimonianza di una vita umile e generosa nel bene.

6. Una speciale parola voglio rivolgere ai genitori. Care mamme, cari papà, con la vostra dedizione mostrate ai vostri figli che Dio è buono e grande nell'amore. Indicate con una vita onesta e laboriosa che la santità è la via «normale» dei cristiani.

Domenica 21 ottobre avrò la gioia di elevare agli onori degli altari una coppia di sposi romani: i coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi. Tale beatificazione sarà celebrata nell'ambito dell'Incontro Nazionale delle Famiglie organizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana, che avrà luogo a Roma, in Piazza San Pietro, sabato pomeriggio 20 ottobre e domenica 21. A questi due appuntamenti di grande significato, ai quali prenderò parte personalmente, invito i Vescovi, i sacerdoti e tutte le famiglie italiane ed in special modo quelle della Regione Lazio, nella quale hanno vissuto i due nuovi Beati. Sarà un'occasione per riflettere sulla vocazione alla santità delle famiglie cristiane e al contempo per prendere maggiore coscienza del ruolo sociale della famiglia e per chiedere alle istituzioni di difenderla e promuoverla con leggi e norme adeguate.

Diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino, sii una famiglia di santi! In questa amata terra di Ciociaria, patria di illustri personaggi e generosi servitori del Vangelo, sii "sale della terra" e "luce del mondo" (Mt 5,13-14).

Maria, Madre della Chiesa, ti accompagni con la sua intercessione, perché, come intensamente hai pregato preparando questa mia visita pastorale, così possa continuare ad essere una comunità viva, salda nella fede, unita nella speranza e perseverante nella carità.

Amen!


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VISITA PASTORALE IN KAZAKHSTAN

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


Astana - Piazza della Madre Patria

Domenica, 23 settembre 2001

1. "Uno solo è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti" (1Tm 2,5).

In questa espressione dell'apostolo Paolo, tratta dalla prima Lettera a Timoteo, è contenuta la verità centrale della fede cristiana. Sono lieto di poterla annunciare quest'oggi a voi, carissimi Fratelli e Sorelle del Kazakhstan. Sono tra voi, infatti, come apostolo e testimone di Cristo; sono tra voi come amico di ogni uomo di buona volontà. A tutti e a ciascuno vengo ad offrire la pace e l'amore di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.

Conosco la vostra storia. Conosco le sofferenze a cui molti di voi sono stati sottoposti, quando il precedente regime totalitario li ha strappati dalla loro terra d'origine e li ha qui deportati in condizioni di grave disagio e privazione. Sono lieto di poter essere oggi qui tra voi per dirvi che il cuore del Papa vi è vicino.

Abbraccio con affetto ciascuno di voi, cari Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio. In particolare, saluto il Vescovo Tomasz Peta, Amministratore Apostolico di Astanà, e lo ringrazio per i sentimenti espressi a nome di tutti. Saluto poi i rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, come pure i rappresentanti delle varie Religioni presenti in questa vasta regione eurasiatica. Saluto il Signor Presidente della Repubblica, le Autorità civili e militari e tutti coloro che hanno voluto unirsi a questa celebrazione.

2. "Uno solo è Dio". L'Apostolo afferma anzitutto l'assoluta unicità di Dio. Questa verità i cristiani l'hanno ereditata dai figli di Israele e la condividono con i fedeli musulmani: è la fede nell'unico Dio, "Signore del cielo e della terra" (Lc 10,21), onnipotente e misericordioso.

Nel nome di quest'unico Dio, mi rivolgo al popolo di antiche e profonde tradizioni religiose, che vive nel Kazakhstan. Mi rivolgo anche a quanti non aderiscono ad una fede religiosa e a coloro che sono alla ricerca della verità. Vorrei ripetere ad essi le celebri parole di san Paolo, che ho avuto la gioia di riascoltare nello scorso mese di maggio all'Areopago di Atene: "Dio non è lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (Ac 17,27-28). Torna alla mente quanto scrisse il vostro grande poeta Abai Kunanbai: "Si può forse dubitare della sua esistenza / se ogni cosa sulla terra ne è testimonianza?" (Poesia 14).

3. "Uno solo è il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù". Dopo aver additato il mistero di Dio, l'Apostolo porta lo sguardo su Cristo, unico mediatore di salvezza. Una mediazione - sottolinea Paolo in un'altra sua lettera - che si è attuata nella povertà: "Da ricco che era, si fece povero, per arricchire noi con la sua povertà" ( Acclamaz. al Vangelo).

Gesù "non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio" (Ph 2,6); non volle presentarsi alla nostra umanità, che è fragile e indigente, con la sua schiacciante superiorità. Se lo avesse fatto, non avrebbe obbedito alla logica di Dio, ma a quella dei prepotenti di questo mondo, denunciata senza mezzi termini dai profeti d'Israele, come Amos, dal cui Libro è tratta oggi la prima Lettura (cfr Am 8,4-6).

La vita di Gesù è stata coerente col disegno salvifico del Padre, "il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4). Egli ha testimoniato fedelmente questa volontà, dando "se stesso in riscatto per tutti" (1Tm 2,6). Spendendo per amore tutto se stesso, ci ha procurato l'amicizia con Dio, perduta a causa del peccato. Questa "logica dell'amore" Egli suggerisce anche a noi, chiedendoci di applicarla soprattutto attraverso la generosità verso i bisognosi. E' una logica che può accomunare cristiani e musulmani, impegnandoli a costruire insieme la "civiltà dell'amore". E' una logica che supera ogni scaltrezza di questo mondo e ci permette di procurarci amici veri, che ci accolgono "nelle dimore eterne" (cfr Lc 16,9), nella "patria" del Cielo.

4. Carissimi, la patria dell'umanità è il Regno di Dio! E' assai eloquente per noi meditare su questa verità proprio qui, nella Piazza intitolata alla Madre Patria, dinanzi a questo monumento che simbolicamente la rappresenta. Come insegna il Concilio Ecumenico Vaticano II, vi è un rapporto tra la storia umana e il Regno di Dio, tra le realizzazioni parziali della civile convivenza e la meta ultima a cui, per libera iniziativa di Dio, l'umanità è chiamata (cfr Gaudium et spes GS 33-39).

Il decimo anniversario dell'indipendenza del Kazakhstan, che quest'anno voi celebrate, ci porta a riflettere in questa prospettiva. Che rapporto vi è tra questa patria terrena, con i suoi valori e i suoi traguardi, e la patria celeste, in cui, superando ogni ingiustizia e conflitto, è chiamata ad entrare l'intera famiglia umana? La risposta del Concilio è illuminante: "Benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del Regno di Cristo, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, tale progresso è di grande importanza per il Regno di Dio" (ivi, 39).

5. I cristiani sono al tempo stesso abitanti del mondo e cittadini del Regno dei cieli. Si impegnano senza riserve nella costruzione della società terrena, ma restano orientati verso i beni eterni, quasi rifacendosi a un modello superiore, trascendente, per attuarlo sempre più e sempre meglio nell'esistenza di ogni giorno.

Il cristianesimo non è alienazione dall'impegno terreno. Se talora, in alcune situazioni contingenti, dà questa impressione, ciò è dovuto all'incoerenza di tanti cristiani. In realtà, il cristianesimo autenticamente vissuto è come lievito per la società: la fa crescere e maturare sul piano umano e la apre alla dimensione trascendente del Regno di Cristo, realizzazione compiuta dell'umanità nuova.

Questo dinamismo spirituale trae forza dalla preghiera, come ha ricordato poc'anzi la seconda Lettura. Ed è quanto, in questa celebrazione, noi vogliamo fare pregando per il Kazakhstan e per i suoi abitanti, affinché questo grande Paese, nella varietà delle sue componenti etniche, culturali e religiose, progredisca nella giustizia, nella solidarietà e nella pace. Progredisca grazie alla collaborazione, in particolare, di cristiani e musulmani, impegnati ogni giorno, fianco a fianco, nell'umile ricerca della volontà di Dio.

6. La preghiera dev'essere sempre accompagnata da opere coerenti. La Chiesa, fedele all'esempio di Cristo, non separa mai l'evangelizzazione dalla promozione umana, ed esorta i suoi fedeli ad essere in ogni ambiente promotori di rinnovamento e di progresso sociale.

Carissimi Fratelli e Sorelle, possa la "Madre Patria" del Kazakhstan trovare in voi dei figli devoti e solleciti, fedeli al patrimonio spirituale e culturale ereditato dai padri e capaci di adattarlo alle nuove esigenze.

Distinguetevi, secondo il modello evangelico, per la vostra umiltà e coerenza, facendo fruttificare i vostri talenti al servizio del bene comune e privilegiando le persone più deboli e svantaggiate. Il rispetto dei diritti di ciascuno, anche se di convinzioni personali diverse, è il presupposto di ogni convivenza autenticamente umana.

Vivete un profondo e fattivo spirito di comunione tra di voi e con tutti, ispirandovi a quanto gli Atti degli Apostoli attestano della prima comunità dei credenti (Ac 2,44-45 Ac 4,32). La carità, che alimentate alla Mensa eucaristica, testimoniatela nell'amore fraterno e nel servizio ai poveri, ai malati, agli esclusi. Siate artefici di incontro, di riconciliazione e di pace tra persone e gruppi differenti, coltivando l'autentico dialogo, perché emerga sempre la verità.

7. Amate la famiglia! Difendete e promuovete questa cellula fondamentale dell'organismo sociale; abbiate cura di questo primordiale santuario della vita. Accompagnate con cura il cammino dei fidanzati e dei giovani sposi, perché siano davanti ai figli e all'intera comunità segno eloquente dell'amore di Dio .

Carissimi, con gioia ed emozione desidero rivolgere a voi qui presenti e a tutti i credenti che sono a noi uniti l'esortazione che a più riprese vado ribadendo in questo inizio di millennio: Duc in altum!

Ti abbraccio con affetto, Popolo del Kazakhstan, e ti auguro di portare a compimento ogni progetto d'amore e di salvezza. Dio non ti abbandonerà. Amen!



GPII Omelie 1996-2005 304