GPII Omelie 1996-2005 313

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CAPPELLA PAPALE PER LA BEATIFICAZIONE DI 7 SERVI DI DIO

OMELIA DEL SANTO PADRE


Domenica, 7 ottobre 2001




1. "Il giusto vivrà per la sua fede" (Ab 2,4): con queste parole piene di fiducia e di speranza il profeta Abacuc si rivolge al popolo d'Israele in un momento particolarmente travagliato della sua storia. Rilette dall'apostolo Paolo alla luce del mistero di Cristo, queste stesse parole sono utilizzate per esprimere un principio universale: è con la fede che l'uomo si apre alla salvezza che gli viene da Dio.

Oggi abbiamo la gioia di contemplare questo grande mistero di salvezza attualizzato nei nuovi Beati. Sono essi i giusti che per la loro fede vivono accanto a Dio in eterno: Ignazio Maloyan, Vescovo e martire; Nikolaus Gross, padre di famiglia e martire; Alfonso Maria Fusco, presbitero; Tommaso Maria Fusco, presbitero; Émilie Tavernier Gamelin, religiosa; Eugenia Picco, vergine; Maria Euthymia Üffing, vergine.

Questi nostri illustri fratelli, ora elevati alla gloria degli altari, hanno saputo tradurre la loro indomita fede in Cristo in una straordinaria esperienza di amore verso Dio e di servizio verso il prossimo.

2. Monsignor Ignace Maloyan, morto martire all'età di 46 anni, ci ricorda la battaglia spirituale di ogni cristiano, la cui fede è esposta agli attacchi del male. È nell'Eucaristia che attingeva, giorno dopo giorno, la forza necessaria per compiere con generosità e passione il suo ministero di sacerdote, dedicando alla predicazione, alla pastorale dei sacramenti e al servizio dei più poveri.

Nel corso della sua esistenza visse pienamente le parole di san Paolo: "Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza" (2Tm 7). Di fronte ai pericoli della persecuzione, il Beato Ignace non accettò alcun compromesso, dichiarando a quanti facevano pressione su di lui: "A Dio non piace che io rinneghi Gesù mio Salvatore. Versare il mio sangue a favore della mia fede è il più vivo desiderio del mio cuore!". Che il suo esempio illumini oggi tutti coloro che vogliono essere testimoni del Vangelo, per la gloria di Dio e per la salvezza dei fratelli!

3. Nella sua vita di madre di famiglia e di religiosa fondatrice delle Suore della Provvidenza, Émilie Tavernier Gamelin è stata il modello di un coraggioso abbandono alla Provvidenza. La sua attenzione per le persone e le situazioni la portò a inventare forme nuove di carità. Aveva un cuore aperto a ogni sofferenza, servendo soprattutto i poveri e i piccoli, che desiderava trattare come re.

Ritenendo di aver ricevuto tutto dal Signore, donava senza limiti. Tale era il segreto della sua gioia profonda, persino nelle avversità. In uno spirito di totale fiducia in Dio e con un senso acuto dell'obbedienza, come il "servo" del Vangelo, compì il suo dovere come un comandamento divino, volendo fare in tutto la volontà del Signore. Che la nuova Beata sia un modello di contemplazione e di azione per le Suore del suo Istituto e per le persone che lavorano con loro!

4. Entrambi i nuovi beati tedeschi ci riportano a un momento buio del XX secolo. Rivolgiamo lo sguardo al beato Nikolaus Gross, giornalista e padre di famiglia. Con acume comprese che l'ideologia nazionalsocialista non poteva accordarsi con la fede cristiana. Coraggiosamente prese la penna per difendere la dignità delle persone. Nikolaus Gross amò molto amato sua moglie e i suoi figli. Tuttavia, nemmeno per un momento il vincolo che lo univa alla famiglia fece sì che abbandonasse Cristo e la sua Chiesa. Egli sapeva bene che "Se oggi non impegniamo la nostra vita, come pretenderemo poi di stare al cospetto di Dio e del nostro popolo?".

Per questa sua convinzione fu condotto al patibolo, ma gli si spalancarono le porte del cielo. Nel beato martire Nikolaus Gross si realizza ciò che aveva predetto il profeta: "Il giusto vivrà per la sua fede" (Ab 2,4).

5. Suor Euthymia ha recato una testimonianza di tutt'altro tipo. La suora clementina si è dedicata alla cura dei malati, in particolare dei prigionieri di guerra e degli immigrati. Fu detta anche "mamma Euthymia". Dopo la guerra dovette occuparsi di una lavanderia invece che della cura dei malati. Avrebbe certo preferito servire le persone piuttosto che le macchine. Ciononostante rimase una suora piena di empatia che aveva per tutti un sorriso amichevole e una buona parola. Esprimeva così il suo desiderio: "Il Signore deve usarmi come un raggio di sole che illumina tutti i giorni". Visse secondo il motto: qualunque cosa facciamo, siamo sempre solo "servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare" (Lc 17,10). La sua grandezza sta nella fede nelle piccole cose.

6. "Se aveste fede quanto un granellino di senapa...", esclama Gesù conversando con i discepoli (Lc 17,6).

Fu una fede genuina e tenace a guidare la vita e l'opera del beato don Alfonso Maria Fusco, fondatore delle Suore di San Giovanni Battista. Da quando era ragazzo, il Signore gli aveva posto nel cuore il desiderio appassionato di dedicare la vita al servizio dei più poveri, specialmente dei bambini e dei giovani, che incontrava numerosi nella sua città natale di Angri, in Campania. Per questo intraprese il cammino del Sacerdozio e divenne, in un certo senso, "il Don Bosco del Sud".

Fin dall'inizio volle coinvolgere nella sua opera alcune giovani che ne condividevano l'ideale, proponendo loro come motto le parole di san Giovanni Battista: "Parate viam Domini", "Preparate la via del Signore" (Lc 3,4). Confidando nella divina Provvidenza, il beato Alfonso Maria e le Suore Battistine hanno realizzato un'opera ben superiore alle loro stesse aspettative. Da una semplice casa di accoglienza è sorto un Istituto che oggi è presente in sedici Paesi e quattro continenti, accanto ai "piccoli" e agli "ultimi".

7. La singolare vitalità della fede, attestata dal Vangelo odierno, emerge anche nella vita e nell'attività di don Tommaso Maria Fusco, fondatore dell'Istituto delle Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue. In virtù della fede egli seppe vivere, nel mondo, la realtà del Regno di Dio in modo del tutto speciale. Tra le sue giaculatorie, una ve n'era a lui particolarmente cara: "Credo in te, mio Dio; aumenta la mia fede". E' proprio questa la domanda che gli Apostoli rivolgono a Gesù nel Vangelo di oggi (cfr Lc 17,6). Il beato Tommaso Maria aveva infatti capito che la fede è prima di tutto un dono, una grazia. Nessuno può conquistarla o guadagnarla da solo. Si può soltanto chiederla, implorarla dall'Alto. Perciò, illuminati dal prezioso insegnamento del nuovo Beato, non stanchiamoci mai di invocare il dono della fede, perché "il giusto vivrà per la sua fede" (Ab 1,4).

8. La sintesi vitale tra contemplazione e azione, assimilata a partire dalla quotidiana partecipazione all'Eucaristia, fu il fondamento dell'esperienza spirituale e dello slancio di carità di Eugenia Picco.

Nella sua vita si sforzò sempre di porsi in ascolto della voce del Signore, secondo l'invito dell'odierna liturgia domenicale (cfr Rit. al Sal. Resp.), mai sottraendosi ai servizi che l'amore verso il prossimo le richiedeva. A Parma ella si fece carico delle povertà della gente, rispondendo ai bisogni dei giovani e delle famiglie indigenti ed assistendo le vittime della guerra che in quel periodo insanguinava l'Europa. Anche di fronte alla sofferenza, con gli inevitabili momenti di difficoltà e di smarrimento che questa comporta, la beata Eugenia Picco seppe trasformare l'esperienza del dolore in occasione di purificazione e di crescita interiore. Dalla nuova Beata impariamo l'arte di ascoltare la voce del Signore, per essere testimoni credibili del Vangelo della carità in questo primo scorcio di millennio.

9. "Mirabilis Deus in sanctis suis!". Con le Comunità nelle quali i nuovi Beati hanno vissuto e per le quali hanno speso le loro migliori energie umane e spirituali, vogliamo ringraziare Dio, "mirabile nei suoi santi". Al tempo stesso, Gli chiediamo, per loro intercessione, di aiutarci a rispondere con rinnovato ardore all'universale vocazione alla santità.

Amen!


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SANTA MESSA PER L’INAUGURAZIONE DELL’ANNO ACCADEMICO

DELLE UNIVERSITÀ ECCLESIASTICHE ROMANE

Venerdì, 19 ottobre 2001


OMELIA DEL SANTO PADRE


GIOVANNI PAOLO II




1. "Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia" (Rm 4,3). Le parole rivolte da san Paolo alla comunità cristiana di Roma, riproposte nella liturgia di questa sera, ci aiutano a vivere più intensamente l'odierno tradizionale incontro, che vede raccolta attorno alla Mensa eucaristica la comunità delle Università ecclesiastiche dell'Urbe, all'inizio del nuovo anno accademico.

Nella sua Lettera ai Romani, dopo aver tracciato il quadro oscuro e desolato di un'umanità finita sotto il potere del peccato e incapace di salvarsi da sola, l'apostolo Paolo proclama il Vangelo della giustificazione, offerta da Dio a tutti gli uomini in Cristo. Per meglio esprimere il fondamentale contenuto di questo annuncio, egli propone l'esempio della fede di Abramo, padre di tutti i credenti. Siamo così condotti al cuore del messaggio cristiano, che proclama la realizzazione della salvezza nell'incontro tra l'iniziativa gratuita di Dio e la necessaria risposta dell'uomo, il quale accoglie il dono di Dio mediante la fede.

L'approfondita e articolata riflessione paolina sul mistero cristiano costituisce un invito per tutti i discepoli del Signore ad una sempre più adeguata comprensione dei contenuti della fede. Questo invito vale in particolare per i teologi, la cui missione nella Chiesa, svolta in comunione con i legittimi Pastori del Popolo di Dio, è appunto quella di contribuire col loro lavoro all'approfondimento del contenuto della Rivelazione e di esprimerlo in un linguaggio comprensibile agli uomini del proprio tempo. Esso si rivolge altresì ai docenti delle diverse discipline ecclesiastiche, chiamati a sostenere la comunicazione della fede e a promuovere la ricerca della verità.

2. Con le parole dell'Apostolo, che invitano ad imitare l'esempio di fede di Abramo, sono lieto di rivolgere il mio cordiale benvenuto a tutti voi, che partecipate a questa solenne Celebrazione. Saluto innanzitutto il Signor Cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, che presiede la Liturgia eucaristica. Rivolgo poi un riconoscente pensiero ai Rettori delle Università ecclesiastiche, ai Membri del Corpo Accademico e ai Rettori dei Seminari e dei Collegi, come pure a quanti in varie forme offrono la loro attiva collaborazione alla formazione spirituale, culturale ed umana degli studenti, e sono qui presenti stasera. Abbraccio infine tutti voi, carissimi giovani, che avete il privilegio di approfondire presso la Sede di Pietro la vostra formazione culturale e spirituale. Una parola speciale di affetto e di incoraggiamento desidero rivolgerla a quanti iniziano quest'anno il loro cammino nella comunità universitaria romana. Siate consapevoli che l'impegno e la fatica di questo tempo dedicato allo studio, con la luce e il sostegno della grazia di Dio generosamente accolta ed assecondata, porterà abbondanti frutti di bene, non soltanto per voi ma anche per quanti incontrerete negli impegni e nelle responsabilità a cui sarete chiamati.

A tutti voi - studenti, docenti, formatori e responsabili accademici - desidero esprimere la mia profonda stima e il mio apprezzamento per l'impegno profuso in ambito accademico e didattico. Auspico di cuore che l'anno, oggi solennemente inaugurato, contribuisca a produrre in tutti frutti abbondanti di sapienza e di grazia.

3. Il Concilio Vaticano II ha sottolineato con forza che la Chiesa è "mistero di comunione", derivante dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (cfr Lumen gentium LG 4 Unitatis redintegratio UR 2). Questa comunione va intesa come coesione armonica di diversi ministeri, carismi e doni, animati dallo stesso Spirito, a servizio della stessa missione e orientati allo stesso fine. In questa visione organica dell'unità della Chiesa, il sapere teologico, coerentemente con i propri presupposti, va pienamente inserito nel contesto vitale della comunione ecclesiale.La riflessione teologica, infatti, risponde essenzialmente al dinamismo stesso della fede e, di conseguenza, è parte integrante dell'evangelizzazione. Il teologo è chiamato ad offrire il proprio contributo di ricerca e di approfondimento della verità rivelata, affinché il Vangelo della salvezza venga più adeguatamente compreso e più facilmente comunicato a tutti gli uomini.

Pertanto il teologo, nella ricerca come nell'insegnamento, deve essere sempre consapevole dell'intrinseca vocazione ecclesiale della sua attività.Analogamente, i docenti delle altre discipline ecclesiastiche saranno sostenuti da una forte passione per la verità e da una coerente volontà di servizio alla missione evangelizzatrice della Chiesa.

4. Vi invito perciò, carissimi docenti e studenti delle Università ecclesiastiche romane, a prendere sempre più chiara coscienza dell'importanza e della delicatezza del vostro compito. Soprattutto abbiate la consapevolezza di svolgere il vostro lavoro con la Chiesa, nella Chiesa e per la Chiesa. Ciò esige un confronto continuo col sensus fidei del Popolo di Dio e una profonda sintonia con il Magistero della Chiesa, che ha precisamente il compito di essere il garante della genuinità e della coerenza degli insegnamenti trasmessi con il deposito della fede affidato da Cristo agli Apostoli ed ai loro successori.

In particolare, esorto voi studenti ad approfittare delle opportunità che vi sono offerte dalla Città e dalla Diocesi di Roma. Qui, infatti, oltre all'ampia possibilità di scelta fra gli indirizzi di insegnamento universitario, si incontrano i testimoni di una straordinaria varietà di culture e di tradizioni. Tutto ciò deve favorire un confronto sereno e costruttivo, che incoraggi ciascuno nell'impegno della ricerca della verità a cui tutti devono tendere.

5. Auspico di cuore che l'esperienza di studio a Roma aiuti tutti ad approfondire il senso di appartenenza alla Chiesa e l'esperienza della sua "cattolicità". Attraverso il mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo, Dio raduna da tutte le nazioni della terra un Popolo nuovo, affinché proclami nel mondo le sue meraviglie e annunci ad ogni uomo la gioia della salvezza. Infatti la beatitudine che ci è stata riproposta nel Salmo responsoriale - "Beato l'uomo a cui doni la salvezza" - è destinata al mondo intero.

E' un lieto annuncio che attende di essere proclamato "in piena luce" e di risuonare "sui tetti" (cfr Lc 12,3), come Gesù ci ha ricordato nel Vangelo, affinché ogni uomo ed ogni donna possa conoscerlo ed accoglierlo nella propria vita.

Lo studio della teologia e delle discipline ecclesiastiche è orientato all'evangelizzazione. Sappiate perciò apprendere un metodo rigoroso, affrontando con coraggio e generosità la fatica della ricerca, per sperimentare poi in prima persona l'incontro fecondo tra fede e ragione. Mediante queste "due ali" potrete avvicinarvi sempre più alla contemplazione della verità (cfr Fides et ratio, Introduzione) e farvi lieti compagni di viaggio per gli uomini del nostro tempo, spesso confusi e smarriti sulle strade del mondo.

6. "Non temete, voi valete più di molti passeri" (Lc 12,7). Le parole di Gesù, che concludono l'odierno brano evangelico, contengono un messaggio di incoraggiamento e di conforto innanzitutto per i discepoli, che le ascoltarono direttamente dalla bocca del Maestro preparandosi ad affrontare una missione di testimonianza del Vangelo difficile e rischiosa. Possano esse sostenere anche tutti voi, carissimi giovani, nel momento in cui iniziate un nuovo tempo di preparazione alla missione che il Signore vi affiderà.

La materna protezione della Vergine Maria, Sede della Sapienza, accompagni tutti, docenti e discepoli, in questo anno accademico ed insegni a ciascuno a serbare e meditare in un cuore puro e disponibile l'annuncio del Vangelo (cfr Lc 2,19 Lc 2,51).

Maria, Vergine dell'accoglienza e dell'ascolto, Madre della Parola fatta carne, guidi e protegga sempre il vostro cammino verso la piena e perfetta comprensione della verità. Amen!



Permettetemi di ricordare i tempi in cui ero Vescovo di Cracovia. Oggi e domani è il giorno commemorativo di san Giovanni Cantius, che nel Medioevo era professore nell’Università di Cracovia. Questo giorno, il 20 ottobre, è il giorno dell’inaugurazione dell’anno accademico delle scuole di quella città, soprattutto della famosa Università Jagellonica. Ricordando questo giorno dell’inaugurazione a Cracovia e partendo dall’inaugurazione che oggi celebriamo a Roma, voglio augurare a tutti i centri accademici della Chiesa situati in ogni parte del mondo la benedizione del Signore per il nuovo anno accademico.

Sia lodato Gesù Cristo!


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CAPPELLA PAPALE PER LA BEATIFICAZIONE DEI SERVI DI DIO

LUIGI BELTRAME QUATTROCCHI E MARIA CORSINI, SPOSI

OMELIA DEL SANTO PADRE

Domenica, 21 ottobre 2001

Giornata Missionaria Mondiale




1. "Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?" (Lc 18,8).

L'interrogativo, col quale Gesù conclude la parabola sulla necessità di pregare "sempre, senza stancarsi" (Lc 18,1), scuote il nostro animo. E' una domanda a cui non fa seguito una risposta: essa, infatti, intende interpellare ogni persona, ogni comunità ecclesiale, ogni generazione umana. La risposta deve darla ciascuno di noi. Cristo vuole ricordarci che l'esistenza dell'uomo è orientata all'incontro con Dio; ma proprio in questa prospettiva egli si domanda se al suo ritorno troverà anime pronte ad attenderlo, per entrare con lui nella casa del Padre. Per questo a tutti dice: "Vegliate, perché non sapete né il giorno né l'ora" (Mt 25,13).

Cari Fratelli e Sorelle! Carissime famiglie! Oggi ci siamo dati appuntamento per la beatificazione di due coniugi: Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi. Con questo solenne atto ecclesiale noi intendiamo porre in evidenza un esempio di risposta affermativa alla domanda di Cristo. La risposta è data da due sposi, vissuti a Roma nella prima metà del secolo ventesimo, un secolo in cui la fede in Cristo è stata messa a dura prova. Anche in quegli anni difficili i coniugi Luigi e Maria hanno tenuto accesa la lampada della fede - lumen Christi - e l'hanno trasmessa ai loro quattro figli, dei quali tre sono oggi presenti in questa Piazza. Carissimi, di voi così scriveva vostra madre: "Li allevammo nella fede, perché conoscessero Dio e lo amassero" (L'ordito e la trama, p. 9). Ma quella vivida fiamma i vostri genitori l'hanno trasmessa anche agli amici, ai conoscenti, ai colleghi... Ed ora, dal Cielo, la donano a tutta la Chiesa.

Insieme con i parenti e gli amici dei nuovi Beati, saluto le Autorità religiose intervenute a questa celebrazione, a cominciare dal Cardinale Camillo Ruini e dagli altri Signori Cardinali, Arcivescovi e Vescovi presenti. Saluto inoltre le Autorità civili, tra le quali spiccano il Presidente della Repubblica italiana e la Regina del Belgio.

2. Non poteva esserci occasione più felice e più significativa di quella odierna per celebrare i vent'anni dell'Esortazione Apostolica Familiaris consortio. Questo documento, che resta ancor oggi di grande attualità, oltre ad illustrare il valore del matrimonio e i compiti della famiglia, sollecita ad un particolare impegno nel cammino di santità a cui gli sposi sono chiamati in forza della grazia sacramentale, che "non si esaurisce nella celebrazione del sacramento del matrimonio, ma accompagna i coniugi lungo tutta la loro esistenza" (Familiaris consortio FC 56). La bellezza di questo cammino risplende nella testimonianza dei beati Luigi e Maria, espressione esemplare del popolo italiano, che tanto deve al matrimonio e alla famiglia fondata su di esso.

Questi coniugi hanno vissuto, nella luce del Vangelo e con grande intensità umana, l'amore coniugale e il servizio alla vita. Hanno assunto con piena responsabilità il compito di collaborare con Dio nella procreazione, dedicandosi generosamente ai figli per educarli, guidarli, orientarli alla scoperta del suo disegno d'amore. Da questo terreno spirituale così fertile sono scaturite vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, che dimostrano quanto il matrimonio e la verginità, a partire dal comune radicamento nell'amore sponsale del Signore, siano intimamente collegati e si illuminino reciprocamente.

Attingendo alla parola di Dio ed alla testimonianza dei Santi, i beati Sposi hanno vissuto una vita ordinaria in modo straordinario. Tra le gioie e le preoccupazioni di una famiglia normale, hanno saputo realizzare un'esistenza straordinariamente ricca di spiritualità. Al centro, l'Eucaristia quotidiana, a cui si aggiungevano la devozione filiale alla Vergine Maria, invocata con il Rosario recitato ogni sera, ed il riferimento a saggi consiglieri spirituali. Così hanno saputo accompagnare i figli nel discernimento vocazionale, allenandoli a valutare qualsiasi cosa "dal tetto in su", come spesso e con simpatia amavano dire.

3. La ricchezza di fede e d'amore dei coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi è una vivente dimostrazione di quanto il Concilio Vaticano Secondo ha affermato circa la chiamata di tutti i fedeli alla santità, specificando che i coniugi perseguono questo obiettivo "propriam viam sequentes", "seguendo la loro propria via" (Lumen gentium LG 41). Questa precisa indicazione del Concilio trova oggi una compiuta attuazione con la prima beatificazione di una coppia di sposi: per essi la fedeltà al Vangelo e l'eroicità delle virtù sono state riscontrate a partire dal loro vissuto come coniugi e come genitori.

Nella loro vita, come in quella di tante altre coppie di sposi che ogni giorno svolgono con impegno i loro compiti di genitori, si può contemplare lo svelarsi sacramentale dell'amore di Cristo per la Chiesa. Gli sposi, infatti, "compiendo in forza di tale sacramento il loro dovere coniugale e familiare, penetrati dallo Spirito di Cristo, per mezzo del quale tutta la loro vita è pervasa di fede, speranza e carità, tendono a raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua santificazione, e perciò partecipano alla glorificazione di Dio" (Gaudium et spes GS 49).

Care famiglie, oggi abbiamo una singolare conferma che il cammino di santità compiuto insieme, come coppia, è possibile, è bello, è straordinariamente fecondo ed è fondamentale per il bene della famiglia, della Chiesa e della società.

Questo sollecita ad invocare il Signore, perché siano sempre più numerose le coppie di sposi in grado di far trasparire, nella santità della loro vita, il "mistero grande" dell'amore coniugale, che trae origine dalla creazione e si compie nell'unione di Cristo con la Chiesa (cfr Ep 5,22-33).

4. Come ogni cammino di santificazione, anche il vostro, cari sposi, non è facile. Ogni giorno voi affrontate difficoltà e prove per essere fedeli alla vostra vocazione, per coltivare l'armonia coniugale e familiare, per assolvere alla missione di genitori e per partecipare alla vita sociale.

Sappiate cercare nella parola di Dio la risposta ai tanti interrogativi che la vita di ogni giorno vi pone. San Paolo nella seconda Lettura ci ha ricordato che "tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia" (2Tm 3,16). Sorretti dalla forza di questa parola, potrete insieme insistere con i figli "in ogni occasione opportuna e non opportuna", ammonendoli ed esortandoli "con ogni magnanimità e dottrina" (2Tm 4,2).

La vita coniugale e familiare può conoscere anche momenti di smarrimento.Sappiamo quante famiglie sono tentate in questi casi dallo scoraggiamento. Penso, in particolare, a coloro che vivono il dramma della separazione; penso a chi deve affrontare la malattia e a chi soffre la scomparsa prematura del coniuge o di un figlio. Anche in queste situazioni si può dare una grande testimonianza di fedeltà nell'amore, reso ancora più significativo dalla purificazione attraverso il passaggio nel crogiolo del dolore.

5. Affido tutte le famiglie provate alla provvida mano di Dio e all'amorevole cura di Maria, sublime modello di sposa e di madre, che ben conobbe il soffrire e la fatica del seguire Cristo fin sotto la croce. Carissimi sposi, non lasciatevi mai vincere dallo sconforto: la grazia del Sacramento vi sostiene e vi aiuta ad innalzare continuamente le braccia al cielo come Mosè, di cui ci ha parlato la prima Lettura (cfr Ex 17,11-12). La Chiesa vi è vicina e vi aiuta con la sua preghiera soprattutto nei momenti di difficoltà.

Nello stesso tempo, chiedo a tutte le famiglie di sostenere a loro volta le braccia della Chiesa, perché non venga mai meno alla sua missione di intercedere, consolare, guidare e incoraggiare. Vi ringrazio, care famiglie, per il sostegno che date anche a me nel mio servizio alla Chiesa e all'umanità. Ogni giorno io prego il Signore perché aiuti tante famiglie ferite dalla miseria e dall'ingiustizia e faccia crescere la civiltà dell'amore.

6. Carissimi, la Chiesa confida in voi, per affrontare le sfide che l'attendono in questo nuovo millennio. Tra le vie della sua missione, "la famiglia è la prima e la più importante" (Lettera alle Famiglie LF 2); su di essa la Chiesa conta, chiamandola ad essere "un vero soggetto di evangelizzazione e di apostolato" (ivi, 16).

Sono certo che sarete all'altezza del compito che vi attende, in ogni luogo e in ogni circostanza. Vi incoraggio, cari coniugi, ad assumere pienamente il vostro ruolo e le vostre responsabilità. Rinnovate in voi stessi lo slancio missionario, facendo delle vostre case luoghi privilegiati per l'annuncio e l'accoglienza del Vangelo, in un clima di preghiera e nell'esercizio concreto della solidarietà cristiana.

Lo Spirito Santo, che ha ricolmato il cuore di Maria perché, nella pienezza dei tempi, concepisse il Verbo della vita e lo accogliesse assieme al suo sposo Giuseppe, vi sostenga e vi rafforzi. Egli colmi i vostri cuori di gioia e di pace, così che sappiate rendere lode ogni giorno al Padre celeste, da cui discende ogni grazia e benedizione.

Amen!


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CAPPELLA PAPALE PER LA CONCLUSIONE

DELLA X ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA

DEL SINODO DEI VESCOVI

OMELIA DEL SANTO PADRE

27 ottobre 2001



1. "Annunceremo ai popoli la salvezza del Signore" (Sal. resp.).

Queste parole del Salmo responsoriale esprimono bene l'atteggiamento interiore che ci accomuna, venerati Fratelli, al termine della X Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Il prolungato e approfondito confronto sul tema dell'episcopato ha rinnovato in ciascuno di noi l'appassionata consapevolezza della missione affidataci dal Signore Gesù Cristo. Con fervore apostolico, a nome dell'intero Collegio episcopale che qui rappresentiamo, riuniti presso la tomba dell'apostolo Pietro, vogliamo ribadire la nostra corale adesione al mandato del Risorto: "Annunceremo ai popoli la salvezza del Signore".

È quasi una nuova partenza, sull'onda del Grande Giubileo del Duemila e all'inizio del terzo millennio cristiano. Al clima giubilare ci ha riportato la prima Lettura, l'oracolo messianico di Isaia risuonato tante volte durante l'Anno Santo. È un annuncio carico di speranza per tutti i poveri e gli afflitti. È l'inaugurazione dell'"anno di misericordia del Signore" (Is 61,2), che ha trovato nel Giubileo la sua espressione forte, ma che trascende ogni calendario per estendersi dovunque giunga la presenza salvifica di Cristo e del suo Spirito.

Riascoltando oggi questo annuncio, ci sentiamo confermati nella convinzione espressa al termine del Grande Giubileo: "la porta viva che è Cristo" rimane più spalancata che mai per le generazioni del nuovo millennio (cfr Novo millennio ineunte, NM 59). È Cristo, infatti, la speranza del mondo. Compito della Chiesa e, in modo particolare, degli Apostoli e dei loro successori, è diffondere il suo Vangelo sino ai confini della terra.

2. L'esortazione dell'apostolo Pietro agli "anziani", ascoltata nella seconda Lettura, come anche la pericope evangelica, ora proclamata, utilizzano la simbologia del pastore e del gregge, presentando il ministero di Cristo e degli Apostoli in chiave "pastorale". "Pascete il gregge di Dio che vi è affidato", scrive san Pietro, memore del mandato che lui stesso aveva ricevuto da Cristo: "Pasci i miei agnelli ... Pasci le mie pecorelle" (Jn 21,15 Jn 21,16 Jn 21,17). E, ancor più significativa, è l'autorivelazione del Figlio di Dio: "Io sono il buon pastore" (Jn 10,11), con la connotazione sacrificale: "Offro la vita per le pecore" (cfr Jn 10,15).

Per questo Pietro si definisce "testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi" (1P 5,1). Il Pastore è, nella Chiesa, anzitutto portatore di questa testimonianza pasquale ed escatologica, che trova il suo culmine nella celebrazione dell'Eucaristia, memoriale della morte del Signore e preannuncio del suo ritorno glorioso. La celebrazione dell'Eucaristia è, pertanto, l'azione pastorale per eccellenza: il "Fate questo in memoria di me" comporta, non solo la ripetizione rituale della Cena, ma anche, come conseguenza, la disponibilità ad offrire se stessi per il gregge, sull'esempio di quanto ha fatto Lui durante la sua vita e soprattutto nella sua morte.

3. L'immagine del Buon Pastore è stata evocata più volte in queste settimane negli interventi in Aula sinodale. In effetti, essa è l'"icona" che ha ispirato nei secoli molti santi Vescovi e che, meglio di ogni altra, dipinge i compiti e lo stile di vita dei successori degli Apostoli. In questa prospettiva, non si può non osservare come l'Assemblea sinodale, che oggi concludiamo, si riallacci idealmente a tutto il magistero che la Chiesa ci ha lasciato nel corso della sua storia. Basti pensare, ad esempio, al Concilio di Trento, dal quale ci separano circa quattro secoli e mezzo. Tra le ragioni per cui quel Concilio ha avuto un enorme influsso innovatore nel cammino del Popolo di Dio vi è stata sicuramente la riproposta della cura animarum quale primo e principale compito dei Vescovi, impegnati a risiedere stabilmente con il loro gregge e a formarsi validi collaboratori nel ministero pastorale mediante l'istituzione dei seminari.

Quattrocento anni dopo, il Concilio Vaticano II ha ripreso e sviluppato la lezione del Tridentino, aprendola agli orizzonti della nuova evangelizzazione. All'alba del terzo millennio la figura ideale del Vescovo su cui la Chiesa continua a contare è quella del Pastore che, configurato a Cristo nella santità della vita, si spende generosamente per la Chiesa affidatagli, portando contemporaneamente nel cuore la sollecitudine per tutte le Chiese sparse sulla terra (cfr 2Co 11,28).

4. Il Vescovo, buon Pastore, trova luce e forza per il suo ministero nella Parola di Dio, interpretata nella comunione della Chiesa e annunciata con fedeltà coraggiosa "opportune et importune" (2Tm 4,2). Maestro della fede, il Vescovo promuove tutto ciò che vi è di buono e di positivo nel gregge affidatogli, sostiene e guida quanti sono deboli nella fede (cfr Rm 14,1), interviene per smascherare le falsificazioni e combattere gli abusi.

È importante che il Vescovo abbia coscienza delle sfide che oggi la fede in Cristo incontra a causa di una mentalità basata su criteri umani che, a volte, relativizzano la legge e il disegno di Dio. Soprattutto, egli deve avere il coraggio di annunciare e difendere la sana dottrina, anche quando ciò comporti sofferenze. Il Vescovo, infatti, in comunione col Collegio apostolico e col Successore di Pietro, ha il dovere di proteggere i fedeli da ogni genere di insidia, mostrando in un ritorno sincero al Vangelo di Cristo la soluzione vera per i complessi problemi che gravano sull'umanità. Il servizio che i Vescovi sono chiamati a rendere al loro gregge sarà sorgente di speranza nella misura in cui rispecchierà un'ecclesiologia di comunione e di missione.Negli incontri sinodali di questi giorni, è stata più volte sottolineata la necessità di una spiritualità di comunione. Citando l'Instrumentum laboris, è stato ripetuto che "la forza della Chiesa è la comunione, la sua debolezza è la divisione e la contrapposizione" (n. 63).

Soltanto se sarà chiaramente percepibile una profonda e convinta unità dei Pastori fra loro e col Successore di Pietro, come pure dei Vescovi con i loro sacerdoti, potrà essere data una risposta credibile alle sfide che provengono dall'attuale contesto sociale e culturale. A tale riguardo, carissimi Fratelli Membri dell'Assemblea sinodale, desidero esprimervi il mio riconoscente apprezzamento per la testimonianza che in questi giorni avete dato di gioiosa comunione nella sollecitudine per l'umanità del nostro tempo.

5. Vorrei pregarvi di portare il mio saluto ai vostri fedeli e, in special modo, ai vostri sacerdoti, ai quali non mancherete di riservare speciale attenzione, stabilendo con ciascuno di loro un rapporto diretto, fiducioso e cordiale. So peraltro che già vi sforzate di farlo, convinti come siete che una diocesi funziona bene solo se il suo clero è gioiosamente unito, in fraterna carità, attorno al suo Vescovo.

Vi domando anche di salutare i Vescovi emeriti, portando loro l’espressione della mia riconoscenza per il lavoro svolto a servizio dei fedeli. Ho voluto una loro rappresentanza in questa Assemblea sinodale, per riflettere anche su questo argomento, che è nuovo nella Chiesa, in quanto nato da un voto del Concilio Vaticano II, per il bene delle Chiese particolari. Confido che ciascuna Conferenza episcopale studi come valorizzare i Vescovi emeriti che ancora sono in buona salute e ricchi di energie, affidando loro qualche servizio ecclesiale e, soprattutto, lo studio dei problemi per i quali hanno esperienza e competenza, chiamando chi è disponibile a fare parte dell'una o dell'altra Commissione episcopale, a fianco dei Confratelli più giovani, perché si sentano sempre membra vive del Collegio episcopale.

Un saluto particolare vorrei inviare anche ai Vescovi della Cina continentale, la cui assenza al Sinodo non ci ha impedito di avvertirne la spirituale vicinanza nel ricordo e nella preghiera.

6. "Quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce" (1P 5,4). A conclusione di questa prima Assemblea sinodale del terzo millennio, mi è caro ricordare i ventidue Vescovi canonizzati nel corso del ventesimo secolo: Alessandro Maria Sauli, Vescovo di Pavia; Roberto Bellarmino, Cardinale, Vescovo di Capua, dottore della Chiesa; Alberto Magno, Vescovo di Ratisbona, dottore della Chiesa; Giovanni Fisher, Vescovo di Rochester, martire; Antonio Maria Claret, Arcivescovo di Santiago de Cuba; Vincenzo Maria Strambi, Vescovo di Macerata e Tolentino; Antonio Maria Gianelli, Vescovo di Bobbio; Gregorio Barbarigo, Vescovo di Padova; Giovanni de Ribera, Arcivescovo di Valencia; Oliviero Plunkett, Arcivescovo di Armagh, martire; Giustino De Jacobis, Vescovo di Nilopoli e Vicario Apostolico d'Abissinia; Giovanni Nepomuceno Neumann, Vescovo di Filadelfia; Gerolamo Hermosilla, Valentino Berrio-Ochoa e altri sei Vescovi, martiri in Viet Nam; Ezechiele Moreno y Diaz, Vescovo di Pasto (Colombia); Carlo Giuseppe Eugenio de Mazenod, Vescovo di Marsiglia. Tra meno di un mese, inoltre, avrò la gioia di proclamare santo Giuseppe Marello, Vescovo di Acqui.

Da questa eletta cerchia di santi Pastori, che si potrebbe allargare alla folta schiera dei Vescovi beatificati, emerge, come in un mosaico, il volto di Cristo Buon Pastore e Missionario del Padre. Su questa icona vivente fissiamo lo sguardo, all'inizio della nuova epoca che la Provvidenza ci apre dinanzi, per essere con sempre più grande impegno servitori del Vangelo, speranza del mondo.

Ci assista sempre nel nostro ministero la Beata Vergine Maria, Regina degli Apostoli. In ogni tempo Ella risplende, all'orizzonte della Chiesa e del mondo, quale segno di consolazione e di sicura speranza.



GPII Omelie 1996-2005 313