GPII Omelie 1996-2005 322

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CAPPELLA PAPALE PER LA CANONIZZAZIONE DEI BEATI



Domenica, 25 novembre 2001

1. "C'era una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei" (Lc 23,38).

Quella scritta, che Pilato aveva fatto porre sulla croce (cfr Jn 19,19), contiene al tempo stesso il motivo della condanna e la verità sulla persona di Cristo. Gesù è re - Lui stesso lo ha affermato -, ma il suo regno non è di questo mondo (cfr Jn 18,36-37). Davanti a Lui, l'umanità si divide: chi lo disprezza per il suo apparente fallimento, e chi lo riconosce come il Cristo, "immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura" (Col 1,15), secondo l'espressione dell’apostolo Paolo nella Lettera ai Colossesi, che abbiamo ascoltato.

Dinanzi alla croce di Cristo si spalanca, in un certo senso, la grande scena del mondo e si compie il dramma della storia personale e collettiva. Sotto lo sguardo di Dio, che nel Figlio Unigenito immolato per noi si è fatto misura di ogni persona, di ogni istituzione, di ogni civiltà, ciascuno è chiamato a decidersi.

2. Dinanzi al divin Re crocifisso si sono presentati anche coloro che poc'anzi sono stati proclamati Santi: Giuseppe Marello, Paula Montal Fornés de San José de Calasanz, Léonie Françoise de Sales Aviat e Maria Crescentia Höss. Ognuno di loro si è affidato alla sua misteriosa regalità, proclamando con tutta la propria vita: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno" (Lc 23,42). E, in modo assolutamente personale, ciascuno di loro ha ricevuto dal Re immortale la risposta: "In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso" (Lc 23,43).

Oggi! Quell'"oggi" appartiene al tempo di Dio, al disegno di salvezza, di cui parla san Paolo nella Lettera ai Romani: "Quelli che [Dio] da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati… chiamati…giustificati…glorificati"(Rm 8,29-30). Quell'"oggi" contiene anche il momento storico dell'odierna canonizzazione, in cui questi quattro esemplari testimoni di vita evangelica sono elevati alla gloria degli altari.

3. "Piacque a Dio di fare abitare in [Cristo]ogni pienezza" (Col 1,19). Di tale pienezza fu reso partecipe san Giuseppe Marello, come sacerdote del clero di Asti e come vescovo della diocesi di Acqui. Pienezza di grazia, fomentata in lui dall'intensa devozione a Maria santissima; pienezza del sacerdozio, che Dio gli conferì come dono ed impegno; pienezza di santità, che egli attinse conformandosi a Cristo, Buon Pastore. Mons. Marello si formò nel periodo aureo della santità piemontese, quando, in mezzo a molteplici forme di ostilità contro la Chiesa e la fede cattolica, fiorirono campioni dello spirito e della carità, quali il Cottolengo, il Cafasso, Don Bosco, il Murialdo e l’Allamano. Giovane buono e intelligente, appassionato della cultura e dell'impegno civile, il nostro Santo trovò solo in Cristo la sintesi di ogni ideale e a Lui si consacrò nel Sacerdozio. "Fare gli interessi di Gesù" fu il motto della sua vita, e per questo si rispecchiò totalmente in san Giuseppe, lo sposo di Maria, il "custode del Redentore". Di san Giuseppe lo attrasse fortemente il servizio nascosto, nutrito di profonda interiorità. Questo stile egli seppe trasfondere negli Oblati di San Giuseppe, la Congregazione religiosa da lui fondata. Ad essi amava ripetere: "Siate straordinari nelle cose ordinarie" e aggiungeva: "Siate certosini in casa e apostoli fuori casa". Della sua robusta personalità, il Signore volle servirsi per la sua Chiesa, chiamandolo all'Episcopato nella Diocesi di Acqui, dove, in pochi anni, spese per il gregge tutte le sue energie, lasciando un’impronta che il tempo non ha cancellato.

4. "In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso" (Lc 23,43). Nel paradiso, nella pienezza del Regno di Dio, fu accolta Santa Paula Montal Fornés de San José de Calasanz, fondatrice dell'Istituto delle Figlie di Maria, Religiose Scolopie, dopo una vita di santità. Prima nella sua città natale, Arenys del Mar, impegnata in diverse attività apostoliche e addentrandosi, con la preghiere e la pietà sincera, nei misteri di Dio; poi, come fondatrice di una famiglia religiosa, ispirandosi al motto "pietà e lettere", si dedicò alla promozione della donna e della famiglia con il suo ideale di "Salvare la famiglia, educando le bambine nel santo timore di Dio"; alla fine diede prova dell'autenticità, del coraggio e della tenerezza del suo spirito, uno spirito modellato da Dio, durante i trent'anni di vita ritirata a Olesa de Montserrat.

La nuova Santa appartiene a quel gruppo di fondatori di istituti religiosi che nel XIX secolo andarono incontro alle molte necessità che allora si presentavano e alle quali la Chiesa, nella prospettiva del Vangelo e secondo i suggerimenti dello Spirito, doveva rispondere per il bene della società. Il messaggio di Santa Paula continua a essere attuale e il suo carisma educativo è fonte di ispirazione per la formazione delle generazioni dl terzo millennio cristiano.

5. Il disegno benevolo del Padre che "ci fa entrare nel regno del suo Figlio prediletto", trova in San Françoise-de-Sales Aviat una splendida realizzazione: ella ha vissuto fino alla fine il dono di se stessa. Al centro del suo impegno e del suo apostolato, suor Françoise-de-Sales mise la preghiera e l'unione con Dio, dove trovò luce e forza per superare le prove e le difficoltà, e fino alla fine della sua esistenza perseverò in quella vita di fede, desiderando lasciarsi guidare dal Signore: "O mio Dio, che la mia felicità sia di sacrificarti tutte le mie volontà, tutti i miei desideri!". La risoluzione che caratterizzò bene Madre Aviat, "Dimenticarmi completamente" è anche per noi un invito ad andare contro corrente rispetto all'egoismo e ai piaceri facili, e ad aprirci alle necessità sociali e spirituali del nostro tempo. Care Sorelle Oblate di San Francesco di Sales, sull'esempio della vostra fondatrice, in comunione profonda con la Chiesa, laddove Dio vi ha poste siate ben determinate a ricevere le grazie presenti e ad approfittarne, poiché è in Dio che si trovano la luce e l'aiuto necessari in ogni circostanza! Confidando nella potente intercessione della nuova Santa, accogliete nella gioia l'invito a vivere, in una fedeltà rinnovata, le intuizioni che lei ha così perfettamente vissuto.

6. Rendere onore a Cristo, il Re: questo desiderio ha animato santa Maria Crescentia Höss fin dall'infanzia. Al suo servizio mise le sue capacità. Dio le aveva donato una bella voce. Già da ragazza poté cantare nel coro come solista non per far bella mostra di sé, ma per cantare e suonare per Cristo Re.

Mise anche le sue conoscenze a servizio del Signore. Questa francescana fu una consigliera molto richiesta. Le persone si accalcavano davanti alle porte del convento: oltre a uomini e donne semplici, c'erano principi e imperatrici, sacerdoti e religiosi, abati e Vescovi. Divenne così una specie di "levatrice" che tentava di far partorire la verità nel cuore di chiedeva consiglio.

Tuttavia, neanche a lei fu risparmiato il dolore. Il "Mobbing" esisteva già a quel tempo. Sopportò gli intriganti presenti nella sua comunità senza mai mettere in dubbio la propria vocazione.

L'ampio respiro della passione fece maturare in lei la virtù della pazienza. Riuscì a divenire Superiora: dirigere spiritualmente per lei significava servire. Aveva un atteggiamento generoso verso i poveri, materno verso le consorelle e sensibile verso quanti avevano bisogno di una parola buona. Santa Crescentia ha amato il significato del Regno di Cristo: "Ogni volta che avete fatto queste cosa a uno dei miei fratelli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40)

7. "Ringraziamo con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce" (Col 1,12). Mai come in questi momenti trovano eco in noi queste parole di san Paolo! Veramente la comunione dei santi ci fa pregustare il Regno celeste e, al tempo stesso, ci spinge, sul loro esempio, a costruirlo nel mondo e nella storia.

"Oportet illum regnare", "Bisogna che egli regni" (1Co 15,25), scriveva l'Apostolo, riferendosi a Cristo.

"Oportet illum regnare" ci ripetete, con la vostra testimonianza, voi, san Giuseppe Marello, santa Paula Montal Fornès de San Josè de Calasanz, santa Lèonie de Sales Aviat e santa Maria Crescentia Hoss! Il vostro esempio ci stimoli a una più viva contemplazione di Cristo Re, crocifisso e risorto. Il vostro sostegno ci aiuti a camminare fedelmente sulle orme del Redentore, per condividere un giorno, insieme a voi, insieme a Maria e a tutti i santi, l’eterna sua gloria in paradiso. Amen!


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SANTA MESSA PER GLI STUDENTI UNIVERSITARI DEGLI ATENEI ROMANI

IN PREPARAZIONE AL SANTO NATALE


Martedì, 11 dicembre 2001




1. "Come un pastore egli fa pascolare il gregge / e con il suo braccio lo raduna" (Is 40,10 Is 40,11).

La prima Lettura, poc'anzi proclamata nella nostra assemblea, ci ha riproposto l'inizio di quello che viene comunemente chiamato il "Libro della consolazione". Al popolo eletto, costretto a vivere in esilio, il Profeta, noto con il nome di "Secondo Isaia", preannuncia la fine delle sofferenze e il ritorno nella propria terra.

Quest'annuncio di speranza si apre con l'invito: "Consolate, consolate il mio popolo" (Is 40,1). Segue una proclamazione gioiosa dell'intervento decisivo di Jahwé che verrà a liberare il suo popolo: "Ecco, il Signore Dio viene con potenza" (Is 40,10).

"Ecco il vostro Dio!". Occorre prepararsi ad incontrarlo. E' necessario preparare la via al Signore (cfr Is 40,3), perché Egli viene a prendersi cura dei suoi, oppressi dalla schiavitù. Viene premuroso e sollecito in cerca della pecora perduta.

Le parole del Profeta trovano compimento nella figura di Cristo, il Buon Pastore, di cui offre una breve descrizione l'odierna pagina evangelica. In Cristo, non solo Dio va incontro all'uomo, ma lo cerca con commovente intensità d'amore.

2. "Ecco, il Signore Dio viene con potenza" (Is 40,10).

Nel clima dell'Avvento, che stiamo vivendo, l'affermazione del Profeta assume un'eco ancor più vasta e significativa. L'Avvento è il tempo dell'attesa vigile del Messia, che "viene con potenza" a liberare il suo popolo, e che accoglieremo fra pochi giorni nella povertà di Betlemme. Egli verrà come Re vittorioso alla fine dei tempi, ma già ora costantemente "viene a rinnovare il mondo". Dobbiamo imparare a scrutare i "segni" di questa sua presenza negli eventi della storia.

La Liturgia di questo periodo ci invita a cercarlo e a scoprire che Egli è vicino a noi anche quando da Lui ci allontaniamo seguendo sentieri effimeri e illusori. Se lo cerchiamo, è perché Lui per primo ci ha cercati e trovati.Ecco perché dinanzi alle situazioni difficili, nei momenti oscuri dell'esistenza non vengono mai meno la speranza e la gioia nel cuore dei credenti.

3. E' con tali sentimenti che vi saluto, carissimi Rettori, docenti e studenti di varie Università romane, italiane ed europee, qui presenti. Vi accolgo con affetto e a ciascuno esprimo il mio cordiale benvenuto, ringraziando, in particolare, per le parole che mi sono state rivolte all'inizio della celebrazione, il Professor Mario Arcelli, Rettore della LUISS, e la giovane universitaria, che hanno interpretato i sentimenti di docenti e studenti.

Questo tradizionale incontro con il mondo universitario, che si svolge in prossimità del Natale, costituisce sempre per me una gradita e attesa occasione per profittare della ricchezza di riflessione e di speranza, di cui le nuove generazioni universitarie sono portatrici. Ringrazio i Rettori e i docenti per il contributo che offrono alla formazione dei giovani. Ringrazio cordialmente voi, cari giovani, per la vostra presenza, e vi auguro di portare a felice compimento gli studi e i progetti che coltivate nel cuore.

Permettete che, specialmente a voi, ripeta ancora una volta: "Non abbiate paura!". "Prendete il largo" e andate incontro a Gesù fiduciosi, perché in Lui sarete liberi e sicuri, anche quando le vie della vita si fanno accidentate e insidiose. Fidatevi di Lui, giovani universitari di varie nazioni europee. Accoglierlo significa aprirgli la ricchezza di ciascuna cultura e nazione, esaltandone l'originalità, nel dinamismo di un fecondo dialogo e nell'articolazione armonica delle molteplicità.

4. "Una voce dice: «Grida!»" (Is 40,6). Risuona quest'esortazione del Profeta con singolare vigore nella nostra assemblea liturgica. Essa è indirizzata a voi, che formate il mondo delle Università e della cultura. Anche voi dovete gridare, cari amici. Non si può tacere, infatti, la verità di Cristo. Essa chiede di essere annunciata senza arroganza, ma con fermezza e fierezza. E' questa la parresìa di cui parla il Nuovo Testamento; ad essa deve essere improntato anche l'impegno culturale dei cristiani.

Gridate, giovani universitari, con la testimonianza della vostra fede! Non accontentatevi di una vita mediocre, senza slanci ideali, volta soltanto al conseguimento del tornaconto individuale immediato. Lavorate per un'Università degna dell'uomo, che sappia porsi anche oggi al servizio della società in modo critico.

L'Europa ha bisogno di una nuova vitalità intellettuale. Una vitalità che proponga progetti di vita austera, capace di impegno e di sacrificio, semplice nelle sue legittime aspirazioni, lineare nelle sue realizzazioni, trasparente nei suoi comportamenti. E' necessario un ardimento nuovo del pensiero, libero e creativo, pronto a cogliere, nella prospettiva della fede, le domande e le sfide che sorgono dalla vita, per farvi emergere con chiarezza le verità ultime dell'uomo.

5. Cari Fratelli e Sorelle, voi provenite da varie nazioni d'Europa, d'Oriente e d'Occidente. Siete come un simbolo dell'Europa che dovete insieme costruire. Ma per portare a compimento quest'ardua missione vi è necessaria la pazienza e la tenacia del pastore che cerca la pecora perduta, di cui parla la pagina evangelica di Matteo, poc'anzi proclamata.

Una ricerca instancabile, che mai si scoraggia pur dinanzi alla scarsità dei risultati, né si lascia bloccare dalle inevitabili e talora crescenti incomprensioni e opposizioni. Una ricerca intelligente e appassionata, come di chi conosce e ama. Per il pastore la pecora smarrita non è una tra cento, ma è come se fosse la sola: la chiama per nome e ne riconosce la voce. In una parola, la ama. Così è Dio per noi. L'uomo di oggi ha bisogno di riconoscere la voce di Cristo, il vero Pastore che dà la vita per le sue pecore. Siate, pertanto, apostoli capaci di avvicinare le anime al Signore, aiutandole a sperimentare il consolante abbraccio della sua redenzione.

6. "Ogni uomo è come l'erba e tutta la sua gloria come un fiore del campo" (Is 40,6).

La Liturgia dell'Avvento proietta il nostro sguardo verso le eterne verità che illuminano di saggio realismo le vicende quotidiane. In quest'ottica, queste parole del Profeta risuonano come invito a non cedere alle illusioni d'un progresso non conforme al disegno divino. In effetti, per quanto stupefacente sia lo sviluppo moderno scientifico e tecnologico, e per quanto promettente appaia per il futuro dell'umanità, esso porta talora con sé ombre terrificanti di distruzione e di morte. E' necessario rispettare i limiti invalicabili che i riferimenti morali pongono. Quando l'uomo smarrisce il senso del limite e si erge a legislatore dell'universo, dimentica di essere su questa terra come l'erba e il fiore del campo, la cui durata è breve.

La luce divina illumini quanti operano nell'importante campo della ricerca e del progresso, perché si accostino all'uomo e al creato con umiltà e saggezza. Possano gli studiosi e gli scienziati essere sempre consapevoli dell'alta missione che la Provvidenza loro affida! A questa missione esaltante cooperate anche voi, carissimi Fratelli e Sorelle. Nell'investigare i segreti del cosmo e dell'essere umano, vi avvicinate sempre più all'insondabile mistero di Dio.

Vi sostenga la costante intercessione di Maria, Sedes Sapientiae e Madre premurosa. Sia Lei a guidarvi nella ricerca della verità e del bene, in atteggiamento di sempre docile ascolto, come Lei, della vivificante Parola di Dio.

Buon Natale a tutti! Buon Natale a tutti!
Merry Christmas!
Bon Noël!
Gesegnete Weihnachten!
Feliz Navidad!
Wesolych Swiat!
Amen.


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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANTA MARIA JOSEFA DEL CUORE DI GESÙ


Domenica, 16 dicembre 2001




1. "Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa" (Is 35,1).

Un insistente invito alla gioia caratterizza la liturgia di questa terza domenica di Avvento, chiamata domenica "Gaudete", perché proprio "Gaudete" è la prima parola dell'antifona di ingresso. "Gioite", "rallegratevi"! Accanto alla vigilanza, alla preghiera e alla carità, l'Avvento ci invita alla letizia e alla gioia, perché è ormai prossimo l'incontro con il Salvatore.

Nella prima lettura, che abbiamo poc'anzi ascoltato, troviamo un vero e proprio inno alla gioia. Il profeta Isaia preannuncia i prodigi che il Signore compirà per il suo popolo, liberandolo dalla schiavitù e riconducendolo in patria. Con la sua venuta, si realizzerà come un nuovo e più importante esodo, che farà rivivere appieno l'esultanza della comunione con Dio.

Per quanti sono scoraggiati e sfiduciati risuona la "buona novella" della salvezza: "Gioia e felicità seguiranno i riscattati dal Signore e fuggiranno tristezza e pianto" (cfr Is 35,10).

2. "Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio... Egli viene a salvarvi" (Is 35,4). Quanta fiducia infonde questa profezia messianica, che lascia intravvedere la vera e definitiva liberazione, realizzata da Gesù Cristo. In effetti, nella pagina evangelica, che è stata proclamata nella nostra assemblea, Gesù, rispondendo alla domanda dei discepoli di Giovanni Battista, applica a se stesso quanto aveva affermato Isaia: è Lui il Messia atteso. "Andate - Egli dice - e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: i ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella" (Mt 11,4-5).

Sta qui la ragione profonda della nostra gioia: in Cristo si è compiuto il tempo dell'attesa. Dio ha finalmente realizzato la salvezza per ogni uomo e per tutta l'umanità. Con questa intima convinzione ci prepariamo a celebrare la festa del Santo Natale, evento straordinario che riaccende i nostri cuori di speranza e di spirituale letizia.

3. Carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia di Santa Maria Josefa del Cuore di Gesù! La gioia di essere in mezzo a voi, oggi, assume un'intensità particolare. E' la gioia di poter incontrare la trecentesima comunità parrocchiale dell'amata Chiesa di Roma. Fin dall'inizio del Pontificato è stato per me importante esercitare il ministero di Vescovo di Roma, anche visitando le comunità parrocchiali della Diocesi.

Uno speciale pensiero di gratitudine va al Cardinale Vicario che, insieme a Mons. Vicegerente e ai Vescovi Ausiliari, mi hanno accompagnato in questi incontri domenicali. Non posso non ricordare qui con affetto il compianto Cardinale Ugo Poletti, i Presuli che hanno prestato la loro valida collaborazione al servizio della Diocesi, i tanti Parroci e Cooperatori parrocchiali, come pure le migliaia di fedeli che ho incontrato in questo mio pellegrinare per i quartieri della nostra Metropoli. Questi sentimenti ho voluto affidare alla Lettera che, in questa occasione, ho indirizzato al Cardinale Vicario e, attraverso di lui, all'intera Comunità diocesana, per condividere con tutti e ciascuno la gioia di un evento tanto singolare.

Quanta ricchezza di bene, di fervore spirituale, di iniziative pastorali, apostoliche e caritative ho potuto incontrare in queste visite! Ciascuna di esse è stata per me un'occasione privilegiata per dare e ricevere coraggio. Mentre desidero continuare questa arricchente esperienza pastorale, recandomi nelle altre parrocchie che attendono ancora l'incontro con il loro Pastore, ringrazio Dio per la missione che mi ha affidato. Egli mi ha chiamato ad essere Successore dell'apostolo Pietro, Vescovo della Chiesa di Roma, di questa Chiesa che presiede alla comunione universale della carità (cfr Ignazio d'Antiochia, Lettera ai Romani, Intr.). Chiedo la vostra preghiera per saper corrispondere in modo adeguato a questo compito.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle di questa Parrocchia! Grazie per la vostra accoglienza. Vi saluto con grande affetto. Saluto il Parroco, Padre Angelo De Caro, e i Missionari Monfortani che collaborano con lui nella guida della comunità. Con particolare cordialità ringrazio coloro che, a vostro nome, mi hanno dato il benvenuto, all'inizio della celebrazione. Saluto i fedeli laici maggiormente impegnati nell'animazione della parrocchia, i giovani, le famiglie, gli ammalati, gli anziani e tutti i residenti in questa zona periferica della Città in costante espansione.

Un saluto riconoscente rivolgo alla Congregazione delle Serve di Gesù della Carità che, con generoso e autentico senso ecclesiale, hanno reso possibile la costruzione di questa nuova chiesa, consacrata il 27 gennaio scorso, e dedicata alla loro fondatrice, Santa Maria Josefa del Cuore di Gesù.

L'esempio di questa Santa, che visse animata da intenso amore per l'Eucaristia e per i fratelli in difficoltà, sia di stimolo per voi, care Sorelle, a crescere nella devozione all'Eucaristia e nell'accoglienza dei fratelli anziani, infermi e bisognosi.

Sia di incoraggiamento altresì per voi, cari parrocchiani, ad operare senza stancarvi per fare del vostro quartiere un ambiente veramente umano, così che vengano ridotti i rischi di deviazione e di emarginazione, che purtroppo sono ancora diffusi specialmente nelle grandi Città.

6. La Diocesi di Roma ricorda oggi l'impegno per la costruzione delle nuove chiese, e qui possiamo toccare con mano i benefici che può apportare a tutta la zona un organico complesso parrocchiale. Nel vostro quartiere, infatti, la vostra chiesa costituisce un provvidenziale centro aggregativo, dove ci si forma all'ascolto di Dio e al servizio del prossimo; qui si coltiva un generoso slancio missionario e vocazionale, che coinvolge in primo luogo i giovani, con una costante attenzione alle esigenze locali e alle sfide mondiali. Possa il lodevole sforzo, che il Vicariato compie per dotare ogni quartiere d'un attrezzato centro pastorale, trovare generosa solidarietà da parte di ciascuna Parrocchia, specialmente di quelle che dispongono di maggiori risorse, come pure da parte di Congregazioni e Istituti religiosi, di Istituzioni pubbliche e private.

7. "Siate pazienti fino alla venuta del Signore" (Jc 5,7).

L'Avvento ci invita alla gioia ma, al tempo stesso, ci esorta ad attendere con pazienza la venuta ormai prossima del Salvatore. Esorta a non scoraggiarsi, resistendo a ogni tipo di avversità, certi che il Signore non tarderà a venire.

Questa vigile pazienza, come sottolinea l'apostolo Giacomo nella seconda Lettura, favorisce il consolidarsi di sentimenti fraterni nella Comunità cristiana. Riconoscendosi piccoli, poveri e bisognosi dell'aiuto di Dio, i credenti si stringono insieme per accogliere il loro Messia che sta per venire. Egli verrà nel silenzio, nell'umiltà e nella povertà del Presepe, e recherà a chi gli apre il cuore la sua gioia.

Avanziamo, pertanto, con animo lieto e generoso verso il Natale. Facciamo nostri i sentimenti di Maria, che ha atteso orante e silenziosa il Redentore e ne ha preparato con cura la nascita a Betlemme.

Amen!


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SANTA MESSA DI MEZZANOTTE

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


Lunedì, 24 dicembre 2001

1. "Populus, qui ambulabat in tenebris, vidit lucem magnam - Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce" (Is 9,1).

Ogni anno riascoltiamo queste parole del profeta Isaia, nel suggestivo contesto della rievocazione liturgica della nascita di Cristo. Ogni anno esse assumono un sapore nuovo e fanno rivivere il clima dell'attesa e della speranza, dello stupore e del gaudio, che sono tipici del Natale.

Al popolo oppresso e sofferente, che camminava nelle tenebre, apparve "una grande luce". Sì, una luce davvero "grande", perché quella che s'irradia dall'umiltà del presepe è la luce della nuova creazione.Se la prima creazione cominciò con la luce (cfr Gn 1,3), tanto più fulgida e "grande" è la luce che dà inizio alla nuova creazione: è Dio stesso fatto uomo!

Il Natale è evento di luce, è la festa della luce: nel Bambino di Betlemme la luce originaria torna a risplendere nel cielo dell'umanità e squarcia le nubi del peccato. Il fulgore del trionfo definitivo di Dio appare all'orizzonte della storia per proporre agli uomini in cammino un nuovo futuro di speranza.

2. "Su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse" (Is 9,1).

L'annuncio gioioso, proclamato poc'anzi nella nostra assemblea, vale anche per noi, uomini e donne all'alba del terzo millennio. La comunità dei credenti si raduna in preghiera per riascoltarlo in ogni regione del mondo. Tra il freddo e la neve dell'inverno o nel caldo torrido dei tropici, questa notte è Notte Santa per tutti.

Lungamente atteso, irrompe finalmente lo splendore del Giorno nuovo. E' nato il Messia, l'Emmanuele, Dio-con-noi! E' nato Colui che fu preannunciato dai profeti e a lungo invocato da quanti "abitavano in terra tenebrosa". Nel silenzio e nel buio della notte, la luce si fa parola e messaggio di speranza.

Ma non stride, forse, questa certezza di fede con la realtà storica in cui viviamo? Se ascoltiamo i resoconti impietosi della cronaca, queste parole di luce e di speranza sembrano parole di sogno. Ma sta appunto qui la sfida della fede, che rende questo annuncio consolante ed insieme esigente. Essa ci fa sentire avvolti dall'amore tenero di Dio, ed insieme ci impegna all'amore operoso di Dio e dei fratelli.

3. "E' apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini" (Tt 2,11).

I nostri cuori, in questo Natale, sono preoccupati e turbati a causa della persistenza, in diverse regioni del mondo, della guerra, delle tensioni sociali, delle strettezze penose in cui versano tanti esseri umani. Tutti cerchiamo una risposta che ci rassicuri.

La pagina della Lettera a Tito or ora ascoltata ci ricorda che la nascita del Figlio unigenito del Padre si è rivelata "apportatrice di salvezza" in ogni angolo del pianeta e in ogni momento della storia. Per ogni uomo e ogni donna nasce il Bambino "chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace" (Is 9,5). Egli porta con sé la risposta che può acquietare le nostre paure e ridare vigore alle nostre speranze.

Sì, in questa notte evocatrice di memorie sacrosante, più salda si fa la nostra fiducia nella potenza redentrice della Parola fatta carne. Quando le tenebre e il male sembrano prevalere, Cristo ci ripete: Non temete! Con la sua venuta nel mondo Egli ha sconfitto il potere del male, ci ha liberati dalla schiavitù della morte e ci ha riammessi al banchetto della vita.

Spetta a noi attingere alla forza del suo amore vittorioso, facendo nostra la sua logica di servizio e di umiltà. Ciascuno di noi è chiamato a vincere con Lui "il mistero dell'iniquità", facendosi testimone di solidarietà e costruttore di pace. Andiamo dunque alla grotta di Betlemme per incontrare Lui, ma anche per incontrare, in Lui, ogni bambino del mondo, ogni fratello piagato nel corpo o oppresso nello spirito.

4. I pastori "dopo averlo visto, riferirono ciò che del Bambino era stato detto loro" (Lc 2,17).

Come i pastori, anche noi in questa notte straordinaria non possiamo non provare il desiderio di comunicare agli altri la gioia dell'incontro con questo "Bambino avvolto in fasce", nel quale si rivela la potenza salvifica dell'Onnipotente. Non possiamo fermarci a contemplare estasiati il Messia che giace nella mangiatoia, dimenticando l'impegno di renderGli testimonianza.

Dobbiamo riprendere in fretta il nostro cammino. Dobbiamo ripartire gioiosi dalla grotta di Betlemme per riferire in ogni luogo il prodigio di cui siamo stati testimoni. Abbiamo incontrato la luce e la vita! In Lui ci è stato donato l'amore.

5. "Un Bambino è nato per noi..." (Is 9,5).

Ti accogliamo con gioia, Onnipotente Signore del cielo e della terra, che per amore ti sei fatto Bambino "in Giudea, nella città di Davide chiamata Betlemme" (Lc 2,4).

Ti accogliamo riconoscenti, Luce nuova che sorgi nella notte del mondo.

Ti accogliamo come nostro fratello, "Principe della pace", che hai "fatto dei due un popolo solo" (Ep 2,14).

Colmaci dei tuoi doni, Tu che non hai disdegnato di iniziare la vita umana come noi. Facci diventare figli di Dio, Tu che per noi hai voluto diventare figlio dell'uomo (cfr Sant'Agostino, Discorsi, 184).

Tu, "Consigliere ammirabile", sicura promessa di pace; Tu, presenza efficace del "Dio potente"; Tu, nostro unico Dio, che giaci povero e umile nell'ombra del Presepe, accoglici accanto alla tua culla.

Venite, popoli della terra e apritegli le porte della vostra storia! Venite ad adorare il Figlio della Vergine Maria, sceso fra noi, in questa notte preparata da secoli.

Notte di gioia e di luce.

Venite, adoremus!


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CELEBRAZIONE DEI VESPRI E DEL TE DEUM DI RINGRAZIAMENTO

PER LA FINE DELL’ANNO 2001

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Lunedì, 31 dicembre 2001

1. "Signore, è questo il tempo?": quante volte l'uomo si pone questo interrogativo, specie nei momenti drammatici della storia! È vivo in lui il desiderio di conoscere il senso e la dinamica degli eventi individuali e comunitari in cui si trova implicato. Vorrebbe sapere «prima» quel che succederà «poi», così da non essere colto di sorpresa.

Anche gli Apostoli non si sono mostrati insensibili a questo desiderio. Gesù però non ha mai assecondato questa curiosità. Quando gli è stata posta questa domanda, Egli ha risposto che soltanto il Padre celeste conosce e scandisce i tempi e i momenti (cfr Ac 1,7). Ma ha aggiunto: "Avrete forza dallo Spirito che scenderà su di voi e mi sarete testimoni... fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8). Li ha, cioè, invitati ad assumere un atteggiamento «nuovo» nei confronti del tempo.

Gesù ci esorta a non investigare inutilmente su ciò che è riservato a Dio - che è appunto il corso degli eventi -, ma a utilizzare il tempo che ciascuno ha a disposizione, - il presente - operando con amore filiale per la diffusione del Vangelo in ogni angolo del pianeta. Questa riflessione è quanto mai opportuna anche per noi, al compiersi di un anno e a poche ore dall'inizio dell'anno nuovo.

2. "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna" (Ga 4,4). Prima della nascita di Gesù l'uomo era soggetto alla tirannia del tempo, simile allo schiavo che non sa quello che ha in mente il suo padrone. Quando però "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14), questa prospettiva è stata totalmente ribaltata.

Nella Notte di Natale, che una settimana fa abbiamo celebrato, l'Eterno è entrato nella storia, il «non ancora» del tempo, scandito dall'inesorabile fluire dei giorni, si è coniugato misteriosamente con il «già» della manifestazione del Figlio di Dio. Nell'insondabile mistero dell'Incarnazione, il tempo raggiunge la propria pienezza. Dio abbraccia la storia degli uomini sulla terra per condurla al suo definitivo compimento.

Per noi credenti, il senso e il fine della storia e di ogni vicenda umana sono pertanto in Cristo. In Lui, Verbo eterno fatto carne nel grembo di Maria, l'eternità ci coinvolge, perché Dio ha voluto rendersi visibile, rivelando lo scopo della storia stessa e il destino delle fatiche di ogni persona che vive sulla terra.

Ecco perché in questa liturgia, mentre ci congediamo dal 2001, sentiamo il bisogno di rinnovare, con intima gioia, la nostra gratitudine a Dio che, nel suo Figlio, ci ha introdotti nel suo mistero dando inizio al tempo nuovo e definitivo.

3. Te Deum laudamus, / Te Dominum confitemur.

Con le parole dell'antico inno, eleviamo a Dio l'espressione della nostra profonda riconoscenza per il bene che, nell'arco dei trascorsi dodici mesi, Egli ci ha elargito.

Mentre scorrono davanti ai nostri occhi i tanti eventi dell'anno 2001, vorrei salutare con affetto il Cardinale Vicario, attorniato dai Vescovi Ausiliari e da numerosi parroci, miei preziosi collaboratori nel servizio pastorale alla Chiesa di Roma. Estendo il mio saluto al Signor Sindaco e ai membri della Giunta e del Consiglio Comunale, come pure alle altre Autorità presenti e a quanti sono qui in rappresentanza delle varie Istituzioni cittadine.

Giunga da questa Basilica tanto cara ai Romani il mio beneaugurante pensiero all'intera popolazione dell'Urbe e, in modo speciale, a quanti trascorrono questi giorni di festa tra disagi e difficoltà. A tutti assicuro il mio ricordo avvalorato da intensa e fervida preghiera, mentre invito ciascuno a proseguire con impegno nel proprio cammino fidando nella Provvidenza, sempre amorevole nei suoi misteriosi disegni.

4. Forte è ancora l'eco nella nostra Città del grande Giubileo, che ha segnato profondamente la vita di Roma e dei suoi abitanti, effondendo nella comunità dei credenti tanta ricchezza di grazia. L'Assemblea diocesana del giugno 2001, capillarmente preparata nelle parrocchie e nelle realtà ecclesiali, ha riproposto l'impegno della missione permanente come obiettivo su cui puntare con decisione in questi anni, secondo le indicazioni della Lettera apostolica Novo millennio ineunte e del programma pastorale diocesano, che ad essa si ispira.

Roma avverte un costante bisogno dell'annuncio di Cristo e dell'incontro con Lui, nell'ascolto della sua parola, nell'Eucaristia e nella carità. Occorre, dunque, che cresca l'anelito apostolico nel cuore dei sacerdoti, dei religiosi e religiose e dei tanti laici che hanno compreso la loro chiamata ad essere testimoni del Signore presso le famiglie e nei luoghi di lavoro.

A tutti ripeto quanto ho scritto nel messaggio inviato all'Assemblea diocesana del giugno scorso: "Prendete il largo per portare l'annuncio del Vangelo nelle case, negli ambienti, nei quartieri e nell'intera città" (n. 4).

Ogni comunità cristiana sia scuola di preghiera e palestra di santità, sia una famiglia di famiglie, dove l'accoglienza del Signore e la fraternità vissuta attorno all'Eucaristia si traducono nello slancio di una rinnovata evangelizzazione.

5. Collegato con la missione permanente è un altro grande obiettivo, indicato dal programma pastorale diocesano, e che sarà oggetto di singolare riflessione nel Convegno diocesano del giugno 2002: la pastorale vocazionale.

Ogni parrocchia e comunità è chiamata alla preghiera costante, perché il Signore mandi operai nella sua messe, e a una dinamica e fiduciosa opera formativa presso i giovani e le famiglie, affinché la chiamata di Dio sia compresa nella sua forza liberatrice e sia accolta con gioia e gratitudine.

Mi rivolgo soprattutto a voi, cari parroci e cari sacerdoti, perché la gioia di essere ministri di Cristo e la generosità del servizio alla Chiesa traspaiano sempre con evidenza nella vostra vita. È questa un'importante condizione per l'efficacia della pastorale vocazionale. Alla radice di ogni vocazione sacerdotale e religiosa c'è quasi sempre un sacerdote che, con l'esempio e la direzione spirituale, ha introdotto e accompagnato la persona in ricerca sulla via del «dono» e del «mistero».

6. Te Deum laudamus! Sale questa sera dal nostro cuore riconoscente questo canto di lode e di ringraziamento. Ringraziamento per i benefici ricevuti, per i traguardi apostolici conseguiti, per il bene realizzato. Vorrei rendere grazie, in modo speciale, per le trecento parrocchie della nostra Città che ho potuto sinora visitare. Chiedo a Dio la forza di proseguire, sino a quando Egli vorrà, nel servizio fedele alla Chiesa di Roma e al mondo intero.

Al termine di un anno, tuttavia, carissimi Fratelli e Sorelle, è particolarmente doveroso prendere coscienza anche delle proprie fragilità e dei momenti in cui non si è stati pienamente fedeli all'amore di Dio. Per le nostre mancanze e omissioni chiediamo perdono al Signore: Miserere nostri, Domine, miserere nostri. Continuiamo ad abbandonarci con fiducia alla bontà del Signore. Egli non mancherà di usarci misericordia, e di aiutarci a proseguire nel nostro impegno apostolico.

7. In Te, Domine, speravi: non confundar in aeternum! Ci affidiamo e ci abbandoniamo nelle tue mani, Signore del tempo e dell'eternità. Tu sei la nostra speranza: la speranza di Roma e del mondo; il sostegno dei deboli e il conforto degli smarriti, la gioia e la pace di chi Ti accoglie e Ti ama.

Mentre termina quest'anno e già lo sguardo si proietta su quello nuovo, il cuore si abbandona fiducioso ai tuoi misteriosi disegni di salvezza.

Fiat misericordia tua, Domine, super nos, quaemadmodum speravimus in Te.

Sia sempre con noi la tua misericordia: in Te abbiamo sperato. In Te solamente speriamo, o Cristo, Figlio della Vergine Maria, tua e nostra tenera Madre.



GPII Omelie 1996-2005 322