GPII Omelie 1996-2005 384

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VIAGGIO APOSTOLICO

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN BOSNIA ED ERZEGOVINA

SANTA MESSA E BEATIFICAZIONE DEL SERVO DI DIO IVAN MERZ



Banja Luka

Domenica, 22 giugno 2003




1. "Voi siete la luce del mondo". Questa affermazione, carissimi Fratelli e Sorelle, Gesù la ripete oggi per noi, nella nostra assemblea liturgica. Non è una semplice esortazione morale. E' una constatazione, che esprime un'insopprimibile esigenza derivante dal Battesimo ricevuto.

In virtù di questo Sacramento, infatti, l'essere umano è inserito nel Corpo mistico di Cristo (cfr Rm 6,3-5). L'apostolo Paolo afferma: "Quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo" (Ga 3,27). Giustamente pertanto Agostino esclamava: "Rallegriamoci e ringraziamo: siamo diventati non solo cristiani, ma Cristo... Stupite e gioite: Cristo siamo diventati" (In Ioann. Evang. tract., 21, 8: CCL 36, 216).

Ma Cristo è "la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Jn 1,9). Il cristiano perciò è chiamato a diventare a sua volta riflesso di questa Luce, seguendo e imitando Gesù. Per questo egli ascolterà e mediterà la sua parola, parteciperà in modo consapevole e attivo alla vita liturgica e sacramentale della Chiesa, praticherà il comandamento dell'amore servendo i fratelli, specialmente se piccoli, poveri e sofferenti.

2. Saluto con affetto il Vescovo di Banja Luka e Presidente della Conferenza Episcopale, Mons. Franjo Komarica, e lo ringrazio per le cordiali parole che mi ha rivolto all'inizio di questa Celebrazione eucaristica. Il mio deferente pensiero va, poi, agli altri Vescovi della Bosnia ed Erzegovina, in particolare al Signor Cardinale Vinko Pulijc, Arcivescovo di Vrhbosna e originario di questa diocesi, ed agli altri Cardinali e Vescovi che ci accompagnano. Un saluto nel Signore a tutti i pellegrini qui convenuti dalle diverse parti del Paese e dalle Nazioni vicine.

Un fraterno saluto invio a Sua Beatitudine il Patriarca Pavle e ai Membri del Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa serba. Il nuovo vigore che, in tempi recenti, ha acquistato il nostro cammino verso la mutua comprensione, il reciproco rispetto e la fraterna solidarietà sono motivo di gioia e di speranza per questa regione.

Il mio pensiero si rivolge anche ai fedeli delle altre Comunità ecclesiali di Bosnia ed Erzegovina, come pure ai fedeli della Comunità ebraica e della Comunità islamica.

Saluto i Signori Membri della Presidenza della Bosnia ed Erzegovina e tutte le altre Autorità civili e militari. Apprezzo molto la vostra presenza e vi ringrazio per quanto avete fatto per l'organizzazione di questa mia visita alla vostra Terra.

E quindi a voi, amati figli di questa Chiesa pellegrina in Bosnia ed Erzegovina, spalanco le mie braccia per accogliervi e dirvi che occupate un posto importante nel cuore del Papa. Egli porta costantemente nella preghiera davanti al Signore la sofferenza che ancora rende pesante il vostro cammino e condivide con voi nella speranza l'attesa di giorni migliori.

Da questa città, segnata nel corso della storia da tanta sofferenza e tanto sangue, imploro il Signore Onnipotente affinché abbia misericordia per le colpe commesse contro l’uomo, la sua dignità e la sua libertà anche da figli della Chiesa cattolica e infonda in tutti il desiderio del reciproco perdono. Soltanto in un clima di vera riconciliazione, la memoria di tante vittime innocenti e il loro sacrificio non saranno vani, ci incoraggeranno a costruire rapporti nuovi di fraternità e di comprensione.

3. Carissimi Fratelli e Sorelle, il giusto, inondato dalla luce divina, diventa a sua volta fiaccola che risplende e riscalda. E' quanto ci insegna oggi la figura del nuovo Beato Ivan Merz.

Giovane brillante, seppe moltiplicare i ricchi talenti naturali di cui era dotato ed ottenne numerosi successi umani: si può parlare della sua come di una vita ben riuscita. Ma la ragione per cui egli viene oggi ascritto all'albo dei Beati non è quella. Ciò che lo introduce nel coro dei Beati è il suo successo davanti a Dio. La grande aspirazione di tutta la sua vita, infatti, è stata quella di "mai dimenticare Dio, desiderare sempre di unirsi a Lui". In ogni sua attività, egli ricercò "la sublimità della conoscenza di Cristo Gesù" e si lasciò "conquistare" da Lui (cfr Ph 3,8 Ph 3,12).

4. Alla scuola della liturgia, fonte e culmine della vita della Chiesa (cfr Sacrosanctum Concilium SC 10), Ivan Merz crebbe fino alla pienezza della maturità cristiana e divenne uno dei promotori del rinnovamento liturgico nella sua Patria.

Partecipando alla Messa, nutrendosi del Corpo di Cristo e della Parola di Dio, egli trasse la spinta a farsi apostolo dei giovani. Non a caso scelse come il motto "Sacrificio - Eucaristia - Apostolato". Cosciente della vocazione ricevuta nel Battesimo, fece della sua esistenza una corsa verso la santità, "misura alta" della vita cristiana (cfr Novo millennio ineunte, NM 31). Per questo, come afferma la prima lettura, "non scomparirà il suo ricordo, il suo nome vivrà di generazione in generazione" (Si 39,9).

5. Il nome di Ivan Merz ha significato un programma di vita e di azione per tutta una generazione di giovani cattolici. Deve continuare ad esserlo anche oggi! La vostra Patria e la vostra Chiesa, carissimi giovani, hanno vissuto momenti difficili ed ora occorre lavorare perché la vita riprenda pienamente ad ogni livello. Mi rivolgo, pertanto, a ciascuno di voi, invitandovi a non tirarvi indietro, a non cedere alla tentazione dello scoraggiamento, ma a moltiplicare le iniziative perché la Bosnia ed Erzegovina torni ad essere terra di riconciliazione, di incontro e di pace.

Il futuro di queste contrade dipende anche da voi! Non cercate altrove una vita più comoda, non fuggite le vostre responsabilità aspettando che altri risolvano i problemi, ma ponete risolutamente rimedio al male con la forza del bene.

Come il Beato Ivan, ricercate l'incontro personale con Cristo che illumina di luce nuova la vita. Il Vangelo sia il grande criterio che guida i vostri orientamenti e le vostre scelte! Diventerete così missionari con i gesti e le parole e sarete segni dell'amore di Dio, testimoni credibili della presenza misericordiosa di Cristo. Non dimenticate: "Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio" (Mt 5,15).

6. Cari Fratelli e Sorelle che partecipate con tanto fervore a questa Celebrazione, la pace di Dio Padre, che sorpassa ogni sentimento, custodisca il vostro cuore e il vostro spirito nella conoscenza e nell'amore di Dio e del suo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo!

E' la preghiera e l'augurio che, per intercessione del Beato Ivan Merz, il Papa eleva oggi per voi e per tutti i Popoli della Bosnia ed Erzegovina.
***


Cari giovani, al termine di questa solenne liturgia nella quale ho proclamato beato Ivan Merz, un giovane della vostra terra, desidero consegnarvi la croce venerata presso l'altare durante questa celebrazione eucaristica. Il beato Ivan ha posto al centro del suo studio, del suo insegnamento, del suo apostolato il mistero pasquale che viene celebrato nella liturgia, fonte e culmine della vita della Chiesa. Accogliete nella vostra vita la croce gloriosa di Cristo! Sull'esempio del beato Ivan siate i testimoni della bellezza del culto cristiano ed esprimete nella vita quanto avete ricevuto nella fede. Nel vostro pellegrinaggio verso il Regno la croce vi sia sempre luce e guida. Andate nella gioia del Signore.
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PRIMI VESPRI DELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO



Sabato, 28 giugno 2003






1. "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Beato te, Simone: il Padre te lo ha rivelato" (Antifona 1).

Con questa Antifona si apre la salmodia dei Primi Vespri della solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo. Queste parole ci riportano al dialogo tra Gesù e Simon Pietro, presso Cesarea di Filippo. Esse risuonano costantemente in questa Basilica: sono come impresse nelle pietre, nei mosaici e, soprattutto, in questo luogo centrale detto ‘Confessione’.

Tu sei il Cristo! - ripete questa sera il Successore di Pietro insieme ai suoi Fratelli Vescovi, ai sacerdoti e al popolo cristiano dell'Europa e di ogni angolo della Terra. Egli proclama questa verità fondamentale della fede cristiana con vigore e intimo gaudio. Solo Cristo è il Redentore dell’uomo, solo Cristo è la nostra speranza.

2. "Gesù Cristo, vivente nella sua Chiesa, sorgente di speranza per l'Europa". Era questo il tema della seconda Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi, svoltasi in Vaticano dall'1 al 23 ottobre 1999.

Con gioia, questa sera, firmo e consegno l’Esortazione apostolica Ecclesia in Europa, che raccoglie ed elabora quanto è emerso nel corso di tale significativa assise sinodale.

La breve Lettura biblica che abbiamo ascoltato - l'inizio della Lettera ai Romani - inserisce questo gesto nella prospettiva più autentica e ampia della missione evangelizzatrice della Chiesa, modellata su quella degli Apostoli. In particolare, le tre caratteristiche con le quali san Paolo si qualifica dinanzi alla comunità cristiana di Roma si possono applicare in senso lato a tutta la Chiesa, che è, appunto, serva di Cristo Gesù, apostolica per vocazione e prescelta per annunziare il Vangelo di Dio (cfr Rm 1,1).

Al Cardinale Jan Pieter Schotte e alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, come pure a tutti coloro che hanno cooperato allo svolgimento dell’Assemblea Sinodale per l’Europa del 1999, fornendo poi le basi per questo Documento, esprimo la mia più viva e cordiale riconoscenza.

Saluto i Cardinali, Arcivescovi e Vescovi presenti, come pure i sacerdoti, religiosi, religiose e laici convenuti per questa solenne celebrazione. Estendo il mio fraterno saluto anche alla delegazione inviata dal Patriarca ecumenico, Sua Santità Bartolomeo I, e guidata dal venerato Arcivescovo d’America Dimitrios. Ci conforta la consapevolezza che anch’essi condividono le nostre stesse preoccupazioni per la tutela e la promozione dei valori morali nella nuova Europa.

3. "Gesù Cristo, vivente nella sua Chiesa". Che Cristo sia vivo nella sua Chiesa emerge dalla storia bimillenaria del Cristianesimo.Dalla sponda orientale del Mediterraneo, il messaggio evangelico venne irradiandosi attraverso l'impero romano, per poi innestarsi nelle molteplici diramazioni etniche e culturali presenti nel Continente europeo. A tutte queste, la Chiesa - detta, appunto, ‘cattolica’ - ha comunicato l'unico e universale messaggio di Cristo.

La "Buona Novella" è stata e continua ad essere sorgente di vita per l'Europa. Se è vero che il Cristianesimo non è riducibile ad alcuna cultura particolare, ma dialoga con ciascuna per orientarle tutte ad esprimere il meglio di sé in ogni campo del sapere e dell'agire umano, le radici cristiane sono per l'Europa la principale garanzia del suo futuro.Potrebbe un albero senza radici vivere e svilupparsi? Europa, non dimenticare la tua storia!

4. "Gesù Cristo, sorgente di speranza per l’Europa". La purezza della linfa evangelica ha purtroppo sperimentato, nel corso dei secoli, l'inquinamento dovuto ai limiti e ai peccati di alcuni membri della Chiesa. Per questo ho sentito il bisogno, durante il Grande Giubileo del Duemila, di farmi interprete della richiesta di perdono specialmente per talune dolorose divisioni prodottesi proprio in Europa e che hanno ferito il Corpo mistico di Cristo.

Nel secolo ventesimo, lo Spirito Santo ha suscitato però una nuova primavera, resa feconda dalla testimonianza di molti santi e martiri. Un profondo rinnovamento spirituale è sorto grazie al Concilio Ecumenico Vaticano II.

5. "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo!". La professione di fede di Pietro non è venuta meno nella Chiesa, nonostante le difficoltà e le prove che hanno segnato il cammino bimillenario del popolo cristiano.

L’Esortazione apostolica postsinodale, che questa sera simbolicamente consegno ai Vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, ai consacrati, alle consacrate e ai fedeli laici dell'Europa, è un invito a rinnovare questa adesione senza riserve a Cristo e al suo Vangelo. Solo Tu, Gesù Cristo, vivente nella tua Chiesa, sei sorgente di speranza!

Ti proclamiamo presente nel Continente europeo, dall'Atlantico agli Urali. Insieme ci impegniamo a testimoniarTi, seguendo l’esempio e con l’aiuto degli Apostoli Pietro e Paolo e dei santi Patroni: Benedetto, Cirillo e Metodio, Brigida di Svezia, Caterina da Siena ed Edith Stein.

Dal cielo ci sostenga Maria, Regina degli Apostoli e Madre di Cristo, nostra speranza. Amen
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CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO



Sagrato della Basilica Vaticana

Domenica, 29 giugno 2003




1. "Il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza" (2Tm 4,17).

Così san Paolo descrive a Timoteo l'esperienza vissuta durante la prigionia romana. Queste parole, tuttavia, si possono riferire all'intera vicenda missionaria dell'Apostolo delle genti, come pure a quella di san Pietro. Lo attesta, nell'odierna liturgia, il brano degli Atti degli Apostoli, che presenta la prodigiosa liberazione di Pietro dal carcere di Erode e da una probabile condanna a morte.

La prima e la seconda Lettura, dunque, mettono in luce il disegno provvidenziale di Dio su questi due Apostoli. Sarà il Signore stesso a condurli al compimento della loro missione, compimento che avrà luogo proprio qui a Roma, dove questi suoi eletti daranno la vita per Lui, fecondando con il loro sangue la Chiesa.

2. "E sono diventati gli amici di Dio" (Antifona d’inizio). Amici di Dio! Il termine ‘amici’ è quanto mai eloquente, se pensiamo che uscì dalla bocca di Gesù durante l'Ultima Cena: "Non vi chiamo più servi - disse - ... ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi" (Jn 15,15).

Pietro e Paolo sono ‘amici di Dio’ a titolo singolare, perché hanno bevuto il calice del Signore. Ad entrambi Gesù ha cambiato il nome, nel momento in cui li ha chiamati al suo servizio: a Simone ha dato quello di Cefa, cioè ‘roccia’, da cui Pietro; a Saulo il nome di Paolo, che significa ‘piccolo’. Il Prefazio odierno li pone in parallelo: "Pietro, che per primo confessò la fede nel Cristo, / Paolo, che illuminò le profondità del mistero; / il pescatore di Galilea, / che costituì la prima comunità con i giusti d'Israele, / il maestro e dottore, che annunziò la salvezza a tutte le genti".

3. "Benedetto il Signore che libera i suoi amici" (Sal. resp.). Se pensiamo alla vocazione e alla storia personale di entrambi gli apostoli Pietro e Paolo, notiamo come la carica apostolica e missionaria sia stata proporzionale alla profondità della loro conversione. Provati dall’esperienza amara della miseria umana sono stati liberati dal Signore.

Grazie all'umiliazione del rinnegamento e al pianto dirotto che lo purificò interiormente, Simone divenne Pietro, cioè la ‘roccia’: rinsaldato dalla forza dello Spirito, egli per tre volte dichiarò a Gesù il suo amore, ricevendone il mandato di pascerne il gregge (cfr Jn 21,15-17).

Analoga fu l’esperienza di Saulo: quel Signore, che lui perseguitava (cfr Ac 9,5), "lo chiamò con la sua grazia" (Ga 1,15) folgorandolo sulla via di Damasco. Lo liberò così dai suoi pregiudizi, trasformandolo radicalmente, e ne fece "uno strumento eletto" per portare il suo nome a tutte le genti (cfr Ac 9,15).

Entrambi divennero in tal modo "amici del Signore".

4. Carissimi e venerati Confratelli Arcivescovi Metropoliti, venuti per ricevere il Pallio, diverse sono le vicende personali di ciascuno, ma tutti siete stati annoverati da Cristo nel numero dei suoi ‘amici’.

Mentre mi accingo ad imporvi questa tradizionale insegna liturgica, che indosserete nelle solenni celebrazioni in segno di comunione con la Sede Apostolica, vi invito a considerarla sempre quale memoria della sublime amicizia di Cristo, che abbiamo l'onore e la gioia di condividere. Nel nome del Signore, fatevi, a vostra volta, ‘amici’ di quanti Iddio vi ha affidato.

Le vostre Sedi episcopali si trovano in diverse zone della Terra: imitando il Buon Pastore, siate vigili e premurosi per ogni vostra Comunità. A loro portate anche il mio cordiale saluto, insieme con l’assicurazione che il Papa prega per tutti, e specialmente per quanti sono sottoposti a dure prove e incontrano maggiori difficoltà.

5. La gioia dell'odierna festa è resa più intensa dalla presenza della delegazione inviata anche quest’anno da Sua Santità Bartolomeo I, Patriarca ecumenico.Essa è presieduta dal venerato Fratello l'Arcivescovo d'America, Dimitrios. Benvenuti, cari e venerati Fratelli! Vi saluto nel nome del Signore e vi chiedo di trasmettere il mio abbraccio di pace all'amato Fratello in Cristo, il Patriarca Bartolomeo.

Lo scambio reciproco di delegazioni, per la festa di sant'Andrea a Costantinopoli e per quella dei santi Pietro e Paolo a Roma, è diventata, col trascorrere del tempo, un segno eloquente del nostro impegno teso a raggiungere la piena unità .

Il Signore, che conosce le nostre debolezze ed esitazioni, ci promette il suo aiuto per superare gli ostacoli che impediscono la concelebrazione dell'unica Eucaristia. Per questo, venerati Fratelli, accogliervi e avervi a fianco in questo solenne incontro liturgico rende più salda la speranza e dà forma concreta a quell’anelito che ci spinge verso la piena comunione.

6. "Con diversi doni hanno edificato l'unica Chiesa" (Prefazio). Quest’affermazione, riferita agli apostoli Pietro e Paolo, sembra mettere in evidenza proprio l’impegno di ricercare con ogni sforzo l’unità, rispondendo all’invito, più volte ripetuto da Gesù nel Cenacolo, "ut unum sint!".

Quale Vescovo di Roma e Successore di Pietro, rinnovo oggi, nella suggestiva cornice di questa festa, la mia piena disponibilità a porre la mia persona al servizio della comunione tra tutti i discepoli di Cristo. Aiutatemi, carissimi Fratelli e Sorelle, con il sostegno incessante della vostra preghiera. Invocate per me la celeste intercessione di Maria, Madre della Chiesa, e dei santi Apostoli Pietro e Paolo.

Iddio ci conceda di compiere la missione che ci ha affidato, in piena fedeltà sino all’ultimo giorno, per formare nel vincolo della sua carità un cuor solo e un’anima sola (cfr Orazione dopo la Comunione). Amen
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VIAGGIO APOSTOLICO

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN SLOVACCHIA


Banská Bystrica

Venerdì, 12 settembre 2003






1. "Il mio cuore esulta nel Signore" (Sal. resp.). Con intima gioia e profonda riconoscenza a Dio mi ritrovo oggi su questa piazza insieme con voi, cari Fratelli e Sorelle, per celebrare la memoria del Santo Nome di Maria.

Il luogo in cui ci troviamo è particolarmente significativo nella storia della vostra città: esso infatti richiama il rispetto e la devozione dei vostri padri verso il Signore Onnipotente e la Vergine Santissima e, insieme, il tentativo di profanazione di questa preziosa eredità, perpetrato da un regime oscuro in anni non ancora lontani. Di tutto questo la colonna della Vergine Maria è silenziosa testimone.

Vi saluto tutti di gran cuore: in primo luogo il vostro Vescovo Mons. Rudolf Baláž, che ringrazio per le cordiali parole con le quali mi ha accolto, e il Vescovo ausiliare Mons. Tomáš Gális. Saluto pure i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi, come anche i laici che nei vari campi sono forze vive di questa Chiesa diocesana, e infine tutti coloro che sono venuti dalle Diocesi e dai Paesi vicini.

Con deferente cordialità il mio saluto si dirige anche al Signor Presidente della Repubblica e alle Autorità civili e militari presenti. Tutti ringrazio dell'aiuto prezioso che hanno dato alla preparazione di questa mia visita.

2. “Eccomi, sono la serva del Signore” (Lc 1,38), dice Maria nel brano evangelico che abbiamo poc'anzi ascoltato. Ella si rivolge all'Angelo Gabriele, che le comunica la chiamata di Dio a diventare la madre del suo Figlio. L'incarnazione del Verbo costituisce il punto decisivo del “progetto” manifestato da Dio fin dall'inizio della storia umana, dopo il primo peccato. Egli vuole comunicare agli uomini la sua stessa vita, chiamandoli a diventare suoi figli. E' una chiamata che attende la risposta di ciascuno. Dio non impone la salvezza; la propone come iniziativa d'amore, a cui occorre rispondere con una libera scelta, motivata anch'essa dall'amore.

Il dialogo tra l'Angelo e Maria, tra il cielo e la terra, è, in questo senso, paradigmatico: vogliamo trarne qualche indicazione per noi.

3. L'Angelo prospetta le attese di Dio per il futuro dell’umanità, Maria risponde portando responsabilmente l'attenzione sul suo presente: è fidanzata con Giuseppe, promessa a lui come sposa (cfr Lc 1,34). Maria non solleva obiezioni circa il futuro di Dio, ma chiede lumi circa il presente umano in cui è implicata. Alla richiesta Dio risponde entrando con Lei in dialogo. Egli gradisce di aver a che fare con persone responsabili e libere.

Qual è, in tutto questo, la lezione per noi? Maria ci insegna il cammino verso una libertà matura. Nel nostro tempo, non sono pochi i cristiani battezzati che ancora non hanno fatta propria, in maniera adulta e consapevole, la loro fede. Si dicono cristiani, ma non reagiscono con responsabilità piena alla grazia ricevuta; ancora non sanno che cosa vogliono e perché lo vogliono.

Ecco la lezione da raccogliere oggi: è urgente educarsi alla libertà. In particolare, è urgente che, nelle famiglie, i genitori educhino alla giusta libertà i propri figli, per prepararli a dare l’opportuna risposta alla chiamata di Dio. Le famiglie sono il vivaio in cui si formano le pianticelle delle nuove generazioni. Nelle famiglie si forgia il futuro della Nazione.

Proprio in questa prospettiva, auspico che il Sinodo Diocesano, che vi apprestate a celebrare, costituisca un’occasione privilegiata per rilanciare la pastorale familiare e individuare vie sempre nuove per l'annuncio del Vangelo alle nuove generazioni di questa nobile Terra slovacca.

4. “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38). Maria crede e per questo dice di sì. E’ una fede che diventa vita: diventa impegno verso Dio, che la colma di sé con la maternità divina, e impegno verso il prossimo, che attende il suo aiuto nella persona della cugina Elisabetta (cfr Lc 1,39-56). Maria si abbandona liberamente e consapevolmente all'iniziativa di Dio, che realizzerà in Lei le sue “meraviglie”: mirabilia Dei.

Di fronte all'atteggiamento della Vergine, ciascuno di noi è invitato a riflettere: su ciascuno Dio ha un progetto, a ciascuno Egli rivolge una sua “chiamata”. Ciò che conta è di saper riconoscere tale chiamata, saperla accogliere, saperle essere fedeli.

5. Cari Fratelli e Sorelle, facciamo spazio a Dio! Nella varietà e ricchezza delle diverse vocazioni, ognuno è chiamato, sull'esempio di Maria, ad accogliere Dio nella propria vita e a percorrere con Lui le strade del mondo, annunciando il suo Vangelo e testimoniando il suo amore.

Sia questo l'impegno che tutti insieme oggi prendiamo, deponendolo fiduciosi nella mani materne di Maria. La sua intercessione ci ottenga il dono di una fede forte, che renda limpido l'orizzonte dell'esistenza e trasparenti la mente, lo spirito e il cuore. Amen!
***


Al termine della Celebrazione Eucaristica, prima di impartire la benedizione conclusiva, Giovanni Paolo II ha detto in slovacco:

"Vi ringrazio per il bel canto, per la liturgia e per la piazza così ben adornata. Vi ringrazio di cuore per questa celebrazione comune dell'Eucaristia. Tutti vi benedico. La Slovacchia era e rimarrà sempre fedele a Cristo e alla Chiesa. Vi ringrazio per la vostra testimonianza. Saluto i giovani, voi siete il futuro di Banská Bystrica".

Quindi ha così concluso in polacco:

"Desidero salutare cordialmente il Cardinale di Cracovia e i pellegrini della Polonia. Cari fratelli e sorelle, siete venuti a Banská Bystrica insieme con i fratelli slovacchi per celebrare e glorificare il buon Dio insieme con il Papa. La fede, la speranza e l'amore che ci hanno riuniti qui, uniscano sempre le nostre azioni per il bene comune. Dio ci benedica
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IAGGIO APOSTOLICO

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN SLOVACCHIA


Rožnava

Sabato, 13 settembre 2003




1. “Vi esorto, fratelli, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto” (cfr Ep 4,1). L'invito pressante dell'apostolo Paolo alla comunità cristiana di Efeso riveste un particolare significato per tutti noi qui riuniti. Ad ogni fedele, nella diversità delle vocazioni e dei carismi, è affidato il compito di essere discepolo ed apostolo: discepolo, in ascolto umile e docile della parola che salva; apostolo, con la testimonianza appassionata di una vita informata dal Vangelo.

Dice un proverbio slovacco: “Le parole ammoniscono, gli esempi trascinano”. Sì, cari Fratelli e Sorelle, grande è il contributo che anche voi potete portare, con lo “stile” della vostra vita cristiana, all'evangelizzazione del mondo contemporaneo e alla costruzione di una società più giusta e fraterna. Perciò vi dico con l'apostolo Paolo: “Considerate la vostra chiamata!” (1Co 1,26).

2. Saluto con affetto nel nome del Signore tutti voi, figli e figlie di questa Chiesa locale, ad iniziare dal vostro Vescovo, Mons. Eduard Kojnok, che ringrazio per le cordiali parole rivoltemi, e dal suo Coadiutore, Mons. Vladimír Filo. Un pensiero benedicente rivolgo ai Vescovi presenti ed ai pellegrini giunti dalle altre diocesi. Saluto le Autorità civili e militari, in particolare il Signor Presidente della Repubblica Slovacca. Tutti ringrazio per l'accoglienza e l'impegno profuso per la preparazione della mia visita.

in lingua ungherese:

Un particolare pensiero desidero rivolgere alla comunità di lingua ungherese, così numerosa in questa regione e parte integrante di questa diocesi. Fieri delle vostre tradizioni, carissimi Fratelli e Sorelle, e fedeli all'insegnamento dei vostri padri, mantenete salda la fede e viva la speranza, traendo forza dall'attaccamento a Cristo e alla sua Chiesa. La vostra presenza è un costante arricchimento per la Terra slovacca e so che i Pastori di questa Chiesa locale hanno cura di venire incontro alle vostre aspirazioni spirituali, salvaguardando sempre l’unità ecclesiale, fattore di crescita umana e spirituale per l’intera società slovacca.

in lingua slovacca:

3. Cari Fratelli e Sorelle, venendo da Bratislava e da Košice, ho potuto ammirare le vaste distese coltivate, testimoni del vostro lavoro e della vostra fatica. Ho pensato con grata simpatia a quanti sono impegnati nell’agricoltura e recano con la loro dedizione un contributo indispensabile alla vita della Nazione. Li saluto con affetto. Nella parabola evangelica che abbiamo appena sentito proclamare, Gesù stesso si è paragonato al seminatore, che sparge con fiducia il seme della sua parola nel terreno dei cuori umani.

Il frutto non dipende unicamente dal seme, ma anche dalle diverse situazioni del terreno, e cioè da ognuno di noi. Ascoltiamo la spiegazione che Gesù stesso ha dato della parabola. Il seme divorato dagli uccelli richiama l'intervento del maligno, che porta nel cuore l'incomprensione della via di Dio (cfr Mc 8,33), che è sempre la via della Croce.

Il seme senza radici descrive la situazione nella quale la Parola viene accettata solo esteriormente, senza quella profondità di adesione a Cristo e quell'amore personale per Lui (cfr Col 2,7) che soltanto permettono di conservarla.

Il seme soffocato rimanda alle preoccupazioni della vita presente, all'attrazione esercitata dal potere, al benessere, all'orgoglio.

4. La Parola non porta frutto automaticamente: pur essendo divina - dunque onnipotente -, si adatta alle condizioni del terreno, o meglio, accetta le risposte che il terreno dà, e che possono essere anche negative. Mistero della condiscendenza di Dio, che giunge fino a mettersi completamente nelle mani degli uomini! Perché, in fondo, il seme deposto nei diversi terreni è Gesù stesso (cfr Jn 12,24).

La lettura di questa parabola e della spiegazione data da Gesù ai suoi discepoli suscita in noi una doverosa riflessione. Noi siamo, cari Fratelli e Sorelle, il terreno nel quale il Signore depone instancabilmente il seme della sua Parola e del suo amore. Con quali disposizioni lo accogliamo? Quanto sappiamo farlo fruttificare?

5. San Giovanni Crisostomo, di cui facciamo memoria liturgica, scrive: “Ho con me la sua Parola: questa è il mio bastone, la mia sicurezza... Essa è mia fortezza e mia difesa” (cfr Omelie prima dell'esilio, nn. 1-3: PG 52, 428).

Il Papa affida oggi a tutti voi il tesoro di questa Parola, facendosi a sua volta seminatore fiducioso che depone nel segreto del cuore di ciascuno la “buona notizia” del Regno. Siate il terreno fertile e buono che, con l'abbondanza dei suoi frutti, consola le attese della Chiesa e del mondo.

“Inutili sono gli sforzi degli uomini quando non sono benedetti da Dio”, recita ancora saggiamente un altro vostro proverbio. Invoco, perciò, su di voi e sul vostro impegno di vita cristiana le più copiose benedizioni dell'Altissimo.

Siate fedeli a Dio, osservate i suoi comandamenti. Difendete la vita e siate fedeli alla Chiesa e alla vostra patria, la Slovacchia.
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VIAGGIO APOSTOLICO

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN SLOVACCHIA

SANTA MESSA E BEATIFICAZIONI


Bratislava, Spianata di Petržalka

Domenica, 14 settembre 2003




1. O Crux, ave spes unica! Salve, o Croce, nostra unica speranza!

Nella celebrazione di questa liturgia domenicale, cari Fratelli e Sorelle, siamo invitati a guardare alla Croce. Essa è il “luogo privilegiato” in cui si rivela e manifesta a noi l’amore di Dio. Alla Croce hanno guardato con fede incrollabile il Vescovo Vasil Hopko e Suor Zdenka Schelingová, che oggi ho avuto la gioia di iscrivere nell’Albo dei Beati.

Sulla Croce si incontrano la miseria dell’uomo e la misericordia di Dio.Adorare questa misericordia sconfinata è per l’uomo l’unica via per aprirsi al mistero che la Croce rivela.

La Croce è piantata in terra e sembrerebbe affondare le radici nell’umana malizia, ma si proietta in alto, come un indice puntato al cielo, un indice che addita la bontà di Dio. Per mezzo della Croce di Cristo è vinto il maligno, è sconfitta la morte, ci è trasmessa la vita, restituita la speranza, comunicata la luce. O Crux, ave spes unica!

2. Nel nome del Signore crocifisso e risorto, saluto con affetto tutti voi qui convenuti sulla spianata di Petržalka: saluto te, caro fratello Ján Sokol, Pastore di questa Chiesa di Bratislava-Trnava che oggi mi accoglie festante; i tuoi Ausiliari e i Vescovi tutti della Slovacchia, in particolare il venerato Cardinale Ján Chryzostom Korec. Mi unisco con gioia alla comune azione di grazie per il decimo anniversario della costituzione della vostra Conferenza Episcopale.

Saluto i Signori Cardinali e i Vescovi giunti dai Paesi vicini, insieme con numerosi gruppi di fedeli. La vostra presenza fraterna rende manifesto in modo eloquente il vincolo di comunione che unisce le diverse Chiese locali.

Saluto il Signor Presidente della Repubblica e le altre Autorità civili e militari. Tutti ringrazio per aver generosamente collaborato a predisporre ogni aspetto di questo mio viaggio apostolico.

Infine, con intensità di sentimento saluto te, amato Popolo slovacco, qui presente o che mi ascolti attraverso la radio e la televisione. Rendo grazie a Dio perché hai saputo conservare, anche in momenti difficili, la tua fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa. E ti esorto: non ti vergognare mai del Vangelo (cfr Rm 1,16)! Custodiscilo nel tuo cuore come il tesoro più prezioso dal quale attingere luce e forza nel pellegrinaggio quotidiano della vita.

3. “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Jn 3,14-15), dice Gesù. Che cosa vediamo dunque quando volgiamo lo sguardo alla Croce ove Gesù è stato inchiodato (cfr Jn 19,37)? Contempliamo il segno dell’amore infinito di Dio per l’umanità.

O Crux, ave spes unica! San Paolo ne parla nella lettera ai Filippesi che abbiamo appena ascoltato. Non solo Cristo Gesù si è fatto uomo, in tutto simile agli uomini, ma ha assunto la condizione di servo, e si è ulteriormente umiliato facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce (cfr Ph 2,6-8).

Sì, “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Jn 3,16)! Ammiriamo - stupefatti e grati - l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza (cfr Ep 3,18-19)! 0 Crux, ave spes unica!

4. E’ certamente la meditazione di questo grande e mirabile mistero che ha sostenuto il beato Vescovo Vasil Hopko e la beata Suor Zdenka Schelingová nella scelta di vita consacrata e, particolarmente, nelle sofferenze affrontate durante la terribile prigionia.

Entrambi rifulgono davanti a noi come esempi luminosi di fedeltà in tempi di dura e spietata persecuzione religiosa: il Vescovo Vasil non ha mai rinnegato il suo attaccamento alla Chiesa Cattolica e al Papa; Suor Zdenka non ha esitato a mettere a repentaglio la sua stessa vita per aiutare i ministri di Dio.

Entrambi hanno affrontato un ingiusto processo ed una iniqua condanna, le torture, l’umiliazione, la solitudine, la morte. Così, la Croce è divenuta per loro il cammino che li ha condotti alla vita, sorgente di fortezza e di speranza, prova di amore per Dio e per l’uomo. O Crux, ave spes unica!

5. Nel giardino dell’Eden, ai piedi dell’albero c’era una donna, Eva (cfr Gn 3). Sedotta dal maligno, essa s’appropria di ciò che crede essere la vita divina. Invece è un germe di morte che si insinua in lei (cfr Jc 1,15 Rm 6,23).

Sul Calvario, ai piedi dell’albero della croce, c’era un’altra donna, Maria (cfr Jn 19,25-27). Docile al progetto di Dio, essa partecipa intimamente all’offerta che il Figlio fa di sé al Padre per la vita del mondo e, ricevendo da Gesù l’affidamento dell’apostolo Giovanni, diventa Madre di tutti gli uomini.

E’ la Vergine Addolorata, che domani ricorderemo nella liturgia e che voi con tenera devozione venerate quale vostra Patrona. A Lei affido il presente e il futuro della Chiesa e della Nazione slovacca, perché crescano sotto la Croce di Cristo e ne sappiano sempre scoprire ed accogliere il messaggio di amore e di salvezza.

Per il mistero della tua Croce e della tua resurrezione, salvaci o Signore! Amen
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GPII Omelie 1996-2005 384