GPII Omelie 1996-2005 390

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CAPPELLA PAPALE NEL XXV ANNIVERSARIO DELLA MORTE

DEI SOMMI PONTEFICI PAOLO VI E GIOVANNI PAOLO I


Altare della Confessione, Basilica Vaticana

27 settembre 2003




1. "Per questo Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi" (Rm 14,9).

Le parole dell’apostolo Paolo, tratte dalla Lettera ai Romani, richiamano il mistero centrale della nostra fede: Cristo, morto e risorto, è la ragione ultima di tutta l’umana esistenza.

Ogni domenica, Giorno del Signore, il popolo cristiano rivive in modo particolare questo mistero di salvezza. Lo approfondisce sempre più. Sposa di Cristo, la Chiesa proclama, con gioia e sicura speranza, la sua vittoria sul peccato e sulla morte; cammina nei secoli attendendo il suo ritorno glorioso. Nel cuore di ogni Santa Messa risuona l’acclamazione: "Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta".

2. Celebriamo oggi questo grande Mistero della fede in speciale memoria dei miei venerati predecessori, il Papa Paolo VI e il Papa Giovanni Paolo I. Entrambi hanno lasciato questo mondo venticinque anni or sono, rispettivamente il 6 agosto e il 28 settembre del 1978.

Nei mesi scorsi, in più occasioni ho avuto modo di ricordare il Servo di Dio Paolo VI, che, quarant’anni or sono, raccolse dal Beato Giovanni XXIII l’eredità del Concilio Vaticano II. Con saggezza e fermezza lo portò a termine, guidando il popolo cristiano nel periodo complesso e difficile del post-Concilio.

Di Giovanni Paolo I ho parlato il 26 agosto scorso, nell’anniversario della sua elezione alla Sede di Pietro.

Li accomuniamo ora nella preghiera, mentre amiamo pensarli ormai entrati nel ‘tempo di Dio’; in quell’"ottavo giorno" che "ha fatto il Signore" (cfr Ps 117,24), meta e compimento delle nostre giornate terrene.

3. "I precetti del Signore danno gioia". Così abbiamo ripetuto poc’anzi nel Salmo responsoriale. Torna alla mente il frequente invito alla gioia cristiana da parte di Paolo VI; invito che, pur tra tante difficoltà, scaturiva dalla consapevolezza di aderire costantemente alla volontà divina.

Ripenso al rasserenante sorriso di Papa Luciani, che nel breve arco di un mese conquistò il mondo. Quel sorriso era frutto di docile abbandono nelle mani della Provvidenza celeste. Nell’uno e nell’altro Pontefice si riflette il gaudio pacificante della Chiesa. Anche quando è provata da tante sofferenze, essa non ha paura ; non si chiude in se stessa, ma si fida del Signore. Sa di essere guidata dallo Spirito Santo, e per questo gioisce dei segni della misericordia di Dio; ammira le meraviglie che l’Onnipotente compie nei piccoli, nei poveri e in coloro che lo temono.

4. "Chi non è contro di noi, è per noi" (Mc 9,40). Così dice Gesù nel brano evangelico di questa domenica, facendo eco alla prima Lettura, che presenta Mosè in atteggiamento di profonda libertà interiore, motivata dalla fiducia in Dio ( cfr Nb 11,29).

Questa stessa attitudine possiamo riscontrare in Paolo VI e Giovanni Paolo I, i quali non cedettero a giudizi del momento e a visioni legate a interessi contingenti. Saldamente ancorati alla Verità, non esitarono a dialogare con tutti gli uomini di buona volontà. Erano interiormente liberi, perché consapevoli che lo Spirito Santo "soffia dove vuole" (cfr Jn 3,8), guidando in modi diversi il cammino della storia della salvezza.

All’indomani della sua elezione, rivolgendosi ai giornalisti, Papa Luciani ebbe a dire: "Voi dovrete spesso presentare la Chiesa, parlare della Chiesa, dovrete talvolta commentare il Nostro umile ministero; siamo sicuri che lo farete con amore della verità". E, con estrema finezza, aggiungeva: "Vi chiediamo di voler contribuire anche voi a salvaguardare nella società odierna quella profonda considerazione per le cose di Dio e per il misterioso rapporto tra Dio e ciascuno di noi che costituisce la dimensione sacra della realtà umana" (Insegnamenti, p. 37).

5. "Nessuno vive per se stesso e nessuno muore per se stesso Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore" (Rm 14,7-8). San Paolo ricorda che la signorìa di Cristo è suprema fonte di libertà; libertà dal giudizio proprio e altrui, perché unico giudice è il Signore, al cui tribunale tutti ci presenteremo (cfr Rm 14,10). Quale grazia poter contare su un tale giudice! Nota ancora l’Apostolo: Egli "è morto, anzi, è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi" (Rm 8,34). Quale pace infonde al cuore la certezza che Lui è il nostro Redentore!

I miei venerati Predecessori, illuminati da questa verità, hanno posto la loro esistenza al servizio del Vangelo.

Noi continuiamo a pregare per loro, sorretti dalla speranza che un giorno potremo incontrare anche noi il Giudice misericordioso nella gloria del Paradiso. Insieme a Maria, misericordiosa Madre della Chiesa e dell’umanità.

Così sia
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CAPPELLA PAPALE PER LA CANONIZZAZIONE DI 3 BEATI



Domenica, 5 ottobre 2003




1. "Predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15). Con queste parole il Risorto, prima dell’Ascensione, affidò agli Apostoli l’universale mandato missionario. Subito dopo, li assicurò che in tale impegnativa missione avrebbero potuto contare sulla sua costante assistenza (cfr Mc 16,20).

Queste stesse parole sono risuonate, in modo eloquente, nell’odierna solenne celebrazione. Esse costituiscono il messaggio che ci rinnovano questi tre nuovi Santi: Daniele Comboni, Vescovo, fondatore della Congregazione dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù e delle Suore Missionarie Comboniane Pie Madri della Nigrizia; Arnold Janssen, presbitero, fondatore della Società del Verbo Divino, della Congregazione delle Suore Missionarie Serve dello Spirito e della Congregazione delle Suore Serve dello Spirito Santo dell’Adorazione Perpetua; Josef Freinademetz, presbitero, della Società del Verbo Divino.

La loro esistenza mette in evidenza che l'annuncio del Vangelo "costituisce il primo servizio che la Chiesa può rendere a ciascun uomo e all’intera umanità" (Redemptoris missio RMi 2).

L’evangelizzazione, insegnano questi nuovi Santi, oltre a interventi di promozione umana, talora persino rischiosi come testimonia l’esperienza di tanti missionari, comporta sempre un esplicito annuncio di Cristo.Questo è l’esempio e questa è l’eredità preziosa che i tre Santi, elevati oggi alla gloria degli altari, lasciano specialmente alle loro famiglie religiose. Primo compito degli Istituti missionari è la missione ad gentes, da non posporre a nessun altro impegno, pur necessario, di carattere sociale e umanitario.

2. "Tutti i popoli vedranno la gloria del Signore". Il Salmo responsoriale, che poc’anzi abbiamo cantato, sottolinea l’urgenza della missione ad gentes anche in questi nostri tempi. Sono necessari evangelizzatori dall’entusiasmo e dalla passione apostolica del Vescovo Daniele Comboni, apostolo di Cristo tra gli africani. Egli impiegò le risorse della sua ricca personalità e della sua solida spiritualità per far conoscere ed accogliere Cristo in Africa, continente che amava profondamente.

Come non volgere, anche quest’oggi, lo sguardo con affetto e preoccupazione a quelle care popolazioni? Terra ricca di risorse umane e spirituali, l’Africa continua ad essere segnata da tante difficoltà e problemi. Possa la Comunità internazionale aiutarla attivamente a costruire un futuro di speranza. Affido questo mio appello all’intercessione di san Daniele Comboni, insigne evangelizzatore e protettore del Continente Nero.

3. „Völker wandern zu deinem Licht" (Jes 60, 3). Das prophetische Bild des neuen Jerusalems, läßt über allen Völkern das göttliche Licht erstrahlen. Es beleuchtet gut das Leben und das unermüdliche Apostolat des heiligen Arnold Janssen. Sein priesterliches Wirken war erfüllt vom Eifer, das Wort Gottes zu verbreiten. Dazu setzte er auch die neuen Kommunikationsmittel, besonders die Pressearbeit, ein.

Trotz vieler Hindernisse verlor er nicht den Mut. Gerne sagte er: „Die Verkündigung der Frohen Botschaft ist das erste und höchste Werk der Nächstenliebe". Vom Himmel aus hilft er nun seiner Ordensfamilie, auf seinen Spuren treu weiterzugehen und die bleibende Gültigkeit des Evangelisierungsauftrags der Kirche zu bezeugen.

4. „Sie aber zogen aus und predigten überall" (Mk 16, 20). So beschließt der Evangelist Markus sein Evangelium. Dann fügt er hinzu, daß der Herr nicht aufhörte, das Wirken der Apostel mit der Macht seiner Zeichen zu begleiten. Diesen Worten Jesu entspricht das glaubenserfüllte Zeugnis des heiligen Josef Freinademetz: „Missionar zu sein betrachte ich nicht als ein Opfer, das ich Gott bringe, sondern als die größte Gnade, die Gott mir geschenkt hat." Mit einer Zähigkeit, die für Menschen aus den Bergen typisch ist, hat dieser hochherzige „Zeuge der Liebe" sich selbst der chinesischen Bevölkerung in Süd-Shantung zum Geschenk gemacht. Aus Liebe und in Liebe nahm er die Lebensbedingungen dieser Menschen an. Dabei folgte er dem Rat, den er selbst seinen Missionaren gab: „Die Missionsarbeit ist umsonst, wenn man nicht liebt und nicht geliebt wird." Als Vorbild einer evangeliumsgemäßen Inkulturation ahmte dieser Heilige Jesus nach, der die Menschen rettete, indem er ganz und gar ihr Leben teilte.

Traduzione italiana delle parti pronunciate in lingua tedesca:

3. "Cammineranno i popoli alla tua luce" (Is 60,3). L’immagine profetica della nuova Gerusalemme, che diffonde la luce divina su tutti i popoli, illustra bene la vita e l'instancabile apostolato di sant'Arnold Janssen. La sua attività sacerdotale fu piena di zelo nel diffondere la Parola di Dio utilizzando i nuovi mezzi di comunicazione di massa, specialmente la stampa.

Non si perse d’animo dinanzi agli ostacoli. Amava ripetere: "L'annuncio della Buona Novella è la prima e principale espressione dell'amore del prossimo". Dal Cielo ora egli aiuta la sua Famiglia religiosa a proseguire fedelmente nel solco da lui tracciato, che testimonia la permanente validità della missione evangelizzatrice della Chiesa.

4. "Allora essi partirono e predicarono dappertutto" (Mc 16,20). Così l’evangelista Marco conclude il suo Vangelo. Aggiunge poi che il Signore non cessa di accompagnare l’attività degli apostoli con la potenza dei suoi prodigi. A queste parole di Gesù fanno eco quelle piene di fede di san Josef Freinademetz: "Non considero la vita missionaria come un sacrificio che offro a Dio, ma come la più grande grazia che Dio avrebbe mai potuto darmi". Con la tenacia tipica della gente di montagna, questo generoso "testimone dell’amore" fece dono di se stesso alle popolazioni cinesi dello Shandong meridionale. Abbracciò per amore e con amore le loro condizioni di vita, secondo il consiglio che egli stesso dava ai suoi missionari: "Il lavoro missionario è vano se non si ama e non si è amati". Modello esemplare di inculturazione evangelica, questo Santo imitò Gesù, che ha salvato gli uomini condividendone fino in fondo l’esistenza.

5. "Andate in tutto il mondo". I tre Santi, che con gioia oggi onoriamo, ricordano la vocazione missionaria di ogni battezzato. Ogni cristiano è inviato in missione, ma per essere autentici testimoni di Cristo occorre tendere costantemente alla santità (cfr Redemptoris missio RMi 90).

Accogliamo, carissimi Fratelli e Sorelle, quest’invito che ci viene dall’odierna suggestiva celebrazione. Ci illumini dal Cielo la Regina dei Santi, Stella della nuova evangelizzazione. A Lei ci rivolgiamo con fiducia specialmente in questo mese di ottobre, dedicato al Rosario e alle missioni. Maria Santissima, Regina delle missioni, prega per noi



Giovedì, 16 ottobre 2003




Saluto introduttivo dell'Em.mo Card. Joseph Ratzinger

1. "Misericordias Domini in aeternum cantabo – Canterò senza fine le misericordie del Signore..." (cfr Ps 88,2). Venticinque anni fa ho sperimentato in modo particolare la divina misericordia. Nel Conclave, attraverso il Collegio Cardinalizio, Cristo ha detto anche a me, come un tempo a Pietro sul Lago di Genezaret: "Pasci le mie pecorelle" (Jn 21,16).

Sentivo nella mia anima l’eco della domanda rivolta allora a Pietro: "Mi ami tu? Mi ami più di costoro...?" (cfr Jn 21,15-16). Come potevo, umanamente parlando, non trepidare? Come poteva non pesarmi una responsabilità così grande? E’ stato necessario ricorrere alla divina misericordia perché alla domanda: "Accetti?" potessi rispondere con fiducia: "Nell’obbedienza della fede, davanti a Cristo mio Signore, affidandomi alla Madre di Cristo e della Chiesa, consapevole delle grandi difficoltà, accetto".

Oggi, cari Fratelli e Sorelle, mi è gradito condividere con voi un’esperienza che si prolunga ormai da un quarto di secolo. Ogni giorno si svolge all’interno del mio cuore lo stesso dialogo tra Gesù e Pietro. Nello spirito, fisso lo sguardo benevolo di Cristo risorto. Egli, pur consapevole della mia umana fragilità, mi incoraggia a rispondere con fiducia come Pietro: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo" (Jn 21,17). E poi mi invita ad assumere le responsabilità che Lui stesso mi ha affidato.

2. "Il buon pastore offre la vita per le pecore" (Jn 10,11). Mentre Gesù pronunciava queste parole, gli Apostoli non sapevano che parlava di se stesso. Non lo sapeva nemmeno Giovanni, l’apostolo prediletto. Lo comprese sul Calvario, ai piedi della Croce, vedendolo offrire silenziosamente la vita per "le sue pecore".

Quando venne per lui e per gli altri Apostoli il tempo di assumere questa stessa missione, allora si ricordarono delle sue parole. Si resero conto che, soltanto perché aveva assicurato che sarebbe stato Lui stesso ad operare per mezzo loro, essi sarebbero stati in grado di portare a compimento la missione.

Ne fu ben consapevole in particolare Pietro, "testimone delle sofferenze di Cristo" (1P 5,1), che ammoniva gli anziani della Chiesa: "Pascete il gregge di Dio che vi è affidato" (1P 5,2).

Nel corso dei secoli i successori degli Apostoli, guidati dallo Spirito Santo, hanno continuato a radunare il gregge di Cristo e a guidarlo verso il Regno dei cieli, consapevoli di poter assumere una così grande responsabilità soltanto "per Cristo, con Cristo e in Cristo".

Questa medesima consapevolezza ho avuto io quando il Signore mi chiamò a svolgere la missione di Pietro in questa amata città di Roma e al servizio del mondo intero. Sin dall’inizio del pontificato, i miei pensieri, le mie preghiere e le mie azioni sono state animate da un unico desiderio: testimoniare che Cristo, il Buon Pastore, è presente e opera nella sua Chiesa. Egli è in continua ricerca di ogni pecora smarrita, la riconduce all’ovile, ne fascia le ferite; cura la pecora debole e malata e protegge quella forte. Ecco perché, sin dal primo giorno, non ho mai cessato di esortare: "Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà!". Ripeto oggi con forza: "Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!" Lasciatevi guidare da Lui! Fidatevi del suo amore!

3. Iniziando il mio pontificato chiesi: "Aiutate il Papa e quanti vogliono servire Cristo e, con la potestà di Cristo, servire l’uomo e l’umanità intera!". Mentre con voi rendo grazie a Dio per questi venticinque anni, segnati interamente dalla sua misericordia, sento un particolare bisogno di esprimere la mia gratitudine anche a voi, Fratelli e Sorelle di Roma e del mondo intero, che avete risposto e continuate a rispondere in vari modi alla mia richiesta di aiuto. Dio solo sa quanti sacrifici, preghiere e sofferenze sono stati offerti per sostenermi nel mio servizio alla Chiesa. Quanta benevolenza e sollecitudine, quanti segni di comunione mi hanno circondato ogni giorno. Il buon Dio ricompensi tutti con larghezza! Vi prego, carissimi Fratelli e Sorelle, non interrompete questa grande opera d’amore per il Successore di Pietro. Ve lo chiedo ancora una volta: aiutate il Papa, e quanti vogliono servire Cristo, a servire l’uomo e l’umanità intera!

4. A Te, Signore Gesù Cristo,
unico Pastore della Chiesa,
offro i frutti di questi venticinque anni di ministero
al servizio del popolo che mi hai affidato.

Perdona il male compiuto e moltiplica il bene:
tutto è opera tua e a Te solo è dovuta la gloria.
Con piena fiducia nella tua misericordia,
Ti ripresento, oggi ancora, coloro che anni fa
hai affidato alle mie cure pastorali.

Conservali nell’amore, radunali nel tuo ovile,
prendi sulle tue spalle i deboli,
fascia i feriti, abbi cura dei forti.
Sii Tu il loro Pastore, affinché non si disperdano.

Proteggi la diletta Chiesa che è in Roma
e le Chiese del mondo intero.

Pervadi con la luce e la potenza del tuo Spirito
quanti hai posto a capo del tuo gregge:
adempiano con slancio la loro missione
di guide, maestri e santificatori,
nell’attesa del tuo ritorno glorioso.

Ti rinnovo, per le mani di Maria, Madre amata,
il dono di me stesso, del presente e del futuro:
tutto si compia secondo la tua volontà.

Pastore Supremo, resta in mezzo a noi,
perché possiamo con Te procedere sicuri,
verso la casa del Padre. Amen!

Saluti finali del Santo Padre:

Prima di concludere la celebrazione, desidero rivolgere a tutti i presenti il mio cordiale saluto, ringraziando in modo particolare i numerosi pellegrinaggi provenienti dall’Italia, dalla Polonia e da altri Paesi.

Saluto i Cardinali e i Vescovi, con uno speciale pensiero al Cardinale Joseph Ratzinger, Decano del Sacro Collegio, che ringrazio per le affettuose parole che mi ha rivolto. Estendo altresì il mio fraterno saluto ai numerosi Vescovi presenti.

Saluto la Comunità diocesana di Roma, qui raccolta con il Cardinale Vicario, i Vescovi Ausiliari e i parroci.

Con deferenza saluto inoltre i Capi di Stato, specialmente il Presidente dell’Italia, Carlo Azeglio Ciampi, che ringrazio per le cortesi espressioni augurali rivoltemi ieri sera nel corso di un apposito messaggio televisivo. Con lui saluto il Presidente della Polonia e tutte le Autorità presenti, come pure i Rappresentanti di varie Istituzioni italiane e internazionali.

Ringrazio tutti coloro che, da tante parti della Terra, sostengono il mio quotidiano ministero apostolico con la preghiera e con l’offerta della loro sofferenza.

[Francese]

Je vous remercie pour votre présence chaleureuse et priante.

[Inglese]

Thank you for the affection which you have shown toward the Successor of Peter.

[Tedesco]

Danke für euer Gebet, mit dem ihr mich stets unterstützt!

[Spagnolo]

Gracias por adhesión a las enseñanzas de la Sede Apostólica.

[Portoghese]

Obrigado pelo apoio às obras de caridade do Papa.

[Bielorusso]

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[Polacco]

Dziekuje za to, ze zawsze w minionych latach pontyfikatu polecaliscie mnie Matce Najswietszej.

Grazie a tutti. Il Signore vi benedica
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BEATIFICAZIONE DI MADRE TERESA DI CALCUTTA



Giornata Missionaria Mondiale

Domenica 19 ottobre 2003




1. “Chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti” (Mc 10,44). Queste parole di Gesù ai discepoli, risuonate poc’anzi in questa Piazza, indicano quale sia il cammino che conduce alla “grandezza” evangelica. E' la strada che Cristo stesso ha percorso fino alla Croce; un itinerario di amore e di servizio, che capovolge ogni logica umana. Essere il servo di tutti!

Da questa logica si è lasciata guidare Madre Teresa di Calcutta, Fondatrice dei Missionari e delle Missionarie della Carità, che oggi ho la gioia di iscrivere nell’Albo dei Beati. Sono personalmente grato a questa donna coraggiosa, che ho sempre sentito accanto a me. Icona del Buon Samaritano, essa si recava ovunque per servire Cristo nei più poveri fra i poveri. Nemmeno i conflitti e le guerre riuscivano a fermarla.

Ogni tanto veniva a parlarmi delle sue esperienze a servizio dei valori evangelici. Ricordo, ad esempio, i suoi interventi a favore della vita e contro l’aborto, anche in occasione del conferimento del Premio Nobel per la pace (Oslo, 10 dicembre 1979). Soleva dire: “Se sentite che qualche donna non vuole tenere il suo bambino e desidera abortire, cercate di convincerla a portarmi quel bimbo. Io lo amerò, vedendo in lui il segno dell’amore di Dio”.

2. Non è forse significativo che la sua beatificazione avvenga proprio nel giorno in cui la Chiesa celebra la Giornata Missionaria Mondiale? Con la testimonianza della sua vita Madre Teresa ricorda a tutti che la missione evangelizzatrice della Chiesa passa attraverso la carità, alimentata nella preghiera e nell’ascolto della parola di Dio. Emblematica di questo stile missionario è l’immagine che ritrae la nuova Beata mentre stringe, con una mano, quella di un bambino e, con l'altra, fa scorrere la corona del Rosario.

Contemplazione e azione, evangelizzazione e promozione umana: Madre Teresa proclama il Vangelo con la sua vita tutta donata ai poveri, ma, al tempo stesso, avvolta dalla preghiera.

3. “Whoever wants to be great among you must be your servant” (Mk 10: 43). With particular emotion we remember today Mother Teresa, a great servant of the poor, of the Church and of the whole world. Her life is a testimony to the dignity and the privilege of humble service. She had chosen to be not just the least but to be the servant of the least. As a real mother to the poor, she bent down to those suffering various forms of poverty. Her greatness lies in her ability to give without counting the cost, to give “until it hurts”. Her life was a radical living and a bold proclamation of the Gospel.

The cry of Jesus on the cross, “I thirst” (Jn 19,28), expressing the depth of God’s longing for man, penetrated Mother Teresa’s soul and found fertile soil in her heart. Satiating Jesus’ thirst for love and for souls in union with Mary, the mother of Jesus, had become the sole aim of Mother Teresa’s existence and the inner force that drew her out of herself and made her “run in haste” across the globe to labour for the salvation and the sanctification of the poorest of the poor.

4. “As you did to one of the least of these my brethren, you did it to me” (Mt 25,40). This Gospel passage, so crucial in understanding Mother Teresa’s service to the poor, was the basis of her faith-filled conviction that in touching the broken bodies of the poor she was touching the body of Christ. It was to Jesus himself, hidden under the distressing disguise of the poorest of the poor, that her service was directed. Mother Teresa highlights the deepest meaning of service - an act of love done to the hungry, thirsty, strangers, naked, sick, prisoners (cf. Mt Mt 25,34-36) is done to Jesus himself.

Recognizing him, she ministered to him with wholehearted devotion, expressing the delicacy of her spousal love. Thus in total gift of herself to God and neighbour, Mother Teresa found her greatest fulfillment and lived the noblest qualities of her femininity. She wanted to be a sign of “God’s love, God’s presence, God’s compassion” and so remind all of the value and dignity of each of God’s children, “created to love and be loved”. Thus was Mother Teresa “bringing souls to God and God to souls” and satiating Christ’s thirst, especially for those most in need, those whose vision of God had been dimmed by suffering and pain.

Traduzione italiana della parte di omelia pronunciata in lingua inglese:

[3. "Chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore" (Mc 10,43). È con particolare emozione che oggi ricordiamo Madre Teresa, grande serva dei poveri, della Chiesa e del Mondo intero. La sua vita è una testimonianza della dignità e del privilegio del servizio umile. Ella aveva scelto di non essere solo la più piccola, ma la serva dei più piccoli.Come madre autentica per i poveri, si è chinata verso coloro che soffrivano diverse forme di povertà. La sua grandezza risiede nella sua abilità di dare senza calcolare i costi, di dare "fino a quando fa male". La sua vita è stata un vivere radicale e una proclamazione audace del Vangelo.

Il grido di Gesù sulla croce, "Ho sete" (Jn 19,28), che esprime la profondità del desiderio di Dio dell'uomo, è penetrato nell'anima di Madre Teresa e ha trovato terreno fertile nel suo cuore. Placare la sete di amore e di anime di Gesù in unione con Maria, Madre di Gesù, era divenuto il solo scopo dell'esistenza di Madre Teresa, e la forza interiore che le faceva superare sé stessa e "andare di fretta" da una parte all'altra del mondo al fine di adoperarsi per la salvezza e la santificazione dei più poveri tra i poveri.

4. "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40). Questo passo del Vangelo, così fondamentale per comprendere il servizio di Madre Teresa ai poveri, era alla base della sua convinzione, piena di fede, che nel toccare i corpi deperiti dei poveri toccava il corpo di Cristo. Era a Gesù stesso, nascosto sotto le vesti angoscianti dei più poveri tra i poveri, che era diretto il suo servizio. Madre Teresa pone in rilievo il significato più profondo del servizio: un atto d'amore fatto agli affamati, agli assetati, agli stranieri, a chi è nudo, malato, prigioniero (cfr Mt 25,34-36), viene fatto a Gesù stesso.

Riconoscendolo, lo serviva con totale devozione, esprimendo la delicatezza del suo amore sponsale. Così, nel dono totale di sé a Dio e al prossimo, Madre Teresa ha trovato il suo più alto appagamento e ha vissuto le qualità più nobili della sua femminilità. Desiderava essere un "segno dell'amore di Dio, della presenza di Dio, della compassione di Dio" e, in tal modo, ricordare a tutti il valore e la dignità di ogni figlio di Dio, "creato per amare ed essere amato". Era così che Madre Teresa "portava le anime a Dio e Dio alle anime", placando la sete di Cristo, soprattutto delle persone più bisognose, la cui visione di Dio era stata offuscata dalla sofferenza e dal dolore".]

5. “Il Figlio dell’uomo è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10,45). Madre Teresa ha condiviso la passione del Crocifisso, in modo speciale durante lunghi anni di “buio interiore”. E’ stata, quella, una prova a tratti lancinante, accolta come un singolare “dono e privilegio”.

Nelle ore più buie ella s’aggrappava con più tenacia alla preghiera davanti al Santissimo Sacramento. Questo duro travaglio spirituale l’ha portata ad identificarsi sempre più con coloro che ogni giorno serviva, sperimentandone la pena e talora persino il rigetto. Amava ripetere che la più grande povertà è quella di essere indesiderati, di non avere nessuno che si prenda cura di te.

6. “Donaci, Signore, la tua grazia, in Te speriamo!”. Quante volte, come il Salmista, anche Madre Teresa nei momenti di desolazione interiore ha ripetuto al suo Signore: “In Te, in Te spero, mio Dio!”.

Rendiamo lode a questa piccola donna innamorata di Dio, umile messaggera del Vangelo e infaticabile benefattrice dell’umanità. Onoriamo in lei una delle personalità più rilevanti della nostra epoca. Accogliamone il messaggio e seguiamone l’esempio.

Vergine Maria, Regina di tutti i Santi, aiutaci ad essere miti e umili di cuore come questa intrepida messaggera dell’Amore. Aiutaci a servire con la gioia e il sorriso ogni persona che incontriamo. Aiutaci ad essere missionari di Cristo, nostra pace e nostra speranza. Amen!
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CONCISTORO ORDINARIO PUBBLICO

PER LA CREAZIONE DI NUOVI CARDINALI


Martedì, 21 ottobre 2003

Venerati e cari Fratelli!


1. L’odierno incontro costituisce un ulteriore momento di grazia in questi giorni particolarmente densi di eventi ecclesiali. Nel corso del presente Concistoro ho la gioia di imporre la berretta cardinalizia a 30 benemeriti ecclesiastici, riservando “in pectore” il nome di un altro. Alcuni di questi sono miei stretti collaboratori nella Curia Romana; altri svolgono il loro ministero in venerande Chiese di antica tradizione o di recente fondazione; altri ancora si sono distinti nello studio e nella difesa della dottrina cattolica e nel dialogo ecumenico.

A tutti e a ciascuno vada il mio cordiale saluto. In modo speciale, saluto Mons. Jean-Louis Tauran e lo ringrazio per le meditate parole che mi ha rivolto a nome di quanti vengono oggi aggregati al Collegio cardinalizio. Saluto pure con affetto i Signori Cardinali, i venerati Patriarchi, i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i fedeli d’ogni parte del mondo, venuti per far corona a quanti sono oggi elevati alla dignità cardinalizia.

In questa Piazza, come è stato opportunamente sottolineato, risplende oggi la Chiesa di Cristo antica e sempre nuova, raccolta attorno al Successore di Pietro.

2. Arricchito di nuovi membri il Collegio cardinalizio, mentre riflette ancor più la molteplicità di razze e culture che caratterizza il popolo cristiano, pone con nuova evidenza in risalto l’unità di ogni porzione del gregge di Cristo con la Cattedra del Vescovo di Roma.

Voi, venerati Fratelli Cardinali, per il “titolo” che vi è attribuito, appartenete al Clero di questa Città, di cui è Vescovo il Successore di Pietro. In tal modo, da una parte, voi dilatate, in un certo senso, la Comunità ecclesiale che è in Roma sino agli estremi confini della Terra, e, dall’altra, rendete presente in essa la Chiesa universale. Viene espressa, così, la natura stessa del Corpo mistico di Cristo, Famiglia di Dio che abbraccia popoli e nazioni d’ogni dove stringendoli nel vincolo dell’unica fede e carità. Ed è Pietro il fondamento visibile di questa comunione. Nello svolgimento del suo ministero, il Successore del Pescatore di Galilea conta sulla vostra fedele collaborazione; vi chiede di accompagnarlo con la preghiera, mentre invoca lo Spirito Santo perché mai si affievolisca la comunione tra tutti coloro che il Signore “ha eletto vicari del suo Figlio e ha costituito pastori” (Messale Romano, Prefazio degli Apostoli I).

3. Il rosso porpora dell’abito cardinalizio evoca il colore del sangue e richiama l’eroismo dei martiri. E’ il simbolo di un amore per Gesù e per la sua Chiesa che non conosce limiti: amore sino al sacrificio della vita, “usque ad sanguinis effusionem”.

Grande è, pertanto, il dono che vi è fatto, e altrettanto grande la responsabilità che esso comporta. L’apostolo Pietro, nella sua prima Lettera, ricorda quali sono i compiti fondamentali di ogni Pastore: “Pascete il gregge di Dio che vi è affidato - egli dice - …. facendovi modelli del gregge” (1P 5,1-2) . Occorre predicare con la parola e con l’esempio, come pone bene in luce anche l’Esortazione apostolica post-sinodale Pastores gregis, che ho firmato giovedì scorso alla presenza di tanti fra voi. Se questo vale per ogni Pastore, vale ancor più per voi, cari e venerati membri del Collegio cardinalizio.

4. Nella pagina evangelica proclamata poco fa, Gesù indica, con il suo esempio, come portare a compimento questa missione. “Chi vuol essere grande tra voi - Egli confida ai suoi discepoli - si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti” (Mc 10,44). Solo dopo la sua morte, però, gli Apostoli compresero il significato pieno di queste parole e con l’aiuto dello Spirito seppero accettarne fino in fondo l’esigente “logica”.

Questo stesso programma il Redentore continua ad additare a coloro che associa, con il sacramento dell’Ordine, in maniera più stretta, alla sua stessa missione. Egli chiede loro di convertirsi a questa sua “logica”, che è in netto contrasto con quella del mondo: morire a se stessi per farsi servi umili e disinteressati dei fratelli, rifuggendo da ogni tentazione di carriera e di tornaconto personale.

5. Cari e venerati Fratelli, solo se vi farete servi di tutti porterete a compimento la vostra missione e aiuterete il Successore di Pietro ad essere, a sua volta, il “servo dei servi di Dio”, come amava qualificarsi il mio santo predecessore Gregorio Magno.

Si tratta certo di un ideale difficile da realizzare, ma il Buon Pastore ci assicura il suo sostegno. Possiamo contare, inoltre, sulla protezione di Maria, Madre della Chiesa, e dei santi Apostoli Pietro e Paolo, colonne e fondamento del popolo cristiano.

Quanto a me, vi rinnovo l’espressione della mia stima e vi accompagno con un costante ricordo nella preghiera. Iddio vi conceda di spendere interamente la vostra vita per le anime, nelle varie mansioni che Egli vi affida.

A tutti imparto con affetto la mia Benedizione
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GPII Omelie 1996-2005 390