GPII Omelie 1996-2005 11114

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CAPPELLA PAPALE IN SUFFRAGIO DEI CARDINALI E DEI VESCOVI

DEFUNTI NEL CORSO DELL'ANNO - Giovedì, 11 novembre 2004

1. “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Chi mangia di questo pane vivrà in eterno” (Jn 6,51). Così Gesù parla alla folla dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani. Presenta se stesso come la vera manna, donata dal Padre celeste perché gli uomini abbiano la vita eterna (cfr Jn 6,26-58). Queste sue parole, anticipano in un certo modo, il grande dono dell’Eucaristia, sacramento che Egli istituirà nel Cenacolo, durante l’Ultima Cena.

Nella Pasqua si compirà il mistero della sua morte e risurrezione. E’ mistero che costantemente si rende attuale nell’Eucaristia, banchetto mistico, nel quale il Messia dà se stesso in cibo ai convitati, per unirli a sé in un vincolo d’amore e di vita più forte della morte.

2. Signori Cardinali, venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, carissimi Fratelli e Sorelle! Il tema del convito messianico guida la nostra riflessione nel corso di questa celebrazione, durante la quale facciamo memoria dei nostri fratelli Cardinali e Vescovi defunti di recente.

Ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, prendiamo parte alla Cena del Signore che anticipa il banchetto della gloria celeste. A questo glorioso banchetto ci ha invitati a guardare il profeta Isaia, nella prima Lettura poc’anzi proclamata. Esso avrà luogo sul monte santo di Gerusalemme e scaccerà per sempre la morte ed il lutto (cfr Is 25,6 Is 25,8). Anche il Salmo 22 lo evoca nella confortante visione dell’orante ospitato da Dio stesso, che prepara la mensa per lui e gli versa il profumo sul capo (cfr Ps 22,5).

3. Quanta luce diffonde la Parola di Dio sull’odierna liturgia, mentre, uniti in preghiera attorno all’Altare, offriamo il Sacrificio eucaristico in suffragio dei venerati Cardinali e Vescovi, passati da questo mondo al Padre nel corso di quest’anno!

Con affetto mi è caro ricordare, in modo speciale, i Signori Cardinali: Paulos Tzadua, Opilio Rossi, Franz König, Hyacinthe Thiandoum, Marcelo Gonzáles Martín, Juan Francisco Fresno Larraín, James Aloysius Hickey, Gustaaf Joos.

Preghiamo per loro e per gli Arcivescovi e Vescovi defunti, che affidiamo con filiale fiducia alla misericordia divina.

4. Pensando ad essi, rievocandone il servizio generosamente reso alla Chiesa, sembra di sentirli ripetere con l’Apostolo: “La speranza non delude” (Rm 5,5)!

Sì, carissimi Fratelli e Sorelle! Iddio è fedele e la nostra speranza in Lui non è vana. Rendiamo grazie al Signore per tutti i benefici elargiti alla Chiesa mediante il ministero sacerdotale di questi Pastori defunti.

Invochiamo per loro la materna intercessione di Maria Santissima, affinché ottengano di partecipare all’eterno convito. Quello stesso convito che con fede ed amore hanno pregustato durante il pellegrinaggio terreno. Amen!
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PRIMI VESPRI DELLA XXXIII DOMENICA "PER ANNUM"

IN OCCASIONE DEL XL ANNIVERSARIO DEL DECRETO CONCILIARE "UNITATIS REDINTEGRATIO"


Sabato, 13 novembre 2004

Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace" (Ep 2,13 s).


1. Con queste parole della Lettera agli Efesini, l'Apostolo annuncia che Cristo è la nostra pace. In Lui siamo riconciliati; non siamo più stranieri, ma concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù (cfr Ep 2,19 s).

Abbiamo ascoltato le parole di Paolo in occasione di questa celebrazione che ci vede raccolti nella veneranda Basilica edificata sulla tomba dell’Apostolo Pietro. Saluto di cuore i partecipanti alla Conferenza ecumenica convocata per il quarantesimo anniversario di promulgazione del Decreto Unitatis redintegratio del Concilio Vaticano II. Rivolgo il mio saluto ai Cardinali e ai Vescovi partecipanti, ai Delegati fraterni delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, ai Consultori, agli ospiti ed ai collaboratori del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani. Vi ringrazio per aver attentamente riflettuto sul significato di questo importante Decreto e sulle prospettive attuali e future del movimento ecumenico. Questa sera, siamo qui radunati per lodare Dio, dal quale proviene ogni buon regalo ed ogni dono perfetto (Jc 1,17), e per ringraziarlo dei ricchi frutti che, nei quarant'anni trascorsi, con l'aiuto dello Spirito Santo, il Decreto ha recato.

2. L’attuazione di questo Decreto conciliare, voluto dal mio predecessore, il beato Papa Giovanni XXIII, e promulgato da Papa Paolo VI, è stata, sin dall'inizio, una delle priorità pastorali del mio pontificato (Ut unum sint UUS 99). Poiché l'unità ecumenica non è un attributo secondario della comunità dei discepoli (cfr ibid., UUS 9), e l’attività ecumenica non è soltanto una qualche appendice, che si aggiunge all'attività tradizionale della Chiesa (cfr ibid., UUS 20), ma si fonda sul disegno salvifico di Dio di radunare tutti nell'unità (cfr ibid., UUS 5), essa corrisponde alla volontà di nostro Signore Gesù Cristo, che ha voluto una sola Chiesa e ha pregato il Padre, alla vigilia della sua morte, affinché tutti siano una sola cosa (cfr Jn 17,21).

Ricercare l'unità è fondamentalmente aderire alla preghiera di Gesù. Il Concilio Vaticano II, che ha fatto suo questo desiderio di nostro Signore, non ha creato una novità. Guidato ed illuminato dallo Spirito di Dio, esso ha posto in rinnovata luce il senso vero e profondo dell'unità e della cattolicità della Chiesa. La via ecumenica è la via della Chiesa (cfr ibid., UUS 7), la quale non è una realtà ripiegata su se stessa, bensì permanentemente aperta alla dinamica missionaria ed ecumenica (cfr ibid., UUS 5).

L'impegno per il ristabilimento della piena e visibile comunione tra tutti i battezzati non si applica soltanto ad alcuni esperti d'ecumenismo; esso riguarda ogni cristiano, di ogni diocesi e parrocchia, di ogni comunità nella Chiesa. Tutti sono chiamati ad assumere questo impegno e nessuno può sottrarsi dal fare sua la preghiera di Gesù, affinché tutti siano una sola cosa. Tutti sono chiamati a pregare e ad operare per l'unità dei discepoli di Cristo.

3. Questa via ecumenica è quanto mai necessaria oggi, di fronte ad un mondo che cresce verso la sua unificazione, e la Chiesa deve raccogliere nuove sfide per la sua missione evangelizzatrice. Il Concilio ha costatato che la divisione fra i cristiani "è di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del Vangelo" (Unitatis redintegratio UR 1). L'attività ecumenica e l'attività missionaria sono dunque collegate e sono le due vie lungo le quali la Chiesa adempie la sua missione nel mondo ed esprime concretamente la sua cattolicità. Nella nostra epoca assistiamo alla crescita di un erroneo umanesimo senza Dio e constatiamo con profondo dolore i conflitti che insanguinano il mondo. In questa situazione la Chiesa è a maggior ragione chiamata ad essere segno e strumento dell'unità e della riconciliazione con Dio e fra gli uomini (cfr Lumen gentium LG 1).

Il Decreto sull'Ecumenismo è stato uno dei modi concreti con cui la Chiesa ha risposto a questa situazione, ponendosi in ascolto dello Spirito del Signore, che insegna a leggere attentamente i segni dei tempi (cfr Ut unum sint UUS 3). La nostra epoca avverte una profonda nostalgia per la pace. La Chiesa, segno credibile e strumento della pace di Cristo, non può non essere impegnata a superare le divisioni dei cristiani e diventare così sempre più testimone della pace che Cristo offre al mondo. Come non evocare, in tale triste situazione, le parole commoventi dell'Apostolo: "Vi esorto dunque io, prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto. Con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace" (Ep 4,1-3)?

4. I molti incontri ecumenici a tutti i livelli della vita ecclesiale, i dialoghi teologici e la riscoperta dei comuni testimoni della fede, hanno confermato, approfondito e arricchito la comunione con gli altri cristiani, comunione già in qualche misura esistente sebbene non ancora in modo pieno. Non consideriamo più gli altri cristiani come lontani o stranieri, ma vediamo in essi dei fratelli e delle sorelle. "La fraternità universale dei cristiani è diventata una ferma convinzione ecumenica… I cristiani si sono convertiti ad una carità fraterna che abbraccia tutti i discepoli di Cristo" (Ut unum sint UUS 42). Siamo grati a Dio nel constatare come, in questi ultimi decenni, molti fedeli in tutto il mondo siano stati toccati dal desiderio ardente dell'unità di tutti i cristiani. Ringrazio di cuore coloro che si sono fatti strumento dello Spirito ed hanno pregato e operato per questo itinerario di ravvicinamento e di riconciliazione.

Tuttavia non abbiamo ancora raggiunto il traguardo del nostro cammino ecumenico: la comunione piena e visibile nella stessa fede, negli stessi sacramenti e nello stesso ministero apostolico. Grazie a Dio, non poche differenze ed incomprensioni sono state superate, ma molte pietre d'inciampo sono ancora disseminate lungo il cammino. A volte permangono non soltanto malintesi e pregiudizi, ma anche deplorevoli pigrizie e ristrettezze di cuore (cfr Novo millennio ineunte, NM 48), e soprattutto differenze in materia di fede, che si concentrano in massima parte attorno al tema della Chiesa, della sua natura, dei suoi ministeri. Purtroppo siamo posti di fronte anche a problemi nuovi, specialmente in campo etico, dove affiorano ulteriori divisioni, che impediscono la testimonianza comune.

5. So bene che è causa di molte sofferenze e delusioni il fatto che tutte queste ragioni ci vietano - come ho spiegato nell'Enciclica Ecclesia de Eucharistia (nn. EE 43-46) - di partecipare sin da ora al Sacramento dell'unità, condividendo il Pane eucaristico e bevendo al comune Calice della mensa del Signore.

Tutto ciò non deve indurre alla rassegnazione, anzi, al contrario, deve essere di incoraggiamento a continuare e a perseverare nella preghiera e nell'impegno per l'unità. Anche se probabilmente la via da percorrere è ancora lunga e faticosa, essa sarà comunque piena di gioia e di speranza. Ogni giorno, infatti, scopriamo e sperimentiamo l'azione e l'impulso dello Spirito di Dio, che, con gioia, constatiamo all'opera anche nelle Chiese e Comunità ecclesiali non ancora in piena comunione con la Chiesa cattolica. Riconosciamo "le ricchezze di Cristo e le opere virtuose nella vita degli altri, i quali rendono testimonianza a Cristo, talora sino all'effusione del sangue" (Unitatis redintegratio UR 4). Piuttosto che lamentarci di ciò che non è ancora possibile, dobbiamo essere grati e rallegrarci di ciò che già esiste ed è possibile. Fare sin da ora ciò che è possibile ci fa crescere nell'unità e ci dà entusiasmo per superare le difficoltà. Un cristiano non può mai rinunciare alla speranza, perdere il coraggio e l'entusiasmo. L’unità dell’unica Chiesa, che già esiste nella Chiesa cattolica senza possibilità di essere perduta, ci garantisce che un giorno anche l’unità di tutti i cristiani diventerà realtà (cfr ibid., UR 4).

6. Come immaginare il futuro ecumenico? Dobbiamo innanzitutto rafforzare i fondamenti dell'attività ecumenica, cioè la fede comune in tutto ciò che è espresso nella professione battesimale, nel Credo apostolico e nel Credo Niceno-Costantinopolitano. Tale fondamento dottrinale esprime la fede professata dalla Chiesa fin dal tempo degli Apostoli. A partire da questa fede dobbiamo poi sviluppare il concetto e la spiritualità di comunione."Comunione dei santi" e piena comunione non significano astratta uniformità, ma ricchezza di legittima diversità di doni condivisi e riconosciuti da tutti, secondo il noto adagio "in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas".

7. Spiritualità di comunione significa, inoltre, capacità di sentire il fratello cristiano, nell'unità profonda che nasce dal battesimo, "come ‘uno che mi appartiene’, per saper condividere … e prendersi cura dei suoi bisogni, per offrirgli una vera e profonda amicizia" (Novo millennio ineunte, NM 43).

Spiritualità di comunione "è pure capacità di vedere innanzitutto ciò che di positivo c'è nell'altro, per accoglierlo e valorizzarlo come un dono di Dio: un ‘dono per me’ oltre che per il fratello che lo ha direttamente ricevuto. Spiritualità di comunione è infine saper ‘fare spazio’ al fratello, portando ‘i pesi gli uni degli altri’ (Ga 6,2) e respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie. Non ci facciamo illusioni: senza questo cammino spirituale, a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz'anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita" (Novo millennio ineunte, NM 43).

In sintesi, dunque, spiritualità di comunione significa condividere insieme il cammino verso l’unità nell’integra professione di fede, nei sacramenti e nel ministero ecclesiastico (cfr Lumen gentium LG 14 Unitatis redintegratio UR 2).

8. Concludendo, vorrei riferirmi in particolare all'ecumenismo spirituale, che - secondo le parole del Decreto Unitatis redintegratio - è l'anima ed il cuore di tutto il movimento ecumenico (cfr n. 8; Ut unum sint UUS 15-17 UUS 21-27). Sono grato a tutti voi per aver sottolineato durante il convegno tale aspetto centrale per il futuro dell'ecumenismo. Ecumenismo vero non c'è senza interiore conversione e purificazione della memoria, senza santità di vita in conformità con il Vangelo, e soprattutto senza un’intensa ed assidua preghiera che faccia eco alla preghiera di Gesù. A questo proposito, constato con gioia lo svilupparsi di iniziative di preghiera comune ed anche il sorgere di gruppi di studio e di condivisione delle reciproche tradizioni di spiritualità (cfr Direttorio ecumenico, 114).

Dobbiamo comportarci come gli apostoli insieme con Maria, la Madre di Dio, dopo l'Ascensione del Signore; essi si sono radunati nel Cenacolo ed hanno pregato per l'effusione dello Spirito (cfr Ac 1,12-14). Solo Lui, che è lo Spirito di comunione e d'amore, può donarci la piena comunione, che tanto ardentemente desideriamo.

"Veni creator Spiritus!". Amen!
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SANTA MESSA IN OCCASIONE DEL 150° ANNIVERSARIO DELLA DEFINIZIONE DOGMATICA

DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA


Solennità dell'Immacolata Concezione della B.V. Maria

Mercoledì, 8 dicembre 2004

1. "Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te" (Lc 1,28).

Con queste parole dell’Arcangelo Gabriele, ci rivolgiamo alla Vergine Maria più volte al giorno. Le ripetiamo oggi con fervida gioia, nella solennità dell’Immacolata Concezione, ricordando l’8 dicembre 1854, quando il beato Pio IX proclamò questo mirabile dogma della fede cattolica proprio in questa Basilica vaticana.

Saluto cordialmente quanti sono oggi qui convenuti, in particolare gli esponenti delle Società Mariologiche Nazionali, che hanno preso parte al Congresso Mariologico Mariano Internazionale, organizzato dalla Pontificia Accademia Mariana.

Saluto poi tutti voi qui presenti, carissimi Fratelli e Sorelle, venuti a rendere filiale omaggio alla Vergine Immacolata. Saluto in modo speciale, il Signor Cardinale Camillo Ruini, al quale rinnovo gli auguri più cordiali per il suo giubileo sacerdotale, esprimendogli tutta la mia gratitudine per il servizio, che con generosa dedizione ha reso e continua a rendere alla Chiesa come mio Vicario Generale per la Diocesi di Roma e come Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.

2. Quanto grande è il mistero dell’Immacolata Concezione che l’odierna Liturgia ci presenta! Mistero che non cessa di attirare la contemplazione dei credenti e ispira la riflessione dei teologi. Il tema del Congresso ora ricordato - "Maria di Nazaret accoglie il Figlio di Dio nella storia" - ha favorito un approfondimento della dottrina del concepimento immacolato di Maria quale presupposto per l’accoglienza nel suo grembo verginale del Verbo di Dio incarnato, Salvatore del genere umano.

"Piena di grazia", "6gP"D4JTµX<0": con questo appellativo, secondo l’originale greco del Vangelo di Luca, l’Angelo si rivolge a Maria. E’ questo il nome con cui Dio, attraverso il suo messaggero, ha voluto qualificare la Vergine. In questo modo Egli l’ha pensata e vista da sempre, ab aeterno.

3. Nell’inno della Lettera agli Efesini, poc’anzi proclamato, l’Apostolo loda Dio Padre perché "ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo" (Ep 1,3). Con quale specialissima benedizione Dio s’è rivolto a Maria fin dall’inizio dei tempi! Veramente benedetta, Maria, tra tutte le donne (cfr Lc 1,42)!

Il Padre l’ha scelta in Cristo prima della creazione del mondo, perché fosse santa e immacolata al suo cospetto nell’amore, predestinandola quale primizia all’adozione filiale per opera di Gesù Cristo (cfr Ep 1,4-5).

4. La predestinazione di Maria, come quella di ognuno di noi, è relativa alla predestinazione del Figlio. Cristo è quella "stirpe" che avrebbe "schiacciato la testa" all’antico serpente, secondo il Libro della Genesi (cfr Gn 3,15); è l’Agnello "senza macchia" (cfr Ex 12,5 1P 1,19), immolato per redimere l’umanità dal peccato.

In previsione della morte salvifica di Lui, Maria, sua Madre, è stata preservata dal peccato originale e da ogni altro peccato. Nella vittoria del nuovo Adamo c’è anche quella della nuova Eva, madre dei redenti. L’Immacolata è così segno di speranza per tutti i viventi, che hanno vinto satana per mezzo del sangue dell’Agnello (cfr Ap 12,11).

5. Contempliamo quest’oggi l’umile fanciulla di Nazaret santa e immacolata al cospetto di Dio nella carità (cfr Ep 1,4), quella "carità", che nella sua fonte originaria, è Dio stesso, uno e trino.

Opera sublime della Santissima Trinità è l’Immacolata Concezione della Madre del Redentore! Pio nono nella Bolla Ineffabilis Deus, ricorda che l’Onnipotente ha stabilito "con un solo e medesimo decreto l’origine di Maria e l’incarnazione della divina Sapienza" (Pii IX Pontificis Maximi Acta, Pars prima, p. 559).

Il "sì" della Vergine all’annuncio dell’Angelo si colloca nel concreto della nostra condizione terrena, in umile ossequio alla volontà divina di salvare l’umanità non dalla storia, ma nella storia. In effetti, preservata immune da ogni macchia di peccato originale, la "nuova Eva" ha beneficiato in modo singolare dell’opera di Cristo quale perfettissimo Mediatore e Redentore. Redenta per prima dal suo Figlio, partecipe in pienezza della sua santità, Essa è già ciò che tutta la Chiesa desidera e spera di essere. E’ l’icona escatologica della Chiesa.

6. Per questo l’Immacolata, che segna "l’inizio della Chiesa, sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza" (Prefazio), precede sempre il Popolo di Dio, nel pellegrinaggio della fede verso il Regno dei cieli (cfr Lumen gentium LG 58 Enc. Redemptoris Mater RMA 2).

Nella concezione immacolata di Maria la Chiesa vede proiettarsi, anticipata nel suo membro più nobile, la grazia salvatrice della Pasqua.

Nell’evento dell’Incarnazione incontra indissolubilmente congiunti il Figlio e la Madre: "colui che è suo Signore e suo capo e colei che, pronunciando il primo fiat della Nuova Alleanza, prefigura la sua condizione di sposa e di madre" (Redemptoris Mater RMA 1).

7. A Te, Vergine Immacolata, da Dio predestinata sopra ogni altra creatura quale avvocata di grazia e modello di santità per il suo popolo, rinnovo quest’oggi in modo speciale l’affidamento di tutta la Chiesa.

Sii Tu a guidare i suoi figli nella peregrinazione della fede, rendendoli sempre più obbedienti e fedeli alla Parola di Dio.

Sii Tu ad accompagnare ogni cristiano nel cammino della conversione e della santità, nella lotta contro il peccato e nella ricerca della vera bellezza, che è sempre impronta e riflesso della Bellezza divina.

Sii Tu, ancora, ad ottenere pace e salvezza per tutte le genti. L’eterno Padre, che Ti ha voluta Madre immacolata del Redentore, rinnovi anche nel nostro tempo, per mezzo tuo, i prodigi del suo amore misericordioso. Amen!

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SANTA MESSA PER GLI STUDENTI UNIVERSITARI

DEGLI ATENEI ROMANI IN PREPARAZIONE AL SANTO NATALE


Martedì, 14 dicembre 2004

1. “Vieni, o Signore, la terra ti attende!”

L’invocazione, che abbiamo poc’anzi ripetuto ci introduce bene nel clima dell’Avvento – tempo di attesa e di speranza – nel quale si svolge quest’annuale celebrazione liturgica con voi, carissimi universitari.

Sono grato a voi, che ogni anno volete condividere con me l’attesa trepidante della venuta del Signore nel mistero della notte di Betlemme. Grazie perchè come “sentinelle del mattino” volete vegliare – oggi, in queste settimane, e nella vita intera – per essere pronti ad accogliere il Signore che viene.

Saluto con affetto tutti voi: la comunità accademica delle università romane e le delegazioni universitarie di altre città europee; il Signor Vice-Ministro per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca, nonché le altre autorità presenti; saluto i cappellani delle università e i componenti dell’orchestra e dei cori universitari di Roma e del Lazio.

Ringrazio, in modo speciale, il professor Ornaghi e la studentessa, che mi hanno espresso, a vostro nome, cordiali sentimenti e fervidi auguri per il Santo Natale.

2. Cari universitari, siamo nell’Anno dell’Eucaristia e, in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù, voi state riflettendo sul tema: “Eucaristia e verità dell’uomo”. E’ un tema esigente. Infatti davanti al Mistero eucaristico siamo spinti a verificare la verità della nostra fede, della nostra speranza e della nostra carità.

Non si può restare indifferenti quando Cristo dice: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo” (Jn 6,51). Nella coscienza emerge subito la domanda che Egli pone: “Credi che sono Io? Credi davvero?”. Alla luce delle sue parole: “Se qualcuno mangia di questo pane, vivrà in eterno” (ibid.), non possiamo non interrogarci sul senso e il valore del nostro quotidiano.

E che dire poi della domanda sull’amore vero, quando si meditano le parole del Signore: “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” ? (ibid.) Sì. In questo pane, il pane eucaristico, è racchiusa l’offerta salvifica della vita, che Cristo ha immolato per la vita del mondo. Non viene allora spontanea la domanda: “E la mia ‘carne’ – cioè la mia umanità, la mia esistenza – è per qualcuno? E’ colma dell’amore di Dio e della carità per il prossimo? O resta invece imprigionata nel cerchio opprimente dell’egoismo?”

3. Voi, cari universitari, siete alla continua ricerca della verità. Ma non si giunge alla verità dell’uomo solo con i mezzi che offre la scienza nelle sue diverse discipline. Voi sapete bene che è possibile scoprire fino in fondo la verità dell’uomo, la verità di noi stessi, soltanto grazie allo sguardo pieno di amore di Cristo. E Lui, il Signore, ci viene incontro nel Mistero dell’Eucaristia. Non cessate mai, pertanto, di cercarLo e scoprirete nei suoi occhi un attraente riflesso della bontà e della bellezza che Egli stesso ha effuso nei vostri cuori con il dono del suo Spirito. Questo misterioso riflesso del suo amore sia la luce che guida sempre il vostro cammino!

Ecco l’augurio che formulo con affetto a ciascuno di voi, carissimi Fratelli e Sorelle, all’avvicinarsi del Santo Natale. Il Figlio di Dio, che per la nostra salvezza si è fatto uomo, vi porti il coraggio di cercare la verità di voi stessi nella luce del suo amore infinito! E’ ormai vicino il nostro Redentore: andategli incontro! Amen

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SANTA MESSA DI MEZZANOTTE - Venerdì 24 dicembre 2004

1. “Adoro Te devote, latens Deitas”.

In questa Notte, mi risuonano nel cuore le prime parole del celebre Inno eucaristico, che mi accompagna giorno dopo giorno in quest’anno particolarmente dedicato all’Eucaristia.

Nel Figlio della Vergine, “avvolto in fasce” e deposto “in una mangiatoia” (Lc 2,12), riconosciamo e adoriamo “il Pane disceso dal cielo” (Jn 6,41 Jn 6,51), il Redentore venuto sulla terra per dare la vita al mondo.

2. Betlemme! Nella lingua ebraica la città dove secondo le Scritture nacque Gesù significa “casa del pane”. Là, dunque, doveva nascere il Messia, che avrebbe detto di sé: “Io sono il pane della vita” (Jn 6,35 Jn 6,48).

A Betlemme è nato Colui che, nel segno del pane spezzato, avrebbe lasciato il memoriale della sua Pasqua. L’adorazione del Bambino Gesù diventa, in questa Notte Santa, adorazione eucaristica.

3. Adoriamo Te, Signore, realmente presente nel Sacramento dell’altare, Pane vivo che dai vita all’uomo. Ti riconosciamo come nostro unico Dio, fragile Bambino che stai inerme nel presepe! “Nella pienezza dei tempi, ti sei fatto uomo tra gli uomini per unire la fine al principio, cioè l’uomo a Dio” (cfr S. Ireneo, Adv. haer., IV, 20,4) .

Sei nato in questa Notte, nostro divin Redentore, e per noi, viandanti sui sentieri del tempo, ti sei fatto cibo di vita eterna.

Ricordati di noi, eterno Figlio di Dio, che nel grembo verginale di Maria Ti sei incarnato! L’intera umanità, segnata da tante prove e difficoltà, ha bisogno di Te.

Resta con noi, Pane vivo disceso dal Cielo per la nostra salvezza! Resta con noi per sempre. Amen!
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CELEBRAZIONE DEI VESPRI E DEL TE DEUM DI RINGRAZIAMENTO

PER LA FINE DELL’ANNO

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Venerdì, 31 dicembre 2004

1. Un altro anno si chiude. Con viva consapevolezza della fugacità del tempo, siamo raccolti questa sera per rendere grazie a Dio di tutti i doni che Egli ci ha fatto nell’arco del 2004.

Lo facciamo con il canto tradizionale del Te Deum.

2. Te Deum laudamus!

Ti rendiamo grazie, o Padre, perché, nella pienezza del tempo, hai mandato il tuo Figlio (cfr Ga 4,4) non per giudicare il mondo, ma per salvarlo con immenso amore (cfr Jn 3,17).

Ti rendiamo grazie, Signore Gesù nostro Redentore, perché hai voluto assumere da Maria, Madre sempre Vergine, la nostra natura umana. In quest’Anno dell’Eucaristia, vogliamo ringraziarTi con più intenso fervore per il dono del tuo Corpo e del tuo Sangue nel Sacramento dell’altare.

Ti lodiamo e ringraziamo, Spirito Santo Paraclito, perché ci rendi consapevoli della nostra adozione filiale (cfr Rm 8,16) e ci insegni a rivolgerci a Dio chiamandolo Padre, "Abbà" (cfr Jn 4,23-24 Ga 4,6).

3. Carissimi Fratelli e Sorelle della Comunità diocesana di Roma! E’ a voi che rivolgo ora il mio cordiale saluto, in questo nostro incontro di fine d’anno. Saluto innanzitutto il Cardinale Vicario, i Vescovi ausiliari, i sacerdoti, le persone consacrate e ogni componente del popolo cristiano. Saluto con deferenza il Presidente della Regione, il Sindaco di Roma, il Presidente della Provincia e le altre Autorità civili presenti.

Carissimi Fratelli e Sorelle, ringraziamo insieme Dio per le manifestazioni di bontà e di misericordia con cui ha accompagnato, in questi mesi, il cammino della nostra Città. Porti Egli a compimento ogni progetto apostolico e ogni iniziativa di bene.

4. "Salvum fac populum tuum, Domine", "Salva il tuo popolo, Signore". Te lo domandiamo questa sera, per mezzo di Maria, celebrando i Primi Vespri della festa della sua divina Maternità.

Santa Madre del Redentore, accompagnaci in questo passaggio al nuovo anno. Ottieni per Roma e per il mondo intero il dono della pace. Madre di Dio, prega per noi!


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SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO

E NELLA XXXVIII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Sabato 1° gennaio 2005




1. "Salve, Madre santa: tu hai dato alla luce il Re che governa il cielo e la terra per i secoli in eterno" (Antifona d’ingresso).

Nel primo giorno dell’anno, la Chiesa si raccoglie in preghiera dinanzi all’icona della Madre di Dio, ed onora con gioia Colei che ha dato al mondo il frutto del suo seno, Gesù, il "Principe della pace" (Is 9,5).

2. E’ ormai consolidata tradizione celebrare in questo stesso giorno la Giornata Mondiale della Pace. In tale occasione sono lieto di formulare fervidi auguri agli illustri Ambasciatori del Corpo Diplomatico presso la Santa Sede. Uno speciale saluto rivolgo agli Ambasciatori dei Paesi particolarmente colpiti in questi giorni dall’immane cataclisma abbattutosi su di essi.

Il mio pensiero si estende con gratitudine ai Membri della Segreteria di Stato, guidati dal Cardinale Angelo Sodano, come anche ai Componenti del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ed in particolare al loro Presidente, il Cardinale Renato Martino.

3. La Giornata Mondiale della Pace costituisce un invito ai cristiani e a tutti gli uomini di buona volontà a rinnovare il loro deciso impegno di costruire la pace. Ciò presuppone l’accoglienza di un’esigenza morale fondamentale, ben espressa dalle parole di san Paolo: "Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male" (Rm 12,21).

Di fronte alle molteplici manifestazioni del male, che purtroppo feriscono la famiglia umana, l’esigenza prioritaria è promuovere la pace utilizzando mezzi coerenti, dando importanza al dialogo, alle opere di giustizia, ed educando al perdono (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2005, 1).

4. Vincere il male con le armi dell’amore diviene il modo con cui ciascuno può contribuire alla pace di tutti. E’ questa la via sulla quale sono chiamati a camminare cristiani e credenti di religioni diverse, insieme con quanti si riconoscono nella legge morale universale.

Carissimi Fratelli e Sorelle, promuovere la pace sulla terra è la nostra comune missione!

Ci aiuti la Vergine Maria a realizzare le parole del Signore: "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9).

Buon Anno a tutti! Sia lodato Gesù Cristo!






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CAPPELLA PAPALE PER LE ESEQUIE DELL’EM.MO CARD. JAN PIETER SCHOTTE



Venerdì, 14 gennaio 2005




1. “Beati gli operatori di pace…” (Mt 5,9). Le parole di Cristo ci illuminano e confortano in questa mesta liturgia, con la quale prendiamo commiato dal venerato Fratello, il caro Cardinale Jan Pieter Schotte.

Egli è stato un uomo di pace! Ha fatto del valore della pace uno dei punti qualificanti del suo lungo ed intenso servizio alla Chiesa universale e, in particolare, alla Santa Sede. Era così convinto che il cristiano deve testimoniare la pace, da scegliere come motto episcopale: “Parare viam Domino pacis”. Nel motto è riconoscibile il riferimento a san Giovanni Battista, Patrono della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria, alla quale egli apparteneva. Compito del Battista, infatti, era quello di “preparare le strade al Signore” (cfr Lc 1,76). Il Cardinale Schotte volle aggiungere l’esplicita menzione della pace ponendola accanto al nome del Signore - “Parare viam Domino pacis” - quasi a sottolineare che solo nell’accoglienza di Cristo e del suo Vangelo si può raggiungere la vera pace (cfr Sg 3,3).

2. Dopo aver svolto importanti mansioni all’interno della sua Famiglia religiosa, il defunto Cardinale per oltre trent’anni ha generosamente e instancabilmente messo a disposizione della Curia Romana le sue molteplici doti di intelligenza, di umanità e di spiritualità, ricoprendo vari incarichi. Penso al lavoro da lui svolto dapprima in Segreteria di Stato, poi nella Pontificia Commissione “Iustitia ed Pax”, dalla quale lo chiamai, in seguito, a svolgere il ruolo di Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi. Né posso dimenticare quanto egli ha fatto, tra l’altro, in qualità di Presidente dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica.

Instancabile artefice di comunione, egli ha collaborato attivamente all’universale sollecitudine pastorale del Successore di Pietro.

3. Ricordiamo questo nostro caro e venerato Fratello come testimone dell’amore che proviene da Dio e che costituisce il fondamento dell’unità della Chiesa (cfr 1Jn 3,14-16). Ci conforta la speranza che egli stia ora contemplando faccia a faccia il “Signore della pace”, che tanto ha amato e generosamente servito durante la vita.

Lo accolga Iddio misericordioso nel suo Regno di pace. Lo accompagni la Vergine Immacolata a ricevere il premio promesso ai servi buoni e fedeli del Vangelo. Amen!







GPII Omelie 1996-2005 11114