GPII 1988 Insegnamenti - Visita pastorale del Vescovo di Roma - Roma


1. "Regem venturum Dominum venite adoremus".

Con tale invocazione la Chiesa inizia la "preghiera delle ore" nella prima domenica dell'Avvento.

"Regem venturum..." Una settimana fa la fine dell'anno liturgico è stata segnata dalla solennità di Cristo Re.

Questa solennità non soltanto chiude il ciclo di un anno liturgico, ma ne fa vedere anche la definitiva prospettiva: Cristo consegnerà l'intera umanità e, insieme con essa, tutte le creature al Padre come Regno di Dio. Il fine della creazione e della redenzione è che "Dio sia tutto in tutti" (1Co 15,28).

Oggi ritorniamo di nuovo all'inizio.

Incomincia il nuovo ciclo liturgico della Chiesa. E questo inizio liturgico è nello stesso tempo un ricordo di quell'inizio che tutto il creato, e soprattutto l'uomo, ha avuto in Dio.

La fine "guarda", per così dire, l'inizio - e l'inizio "guarda" la fine.

Mediante la storia della creazione si sviluppa e si avvicina ciò che costituisce la sua realtà definitiva: il Regno di Dio. E perciò tutta la storia e un avvento.


2. Questa verità dell'Avvento nella storia dell'uomo viene espressa dal salmista: "Fammi conoscere, Signore, le tue vie, / insegnami i tuoi sentieri. / Guidami nella tua verità e istruiscimi / perché sei tu il Dio della mia salvezza, / in te ho sempre sperato" (Ps 25[24],4-5).

Così dice l'uomo. così prega l'uomo. Con tali parole esprime la verità circa l'avvento di Dio inscritta nel suo essere creato: nel suo cuore, nella sua coscienza.

Avrà questo grido una risposta? Il salmista ne è certo della certezza che gli viene dalla sua fede; egli infatti proclama: "Buono e retto è il Signore / la via dei giusti addita ai peccatori; / guida gli umili secondo giustizia, / insegna ai poveri le sue vie" (Ps 25[24],8-9).

Questa certezza deriva dal mistero dell'alleanza, che Dio ha concluso col popolo eletto e con l'umanità intera: "Tutti i sentieri del Signore sono verità e grazia / per chi osserva il suo patto e i suoi precetti... / Il Signore si rivela a chi lo teme, / gli fa conoscere la sua alleanza" (Ps 10 Ps 14).


3. Dio si rivela! Questo rivelarsi di Dio all'uomo merita il nome di buona novella.

Il suo inizio - ciò che chiamiamo il "proto-vangelo" - è collegato all'inizio della storia dell'uomo nella divina rivelazione. E' unito direttamente al primo peccato originale.

Il proto-vangelo si trova nel libro della Genesi, e la liturgia del prossimo 8 dicembre ci ricorderà le parole con le quali è stato espresso.

In queste parole il disegno di Dio assume la forma di una promessa.


4. Il Popolo d Dio dell'antica alleanza, Israele, portava dentro di sè il ricordo di tale promessa. Ha vissuto di essa e ha vissuto per essa. La sua storia divenne un'attesa storica.

"Ecco verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali io realizzero le promesse di bene che ho fatto alla casa di Israele ed alla casa di Giuda. In quei giorni e in quel tempo faro germogliare per Davide un germoglio di giustizia... In quei giorni Giuda sarà salvato" (Jr 33,14-16).

Abbiamo ascoltato queste parole del profeta Geremia nella prima lettura.

Esse testimoniano che nella storia del popolo eletto l'eterno disegno di Dio divenne promessa, l'avvento rivesti la sua forma storica e divenne attesa.

Iniziando il nostro Avvento liturgico entriamo in questa attesa del Popolo di Dio dell'antica alleanza. Benché essa appartenga già al passato, la facciamo nostra. La rendiamo attuale. Aspettiamo la notte della vigilia di Natale, in cui riviviamo la realizzazione della promessa di Dio.


5. Ma questo avvento si è già storicamente realizzato. Viviamo nella luce del Vangelo, cioè nel mistero rivelato da Dio all'umanità in Gesù Cristo.

Siamo suoi discepoli e seguaci. Siamo battezzati, cioè immersi, con la potenza dello Spirito Santo, nel mistero pasquale di Cristo: nella sua morte e risurrezione.

L'avvento ha per noi ancora un altro significato. Sappiamo che il Regno di Dio per opera di Cristo è già in noi e in mezzo a noi. E tuttavia non cessa di venire, per questo preghiamo insistentemente "venga il tuo Regno". Cristo stesso ci ha insegnato questa preghiera.

E Cristo parla pure, nell'odierno Vangelo secondo san Luca, della venuta del Figlio dell'uomo e dei segni di quest'ultima venuta "con potenza e gloria grande" (Lc 21,27), esortandoci con queste precise parole: "Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina" (Lc 21,28).

Questa liberazione, o redenzione, si è già compiuta, tuttavia essa deve compiersi ancora sino alla fine.

Questo non è già l'avvento storico, ma quello escatologico: noi tutti camminiamo verso le realtà ultime. Cristo ci mostra che la redenzione nella sua pienezza escatologica significa la realizzazione degli eterni destini dell'uomo (e del mondo) in Dio: quando Dio sarà "tutto in tutti" (cfr. RH 10).


6. Nello spirito di questo avvento escatologico visse e testimonio la fede cristiana santa Melania Juniore, che voi venerate come celeste patrona della vostra comunità parrocchiale. Nata a Roma nel quarto secolo dalla nobile ed illustre famiglia dei Valerii, non dubito di abbandonare agiatezze ed onori per dedicarsi ad una vita di preghiera e di penitenza. Per entrare in più profonda intimità col Signore Gesù si ritiro prima in una villa suburbana e poi sul Monte degli Ulivi, a Gerusalemme, dove la nonna, che portava lo stesso nome, aveva fondato un monastero femminile. Nell'attesa dell'incontro finale col Signore, delizia dei santi, ella ne ripercorse gli itinerari terreni, visitando quei luoghi che furono testimoni del suo passaggio su quella Terra benedetta; contemplando i principali misteri della sua vita, specialmente la natività a Betlemme; la morte e risurrezione a Gerusalemme; l'ascensione sul monte degli Ulivi, dove trascorse quasi un trentennio, fino alla morte, e dove lascio un ricordo incancellabile sia per l'esempio di perfezione evangelica, sia per le numerose elargizioni in favore dei poveri.

Ringrazio Iddio che mi ha concesso di celebrare questa prima domenica di Avvento del 1988 in mezzo a voi, cari fratelli e sorelle, e in questo quartiere di Casal Palocco che desidera far proprie le virtù della protettrice, la cui vita fu una costante attesa del Signore.


7. Unitamente al Cardinale vicario, Ugo Poletti, ed al Vescovo ausiliare del settore, monsignor Clemente Riva, saluto tutti voi qui presenti e tutti i vostri cari, che sono rimasti a casa. Saluto, in particolare, padre Bruno Moràs e i suoi collaboratori, religiosi della Congregazione dei Figli della Carità, detti comunemente Canossiani, ai quali è affidata la cura pastorale di questa giovane e popolosa zona del Sud in Roma. Saluto anche gli altri rappresentanti, membri di questa comunità canossiana insieme con il loro preposito generale.

Rivolgo pure un cordiale saluto a quanti lavorano e si prodigano per l'annuncio del Vangelo, per la salvezza delle anime e per l'aiuto caritatevole ai bisognosi di assistenza morale e materiale. Il mio grato pensiero va alle comunità religiose delle Suore Francescane Missionarie di Assisi e di quelle di Gesù Buon Pastore; ai gruppi dei catechisti, di Caritas e Missioni, del coro di santa Melania, dell'Apostolato della Preghiera e di animazione culturale. Saluto particolarmente il gruppo amministrativo, che si è impegnato generosamente per la raccolta dei fondi per la costruzione di questo complesso parrocchiale, che ha pochi anni di vita, ma che già ha acquisito il senso dello stare insieme e la gioia del partecipare alla liturgia eucaristica, dove si rinnova il sacrificio salvifico di Cristo per la redenzione del mondo.

Questa Chiesa è stata costruita col vostro generoso contributo. Ne siete giustamente fieri e la sentite vostra. Frequentatela regolarmente per attingere in essa la forza spirituale e per riflettere sul senso della vostra vita e sulle ragioni della vostra fede. Sia veramente essa un luogo di preghiera, di adorazione e di gratitudine a Dio per le meraviglie che egli compie nelle anime di buona volontà.

Mi compiaccio per le varie organizzazioni che operano nell'ambito della parrocchia: si tratta di buone iniziative, anche se il numero degli aderenti potrà ancora crescere. Continuate a svolgere in maniera metodica la catechesi a tutte le categorie di persone dai bambini delle classi elementari agli adolescenti, ai giovani fino ai genitori che devono essere anch'essi maestri di dottrina, oltre che di vita cristiana. Continuate in questa opera di formazione interiore, facendo perno sulla devozione eucaristica, sull'esempio di santa Melania che passava intere notti in adorazione del Signore, nascosto sotto i segni del pane e del vino.

In questo modo la vostra partecipazione alla vita della parrocchia renderà più ferma la vostra fede, più sicura la vostra speranza e piu ardente la carità. E dalle vostre famiglie verranno fuori cristiani coerenti e fedeli, generosi e sensibili verso i fratelli, specialmente verso coloro che sono emarginati, deboli, esclusi, ammalati o irretiti nell'uso della droga.


8. Ed ora la nostra riflessione si fa preghiera, perché in tutto possiamo essere graditi a Dio. Ci esorta a questo l'apostolo Paolo: "Per il resto, fratelli: vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù: avete appreso da noi come comportarvi in modo da piacere a Dio, e così già vi comportate; cercate di agire sempre così per distinguervi ancora di più" (1Th 4,1).

Prendiamo a cuore queste parole che l'Apostolo rivolge anche a noi, consapevole della piena realizzazione delle promesse di Dio, in Gesù Cristo.

Anche le altre parole di Paolo hanno l'eloquenza di un ulteriore avvento, quando l'Apostolo dice: "il Signore vi faccia crescere e abbondare nell'amore vicendevole e verso tutti" (1Th 3,12).

Questo è l'avvento che siamo chiamati a vivere alla fine di questo secondo millennio, dopo il primo avvento storico.

Così sia! [Alle comunità religiose femminili] Non so se voi sapete che cosa vuol dire andare a Canossa. Da giovane ho imparato, studiando la storia, che c'era un imperatore germanico che doveva andare a Canossa e umiliarsi davanti al Papa. Questa associazione mentale mi è rimasta per tutta la vita: andare a Canossa. Invece qui ho conosciuto un'altra realtà: Maddalena di Canossa. L'abbiamo venerata e celebrata poco tempo fa. Grazie a Dio ha avuto anche fortuna la sua Famiglia, specialmente quella femminile, che è molto numerosa. Un po' meno numerosa è quella maschile, ma penso che la qualità bilanci anche la quantità.

Volevo dirvi questo per sottolineare che oggi per me andare a Canossa vuol dire venire in questa parrocchia dell'antica Ostia. Venire in questa parrocchia per me allora vuol dire venire a Canossa, perché sono i canossiani che hanno accettato di essere i parroci, i pastori, gli animatori di questa parrocchia. E voi carissime, non solamente canossiane ma anche delle altre congregazioni qui presenti, siete pronte a camminare avanti e a portare avanti questa comunità cristiana assieme ai vostri fratelli canossiani.

Vi auguro di trovare la vera felicità nella vostra vocazione religiosa, in questa vocazione che è una grande grazia, un grande mistero dell'amore di Cristo, divino sposo, per un'anima umana, femminile o maschile, ma sempre sposa. E vi auguro di portare i frutti della vostra presenza, della vostra testimonianza, del vostro apostolato, diversificato secondo i vostri carismi e anche secondo i diversi bisogni pastorali della comunità di Santa Melania Juniore.

Mi rallegro anche perché ci sono parecchie novizie. Non avevo pensato che fossero novizie, me lo hanno detto loro. Il Signore vi benedica tutte e vi benedica anche con le novizie, con le vocazioni.

[Ai rappresentanti dei gruppi che svolgono attività pastorali] Grazie per queste parole. Un grazie per questo generoso dono per le necessità dei più bisognosi. Mi rendo conto che voi, cari fratelli e sorelle, avete quasi tutti la vostra famiglia. La vostra sollecitudine immediata, principale è per questa famiglia domestica, che è chiamata anche Chiesa domestica.

Giustamente si chiama così. Ma avete scoperto una realtà più vasta. Avete scoperto che anche la vostra parrocchia è una famiglia e deve essere trattata, vissuta come una famiglia.

Nella famiglia, come ha sottolineato il vostro rappresentante, c'è la comunione tra tutti. Ciascuno è sollecito per gli altri, almeno dovrebbe essere così. E se questo manca, anche la famiglia manca un po' della sua consistenza morale.

La parrocchia, dunque, è una famiglia più vasta. così anche il Concilio Vaticano II nella "Lumen Gentium", la costituzione dogmatica della Chiesa sulla Chiesa, dice che uno dei nomi della Chiesa è famiglia di Dio. In questa famiglia, Dio è presente e tutti i suoi membri si sentono di appartenere a lui soprattutto, al Padre attraverso il Figlio e nello Spirito Santo, partecipando della vita trinitaria divina. Ma dentro questa realtà soprannaturale, divina, partecipata da noi, c'è una realtà umana che deve crescere nella misura di questa vocazione divina ricevuta da Dio in Gesù Cristo.

Così avete scoperto la vostra parrocchia come un ambiente in cui si deve vivere anche una sollecitudine, un amore vicendevole. Questa sollecitudine si esprime in modi diversi, ma in modi molto simili a quelli della famiglia domestica, della Chiesa domestica. Le preoccupazioni dei genitori nell'insegnare ed educare i propri figli sono le stesse della parrocchia che deve insegnare e catechizzare. E ciò vuol dire anche educare a una maturità cristiana, maturità mentale, maturità spirituale, personale.

Poi ci sono ancora tanti altri impegni: la cura dei malati, dei bisognosi. Un cuore aperto, largamente aperto; un cuore e un'anima: creare questa realtà della parrocchia è un grande impegno. Tale impegno ha bisogno di persone impegnate, non solamente dei sacerdoti, neanche soltanto delle suore, delle religiose, ma anche di tanti laici impegnati. Laici che hanno le proprie famiglie, che possono impegnarsi nella parrocchia avendo presente l'esperienza della loro famiglia, condividendo le preoccupazioni del parroco, dei sacerdoti, ma condividendo soprattutto le preoccupazioni di Gesù Buon Pastore. Perché il vero pastore dappertutto, nella Chiesa, in ogni Chiesa, universale o particolare, diocesana, locale, è lui: il Buon Pastore.

Voi impegnandovi nei diversi compiti apostolici, pastorali, della vostra parrocchia diventate anche collaboratori, cooperatori di questo Buon Pastore, Gesù Cristo. E ciò penso vi aiuti anche a svolgere meglio i vostri compiti nelle vostre famiglie e anche nella vostra professione, nel vostro lavoro quotidiano.

Così continua e si sviluppa la cristianizzazione della vita sociale, della vita romana, della vita italiana. La cristianizzazione non è solamente un fatto sacramentale, né tanto meno solo un fatto formale, ma è anche un fatto sociale o socio-apostolico. Deve sempre realizzarsi, svilupparsi. così la parrocchia progredirà come comunità cristiana.

Vi auguro di continuare su questa strada. La parrocchia è giovane, siete la prima fondata, segnata dal nuovo Papa, con dieci anni di vita parrocchiale. Mi congratulo con voi per questa data e mi congratulo con voi anche per la vostra patrona. Avete scelto bene come patrona santa Melania, una santa, vergine, figura molto significativa fin da secoli lontani, ma che sembra molto vicina. E sembra molto legata al periodo di Avvento del Natale. così nel nome di santa Melania, auguro anche un buon Avvento e buon Natale a voi, alle vostre famiglie e alla vostra parrocchia.

[L'incontro con i gruppi giovanili] Sono molto contento di incontrare tanti giovani della vostra parrocchia nella chiesa. Ho ascoltato molto attentamente le parole rivoltemi dai due rappresentanti, una giovane e un giovane, e ciò che mi ha colpito prima è stato il fatto che per voi giovani la parrocchia, questa parrocchia, è un vero punto di riferimento. Ciò è importante perché ci dice due cose. Ci dice che voi come giovani trovate in questo ambiente che si chiama parrocchia di Santa Melania un luogo per la vostra crescita, crescita soprattutto spirituale, ma anche personale, umana; crescita certamente attraverso i contatti, attraverso una mutua comunicazione, una comunione con gli altri.

Ciò è un bene, ci dice quale realtà è la Chiesa. Voi giovani in questa parrocchia incontrate, trovate la realtà della Chiesa come tale, come viene presentata da Gesù Cristo, nei Vangeli, dagli apostoli, da san Paolo, da san Pietro, nelle lettere, negli Atti degli Apostoli e da tutta la Tradizione.

Poi in questa parrocchia voi trovate anche la comunità. L'uomo non vive da solo, vive con gli altri; vive con gli altri e crea la comunità o cerca le comunità in cui potrebbe vivere più pienamente. Questa parrocchia vi dà la possibilità, apre la possibilità di una vita comunitaria autentica, sempre più approfondita.

E' questa la prima osservazione legata alle parole della vostra rappresentante.

Riguardo al secondo intervento del vostro collega, voglio osservare che i giovani fanno molto volentieri anche i giornalisti. Conosco, ho esperienza di questo, di tanti giornalisti che, potrei anche dire, mi aggrediscono durante i miei viaggi in aereo e mi rivolgono domande. Naturalmente il vostro collega è un giornalista molto delicato. Vorrei dare una risposta alla sua, alla vostra domanda comune.

Certamente ho esperienza sempre maggiore della Chiesa universale, delle diverse Chiese nei Paesi, nei continenti e, in queste Chiese, anche dei giovani.

Direi che fra le esperienze della Chiesa e nelle Chiese quella con i giovani è una delle principali. così avevo cominciato a fare ancora prima di venire a Roma e così si continua.

Devo dirvi che questa realtà dei giovani è in un certo senso molto simile dappertutto. Quella dei giovani è una fascia di età che si assomiglia un po' dappertutto, indipendentemente dalle razze. Lo si vede anche da questi vostri parrocchiani di un altro colore, che si sentono tra voi come nella propria parrocchia, nel proprio ambiente; non si sentono alienati, si sentono a casa.

Questa è la prima osservazione, ma c'è anche una grande differenza tra i Paesi, tra le società e tra i giovani. Molti giovani del mondo, molti giovani di diversi Paesi e di diverse Chiese, soffrono. Potrei dire, dovrei dire che la loro vita è molto più difficile della vostra facendo un paragone con criteri direi non scientifici, ma con criteri pastorali. La loro vita è molto triste, difficile. La loro giovinezza e molto più difficile; l'accesso alla scuola, agli studi è più difficile.

Ecco che questa costatazione mi porta a citare le parole di Gesù. Gesù disse una volta: da chi ha più ricevuto si domanderà di più, si esigerà di più.

Allora con tutte le difficoltà che sperimentate anche voi nella vostra società italiana progredita economicamente, socialmente, con tutto questo, pensate una volta alla vostra situazione privilegiata e a queste parole di Gesù: da chi ha più ricevuto si domanderà di più. Ciò vi sia di guida, come parola d'ordine, come luce per comportarvi verso gli altri.

Vi auguro di essere giovani felici. Aggiungerei ancora che avete una giovane patrona, Melania, e allora vi auguro di seguire il suo esempio dl giovani seguaci di Cristo nella verità, nella verità e nella carità per gli altri.

Questo è l'augurio per ciascuno di voi e per la comunità.


Data: 1988-11-27 Data estesa: Domenica 27 Novembre 1988




Messaggio per la Giornata mondiale sull'AIDS - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La condizione umana dei malati di AIDS richiede speciale aiuto e solidarità

Testo:

Al Dottor Hiroshi Nakajiama Direttore generale dell'Organizzazione mondiale della Sanità.

Nell'istituire l'Organizzazione mondiale della Sanità, circa quarant'anni fa, la comunità internazionale dei popoli si proponeva di raggiungere uno dei più nobili scopi cui possa aspirare l'uomo dei nostri giorni: assicurare a tutti i popoli il miglior benessere fisico e mentale delle persone grazie alla cooperazione economica e sanitaria fra gli Stati, alla ricerca scientifica e alla lotta contro ogni tipo di malattia.

Il programma messo a punto dall'Organizzazione mondiale della Sanità nella prospettiva del nuovo millennio, "la salute per tutti - tutti per la salute", indica il fine di questa prima Giornata mondiale di dialogo e di informazione sulla sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), che si propone di sensibilizzare l'opinione pubblica e le pubbliche autorità nella lotta contro una malattia la cui gravità suscita una comprensibile preoccupazione a tutti i livelli.

Mi associo volentieri a questa iniziativa e desidero esprimere ad essa il mio sostegno morale, poiché siamo convinti che questa malattia non attenti soltanto al corpo, ma a tutta la persona umana ed anche ai rapporti interpersonali e alla vita sociale.

In ogni tempo, gli organi della societa incaricati di vegliare sulla salute pubblica sono stati chiamati ad intraprendere ogni sforzo possibile per assicurare la sua difesa; ma questo non può farsi se non nel rispetto di ogni persona e di tutta la persona, prevenendo la diffusione della malattia e prendendosi cura di coloro che ne sono colpiti. Il grado di civiltà di ogni società potrà essere misurato dalla maniera in cui ciascuna saprà rispondere alle esigenze della vita ed alle sofferenze della persona umana, poiché la fragilità dell'umana condizione esige appunto la più vasta solidarietà nella difesa del carattere sacro della vita, dal suo inizio sino al suo termine naturale, in ciascun istante ed in ogni fase della sua evoluzione.

La Chiesa cattolica, che ha ricevuto dal suo fondatore, Gesù Cristo, l'eredità di rapporti privilegiati ed attenti verso coloro che soffrono, e questo da sempre, non rimane certo indifferente dinanzi alla sorte di questa nuova categoria di malati. Anche loro devono essere considerati come fratelli e sorelle, la cui condizione umana suscita una particolare forma di solidarietà e di aiuto.

Nell'auspicio che la celebrazione di questa prima Giornata mondiale sull'AIDS contribuisca a rafforzare, sul piano internazionale, l'impegno comune contro una tale malattia ed in favore delle persone che ne sono colpite, desidero assicurarle che la Chiesa cattolica, attraverso le sue istituzioni, non mancherà di circondare d'una sollecitudine particolare questa parte dell'umanità sofferente, oggetto del mio affetto e della mia preghiera.

Città del Vaticano, 28 novembre 1988.


Data: 1988-11-28 Data estesa: Lunedi 28 Novembre 1988




A Deputati danesi al Parlamento Europeo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Unità e collaborazione per il servizio alla dignità e alla vocazione dell'uomo

Testo:

Signore e signori.

La ringrazio, signora Jepsen, per le sue gentili parole. Sono davvero lieto di ricevervi, membri danesi del Parlamento Europeo, con i vostri collaboratori e alcuni familiari.

Esprimo le mie condoglianze, signora Toksvig, per la recente scomparsa di suo marito che doveva guidare il vostro gruppo in questa visita.

La vostra presenza qui oggi, come membri del Parlamento Europeo, richiama subito alla mente il recente gioioso avvenimento della beatificazione di un vostro connazionale, Niels Stensen, scienziato del diciassettesimo secolo e, successivamente, sacerdote e Vescovo. La sua vita e il suo lavoro hanno una fisionomia decisamente europea, nel senso che egli ha incarnato con particolare evidenza alcuni aspetti delle tradizioni culturali europee. Egli si è impegnato profondamente nella ricerca della verità:la verità scientifica sul corpo umano e il mondo inanimato, come anche la verità morale e religiosa che tocca la vita umana nel suo più profondo significato e scopo.

Come ho ricordato ai pellegrini danesi venuti a Roma per la beatificazione: "Niels Stensen ci sfida soprattutto come europeo... Questo famoso figlio di Danimarca si reco ad Amsterdam, a Leyda, a Parigi e Firenze, sua seconda patria. Il suo ministero di Vescovo lo condusse a Hannover, Monaco, Amburgo e Schwerin. In tutti questi luoghi egli fu testimone della stessa verità, la stessa scienza, la stessa volontà di Dio. In tutti questi luoghi egli si incontro con la persona umana, la più drammatica e meravigliosa creatura della terra. E noi guardiamo agli sforzi attuali per costruire l'unità europea in una simile prospettiva...?" ("Allocutio ad peregrinos Danos in urbe Roma pervenutos occasione oblata Beatificationis Servi Dei Niels Stensen": Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 3 [1988] 1301).

Miei cari amici: come membri del Parlamento Europeo voi siete pienamente consapevoli che la maggiore unità e collaborazione nel continente non è un fine in se stesso, ma un mezzo per dare una vita migliore e un benessere più diffuso ai popoli dell'Europa.

La persona umana, con la sua unica dignità e i suoi diritti inalienabili e la sua vocazione spirituale è la causa cui servite. Questo è stato un punto essenziale del mio messaggio all'assemblea Parlamentare di Strasburgo e sono lieto di risentire un'eco di questa mia preoccupazione nell'odierno ponderoso indirizzo di saluto della signora Jepsen. In questo potete essere certi del sostegno e dell'appoggio della Chiesa.

Volentieri invoco la benedizione divina su voi e le vostre famiglie, sulla Danimarca e tutti i suoi abitanti, che incontrero con gioia nel giugno del prossimo anno, in uno spirito di amore e comunione fraterna. Il Signore sia con voi!


Data: 1988-11-28 Data estesa: Lunedi 28 Novembre 1988




Le credenziali del nuovo ambasciatore della Repubblica Araba d'Egitto - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una giusta e durevole pace per tutto il Medio Oriente: un augurio che si fa invocazione

Testo:

Signor ambasciatore.

Sono lieto di darle un cordiale benvenuto e di ricevere le lettere credenziali, che l'accreditano come ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica Araba di Egitto.

La ringrazio vivamente per avermi trasmesso il cortese saluto e gli auguri del signor Presidente Mohamed Hosni Mubarak e la prego di assicurarlo dei miei sentimenti di stima e di considerazione, così come del grato ricordo che io serbo del nostro incontro del febbraio scorso.

Le nobili espressioni, che vostra eccellenza mi ha rivolto, testimoniano lo spirito col quale ella si propone di svolgere l'alta missione a cui è qui chiamata.

Desidero sottolineare con vivo apprezzamento quanto ella ha detto circa la comune volontà dei suoi concittadini, cristiani e musulmani, di cooperare con impegno concorde alla costruzione di una società sempre più unita e fraterna, nell'armonica e pacifica convivenza di tutte le sue componenti. Infatti, solamente la comprensione ed il rispetto reciproco, insieme con l'attaccamento di tutti alle più alte tradizioni religiose, alla cultura ed all'identità nazionale, favoriscono il raggiungimento del benessere spirituale e materiale, che costituisce l'obiettivo di ogni società.

Non c'è dubbio che la storica presenza in Egitto di diverse comunità religiose, accomunate dalla fede nell'unico Dio, costituisca di per sè una grande ricchezza. Ciascuna di esse, infatti, si sente parte integrante della nazione ed è chiamata ad offrire il suo valido e positivo contributo alla vita nazionale, nella promozione dei valori che ne costituiscono il fondamento, primo fra tutti il rispetto della libertà e della dignità di ogni persona. Si tratta, del resto, di valori che oltrepassano gli stessi confini del Paese e devono, perciò, stimolare in tutti la ricerca di collaborazione, di tolleranza, di mutuo rispetto nell'ambito più vasto della comunità internazionale.

A questo proposito, è molto significativo l'accenno da lei fatto all'instancabile e meritorio impegno dell'Egitto in difesa della pace, della stabilità e del rispetto dei legittimi diritti dei popoli, particolarmente in alcune situazioni di lungo e doloroso conflitto.

Signor ambasciatore, riferendosi all'attività della Santa Sede, ella ha voluto evocare i grandi temi della pace, della giustizia, dei diritti fondamentali dell'uomo, della solidarietà e corresponsabilità tra i popoli. Le sono sinceramente grato per aver ricordato il particolare interesse ed il costante impegno che ad essi porta la Santa Sede. Certo, la sua missione è essenzialmente spirituale e pastorale, diretta in primo luogo alle comunità cattoliche.

Nondimeno, ed in misura non minore, essa rivolge la sua sollecitudine verso tutti i credenti in Dio e verso l'intera umanità. Tutti, infatti, veniamo da Dio, e siamo da lui chiamati a ricercare ed adempiere la sua volontà nella edificazione di un mondo che - come dissi nel 1985 a Casablanca, incontrando i giovani di fede musulmana - deve essere umano, pluralistico e responsabile: un mondo, cioè, in cui regola fondamentale sia il rispetto, l'amore e l'aiuto per ogni essere umano, perché creatura di Dio.

Signor ambasciatore, l'alta missione, cui ella oggi dà inizio, le consentirà di essere testimone diretto della Chiesa cattolica, la quale, secondo la propria natura e con i mezzi che le sono propri, si sforza senza sosta di proclamare la fede in Dio e il Vangelo di Cristo, di enunciare i valori morali fondamentali, di promuovere il dialogo come unico mezzo per superare i conflitti, di difendere la libertà religiosa, in quanto condizione indispensabile per il progresso della società e fondamento della pace tra i popoli.

Ella, signor ambasciatore, ha auspicato una giusta e durevole pace per il Medio Oriente: è, questo, un augurio, vorrei dire un'invocazione, a cui mi unisco con tutto il cuore. Spero che al più presto prevalga la buona volontà e l'impegno di tutti e, come ella ha rilevato, la pace possa essere ritrovata in spirito di giustizia e nel riconoscimento dei legittimi diritti di tutti i popoli della regione.

Questi voti portano spontaneamente la mente e il cuore a rivolgersi verso la Terra Santa e, soprattutto, verso la città santa, Gerusalemme, realtà unica che racchiude memorie storiche e religiose per gli ebrei, i cristiani e i musulmani. Come non ricordare che purtroppo quella regione è da troppi anni teatro di indicibili sofferenze per tante e tante persone? Ella ha fatto menzione anche del Libano, in favore del quale tante volte la Santa Sede ha invocato una soluzione pacifica, equa e dignitosa della presente situazione. Non è giusto, infatti, che un Paese, così ricco di tradizioni religiose e culturali, dopo aver così lungamente e duramente sofferto, manchi tuttora, ed inspiegabilmente, di una prospettiva di unità e di riconciliazione. Ai libanesi devono essere assicurati la possibilità e l'aiuto necessari per salvare il loro Paese.

A questi voti, profondamente sentiti, desidero unire quelli, rispettosi e cordiali, per la sua persona, signor ambasciatore, e per un fruttuoso svolgimento della sua missione, nel corso della quale sono certo che ella troverà la più sincera ed efficace collaborazione da parte degli organismi della Santa Sede.

Invoco di cuore da Dio onnipotente e misericordioso le più abbondanti benedizioni su di lei, la sua famiglia, i suoi collaboratori, come su tutto il caro popolo dell'Egitto e i suoi governanti.


Data: 1988-11-28 Data estesa: Lunedi 28 Novembre 1988









Alla plenaria della Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La formazione del religioso deve mirare alla sapienza del cuore

Signori Cardinali, venerati fratelli nell'episcopato, reverendissimi superiori generali.


1. A tutti voi, un cordiale saluto. Vi ringrazio per la vostra visita, in occasione della vostra congregazione plenaria, nella quale state trattando della "formazione negli istituti religiosi".

Ringrazio il Cardinale Girolamo Hamer per le parole di introduzione a questo incontro. Mi compiaccio per la scelta del tema della vostra plenaria che è molto importante. E' necessario infatti sottolineare come la formazione del religioso deve mirare in modo speciale alla sapienza del cuore, a quella sapienza dono dello Spirito, che lo rende veramente intimo del Signore e profondo conoscitore della sua volontà. Questa sapienza contribuisce molto più alla salvezza del mondo che non il moltiplicarsi di attività esteriori non animate da tale spirito soprannaturale.

Lo sguardo di molti nostri contemporanei è rivolto - e giustamente - alle tristi condizioni di vita di tanti esseri umani che mancano del minimo necessario alla vita, e quindi agli interventi urgenti e necessari postulati dalla giustizia e dalla dignità dell'uomo. Ora, senza negare l'opportunità e la necessità di situazioni particolarmente gravi, dell'impegno dei religiosi in questo vasto campo della solidarietà umana, occorre tener presente che la caratteristica propria della missione della persona consacrata è quella - come dice il Concilio - di manifestare "a tutti i credenti i beni celesti già presenti in questo mondo, di meglio testimoniare la vita nuova ed eterna, acquistata dalla redenzione di Cristo, di meglio preannunziare la futura risurrezione e la gloria del Regno celeste" (cfr. LG 44).


2. E' noto a tutti voi quanto il ruolo dei superiori religiosi sia importante e insostituibile, specialmente dei superiori maggiori, nella formazione dei membri dei loro istituti.

Sono essi infatti ad ammettere i candidati ed a scegliere i formatori qualificati. Essi sono tenuti pure a promuovere la redazione del programma di formazione "ratio institutionis" e del piano di studi "ratio studiorum" a norma del diritto. Ricevono la professione religiosa dei novizi e dei professi; procurano ai professi perpetui "i mezzi e i tempi necessari" (CIC 661) perché "proseguano con cura la loro formazione spirituale, dottrinale e pratica" (CIC 661). L'enumerazione di questi compiti mi sembra di per se stessa abbastanza eloquente per dispensarmi dall'insistere oltre su questi importanti aspetti.


3. Da ciò risulta evidente che il compito del formatore - e in primo luogo del superiore - necessita di una preparazione adeguata.

Più che sulla qualificazione tecnica o professionale occorre puntare - e lo sapete - sui valori spirituali. Soltanto coloro che sono illuminati e saggi infatti possono formare i saggi. L'incarico del formatore presuppone, inoltre, delle attitudini umane non comuni, e un insieme di qualità spirituali che mettono in grado di "costruire in Cristo una comunità fraterna, nella quale si cerchi Dio e lo si ami sopra ogni cosa" (CIC 619).

E' importante, inoltre, curare attentamente la scelta e la preparazione dei formatori. La missione che devono esercitare infatti è particolarmente delicata. Esige rispetto per le persone, attenzione, fermezza e una comprensione illuminata.

Il vostro dicastero ha già offerto a questo proposito degli orientamenti precisi con il documento sulla dimensione contemplativa della vita religiosa. Mi auguro che essi siano oggetto di riflessione da parte dei superiori degli istituti, perché ne possano trarre utilità per il loro compito.


4. Nel ciclo di formazione alla vita religiosa, gli inizi meritano un'attenzione particolare. Anzitutto perché vi siano ammessi soltanto quei candidati che possiedono le qualità richieste per trarne un pieno profitto. Vista la situazione dei giovani di oggi e le lacune che non di rado si riscontrano nelle istituzioni familiari e scolastiche, non è sempre facile trovare riunite tutte le qualità richieste. Possono essere accolti in noviziato, pertanto, quei giovani che abbiano dato prova di una certa maturità dal punto di vista delle conoscenze religiose, della pratica sacramentale e del comportamento etico.

I superiori degli istituti non mancheranno di provvedere anche ad una buona organizzazione della formazione continua dei loro religiosi. Desidero pertanto ripetere qui quanto già ho detto ai religiosi del Brasile: "Tutti gli istituti religiosi hanno il dovere di programmare e realizzare un piano adeguato di formazione permanente per tutti i loro membri. Un programma che non tenda soltanto alla formazione dell'intelletto, ma di tutta la persona, principalmente nella sua dimensione spirituale, affinché ogni religioso e ogni religiosa possano vivere in pienezza la propria consacrazione, nella missione specifica loro affidata dalla Chiesa" (, IX, 2, [1986], 251).


5. Non posso dimenticare, inoltre, la formazione dei religiosi votati alla contemplazione. La loro fecondità spirituale e apostolica all'interno della Chiesa è grande, proporzionata alla radicalità del dono totale di sè al Signore. Ma perché questa fecondità possa essere compresa e vissuta da ciascuno di essi, è necessaria una formazione appropriata che sia nello stesso tempo dottrinale, liturgica e ascetica, senza parlare dell'equilibrio umano, soprattutto psicologico, richiesto dalla stabilità della loro vita, dalla loro separazione permanente dal mondo esterno e dai tempi prolungati che devono dedicare all'orazione e allo studio.

Accenno infine, alla fondazione di nuovi istituti e alla formazione impartita ai loro candidati. Il vostro dicastero, in collaborazione con la congregazione per i Vescovi, ha pubblicato un documento significativo, il quale ha già portato molti frutti ed è chiamato ad esercitare un'influenza duratura nei mutui rapporti tra Vescovi e religiosi, in una Chiesa considerata come "comunione organica" ("Mutuae Relationes", 5).

Questo documento fornisce, per la fondazione di nuovi istituti, dei criteri sicuri e delle direttive utili, richiamando in qualche modo le prescrizioni dei decreti "Perfectae Caritatis" (PC 19) e "Ad Gentes" (AGD 18), che assicurano a ogni fondazione la base solida di un carisma autentico e specifico.

Insisto pertanto presso i fondatori e i pastori responsabili "di prendere cura dei carismi religiosi, tanto più che la indivisibilita stessa del ministero pastorale li rende responsabili della perfezione di tutto il gregge" ("Mutuae Relationes", 9c), facendo ricorso a questi criteri e a queste direttive.

La missione della vita religiosa nella Chiesa dipende molto da questo.

Affido questi pensieri e questi voti alla Vergine Maria, "la prima fra tutte le persone consacrate a Dio" ("Redemptionis Donum", 17), mentre invito i religiosi e le religiose a ravvivare la grazia della loro "consacrazione religiosa secondo il modello della consacrazione della Madre di Dio" ("Redemptionis Donum", 17).

A tutti la mia speciale benedizione, che ora vi imparto di cuore.


Data: 1988-12-01 Data estesa: Giovedi 1 Dicembre 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Visita pastorale del Vescovo di Roma - Roma