GPII 1989 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)

Alla "Madre delle Grazie" di Einsiedeln affidiamo tutto il popolo svizzero


Cari fratelli e sorelle.


1. Oggi vi invito ad unirvi a me nel rivolgere il nostro sguardo a una immagine della Madre di Dio, che costituisce come il cuore di uno dei più antichi santuari transalpini: l'immagine della "Madonna nera" di Einsiedeln, in Svizzera.

Ricordo con gioia e gratitudine la visita che vi feci nel giugno del 1984, in occasione del viaggio pastorale che mi condusse tra i cattolici svizzeri.

Mi sentii allora pellegrino con l'immensa folla di coloro che, giornalmente, attraversato il piazzale del monastero, salgono la scalinata che porta alla chiesa abbaziale per raggiungere la "Cappella delle Grazie", all'interno di quello splendido tempio barocco.


2. I documenti storici attestano che, a partire dal 1314, fedeli provenienti da tutta la Svizzera e dalle terre vicine, come la Germania e l'Austria, continuano a recarsi in quel luogo benedetto per onorare Maria, per ricorrere a Lei, la Madre di Gesù e madre nostra, in cerca di aiuto e di conforto nelle loro necessità, e per affidare alla sua materna intercessione le loro intime aspirazioni.

E' probabile pero che la Madonna fosse venerata in quel luogo già prima dell'anno 1314. La "Cappella delle Grazie", infatti, sorge sul luogo, storicamente sicuro, dove l'eremita benedettino Meinrad (morto nell'anno 861), con l'esempio della sua vita, coronata da una santa morte, aveva acceso e alimentato la luce della fede nella popolazione dei dintorni. Dal suo eremo, detto in tedesco "Einsiedelei", deriva il nome attuale del luogo: "Einsiedeln". Quivi, nacque, nell'anno 934, un'abbazia benedettina, ove tuttora i figli di san Benedetto, con la loro costante preghiera e con la loro vita esemplare, mantengono viva la fede attraverso i secoli e la trasmettono intatta alle generazioni future. In tal modo, in quel luogo di preghiera già consacrato al divin Redentore, Maria, sua madre, ha posto la sua sede permanente in mezzo al popolo elvetico ricevendone particolare venerazione sotto il titolo di "Madonna Nera".


3. Nell'inviare un particolare saluto alla comunità claustrale di Einsiedeln ed agli abitanti del luogo, desidero affidarli, insieme con tutto il popolo svizzero, alla "Madre delle Grazie" di Einsiedeln.

Alla Vergine santa ripeto la preghiera che le rivolsi in occasione della mia visita al santuario: "Madre di Dio e Madre degli uomini, raccomandaci a tuo Figlio, mettici di fronte a tuo Figlio! Egli è il nostro intermediario e il nostro intercessore presso il Padre. Noi ti preghiamo, Madre del nostro Salvatore, intercedi per noi presso tuo Figlio nello splendore dei cieli: affinché la Chiesa che è in Svizzera si confermi nella fede in Cristo..., affinché tutti i popoli e tutti gli uomini possano vivere in libertà e pace..., affinché il regno di Dio e la sua giustizia vengano a noi".

[Al termine della preghiera mariana il Papa ha pronunziato le seguenti parole:] Si tiene oggi la Giornata Mondiale per i Malati di Lebbra, e il mio pensiero si volge a quanti sono dolorosamente colpiti dal morbo di Hansen e attendono le cure mediche e gli aiuti necessari per poter ricuperare la piena salute e riprendere una vita normale.

Esprimo la mia viva gratitudine e il mio incoraggiamento a tutte le associazioni umanitarie che si impegnano per venire incontro a tanti nostri fratelli e sorelle, afflitti da tale flagello. Tra esse ricordo l'associazione italiana amici di Raoul Follereau e l'opera di tanti missionari, che nei loro centri dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina non cessano di prodigarsi con spirito evangelico per migliorare le condizioni socio-sanitarie dei malati.

Faccio appello a tutti i credenti in Cristo e agli uomini di buona volontà perché vogliano sostenere, secondo le proprie possibilità e competenze, le iniziative di coloro che si sforzano di debellare questo male, che oggi può essere curato con esiti positivi.

Anche quest'anno l'Azione Cattolica ragazzi della diocesi di Roma ha voluto dedicare il mese di gennaio alla riflessione e ai lavori di gruppo sulla pace. Oggi i ragazzi stessi sono venuti qui per concludere tale iniziativa con la preghiera dell'"Angelus".

Carissimi, sono lieto di salutarvi e di esprimervi il mio compiacimento per esservi impegnati ad accogliere con segni di amicizia quei vostri coetanei che, per diverse cause, sono considerati diversi e vengono emarginati.

Fate onore agli impegni di amare e rispettare i vostri amici meno favoriti dalla fortuna. Il volo delle due colombe che ora rilascero da questa finestra sia un segno di pace e di fraternità proprio per questi vostri amici.

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Domenica 29 Gennaio 1989 Pag. 13949




Le visite pastorali del Vescovo di Roma

Parrocchia dei santi Gioacchino e Anna al Tuscolano


[Alla popolazione del quartiere] Saluto cordialmente tutti i presenti, saluto tutta la vostra parrocchia dedicata ai santi Gioacchino ed Anna. Possiamo dire, allora, che ci troviamo nella casa della Vergine, di Maria, perché questi erano i suoi genitori e lei, la loro figlia, stava nella casa dei suoi genitori e cresceva. Aveva sei anni, come la vostra parrocchia ha sei anni; aveva quattro anni, come la vostra chiesa ha quattro anni. Era una bimba nella casa dei suoi genitori, e ciò è molto suggestivo, molto significativo. Vorrei augurare a tutte le famiglie della vostra parrocchia, e sono tante per lo più famiglie giovani che hanno tanti figli, la presenza di Maria in ogni nucleo familiare. Come Maria era presente nella famiglia di Gioacchino e di Anna così sia presente anche nelle vostre famiglie, nelle vostre case, dove cercate di portare avanti la vostra comunità familiare, con qualche fatica, come abbiamo sentito dal vostro parroco, a causa delle circostanze economiche, ma con speranza.

Vi incontro con grande gioia, vi guardo negli occhi, specialmente in quelli dei più piccoli parrocchiani, i bambini. Questa è certamente una parrocchia giovane, ci sono tanti bambini da abbracciare, da baciare e soltanto una piccola parte di coloro che erano "candidati" ho potuto avvicinare.

Carissimi, vi auguro una buona continuazione del cammino di questa vostra comunità cristiana, in queste case vicine e lontane, vi auguro di continuare, di continuare bene, anche col coraggio nel cammino della vita umana e cristiana. Nella vita cristiana il coraggio ce lo dà lo Spirito Santo, Gesù Cristo. Vi auguro, allora, la compagnia, la presenza di Maria, Maria bambina nelle vostre case, nelle vostre famiglie, con i vostri bambini. Vi auguro il coraggio nella vita umana e cristiana.

Vorrei invitare i signori Cardinali qui presenti, il Cardinale Vicario ed il Cardinale Arcivescovo di Vienna, titolare di questa vostra chiesa parrocchiale, ed il Vescovo del vostro Settore Monsignor Mani ad offrire una benedizione a tutti i presenti ed a tutta la vostra comunità parrocchiale.

[Ai bambini] Sia lodato Gesù Cristo, Saluto cordialmente tutti i bambini delle scuole, tutti gli Scout, i "Lupetti" e le "Coccinelle". Saluto, insieme con voi, anche i vostri genitori, le mamme, i papà, tutti i vostri insegnanti delle scuole e del catechismo. Vi ringrazio per l'entusiasmo.

Il vostro collega, il giovane oratore, mi ha detto che devo insegnarvi ad amare Gesù e questo voglio, questo desidero: e con me lo desiderano tutti, quanti sono qui presenti, i signori Cardinali, il Vescovo, il vostro parroco, molto gioioso che credo piaccia a voi ed ai suoi collaboratori. Allora, tutti vogliamo avvicinarvi a Gesù, farvelo conoscere ed amare sempre più, perché se uno trova Gesù, se lo conosce, se lo ama ha la vita eterna, come ci spiega l'apostolo san Giovanni.

Carissimi bambini, vogliamo per voi un buon futuro e voi siete il futuro delle vostre famiglie, del vostro Paese, del mondo; noi desideriamo per voi un buon futuro nella scuola, dopo la scuola, nelle famiglie, nel quartiere, nella parrocchia.

Infine vorrei accogliere i vostri voti e l'augurio di tutti i bambini qui presenti, e portare questi voti augurali dei bambini romani della parrocchia dei santi Gioacchino ed Anna altrove. Là dove mi sarà dato di visitare gli altri popoli e vedere gli altri bambini. La prossima volta sarà in Africa, in Madagascar.

Diamoci, allora, questo "appuntamento", in spirito, in Madagascar. Voi dovrete pregare per questi vostri coetanei dell'isola Madagascar e dell'Africa, nell'arco dei prossimi mesi. Raccomando alle vostre preghiere anche il mio ministero apostolico e petrino, a Roma ed in tutto il mondo.

Sia lodato Gesù Cristo.

[L'omelia durante la celebrazione della santa Messa]


1. "In verità vi dico / Nessun profeta è bene accetto in patria" (Lc 4,24).

Domenica scorsa abbiamo ascoltato pure il testo del Vangelo di san Luca, in cui si parlava dell'inizio dell'attività messianica di Gesù.

A Nazaret, dov'erano trascorsi gli anni della sua vita nascosta, Gesù si è presentato dinanzi alla comunità, riunita di sabato, ed ha letto le parole del profeta Isaia che parlano del futuro Messia, dichiarando: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi" (Lc 4,21).

Gli abitanti di Nazaret conoscevano Gesù come il giovane della famiglia di Giuseppe, il falegname. Dicevano quindi: "Non è il figlio di Giuseppe?" (Lc 4,22).

Ed anche se le parole del giovane nazaretano erano piene di fascino, tuttavia non erano disposti in alcun modo a riconoscerlo come profeta - e, tanto più, come Messia.

C'è di più, si erano lasciati andare in collera e - fin da allora - erano intenzionati a punirlo con la morte per la bestemmia.


2. "Nessun profeta è bene accetto in patria" (Lc 4,24).

La testimonianza che Gesù rende - la Parola che annunzia - non proviene dagli uomini, ma da Dio.

Gli uomini sono abituati a parole umane. Gli abitanti di Nazaret si aspettavano che Gesù - uno di essi - parlasse con un linguaggio, al quale erano abituati. Adeguato ai loro problemi e conforme alla mentalità che era loro propria.

Anche quando spiegava le parole dei libri sacri, le parole del profeta Isaia, Gesù doveva parlare nel modo in cui erano abituati. Secondo quel linguaggio, che avevano ascoltato dai loro maestri e dottori della legge.


3. così dunque, su questo Gesù, sul "figlio del falegname", che i nazaretani avevano conosciuto, si sono compiute le parole che un giorno Geremia aveva udito, rivoltegli da Dio: "Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo; / prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; / ti ho stabilito profeta delle nazioni" (Jr 1,5).

Tale è la "genealogia" del profeta. Tale è la verità sulla sua vocazione. Questa verità - con riferimento a Gesù - risale ancora più a fondo.

Egli non è soltanto una creatura, come Geremia, ma è il Figlio nato dalla stessa sostanza dell'eterno Padre.

La sua "genealogia" sta in Dio stesso. Pur essendo Figlio dell'uomo, figlio della sua madre terrena - Maria, cittadino di Nazaret, egli è sempre "Dio da Dio e Luce da Luce".


4. E tuttavia è "profeta non bene accetto in patria".

"I suoi non l'hanno accolto" (scrive l'apostolo Giovanni nel prologo del suo Vangelo [1,11]).

E ciò che si compiva su altri profeti dell'antica alleanza - su Geremia in modo particolare - lo stesso, e ancor più, si doveva compiere su Gesù di Nazaret.

Dio Dice: "Ti muoveranno guerra ma non ti vinceranno, / perché io sono con te..." (Jr 1,19), / ...oggi io faccio di te come una fortezza, / come un muro di bronzo..." / "Non temerli... Tu, alzati e di' loro / tutto ciò che ti ordinero" (Jr 1,8-17).


5. Con questa assicurazione di Dio che chiama ed invia il profeta - va di pari passo la preghiera del chiamato e dell'inviato; "In te mi rifugio, Signore... / Sii per me rupe di difesa, / baluardo inaccessibile, / poiché tu sei mio rifugio e mia fortezza... / fino dal grembo materno, dal seno di mia madre / tu sei il mio sostegno..." / "La mia bocca annunzierà la tua giustizia... / Tu mi hai istruito, o Dio, fin dalla giovinezza / e ancora oggi proclamo i tuoi prodigi" (Ps 70,1-17).

Queste parole del Salmo, che cantiamo nella liturgia della domenica odierna, poteva applicare a sé ogni profeta. Poteva dirle Geremia.


6. E Cristo? Colui che gli abitanti di Nazaret non volevano riconoscere, colui che poi, nel corso degli anni della missione terrestre, "passo beneficando e risanando tutti" (Ac 10,38); di cui la gente diceva: "Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo..." (Lc 7,16).

Quel Cristo - ha riconfermato, in definitiva, tutto ciò che è più grande di tutte le profezie.

L'apostolo Paolo, nella lettera ai Corinzi, con le parole che di solito vengono chiamate "inno della carità" - scrive infatti così: "La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno... La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia..." (1Co 13,8-9).

Si! Imperfetta. Ma la carità è piena, perfetta. E' pienezza di ogni conoscenza - e di tutte le profezie.

Gesù ha rivelato l'amore.

"Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16).

Gesù Cristo è quel Figlio "dato" al mondo dal Padre, il quale ha rivelato che "Dio è Amore".

Gesù di Nazaret - non è soltanto "grande Profeta", ma è Messia, cioè Cristo. Redentore del mondo. Il mondo poteva essere redento solo dall'amore: dal suo amore.


7. Nel venire in mezzo a voi, cari fratelli e sorelle della parrocchia dei santi Gioacchino ed Anna al Tuscolano, ho desiderato di portarvi questo messaggio di Gesù di Nazaret, del "grande profeta", del Messia, del redentore. Sono lieto di trovarmi in mezzo a voi, perché so che voi avete costituito questa nuova comunità parrocchiale, mettendo lui al centro della vostra fede e dei vostri ideali: perché lo riconoscete come vostro maestro e lo proclamate profeta dei vostri destini, personali e familiari, e dei destini del mondo; Lo riconoscete come l'inviato di Dio, come colui che ha dato compimento alle promesse antiche ed alle profezie; come colui che ha inaugurato l'èra della salvezza e che ha posto il Regno di Dio "dentro di voi" (Lc 17,21). Per questo mi rallegro con voi e mi compiaccio perché non temete di ascoltare la voce incantevole e insieme potente di Gesù di Nazaret, e di accoglierne gli insegnamenti così esigenti, ma anche così gratificanti.


8. A voi tutti qui presenti rivolgo, insieme al Cardinale vicario Ugo Poletti e al Vescovo ausiliare del settore, monsignor Giuseppe Mani il mio cordiale saluto.

Questo saluto va anche al Cardinale Hans Hermann Groër, Arcivescovo di Vienna e titolare di questa chiesa. Saluto anche i pellegrini austriaci che si trovano in questa chiesa. Saluto cordialmente il vostro parroco, don Walter Zavatta, e i suoi collaboratori nella cura pastorale di questa ampia zona, la quale conta venticinquemila persone; e tutti voi, cari fedeli, le vostre famiglie, i bambini, i giovani e soprattutto gli ammalati e quanti vivono nella solitudine a causa dell'età o di difficili situazioni familiari. Rivolgo il mio grato pensiero a coloro che operano nel territorio parrocchiale per una animazione cristiana capillare e per una convivenza umana e civile più giusta e più serena.

Nonostante la parrocchia sia stata eretta canonicamente di recente, essa già ha dato un impulso considerevole alla formazione di una coscienza comunitaria.

Sono fioriti infatti numerosi gruppi che coadiuvano i sacerdoti nel loro ministero: penso soprattutto ai catechisti, ai membri del consiglio pastorale e a quello per gli affari economici, agli appartenenti all'oratorio, alla "Legio Mariae", alla varie sezioni degli Scouts, al gruppo teatrale e al gruppo caritativo. Ringrazio tutti costoro e li esorto a ben continuare nel loro impegno, veramente meritorio. Esprimo la mia gratitudine, in particolare, ai gruppi che si incaricano di far conoscere ed approfondire l'importanza della liturgia e della santa Messa festiva.

Ricordatevi, cari fratelli e sorelle, di considerare la frequenza alla Messa festiva come il centro della vostra vita spirituale: siatene assidui e spiritualmente partecipi, raccogliete l'invito del Signore che desidera incontrarvi nella mensa della sua Parola e della sua Eucaristia.

Mi rallegro con voi per i risultati ottenuti nello sviluppo di questo centro parrocchiale: tutti voi ricorderete la situazione generale del quartiere di Cinecittà est e come la Chiesa all'inizio abbia svolto le sue funzioni in una baracca prefabbricata. Si è fatta tanta strada da allora; avete costruito nel frattempo la nuova chiesa materiale, dando prova di generosa solidarietà. Ora impegnatevi anche a costruire quella spirituale, quella di fratelli che si sforzano di irradiare il Vangelo; a costruire una famiglia di credenti, che sanno superare le difficoltà di carattere sociale e avviare ed incrementare iniziative civili, culturali e spirituali, ispirate ai principi cristiani.


9. Cari fratelli e sorelle! Rileggete ancora una volta - e rileggete spesso - le parole sulla carità che l'Apostolo ha scritto nella prima lettera ai Corinzi.

Essi ci insegnano chi è Cristo - e ci dimostrano la via per la quale noi - suoi discepoli e confessori - dobbiamo camminare nella vita, guardando il suo esempio e modello.

Nel corso delle domeniche di gennaio la Chiesa, nella sua liturgia, ci dimostra i vari momenti della missione di Cristo ai suoi inizi.

Meditiamoli: Portino essi frutti salvifici nella vita di ciascuno e di ciascuna. Fruttifichino nella vita della vostra comunità parrocchiale.

[Al Consiglio pastorale] Posso immaginare quanto siano preziosi per il parroco i Consigli pastorale ed economico. Uno dei punti del Concilio Vaticano II sono i Consigli pastorali; questi esistevano prima, in una forma diversa, più come Consigli parrocchiali e soprattutto economici. Vi ringrazio per il valido aiuto che prestate al vostro parroco ed a tutta la comunità parrocchiale dei santi Gioacchino ed Anna.

Vorrei anche soffermarmi sulle diverse espressioni apostoliche rappresentate da ciascuno di voi: i catechisti, il gruppo caritativo, quello teatrale, gli Scouts. A ciascuno di voi per la sua specifica vocazione cristiana appartiene anche un compito ed un carisma. Un carisma ed un compito, come spiega san Paolo. Carismi e compiti personali, che cioè appartengono a ciascuno di voi, ma sono sempre orientati verso gli altri, verso la comunità, per il bene comune, per il bene di questa comunità, la grande parrocchia dei Santi Gioacchino ed Anna.

Allora vi auguro di camminare bene con questi vostri carismi ed impegni, così pure con gli altri impegni nell'ambito della vostra vita personale, familiare e professionale. Un cammino che deve certamente condurci al nostro Padre celeste.

Con questi auguri vi offro anche una benedizione insieme con i Cardinali e Vescovi presenti.

[Ai gruppi parrocchiali] Avete un parroco abbastanza gioioso, lo abbiamo constatato già mercoledi scorso, quando è venuto da me per un'agape fraterna e per parlare un po' della vostra comunità parrocchiale, per prepararmi a questa visita. Mi congratulo con tutti i parrocchiani ed in particolare con i rappresentanti dei diversi gruppi per tutto ciò che sono riusciti ad ottenere in poco tempo nell'ambito della comunità parrocchiale ed attraverso le sue strutture.

Ma, come ho detto all'omelia, durante la celebrazione eucaristica, adesso si deve costruire la Chiesa delle pietre vive. E qui vediamo le pietre, tutti sono le pietre vive di questa comunità: tutti i battezzati, tutto il popolo di Dio affidato ai santi Gioacchino ed Anna, Genitori di Maria. Tutti sono queste pietre. Ma voi, siete pietre, in qualche senso, già determinate, segnate da una certa qualità che proviene dai vostri specifici impegni organizzativi ed associativi; da una certa vocazione, come ad esempio il Gruppo degli Adulti o quello giovanile degli Scouts. Ed ancora i gruppi fortemente coinvolti nell'opera apostolica della parrocchia, come ad esempio i catechisti ed altri gruppi che cooperano alla vita pastorale della comunità: quello della preparazione ai sacramenti, il gruppo per la formazione dei giovani, soprattutto per la preparazione, alla prima Comunione ed alla Cresima; ed ancora la "Legio Mariae" una forma, questa, di apostolato molto fruttuosa e già esistente nella Chiesa da anni.

Vi auguro, carissimi, di portare avanti questa opera di apostolato, perché la Chiesa è viva come le pietre vive. E le pietre sono vive se ricevono la vita da Gesù, se sono vivificate dal suo Spirito Santo e, poi, se trasmettono questa vita agli altri. Auguro a tutti di incontrare e percorrere questa strada cristiana che è anche la strada apostolica.

[Ai giovani] Vi ringrazio per la vostra accoglienza, un'accoglienza festosa come anche avete cantato: "la nostra festa non vuole finire", e non finirà.

Soprattutto vi ringrazio per la vostra corale presenza non solamente in questo momento, ma per la vostra presenza di servizio continua, permanente nella parrocchia.

Essere presente vuol dire portare con sé un dono, il dono della propria personalità, della propria umanità, della giovinezza, della propria generosità.

Tutti questi, diversi doni, in forma materiale esprimono il dono spirituale dell'uomo, della persona umana. Tutto ciò vuole dire presenza. E Gesù è presente tra noi, era presente durante la sua vita terrena. Lo ricordiamo ogni giorno, specialmente ogni domenica. Egli è e rimane presente nella sua Eucaristia; rimane presente come dono continuo. Ci offre se stesso, ci dà se stesso in questo sacramento di comunione. Comunione vuol dire che Gesù comunica se stesso; dona se stesso sacramentalmente, realmente. Ecco la sua presenza; presenza di Gesù che costituisce la Chiesa. Qui in questa parrocchia, dappertutto, la sua presenza deve essere per noi una scuola, una continua scuola per la nostra presenza. Ci insegna come noi dobbiamo essere presenti tra i nostri vicini, tra i nostri prossimi, nel nostro ambiente, nella nostra parrocchia, nella città, sempre come qualcuno che è pronto a dare, ad offrire, pronto a portare se stesso, pronto a dare la sua mano agli altri, ai bisognosi; a quelli vicini ed anche i più lontani. Tutto questo lo dico ai giovani, poiché essi si trovano in un periodo della vita in cui si scopre, il senso, il significato della vita umana, della vocazione umana, il valore dell'uomo. Talvolta si avverte nei giovani una certa diffidenza, una certa depressione. E' con l'aiuto di Gesù che si vincono queste depressioni e guardando a lui è possibile ritrovare sempre il vero significato della vita umana. Questa è l'opera dei giovani, della giovinezza. Per questo essa è tanto bella, tanto fruttuosa: apre davanti a noi orizzonti. Ci sono pero molte circostanze che offuscano tali orizzonti; vi sono nuvole, tante nuvole, tante difficoltà della vità, tante sofferenze; tutto questo è vero. Ma dall'altra parte c'è questo orizzonte che è sempre valido: Cristo che ci dona la sua testimonianza con la sua presenza nella Chiesa. Con la sua presenza eucaristica, ci dà continua testimonianza di come ciascuno di noi può realizzare la sua presenza tra gli altri.

Vi auguro, carissimi giovani, di seguire questo maestro. Vi ricordate la scena evangelica in cui un giovane si rivolge a Cristo? "Che cosa devo fare?".

Ecco rivolgetevi a Cristo come lui, sempre, in ogni momento e cercate di imparare questa sua lezione, questo suo tacito insegnamento. Ha parlato una volta con le parole, con le parole del Vangelo, ma parla sempre, continuamente con la sua presenza tacita, nascosta, sacramentale, eucaristica. Parla lo stesso e parla a ciascuno. Occorre pero essere attenti, aperti all'ascolto di questa parola. Tutto questo vi auguro e questo, anche io, vi offro come dono, come consiglio, come insegnamento. Offo una benedizione a tutti i giovani di questa giovane parrocchia.

1989-01-29

Domenica 29 Gennaio 1989




Ai Vescovi del Panama in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Urge una solida formazione sacerdotale per una pastorale sempre più attenta alla famiglia, alla scuola, ai gruppi indigeni


Amatissimi fratelli nell'episcopato.


1. Mentre ricevo con grande gioia voi, Vescovi del Panama, il mio pensiero va a tutte ed a ciascuna delle diocesi che rappresentate. Con le vostre persone saluto affettuosamente anche i vostri sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi e tutti i fedeli, sempre presenti nelle mie preghiere al Signore e nel ricordo della indimenticabile visita pastorale che ebbi la fortuna di fare nel vostro Paese quasi sei anni fa.

Siete venuti fino a Roma, centro della cattolicità, per compiere la visita "ad limina Apostolorum", facendovi portavoce dei problemi e delle difficoltà, dei desideri e delle speranze delle vostre Chiese particolari. Vi spinge a far ciò il desiderio di confermare il vostro senso di comunione con la sede di Pietro, "perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità" (LG 23), e anche di aumentare e rendere manifeste la solidarietà e l'unione ecclesiale con gli altri fratelli del Collegio episcopale.

Ringrazio di cuore per le gentili parole che, a nome di tutti, mi ha indirizzato Monsignor Josè Dimas Cedeno, Presidente della Conferenza Episcopale, facendosi portavoce anche dei vostri collaboratori diocesani e dei vostri fedeli.

So bene che l'annuncio del Vangelo esige numerosi sacrifici e una grande generosità. perciò desidero già da ora manifestare a voi ed ai vostri collaboratori, nel compito di rendere realtà il Regno di Dio nel mondo, il mio cordiale apprezzamento e ringraziamento in nome di Cristo, perché nonostante le non lievi difficoltà del vostro ministero, date testimonianza di dedizione sollecita e abnegazione. Con le parole dell'apostolo Pietro auguro "grazia e pace a voi in abbondanza" (1P 1,2).


2. Attraverso le vostre relazioni quinquennali e nei colloqui privati che abbiamo avuto, ho potuto apprezzare la realtà ecclesiale e umana in cui svolgere la vostra missione di pastori. E per me motivo di soddisfazione, comprovare la volontà decisa che mostrate per mantenere e consolidare lo spirito collegiale e l'unità nel seno della vostra Conferenza Episcopale e con tutta la Chiesa. Siete coscienti dell'importanza di questa testimonianza, e non solo date così maggior vigore al vostro ministero, ma rendete ancora più efficace la vostra azione pastorale.

Infatti la collaborazione reciproca fra Vescovi all'interno della stessa Conferenza Episcopale è di grande aiuto nell'esercizio della propria missione, oltre ad essere uno stimolo affinché, anche a livello sociale, fioriscano iniziative capaci di rafforzare la solidarietà e di favolire il bene comune.

Senza dubbio sono molte le sfide che dovete affrontare per riuscire a far si che il messaggio salvatore di Gesù Cristo risuoni con più forza e si renda presente in tutti gli ambienti della vostra patria. Nel vostro documento collettivo "La nueva evangelizacion en Panama" proponete criteri e direttrici pastorali per dare un nuovo e vigoroso impulso al compito primordiale di annunciare la buona novella. Vi incoraggio a portare avanti gli sforzi che a questo proposito state realizzando, come la Missione nazionale da voi promossa che ha visto la sua continuazione nelle assemblee pastorali che raggiungeranno il culmine nel giorno del primo Sinodo a livello nazionale. Con viva speranza confidiamo nel fatto che da tutto ciò sorga, sotto l'azione dello Spirito, un crescente rinnovamento della Chiesa nelle strutture, carismi e ministeri, che la renda più viva, presente e operante come sacramento di salvezza fra gli uomini.


3. E necessario che la forza di trasformazione che ha in sé il messaggio cristiano, penetri in tutti i cuori affinché si rinnovi la vita interiore della Chiesa; rinnovamento questo che dovrà avere sempre il suo punto di partenza nell'incontro personale di ogni credente con il Dio vivo e vero. Siate pur sicuri che nella misura in cui il cristiano vivrà intensamente la sua vocazione, aperto alla Parola di Dio e ricevendo i sacramenti, sarà capace di trasformare anche le strutture sociali, rendendole maggiormente conformi ai disegni divini. La Chiesa, da una posizione di povertà e libertà rispetto ai poteri di questo mondo, deve annunciare con coraggio la legge dell'amore fraterno, la necessità di comunione e solidarietà fra gli uomini, le imprescindibili esigenze della giustizia, la luminosa speranza nella vita eterna. Dio, centro della vita e della storia, continua a chiamare tutti, uomini e donne, bambini ed anziani, colti e illetterati, poveri e ricchi per offrire loro a piene mani le insondabili ricchezze del suo amore.

Oggi come ieri è vostro compito principale, pastori del Panama, "predicare il Vangelo a tutte le creature" (Mc 16,15) affinché chi crede e si battezza possa salvarsi. Ma con san Paolo chiediamo: "Come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati?" (Rm 10,14-15).


4. C'è un campo in cui dovete essere prioritariamente impegnati nello svolgimento del vostro ministero episcopale: la pastorale vocazionale. Durante l'ultimo quinquennio avete avuto la gioia di vedere crescere il numero dei vostri seminaristi. Essi costituiscono una speranza per i prossimi anni in cui potrete incorporare nel vostro presbiterio numerosi sacerdoti nativi.

La chiamata al sacerdozio, che esige da parte vostra una dedizione totale a nostro Signore ed all'annuncio del Vangelo, procede da Cristo stesso.

Infatti egli "chiamo quelli che egli volle" (Mc 3,13), ed a costoro affido la missione ricevuta: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21).

Egli stesso promette una magnifica ricompensa: "Riceverà il centuplo e avrà in eredità la vita eterna" (Mt 19,29). In questo mistero, che esiste fra Cristo ed il giovane che è da lui chiamato, la Chiesa ha un duplice compito. Il primo è diffondere in tutti gli ambienti la chiamata di Gesù, di modo che nessun giovane smetta di chiedersi: "Perché non io?" E il secondo è offrire a chi si sente chiamato dal Signore i mezzi adatti per raggiungere una solida formazione spirituale, intellettuale ed umana.


5. Il Concilio Vaticano II sottolinea molto il fatto che i pastori debbano dedicare grande attenzione ai centri di formazione sacerdotale, dove i candidati, insieme ad una adeguata preparazione intellettuale, devono acquisire per mezzo della preghiera ed i sacramenti, un intimo rapporto personale con Cristo, affinché si risvegli in loro la coscienza di essere chiamati a continuare la sua opera nel mondo, a favore dei fratelli.

Non dovete perciò risparmiare gli sforzi per adempiere a questa responsabilità prioritaria e così imponante per il presente ed il futuro del vostro Paese. Il decreto conciliare "Optatam Totius" raccomanda al riguardo: "poiché l'educazione degli alunni dipende e dalla sapienza delle leggi e soprattutto dalla idoneità degli educatori, i superiori e i professori dei Seminari devono essere scelti fra gli elementi migliori e diligentemente preparati con un corredo di soda dottrina, di conveniente esperienza pastorale e di una speciale formazione spirituale e pedagogica" perché "dal loro modo di pensare e di agire dipende in grande misura la formazione degli alunni" (OT 5).

Come ripetutamente sottolineano le istruzioni emanate dalla Sede Apostolica, nel Seminario deve regnare un clima basato sulla serietà, sulla pietà liturgica e personale, sullo studio, sulla disciplina, sulla convivenza fraterna e sulla iniziazione pastorale, che devono essere la garanzia e la base solida per una adatta preparazione al sacerdozio.

In questo compito, cari fratelli, tutti dovete sentirvi impegnati, apportando il vostro contributo generoso grazie a personale idoneo e mezzi per una migliore formazione dei futuri servitori della fede del Popolo di Dio ed animatori delle comunità ecclesiali.

A questo riguardo, incoraggiate sempre la genuina fraternità sacerdotale affinché i vostri collaboratori si sentano sempre sostenuti nelle loro attività ministeriali e trovino stimolo e speranza per poter compiere fedelmente i loro impegni con Dio e con la Chiesa. Siate molto vicini ai vostri sacerdoti e operatori della pastorale, con amicizia sincera, condividendo le loro gioie e le loro difficoltà, appoggiandoli nei loro bisogni, rafforzando quella comunione che sarà esempio per i fedeli e solido fondamento di carità.


6. Come Vescovi della Chiesa nel Panama, avete anche una responsabilità particolare nel campo della pastorale familiare. Effettivamente la famiglia, "Chiesa domestica", è la sorgente prima della fede; da ciò la speciale attenzione e l'interesse che dovete dedicare a questa istituzione basilare della società.

Come avete fatto presente nel documento collettivo prima citato, "sono poche le famiglie costituite con la grazia del sacramento e la disintegrazione della famiglia è sempre più allarmante" ("La nueva evangelizacion en Panama", 41).

Infatti il consumismo, l'edonismo, la mancanza di dialogo e comunicazione, insieme ad altri elementi deleteri del nostro tempo, sono fattori che incidono sulla rottura della struttura familiare e che, poco a poco, vanno minando nel cuore delle giovani generazioni i valori religiosi e culturali che fanno del matrimonio e della famiglia il centro delle relazioni interpersonali, esperienza di amore e comunione, "immagine e simbolo della alleanza che unisce Dio e il suo popolo" (FC 12). E' poi estremamente necessario che, nella predicazione, nella scuola, nei movimenti giovanili e grazie ai laici impegnati che operano nel campo delle comunicazioni sociali, facciate uno sforzo per la difesa e la promozione dei valori e delle esigenze della istituzione familiare giacché "l'avvenire dell'umanità passa attraverso la famiglia" (FC 86).


7. Riferendoci a tali valori ed atteggiamenti, siamo coscienti del rilevante ruolo del sistema educativo in generale e della scuola in particolare. Conosco la positiva opera che state portando a termine per far si che la Chiesa sia presente nell'educazione attraverso la scuola cattolica, la pastorale degli educatori e alcuni programmi di abilitazione docente; è motivo di gioia il constatare la presenza di lodevoli iniziative pastorali che cominciano a fiorire nell'ambiente universitario, come anche l'elaborazione del "Progetto Educativo Cattolico" di Panama.

Non bisogna dimenticare l'importanza che ha la pastorale educativa nel quadro dell'azione evangelizzatrice. Vegliate dunque, con particolare sollecitudine, affinché le scuole cattoliche siano realmente centri di interazione fra fede e cultura, luogo di incontro fra Vangelo e vita; ma specialmente affinché, anche negli istituti di insegnamento statale, grazie a programmi adeguati, siano presentati ai bambini e ai giovani i contenuti della nostra fede.

A ciò contribuisce in modo importante la presenza di personale religioso specializzato in detti centri; ma anche l'educatore cattolico laico deve rendere operativa la sua responsabilità apostolica, testimoniando la propria fede nell'ambito della sua attività professionale. A questo proposito desidero menzionare in modo speciale l'apostolato che, mosse da un grande amore e dalla volontà di servire, portano avanti le "Madri Maestre" nei "Giardini dei Pargoli della Chiesa Cattolica".

Senza dubbio l'opera educativa, scolastica e universitaria, è completata, ma anche contrastata, dal sistema culturale in cui si muovono il bambino, il giovane e l'adulto. Da qui la necessità di evangelizzare la cultura o, detto in altro modo, di introdurre il Vangelo nella cultura affinché il messaggio cristiano illumini tutto l'essere e l'operare umano. Non il mero elemento quantitativo fa si che che una società sia cristiana, ma il modo in cui il Vangelo si incarna nelle relazioni umane, nelle attività professionali, nelle vicissitudini politiche, nella pianificazione economica, nelle manifestazioni artistiche, nel mondo del sapere, della scienza, del lavoro. Come pastori dovete vegliare, orientare ed incoraggiare affinché la società di oggi si vada via via costruendo sui solidi pilastri dell'amore, della giustizia, della solidarietà, del mutuo rispetto e la libertà; perché si convertano in realtà le aspirazioni di tanti panamegni di buona volontà a un futuro migliore.


8. A questo riguardo non possiamo evitare di parlare di un settore del vostro popolo, afflitto in particolar modo dalla povertà e l'abbandono: i gruppi indigeni. Conosco bene la preoccupazione pastorale con cui avete assunto la missione evangelica di rendere presente Gesù fra i popoli Guayni Kuna, Emberà, Bokotà e Teribe; il vostro particolare interesse per promuovere i valori genuini delle loro culture; la vostra dedizione e il vostro impegno per suscitare vocazioni autoctone per la vita sacerdotale e religiosa, per i catechisti, i delegati della Parola ed altri ministeri. Mi compiaccio anche che in diverse occasioni abbiate fatto sentire la vostra voce a favore dei più poveri, esortando alla solidarietà considerata come cammino che conduce alla giustizia. A partire dalle esigenze del Vangelo ed in consonanza con la dottrina sociale della Chiesa, avete affrontato anche la complessa questione della proprietà terriera, chiedendo che i diritti legittimi siano rispettati e che sia promosso il consolidanento dei gruppi etnici e lo sviluppo dei loro valori autoctoni.

Venerabili fratelli, il Signore ha depositato nelle nostre fragili mani i misteri di salvezza affinché, come ministri fedeli, distribuiamo il pane della Parola e dei sacramenti al suo popolo. Tutto ciò esige da noi uno sguardo attento e costante rivolto alla storia e agli uomini del nostro tempo, per poter cogliere così le loro conquiste e, in definitiva, accompagnare il loro cammino verso la pienezza in Cristo. Non risparmiate sforzi come costruttori di pace e di unità, e siate con la vostra parola e la vostra vita, presenza della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica che egli fondo.


9. Portate, a tutto l'amato popolo panamegno, la mia parola di incoraggiamento. In particolar modo ai giovani, facendo capire loro che solo Cristo può soddisfare le ansie dei loro cuori. Presentate loro degli alti e nobili ideali che li animino nelle loro legittime aspirazioni per un mondo più giusto e fraterno.

Portate ai vostri religiosi, religiose, seminaristi, operatori della pastorale, a tutti i vostri catechisti ed a tutti i vostri diocesani il mio saluto affettuoso e la mia benedizione. A quanti collaborano da vicino con voi nell'opera di evangelizzazione, dite che il Papa li ringrazia per il loro lavoro per il Signore e per la causa del Vangelo, e che spera ed ha fiducia nella loro fedeltà.

Prima di concludere desidero rinnovarvi la mia gratitudine ed il mio affetto. Prego il Signore affinché la vostra visita alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo consolidi e confermi la vostra unione perchè il ministero episcopale che esercitate guadagni in efficacia ed intensità per il bene delle vostre rispettive comunità ecclesiali. Maria, che ci ha preceduti nel cammino della fede e che ha presieduto alla vostra nascita come Chiesa e come popolo grazie alla protezione di "Santa Maria de La Antigua", accompagni le vostre sollecitudini e speranze pastorali affinché suo Figlio sia riconosciuto, amato e accolto nel cuore di tutti i panamegni.

A tutti imparto la mia Benedizione Apostolica.

1989-01-30

Lunedi 30 Gennaio 1989





GPII 1989 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Ai fedeli riuniti, Città del Vaticano (Roma)